Cigola la carrucola del pozzo l’acqua sale alla luce e vi si fonde. Trema un ricordo nel ricolmo secchio, nel puro cerchio un’immagine ride. Accosto il volto a evanescenti labbri: si deforma il passato, si fa vecchio, appartiene ad un altro... Ah che già stride la ruota, ti ridona all’atro fondo, visione, una distanza ci divide. Eugenio Montale
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Raimondo Villano Cerimonia di Presentazione sotto l’Alto Patrocinio di: Ministero Beni e Attività Culturali
Edito con il Patrocinio di: Pontificia Accademia Tiberina Accademia di Storia Arte Sanitaria Nobile Collegio Chimico Farmaceutico Accademia Europea Relazioni Economiche e Culturali Norman Academy of State of Florida USA and of Republic of the Gambia
Presentazioni di: Ven. Balì Gran Croce di Giustizia del Sovrano Militare Ordine di Malta Ecc.mo Fra’ Franz von Lobstein Past District Governor del Rotary International 2100-Italia Prof. Antonio Carosella
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Copia n. _____________
L’autore __________________________
CHIRON FOUND. Praxys dpt
© Copyright Raimondo Villano. © Ricerche, elaborazioni, copertina a cura di Raimondo Villano. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte del libro può essere riprodotta in pubblicazioni e studi senza citare la fonte. Nessuna parte del libro può essere diffusa con un mezzo qualsiasi, fotocopie, microfilm o altro, senza il permesso scritto dell’editore. All right reserved. No part of this book shall be reproduced in publications and studies without root’s citation. No part of this book shall be stored in a retrieval system, or transmitted by ani means, electronic, mechanical, photocopying, recording or otherwise, without written permission from the publisher. Realizzazione editoriale: Prof. Dott. Maria Rosaria Giordano. Redazione: mobile 338 59 60 222; e-mail: farmavillano@libero.it Advisor executive: Francesco Villano. Edizioni Chiron Found. - Praxys dpt. © 2010 Fondazione Chiron, via Maresca 12, scala A - 80058 Torre Annunziata (Napoli) Tel. 081 861 22 99 Fax 081 353 29 81 website: www.chiron-found.org Vendite: Prof. Dott. Annamaria Giordano mobile 347 61 71 669. E-mail: annamaria.g10@alice.it; http://www.chiron-found.org Stampa LP - Napoli. Prima edizione gennaio 2010. Prima ristampa marzo 2010. Seconda ristampa settembre 2010. Terza ristampa dicembre 2010. Quarta ristampa marzo 2011. Quinta ristampa gennaio 2012. Prima edizione inglese gennaio 2011. Finito di scrivere il ventiquattro dicembre 2009. Foto di copertina di Raimondo Villano (2005): busto dal Chiostro dei Procuratori della Certosa di San Martino in Napoli. Serie numerata. Questo volume, privo del numero di serie e della firma dell’autore, è da ritenersi contraffatto. ISBN 978-88-904235-36. CDD 177 VIL tem 2010. LCC BH 81-208.
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Ai Confratelli Cavalieri Professi e non e alle Consorelle Dame del Sovrano Militare Ordine di Malta a me particolarmente vicini, di cui apprezzo il talento che stimola anche taluni miei studi e di cui, soprattutto, amo la profonda spiritualitĂ che ispira ed orienta significativamente la mia vita.
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Cerimonia di presentazione del libro:
sotto l’Alto Patrocinio del Ministero dei Beni e Attività Culturali
Con la partecipazione di:
Sua Em.za Rev.ma il Signor Cardinale Paul POUPARD Presidente Emerito del Pontificio Consiglio per la Cultura
Prof. Dott. Comm. Tito Lucrezio Rizzo Consigliere Capo Servizi del Quirinale
Studiorum Universitas Ruggero II State of Florida - U. S. A. and Republic of the Gambia
Gr. Uff. Prof. Dott. Giulio Tarro WABT c/o UATI-ICET / UNESCO House - Paris Chairman of International Committe Biothecnologies and VirusPhere
Coordinatore: Duca Riccardo Giordani di Willemburg Gran Cerimoniere Norman Academy
Cerimonia: Sabato 2 Ottobre 2010 – ore 17,00 Casa dell’Aviatore Circolo Ufficiali dell’Aeronautica - Roma
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Edito con il Patrocinio di:
ACCADEMIA
TIBERINA
Istituto di Cultura Universitaria e di Studi Superiori
Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria
Norman Academy RECOGNIZED BY THE LAW OF THE STATE OF FLORIDA U.S.A. AND OF THE REPUBLIC OF THE GAMBIA NOT POR PROFIT ASSOCIATION ARTS, LETTERS, HUMANITIES AND OF THE HUMAN RIGHTS DEFENCE IN THE WORLD
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Indice Presentazione
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Presentazione
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Prefazione
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Parte prima Il senso della storia e il dovere della memoria
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La memoria come percezione di identità collettiva
46
Il senso della memoria nelle arti sanitarie
57
Essenza e logica della sottrazione dei fatti all’oblio
62
La sede delle Epifanie divine nell’intreccio fra tempo ed eternità
67
Parte seconda Paradigmi metodologici e tecnici delle scienze storiche
79
Concettualità e metodologia nell’approccio alla storia
85
Euristica della storiografia della scienza
86
Problematiche di interdisciplinarità della storia della scienza
91
Approfondimenti inerenti la storia dell’arte sanitaria
93
L’archivio storico e l’area museale
95
Ruolo delle tecnologie informatiche nello sviluppo dello studio e della diffusione della storia sanitaria
99
Approfondimenti correlativi tra libro a stampa e opera multimediale
111
Studio sull’integrazione funzionale dei mezzi informatici:
114
1. Approfondimenti sulla biblioteca virtuale on-line
114
2. Approfondimenti sul museo virtuale on-line
116
3. Il progetto Minerva nell’ambito delle iniziative comunitarie di digitalizzazione del patrimonio culturale 4. Esempi di reti di supporto alla ricerca e alla consultazione storica
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ACCADEMIA EUROPEA per le RELAZIONI ECONOMICHE E CULTURALI Il presidente
Roma, 7 gennaio 2010 Carissimo Raimondo, facendo seguito alla tua richiesta di patrocinio AEREC per la pubblicazione della tua ultima fatica letteraria: “Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità. Riflessioni sull’indagine diacronica per la memoria dell’homo faber”. sono lieto procedere con la concessione, in virtù dell’impegno straordinario profuso in quest’opera che, dai postulati programmatici, si propone come strumento di lettura del nostro Paese in un momento particolarmente delicato ma interessante di cambiamenti epocali e determinanti per il futuro. Augurandoti pieno successo per l’iniziativa, aspetto di leggere intanto ti giungano i più affettuosi e sinceri auguri di buon anno.
