Guido Quarzo - Anna Vivarelli
DIALOGARE PER CRESCERE Storie nate dalla collaborazione con i protagonisti del mondo sociale, per raccontare la vita agli adulti di domani
G. Quarzo - A. Vivarelli
UNA ZATTERA contro corrente
"Una zattera contro corrente” è la storia dell’amicizia tra Gigi, un ragazzo italiano, e Luis, un “nomade”, suo compagno di classe per breve tempo. Alla spontanea complicità dei due amici si opporranno pregiudizi di adulti e coetanei, ma Gigi e Luis riusciranno ugualmente a costruire un rapporto che aiuterà la crescita di entrambi. L'incontro tra le loro realtà, così diverse, sarà rappresentato dal sogno di fabbricare insieme una zattera. Per immaginare avventure sul fiume? O per fuggire da un mondo che non sa comprenderli? Chissà. Guido Quarzo e Anna Vivarelli: due Premi Andersen, autori di numerosi libri divenuti “classici” della letteratura per ragazzi. Appassionati di teatro e scrittura creativa, si dedicano da anni ad attività di educazione alla lettura in scuole e biblioteche, dove amano incontrare i ragazzi, per farli raccontare, pensare e crescere.
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UNA ZATTERA contro corrente
Un amico rimane per sempre, anche se parte e va lontano...
UNA ZATTERA contro corrente Un amico rimane per sempre, anche se parte e va lontano...
DIALOGARE PER CRESCERE
Editor: Patrizia Ceccarelli Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini Progetto grafico: Valentina Mazzarini Ufficio stampa: Francesca Vici I Edizione 2018 Ristampa 5 4 3 2 1 0 2023 2022 2021 2020 2019 2018 Tutti i diritti sono riservati © 2018 Raffaello Libri S.p.A. Via dell’Industria, 21 - 60037 - Monte San Vito (AN) e-mail: info@grupporaffaello.it www.grupporaffaello.it e-mail: info@raffaelloragazzi.it www.raffaelloragazzi.it Printed in Italy È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright.
Guido Quarzo Anna Vivarelli
UNA ZATTERA contro corrente
CAPITOLO UNO Ottobre è un mese strano: certamente un poco malinconico perché davvero non concede più illusioni al fatto che l’estate sia finita, ma in fondo è anche una specie di promessa, l’inizio di qualcosa che dovrà venire. A ottobre si esauriscono i racconti di vacanze, si supera la sorpresa di ritrovarsi più o meno cambiati, ci si lascia alle spalle il ripasso delle cose fatte l’anno prima e si riparte. Quell’anno il mese regalò temperature miti e un cielo quasi sempre sereno: un clima che invitava a passare più tempo possibile fuori di casa. Ma subito gli insegnanti avevano messo in guardia tutti quanti dal lasciarsi prendere da un’eccessiva calma. – Questo è l’anno dell’esame! Non dimenticatelo. Quest’anno chi perde tempo se ne pentirà poi più amaramente che negli anni scorsi... perché l’esame
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non si prepara nell’ultima settimana: all’esame ci si prepara fin da ora! La professoressa Berti aveva fatto di queste frasi una specie di mantra quotidiano. Così la bellezza di quell’autunno, il clima mite, le foglie che coloravano di giallo, rosso e marrone i viali lungo il fiume, tutta la poesia della stagione, insomma, rischiava di essere soffocata da una precoce ansia da esame. Ottobre dunque è un mese strano. Per Gigi quel mese di ottobre fu forse il più strano della sua vita. Fu in quel mese di ottobre che conobbe Luis e nacque un’amicizia davvero difficile da spiegare. Come si diventa amici di qualcuno?
Sicuramente Luis aveva incuriosito molti compagni, in altri incuteva forse un certo timore, ma quanto all’amicizia... Nemmeno i più sfavoriti dalla sorte, i più rompiscatole, quelli, per intenderci, che magari avevano l’ultimo modello di smartphone ma in compenso le unghie perennemente sporche, ecco nemmeno loro
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avevano pensato di poter fare amicizia con Luis. E non certo perché era arrivato in terza, a metà ottobre, quando da tempo nella classe si erano formati gruppi e gruppetti più o meno stabili e chiusi. La ragione stava in parte nel fatto che, al suo ingresso in classe, Luis era stato presentato ai compagni come “nomade” e per tutti nomade era uguale a ladro. Ma anche in parte per come era fatto Luis. Da dove venisse e dove sarebbe andato, nessuno s’era dato la pena di spiegarlo. Comunque, anche quelli che rubavano regolarmente le merendine al supermercato e i fumetti all’edicola si tenevano alla larga da Luis. Lui, senza farci caso, sedeva tutto solo nel banco singolo che gli avevano sistemato in fondo all’aula, quasi una minima appendice alla rettangolare regolarità degli altri banchi. Se ne stava lì, fermo e silenzioso, anche durante gli intervalli. Dunque, è difficile spiegare come si diventa amici di qualcuno.
Quel giorno Gigi si precipitò in classe: in quel momento suonava l’ultima campanella.
