Raimondo Villano - Aspetti filosofici, morali ed esistenziali della società globale dell'informazion

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ROTARY INTERNATIONAL DISTRETTO 2100 ITALIA Service Above Self - He Profit Most Who Serves Best

Raimondo Villano

Verso la società globale dell’informazione

A. R. 2000-2001

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L’elaborazione e la scrittura di questo testo è stata ultimata nel mese di maggio 1996.

© Rotary International - Club Pompei Oplonti Vesuvio Est Elaborazione, impaginazione e correzioni a cura di Raimondo Villano Edizioni Eidos, Castellammare di Stabia (Na)

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Indice

Presentazione

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Prefazione

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CAPITOLO I Analisi settoriale delle principali applicazioni telematiche

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CAPITOLO II Analisi settoriale dei problemi tecnici di applicazione e/o sviluppo delle tecnologie informatiche

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CAPITOLO III Sicurezza e reati informatici: problemi tecnici, giuridici e normativi

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CAPITOLO IV Problematiche ed azioni politiche

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CAPITOLO V Politica, attivitĂ e problematiche delle imprese del settore informatico

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CAPITOLO VI Stime di mercato

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CAPITOLO VII Aspetti filosofici, morali ed esistenziali

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CAPITOLO VIII Impatto spaziale. Problemi urbanistici

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CAPITOLO IX Impatto sociale

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Conclusioni

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Note

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Bibliografia

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Presentazione

Un grande dono offerto con grande umiltà. Ecco come si può definire questa lunga e non lieve fatica di Raimondo Villano, il quale, per mero spirito di servizio e non certo per ambizioni accademiche, ha voluto assumere la parte e l’ufficio di mediatore tra una materia intrinsecamente complessa e in rapida evoluzione e la gran massa di coloro che, in numero e in misura crescenti, son destinati a fare i conti con essa, anche se non per loro scelta. Il discorso sull’attuale società dell’informazione è tanto diffuso, che rischia di apparire un luogo comune. Ma proprio il fatto di essere comune comporta la necessità che se ne conoscano, sia pure a grandi linee ma non superficialmente, contenuti metodi e finalità non con la pretesa di dominare il nuovo universo disciplinare ma con il legittimo desiderio di non esserne dominati e manipolati. La nuova realtà creata dalla scienza informatica ed elettronica ha profondamente mutato, abbreviandole fin quasi a cancellarle, le tradizionali coordinate spaziali e temporali dell’umano agire e comunicare, costringendo anche mentalità e abitudini a rapidi processi di adattamento. Quando gli adattamenti ci sono stati (con o senza traumi conta poco), si son ritrovati enormemente accresciuti i poteri di ciascun individuo di mettersi in relazione con gli altri e quindi di moltiplicare, attraverso lo scambio di informazioni, le occasioni e le modalità della crescita globale della personalità. Quando, invece, gli adattamenti non sono stati neppure tentati o, se avviati, non hanno creato le sperate abilità, s’è avvertita una progressiva emerginazione dal flusso delle informazioni e s’è instaurata la non felice condizione di dover utilizzare informazioni manipolate da altri o comunque di seconda mano. Ecco perché oggi non è più possibile scegliere tra l’adesione alla nuova realtà e il rifiuto di essa. Nella società dell’informazione ci siamo già e, ci piaccia o no, l’unica libertà di scelta che rimane è tra il rassegnarsi a subirla o il prepararsi a guidarla. E l’uomo, se non vuole abdicare alla propria dignità, non può non provvedere in tempo alla propria libertà con lo scegliere la seconda ipotesi. È davvero un Giano bifronte quello che sfida l’uomo contemporaneo a scelte difficili e irrevocabili: esso promette e fa intravvedere un gran bene, ma contiene anche, occulte, le insidie di un gran male. Ancora una volta, come all’inizio della storia, l’uomo deve vivere e risolvere dentro di sé l’eterno dramma della scelta. Ma in ogni caso la via resta sempre una: quella della conoscenza. Per accettare o per respingere. *** L’autore non chiude gli occhi di fronte ai problemi che vien ponendo all’uomo di oggi la trasformazione in atto della società. Al contrario: li fa suoi, quei problemi, e, pur con le debite cautele e riserve, assume coraggiosamente posizione a favore della prospettiva di cambiamento, ovviamente governato e diretto dall’uomo. Il cap. VII, in particolare, contiene una diligente e accurata disamina del pensiero filosofico contemporaneo nel suo 7


misurarsi con la tecnologia informatica e con i problemi ch’essa pone alla perplessa intelligenza e all’ancor più perplessa sensibilità degli uomini. Sembra proprio che l’intera civiltà occidentale, di plurimillenaria durata, sia giunta ad una svolta decisiva del suo cammino: la macchina, che pur è frutto dell’umano pensiero, ne incrementa ed amplifica le potenzialità in misura incredibile e imprevedibile, ma restano molto difformi da essa i ritmi con cui le masse degli uomini si adeguano alle nuove possibilità operative. È come se l’immensa eredità della storia dell’umana intelligenza e ricerca oggi costituisse una remora o un gravame per l’uomo dannato al cambiamento: questo c’è sempre stato, ma, per i ritmi che ne scandivano il processo, è stato sempre agevolmente “metabolizzato” dall’uomo. Oggi è l’incalzante rapidità dei processi innovativi che mette a nudo la lentezza dell’adeguamento dell’uomo e della sua struttura psichica e mentale. Ed è proprio lì, nello scarto tra le due velocità, che si annida il rischio: la liberazione dalla ripetitività meccanica di certe operazioni, offerta dalla macchina, potrebbe tramutarsi in un forma sconosciuta di asservimento delle masse. Da parte di chi? e a vantaggio di chi? Se a questo punto della riflessione interviene l’inevitabile avvertimento di tener sempre l’uomo come fine, ecco che ammonitore si leva il passato con tutto il fascino dei valori ch’esso ha creati e consegnati alla nostra coscienza e alla nostra responsabilità. Il cammino verso il nuovo è inarrestabile. L’augurio è che l’uomo sappia percorrerlo con saggezza, con coraggio e con umiltà, traghettando sempre nei nuovi approdi l’eredità delle passate generazioni, in virtù della quale egli può ancora riconoscersi e dirsi uomo. La riflessione dell’autore su tutta quest’area problematica dura da alcuni anni, nel corso dei quali egli ne ha fatto partecipi gli amici rotariani del suo club con la generosità di chi mette a vantaggio degli altri la propria fatica e con l’umiltà di chi sente il proprio dono inadeguato al sentimento che lo muove e lo accompagna. Alcune tappe di questo fecondo e costante rapporto della silenziosa operosità del singolo con la vita del gruppo sono state contrassegnate da concrete proposte di notevole utilità e rilevanza sociale: ricordo le validissime indicazioni sull’organizzazione del servizio sanitario e dell’assistenza agli anziani, sull’orientamento dei giovani nella scelta degli studi universitari e nella ricerca del lavoro nonché le preziose applicazioni della razionalità informatica alla sistemazione dell’archivio del Distretto 2100 del R.I. Di tutta l’esperienza acquisita e della conoscenza accumulata nell’itinerario degli ultimi anni quest’opera rappresenta la “summa”, della quale non saprei se apprezzare di più l’ampiezza della materia trattata o lo sforzo di renderla accessibile alla comprensione di persone sfornite di competenza specifica ma dotate di buona volontà, quali son certamente i Rotariani. A me, che ho avuto più volte l’occasione di apprezzare la serietà dell’impegno professionale e civile dell’autore, piace concludere questa presentazione col notare ch’egli, nel delineare l’avvento del nuovo universalismo tecnologico come versione contemporanea degli universalismi classici (cristiano, umanistico, razionalistico), ha saputo far sua la pedagogia rotariana dell’uomo come fine. Gennaio 2000