il libro ed
Ernesto Carpentieri
Via Sebino 11 – 00199 Roma - Tel. 0039-06.85.86.57.00 Fax 0039-06.84.14.531 Web site: www.aerec.org e-mail: info@aerec.org
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Presentazione
G
entiluomo di compositi interessi sociali e storici, dalla vasta e, oserei dire, addirittura imponente bibliografia, il confratello Raimondo Villano presenta alla nostra attenzione l’ultima sua opera di saggistica dal titolo “Il tempo
scolpito nel silenzio dell’eternità. Riflessioni sull’indagine diacronica per la memoria dell’homo faber”. Si tratta, in effetti, di un “agile” volumetto, giacché consta di appena poco più di cento pagine, che si distingue sia per consultabilità ed eleganza che per le scelte iconografiche, invero raffinatissime. Mi corre, tuttavia, l’obbligo di fare una precisazione, ovvero che non sia di inganno l’espressione adottata di “volumetto” giacché il fonema che ci siamo permessi di utilizzare, sia ben chiaro, si riferisce ad un’opera tutt’altro che di esiguo spessore non solo in virtù degli argomenti trattati, in effetti tutti, ma proprio tutti “tosti”, bensì anche per la profondità delle cognizioni e per la meditata attenzione. Per avere una vaga idea in proposito, del resto, appare sufficiente porre mente locale già ai soli titoli dei capitoli della Parte Prima e Seconda, benché vada confessato che per una lettura attenta alcuni di essi presuppongono, se non proprio impongono, un’immediata conoscenza dei relativi testi. Soffermandoci, poi, a riflettere sui principali temi portanti, intesi però nell’accezione più alta del termine, dal coacervo di un’ideale “summa”, l’opera ci riconduce, relativamente agli aspetti della “memoria”, all’aforisma frutto della saggezza antica che con Marco Tullio Cicerone suggerisce che la memoria diminuisce se non la si tiene in esercizio (“memoria minuitur nisi eam exerceas” in “De senectude”, VII VII. 21) mentre, per ciò che concerne la “storia e sua metodologia”, essa rimanda ancora a Cicerone là dove asserisce “historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, qua voce alia nisi oratore immortalitati commendatum ” (“De orat”, II, 9, 36) ma anche, impegnandoci in un ragguardevole “salto” nel tempo, a Massimo D’Azeglio, da cui apprendiamo che “la storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire”, a Francesco Domenico Guerrazzi che ne “Il buco al mare”
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ricorda come “la filosofia della storia è l’arte di cercare e scoprire le leggi regolatrici del mondo morale”, a Carlo Belgioioso che in “Scuola e famiglia” afferma che “la storia è il notaio della coscienza pubblica” e, inoltre, a Giacomo Bazzellotti che trattando di Francesco de Sanctis puntualizza come “i recenti progressi del metodo hanno allontanato sempre più la storia dall’arte dandole un carattere sempre più scientifico”. Soffermandoci, ancora, sugli aspetti della Storia della Scienza e, in particolare, della scienza sanitaria e sua diffusione, ci sovviene in mente sia la riflessione di San Gregorio Magno, “quando mundus ad extremum ducitur, tanto largior nobis aeternae scientiae aditum aperitur”, che quanto asserito da Carlo Cattaneo, ossia che “scienza è ricchezza” nonché la considerazione di Gaetano Negri che “il tratto fondamentale dello spirito moderno è che tutte le forze dell’intelligenza sono portate all’investigazione dei fenomeni fisici e morali considerati per se stessi all’infuori di ogni pregiudizio di ogni elemento metafisico” (“Segno dei tempi”, 125). Ma cosa che ci sta più a cuore, oltre che come storici, in qualità di membri Professi dei Giovanniti, infine, a proposito delle considerazioni sviluppate sulla sede delle epifanie divine nell’intreccio fra tempo ed eternità, desideriamo riservarci di partecipare un ultimo fondamentale rimando all’interessantissimo sintetico precetto di Giovenale che nelle “Satire” (10, 356) ricorda che “orandum est ut sit mens sana in corpore sano”: “bisogna pregare affinché una mente sana sia in un corpo sano”! Roma, 6 febbraio 2010 Fra’ Franz von Lobstein Ven. Balì Gran Croce di Giustizia del Sovrano Militare Ordine di Malta
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Presentazione
I
l libro, che si compone di due parti ben distinte e pur collegate nell’unità dell’idea di fondo, affronta l’arduo compito di accostare due ambiti disciplinari e scientifici tradizionalmente differenziati sia nell’interna
