R. Villano - Diritto della comunità all'eucaristia nel pensiero del Prof. Joseph Ratzinger

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R. Villano - Riflessioni e talune implicazioni sulle strutture dell’essere cristiano nell’Introduzione al Cristianesimo di Joseph Ratzinger

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Copia n. __________________ L’autore _________________________

© Copyright Raimondo Villano. © Ricerche, elaborazioni, copertina a cura di Raimondo Villano. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte del libro può essere riprodotta in pubblicazioni e studi senza citare la fonte. Nessuna parte del libro può essere diffusa con un mezzo qualsiasi, fotocopie, microfilm o altro, senza il permesso scritto dell’editore. All right reserved. No part of this book shall be reproduced in publications and studies without root’s citation. No part of this book shall be stored in a retrieval system, or transmitted by ani means, electronic, mechanical, photocopying, recording or otherwise, without written permission from the publisher. Realizzazione editoriale: Prof. Dott. Maria Rosaria Giordano. Redazione: mobile +39 334 14.33.878; e-mail: farmavillano@libero.it Advisor executive: Francesco Villano. Edizioni Chiron Found. - Praxys dpt. © 2013 Fondazione Chiron, via Maresca 12, scala A - 80058 Torre Annunziata (Napoli) website: www.raimondovillano.com. Vendite: giovanna.ce@libero.it; http://www.raimondovillano.com. Stampa LP - Napoli. Prima edizione aggiornata: maggio 2013. Numero di pagine complessive: 82. Finito di scrivere il: quindici maggio 2013. 1^ copertina: San Francesco d’Assisi. Complesso statuario monumentale in bronzo su base granitica in onore del Patrono d’Italia sito in Piazza di Porta San Giovanni a Roma. (Foto originale di Raimondo Villano). 4^ copertina: Scorcio dal ponte in salita di cupola tra Campidoglio e ‘Ombelicus mundi’ ai Fori Imperiali a Roma. (Foto originale di Raimondo Villano). Serie numerata e limitata. Questo volume, privo del numero di serie e della firma dell’autore, è da ritenersi contraffatto. CDD 230 VIL rif 2013. LCC BX1746-1755. R. Villano - Riflessioni e talune implicazioni sulle strutture dell’essere cristiano nell’Introduzione al Cristianesimo di Joseph Ratzinger

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Indice Presentazione

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Premessa

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1. Significato per Ratzinger del 1968 e 1989 - Punti che accentuerebbe

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oggi nella sua opera 2. Movimenti ecclesiali

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3. Analisi del singolo e del tutto

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4. Diritto della comunità all’Eucaristia

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5. Fede e futuro. Come si presenterà la Chiesa nel 2000. Teologia e

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futuro

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6. Rilevanza della struttura del ‘per’ nella storia della salvezza

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7. Il sacerdozio dell’uomo: un’offesa ai diritti della donna?

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8. Omelia di Benedetto XVI a conclusione dell’Anno sacerdotale

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9. Legge dell’incognito

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10. Delitti di pedofilia e conseguenze pastorali

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11. Lettera Pastorale di Benedetto XVI ai Cattolici dell’Irlanda

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12. Conoscenza di Dio nel pensiero di Pascal

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13. Ulteriori riflessioni sul Dio nascosto

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14. Legge della sovrabbondanza

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15. Connessioni tra il pensiero di Pesch e di Ratzinger

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Profilo sintetico dell’autore

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“Deus est id quo maius cogitare nequit” Sant’Anselmo d’Aosta

