Testa dura ma geniale

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A R U D A T S E T

Nadia Vittori

MA...

E L A I N E G

Le avventure di un Dinosauro nel GIURASSICO



Per volare con la fantasia

Collana di narrativa storica per ragazzi


Editor: Paola Valente Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini Approfondimenti e schede didattiche: Paola Valente Impaginazione: Valentina Mazzarini Illustrazioni: Mauro Marchesi Progetto grafico copertina: Mauro Aquilanti Ufficio stampa: Francesca Vici I Edizione 2018 Ristampa 6 5 4 3 2 1 0

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Nadia Vittori

A R U D A T S TE

MA...

GENIALE


Fossile di Dinosauro


LA VITA AL TEMPO DEI DINOSAURI ECCO UN'IMMAGINE DI VITA DEL GIURASSICO (180 MILIONI DI ANNI FA) Vuoi fare un tuffo nella storia? Leggi il racconto e inizia l'avventura!



la nuova covata

Il momento della schiusa è sempre molto delicato.

Il più nervoso era naturalmente Papà. Camminava avanti e indietro, lungo lo sperone di roccia lavica, dove un mese prima avevamo trovato un ottimo nascondiglio per le uova. Erano pochi passi, poi il sentiero faceva una brusca svolta a gomito e si perdeva in uno strapiombo che pareva senza fine. Papà lo percorreva tutto, poi con un’agile giravolta, tornava sui propri passi, ripassandoci accanto. Mamma invece sorrideva serafica, dondolando pigramente la lunga coda. Noi sapevamo bene che anche lei era in ansia, ma non lo dava a vedere: non voleva innervosire ulteriormente il già nervosissimo Papà. – Ci siamo! – strillò a un tratto Albericosauro balzando all’improvviso in piedi. – Ho sentito uno scricchiolio.

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Tutti gli occhi si girarono verso le otto uova disposte a spirale. Non erano sistemate in un vero e proprio nido, come quello degli uccelli per intenderci. Noi Pachicefalosauri non usiamo piume, paglia o cosucce del genere.

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Le nostre uova sono meno delicate, hanno un guscio molto piĂš duro e resistente di quello dei nostri parenti alati e quindi necessitano di minore protezione. A noi bastava una grotta ben riparata, un anfratto nascosto nel terreno e qualcuno che facesse la guardia giorno e notte contro i terribili Predatori, i mangiatori di uova.

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Questa covata, per esempio, era stata sistemata all’imboccatura di un cunicolo buio e strettissimo. Si era rivelata un’ottima idea. Modestamente l’avevo avuta io! Solo infilando la testa nell’apertura e allungando in modo esagerato il collo, si potevano vedere le uova che altrimenti sarebbero passate inosservate a chiunque si trovasse a passare di lì. Infatti tutte le uova erano rimaste intatte per venti lunghi giorni. Sembrava però che l’attesa stesse per finire. Papà accorse ansimando e sbuffando, facendo vorticare la lunga coda in modo frenetico. Riuscii a spostare Mariannasaura giusto un attimo prima che l’appendice impazzita del nostro caro Papà la centrasse in pieno. – Fai attenzione, Mariannasaura! Sai bene che quando Papà è agitato, bisogna stargli lontano… Ma Papà nemmeno se ne accorse: era troppo preso dal grande evento che si stava compiendo. Piaceva molto anche a me, per la verità, assistere alla schiusa delle uova. Ogni volta mi prendeva una strana commozione, un groppo che mi si formava in gola e mi impediva quasi di parlare. In fin dei conti, non capita a tutti di assistere alla nascita dei propri fratelli.

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Sapevo, per esempio, che i piccoli di Orodromo nascono soli soletti, in buche scavate nella sabbia delle spiagge più tranquille di piccole isole. Una volta nati, i cuccioli di Dinosauro devono cercare di raggiungere da soli l’acqua, dove li attendono i genitori. Un modo un po’ triste di venire al mondo e soprattutto un po’ pericoloso. Nel breve tragitto dal nido al mare, erano decine i piccoli Orodromi che morivano preda di feroci carnivori. – Ci siamo! – disse Mamma. L’uovo più grosso cominciò a tremare, poi prese a vibrare sempre più violentemente, finché, con un ultimo strattone, il guscio si aprì in due e un esserino verde e marrone si mosse all’interno del mezzo guscio rimasto a terra, si allungò con un singulto e si stirò al sole tiepido. – Ecco il primo! – urlò mio padre, e tutti insieme lanciammo un urlo di gioia. – Com’è piccolo! – osservò Mariannasaura, che era più giovane di me e non aveva mai assistito prima a una schiusa. – Sono sempre molto piccoli, quando escono dall’uovo! – osservai io, dall’alto della mia esperienza. Papà lo studiò per bene, squadrandolo in silenzio.

