Rassegna N. 052

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MA STAMPA A c u r a d e i C E N T R O C A T T O L I C O DI DOCUMENTAZIONE - Casella Postale 61 - 56013 MARINA DI PISA

Anno I X , n . 52

In questo Primo Libano:

Settembre-ottobre

1990

numero:

piano pag

l a t r a g e d i a c o n t i n u a . Comunicato stampa B e i r u t : come s i s o p r a v v i v e L ' u l t i m a i n t e r v i s t a a l g e n e r a l e M. Aoun Le u r l a d e l s i l e n z i o La nazione l i b a n e s e t r a d i t a da t u t t i Di ritorno d a l Libano

1 2-3 3 4 4 5

Politica internazionale Saddam e l a g u e r r a d e l p e t r o l i o La l o b b y d i K i s s i n g e r s p o n s o r i z z a v a Baghdad Edward Luttwak: America i n panne R u s s e l K i r k : " A m e r i c a non f a r e i l g e n d a r m e " Siria: l a strategia d e l ragno A. S o l z e n i c y n : l ' o r o l o g i o c o m u n i s t a Commento d i V i t t o r i o Il La

ha suonato Strada

"Mondo Nuovo" c o n q u i s t a a n c h e 1' URSS "Commissione T r i l a t e r a l e " riunita a

5 6 7 8-9 9 l a sua ora

10-11 12 13 13

Venazia

Risorgimento Il Il

c a r d . G i a c o m o B i f f i h a commemorato C a r l o C o l l o d i a c e n t o d i r e t t o r e d e l l ' "Europeo" i n t e r v i e n e n e l l a polemica

Uno s a u a r d o

a l nostro

anni

d a l l a morte

14-15 16

tempo

Mass-media: g a r a t r a o p i n i o n i s t i p e r c o n d a n n a r e ciò c h e i l Papa non h a d e t t o L' i n t e r v e n t o d i G i o v a n n i P a o l o I I L a modernità e i n u o v i t o t a l i t a r i s m i F . C a r d i n i : un a l t r o t a s s e l l o n e l m o s a i c o d e l l a s c r i s t i a n i z z a z i o n e d e l mondo Manipolazioni genetiche: i n t e r v i s t a a J . Lejeune V. M e s s o r i : C h i e s a e e s e r c i t o m o d e r n o Economia e p e r s e c u z i o n e

fiscale

Due a u t o r e v o l i i n t e r v e n t i d i A. M a r t i n o A s s e g n i f a m i l i a r i : è d i nuovo p o l e m i c a San Tommaso e l a proprietà

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Lo scopo di questa «Rassegna Stampa» è di offrire ai cattolici ed a quanti reagiscono alla situazione attuale, spunti di riflessione e di documentazione che li aiutino ad affermare una sempre più incisiva presenza nella realtà italiana, nella prospettiva della costruzione di una «società a misura d'uomo e secondo il piano di Dio» (Giovanni Paolo II). Si ringraziano coloro che vorranno aiutarci facendola conoscere e inviando materiale e notizie.


LIBANO: la tragedia continua Il 13 ottobre 1990 le truppe della Repubblica Araba Siriana hanno imposto, manu militari, al popolo libanese il regime uscito dalla Conferenza di Taif, conclusasi il 22 ottobre 1989 e sospetta di corruzione e di intimidazione. Il Comitato per la Libertà é l'Indipendenza del Libano

AUSPICA che al generale Michel Aoun e a quanti lo hanno sostenuto, con particolare riguardo alla comunità cristiana, vengano risparmiate ulteriori vessazioni, oltre a quelle, gravissime, che già hanno dovuto subire.

DENUNCIA l'indifferenza complice che ha generalmente accompagnato l'avvenimento

INDICA i provvedimenti che. se immediatamente presi, possono dare credibilità e legittimità alla presidenza di Elias Hrawi: 1) lo scioglimento di tutte le milizie: 2) l'indizione di elezioni sotto il controllo internazionale: 3) l'allontanamento delle truppe siriane dal Libano. La non realizzazione tempestiva di questi provvedimenti configura chiaramente un'invasione del Paese dei Cedri da parte della Siria, e qualifica come -complici di tale invasione tutte le istanze nazionali e intemazionali che non condannino formalmente il gesto e non reagiscano come a proposito dell'invasione del Kuwait da parte della Repubblica democratica popolare irakena, per esempio praticando l'embargo nei confronti dello Stato Siriano. L'impegno per la libertà e l'indipendenza del Libano e per i diritti dei cristiani di questo Paese, non perde significato e non deve venire meno. Nei prossimi giorni partiranno iniziative per raccogliere aiuti, per denunciare la situazione e per impedire che si trasformi in un fatto compiuto. Chiediamo l'aiuto di tutti coloro che amano la libertà, di tutti coloro che hanno ancora la capacità di indignarsi di fronte alla brutalità e alla palese ingiustizia.

NULLA È DEFINITIVO NELLA STORIA E, CON L'AIUTO DI DIO, CHI È CADUTO PUÒ RISORGERE È CROLLATO IL MURO DI BERLINO, TORNERÀ IA LIBERTÀ A BEIRUT C O M I T A T O P E R L A LIBERTÀ E L'INDIPENDENZA D E L LIBANO Via San Martino, 11/b 20122 Milano - Tel. (02) 730.514


LIBANO RIPORTACI

( oinc si sopravvive nella capitale dislruttii dalla guerra e Di a occupala dai siriani L'infinita tragedia dei cristiani I .

Ecco Beirut degli orrori HUBERT VANDENBERCHE

L

^ aereo della Middle # East Airlines sorvola lentamente la città. Ormai questa linea aerea libanese è l'unica a servire l'aeroporto disertato dalle altre compagnie e vicino ad una zona teatro d i molti rapimenti di occidentali Vista da lontano, o per meglio dire dall'alto, Beirut appare immensa. Una metropoli del Medio Oriente immersa i n quelle sue sfumature biancastre ed ocra. Sorprendente per chi si aspetterebbe invece di vedere delle macerie ancora fumanti stile Berlino 1945, il famoso anno Zero... Saprò i n seguito che molte costruzioni illegali sono state edificate proprio durante l'assenza quindicennale di qualsiasi forma d i autorità pubblica. Costruzioni cresciute a fungo come se ne vedono a Roma ed i n altre parti d'Italia. Sintomo certo d i Stato impotente, ma anche prova dell'impegno del popolo libanese e della sua volontà d i sopravvivenza.

nell'era della guerra chimica, si chiama q u i politica delle acque avvelenate. E le spiagge poi sono cosparse di mine antiuomo che hanno la caratteristica di saltare ad u n metro e cinquanta dal suolo p r i m a d i esplodere. I l risultato è garantito: le persone che camminano su queste m i ne sono letteralmente tranciate i n due, all'altezza del bacino..Quelle che riescono a salvarsi vengono m u tilate. Tutte le guerre sono disgustose, ma quella che riesce a degradare a questo modo u n Paese è molto p i ù che una guerra: è u n complotto. I l carrello d'atterraggio è stato attivato. L'immensa città dalle sfumature ocra ora p i ù che m a i appare nelle sue brutture: la lebbra delle case d i c u i n o n una è riuscita a sfuggire alle granate, i buchi aperti nelle facciate che nessuno si è sognato d i riparare e d i i n tonacare da 15 a n n i .