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4. Diritto della comunità all’Eucaristia(1) Dalla fine del Concilio nella Chiesa cattolica si è condotto con grande passione una controversia intorno al ministero presbiterale riguardante, prevalentemente, il tema del diritto della comunità all’Eucaristia. Tale nuova concezione del problema lascia intravedere un progresso sia perché è riconosciuto che le comunità sono incentrate sull’Eucaristia (e, dunque, il concetto di Chiesa è riconsiderato dal suo centro vero e proprio che è liturgico) sia perché in tal modo appare nuovamente insostituibile il ministero presbiteriale (quale guida della comunità a partire proprio dal centro eucaristico, e non viceversa). Ciò, d’altro canto, evidenzia una criticità dei nuovi ‘ministeri sostitutivi’, ovvero i nuovi servizi dei laici impegnati a tempo pieno. Inoltre, vi è la tendenza a considerare il requisito del celibato universale del sacerdote non come un bene necessario per la mediazione sacerdotale con la comunità. Progredendo nell’approfondimento del diritto della comunità all’Eucaristia, tuttavia, emerge quanto ciò che appare intellegibile ed evidente sia equivoco e dalle non ovvie implicazioni, tra l’altro diversificate. J. Blank, ad esempio, partendo dall’esegesi del Nuovo Testamento, giunge a sostenere che “la celebrazione dell’Eucaristia ha oggettivamente priorità sul ‘ministero’ (…) che non può assolutizzare se stesso e far dipendere dalla propria permanenza la possibilità della celebrazione”. Egli, inoltre, definisce l’Eucaristia quale “memoriale mediante una prassi analogica” sottolineando che non si deve parlare di ‘transustanziazione’ bensì di ‘parole d’interpretazione’, divenendo del tutto evidente una diversa concezione della Chiesa e dell’Eucaristia. Schillebeeckx, dal canto suo, effettua un tentativo più radicale per fondare la tesi del diritto della comunità all’Eucaristia partendo dall’analisi non solo del Nuovo Testamento ma anche dell’intera tradizione, collegandosi ad una critica di principio della tradizione dogmatica del II millennio cristiano: egli scorge, in effetti, un’opposizione fondamentale tra i due millenni, in quanto nel II con l’idea del carattere sacramentale si sarebbe creata l’immagine ontologicosacerdotalizzante del presbitero. In opposizione a tale situazione egli aspira a ridare vigore alla concezione non sacrale bensì sacramentale del ministero. Il punto centrale di tale concetto non sacrale del sacramento consiste nella 8

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considerazione dell’ordinazione letteralmente come ordinatio, ovvero di ordinazione per porsi al servizio della comunità: domina, dunque, un rigoroso carattere comunitario del ministero. Egli da teologo, inoltre, afferma che la prassi che trae la sua ispirazione da Gesù come il Cristo è dogmaticamente e apostolicamente possibile. Ratzinger confuta evidenziando che il diritto della comunità all’Eucaristia, definito poi in uno quale diritto della comunità ad avere un sacerdote tende alla rivendicazione di un diritto e, nel contempo, a modificare i concetti di Eucaristia e di sacerdote. “Quando l’Eucaristia è reclamata come diritto della comunità, si deduce rapidamente che la comunità può fondamentalmente darsela da sé, e che essa allora non ha bisogno di un sacerdozio, non accordabile se non con la consacrazione nella successione apostolica, quindi attingendo all’elemento ‘cattolico’, alla Chiesa universale e al suo potere sacramentale(2)”. Ratzinger, quindi, individuando un problema nel rapporto tra i concetti di ‘diritto’ e di ‘comunità’ ritiene necessario effettuarne un chiarimento. In effetti, risulta messa in causa la struttura fondamentale della Chiesa, ovvero in quale misura la cattolicità sia essenziale alla Chiesa dall’interno, nell’intimo della sua vita. Il concetto decisivo è quello di comunità: nel Codice di Diritto Canonico(3) si parla del diritto dei laici alla recezione dei beni spirituali e, specialmente, ai soccorsi necessari per la salvezza. La Chiesa, dunque, riconosce espressamente che i fedeli hanno diritto ai sacramenti, che le sono stati dati per gli uomini: il Codice, tuttavia, parla non di diritto delle comunità ma diritto dei laici, dunque del battezzato(4). In secondo luogo esso lega all’ordinamento della Chiesa universale: essa è posta in gioco ma, di contro, è messo in risalto l’individuo quando si tratta della via della salvezza. Le due differenze fra Codice e tesi moderna riconducono nuovamente alla ‘questione comunità’ che appare quale soggetto vero e proprio del diritto, recando in sé anche il diritto di stabilire essa stessa il sacramento e il ministero, rendendo necessari dei chiarimenti di concetti. 1. Il linguaggio del Concilio Vaticano II La teologia cattolica fino al Concilio Vaticano II non conosce il concetto di comunità. Ci si orienta intendendo in modo biblico la Chiesa e il termine ‘comunità’ è trattato come concetto protestante. Il Concilio stesso non conosce il concetto di comunità; i tre gradi del concetto di Chiesa sono: R. Villano - Riflessioni e talune implicazioni sulle strutture dell’essere cristiano nell’Introduzione al Cristianesimo di Joseph Ratzinger