strutturazione che nelle finalità conoscitive: la Storia e l’Informatica. Lo scopo dell’accostamento è di ordine pratico-operativo, che, senza compromettere l’autonomia di entrambe le discipline e senza intaccarne gli statuti né alterarne le interne logiche, dispone le potenzialità dell’una (l’informatica) al servizio dell’altra (la storia) per dilatarne e potenziarne l’ampiezza degli orizzonti conoscitivi e per accrescerne la carica pedagogica. Alla base o alla radice di siffatta operazione, complessa e ardita al tempo stesso, v’è la ferma fiducia che la differenziazione delle “due culture”, tema dominante nella seconda metà del secolo scorso, sia destinata a lasciare il posto ad una auspicata integrazione in un “sapere”, nuovo e antico al tempo stesso, che pare profilarsi all’orizzonte non troppo lontano del tormentato nostro presente. All’attesa, ancora piuttosto smarrita e confusa, di un tale avvento sembra alludere persino il titolo del libro: “Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità”, dove l’immagine del tempo che faticosamente scolpisce i propri segni sulla sconfinata lastra dell’eternità non riesce neppure a scalfire, di essa, l’intatto e assorto silenzio. E così si ricompone, per noi uomini, il mistero del rapporto tempo-eternità. Allora: ha un senso il generoso sforzo dell’autore di richiamare la nostra limitata intelligenza di mortali a misurarsi ancora con il problema tempo-eternità, se esso problema è costitutivamente al di sopra delle possibilità intellettive dell’uomo? Certamente. Anzi si direbbe che il senso intimo e globale di tutto l’impegnato e impegnativo discorso che fa il Villano consiste proprio nella consapevolezza del limite e nello sforzo di spostarlo ancora più oltre utilizzando gli strumenti della moderna tecnologia. Ed è in questo sforzo che scienza e storia si ritrovano a collaborare al fine di far crescere l’uomo in conoscenza senza peraltro autorizzarlo al folle volo di Ulisse oltre le colonne d’Ercole della sua finitezza.
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La lunga e articolata riflessione sulla storia, sul suo senso e sui suoi fini è alimentata e sostenuta da una valida documentazione e da autorevoli riferimenti, ma non è fine a se stessa, perché è volta alla prospettiva, più limitata, dell’arte sanitaria e, più precisarmente, della storia della farmacia, di cui l’autore è appassionato cultore. Dall’affermazione dell’opportunità e dell’utilità di conoscere il passato per meglio vivere il presente e per più consapevolmente preparare l’avvenire deriva, come logica conseguenza, l’individuazione dell’informatica come la tecnica che oggi consente di ampliare straordinariamente, di facilitare, arricchire e diffondere i segni e le testimonianze del passato a tutto vantaggio sia dell’arricchimento culturale del presente che della propiziazione d’un più largo orizzonte conoscitivo per il futuro. E con in più i vantaggi offerti dallo strumento informatico, che consente di superare ed eliminare le due grandi difficoltà che hanno fino ad ora limitato le possibilità operative dell’uomo: gli ostacoli del tempo e dello spazio. Non è certo la conquista dell’onnipotenza, che appartiene soltanto a Dio, ma è un gigantesco passo avanti fatto dall’uomo nella graduale ma infaticata marcia di avvicinamento al “gran mare dell’Essere ” supremo. Ed è merito di Raimondo Villano averlo intuito e fatto oggetto della propria ricerca. C.mare di Stabia, 4 marzo 2010 Prof. Antonio Carosella Past District Governor del Rotary International 2100-Italia
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Prefazione
Q
uesto lavoro scaturisce da un particolare coacervo di elementi correlati alla mia condizione di cultore di storia, di cattolico giovannita, di professionista sanitario e di cittadino socialmente impegnato in una Nazione splendida
nella sua pur evidente complessità. Una lettura non sommaria dell’opera credo, invero, possa segnare un momento nel quale si fa memoria di importanti istanti e aspetti della nostra storia. Nel contempo, fuor d’ogni retorica, lo scorrere dei capitoli ritengo sia occasione che può far volgere lo sguardo al futuro riscoprendo l’opportunità, il valore e il dovere della testimonianza, della narrazione e dell’aiuto alla conoscenza. Una lettura, dunque, da cui emergono non soltanto solide architravi concettuali per sorreggere l’impalcatura del ricordo, per non dimenticare, bensì anche un lavoro letterario che si cimenta nel compimento di un’ulteriore opera altamente civile, putrellando elementi di riflessione di pacificazione sociale, di concorso al ravvivamento del sentimento di coesione nazionale, particolarmente bisognoso d’esser coltivato e diffuso nei tempi attuali, nonché di custodia e protezione delle autentiche radici che, sostanzialmente, riguardano tutto il Paese. D’altro canto, con profondo sentimento cristiano, ho inteso sviluppare coerenti riflessioni con il proposito di collaborare per la diffusione del regno di Dio nel mondo d’oggi e, in un fecondo metabolismo di fede e ragione, umilmente concorrere anche allo sforzo di aprire uno spazio per tutti i popoli e per quanti conoscono Dio da lontano o per i quali Egli è sconosciuto o addirittura estraneo: per aiutarli, in effetti, ad “agganciarsi a Dio”, al cui cospetto sta ogni creatura umana(1). In qualità di accademico, infine, ho approfondito taluni aspetti metodologici e di valorizzazione di comparti della disciplina storico-sanitaria. Raimondo Villano _________________ (1) I concetti di riferimento sono quello del “cortile dei gentili”, riservato nel Tempio di Gerusalemme ai pagani che volevano pregare l’unico Dio e che Gesù volle sgomberare da chi l’aveva trasformato in “un covo di ladri”, e le riflessioni di pertinenza espresse dal Santo Padre Benedetto XVI nel discorso alla Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi (Vaticano, Sala Clementina, 21 dicembre 2009).
