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ESISTONO italiani?
Che cosa significa raccontare gli italiani?
Provare a dare loro la parola dal basso, come insegna Giuseppe De Rita (sociologo), non solo con analisi teoriche ma con delle inchieste, con viva voce della gente.
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La Tv e la radio hanno contribuito a unire il Paese, che cosa succede oggi con i social?
I social acuiscono alcune tendenze alla frammentazione e all’indebolimento di un racconto comune. La televisione svolgeva la funzione di orologio sociale, che oggi svolge in modo diverso. La televisione ha ancora alcune ritualità che vengono molto seguite: le conversazioni pubbliche di chi non è più giovanissimo sono ancora molto legate ai mezzi di comunicazione di massa. I social creano mille nicchie e faglie generazionali abbastanza impressionanti. Non sono però convinto che non esistano più racconti comuni, tutt’oggi definiti dai mezzi di comunicazione di massa dai quali i social si abbeverano spesso. È come se il sistema si fosse complicato ma gli attori del Novecento ancora resistono, ancora costruiscono un racconto comune.
Con gli ascoltatori e i telespettatori hai diverse occasioni di confronto, che cosa hai capito di noi italiani?
Che dipende moltissimo dal luogo in cui ci si ascolta e ci si parla, ma questo è così nella vita. A “Radio anch’io” il pubblico è diverso da quello di Radio 3, da quello di “Quante storie”, da quello di “Rebus”. Mi diverte molto confrontarmi, misurarmi e ascoltare le voci anche di chi non la pensa come me. Ad esempio, a “Radio anch’io” il dibattito è particolarmente vivo e caldo e lì mi misuro con tanti italiani che la pensano in modo diverso dal mio, ed è sempre interessantissimo.