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Antonio Carosella


Prefazione

Il presente lavoro è scaturito dall’analisi, a mano a mano sempre più approfondita, degli aspetti e delle problematiche della società globale dell’informazione, condotta sulla scorta di numerosi testi e pubblicazioni, tra le quali ultime mi piace ricordare qui il prestigioso quotidiano nazionale IL SOLE 24 ORE, che al fenomeno delle telecomunicazioni riserva con costanza la sua ben nota e non superficiale attenzione. A me pare, invero, ch’esso, pur senza la pretesa di essere esaustivo in una materia oltremodo complessa a causa dell’intrinseca multifattorialità e polivalenza nonché della magmatica evoluzione del fenomeno, possa tuttavia divenire un utile strumento di ulteriore comprensione e punto di partenza per l’aggiornamento delle conoscenze. Ciò a beneficio di una platea non di addetti ai lavori ma di soggetti di buona volontà, che con attenzione, sensibilità e sollecitudine recano il loro tassello, piccolo ma pur sempre prezioso, alla grande opera collettiva dell’edificazione della società contemporanea. Raimondo Villano

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CAPITOLO VII Aspetti filosofici, morali ed esistenziali

Poiché il legame che unisce i nuovi sistemi di telecomunicazioni e, quindi, i modi della comunicazione fra gli uomini e la loro vita associativa è molto stretto, molteplici sono gli interrogativi che ci poniamo. In questa sede vengono privilegiate le principali modificazioni che lo sviluppo in questione determina sui comportamenti dell’uomo, anche in relazione all’organizzazione delle sue funzioni e dei suoi spazi collettivi, per mezzo dell’analisi filosofica. Fin dalla comparsa del linguaggio vocale articolato, il tratto distintivo dell’uomo, che ha fatto da base e da propellente alla straordinaria espansione della sua sfera di controllo, è stata la capacità di scambiare - in modo sistematico, agevole e continuo - stati mentali (esperienze, emozioni, cognizioni). L’uomo è l’unico animale che riesce a connettere e sincronizzare i diversi membri delle sue popolazioni senza dipendere da moduli genetici. Tutta la storia della comunicazione, dai primi rudimenti verbali al computer, si può considerare come il progressivo sforzo dell’uomo di cancellare ed eliminare, uno dopo l’altro, gli ostacoli che i corpi materiali pongono alla circolazione delle conoscenze. Oggi stiamo per entrare in un’epoca nuova, in cui le conoscenze, in qualunque forma espresse (immagini, suoni, testi), sempre meno dipendono dal loro corpo materiale e si intravede un ciclo di produzione-circolazione-uso-riproduzione dei contenuti mentali che, essendo disincarnato, è sempre più rapido, ubiquo e abbondante. Un nuovo mondo in cui la conoscenza senza corpo circola ovunque in dosi traboccanti e cambia la vita quotidiana, i processi di lavoro, le strutture organizzative e i rapporti di potere che in esse sono concretizzati. Un nuovo mondo in cui lo scambio di conoscenza avviene a partire da una cesura tecnologica: l’avvento delle reti intelligenti basate sulla codificazione numerica (la digitalizzazione, appunto) che rappresenta qualsiasi contenuto mentale (scritto, sonoro, visivo) nello stesso linguaggio formato da cifre binarie (i bit). Sulle reti intelligenti i contenuti si trasferiscono tutti allo stesso modo, ad altissima velocità, in quantità illimitate. I bit, che sono conoscenze poste in forma pubblica e, quindi, scambiabile ma pressoché immateriale, non hanno i limiti di tempo, di spazio, di scarsità, che affliggono gli atomi pesanti, scomodi e lenti, in cui, fino a oggi, i contenuti hanno dovuto incorporarsi. In sostanza, alla luce dell’espressione di libertà individuale e della maggiore capacità di controllo dei processi organizzativi conseguenti all’improvviso aumento della circolazione di conoscenze nell’ultimo quarto di secolo nonché dell’accentuata tendenza alla segmentazione nell’uso delle conoscenze e, soprattutto, delle immagini, la rivoluzione digitale non crea, ma amplifica con l’efficacia di una grande innovazione tecnologica la tendenza a un uso sempre più capillare e potente della conoscenza nella vita sociale. Il grado di libertà degli individui dovrebbe essere maggiore: dalla posta elettronica alla possibilità di chiamare sul proprio video a piacere intere biblioteche di programmi fino ai collegamenti scritti e visivi, non solo orali, in qualunque punto del globo. Ciascuno potrà fare di più con meno obblighi. Sarà sempre più ampio il grado di differenza dei prodotti e delle prestazioni; la varietà personalizzata diverrà la regola.