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“Timeo lectorem unius libri” San Tommaso d’Aquino
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P P arte
rima
“Voglio imparare i tempi della memoria perchè mi hai insegnato, dove sei, che il mio futuro è nel nostro passato (...) si perdono nel vento come cenere i segni della vita” Ugo Ronfani
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“Oratio brevis cogitatio longa” Marco Tullio Cicerone
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La memoria come percezione d’identità collettiva
B
isogna comprendere che rinnegare la propria storia significa negarsi una credibile identità. Nessun albero, inoltre, può crescere in altezza se è privo di radici(39). Memoria e storia si accompagnano, indubbiamente, nel difficile cammino, individuale e collettivo, che si fa per ricostruire dal passato le ragioni del presente. La storicità dell’essere, il rapporto vitale tra passato e presente, non si esaurisce in una dimensione puramente biografica (la memoria, appunto), ma si realizza pienamente nel coinvolgimento, nelle forme che, come è ovvio, concretamente ognuno riterrà possibile e fecondo riempire con le cose del proprio tempo collettivo(40). La storia si rapporta alla collettività come la memoria al singolo. Chiunque sia privato di memoria si sente disorientato e perde riferimenti, non sa più dove è stato e dove è diretto. In egual maniera un Paese che non conosce e non comprende il proprio passato sarà incapace di gestire il presente e il futuro. In effetti, “più si guarda indietro più si riesce a guardare avanti(41)” e, d’altro canto, “il futuro influenza il presente tanto quanto il passato(42)”. É, dunque, agevole un processo di consolidamento della consapevolezza che la ricerca storica è uno dei modi più efficaci di partecipazione alla realtà presente e di approccio al futuro. Ma si badi bene: approccio al futuro e non previsione del futuro! La storia, in effetti, ci insegna a pensare e a vivere ma non, al di là dell’ambito di pertinenza della teoria gadameriana della precomprensione, a prevedere il futuro per la semplice ragione che essa non si ripete mai! Se si vuol diventare persone adulte e mature, si deve indagare con coraggio nella propria storia personale. Analogamente le collettività, se vogliono crescere e contare nel mondo, devono esaminare senza ipocrisie la loro storia. È un esercizio faticoso e doloroso, poiché costringe a rivivere sbagli, leggerezze e perfino crimini ormai dimenticati. Nel ripercorrere la storia di una collettività occorre affidarsi ai documenti che devono essere studiati con metodo critico. Appare indubbio, inoltre, che la conoscenza della storia è una necessità morale per una nazione. La storia è il miglior antidoto contro le illusioni dettate dall’onnipotenza e dall’onniscienza. Conoscere se stessi è il presupposto indispensabile per controllare le proprie azioni e questo vale sia per la collettività sia per il singolo. La storia dovrebbe sempre ricordarci quanto siano limitate le nostre visuali. Dovrebbe darci la forza per non cedere alla tentazione di trasformare sensazioni momentanee in diktat morali. Dovrebbe aiutarci ad ammettere il fatto, purtroppo così spesso manifesto, che il futuro va ben oltre le nostre certezze e che gli eventi che ci riserva sono più variegati di quanto la mente umana possa concepire. _________________ (39) Mons. Walter Brandmuller, Presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche - Discorso commemorativo, Palazzo della Cancelleria, Città del Vaticano 16 aprile 2004. (40) Luigi Mascilli Migliorini, Gli inganni della memoria. Il Mattino, Cultura, 12.01.09. (41) Winston Churchill. (42) Friedrich Nietzsche.
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Merita, inoltre, di essere ricordata, a proposito del rischio di derive autoritarie del potere in una nazione, l’affermazione: “guarda, figlio mio, con quanta poca saggezza è governato il mondo(43)”.
Cinicamente, quanto sovente realisticamente, si può assentire all’affermazione che “la storia ci insegna che gli esseri umani si comportano con saggezza, una volta che abbiano esaurito tutte le alternative(44)”. D’altro canto, se si ha una percezione sufficientemente chiara anche dell’ironia della storia, si possiedono più strumenti per resistere alle drammatiche tentazioni del potere(45). Dunque, è condivisibile l’assunto che “chi sbaglia storia, sbaglia politica(46)” e, d’altro canto, che “chi controlla il passato, controlla il presente(47)”. Tuttavia l’annosa questione dell’unità d’Italia è un problema posto dal Croce (con strascico di riserve e diffidenze) che osservò recisamente: “L’unità della storia d’Italia comincia nel 1860, dalla costituzione di uno Stato italiano comprendente tutte o quasi le popolazioni chiuse nei confini geografici del paese(48)”. _________________ (43) Pronunciata dallo statista svedese Axel Oxenstierna. (44) Abba Eban, diplomatico (1915-2002). (45) Abs rimaneggiato da: Arthur Schlesinger Jr, La storia, antidoto alla stupidità - (Ultimo articolo pubblicato) New York, 2007, traduzione: Marta Matteini per Sole 24 Ore. (46) Giovanni Cantoni. (47) G. Orwell (48) Benedetto Croce, La storia come pensiero e come azione, Bari 1939.