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Chiesa universale (ecclesia universalis), ovvero Chiesa cattolica comprendente le diverse famiglie di riti; Chiesa locale (ecclesia localis), il patriarcato o le specifiche comunità; Chiesa particolare (ecclesia particulalis), comunità di fedeli riferiti a un vescovo, ovvero la diocesi. Risulta notevole considerare che il livello inferiore è rappresentato dalla Chiesa episcopale, oggi denominata diocesi. L’assemblea locale è collegata con il contesto della successione apostolica e così con la Chiesa universale. Se questa cattolicità intrinseca manca all’assemblea essa non è un’assemblea ‘legittima’, cioè non si attua come comunità eucaristica vera. La comunità attorno all’altare, poi, è definibile comunione con il vescovo solo se essa supera i limiti locali. Diversa è la situazione del Nuovo Testamento e dei primi Padri, quando l’assemblea locale e la Chiesa episcopale si presentano in larga misura identiche. Ciò che è costitutivo della Chiesa locale, della comunità è in misura minore il luogo quale elemento geografico rispetto alla comunione con il vescovo quale elemento teologico, a sua volta considerato nel contesto della realtà della ‘successione apostolica’ di cui è garante. 2. Radici del concetto moderno di comunità Nell’articolazione terminologica e teologica del concetto di Chiesa nel linguaggio e nel pensiero del Concilio Vaticano II non vi è la creazione del concetto né trattazione di ‘comunità’ nell’accezione intesa in questa sede; ciò non significa che tale concetto sia in assoluto inaccettabile, anzi il silenzio del Concilio pone segnali di rilievo essenziale per il nuovo discorso e bisogna chiedersi quali siano le radici del concetto di comunità, dato che esso non proviene dalla concezione cattolica, di quali siano i contenuti e di come possa essere accolto. La radice decisiva è rintracciabile nella riforma di Lutero che vedeva spesso nella parola Chiesa ciò che voleva eliminare: la Catholica della tradizione, per cui non usa mai la parola Chiesa in senso positivo optando invece per il termine comunità (nell’Antico Testamento, tra l’altro, la parola Chiesa indica quasi sempre luoghi sacri pagani). Lo spostamento terminologico della Chiesa alla comunità mostra il processo interno della trasposizione della struttura della fede nella Riforma: la Chiesa si riduce a comunità, ovvero essa come successione perde per Lutero il suo contenuto teologico divenendo, nel migliore dei casi, apparato e organizzazione, mentre nel peggiore dei casi essa diviene anti-Cristo. Teologicamente non assume valore in conformità dell’Evangelo se non la comunità che di volta in volta si riunisce ponendosi 10

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sotto la Parola; solo questa comunità sarebbe propriamente la Chiesa nel vero senso della parola, cioè il luogo dell’Evangelo, mentre il resto, la grande Chiesa, non sarebbe che apparato, organizzazione senza significato propriamente spirituale. Tale idea si impone anche oggi al cristiano medio quasi in modo ovvio e manifesta il suo influsso nell’ambito cattolico(5). Presso Lutero il concetto di comunità è compreso in larga misura a partire dal Vangelo e, così, il luterano Gloege ha potuto dire che due elementi essenziali fondano il concetto di comunità: l’appello di Dio a riunirsi e la risposta che realizza quest’appello. Altri teologi, come Afanasiev, hanno sviluppato con forza un’ecclesiologia eucaristica che è allo stesso tempo della Chiesa locale, della comunità: dov’è l’Eucaristia, cioè nel luogo dove una comunità celebra l’Eucaristia, là sono dati allo stesso tempo il Signore intero e, quindi, anche la Chiesa intera. A una comunità che celebra l’Eucaristia non manca nulla: essa ha il Signore totalmente e nel sacramento ha la Chiesa totale ed è la Chiesa totale(6). In prima istanza, tuttavia, queste ultime affermazioni sembrerebbero irrecusabili; certamente nulla può essere aggiunto al mistero eucaristico, ma la questione si pone sulle condizioni e sul modo in cui esso si attua. Il Signore, in effetti, non sorge da ciò che intrinsecamente possiede l’assemblea bensì non può che giungere dall’esterno, come Colui che dona, un Signore sempre e soltanto ‘uno’, non diviso, intero nell’universo: riceverlo, pertanto, comporta l’entrare in unità con gli altri. L’essere una sola cosa con gli altri è il fondamento intrinseco dell’Eucaristia, senza il quale essa non potrebbe realizzarsi: celebrare l’Eucaristia significa entrare nell’unità della Chiesa universale, ovvero nell’unità del Signore uno e nel suo corpo uno: per questo l’Eucaristia comporta l’anamnesi nel suo insieme della storia sacra, della comunità dei santi, dei morti e dei credenti viventi sulla terra. Il segno esteriore della sottrazione dell’Eucaristia al nostro disporre e del suo carattere relativo alla Chiesa universale è la successione apostolica(7), per cui nessun gruppo può fare di se stesso Chiesa ma che diviene Chiesa solo ricevendo se stesso come Chiesa dalla grande Chiesa; ciò significa anche che la Chiesa non può organizzare se stessa a suo piacimento bensì che essa può divenire se stessa solo attraverso i doni dello Spirito Santo ottenuti mediante il sacramento. Il rapporto di ogni celebrazione eucaristica con uno dei portatori di questa successione costituisce la relazione necessaria al sacramento dell’unità. Il Concilio parte sempre dal carattere episcopale dell’Eucaristia e dalla Chiesa locale. Non bisogna separare la cattolicità dall’apostolicità, la R. Villano - Riflessioni e talune implicazioni sulle strutture dell’essere cristiano nell’Introduzione al Cristianesimo di Joseph Ratzinger