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Di contro, però, è ricorrente un’altra riflessione: una società caratterizzata dalla concentrazione dei sistemi di comunicazione e, quindi, di sistemi informativi tende verso un controllo totale delle informazioni oppure riesce a garantire l’autonomia dei singoli individui? Benché sia accertato che ogni individuo sceglie tra i vari mezzi di comunicazione, accetta solo gli argomenti con cui è d’accordo ed interpreta le cose cosi come gli va di capire, secondo un processo di esposizione, memorizzazione e comprensione selettive, ci si domanda quali siano i reali rapporti fra il potere centrale e i nuovi sistemi di telecomunicazioni e se la loro diffusione consenta una totale partecipazione degli utenti allo scambio delle informazioni oppure tenda all’ulteriore concentrazione del potere, consentendo accanto ad una maggiore democratizzazione anche l’insinuarsi di una repressiva manipolazione della volontà. Nel settore televisivo, poi, il progresso raggiunto permette di fornire trasmissioni differenziate per i vari gruppi sociali, politici, generazionali: ma nello stesso tempo concentra ancora di più l’emittenza sotto il controllo degli stessi gruppi di potere, anche a causa dei costi di accesso all’informazione. La conseguente eccessiva individualizzazione, sia culturale che spaziale, comporta l’esclusione di un’ampia fascia di persone, quelle più povere e più lontane dalle capitali dello sviluppo moderno. Tutto ciò potrebbe portare ad una sorta di rivincita sociale da parte dei cosiddetti “esclusi”, ancora abituati alla partecipazione attiva alla vita sociale e politica. Ma anche se questa non è che una ipotesi estrema, va sottolineato che soltanto la volontà dell’uomo sarà la responsabile degli effetti della tecnologia, flessibile ai più diversi usi. Un altro problema che si presenta è costituito dall’eventuale pericolo che le nuove tecnologie possano assumere sempre più un carattere “conservatore” anziché “innovatore”, qualora gli interventi che si vanno realizzando con l’uso dell’informatica sul territorio si modellino essenzialmente per risolvere problemi di ordine amministrativo, senza interessarsi al miglioramento delle relazioni con i cittadini ed alla qualità dei servizi. Occorre, dunque, lavorare e sperimentare non solo sulla tecnologia ma anche sulle relazioni e sugli obiettivi dei sistemi informativi ed impiegare anche nuove tecniche che non comportino solo la conservazione degli stessi meccanismi decisionali e di potere. Un altro interrogativo che si pone è, poi, come e fino a che punto progettare la vita umana della nuova città cablata possa significare anche produrla e riprodurla indefinitamente. Bisogna, forse, conservare valori, principi, ideali presenti nell’attuale città, capaci di dare contenuto all’operazione progettuale. La ricerca va quindi indirizzata verso la individuazione di tali valori. Nel contempo bisogna stare molto attenti alla pervasività che i nuovi sistemi di informazione possono determinare. Il potere della tecnica è spesso dirompente; per questa ragione occorre conservare un atteggiamento critico e soprattutto di controllo dell’innovazione tecnologica. La città che ci accingiamo a realizzare può riproporre la memoria del corpo dell’uomo che rappresenta l’essenza stessa dell’esistenza. Ma di quale corpo? Di un corpo che si riproduce sulla base delle immagini, delle informazioni e di esasperate operazioni logiche. Seguendo questo ragionamento, il concetto dell’abitare risulterà del tutto sconfitto e lacerato: abitare sarà archivizzare le tracce dell’immagine fisica delle persone. Si delinea, inoltre, il pericolo che la riproduzione della città sulla base solo di formalizzazioni unitamente ad un elevato uso della macchina, in una società altamente tecnologizzata, finiscano con il rendere “freddi” i rapporti interpersonali facilitando automaticamente la scomparsa della parte più nobile dell’uomo: il sentimento. Prende, dunque, corpo l’esigenza di interrogarsi su quali valori, su quali principi organizzare il domani del genere umano, su quali reali bisogni dell’uomo ipotecare le scelte future e quali

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abitudini o quali comportamenti conservare, affinché si realizzi la continuità storica fra passato e futuro. Un interrogativo, poi, riguarda il futuro dell’uomo, il destino della sua memoria, il “tempo” della sua vita. Se la risposta può essere rassicurante sulla base di esempi storici, è innegabile, comunque, che i ritmi di vita quotidiana subiranno delle forti accelerazioni. Va anche considerato che uno degli elementi che caratterizza l’attuale società è il “desiderio di anticipazioni sul futuro”. Tale esigenza nasce dal bisogno di superare le angosce che il futuro può provocare e dal tentativo di operare scelte che possano risultare adatte alla realtà nella quale si agisce. Questa tendenza ha indotto singoli e comunità ad organizzare il versante delle indicazioni e delle certezze circa i destini sia individuali che collettivi. Il rischio, però, che si corre è, come afferma Bowyer, quello di determinare una forma di inganno, inteso come deformazione vantaggiosa della realtà percepita, in una situazione in cui il vantaggio va a colui che inganna, poiché l’ingannato percepisce erroneamente quello che suppone essere il mondo reale. Il messaggio conclusivo che viene lanciato è quello di evitare i fasti di una società telematica per riflettere maggiormente sulle ipotetiche contraddizioni che in essa si potrebbero configurare. Internet, ad esempio, è espressione di socializzazione in un vicinato digitale dove lo spazio fisico è irrilevante, dove gli stessi valori dello Stato-nazione lasciano il passo a quelli di comunità elettroniche, piccole o grandi, oppure è espressione di solitudine e di un mondo che può diventare intellegibile per overdose di informazioni ed in cui l’uomo perde il bene più prezioso che è la capacità di fare esperienza? In questo secondo caso la interconnessione risulta coinvolgere un numero infinito di eremiti di massa, vittime di un fenomeno vecchio ma che oggi si presenta sotto la nuova e falsa rappresentazione di un computer personale: la formazione dell’uomomassa, per generare il quale non occorrono marce oceaniche, ma oceaniche solitudini. Può produrre o favorire, inoltre, una sorta di “nomadismo psichico”, condizione di chi, abbandonato il proprio corpo su una sedia davanti ad un videoterminale, si trasforma in un navigatore in rete. Altre preoccupazioni angosciano gli “umanisti”: la rivoluzione informatica è un fatto semplicemente quantitativo e non qualitativo, ci distacca dal mondo di cui abbiamo solo la rappresentazione del “fantasma”, l’uso della tecnologia non è mai neutrale, è una pia illusione assegnare al mezzo dei buoni scopi e cosi via. Una visione, dunque, apocalittica in cui si avanza anche la certezza che l’uomo ha sempre subito i fratelli più o meno grandi che gli si sono parati davanti nel corso della storia. E la telematica, se utilizzata senza la necessaria dose di senso critico, rischia di diventare un Fratello più ingombrante e intelligente, capace di alienarci addirittura la realtà e l’esperienza dandoci l’illusione di viverle, soli, nelle nostre case meravigliosamente cablate. D’altra parte è ormai evidente la percezione del p.c. come moltiplicatore delle capacità individuali, come ruote per la mente, come avvio di un’avventura fuori dall’anonimato, dalla passività quotidiana, dalla serialità tipica della società industriale matura. La rete, in particolare, fa sentire di essere qualcuno, con voce in capitolo e possibilità di espressione. Inoltre, nell’era dei satelliti, di Internet, dei sondaggi in tempo reale, si discute della velocità come valore fondante dei nostri tempi che espelle la lentezza come un disvalore e, nel contempo, si pone il problema della gestione del “tempo liberato” determinandosi sempre più spazi di nonattività lavorativa e di quasi-attività lavorativa in ogni periodo della vita delle persone. Crescono le situazioni di relativa indistinzione tra occupazione e non occupazione e si aprono spazi rilevanti per la molteplicità degli impegni individuali sul piano professionale ed extraprofessionale, più che sul piano della ormai superata contrapposizione tra tempo libero e tempo di lavoro. I nuovi modelli di creazione di valore incidono radicalmente sui tempi necessari per la produzione e sulla quantità degli addetti funzionali al ciclo industriale tradizionale. Una rivoluzione nella gestione del tempo è in atto: si liberano energie e disponibilità che devono essere utilizzate per arricchire il valore prodotto dalla società nel suo insieme.