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Perciò le trattazioni che superino questo termine cronologico non possono essere “storicamente organiche” e “severamente scientifiche”, ma sono, “secondo i casi, manuali eruditi, enciclopedie, poemi o semi-poemi epici, capolavori letterari, retorica politica, e via dicendo(49)”. Come è noto, in tal modo Croce irrigidiva e schematizzava un famoso giudizio di Antonio Labriola sulla “unità illusoria di una storia d’Italia”: Labriola, in effetti, distingueva fra processo di formazione della nazione italiana e processo di formazione dello Stato nazionale unitario, e giudicava necessario indagare sulla “unità di temperamento e d’inclinazioni, che costituisce il polo nel senso storico della parola(50)”. Nell’impostazione crociana è già stata indicata la tendenziosità di prescindere dal momento della lotta e del contrasto, quando “un sistema etico-politico si dissolve e un altro si elabora nel fuoco e col ferro(51). Ma, tendenziosità a parte, si potrebbe anche rilevare come nell’enunciazione del Croce si manifesti in tutta la sua coerenza quello schema di processo lineare del pensiero, da lui esposto soprattutto in Teoria e storia della storiografia, dove, appunto, tracciando la storia della storiografia “in conformità dei principi innanzi chiariti, (…) così per esemplificare il metodo enunciato, come per illustrare storicamente i concetti esposti nelle precedenti pagine teoriche(52)”, non solo si ignora ogni esperienza e tradizione extraeuropea, identificando tutte le civiltà umane con quella del nostro continente (anzi con la sua parte occidentale), ma necessariamente si escludono da ogni valutazione civiltà e culture, come quelle dell’America precolombiana o dell’Africa precoloniale o dell’Estremo Oriente, che presuppongono fin dalla prima approssimazione l’uso di strumenti culturali e l’accesso ad attrezzature mentali differenti dalla tradizione eurocentrica. Non a caso, del resto, la riflessione storica crociana bandiva altrettanto rigorosamente e con ragioni analoghe la storia universale: anch’essa “non storia”, “romanzo”, “utopia”, “pseudo-storia”. In realtà, alle esigenze cognitive ed alla coscienza politica degli uomini d’oggi suona più vicino l’insegnamento del Burckhardt, quando, più di cento anni or sono, invocava “una gigantesca carta geografica dello spirito, sulla base di un’immensa etnografia, che dovrebbe raccogliere insieme ciò che è materiale e ciò che è spirituale, e dovrebbe cercare di venire a capo, secondo un nesso, di tutte le razze, i popoli, le morali e le religioni(53)”. E concludeva con parole che vorremmo far nostre: “Lo studio più autentico della storia nazionale sarà quello che consideri la patria parallelamente e in correlazione con la storia universale e le sue leggi, come parte della grande totalità del mondo, illuminata dalle stesse stelle che hanno rischiarato anche altre epoche e popoli, e minacciata dagli stessi precipizi(54). _________________ (49) Benedetto Croce, Conversazioni critiche, Bari 1939, pp. 184-95. (50) Labriola, Da un secolo all’altro, in Scritti vari di filosofia e di politica, a cura di B. Croce, Bari 1906, pp. 489-90. (51) A. Gramsci, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, 1952, p. 192. (52) Benedetto Croce, Teoria e storia della storiografia, Bari 1948, pp. 151-52. (53) J. Burckhardt, Sullo studio della storia, Torino 1958, p. 20. (54) Ibid., pp. 26-27.
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Ma se anziché assumere, come fa Croce, la storia etico-politica nei suoi termini più restrittivi (e verrebbe fatto di dire, nell’ambito burocratico-amministrativo dell’assetto statale) la consideriamo nel significato più lato, per formazioni economiche e sociali più vaste e diverse, senza prescindere da fattori quali la caratterizzazione geografica del paese, la lingua, la cultura, i modi di produzione, ecc., potremo indicare con Gramsci nel momento dell’egemonia una valida chiave interpretativa. Ci sarà così possibile approfondire quella “metafora” che è “la rappresentazione ‘individualizzata’ degli Stati e delle Nazioni”, e considerare queste entità “come distinzioni di gruppi “verticali” e come stratificazioni “orizzontali”, cioè come una coesistenza e giustapposizione di civiltà e culture diverse, connesse dalla coercizione statale e organizzate culturalmente in una “coscienza morale” contraddittoria e nello stesso tempo ‘sincretica(55)”. Su questa base sarà il caso di sottolineare come gli sviluppi degli studi storici e delle scienze umane, dalla storia economica all’archeologia, dall’antropologia alla linguistica, abbiano portato, come osserva Cantimori, “a tale ampliamento di orizzonti da far quasi dimenticare le questioni ‘filosofiche’ o generali, tipo ‘storicismo’(56)”.