Inclinandosi lentamente, l'aereo perde quota; le sue ali sembrano quasi sfiorare la centrale elettrica d i Zouk. che attualmente è quasi interamente distrutta, e poi ecco I ci sospinge verso gli impianti. Nella carlinga, gli applausi portuali dei Libanesi che ritornano i n patria salutano i l b u o n volo e c i ricordano che n o n siamo più i n Europa m a che siamo nell'Oriente meUna volta i l porto d i B e i r u t diterraneo, esuberante ed era i l centro p i ù importan- espansivo. te della regione. I l paniere F u o r i c i aspettano, m i del transito rappresentava tragliatori i n mano, i berla fonte d i i n g e n t i profitti. retti rossi s i r i a n i Nell'aeQuesto porto era molto p i ù roporto sono o n n i p r e s e n t i che u n semplice porto: era come del resto i n tutte le u n vero transito m a r i t t i m o .postazioni d i sbarramento t r a l'Occidente e l'Oriente, della zona che controllano. u n simbolo della civilizzaI loro accampamenti confizione ereditata dai Fenici. nano, a i Iati delle piste, con Situato ad est della città, fauna caserma dell'armata ceva da eco a i lussuosi libanese. Sui p i l o n i dell'aecomplessi turistici del roporto sono attaccati dei quartiere dei grand hotels ritratti d i Hafez-el-Assad. dell'Ovest; come le due Parole come abuso d i somammelle dell'economia v r a n i t à affiorano nella m i a d i Beirut e del Libano primente. ma del 1975. Una rabbia d i impotenza M a lo specchio della m i stringe. R i v e d r ò questi «Svizzera del Medio Orienritratti, ingialliti d a l sole, te» si è rotto ed ora le acque ad ogni postazione siriana. d i Beirut sono t r a le p i ù Dal 1938 a l 1944, l'Europa tossiche del mondo. Nel occupata ha conosciuto rit1989 durante la guerra d i lit r a t t i simili: solo che i l berazione, i s i r i a n i hanno F ü h r e r portava u n a l t r o tiinvitato alcune società chipo d i baffi. I n quanto q u i s i miche europee, i n particotratta d i una vera e p r o p r i a lar modo italiane, di scarioccupazione: i n Libano, i care l i i loro rifiuti. L a stragatti si chiamano gatti... tegia della terra bruciata.

I nuovi baffi del Führer

Veleni in mare mine sulle spiagge

r

Attraversiamo i l settore ovest che all'inizio della guerra era considerato come i l p i ù sporco ed inospitale. Si dice che i l fatalismo dei m u s u l m a n i v i esistesse per u n qualcosa: Inshallah... M a oggigiorno, i l settore cristiano, ad est n o n ha n u l l a da i n v i d i a r g l i per ciò che concerne l a sporcizia e lo stato d'abbandono. Da sei mesi, a B e i r u t l'immondizia n o n viene più raccolta. I servizi pubblici o meglio quello che ne rimaneva si sono volatilizzati nel fuoco dell'ultima guerra. I camion dei nett u r b i n i come pure gli autobus u r b a n i ed a l t r i veicoli speciali si trovano qua e là capovolti sul bordo della strada. Sono stati usati come antiproiettile contro i t i r i dei franchi tiratori. Ogni 300 m e t r i si inciampa inevitabilmente i n u n deposito d i immondizia. Con questo calore gli odori diventano insopportabili. La disgustosa poltiglia dei rifiuti invade i marciapiedi, lambisce u n campo da pallone dove, si divertono i b a m b i n i e corrode tutta la città. D i notte alcuni depositi vengono incendiati e l'odore acre del fumo si mischia con quello dei r i f i u t i . Il fuoco, bruciando ogni sacco d i spazzatura, libera immondi effluvi. I,e già numerose malattie diagnosticate alla popolazione sono aumentate ancor p i ù quando si è scoperto che le acque sotterranee erano infette. Pensate, Beirut vive senza acqua corrente e senza e l e t t r i c i t à da p i ù d i sette m e s i G l i abitanti d i B e i r u t , più ingegnosi che rassegnati, hanno inventato sot- i terfùgh salgono n e i palazzi, pericolosamente, ai p i a n i più a l t i e raggiungono i serbatoi d'acqua n o n potabile per fare i l bucato o la toilette. Bere direttamente l'ac- j qua sarebbe pericoloso ed I allora l'allungano con l'arac, liquore d i anice che i n Libano è considerato come l'ouzo i n Grecia: bibita nazionale ed oggetto d'orgoglio.

Il check point dei francescani

Quanto alla fata Elettricità, anche lei ha disertato le abitazioni. L ' E d i (Elettricità del Libano) stima che saranno necessari i n g e n t i milioni d i dollari e tre anni d i lavoro per costruire u n a rete d i distribuzione d i corrente. Le g r a n d i granate dette «le 240» causano dei b u c h i da 2 a 3 m e t r i nel terreno o negli edifici. Durante l a guerra d i l i berazione, B e i r u t ha «ricevuto» migliaia d i granate, sputate dalle bocche d i fuoco e dai v a r i pezzi d'artiglieria che la Siria tiene sulle montagne che dominano la capitale. Vero diluviò d i fuoco: u n insieme d i ferro, m o r t e e sangue che si è r i n n o v a t o durante l'ultima g u e r r a t r a l'armata d i A o u n e l a m i l i z i a della Forze libanesi. Piano piano scopro Beirut, città divisa da linee d i delimitazione i n v i s i b i l i È a Berlino che corre i l m i o pensiero oltrepassando i l limite dell'intersettore, p e r c h é se u n M u r o è stato abbattuto i n Prussia, n o n dimentichiamo che ce n ' è u n altro i n Oriente. I r o n i a della sorte: q u i , l a zona l i bera si chiamava Est! La nostra auto s i avventura verso la Residenza dei Pini e percorre circa 800 m e t r i d i una t e r r a d i nessuno. N o n è bene attardarvisi. I franchi t i r a t o r i sono i n agguato. A causa della velocità, le ruote sollevano nuvole d i polvere. N u l l a è asfaltato i n questo passaggio che divide i l vecchio ippodromo d i Beir u t dove si riconosce ancor a la pista, le s c u d e r ì e ed i l recinto per l a pesa. Triste Potsdamerplatz! Infine l a macchina a r r i v a a l «checkpoint C h a r l i e » che si chiam a Convento dei Frances c a n i L a traversata è durata solo qualche secondo, m a ho avuto modo d i vedere qua e là qualche mezzo corazzato coperto e, nascosti n e l l ' o m b r a , soldati d i guardia. M u r a p a r l a n t i . Diverse volte u t i l i z z e r ò questo passaggio «dei F r a n c e s c a n i » , dove osano a d d i r i t t u r a avventurarsi i pedoni verso le 11 del mattifio: Si tratta d i casalinghe dell'est che vanno a fare l a spesa all'o-