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Dobbiamo nel futuro agire su tutto lo spettro delle opportunità, anche per gestire in modo nuovo il tempo e sarà la creatività ad avere un ruolo centrale. Ma il sistema è anche deresponsabilizzante in quanto in video c’è solo la rappresentazione digitale, per esempio, di un reato ed ancor più spesso non c’è nemmeno l’identità del colpevole che può agire sotto pseudonimo, sotto mascheratura, sotto inesistenza. Ed ancora, via computer è possibile compiere un reato ed attribuirlo ad una terza persona, scatenando così un gioco di responsabilità. Inoltre il sistema può apparire anche schizofrenico nella misura in cui, unitamente alla televisione, agisca in modo pervasivo chiaramente su condizioni psichiche più predisposte, operando un crescente annullamento di tutte le possibilità di narrazione, oltre che di fisicità, delle relazioni sociali e urbane ghettizzando il tutto entro un asfittico stile di visione fondato sul ritmo frenetico delle immagini e sulla cornice immobile del campo ottico in cui, ad esempio, la città fisica ed il suo pulsare vi scorrono dentro come semplici reagenti allo sguardo, come uno sfondo irregolare, increspato, multicolore magari ma bidimensionale o comunque caratterizzato da una sua vita assolutamente indipendente. Ma, di fatto, con l’avvento dell’universo multimediale questa cornice mentale è destinata a cambiare: interattività e libertà di scelta che la caratterizzano sono forse proprio il risvolto che assume nella comunicazione il desiderio di personalizzazione e di individuazione dalla massa sociale (io scelgo, quindi sono). Inoltre, le nuove tecnologie consentono di essere in telepresenza costante in qualsiasi punto del mondo, attraverso il computer, il telefono, la videoconferenza. Ma proprio in riferimento a quest’ultima, un altro aspetto che non va sottovalutato concerne le resistenze psicologiche degli individui rispetto alle forme di comunicazione mediata, la quale non permette di scambiare la comunicazione nell’integralità delle sue dimensioni. Nella videoconferenza la comunicazione che avviene tra due poli è di tipo transazionale/interazionale e la descrizione dei dati nelle riunioni di lavoro necessita di un’attenzione particolare rapportata alla dimensione transazionale del linguaggio in una prospettiva socio-conoscitiva. Qual è questa nuova forma di conoscenza dinamica? Quali interferenze intervengono nella sua interpretazione? Le comunicazioni sono realizzate interazionalmente; in particolare ogni interlocutore formula i suoi interventi in funzione dell’immagine che egli ha dell’altro interlocutore, e questi, a sua volta, risponde in base alla rappresentazione ed alle intenzioni che egli attribuisce all’interlocutore precedente. E’ necessario, dunque, esaminare come l’interazione strutturi le sequenze discorsive. Un grosso limite delle videoconferenze è legato al modo stesso di comunicare. Infatti, esso è formato sia da una parte verbale che da una parte legata alla gestualità. Nell’immagine dello schermo delle videoconferenze si istituisce una nuova definizione e ridistribuzione delle risorse interazionali. Lo schermo trasforma e rimodella la situazione d’interazione attraverso la scelta dei piani, della profondità di campo e attraverso la scelta dell’inquadratura; valga per tutti l’esempio dell’espressione facciale che è sottomessa all’ipertrofia dell’immagine trasmessa, soprattutto quando non sono riprese le mani e la loro gestualità. Emerge, dunque, che la telecomunicazione, istantanea ed invisibile nel suo tempo e nel suo percorso di trasmissione, destabilizza profondamente il quadro delle referenze abituali nella comunicazione interpersonale tradizionalmente legata alla fisicità, alla durata dello spostamento ed all’incontro. Si dovrebbe pertanto tendere sempre di più ad una coincidenza tra i due tipi di rete, quella tecnica e quella legata alla socializzazione. Va, poi, considerata la non infrequente opera di deificazione del computer e di quanto graviti intorno al suo mondo e, transitivamente, il notevole senso di onnipotenza che possono sentirsi conferire taluni uomini con il possesso o ancor più con l’uso di tali strumenti. A tal proposito, potrebbe risultare importante, innanzitutto, tenersi lontano dalle mode filosofiche, di cui due

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sono le principali: da un lato il materialismo o, come viene sempre più spesso chiamato, fisichismo, e questa moda è quella dei computer. Dall’altro lato vi è l’ostilità moderna alla scienza, che forse può essere definita come antirazionalista. Vi è, poi, la filosofia del fallibilismo che, in accordo con Socrate, ritiene che gli uomini siano fallibili e che sappiano molto poco ed afferma che i computer, che sono prodotti dell’uomo, sono anch’essi fallibili, magari ammettendo che possono esserlo un pò meno degli uomini, ma riconoscendo che sono anche molto meno responsabili. Tuttavia, quest’ultima posizione filosofica fallibilista appare assai favorevole alla scienza, purché la scienza venga interpretata come congetturale o ipotetica. La conoscenza scientifica, che è conoscenza congetturale, può essere considerata la migliore conoscenza che noi abbiamo. Tuttavia, essendo congetturale, non ha né pretende di avere alcuna autorità: essa è fallibile. Come tutti sanno, l’evoluzione della scienza ha creato problemi pressanti ma imprevedibili. Uno di questi è la progressiva fiducia riposta in autorità illegittime, come quella dei computer, e l’autorità che la gente incompetente attribuisce alla fisica. Il dogmatismo e l’autoritarismo sono i più grandi pericoli dell’umanità; perché la verità è che noi conosciamo molto poco e nulla in modo certo. Ovviamente, più in generale, ci si ritrova ad affrontare uno dei problemi oggi più discussi, soprattutto tra gli eredi della tradizione analitica e della filosofia della scienza anglo-americana: quello di trovare una via di uscita al dilemma tra assolutismo e relativismo. Entrambe queste posizioni filosofiche hanno conseguenze poco desiderabili: la prima perché con la sua aspirazione a una irraggiungibile conoscenza assoluta di come è la realtà in sé porta allo scetticismo; la seconda, il relativismo, perché sembra eliminare ogni base di confronto tra visioni diverse, senza contare poi che ogni forma estrema di relativismo si autocontraddice, finendo per commettere un suicidio involontario, come osservava già Socrate. Non sono pochi i filosofi che in questi ultimi anni hanno accarezzato l’idea di un punto di equilibrio tra quei due estremi opposti, cercando di conservare quanto di buono ciascuno dei due offre, senza però scivolare nell’uno o nell’altro. Ma l’impresa non è semplice e le soluzioni proposte si sono rivelate spesso travestimenti inconsapevoli dell’uno o dell’altro estremo. Il problema è illustrato bene dal caso della nozione di oggettività. Per chi abbraccia una forma di assolutismo metafisico, la conoscenza oggettiva è una conoscenza che coglie la realtà così come è in sé: soltanto un osservatore assoluto, libero da condizionamenti di qualunque sorta - Dio, dunque - può ottenere un sapere oggettivo. Un simile traguardo resta umanamente irragiungibile, dal momento che le nostre conoscenze sono condizionate da molti fattori, come la nostra posizione nel tempo e nello spazio, la nostra conformazione fisiologica, le modalità del nostro pensiero e i principi metafisici invisibili annidati nel linguaggio. Pertanto, la situazione appare immutata anche nel caso in cui si consideri il passaggio dallo spazio-tempo definibile antico, il cui spazio è estensivo e caratterizzato da una lunga durata che prende il sopravvento sulla corta durata, al tempo intensivo delle macchine, in una immagine del tempo che è una immagine di velocità in cui le nuove tecnologie consentono di scoprire le piccole affinità, l’equivalente, andando a cavallo del tempo e in uno spazio propriamente virtuale e veloce: la trogosfera, in cui tempo e spazio non sono più dell’uomo ma delle macchine, appunto, e sono manipolabili ed in cui è possibile giungere a riconoscere addirittura che la velocità non sia più un mezzo ma un luogo. L’alternativa proposta dai relativisti, invece, è quella di fare dell’oggettività - come pure della verità e della realtà - una nozione relativa alle varie comunità culturali, storiche, politiche, etniche entro cui ha luogo l’attività di conoscenza. Nella prospettiva del relativismo estremo il concetto di oggettività esplode, quindi, in una pluralità di concetti di oggettività. Si profila, dunque, una terza via di affrontare il problema, sia pur in modo inusuale, con le armi del pensiero positivo, accettando senz’altro una forma moderata di relativismo (il che sembrerebbe condiviso anche dai neopositivisti), riconoscendo che ogni nostra conoscenza non può che nascere all’interno di un qualche contesto culturale, linguistico, teorico e, poi, che di fatto