E proseguiva evidenziando come “quest’aria nuova, che viene da tutte le parti della rosa dei venti muove gli storici e gli studiosi di storia verso ricerche e scoperte che vanno dall’archeologia medievale alla storia delle tecniche agrarie, della emigrazione, degli insediamenti umani, del paesaggio umano (…)”. _________________ (55) A. Gramsci, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, 1952, p. 187-88. (56) D. Cantimori, Storia e storiografia in Benedetto Croce, in Storia e storia, Torino, 1971, p. 405.
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Oggi, tuttavia, se da un lato è riscontrabile che la storia, arricchita anche dalla teoria sociologica delle organizzazioni o da studi antropologici, è la memoria intesa come percezione dell’identità che legittima ad essere compresi nella più vasta cultura collettiva, d’altro lato spesso persistono o riemergono nei caratteri originari delle nazioni e delle patrie profonde lacerazioni che ne connotano i valori identitari. In contrasto con questa idea c’è la visione della storia come esercizio di pacificazione, per non dire della diffusa consuetudine di rinnovare, in un alone romantico, talune specifiche epopee emblematiche. Vi è poi il tema dell’approccio intellettuale alla storia della nazione. Nel caso che la storiografia contemporanea la proponga in vari modi, risulta un’immagine profondamente lacerata e spezzata. Il problema è che o si ha una storia costruita sul filo di continuità o si hanno più storie e una storiografia divisa nell’impostazione stessa del percorso da seguire. C’è, poi, il rischio che abbiano libero corso nella cultura spunti difficili da definire storiografici ma piuttosto strumentalmente ideologico-politici. Più che insistere in modo irriflesso su di una rottura che ha perso il suo fondamento, è vantaggioso avviare una seria riflessione su quasi tutti i punti cruciali di divisione per aprire la possibilità di ricostruire un filo comune di continuità nella storia della nazione. I motivi di continuità che devono emergere non mettono in ombra i giudizi di valore ma individuano la trasversalità delle scelte e dell’evoluzione-costruzione sociale. Non va sottaciuta, d’altro canto, la realtà attuale fatta di un universo mediatico incline soprattutto a cogliere le fratture e, talora, a proporre continuamente una metastasi di microfratture. In tale circostanza può avere un ruolo determinante l’incidenza di una cultura che ritiene che tutto sia da buttare, salvo se stessi: tale evenienza, in effetti, si configura quale sorta di rinuncia alla storia come memoria comune, anzi quale rifiuto di tutto ciò che c’è di profondo nella memoria. È una rottura che non ricostruisce neanche un percorso nuovo: non è un revisionismo bensì, semplicemente, nichilismo storico. La storia, inoltre, ha riacquistato un ruolo centrale anche nel dibattito politico, culturale e persino etico. La sensazione che un passato condiviso custodisca le chiavi dell’identità collettiva è diffusa, oggi, tra il pubblico: e proprio il radicamento nel passato è spesso invocato, anche a livello politico, per fondare un sistema di valori e individuare un’appartenenza comune. Ma questa nuova centralità del discorso storiografico può comportare dei rischi in quanto il cosiddetto uso pubblico della storia risulta spesso finalizzato alla manipolazione propagandistica o, comunque, fondato su una manipolazione del passato. Come elemento di ulteriore turbativa non molto infrequente del caso di specie, è da considerare anche il fatto che “l’intellettuale, il tecnico è portato a ritenere che, al di là degli elementi strutturali di una singola contingenza politica, se lui è ‘ammesso a corte’, se è chiamato a far parte dell’establishment, ciò è di per sé un elemento che attesta il carattere liberale e innovatore dell’esperienza politica cui è associato(57). Nell’ambito di una salutare riflessione sui personaggi che agiscono nel teatro della memoria, poi, occorre metodo dialogico per rispondere ad un quesito di etica della memoria tenacemente attuale: ci sono cose che abbiamo il dovere di ricordare? _________________ (57) Paolo Mieli, Storia e politica. Filangieri e i Borbone. Rizzoli, giugno 2001, pag. 115.
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Ed in che misura questa memoria condivisa serve a rafforzare l’identità di gruppo? Secondo una certo filone di pensiero, le memorie condivise non sono morali. Tale paradosso, in realtà, è spiegato tenendo conto che solo le relazioni di appartenenza ad una nazione si fondano sulla costruzione di una memoria comune, intesa non come conoscenza oggettiva del passato bensì come rappresentazione mediata ed in parte mitica: una sorta, insomma, di fatale attrazione dell’ethos verso l’etnos, ovvero una prospettiva tendenzialmente etnica dell’etica(58). Nelle sfide globali che trasformano la politica internazionale in politica interna del mondo, la storia deve misurarsi alla prova di una società planetaria che trasforma e preme dall’interno contro gli esoscheletri degli Stati nazionali che insieme la contengono e la costringono. È più che mai necessario, allora, riflettere sulle identità storiche e culturali oggi in
gioco in un orizzonte più ampio: per scoprire che le identità non sono date e immutabili, ma si sono formate nel corso dei secoli e dei millenni, in un gioco incessante di intrecci e condizionamenti reciproci e con mescolanze talvolta sorprendenti. Solo una considerazione imparziale del passato in tutta la sua complessità può attrezzarci per rispondere alle sfide del nostro tempo decifrando la complessità del presente e può porci, senza spaventarci, di fronte a quella del futuro. _________________ (58) Avishai Margalit, L’etica della memoria, il Mulino, Bologna, 2007.