vest dove i generi alimentari sono meno cari. N o n tutti i mali vengono per nuocere: la guerra del 31 gennaio ad est, ha reso più penetrabili le linee d i delimitazione con l'ovest Nel settembre del 1983. 1500 cristiani dello Chouf sono stati massacrati dai Drusi. I sopravvissuti. 145.000, fuggirono dalle loro terre e si rifugiarono altrove; le loro case saranno distrutte, 111 villaggi rasi a l suolo, 85 chiese incendiate. I Drusi, ancora una volta padroni della terra, recupereranno tutto quello che è utilizzabile o vendibile: le icone, materiali v a r i come ferro, legno, pietre... Con queste ultime, i l bey Walid J o u m b l a t t capo temporale dei D r u s i ed at-

tualmente ministro dei lavori pubblici del governo di Hoss, ha fatto costruire le m u r a d i protezione delle strade del suo settore. I n nessun altro posto i n Libano esistono delle strade così belle con delle m u r a altrettanto belle! Sono m u r a composte con e n o r m i pietre dei villaggi cristiani. Dettaglio orribile: si i n travedono qua e là delle pietre dipinte o scolpite, dei capitelli o corniciche testimoniano i l loro riutilizzo. Teoricamente, è stato richiesto agli operai d i mascherare dall'esterno queste tracce, testimonianze così gravose. M a poi si nota che nel caso d i una ricostruzione frettolosa i n seguito ad uno smottamento, le richieste sono state dimenticate.

Nel segno della Croce Laggiù, negli angoli remoti di u n settore dove nessuno osa avventurarsi, sono proprio le stigmate d i questa c r i s t i a n i t à dello Chouf che ho visto. L a fredda logica ed implacabile v o l o n t à d'estirpare anche la memoria delle pietre: come non pensare a i villaggi e alle chiese rumene rase a l suolo sotto Ceausescu? Oggigiorno, è sconveniente evocare questi massacri e queste d i s t r u z i o n i Eppure questa presenza dei c r i s t i a n i i n tutte le regioni è indispensabile per l'esistenza stessa del Libano. I cristiani sono, i n effetti, l'unico e vero cemento del

Paese: i villaggi misti sono sia cristiano-drusi. sia cristiano-sunniti, sia ancora cristiano-sciiti: ma mai sunnito-sciiti. sunnito-drusi o druso-scùti. Queste equazioni d i compatibilità e d'incompatibilità sono sufficienti per spiegare che non p u ò esistere u n Libano senza i cristiani. (1 continua)

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L'ultima intervista al generale cristiano Aoun prima delia resa

L'arcangelo Michel e il diavolo yankee di CRISTINA LESMA

BEIRUT. Questa e l'ultima intervista rilasciata dal generale cristiano Aoun. dal palazzo presidenziale della Baabda di Beirut, prima della resa alle truppe siriane. D generale crede ancora in una soluzione pacifica, parla della crisi del Golfo, accusa gii Usa di averlo tradito. Parole durissime che si mescolano però ancora alla certezza di combattere una guerra giusta e alla speranza di vedere il Libano finalmente libero e in pace. Perché, generale, questa guerra fra cristiani? Sapete che le milizie, sia cristiane sia musulmane, sono state create per destabilizzare i l nostro Paese secondo un piano straniero. Le milizie sono un prolungamento dei servizi di destabilizzazione stranieri. Le Forze Libanesi rappresentano questo prolungamento a volte americano a volte israeliano nella zona cristiana e in effetti non rappresentano la politica né cristiana né libanese. Gli americani infatti hanno una politica molto più vasta che non riguarda solo i l Libano. E l'intera zona che a loro interessa, non i l Libano, né l'equilibrio intercomunitario del Libano, ne i cristiani del Libano. Quello che è importante per loro è l'Arabia Saudita, è là dove essi hanno degli interessi. L'Arabia Saudita è una teocrazia islamica. Là non ci sono chiese. Noi vogliamo un Paese di coesistenza fra le differenti comunità e loro vogliono un paese islamizzato. Ecco perché abbiamo adesso questi movimenti integralisti musulmani che si nascondono a voile dietro un'apparenza di giustizia sociale per minare la stabilità del nostro Paese. Le Forze Libanesi, dunque, hanno giocato i l gioco degli americani nella loro politica, ma si tratta del gioco di qualcuno, non rappresenta l'opinione puDblica cristiana. E per questo motivo che il popoio libanese cristiano non è con le Forze Libanesi. Solo la minoranza e con le Forze Libanesi, potete constatarlo da voi stesse perciò gli americani hanno spinto le F.L a prendere le armi e a rivoltarsi contro di noi. Ma Geagea come può pensare d i fare ancora qualcosa? In questo momento si sta tentando di calmare la situazione per cercare di ricostruire quello che e stato aemolho. non bisogna mai disperare.

Tutte le forze interessate volevano la continuazione della guerra intercristiana. Nessuno ha ritto nulla per fermarla là dove si trova: ora bisogna seguire l'evoluzione politica di tutto i l Medio Oriente e magari sarà anche possibile concludere la crisi in modo pacifico. Penso di riuscire a rirlo. Il cambiamento non può più tardare poiché ci sono sette milioni di soldati allertati nella regione. Non può durare più di uno o due mesi, nel Medio Oriente si avrà sicuramente un cambiamento. E quello che avevate promesso, u n c a m biamento...

E avrei voluto arrivarci ih modo pacifico. Purtroppo le F.L. hanno tentato di eliminarmi.

T u t ù quelli come noi, i n I t a l i a come i n F r a n c i a , impegnati a seguire gli a v v e n i m e n t i libanesi s a n n o che esiste u n a forte pressione sull'Informazione p u b b l i c a , c h e poi è u n a pressione a m e r i c a n a , che c a m b i a e stravolge le cose.

E veero. Io stesso sono sempre sottoposto alla disinformazione. Si vuole forzare la mia ottica di giudizio. Si presentano le cose m modo deformato. Si intossicano le reti di informazione ai fine di indurmi in errore. Questa é lotta di ogni giorno. Sono io il solo responsabile delle mie sezioni e trovo spesso difficile distinguere i l vero dal falso. Per coloro che seguono le notizie in modo superficiale, penso che possano facilmente cadere in errore formandosi un opinione che non è assolutamente valida. L e i è stato spesso dipinto c o m e u n Nerone, o a d d i r i t t u r a come i l diavolo.