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contesti diversi danno luogo a nozioni diverse di oggettività, nozioni che risultano, quindi, immanenti a quei contesti. Ciò, tuttavia, non precludendo la possibilità di intendere l’oggettività anche come qualcosa di trascendente. Una posizione riassumibile, dunque, come una proposta di distinguere tra le molteplici concezioni dell’oggettività ed il concetto di oggettività riconoscendo che le prime sono prodotte da pratiche conoscitive e, quindi, condizionate da vari fattori storici e culturali mentre il secondo è qualcosa di unitario e di trascendente a cui le varie concezioni di oggettività tendono in modi diversi. Ma come si può specificare questo concetto? L’anima antimetafisica del positivista vieta di identificare l’oggettività con una qualche conoscenza assoluta, un limite che l’umanità raggiungerà forse in un futuro. Secondo taluni l’oggettività - come la verità e la razionalità - va interpretata invece come un ideale regolativo kantiano, una pura esortazione, una categoria formale vuota che riceve i suoi contenuti mutevoli dalla storia 77. Dunque, addentrandoci ancor più nell’analisi e pervenendo ad un piano morale più propriamente cattolico, ci si ritrova di fronte al dramma vissuto dell’uomo contemporaneo: la eclissi del senso di Dio e dell’uomo, che con i suoi tentacoli pervasivi non manca, talvolta, di mettere alla prova le stesse comunità cristiane e che si consuma nell’intimo della coscienza morale a causa di una certa razionalità tecnico-scientifica dominante nella cultura contemporanea, che nega l’idea stessa di una verità del creato da riconoscere o di un disegno di Dio da rispettare. Chi si lascia contagiare da questa atmosfera entra facilmente nel vortice di un terribile circolo vizioso: smarrendo il senso di Dio, si tende anche a smarrire il senso dell’uomo, della sua dignità e della sua vita. Chiuso nel ristretto orizzonte della sua fisicità, l’uomo si riduce in qualche modo ad una cosa e non coglie più il carattere trascendente della sua esistenza, non è più capace di lasciarsi interrogare sul senso più autentico del suo esistere, assumendo con vera libertà i momenti cruciali del proprio “essere” preoccupandosi solo del “fare” e, ricorrendo ad ogni forma della tecnologia, si affanna a programmare, controllare, dominare esperienze originariamente ordinate per essere vissute e che, invece, diventano cose che si pretende semplicemente di possedere, rifiutare o manipolare. L’eclissi del senso di Dio e dell’uomo, inoltre, conduce inevitabilmente al materialismo pratico, nel quale proliferano l’individualismo, l’utilitarismo e l’edonismo. Così i valori dell’essere sono sostituiti da quelli dell’avere e in tale prospettiva materialistica le relazioni interpersonali conoscono un grave impoverimento ed il criterio proprio della dignità personale viene sostituito dal criterio della efficienza, della funzionalità e della utilità con la supremazia del più forte sul più debole. Inoltre, la coscienza morale, sia individuale che sociale, è oggi sottoposta, anche per l’influsso invadente proprio di molti strumenti della comunicazione sociale, ad un pericolo gravissimo e mortale: quello della confusione tra il bene e il male 78. Ciò non di meno è possibile, oltre che auspicabile, che l’era della comunicazione e dell’informazione sia sostenuta da un mutuo sforzo per il bene dell’umanità, a partire proprio da tutti coloro che vivono un credo religioso. Anzi, oltre al dialogo ed alla collaborazione tra Paesi e Popoli, lo stesso dialogo della Chiesa con le culture del nostro tempo e la stessa collaborazione interreligiosa (locale, regionale, interregionale), che rappresenta una garanzia per la salvaguardia del messaggio cattolico nella sua pienezza, potranno realizzarsi in tutti i campi della comunicazione sociale, dato che i media sempre più oltrepassano i limiti normali di spazio e di tempo. Il tempo attuale, dunque, potrebbe rivelarsi quello opportuno della coniugazione del dinamismo degli organi cattolici e delle istituzioni ecclesiali d’apostolato con le nuove possibili forme di comunicazione sociale quale condizione fondamentale per una collaborazione sempre più efficace e costruttiva 79.

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Lo stesso dialogo Chiesa-culture del nostro tempo sarebbe ulteriormente tonificato e reso beneficamente pervasivo nell’azione privilegiata di unificare nell’opera intellettuale umana due ordini di realtà che troppo spesso si tende ad opporre come se fossero antitetiche: la ricerca della verità e la certezza di conoscere già la fonte della verità. Una ricerca ed un’affermazione della verità che nel rapporto tra fede ragione prendono luce e significato dall’invito di S. Agostino “Intellege ut credas”; “crede ut intellegas”, affinché lo sforzo congiunto di intelligenza e fede consenta agli uomini di raggiungere la piena misura della loro umanità, includendo nelle proprie attività nuove la dimensione morale, spirituale e religiosa, consenta di valutare sempre le conquiste della scienza e della tecnica nella prospettiva della totalità della persona umana, nel convincimento della priorità dell’etico sul tecnico, del primato della persona sulle cose, della superiorità dello spirito sulla materia e consenta, infine, di comprendere o rammentare che la causa dell’uomo sarà servita solo se è unita alla coscienza 80.