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Quando si compie una ricostruzione accurata, spesso essa accerta soltanto una memoria irrimediabilmente divisa, dovendo rispettare gli elementi compositivi della sua riflessione, cioè i fatti, i sentimenti, le diverse memorie appunto. E qui può subentrare la competizione politica sulla memoria, poiché da un contrasto lacerante escono due diverse interpretazioni della storia. Dal complesso intreccio di interpretazioni, un passato, dunque, può essere destinato a non passare giacché davvero nessuno può rendere condivisi pensieri che sono nati in contrapposizione e che possono essere solo consegnati alla storia come tali. Allo storico si richiede, inoltre, la capacità di saper “ripensare il noto” ogni qualvolta deve considerare i grandi temi consolidati della storia della cultura, quei motivi ricorrenti che alla fine inducono all’elusione in virtù del loro eccesso di reperibilità ma che studiosi e lettori si ritrovano rischiosamente sempre innanzi(59). Tra un’impressione ed una constatazione il termine medio, il nesso logico in grado di cambiare i due elementi (l’impressione, semplice fatto psicologico; la constatazione, elemento oggettivo) è il giudizio storico che serve in quanto politicamente efficace ed utile anche ai fini di un’azione correttiva. Un’identità condivisa, inoltre, non si costruisce cancellando il passato. Gli eccessi della retorica storica possono innescare di contraccolpo un’ondata antiretorica revisionista, un abuso strumentale e massmediologico della storia. Fra la revisione storica e la valutazione storica sembrerebbe esserci una sostanziale differenza: la prima implica un processo teorico, la seconda un giudizio morale. Altro problema di enorme rilievo è costituito dall’Europa che “sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia” qualora dovesse cedere alle tentazioni ed agli interessi a dimenticare i valori fondamentali e le comuni radici cristiane, perché così facendo si va incontro a una singolare forma di apostasia da se stessi prima ancora che da Dio. L’esclusione dell’elemento essenziale dell’identità europea costituito dal cristianesimo impedisce l’edificazione di un’autentica casa comune europea trascurando l’identità, costituita da un insieme di valori universali che il cristianesimo ha contribuito a forgiare, propria dei popoli di tale continente(60). Tra l’altro, non pochi protagonisti della politica e della cultura contemporanea hanno dimenticato o vorrebbero far dimenticare i fondamenti della nostra storia per poter realizzare più facilmente le proprie aspirazioni di modernizzazione. In questo senso può essere utile una riflessione storica che ponga in evidenza le origini ed i principi dell’identità europea, riflessione che deve ovviamente varcare gli angusti spazi del dibattito sulla Storia contemporanea e si proietti, invece, nel passato lontano là dove sono emerse le idee predominanti della Storia europea come l’autonomia e la dignità dell’uomo, la ragione e il diritto. Chi guarda alla Storia d’Italia dall’estero, ammette volentieri che essa ha dato contributi tra i più importanti alla formazione di queste idee(61). _________________ (59) Giammattei Emma - Croce e i fantasmi di Napoli, Il Mattino Cultura, 2006. (60) Abs da: Monito di Papa Benedetto XVI per la difesa delle radici cristiane dell’Europa, Il Mattino, 25 marzo 2007, pag. 3. (61) Rudolf Lill, “Rinascimento, culla dell’Europa”, Il Sole-24 Ore, 15 settembre 2005, n. 253, pag 10.
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Passando, poi, in esame altri fattori della storia, non si può non considerare l’onere e le profonde quanto iterative implicazioni di quel particolare “passato che non passa”, come ad esempio il vulnus rappresentato nella storia tedesca dal nazismo: una condizione che sembra adattarsi pressoché a tutti i Paesi dell’Europa continentale. Il ‘900 continua a far sentire il segno negativo ed irrisolto dei suoi drammatici lasciti. Con ciò la differenza con il mondo anglosassone si ripropone nettamente. Non che fratture profonde non abbiano attraversato nel ‘900 anche la società inglese o quella americana, ma il nocciolo essenziale della loro storia è “condiviso”. Non sfugge in questa riflessione il principio, da cui il giudizio storico non può prescindere, che quali che siano state le diverse posizioni e inclinazioni dei singoli, o anche dei gruppi, resta comunque come primaria ed ineludibile la responsabilità collettiva quando una società è costituita in un organismo che la rappresenta. Lo sforzo dello storico e delle scienze afferenti alla storia, però, possono talora risultare incapaci di penetrare a fondo il senso di certi fenomeni, quantomeno in
taluni suoi aspetti; in tal caso, tuttavia, “se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare e le coscienze possono nuovamente essere sedotte e oscurate. Anche le nostre(62)!” Non vanno tralasciate, poi, anche quelle particolari memorie che ebbero e sembrano conservare “un’idea impropria della remissione dei loro peccati(63)”. _________________ (62) Primo Levi, Anniversario dell’Olocausto - Giornata della Memoria 2000. (63) Acheson, Segretario di Stato USA dell’Amministrazione Truman.
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Non si può affatto negare, a tal proposito, l’esistenza di una storia che è, talvolta, una sequela di bugie a tutto vantaggio dei vincitori: è, in effetti, una storia riscritta in omaggio all’ideologia del committente.
