R. Villano - Il profumo del tempo: gli erbari

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Erbario essiccato

Foglio dell'Erbario di G. B. Triumfetti (1656-1708) con annotazioni su ciascuna pianta (Biblioteca Casanatense, Roma)


Erbario essiccato

Quest'erbario comprende esclusivamente piante della flora siciliana, sulla base delle quali il Tornabene provvide a pubblicare, nel 1887, la Flora Sicula e, tra il 1889 e il 1892, i quattro volumi della Flora Aetnea.


Erbario essiccato


Erbario essiccato


E r b a r i o e s s i c c a t o

Pacco dell'erbario settecentesco di P.A. Micheli (1679-1737) Museo Botanico, Firenze


Erbari figurati Negli erbari figurati più antichi sono classificate le piante dividendole in gruppi in base al diverso portamento (alberi, frutici, suffrutici, erbe) e distinguendo quelle spontanee da quelle coltivate. Questa modalità di studiare, descrivere e raffigurare le piante, interpretando e modificando, se non addirittura copiando, le conoscenze degli autori classici si mantenne molto a lungo, fino a buona parte del 16° secolo. L'interesse ed il significato storico di questi erbari manoscritti, spesso su papiro o pergamena, è indiscutibilmente di eccezionale pregio. Occorre, tuttavia, precisare che una descrizione botanica scientificamente corretta richiede l'uso di una terminologia tecnica specialistica che compare solo molto tempo dopo, nel 18° secolo. Fino a quel momento le descrizioni risultano, quindi, brevi e in gran parte fondate sull'analogia, raramente a carattere naturalistico, ma il più delle volte filosofico, magico e permeate di astrologia e occultismo. E' il caso, ad esempio, di molti erbari ispirati alle teorie di PARACELSO (1451-1493) che nella sua Dottrina dei segni sosteneva che tutte le erbe nascondessero un segno occulto della loro utilità per l'uomo; così le foglie a forma di cuore avrebbero curato i disturbi cardiaci, la linfa gialla avrebbe guarito l'itterizia, ecc. In quest'ottica, le diverse parti di una pianta venivano raffigurate con gli organi del corpo che erano in grado di curare. Accanto a queste opere, che rappresentano per lo più un miscuglio di superstizione e pseudomedicina, ne compaiono altre di autori provvisti di una certa preparazione scientifica e di una spiccata individualità che basarono le loro descrizioni botaniche su osservazioni personali dirette e non sui dati tramandati dai testi antichi. Avviata verso la metà del 15° secolo l'arte della stampa, compaiono, soprattutto in Germania, i primi erbari stampati (detti erbari incunaboli). Si tratta spesso di copie di manoscritti medioevali a loro volta derivati, attraverso fonti arabe o persiane, da antiche opere greche e romane. Se da un lato le descrizioni delle piante, tranne poche eccezioni, risultano carenti ed imprecise, dall'altro le illustrazioni vengono progressivamente migliorate attraverso riproduzioni xilografiche di pregevoli dipinti e disegni di artisti.


Erbari a impressione Tra il 15° e il 16° secolo, quando le tecniche di stampa non si erano ancora pienamente affermate, venne avviata una nuova metodologia per la realizzazione di tavole botaniche, quella della stampa con l'ausilio di una matrice naturale, ovvero la pianta stessa. Tale tecnica, dettagliatamente descritta anche da Leonardo nel suo Codice Atlantico (1510-1519), prevedeva di cospargere con nerofumo, prodotto da una candela accesa sotto un coppo, un lato della pianta che veniva, poi, pressata tra due fogli, lasciando la propria impronta. In alternativa, si poteva impregnare il campione con una sostanza colorante per poi pressarlo su fogli di carta. Questo metodo di realizzazione degli erbari non ebbe grande diffusione, sia per l'inaffidabilità dell'impronta lasciata sulla carta, sia per le difficoltà e gli inconvenienti della stessa tecnica al confronto con i tradizionali metodi di stampa nel frattempo ampiamente avviati. L'uso degli erbari ad impressione sarà completamente abbandonato nel 18° secolo. L'uso di campioni essiccati per lo studio e il riconoscimento delle piante comincia all'inizio del 16° secolo.


Erbari essiccati Gli erbari essiccati più antichi costituiscono per lo più collezioni a carattere personale, rappresentando per gli stessi studiosi uno strumento necessario all'analisi, al confronto e al riconoscimento delle piante. Si presentano sotto forma di fogli rilegati in volumi, con i campioni direttamente incollati sui fogli. Anche l'etichettatura è inizialmente poco dettagliata, riportando in genere unicamente il nome comune della pianta o, solo nel caso di erbari più dotti, l'insieme dei caratteri botanici descrittivi ritenuti utili all'identificazione (denominazione polinomia). Col passare del tempo si preferirà realizzare erbari a fogli singoli, separati, in modo da poterli incrementare ed ordinare liberamente. Anche le annotazioni divengono nel tempo più precise e dettagliate. Verso la fine del 18° secolo le etichette dei campioni di erbario si arricchiscono di informazioni sulle località e le date di raccolta, con notizie anche di carattere ecologico, secondo le modalità utilizzate ancora oggi.


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