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Conclusioni

Le nuove realtà stanno entrando, dunque, nella vita attuale ma la nostra cultura, invero, non sembra aiutare molto il Paese e, soprattutto, i giovani a sviluppare quella qualità che appare oggi indispensabile per muoversi verso il futuro: la flessibilità, cioè l’essere aperti alle cose nuove e l’essere capaci di adattarvisi. L’ambiente in cui viviamo, infatti, è in continua trasformazione con tempi che sono rapidissimi. La genetica non permette questo genere di adattamenti possibili invece con la cultura. Con quest’ultima, nel corso di una sola generazione, si può passare dalla preistoria alla micro-elettronica poiché i cambiamenti non sono biologici ma mentali. E la nostra capacità di adattamento dipende solo dall’elasticità intellettuale con cui sappiamo imparare, capire, creare, cambiare: cioè dalla nostra intelligenza o, come direbbe il paleoantropologo, dalla nostra flessibilità. Questo continuo adattamento culturale riguarda oggi non solo i singoli individui ma le imprese e la stessa collettività: perché comporta a “ogni livello” una perenne verifica delle idee, delle tecniche, degli obiettivi. Oggi i grandi mutamenti sono quelli indotti soprattutto dalla tecnologia. Va considerato, inoltre, che l’economia moderna può essere definita combinatoria nel senso che, combinando insieme in modo intelligente gli elementi in circolazione, si possono creare innovazioni non solo tecnologiche, ma organizzative, finanziarie, manageriali che corrispondono sia all’obiettivo del massimo rendimento col minimo costo sia alle esigenze di un mondo in continua trasformazione. Un mondo che, tra l’altro, richiede un sempre maggiore benessere. In questo senso “flessibilità” è certamente sinonimo di intelligenza; poiché anche il nostro cervello, in pratica, opera in modo analogo per risolvere un problema. Rimane un’ultima domanda, al termine di questa trattazione, che è quasi doverosa: ma questi cambiamenti sempre più rapidi dove ci portano? Questo sviluppo sempre più tumultuoso, in cui la tecnologia trasforma, accelera, innova, modificando il modo di vivere, il modo di produrre, il modo di lavorare, non potrebbe essere in definitiva un boomerang e ritorcersi contro l’uomo, cioè contro noi stessi? Quello che si può fare è prendere atto di questa situazione e, per quanto possibile, governarla. Il problema, cioè, è quello di tentare di conciliare i vantaggi e gli svantaggi di questo sviluppo tecnologico che ha senza dubbio già migliorato l’alimentazione e il reddito, ha diminuito la mortalità infantile e l’analfabetismo, ha aumentato la durata della vita e l’assistenza medica, ha accorciato gli orari di lavoro e ha creato, ancora, circolazione di idee ed emancipazione ma che può anche apportare effetti negativi. E’ allora possibile riuscire ad avere uno sviluppo equilibrato che permetta all’uomo di avere i vantaggi della crescita senza pagarli con un prezzo talora molto alto? Questa è senz’altro una sfida difficile ma la si può affrontare. L’obiettivo deve essere quello di riuscire a comprendere le potenzialità offerte dallo sviluppo tecnologico e gli usi applicativi possibili considerando che nelle macchine si trova solo ciò che si è precedentemente inserito e che è importante, dunque, inserire algoritmi frutto di problematiche gestionali corrette. E’ necessario, inoltre, possedere una formazione e una cultura molto diverse da quelle cui spesso siamo abituati, che sono troppo rivolte al passato anziché al futuro e che guardano più

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alle nostre grandi tradizioni letterarie, storiche, artistiche di ieri, che alle sfide tecnologiche, economiche e culturali di ‘oggi’ e di ‘domani’. Accettare le opportunità che la situazione ci offre richiede, pertanto, di compiere alcuni .passi fondamentali sul piano culturale collettivo, il cui ruolo è centrale. Il primo è quello di capire ciò che siamo diventati e quello che abbiamo avuto, non per difenderlo ma per costruire quello che possiamo diventare e possiamo avere ancora. Ma questo significa accettare e scommettere sulla ‘idea del rischio’ rispetto alla tradizione protettiva di cui abbiamo goduto. Il secondo passo, conseguente dal primo, è quello di investire il patrimonio sinora accumulato per poter raggiungere nuovi traguardi e innescare un’ulteriore fase del nostro collettivo sviluppo. Abbiamo ricchezza collettiva e individuale, abbiamo istruzione, abbiamo società pur con tutti i suoi difetti, abbiamo imprenditorialità che vanno nel loro insieme investite con un ‘atto di maturità’. Poiché di questo si tratta, soprattutto in Italia: un Paese che ha goduto di una lunga rincorsa di sviluppo all’insegna dei principi della creatività e della vitalità e che oggi deve affrontare la sua fase piena di maturità, con le conseguenze che questo comporta anche sul piano delle decisioni ulteriori da prendere. Ed ecco allora che il terzo passo ha a che fare con lo sviluppo di tanti e diffusi atti di responsabilità individuale e collettiva, che debbono alimentare l’innervatura civile, politica, istituzionale, culturale e ovviamente economica del nostro sviluppo attuale, per poter avere sviluppo futuro. Rischio, maturità, responsabilità costituiscono i tre ingredienti sul piano politico e sociale, ma anche educativo, che ci sono richiesti dalla nuova frontiera dello sviluppo. Bisogna uscire dalle analisi con le decisioni, la scelta, l’azione, i progetti. Bisogna creare la nuova “etica del fare” finalizzata allo sviluppo complessivo della collettività nella società dei servizi. Bisogna operare per realizzare le nuove infrastrutture della modernizzazione. Nella moderna società dei servizi la rete delle connessioni sociali assume ancora maggiore centralità, sia per la capacità di creare ricchezza dentro la nuova economia industriale sia per la capacità di rappresentare gli interessi degli associati. Mentre si discute sull’assetto istituzionale dei poteri, non si può trascurare la necessità di investire sulle reti di tessuto civile, sociale ed economico, soprattutto su quelle legate all’istruzione e alla conoscenza. L’apporto, però, delle strutture istituzionali dello Stato non è sufficiente di per sé. Si richiedono, dunque, interventi di promozione e di sollecitazione sulle componenti della società civile. E’ su questo terreno che si misurerà la capacità di realizzare una nuova fase di sviluppo per il Paese, garantendo il passaggio della società industriale alla società dei servizi. E’ questa, a mio parere, la responsabilità della classe dirigente che è chiamata a governare il cambiamento. E’ opportuno, infine, considerare che la conoscenza di quella catena di cause ed effetti, che può determinarsi ex post nel passato, poco serve a predeterminare il futuro, regno degli eventi possibili. E’ delineabile una dicotomia profonda fra l’analisi storica dei fatti conclusi, fra loro concatenati dal rapporto di causa ed effetto, e le azioni che quei fatti determineranno attualizzandoli dal futuro. Quelle azioni nascono in funzione di specifiche finalità e sono sempre propositive fra causalità del passato e finalità del futuro che il presente costantemente media costruendo le vicende del mondo. In una evoluzione magmatica degli eventi attuali, ogni componente strutturale della società contemporanea dovrà esser sempre più capace di saldare il dominio del presente con l’appropriazione del futuro, concependo ed attuando con grande attenzione una strategia duale che consenta la distinzione fra pianificazione dell’azione, o pianificazione operativa, a breve termine, e pianificazione per il cambiamento strategico, o a lungo termine. Di fatto, alcune componenti o parti di esse privilegiano il presente mentre altre si lasciano troppo attrarre dal futuro. E’ raro che venga raggiunto uno scambio efficace fra i due tipi di approcci, che cioè venga raggiunto un adeguato equilibrio fra la gestione delle attività correnti e la