Io mi chiamo Michel, come l'arcangelo che ha scacciato i l diavolo... Sto cercando in realtà di contenere la guerra e mantenere l'attuale stato di cose per seguire l'evoluzione dell'intera regione. Ibrahimi di recente è stato qui. L'inviato della Lega araba si è detto d'accordo su tutto quello che si sta facendo. Ma anziché ratificare le riforme politiche a questo livello, bisogna cambiare le priorità. Io dico che dopo la stabilizzazione del Paese bisogna indire nuove elezioni e la nuova Camera, che dovrebbe sostituire la presente, dovrebbe ratificare queste eventuali riforme. In questo modo anche la popolazione potrebbe esprimere i l suo parere su queste r i forme, poiché si fratta dell'avvenire di un popolo che non ha mai eletto i suoi rappresentano. Sapete che i deputati sono stati eletti 18 anni ri?

Non ci sono state più elezioni dunque continuano a rappresentare la Nazione così, solo dal punto di vista nominativo. Per questo è importante che la ratifica finale sia ritta da una nuova Camera dei deputati, affinché i l popolo che si sta giocando i l suo avvenire possa partecipare a quelle riforme». Questo è il nodo del problema, dunque.

SI ma loro non vogliono. Dicono: "D generale è matto". Ditemi voi cosa c'è di più sacro del diritto di un popolo all'autodeterminazione, dell'espressione libera della volontà di un popolo. A v e t e detto che i n u n prossimo futuro si d o v r à a r r i v a r e a u n a q u a l c h e soluzione...

Sì, in effetti si sta delineando all'orizzonte.

E i l L i b a n o ne u s c i r à positivamente da questa situazione?

Se non verremo abbandonati

G e n e r a l e , qual è l ' u l t i m a posizione del n u n z i o apostolico Puente?

Vi sono situazioni in cui ri una politica di pressione, ed è un peccato che proprio lui non comprenda la natura della società libanese. Vorrebbe che si ricessero delle riforme adesso, per esempio costituzionali mentre l'anno prossimo avrà altre priorità e vorrà riforme opposte. Gli ho detto che cosi facendo confonderà anche i musulmani che. risentiti reagiranno di conseguenza contro i cristiani anche dietro pressione degli altri Paesi arabi sarà la fine dei cristiani del Libano se questi non saranno più difesi nel loro diritto di esistere, perchè l'Islam è una religione conquistatrice che usa la forza per affermarsi. In futuro l'Islam rappresenterà un reale pencolo anche per la società europea. Sapete che in Francia, per esempio, la comunità islamica si è sviluppata e vuole imporsi con le proprie abitudini e costumi La via è invece quella della coesistenza, della tolleranza. G e n e r a l e , nell'ultima grande battaglia p e r c h é v i siete fermati proprio nel momento i n c u i potevate avere l a meglio sulle Forze L i b a n e s i ?

Dalle ambasciate e dal nunzio apostolico avevo ricevuto tre appelli in mezz'ora. Mi trovavo sul luogo della battaglia. Troppi civili avevano già perso la vita. I miliziani delle F.L si ricevano scudo dei civili tenendo intere famiglie in ostaggio dentro le case. Noi non potevamo rispondere al fuoco. Cosi mi sono fermato.


La nazione libanese tradita da tutti IL

VÌCOLO

0'

ITALIA

Al-

L e urla del silenzio

di Agostino Sanfrateilo Avvenire Giovedì 18 ottobre 1990

di MAURIZIO BLONDET

mm si fece un grande # # f i silenzio di circa ™ " mezz'ora». Il silenzio lugubre che intervalla le guerre e i massacri degli ultimi giorni, narrati e velati dall'Apocalisse. circonda in queste ore i l Libano. 11 mondo multimediale che ci assorda d'informazioni da tutto il pianeta, tace solo su questo angolo di terra abbandonata alla Pax Siriana. Eppure, le polizie siriane tristemente famose per la loro inventiva nelle torture sono alacremente all'opera nella Beirut occupata. Quanti libanesi, cristiani e no. colpevoli di aver militato sotto il generale Aoun o di aver simpatizzato per lui. stanno fucilando e torturando in queste ore i poliziotti diAssad? Giungono notizie flebili e incerte. E quante violenze, furti, massacri stanno consumando le truppe siriane contro le donne e le case dei vinti? Sappiamo molto di ciò che han Catto i soldati iracheni in Kuwait di ciò che stanno facendo i siriani in Libano, nulla o quasi. Tacciono i grandi giornali I prestigiosi network-americani I I Libano, definitivamente, non fa Solo 1 giornali francesi fanno eccezione. La .Francia, mèmore-dei iraotlegami storici col Libano, ha dato asilo ad Aoun oefia-sua. ambasciata, e conduce da giorni una sua dignitosa battaglia per non consegnare i l rifugiato al governo-fantoccio libanese r.hp 1P armi cnanp hanno insediato. Mitterrand è anzi i l solo statista del mondo che cerchi di affermare i l diritto del Libano a veder finire il suo martino: «L'uscita di scena del generale Aoun fa cadere ogni alibi alle potenze che vogliono restare nel Paese», è la linea di Parigi E', an-

che, la pura verità. Ma anche su questo nobile monito cade il silenzio. Il dittatore siriano Assad capo della «potenza che vuol restare nel Libano» -ha anzi motivo di ridersene. Questo sinistro personaggio, grande manovratore di terroristi, genocida del suo popolo e torturatore degli oppositori (e persino delle loro mogli e figli), ha oggi dalla sua il silenzio di un alleato, la cui voce è di solito ben più tonante di quella della Francia: gli Stati Uniti d'America. Per avere i l prezioso aiuto della Siria contro il "mostro" di turno, l'iracheno Saddam, gli Stati Uniti hanno tolto Assad dall'isolamento politico in cui la sua infida ferocia l'aveva cacciato perfino nel Medio Oriente, l'hanno assunto al rispettabile rango di alleato. Che gli abbiano anche concesso come compenso per l'alleanza - di divorare i l Libano, è solo un'ipotesi ma i l silenzio della diplomazia americana sul martino libanese che si consuma in queste ore. è fin troppo eloquente. «Non abbiamo una posizione particolare su questo tema», ha detto i l Dia premento di Stato americano. Curioso davvero: i l poliziotto del mondo ha schierato un esercito ai confini dell'Iraq, per affermare i l diritto del grasso emiro del Kuwait a rientrare i n posare ao del Paese su cui regnava: per liberare i l Kuwait l'America spende milioni di dollari al giorno. Ma non trova nemmeno una parola da spendere per i libanesi che uno ora negli artigli di Assar. Tace. E tace anche la sua rumorosissima libera stampa, aspettando che le vittime finiscano di gridare. Nell'universo dell'informazione. «Sé fano un gran silenzio, di circa mezz'ora».

