Storie di Grandi Uomini e Grandi Donne

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Michela Albertini

Storie di

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Editor: Patrizia Ceccarelli Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini Progetto grafico e impaginazione: Mauro Aquilanti Illustrazioni: Erika De Pieri I Edizione 2020 Ristampa 5 4 3 2 1 0 2025 2024 2023 2022 2021 2020 Tutti i diritti sono riservati © 2020 Raffaello Libri S.p.A. Via dell’Industria, 21 - 60037 - Monte San Vito (AN) e-mail: info@grupporaffaello.it www.grupporaffaello.it e-mail: info@raffaelloragazzi.it www.raffaelloragazzi.it Printed in Italy È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright.

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Michela Albertini

Storie di I D N A GR UOM I N

e I D N GRA DONN

I

E

Illustrato da Erika De Pieri


INTRODUZIONE Questo libro racconta la storia di grandi uomini e di grandi donne che hanno mostrato un talento eccezionale nel campo della scienza, della letteratura, delle arti, dell’impegno civile. Presentando episodi significativi tratti dalla vita di ciascuno di loro, vogliamo far sì che i ragazzi vengano in contatto con la profonda umanità di questi personaggi, il cui genio ha contribuito a cambiare il mondo. I giovani lettori comprenderanno così che queste menti eccellenti appartengono a persone come noi che, spesso, hanno dovuto affrontare grandi difficoltà per affermare le loro idee, per non cedere alla sfiducia, ai pregiudizi, alla disapprovazione sociale. Il loro esempio è un invito a riconoscere il nostro valore e a impegnarci per realizzarlo, a non arrenderci e a lottare quando serve, perché i talenti individuali esigono di essere espressi, pena l’infelicità e l’impossibilità di raggiungere una autentica realizzazione personale. La lotta per il perseguimento di obiettivi così importanti è spesso dura, ma ancor più lo è stata per le donne le quali, come questo libro ci aiuta a capire, sono rimaste per lo più sconosciute, pur avendo gli stessi meriti dell’uomo.

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Il fatto che le librerie siano oggi stracolme di testi che enfatizzano il coraggio, l’intelligenza, la capacità delle donne, riempie di orgoglio, ma corre il rischio di apparire come l’ennesima rivendicazione di diritti da parte di una minoranza, il segnale cioè di quanto non sia ancora del tutto acquisito e vissuto come naturale, il concetto di parità tra uomo e donna. Dobbiamo a questa riflessione la scelta di presentare un personaggio maschile e uno femminile per ogni ambito considerato, a dimostrazione del fatto che il talento non è una questione di genere, ma appartiene a uomini e donne in uguale misura. Tale scelta vuole essere perciò anche un auspicio, una speranza che il valore della donna non debba più essere rivendicato, bensì riconosciuto alla luce di evidenti realtà storiche e sociali. Ciò consentirà a uomini e donne di procedere uniti verso orizzonti migliori, perché i grandi obiettivi si raggiungono insieme, portando ognuno il contributo della propria straordinaria “diversità”. Patrizia Ceccarelli

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Scienza

NZA


SCIEN


Albert Einstein

“Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso� 8


Marie Curie

“È tempo di comprendere di più, così possiamo temere di meno” 9


Scienza

NOME: Albert Einstein NATO A: Ulma, in Germania, nel 1879 GIORNO DEL COMPLEANNO: 14 marzo STATO CIVILE: sposato in prime nozze con Mileva Marić, in seconde con Elsa Löwenthal PROFESSIONE: fisico SEGNI PARTICOLARI: è lo scienziato che è stato fotografato mentre faceva una linguaccia. L’hai mai visto? La foto fu scattata la sera del suo settantaduesimo compleanno, mentre Einstein lasciava la festa organizzata per lui. TRE COSE CHE, FORSE, NON SAI DI LUI: • Si racconta che il medico che effettuò l’autopsia sul corpo di Einstein, rubò il cervello per studiarne l’eccezionalità. • Einstein pubblicò una serie di articoli scientifici che spiegano alcuni importanti fenomeni fisici, come la luce e l’esistenza degli atomi. Sempre nello stesso anno, il 1905, quando aveva ventisei anni, presentò la celebre teoria della relatività. • Nel 1921, per le sue ricerche che hanno portato alla scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico, ricevette il Premio Nobel per la fisica.