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pianificazione del futuro. E questo perché gestire con strategie duali impone profondi cambiamenti, non soltanto nella pianificazione, ma anche nella struttura organizzativa e nei controlli di gestione. Sarà necessario che ciascuna componente sviluppi sempre il dominio del presente, la esigenza di condurre un’azione coordinata e collettiva basata sulla visione di come gestire oggi, individuando le opportunità vincenti e prestando la dovuta attenzione alle diverse attrattive. In questo senso è importante distinguere fra rapporti orizzontali, che definiscono e mettono in evidenza le strategie interne, e rapporti verticali, necessari a sintonizzarsi con le mutevoli realtà esterne. In secondo luogo sarà sempre necessaria la programmazione del futuro nel cui scenario l’ingresso può esser consentito ed anche accelerato soprattutto dal contributo che ciascuno di noi deve portare per cambiare una cultura che ancor vede nel cambiamento una minaccia anziché una opportunità. E’, infatti, chiaro che le opportunità non si conquistano opponendo ostacoli al cambiamento e difendendo un passato che non abbia futuro; le opportunità si conquistano solo se ciascuno, nel proprio ambito di responsabilità, è capace di cogliere correttamente il significato e la portata delle nuove sfide e di affrontare con coraggio i costi e i rischi del cambiamento.

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Si può scegliere tra due grandi famiglie di fornitori: quella rivolta alle aziende e quella rivolta ai privati. I primi hanno un costo variabile tra le 200mila lire e i 2 milioni al’ anno, a seconda dei servizi richiesti. I secondi forniscono abbonamenti ai servizi telematici italiani in contatto con Internet a un canone annuo variabile dalle 60 alle 200 mila lire. Ed in parte si sta già attuando, ad esempio: Conferenza Onu sulla donna, Pechino 1995. Nicholas Negroponte, Media Lab. di Boston, U.S.A. Gli indicatori sulle dotazioni tecniche nelle scuole superiori (indagine a campione) rivelano che: a) Il numero di studenti per ogni macchina fotocopiatrice è di: 237,25 nei Licei e nei Magistrali; 197,17 nel Liceo artistico; 206,29 negli Istituti professionali; 245,12 negli Istituti tecnici; per una media complessiva di 231,52; b) il numero di studenti per ogni computer destinato ad attività didattica è di: 37,95 nei Licei e nei Magistrali; 45,58 nel Liceo artistico; 15,12 negli Istituti professionali; 17,4 negli Istituti tecnici; per una media complessiva di 24,14. Fonte: indagine Censis-Cnel, anno scolastico 1993-94 (i dati si riferiscono ai primi 570 questionari elaborati sui 1600 pervenuti dalle scuole). Giuliano Beretta, direttore commerciale Eutelstat Servizi per i quali i telespettatori sono disposti a pagare un supplemento (dati percentuali; fonte: Inteco): Film senza alcuna pubblicità: Gran Bretagna 39, Italia 57, Francia 70, Germania 49; Ampia possibilità di scelta dei programmi multimediali interattivi: Gran Bretagna 60; Italia 47; Francia 82; Germania 45; Possibilità di decidere l’ora di inizio del programma scelto: Gran Bretagna 28; Italia 25; Francia 69; Germania 30; Possibilità di vedere le anteprime dei film: Gran Bretagna 40; Italia 43; Francia 80; Germania 41. Percentuale di persone “molto interessate” alla Tv interattiva (Vod): Gran Bretagna 19; Italia 101; Francia 19; Germania 12; U.S.A. 43; Percentuale di proprietari di videoregistratori che noleggiano almeno un film al mese: Gran Bretagna 37; Italia 39; Francia 29; Germania 35; U.S.A. 75; Percentuale di telespettatori che programmano il videoregistratore parecchie volte la settimana: Gran Bretagna 60; Italia 28; Francia 40; Germania 32; U.S.A. 26. Fonte: Inteco Consumi giornalieri di Tv nel 194, espressi in minuti pro capite, in alcuni Paesi europei (Fonte: Carat-Tv Minibook 1994): Gran Bretagna 230,6; Spagna 198,2; Italia 197,3 Germania 193,3; Francia 185,2; Media europea 185,4. Dati di utilizzo in percentuale di satellite e cavo rispetto alla diffusione degli apparecchi televisivi (Fonte: elaborazioni del Sole-24 Ore su dati Frost and Sullivan, Dataquest, Datamonitor, Alcatel): Satellite 1994: Germania 25, Gran Bretagna 20, U.S.A. 10, Francia 8, Olanda 4, Italia 1; 1997(previsioni): Gran Bretagna 35,Germania 34,U.S.A. 10, Italia 1O,Francia 9, Olanda 6 Cavo 1994: Olanda 82, U.S.A. 65, Germania 45, Francia 15, Gran Bretagna 15, Italia 0; 1997 (previsioni): Olanda 85, USA 70, Germania 48, Gran Bretagna 30, Francia 23, Italia 8. Mercato del cavo in Europa occidentale dal 1993 al 2003 (Fonte: Cit Research): Famiglie con Tv (in milioni): 155 nel 1993, 161 nel 1995, 166 nel 1997, 175 nel 2001, 179 nel 2003; Famiglie con Tv cavo (in milioni): 32 nel 1993, 38 nel 1995, 43 nel 1997,52 nel 2001, 55 nel 2003; Renetrazione Tv cavo (in % su case con Tv): 21 nel 1993, 23 nel 1995, 26 nel 1997, 30 nel 2001, 31 nel 2003; Penetrazione Pay-Tv (in % su case con Tv): 7 nel 1993, 9 nel 1995, 12 nel 1997,16 nel 2001, 18 nel 2003. Ricerca Inteco. Sartori. B.Miccio, Consigliere RAI. Giulio Carminati, Responsabile Studi e Ricerche RAI. Investimenti in informatica delle industrie italiane espressi in miliardi di lire (Fonte Teknibank per Osservatorio Smau 1995): 4199 nel 1993,4173 nel 1994 e 4882 nel ’95. Gli investimenti delle aziende fino a 99 addetti hanno registrato un incremento dello 1,8% nel 1994 rispetto al 1993 e del 40% nel 1995 rispetto al