A

OUN è caduto. Viva Aoun e il Libano! Si chiude un periodo della storia del Libano libero e inizia un tempo in cui il Libano e ognuna delle sue comunità dovranno riconquistare a caro prezzo la libertà che è stata perduta. Ma si apre anche il tempo di un severo e pubblico bilancio critico delle responsabilità di quanti hanno voluto e imposto al Libano questa sconfitta della sua libertà. La responsabilità, anzitutto, dei governi e delle diplomazie del mondo che ama definirsi «libero». Esattamente all'opposto, infatti, di quanto afferma di aver fatto per il Kuwait, la «legalità» internazionale ha scelto da tempo di schierarsi apertamente a favore dell'aggressore, la Siria, e di premiarlo riconoscendogli il ruolo di «garante dell'indipendenza e sovranità» del Libano! Ma è noto a lutti che la Siria non ha mai riconosciuto e non riconosce l'indipendenza e la sovranità del Libano. Lo rivendica infatti come provincia siriana te solo come tale lo «riconosce»). Per questo la Siria ha sempre rifiutato e rifiuta fino ad oggi di stabilire relazioni diplomatiche con il Libano e di inviarvi propri ambasciatori. Invece di ambasciatori, la Siria ha in Libano, da ormai 15 anni, il suo esercito di occupazione, malgrado ogni formale e ripetuta richiesta di ritiro da parte delle autorità libanesi. Dal 6 novembre 1989 la Siria ha in Libano anche il suo «governicchio» di Taéf, messo insieme da 58 privati cittadini libanesi, ex parlamentari di una camera costituzionalmente dissolta il 4 novembre 1989. Due giorni dopo, il 6 novembre, il «popolo» costituito da quei 58 privati et ladini si costituisce in «parlamento»: «ratifica» il documento di Taèf— un «patto di tradimento nazionale» cne consacra l'asservimento del Libano e l'occupazione siriana di intere regioni del suo territorio — e si costruisce un «governo» e un «presidente»! È a questo vergognoso e ridicolo «governicchio» dell'aggressore — di nessuna legalità, ne formale ne sostanziale — che i governi «liberi» (governi europei in prima fila, dietro gli Usa!) trasferiscono il loro riconoscimento diplomatico, togliendolo al

governo legittimo del primo ministro Michel Aoun, nominato costituzionalmente il 22 settembre 1988. L'aggressione contro il Libano libero e contro il primo ministro Michel Aoun era stata concordata da tempo tra Israele, Siria, Stati Uniti. Una parte del programma israeliano di esplosione del Medio Oriente, del rèsto, la si può leggere già sul numero 14. febbraio 1982, di «Kivunim» («Orientamenti"), rivista pubblicata dal Dipartimento della Propaganda dell'Organizzazione Sionista Mondiale. L 'autore del testo è Oded Ynon. già funzionario del ministero israeliano degli Affari esteri. L'anno scorso, con una dichiarazione diffusa dall Afp il 25 aprile 1989. ne dava finalmente atto anche il Segretario di Stato francese all'Azione umanitaria. Bernard Kouchner, che affermava pubblicamente: «Israele ha firmato (signé) con la Siria una sorta di intesa. Quanto agli americani, pensano soprattutto a (...) Israele». 1131 gennaio di quest anno Israele. Usa e Siria puntarono, per l'esecuzione: sui tradimento e sull'aggressiune interna contro ii governo del generale Aoun da parte di Samir Geagea, le «Forze Libanesi» (cfr. «L'impact». Ginevra, n. 262. ottobre 1990, pp. 3035). Fallita l'aggressione interna, a Israele e Usa non restava che incaricare direttamente dell'esecuzione la Siria. Ma il severo e pubblico bilancio critico dovrà necessariamente estendersi anche all'operato di taluni uffici e taluni rappresentanti della diplomazia vaticana (il nunzio mons. Pablo Puente. per esempio) e a taluni alti responsabili spirituali (tra gli altri, il patriarca Sfeir e il vescovo Ahi Nader). che. nella battaglia tra ii gregge e i lupi, o tra la patria e i suoi aggressori, da tempo avevano preferito — e fino all'ultimo hanno preferito! — riconoscere «diplomaticamente» la «legalità» dei lupi e lanciare ai difensori del Libano appelli di diserzione e di tradimento, fino a cooperare al successo dell'isolamento e della sconfitta del Libano. Ha inizio ora per il Liborio il cammino lungo e aspro verso la propria liberazione. Ma alla fine l'uno e molteplice j Libano, oggi venduto dai governi i «liberi» e tradito da tanta parte delle \ sue élites spirituali, riconquisterà le libertà di cui ora viene spogliato.


Di r i t o r n o dal Libano Spero che possiate accogliere benevolmente questa mia lettera, che nasce da una profonda esigenza d i raccontare agli altri ciò che ho visto, partecipando ad una spedizione umanitaria i n L i b a n o , dove ad opera d i u n Comitato per la difesa e l ' i n d i pendenza d e l Libano, con l a t collaborazione della Caritas d i Bergamo e c o n g l i auspici dello stesso vescovo, abbiamo d i s t r i b u i t o tre container d i generi a l i m e n t a r i , farmaci, giocattoli, abiti per b a m b i n i orfani (e sono tanti) e tante altre cose agli ospedali, orfanotrofi e famiglie bisognose. Questa m i a esigenza nasce d a l fatto che sono rientrato dal Libano da meno d i u n mese, e da quando sono arrivato a casa, leggendo vari giornal i , n o n ho visto e sentito parlare d i questa martoriata «terra», e questo ovviamente p e r c h é g l i interessi generali e particolari sono r i v o l t i ad altri versanti do-

ve c i sono d o l l a r i e petrolio, per cui n o n si parla altro che del Kuwait. L'occupazione che ingiustamente ha subito i l K u w a i t , e d i cui è giusto occuparsi, i l Libano la vive e la subisce da quasi 16 anni ad opera della Siria, d i Israele, dei palestinesi e dei filoiraniani, con u n territorio occupato da questi eserciti per i l 75-80 per cento e nonostante le due dichiarazioni dell'Orni (1983), le risoluzioni del Parlamento europeo del 13 aprile 1989, i l d i r i t t o internazionale ed i l p r i n c i p i o d i autodeterminazione dei p o p o l i (così spesso invocato per altri, giustamente). I libanesi, siano cristiani o m u s u l m a n i , vedono occupato i l loro territorio da eserciti stran i e r i che, portatori dei p r o p r i interessi, sobillano con la p o l i tica del divide et impera d i v i sioni tra cristiani, tra fazioni, distruggendo sempre p i ù quel

che resta d i quella meravigliosa «terra dei c e d r i » abituata alla convivenza pluriconfessionale e che per questo era u n esempio nel mondo. Siamo andati i n 50 persone per tutto i l mese d i agosto per dare u n aiuto umano ed u n po' d i s o l i d a r i e t à alla popolazione e siamo stati testimoni del dramma umano i n c u i versa una nazione dimenticata da t u t t i e su cui l ' o p i n i o n e p u b b l i ca internazionale n o n riceve adeguata informazione. I n Libano oggi è quasi i m p o s sibile curarsi, mancano i farmac i , l'acqua, le poste, le ferrovie, i telefoni per le c o m u n i c a z i o n i internazionali, i servizi u r b a n i , la luce manca per quasi i l 50 per cento della giornata e quasi sempre la sera, per c u i vengono usati da chi ce l'ha i generatori. Beirut è completamente d i strutta e divisa, n o n esistono p i ù alberghi, la spazzatura urbana brucia tutto i l giorno a cielo aperto per le strade, le scuole n o n funzionano e potrei c o n t i nuare ma n o n m i sembra g i u -

