Missionari come San Pietro Claver

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Il Ponte d’Oro Disegni di S. DE SIMONE

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SAN PIETRO CLAVER 26 giugno 1580: a Verdù, un paese della Catalogna, nasce Pietro Claver.

I Catalani sono gente di poche parole, onesti, molto religiosi, amanti del lavoro e della libertà. Tutte qualità proprie del carattere di Pietro.

Nel registro del battesimo, il parroco scrive questa frase: “Dio lo faccia buon cristiano”. Ed è proprio beneaugurante.


A 15 anni, a Barcellona, inizia la sua vita ecclesiastica nella Compagnia di Gesù, che si diffonde ovunque: le lettere dei missionari, successori del grande Francesco Saverio, provenienti dall’Asia e dall’America, entusiasmano la gioventù d’Europa. Porto di Siviglia, 1610: per la prima volta qui Claver vede l’orribile spettacolo degli schiavi neri che, grondando sudore, trasportano pesanti carichi sulle navi in partenza per il Nuovo Mondo. Questo gli basta per decidere di partire, come missionario per l’America.

Dopo una traversata di due mesi, il galeone San Pietro lo fa sbarcare, insieme ad altri tre gesuiti, a Cartagena de Indias (Colombia).


Questa località era grande mercato e centro di smistamento di schiavi africani, che vengono mandati a lavorare nelle miniere d’oro e d’argento, nelle coltivazioni di canna da zucchero o come rematori sui fiumi. Ci sono anche donne e bambini che vengono trattati con estrema crudeltà.

Claver non scrive, né polemizza contro la schiavitù, come avevano fatto altri missionari, scandalizzati da una simile situazione, ma si mette a combatterla con i fatti: prodiga amore e rispetto per gli uomini sottoposti a schiavitù, interviene per loro presso i padroni e li soccorre nei loro bisogni materiali. Non solo: comunica loro la Fede in Cristo, che dà senso alla vita. Impiega così la sua, giorno dopo giorno, durante 38 anni, come “schiavo degli schiavi”.


All’arrivo di ogni nave a Cartagena Pietro si affretta a radunare i suoi interpreti, a preparare una provvista di biscotti, vino, acquavite, conserve e frutta fresca. Il desiderio è di arrivare al più presto presso i prigionieri e anzitutto curare i malati. Insieme ai suoi aiutanti soccorre quei poveri uomini che per la prima volta vedono volti e mani che accarezzano, anziché ferire. Gli schiavi, dopo due mesi di insopportabile navigazione, sono scaricati in baracche, poi classificati e messi in vendita. Ignorano la fede cristiana e proprio con loro Claver inizia la catechesi nella maniera più semplice, con disegni e immagini: Dio è buono, noi siamo suoi figli, ai quali manda Gesù Cristo come Salvatore. L’acqua del Battesimo purifica dai peccati e apre le porte del cielo. In 20 anni ne battezza 300.000!

Lui, che era stato instancabile, trascorre paralizzato, a letto, in solitudine e in abbandono, gli ultimi quattro anni della sua vita. Muore l’8 settembre 1654 mentre la gente, nera e bianca, al grido di “Muore il Santo!” vuole vederlo almeno per l’ultima volta. In realtà lo schiavo degli schiavi fu un uomo di Dio, un Santo: la sua forza e il suo entusiasmo provenivano dalla Fede e dall’Amore a per Gesù Cristo.


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