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“Cavolo, ce l’ho fatta per un pelo” pensò. Raggiunse il suo banco, il terzo a sinistra della seconda fila. Subito dopo di lui entrò la prof di italiano con il suo solito passo marziale, e diede uno sguardo intorno che pareva la lenta panoramica di una videocamera di sorveglianza. Fissò gli occhi su un angolo al fondo dell’aula, poi sedette e aprì il registro. La professoressa Berti era alta, dritta, energica, con i fianchi larghi e un grosso sedere che, quando camminava spedita, ballonzolava su e giù come se fosse di gomma. Non disse nulla. Si avvicinò a Luis, fermandosi a un passo dal suo banco. – Tutto bene? – domandò. Luis fece un cenno con la testa. – D’accordo – fece la professoressa. – Quando avrai voglia di parlare, parlerai. So che conosci piuttosto bene l’italiano. Tutti si erano voltati a guardare, naturalmente. Luis restava girato verso la finestra, come se la prima bruma grigia del cielo di ottobre fosse la cosa più interessante del mondo. Sembrava non accorgersi che l’attenzione di tutta la classe era rivolta a lui. – Luis resterà con noi per un po’ – continuò a dire la Berti tornando verso la cattedra. – A differenza di
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voi, viaggia continuamente insieme alla sua famiglia, perché appartiene a un popolo nomade. Sapete che cosa significa? Qualche risatina, qualche bisbiglio, commenti sottovoce. – Scommetto che quello non sa neanche che la prof parla di lui – disse Vernetti sgomitando. Era il vicino di banco di Gigi. “Ma perché devo sempre ritrovarmi Vernetti tra i piedi?” pensò Gigi sconsolato. Poi guardò Luis, che si voltò verso di lui. Gigi gli sorrise. – Sembra uno in gamba – disse a mezza voce. – Chi? Il marocchino? – chiese Vernetti. – È marocchino? – No, boh, che ne so. Dicevo così... “Ma perché Vernetti esiste?” Da un po’ di tempo Gigi si poneva questa domanda. L’unica risposta che gli veniva in mente era che quelli come Vernetti esistono per rompere le scatole al prossimo. Era dall’anno precedente che stava vicino a Vernetti, non perché fossero amici, ma perché era una secchia tremenda, e spesso e volentieri passava pezzi di verifica. Il segreto era non esagerare: se gli chiedevi troppo, chiudeva la saracinesca e dovevi arrangiarti.
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E comunque non avrebbe avuto molti altri banchi dove sedersi. Del gruppo di quelli popolari Gigi non faceva parte, anche se non ne era proprio escluso: era una specie di outsider, uno difficilmente classificabile, non certo un leader ma neanche uno sfigato cronico come Vernetti. L’altra possibilità sarebbe stata di legare con il gruppo di Mariano: una specie di gang che contava adepti anche in altre classi. Ma non era il suo genere: si trovavano ogni pomeriggio in certi giardinetti dai quali ormai nonni e bambini si tenevano lontani, e del resto le giostre erano così malridotte da essere inutilizzabili e delle panchine restava soltanto lo scheletro metallico. Si sapeva che tra loro giravano anche ragazzi più grandi, che si beveva, che si fumava un po’ di tutto. Ogni tanto a scuola se ne parlava ufficialmente: genitori e insegnanti si riunivano, affrontavano il problema, e si aprivano poi nelle classi delle belle discussioni, nelle quali Gigi non aveva proprio niente da dire.
Gigi era soprattutto uno che si faceva i fatti suoi, e sapeva che qualcuno lo considerava un po’ strano.
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Be’, se i suoi compagni avessero potuto dare una sbirciatina nella sua testa, probabilmente lo avrebbero considerato molto strano. Per esempio, quando la Berti aveva presentato Luis alla classe, a lui la parola ‘nomade’ aveva richiamato alla mente una visione di carovane nel deserto, cammelli carichi di mercanzie, grandi tende bianche mosse dal vento, palme lontane e un principe arabo con la scimitarra appesa al fianco. Sapeva di esagerare, sapeva che le cose non stavano così, ma non poteva farci nulla. Esistevano parole magiche al cui fascino Gigi non sapeva proprio resistere. Alle elementari c’era un libro che aveva sfogliato forse un centinaio di volte. Il titolo era I POPOLI NOMADI, e conteneva una grande quantità di disegni e fotografie di paesaggi e popolazioni diverse. Però Gigi si incantava letteralmente sulle illustrazioni del deserto e delle carovane che lo attraversavano. Se in quei momenti gli avessero domandato quale fosse la cosa che più desiderava al mondo, avrebbe sicuramente risposto: «Cavalcare un cammello». Ogni tanto la maestra lo sorprendeva con lo sguardo perso nel vuoto. – Gigi, sei con noi o chissà dove? – gli domandava allora.
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Ma lui non poteva rispondere: non conosceva il nome dei luoghi. Sapeva soltanto che erano pieni di animali strani, sabbia, mare, vento e avventure. Sorrideva alla maestra e mormorava: – Pensavo...
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"Una zattera contro corrente” è la storia dell’amicizia tra Gigi, un ragazzo italiano, e Luis, un “nomade”, suo compagno di classe per breve tempo. Alla spontanea complicità dei due amici si opporranno pregiudizi di adulti e coetanei, ma Gigi e Luis riusciranno ugualmente a costruire un rapporto che aiuterà la crescita di entrambi. L'incontro tra le loro realtà, così diverse, sarà rappresentato dal sogno di fabbricare insieme una zattera. Per immaginare avventure sul fiume? O per fuggire da un mondo che non sa comprenderli? Chissà. Guido Quarzo e Anna Vivarelli: due Premi Andersen, autori di numerosi libri divenuti “classici” della letteratura per ragazzi. Appassionati di teatro e scrittura creativa, si dedicano da anni ad attività di educazione alla lettura in scuole e biblioteche, dove amano incontrare i ragazzi, per farli raccontare, pensare e crescere.
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