sto. Trovo invece giusto e da questo la m i a esigenza d i scrivervi, d i far sapere cosa accade i n quella nazione, rompere così la congiura del silenzio. Far sapere intanto che si p u ò fare molto sul piano operativo per i nostri fratelli libanesi, per esempio fornendo a i u t i umanitari: effettuare delle adozioni scolastiche e p o i s u l piano politico pressare i nostri rappresentanti p e r c h é facciano applicare i d i r i t t i internazionali, le risoluzioni dell'Orni, n o n c h é i l principio d i autodeterminazione dei p o p o l i c o n libere elezioni, dopo che saranno andati via g l i eserciti occupanti (siriani, israeliani, palestinesi...). Renato Coniglio Comitato per la difesa e l'indipendenza del Libano Agrigento

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SAòATo

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Saddam e la guerra del petrolio

H gatto arabo ha la rabbia U

n vecchio proverbio francese. afferma che «lorsque l'on veut supprimer son chat, on dit qu'il a la rage» (quando si vuole sopprimere i l proprio gatto, si dice che ha la rabbia). Cosa volete: si vuole, ad ogni costo, continuare a controllare le fonti energetiche degli altri? Allora, tutti i mezzi sono buoni per infliggere un'ennesima umiliazione al mondo arabo: tutti i mezzi sono buoni per accusare Saddam e per attribuirgli qualunque nefandezza ed ignominia. Mettiamoci, per un attimo, al posto di quest'uomo e del regime che ha contribuito ad edificare in Iraq. I crimini di Saddam e del suo regime, è vero, sono gravi e numerosi.. Nel contesto del Medioriente. però, appaiono come banali ed. in ogni caso, non sembrano essere sufficienti per giudicare l'Iraq e metterlo al bando della società civile. Per ingiustificabili che siano, i crimini di questo regime, non sono altro che un «tassello» all'interno di un mosaico più vasto che è poi quello della tragica costante

di ALBERTO B. MARIANTONI

regionale nella quale s'inscrivono. Una costante che è stoltamente intrattenuta dall'Occidente da più di quarant'anni e che viene sistematicamente scusata a certi Paesi (attualmente, vedi la Siria, l'Egitto, l'Arabia Saudita, Israele, i l Marocco, la Turchia, ecc.) e rigorosamente pretesa nei confronti di altri (vedi l'Iraq, oggi oppure l'Iran, ieri) a seconda della «brezza» o «tramontana» dei nostri interessi economici e politici del momento. Che avremmo fatto, n o i al posto di Saddam e del suo regime? Avremmo permesso che la congiura ordita dagli Stati Uniti e dall'Inghilterra negli ultimi dodici mesi contro questo Paese, si concretizzasse nei minimi dettagli? Che i l «cappio» al collo dell'economia irachena, si stringesse irrimediabilmente fino all'asfissia? Che gli immani sacrifici umani e materiali sopportati da questo Paese durante otto anni di guerra con l'Iran, si vanificassero nel nulla, per dare soddisfazione ai

piani di Londra e di Washington? Se riflettiamo bene, e se la nostra riflessione è animata da un minimo di onestà intellettuale e di rigore morale, non avremo nessuna difficoltà ad ammettere che forse avremmo fatto esattamente quello che. Saddam Hussein ed i l suo regime, hanno fatto fino ad ora: compresa l'immorale e rivoltante presa di ostaggi stranieri sul territorio iracheno. Avremmo agito come loro, senza menomare in niente i l nostro patriottismo, i l nostro senso dello Stato o i l nostro senso della giustizia. I dettagli di quanto affermiamo, saranno, un giorno, senz'altro spiegati e descritti dalla storia... Magari, tra cinquantanni o più. come è avvenuto in altri casi Per i l momento, è inutile evocarli Saddam ed i l suo regime «debbono» avere torto per copione e «debbono» essere considerati ripugnanti per «coprire» altre realtà. Quelle, in particolare, legate agli interessi eco-

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nomici delle compagnie petrolifere statunitensi ai deficit federale degli Stati Uniti, allo scandalo delle Casse di risparmio americane (nel quale, tra l'altro, è implicato il figlio di Bush), alla volontà di Washington di ridimensionare la potenza economica dal Giappone e della Cee, alle elezioni americane di novembre prossimo, alla precaria produttività dell'industria statunitense, alla recessione economica in atto da mesi i n questo Paese, all'immagine di marca di questa Superpotenza nel contesto della fine della «guerra fredda» tra Est ed Ovest ecc. Di tutto ciò, oggi solo rare persone osano parlare. Superfluo, quindi, sperare che la gente se ne accorga... Altri interessi "così dissimili dalla giustizia, sono i n gioco. Potenza dei media! Potenza riplla disinformazione! Potenza del riflesso condizionato! Più di duemila anni dopo la loro scomparsa, i «sofisti» ritornano all'assalto del senso della vita e tentano di imporre la loro «ve-

rità». Inutile, quindi invocare Socrate o la saggezza. I «venti di guerra» del momento, con i l loro fuorviarne frastuono, hanno azzittito e continueranno, ancora per un po' di tempo, ad ammutolire e sopraffare la realtà raccontata da c h i in fondo, non ha nessun interesse per mentire o nessuna volontà per farlo. È così che. molto spesso, cominciano a prendere corpo e sostanza le svolte wagneriane ed irreversibili della Storia. È cosi che nascono e si propagano le catastrofi! Poi passato i l primo atto, certi avranno tendenza a ricredersi Di fronte all'evidenza inconfutabile della realtà, ci sarà pure c h i a stento, aprirà gli occhi e si renderà conto dell'imbroglio. A quel punto, però, sarà già troppo tardi È accertato, infatti, che certe prese di coscienza, nella maggior parte dei casi non servono quasi mai a niente, se non a constatare che è ormai davvero impossibile tornare indietro e. sicuramente, ancora troppo presto pe r ricominciare altre storie.