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Scienza

NOME: Marya Salomea Sklodowska NATA A: Varsavia, in Polonia, nel 1867 GIORNO DEL COMPLEANNO: 7 novembre STATO CIVILE: sposata con Pierre Curie, fisico PROFESSIONE: fisica e chimica SEGNI PARTICOLARI: è stata l’unica donna a ricevere due Premi Nobel in campi differenti (1903 Premio Nobel per la fisica, 1911 Premio Nobel per la chimica) TRE COSE CHE, FORSE, NON SAI DI LEI: • Insieme al marito Pierre Curie, Marie scoprì l’esistenza del radio, un elemento chimico che è tuttora usato in medicina per la cura di alcuni tipi di tumore. • Per curare i soldati che combattevano al fronte durante la Prima Guerra Mondiale, Marie Curie inventò un apparecchio per le radiografie che poteva essere trasportato facilmente e ne insegnò l’uso al personale medico. • Marie sarebbe potuta diventare ricca con le sue scoperte scientifiche: preferì, invece, non brevettare la sua scoperta in modo che anche altri scienziati potessero eseguire liberamente le proprie ricerche e contribuire così al progresso scientifico dell’umanità.

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Scienza

ALBERT EINSTEIN La porta si chiuse alle sue spalle. – Vediamo se indovini cosa ti ho portato – mi disse sorridendo. Mi alzai a sedere sul letto spostando le lenzuola: dopo giorni di febbre, finalmente iniziavo a sentirmi meglio e ricevere un regalo inaspettato dal mio papà sicuramente rendeva più piacevole la mia guarigione. – Non saprei… – risposi io esitante. – Un cavallino di legno? Un’automobilina? – No – disse lui scuotendo la testa con un mezzo sorriso. – Prova ancora! – Allora, un nuovo spartito musicale? – chiesi sporgendomi di lato e cercando di vedere cosa nascondesse dietro la schiena. – Nemmeno! – ribatté lui. Stavo passando in rassegna i regali che avevo ricevuto di recente, quando papà mi porse una scatolina di legno quadrata. – Guarda. Sono sicuro che ti piacerà! La presi e la aprii: dentro c’era una specie di orologio con una lancetta che oscillava leggermente, mentre la tenevo tra le mani. – Ti piace? È una bussola! – chiarì trionfante mio padre, contento di aver catturato la mia curiosità. – Una bussola? – ripetei. – Sì, questa sembra una lancetta, ma è in realtà un ago calamitato che, allineandosi alla forza magnetica della Terra, indica sempre il Nord – mi spiegò. Provai allora a spostare la bussola e a ruotarla appena: l’ago si spostava e tornava a indicare il punto che indicava poco prima. Allontanai le coperte e mi spostai muovendo la bussola di scatto:

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Albert Einstein stesso risultato, l’ago indicava sempre la stessa direzione. Scesi dal letto e corsi verso la finestra tenendo la scatola aperta tra le mani come fosse un aeroplano di carta. Guardai il quadrante: l’ago puntava sempre nella stessa direzione, il Nord! – È fantastica, papà! – dissi correndo per la stanza e continuando a guardare l’ago: volevo essere sicuro di avere compreso come funzionava. Lo sentii ridere ancora, mentre usciva dalla mia camera. Qualche anno dopo, quando avevo dodici anni, il mio sguardo corse come un lampo alla stessa bussola. Ero seduto alla scrivania e con una matita tracciavo linee e scrivevo calcoli per cercare di risolvere un quesito che mi aveva proposto zio Jacob, fratello di papà. Guardando la bussola mi ricordai della sensazione di stupore che avevo provato la prima volta che l’avevo vista, di come mi aveva riempito di gioia: mi ripetevano tutti che avevo troppa immaginazione, come se fosse un limite anziché una dote, e che dovevo stare più attento. Ma io ero attento. Magari a cose che gli altri non notavano. Uno dei pochi che, in famiglia, sembrava capirmi era proprio lo zio: lui e io giocavamo spesso a sfidarci su quesiti di matematica e di algebra. Zio Jacob era ingegnere e mi lanciava spesso nuove sfide. – Scommetto che non ne sei capace! – esordiva per attirare la mia attenzione. Prendeva poi una matita dalla tasca del panciotto e cominciava a trascrivere calcoli e formule su quello che gli capitava sottomano, fosse una pagina di giornale o un tovagliolo. – Ecco il Teorema di Pitagora! – aveva annunciato una volta. Io avevo osservato il triangolo rettangolo che zio Jacob aveva disegnato a mano libera e ascoltai la sua richiesta: sarei stato in grado di dimostrare che il quadrato costruito sull’ipotenusa è uguale alla somma dei quadrati costruiti sui cateti? Mi chiusi in camera e non ne uscii se non a teorema dimostrato: non era stato semplice, ci