La vera forza della storia in una società libera è, in ogni caso, la capacità di autocorreggersi. Altra forma di negazione del passato, inoltre, riguarda la memoria dell’anziano che, in quanto testimonianza vivente, è pietra angolare dello sviluppo storico. Va evidenziato innanzitutto, a tal proposito, che in epoca contemporanea sul rapporto fra anziani e società incide anche la crisi dei grandi valori di riferimento e che gli
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anziani corrono il rischio in talune realtà di trovarsi a vivere in una società che non vuole avere memoria del passato, che non crede nel futuro storico e non ha voglia di ragionare di trascendente: non si avverte, in tal caso, quel valore del continuum fra memoria e futuro che è la base su cui si è esercitata la funzione senile quale trasmettitore di valori assoluti(64). Certo non va sottaciuto, più in particolare, che la narrazione del passato recente risulta, per certi aspetti, una realtà impossibile agli occhi dei giovani di oggi cui sembra negata la possibilità di guardare con ottimismo al futuro. La conclusione, in tal caso, è triste giacché, se è vero che, come recita un proverbio magrebino, “nessuna carovana ha mai raggiunto l’utopia, però è l’utopia che fa andare le carovane” non si può disconoscere che, come afferma Serena Zoli, “oggi l’utopia non circola più e le carovane sono ferme(65)”. Il rapporto con l’anziano permette di calarsi nel pozzo dei ricordi, per risalirne con frammenti di vissuto. Immagini slabbrate da ricomporre con pazienza. Alla fine di una vita lunghissima prevale il bisogno di narrare e la pagina scritta sembra riflettere pause e complicità di un racconto ad alta voce. Non è ancora la storia oggettivata e lontana di un manuale ma biografia che si proietta in un passato ormai impensabile. Gli eventi della giovinezza hanno una qualità particolare e rimangono particolarmente vivi in noi. Così accade anche per ricordi legati alla figura del nonno: vivendo insieme il nipote può essere, per così dire, l’interlocutore preferito del nonno, il bambino al quale egli cerca di trasmettere la sua esperienza di vita, perché la sua esistenza e la sua memoria si vanno consumando. Sembra che un vuoto si crei alle sue spalle, nella sua storia. Appare a tal proposito importante richiamare l’attenzione sulla superiorità del genere femminile nella conservazione della memoria. Le donne hanno un interesse più spiccato per il mondo dei sentimenti, per i legami familiari ed i rapporti intergenerazionali: sono “staffette” che contribuiscono molto più attivamente degli uomini a riannodare il filo tra passato e futuro. Ed è bene rammentare quella sorta di “legge della storia” secondo cui quando una realtà viene definitivamente a mancare si torna a sentirne la nostalgia e la necessità. Non è questo, dunque, il caso di una questione ideologica bensì di una mera questione di sopravvivenza dell’uomo che può narrare del passato parlando la lingua dell’esperienza, non quella dell’ideologia, la lingua delle piccole vicende dell’uomo, delle quotidiane storie, pur all’interno di grandi vicende che hanno sovente travolto uomini e cose. Tuttavia, il teatro della memoria non può essere una memoria che veda fluttuare nelle sue acque ricordi suscettibili di salire alla superficie, ora uno ora l’altro, di tanto in tanto. Deve essere, invece, un esercizio regolato da un percorso attraverso la memoria che non mira affatto a ravvivarla o rianimarla quanto, piuttosto, a addestrarla e disciplinarla affinché possa presentarsi per ciò che è, ovvero non una reviviscenza bensì il lavoro di sviluppo di una trama in negativo e il rigore documentale sotto cui _________________ (64) Dall’intervento di Giuseppe De Rita, già Direttore del Censis e Presidente del Cnel, pubblicato nel volume “In difesa della vecchiaia” di Marco Tullio Cicerone a cura Gavino Manca edito da Scheiwiller. (65) Serena Zoli, “La generazione fortunata. Lo speciale destino toccato a chi è nato tra il 1935 ed il 1955”, Longanesi & C., 2005.
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le presenze svaniscono o si frantumano. Un siffatto teatro propone, in effetti, non di concedersi solo al ricordo ma di praticare il difficile esercizio del confronto con il passato in quanto tale che, irrevocabilmente ed evidentemente, è fuori portata. Su quali basi, per quali vie si sono prodotti i cambiamenti? Qual è il peso di situazioni passate, capaci ancora di frenare il processo di sviluppo del nostro tempo, e quali tradizioni, invece, hanno offerto e offrono nel presente un incentivo ed uno stimolo per trasformare la società in cui viviamo? Senza ambizioni, lo storico può dare un contributo significativo per pervenire a risposte a tali interrogativi, per aiutare a comprendere chi siamo e quali radici e presupposti abbia la nostra società, tenendo presente che la nostra prospettiva d’oggi ci fa guardare al passato sotto uno scorcio critico particolare, capace di dare un certo senso a vicende in apparenza slegate ed eterogenee, come una luce radente dà risalto a particolari altrimenti male individuabili. Proprio guardando dal nostro punto di osservazione le età trascorse potremo inserire nella nostra prospettiva, per quello che ci interessa precipuamente, gli sforzi compiuti dagli uomini per creare in un certo ambiente geografico una vita economica, un’organizzazione sociale, e così via, secondo una logica che ripercorre ed esamina esperienze e testimonianze fino a precedenti remoti ed apparentemente dispersi, allo scopo di ricomporre diacronicamente gli aspetti tipici del nostro modo di essere.
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CDD 177 VIL tem 2010 LCC BH 81-208
“Ill tteemmppoo èè uunnaa ffiinnzziioonnee mmoobbiillee ddeellll’’eetteerrnniittàà” Pllaattoonnee
ISBN 978-88-904235-36