WASHINGTON. I n Usa esiste una «lobby i r a c h e n a » che ha come leader nientemeno che H e n r y H . Kissinger. L'editorialista d i «The New Repubblican», Jose Conason, la designa come la « K i s s i n g e r Associates», dedicandole un'ampia inchiesta che dimostra come g l i interessi d i grandi società finanziarie, industriali e mercantili statunitensi hanno contribuito a sostenere i l regime del dittatore d i Baghad. I n pochi sanno, scrive Conason, che t r a i falchi che ora chiedono d i cancellare l'Iraq dalle cartine geografiche con attacc h i m i l i t a r i «chirurgici», c i 1 sono m o l t i che nel passato recente hanno sponsorizzato le casse, e quindi l'esercito, i l militarismo iracheni Naturalmente Kissinger non è l'unico uomo d'afEàri americano che abbia i m provvisamente cambiato i l suo punto d i vista nei confronti dell'Iraq. Prima che scoppiasse quest'ultima c r i s i dozzine delle maggiori società americane e multinazionali (la magior parte delle q u a l i riunite i n un'associazione commerciale poco nota, la «Us-Iraq Business F o r u m » ) rifornivano molto volentieri i l regime d i Hussein d i qualun-

Clamoroserivelazioninegli Stati Uniti La lobby di Kissinger sponsorizzava Baghdad nostro servizio que cosa avesse bisogno, suo governo: lo stesso Saddal riso a i computer agli d a m concesse un'udienza, elicotteri. per l u i insolitamente lunP o i c h é non era facile ga, d i due ore. conservare certi successi I m e m b r i del F o r u m salvaguardandoli dalle —ne fanno parte p i ù d i 50 sanzioni del Congresso e società — sono aumentati dalla burocrazia federale, d i p a r i passo con la crescidal 1982 fino a u n mese fa, ta del volume commerciale le società americane vicine t r a Stati U n i t i ed Iraq. Le a Kissinger costituirono la vendite annuali passarono «U.S. - I r a q Business Fo- da circa 400 m i l i o n i d i dolr u m » , decisa a mettere a l a r i nel 1985, ad u n miliarfrutto i crediti d i banche e do e mezzo (1800 m i l i a r d i d i finanzieri americani e d i lire) nel 1989, e per quealtre nazionalità. N e l giun- st'anno era previsto che la go del 1989 questi sforzi ac- cifra venisse raddoppiata. crebbero così tanto la sti-, Del consiglio d i a m m i n i ma d i Hussein che i l ditta- strazione del F o r u m fanno tore invitò una delegazione parte rappresentanti della dell'istituzione, accompa- Amoco, M o b i l , Westingnata dal mitico dottor Kis- ghouse. Caterpillar e l a singer, nella capitale ira- First Bank Corporation of chea, per u n programma d i Texas. G l i affari q u o t i d i a n i quattro giorni d i riunione dell'istituzione a Washinge banchetti con m i n i s t r i e ton erano gestiti dal presia l t r i influenti m e m b r i del dente del F o r u m , W. Wiley,

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avvocato della grande lobby legale d i Sidney and Austin, e i n passato ambasciatore i n Oman. «Né i l F o r u m , n é nessun altro dei suoi m e m b r i o funzionari)», osserva Joe Conason, «è registrato dal Dipartimento della Giustizia come agente per l'Iraq, nonostante abbiano impiegato gran parte degli u l t i m i cinque a n n i a cercare d i promuovere g l i intererssi d i quella nazione a Washington». I l F o r u m , d i fronte all'all a r m e crescente nel governo Reagan per l'uso delle a n n i chimiche da parte d i Saddam contro i k u r d i e gli iraniani, si d i c h i a r ò d'accordo con i l suo desiderio d i limitare l'uso delle a r m i chimiche, ma insistette sul fatto che i m p o r r e sanzioni all'Iraq «finirebbe per avere l'effeto opposto». E quinj d i l'Iraq si servi del F o r u m per eludere le strettoie previste dal Foreign agents registration A c t All'epoca, come i l bollettino del For u m indicava, i l massiccio debito estero dell'Iraq costituiva i l «principale freno» a l commercio con g l i Usa, m a gli «specialisti» del F o r u m spiegarono come Hussein poteva riformare i l suo debito e ottenere prestiti dalle banche commerciali americane e da a l t r i finanziatori. Quantunque la Kissinger Associates abbia protetto gelosamente l'identità | dei suoi clienti, si è venuti ' a sapere che l'elenco include parecchie ditte che hanno ottenuto negli u l t i m i ann i importanti contratti dal regime d i Saddam: la Volvo, la H u n t Oil, la Fiat, la Coca Cola ed i l gigante delle costruzioni jugoslavo Energoprojekt Interessati ! a l gigantesco movimento 1 d'affari con Baghdad, c'e! rano n o n solo Henry H . Kissinge, ma anche a l t r i funzionari e collaboratori della Casa Bianca (spiccano tra g l i a l t r i Lawrence Eagleburger, ora segretario incaricato d i Stato, e Breent Scowcroft, consigliere d i Bush per la sicurezza nazionale).


America in panne Commento di Edward

Luttwak

L ' i m p e g n o a m e r i c a n o nel Golfo P e r s i c o c o n t i n u a s e n z a s b o c c h i e, intanto, diventa p i ù a s p r o il dibattito fra i m o l ti ammiratori e i pochi critici d e l presidente B u s h . Gli uni e gli altri c o n v e n g o n o c h e è stato s i n o r a un s u p e r b o c r i sis-manager. deciso e lineare. M a , mentre gli a m m i r a t o ri s i accontentano di a p p l a u d i r e , uno dei critici, il sottoscritto, d e s i d e r e r e b b e c h e G e o r g e B u s h , il c r i s i s - m a n a g e r , a v e s s e a s u a volta un p r e s i d e n t e al q u a l e riferire e c h e f o s s e depositario di u n a q u a l c h e prospettiva. E ' un p a r a d o s s o . M a s e r v e a i n d i c a r e lo stile di d e c i s i o n i , adottate giorno per giorno, dietro l ' u r g e n z a degli eventi e p e r d e n d o di v i s t a gli scopi americani nella regione. L a c r i s i del K u w a i t s t a d o m i n a n d o l a politica a m e r i c a n a , p e r s i n o m e n t r e u n a crisi economica s e n z a precedenti minaccia seriamente la nos t r a «way of life». Q u e s t a r e a l t à non e m e r g e dai c o m portamento del P r e s i d e n t e . E p p u r e ci s o n o p r i o r i t à p i ù importanti d e l l a c o n v e r s i o n e degli Stati Uniti n e l l a p i ù g r a n d e p o t e n z a dei Golfo Persico. Il P r e s i d e n t e c o n d u c e l a s u a d i p l o m a z i a per telefono, c o m e s e non ci f o s s e il Dipartimento di Stato. S i c o n s u l t a con pochi intimi, non c o n esperti del mondo a r a b o o i s l a m i c o e tanto m e n o c o n il g e n e r a l e Powell ( c a p o degli Stati Maggiori riuniti). T i e n e il volante d e l l a c r i s i dall'inizio. E ' stato a b i l e . M a g u i d a s e n z a una destinazione e s e n z a una mappa strategica, come sarebbe necessario. In un primo tempo gli s c o p i del P r e s i d e n t e e r a n o il ritiro incondizionato deM'irak e il reinsediamento dell'emiro del Kuwait. N e s s u n a c o n s e g u e n z a per l'Irak. In un s e condo tempo lo s c o p o e r a l a distruzione dei r e g i m e di S a d d a m H u s s e i n , per la buona ragione c h e un s e m p l i c e ritorno allo «status q u o ante» manterrebbe gli i r a c h e n i a una notte di d i s t a n z a d a u n a nuova invasione del Kuwait. In un terzo tempo il g r a n d e s u c c e s s o diplomatico p r i v ò il Presidente delle s u e opzioni militari.