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Per prima cosa gli tastò la sommità della testa, picchiandoci con soddisfazione alcuni colpi leggeri. – Sentite come suona bene: avrà la testa dura come la mia! – disse emozionato. Poi lo guardò a destra e a sinistra, in alto e in basso, e sarebbe arrivato a capovolgerlo se Mamma non l’avesse fermato. – È perfetto! – sentenziò in tono solenne. – Lo chiameremo Osvaldosauro. Farà un figurone alla Festa del Sole di quest’anno. Non aveva ancora finito di parlare che un secondo uovo si aprì. – È una femmina! – esclamò Mariannasaura. Venne chiamata Fioristellasaura e divenne subito la preferita di Papà, perché sulla sommità della testa aveva ben tredici spuntoni. – Esattamente quanti ne avevo io al momento della nascita – commentò DENTRO LA STORIA... quasi commosso. Pian piano anche le La calotta cranica del Pachicefaaltre uova si schiusero. losauro era fornita di una serie di protuberanze ossee. Alla fine era rimasto un uovo solo, il più piccolo.

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Mamma lo fissava in silenzio, ma sapevo che era un po’ triste. A volte capitava che non tutte le uova si schiudessero, forse qualcosa aveva bloccato lo sviluppo del piccolo Dinosauro racchiuso al suo interno. – Si è mosso! – strillò a un tratto Mariannasaura, che aveva la vista acutissima. Tutti fissammo in silenzio il piccolo uovo bianco latte. Era vero: un leggero tremito lo faceva sobbalzare lentamente. – Bisogna aiutarlo – disse Mamma. E col muso diede alcuni colpi delicati alla sommità del guscio. Finalmente l’uovo rotolò su un fianco e un sassolino appuntito riuscì ad incrinarlo. – Eccolo! – annunciò Albericosauro quando l’ultimo Dinosauro fece la sua comparsa. – Ma è piccolo! – strillò delusa Mariannasaura. – È come tutti gli altri… – dissi io, ma ero poco convinto. Anche Papà era perplesso. – Ha ragione Mariannasaura. È troppo piccolo! Mamma si avvicinò all’esserino e con un sorriso allungò la lingua umida e calda, passandola con delicatezza sulla testa del piccolo per lavarlo.

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Ridacchiai sottovoce: ricordavo ancora perfettamente la sensazione della lingua ruvida e calda di Mamma sulla mia testa e sentii una punta d’invidia per quel mio fratellino cosÏ fortunato.

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– Finitela, voi… non è poi così piccolo… – brontolò Mamma facendoci tacere. Sospirai soddisfatto: avevo cinque fratelli e tre sorelle nuovi di zecca. L’esserino aprì gli occhi e si guardò attorno stralunato. Tutti noi trattenemmo il respiro: finalmente avremmo sentito la sua voce! Lui aprì la bocca e fece un grosso sospiro: – Hic…! Mariannasaura bisbigliò confusa: – Che cosa ha detto? E di nuovo l’ultimo nato aprì la bocca: – Hic… – Ha detto hic! – feci io. – Hic… – E che cosa vuole dire? – borbottò Papà spazientito. – Hic?… Ma come parla questo? Mamma sorrise. – Non vedete, povero piccolo? Ha il singhiozzo! Papà si avvicinò per studiarlo ancora un po’. – Lo chiameremo Dino! – disse alla fine. – Solo Dino? – chiesi io. Sapevo che a Papà piaceva molto dare nomi importanti ai propri figlioli e

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un semplice Dino mi sembrava troppo misero per la nostra famiglia. – Dino andrà benissimo! – approvò Mamma con un sorriso, ma Papà era nervoso e gli diede un’altra occhiata perplessa. – Hai visto? Ha solo quattro spuntoni! Chissà che cosa dirà Nonno Anacletosauro quando lo vedrà!

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