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1994. Gli investimenti delle aziende da 100 a 499 addetti hanno registrato un decremento dell’0,8% nel 1994/93 ed un incremento dell’1,4% nel 1995/94. Gli investimenti delle aziende con 500 ed oltre addetti hanno registrato una flessione del 3,1% nel 1994/93 ed un incremento dell’1,9% nel 1995/94. Complessivamente gli investimenti dei tre comparti hanno registrato una flessione del 10,6% nel 1994/93 ed un incremento del 2,7% nel 1995/94. Giovanna Scarpitti, sociologa, Società Italiana Telelavoro. Carlo De Benedetti, presidente Olivetti. Ettore Pietrabissa, direttore centrali ABI. Nona conferenza di IPACRI su “I nuovi orizzonti nelle relazioni banche-clienti” (Barcellona, 1995). Ricerca dell’ABI, Associazione Bancaria Italiana, illustrata da Fernando Fabiano, responsabile del Servizio automazione interbancaria dell’ABI, al Convegno su “ L’informatica nelle banche: stato dell’arte e prospettive” (Roma, 1995). Fonte: Nomos Ricerca. Fonte: Andersen Consulting. Andrea Corbella, Vice direttore generale Banca Popolare di Milano. Alberto Crippa, Vice direttore generale CARIPLO. Fabio Chiusa, Direttore generale IPACRI. Anna Maria Llopis, Open Bank. Costantino Lauria, dirigente Servizio Antiriciclaggio Ministero del Tesoro - Convegno Assofiduciaria su aggiornamento delle istruzioni per la lotta al riciclaggio (Roma,1995). Carlo Pisanti, funzionario Settore Normativo Ufficio Vigilanza Banca d’Italia. Fonte: Commerce dept., Killen and Associates-Business Week. Pierfrancesco Gaggi, coordinatore del gruppo di lavoro dell’ABI. Tommaso Padoa Schioppa . Ettore Pietrabissa, direttore centrale ABI. Elserino Piol, Presidente Olivetti-Telemedia. Libro mutante, Ipertesto: si comincia il primo breve capitolo, poi si sceglie subito, a un bivio elettronico, se proseguire all’antica con pagina 2, oppure soffermarsi su una delle parole del testo, schiacciare un tasto quando il cursore del computer la incontra sullo schermo e di li balzare a una pagina collegata, seguendo una storia nella storia, un sentiero che si biforca cento volte. Per tornare poi alla storia principale, oppure lasciarla in cambio di altre. Il Sole-24 Ore è attivo anche su Audiotel con informazioni di Borsa e di tipo normativo. Fonte: Informatica pubblica. Giancarlo Scatassa, dirigente generale Ministero Funzione Pubblica. Guido Rey, Presidente A.I.P.A. Fonte: Ministero Pubblica Istruzione. Fulvio Berghella, vice direttore generale ISTINFORM (Istituto Consulenza Bancaria) e responsabile Security Net, che collega oltre 300 aziende fornendo servizi per la prevenzione contro il computer crime. Dati Security Net. Il gruppo di specialisti in materia costituito dall’Associazione italiana per il calcolo automatico (Aica) intende proporsi, per l’appunto, come osservatorio sull’impiego dei sistemi di sicurezza e diventare al tempo stesso un punto d’incontro e discussione su questi temi fra utenti, costruttori e ricercatori. Sicurforum Italia-F.T.I.: Giornate di studio “La sicurezza informatica: il progetto intersettoriale A.I.P.A.11, Roma 1995. Vedasi appendice legislativa. Giusella Finocchiaro. Guido Rey, Presidente A.I.P.A., Convegno Technimedia su “Comportamenti e norme nella società vulnerabile” nell’ambito del Forum multimediale “La società dell’informazione” (Libera Università Studi Sociali “Guido Carli” - 1995). Martino Pompilj, dirigente Confindustria. Angelo Mancusi, presidente Infocamere. Dossier pubblico ANASIN sull’eccesso di privacy. Herschel Fink, U.S.A. Electronic Frontier Foundation. Giuseppe Verrini, presidente Task force antipirateria di BSA Italia. Giuseppe Pirillo, presidente Gruppo Informatici Tecnico-Giuridici. Mario Monti, Commissario al Mercato Interno U.E.

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Esempio: in Italia accordo Telecom (agosto 1995). Jacques Santer, Presidente Commissione Europea: relazione di apertura G7 (Bruxelles, 24.2.1995). Fonte: Commissione Europea. Fabio Cammarano, Amministratore delegato Saritel. Fonte: Pat McGovern, presidente e amministratore delegato di Ide, che ha aperto i lavori dell’European It Forum organizzato nel 1995 a Parigi. Fonte: elaborazioni e stime Nomos Ricerca su fonti varie. Fonte: Eito, Dataquest, Ide - 60/B. Fonte: Nomos Ricerca-Assinform. Fonte: Eito ’95. Fonte: Eito 1995. Fonte: Dataquest. Fonte: Direzione generale Intel, 1995. Fonte: Osservatorio Smau. Fonte: Assinform-Nomos Ricerca. Fonte: Assinform-Nomos Ricerca. Fonte: Assinform-Nomos Ricerca. Fonte: Ide Italia. Fonte: Ed. Zander, Amministratore delegato Sun Microsystem (Madrid, 1995). Fonte: Eito ’95. Fonte: Gartner Group Stime Teknibank, società di analisi e consulenza italiana nel settore delle Tlc. Fonte: OVUM. Fonte: Associazione Italiana Internet Providers. Elaborata da Charles Sanders Peirce. Paolo Parrini - “Conoscenza e realtà. Saggio di filosofia positiva” - Laterza, Bari 1995 . ABS. e/o Rif. “Evangelium Vitae” 21+24, Enciclica S. S. Giovanni Paolo II (1995). ABS e/o Rif. “Criteri di collaborazione ecumenica ed interreligiosa nel campo delle comunicazioni sociali”, 15+17, 21+23 Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali (1989). ABS e/o Rif. “Le università cattoliche” 5,7,17,18, Costituzione apostolica S.S.Giovanni Paolo II (1990).


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Finito di stampare per conto delle Edizioni Eidos nel mese di gennaio 2000

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