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Scienza avevo messo un bel po’ di tempo e tanto impegno, ma c’ero riuscito. Sapevo che lo zio sarebbe stato fiero di me per aver superato l’ennesima prova. Di sfide in vita mia ne ho affrontate tante, come a esempio aver dimostrato che lo spazio e il tempo sono collegati molto strettamente tra di loro: era una mattina di primavera e io stavo andando a lavoro. Vivevo a Berna, in Svizzera. Mi trovavo alla fermata dell’autobus che sarebbe passato nell’arco di un paio di minuti. Ricordo che, quando salii, a bordo c’era molta gente, ma riuscii a trovare un posto libero accanto al finestrino. Mi sedetti salutando la signora col cappello che avevo di fianco e iniziai a guardare fuori. Vidi le strade con le persone che camminavano velocemente, i negozi che stavano alzando le saracinesche, i venditori ambulanti di fiori e di giornali. L’autobus attraversò la piazza e passò davanti alla Torre dell’Orologio. Controllando che il mio orologio avesse lo stesso orario di quello della torre, fui colto da un’intuizione improvvisa: immaginai che l’autobus su cui mi trovavo seduto potesse andare più veloce, anzi velocissimo, fino a raggiungere la velocità della luce. Cosa sarebbe successo? Intendo da un punto di vista della fisica, perché so bene che correre ad alta velocità nella realtà aumenta il rischio di incidenti! No, io volevo sapere che cosa sarebbe accaduto se l’autobus avesse potuto muoversi alla velocità della luce. Fin da ragazzo ero affascinato dal fenomeno della luce. Volevo saperne di più e capire da che cosa fosse composta. Avevo spesso immaginato di poter cavalcare un raggio di luce e di muovermi con la sua stessa velocità. Ricordo che a volte ero preso in giro per la mia abitudine di perdermi nei pensieri e che i miei maestri mi rimproveravano per le domande che facevo e a cui non era magari facile dare una risposta.

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Albert Einstein Molti dei miei compagni di scuola studiavano a memoria e sembrava che andasse bene così: a loro, ma non a me. Io volevo capire, desideravo sapere e, se non ottenevo risposte convincenti, continuavo a chiedere finché non ero soddisfatto della risposta. Anche quel giorno sull’autobus in città, usando l’immaginazione e le conoscenze che mi ero già costruito, avevo ragionato sul fatto che, se l’autobus fosse andato alla velocità della luce, le lancette dell’orologio della torre probabilmente non si sarebbero mosse. Più l’autobus sarebbe andato veloce, più lente sarebbero state le lancette dell’orologio, fino a sembrare quasi immobili. Ciò succederebbe, secondo me, perché spazio e tempo non sono due elementi assoluti, come si crede da secoli, ma vanno invece considerati in relazione agli oggetti che si osservano. Volevo approfondire i pensieri che erano nati per caso e non vedevo l’ora di arrivare a casa la sera stessa per poterci ragionare con più attenzione. Non lo sapevo ancora, ma avevo appena scoperto uno dei segreti che regolano l’Universo, scoperta che mi avrebbe fatto considerare uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi.

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Scienza

MARIE CURIE Sento la lancetta dei secondi dell’orologio che ticchetta. Tutto è buio e sembra immobile accanto a me. Mi guardo intorno e mi ritrovo in un luogo che, per quanto sia familiare, mi appare nuovo ogni volta: quante cose ci sono da scoprire e da sperimentare! Probabilmente non basterà una vita. Amo questo laboratorio. Quante ore ho trascorso qui dentro! Le mie dita scorrono sul ripiano liscio del tavolo. Osservo la luce verde che emana la provetta di fronte a me. Penso che Pierre e io abbiamo fatto proprio bene a chiamarlo radio, cioè raggio. Come raggio di sole. O raggio di speranza. Come spero che sia per tanti. Non riesco ancora a pensare a quali possano essere gli usi che altri, dopo di me, potranno farne, ma so che ciò che Pierre e io abbiamo scoperto con le nostre ricerche, potrà essere di aiuto a molti. Mi piacerebbe vivere tanto a lungo per verificarlo. So che non sarà così. Non mi capita spesso di fermarmi a pensare a quali giri strani la vita ti conduca a fare prima di intraprendere la tua strada, il percorso cioè che senti più adatto a te. Guardo gli strumenti di laboratorio attorno a me, tocco il tessuto bianco del mio camice e mi dico che è tutto vero. Se solo la piccola Marie di tanti anni fa avesse immaginato! Ricordo una volta che ero seduta al tavolo della mensa della scuola. Ero una bambina. Mi trovavo immersa nella lettura di un libro interessante, ma attorno a me c’era una gran confusione. Senza accorgermene dovevo essermi racchiusa in me stessa appoggiando i gomiti sul tavolo e tappandomi le orecchie con le dita per attenuare il rumore. Sapevo che in ogni classe c’è un gruppo

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