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condizione dell’apostolicità è la cattolicità, il contenuto della cattolicità è l’apostolicità(8). Se si abbandona l’idea dell’unità, l’essenzialità e l’autenticità della sacramentalità cade allo stesso tempo. L’eucaristia si riduce, allora, ad un mero pasto della comunità e si perde la grande funzione d’espressione del potere di Gesù di rimettere i peccati ed annunciare il Regno che viene. 3. Conclusioni Si è visto come secondo Lutero la comunità sia costituita dall’appello della Paola di Dio. Si deve, tuttavia, aggiungere che la Parola di Dio non sussiste come entità liberamente fluttuante ma come qualcosa che ci vincola e, quindi, ci collega, cioè esiste in un modo sia personale che storico e comunitario e ci introduce in una storia che ci obbliga, presa in mano dal Signore stesso. La concezione fondamentale del Concilio è che la comunità non si costituisce in antitesi al ministero. L’Ecclesia, a tutti i suoi livelli, non è reale se non è strutturata sacramentalmente e, dunque, intrecciata nella rete della successione apostolica. Tornando a considerare i dati conciliari, da cui emerge che la Chiesa episcopale costituisce l’unità più bassa dai punti di vista terminologico e teologico, va sottolineato che le diverse formazioni comunitarie locali o personali sono designate come ‘sede’, ‘parte’ e cellula solo se in relazione con il vescovo. La proposta di Ratzinger di definizione di comunità è di individuarla come forma concreta attraverso cui la fede trova un suo ambiente: nel caso favorevole, essa coinciderebbe con la parrocchia, benché non sia necessariamente così e purtroppo sempre più spesso non lo sarà, per cui essa non dovrebbe essere considerata alla stregua di un concetto direttamente teologico quanto piuttosto come entità antropologica. D’altro canto, occorre tener presente che la comunità reale non può formarsi che rivendicando per sé nella misura estrema la persona. Si incontrano talora anche romanticismi del pensiero comunitario che attendono praticamente dalla comunità la liberazione del fardello dell’io. Certamente una vera comunità può effettivamente divenire terreno portante della persona che vi trova il ‘tu’ e il ‘noi’ di cui ha bisogno, ma essa non può compierlo se la persona non è resa capace di donare se stessa e, così donando, non impara anche a ricevere se stessa in modo nuovo. Ricade, poi, sull’autorità la responsabilità di organizzare ed equipaggiare le comunità episcopali in modo tale che esse siano nella condizione di costruire 12

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la vita di fede della Chiesa nel loro territorio nella variabilità ed apertura necessarie. Tuttavia, una pura soluzione dall’alto non può sortire un risultato sufficiente, occorrendo anche generare sufficienti sacerdoti ed entusiasmare abbastanza persone per un servizio indiviso nel regno di Dio, anche unito al celibato, essendoci corrispondenza parallela tra la capacità del matrimonio sacramentale, conforme all’Evangelo, e la disponibilità alla verginità.

___________ Note (1) SER Card. Joseph Ratzinger, Diritto della comunità all’eucaristia? La ‘comunità’ e la cattolicità della chiesa, Elementi di teologia fondamentale. Saggi sulla fede e sul ministero, Parte seconda Ministero, a cura di Giacomo Canobbio, Morcelliana., pp. 203-219. (2) SER Card. Joseph Ratzinger, Ibidem, p. 206. (3) Canone 682. (4) SER Card. Joseph Ratzinger, Ibidem, p. 207. (5) SER Card. Joseph Ratzinger, Ibid., p. 210. (6) SER Card. Joseph Ratzinger, Ibid., p. 211. (7) SER Card. Joseph Ratzinger, Ibid., p. 212. (8) SER Card. Joseph Ratzinger, Ibid., p. 213.

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