L'impiego d e l l a forza militare a m e r i c a n a , in a s s e n z a di una evidente p r o v o c a z i o n e i r a c h e n a , farebbe saltare l'improvvisata a l l e a n z a (il principe S u l t a n Ibn A b d u l A z i z , ministro d e l l a D i f e s a s a u d i t a , afferma p u b b l i c a mente c h e a l l e forze a m e r i c a n e non v e r r à p e r m e s s o l a n c i a r e un'offensiva dal territorio s a u d i t a contro uno «Stato a r a b o - f r a t e l l o » , c i o è l'Irak). In s e n s o p i ù l a r g o , ogni iniziativa militare u n i l a terale degli a m e r i c a n i è r e s a impossibile d a l l a s e d u c e n t e prospettiva di sfruttare l a c r i si per forgiare un o r d i n e mondiale p o s t - g u e r r a f r e d da, un o r d i n e garantito d a i cinque membri p e r m a n e n t i del C o n s i g l i o di s i c u r e z z a dell'Onu. L a v i s i o n e potrebbe e s s e r e meritevole di attenzione, m a p r o v o c h e r e b b e profondi risentimenti contro il condominio di potere d a parte delle c i n q u e p o t e n z e nucleari (tanto per c o m i n c i a re, India, G e r m a n i a e G i a p pone potrebbero p r e t e n d e r e negli affari mondiali un p e s o maggiore di G r a n B r e t a g n a e Francia).

Gii obiettivi p i ù apparenti di B u s h sembrano ora a c c r e s c e r e lo s p i e g a m e n t o di forz e n e l l a regione e a l l a r g a r e la c o a l i z i o n e contro l'Irak, n e l l a s p e r a n z a c h e le s a n zioni e c o n o m i c h e e o p e r a zioni c o p e r t e (del tipo di q u e l l e c h e fallirono contro Noriega) portino un g i o r n o , in u n a q u a l c h e m a n i e r a , a l l a c a d u t a di S a d d a m . Un'altra s p e r a n z a è che la v a s t i t à delle forze mobilitate renda politicamente accettabile a Saddam ritirarsi dai Kuwait, s e n z a perdere la faccia. E ' invece improbabile che v e n g a rovesciato dai suoi connazionali. Saddam è divenuto una figura dominante della politica internazionale. Mantiene l'iniziativa. Potrebbe, per e s e m pio, far crollare l'embargo e la coalizione di forze a v v e r s e . Gli basterebbe abbandonare il Kuwait, recuperando i profitti del petrolio e cosi la s u a c a p a c i t à di riprendere le importazioni di armi, missili, tecnologia nucleare e chimica. L a s i tuazione s a r e b b e ideale. P r i ma o poi i sauditi chiederanno agli americani di andarsene. Saddam rimarrebbe nella regione e. sempre, a una notte di distanza da una nuova invasione del Kuwait.

Di fronte a uno scenario del genere, la linea di condotta del presidente Bush appare strategicamente discutibile, se riferita al Golfo Persico. Appare anche poco avveduta in una prospettiva globale: l'economia americana è in una fase di transizione dal confronto geopolitico con l'Unione Sovietica a un'era di «geo-economia». E' un nuovo tipo di competizione, in cui i capitali contano p i ù della potenza di fuoco, l'Innovazione produttiva p i ù della macchina militare, la penetrazione dei mercati p i ù delle basi militari. Certo, nel cortile strategico del Medio Oriente, la geo-politica vecchio stile mantiene ancora la s u a importanza e gli strumenti del potere militare e della diplomazia mantengono un'influenza dominante. Ma, nella grande arena degli affari mondiali, è la geo-economia che forgia le relazioni-di a m e ricani, europei e giapponesi e di altri minori competitori. Gli Stati Uniti godono a n c o r a a m piamente di forza militare e di influenza diplomatica, tali da assicurare ai loro concorrenti le forniture di petrolio. Sono p e r ò male equipaggiati in quanto a capitali e a inventiva e perdono terreno giorno dopo giorno. Non sono casuali i pellegrinaggi di membri dell'amministrazione americana in A s i a . Europa, Medio Oriente. Sino ad ora li effettuavano solo ministri del Terzo Mondo. Fanno quello che il segretario di Stato Baker e il segretario al T e soro Brady hanno appena finito di fare: sollecitare denaro. Nessuno s e ne sorprenda. Gli Stati Uniti stanno scivolando nel Terzo Mondo, nonostante intervengano nei suoi affari. Hanno un governo federale insolvente, diverse amministrazioni statali e comunali nella s t e s s a situazione, una parte della finanza, banche, impres e sull'orlo della bancarotta. Milioni di privati cittadini sono carichi di secondi e terzi mutui ipotecari, danneggiati dal deprezzamento degli immobili e confrontati con d i f f i c o l t à di pagamento. L a r e c e s s i o n e appare inevitabile. Provate a percorrere le nostre strade, facendo attenzione e quello c h e vedete. Il Terzo Mondo vi si p r e s e n t e r à nei fondi sconnessi, nei ponti pericolanti, nelle autostrade e a e roporti c h e scoppiano, nelle fabbriche antiquate, nella folla di mendicanti, negli slums c h e somigliano, odorano e risuonano c o m e quelli di Lagos o Rio. V e r s o il Terzo Mondo s c i volano l a b o r i o s i t à , a b i l i t à e disciplina. Ritroviamo il Terzo Mondo nei negozi e negli uffici, dove ci sono impiegati incapaci di una corretta grafia o di un corretto calcolo, nei distributori di benzina, negli aeroporti, in cui ogni forma di s e r vizio è riluttante o incompetente, negli ospedali, in cui le infermiere faticano a com-

prendere le istruzioni, nelle forze armate, i cui manuali s o no stati riscritti in maniera d a evitare parole lunghe e c o m plicate. La terzomondizzazione dell'America si manifesta in molte delle nostre industrie, che non sono p i ù in grado di competere sul piano della q u a l i t à internazionale e sono invece costrette a trasferire la competizione sui prezzi, affidandosi alla svalutazione del dollaro, come fa il Bangladesh. E ' una battaglia persa. Esportazioni ottenute con la svalutazione hanno come ultima c o n s e guenza uno svalutato livello di vita. A dispetto dei discorsi sulla libera impresa, i soli due settori di s u c c e s s o dell'export americano sono l'aerospaziale e l'agricoltura, entrambi sovvenzionati direttamente o indirettamente. Lo spettacolo dell'imponente spedizione americana nel Golfo Persico contrasta cosi con il quadro di una nazione avviata al fallimento geo-economico. L'Irak viene paragonato alla G e r m a n i a nazista. l'Arabia Saudita alla Gran Bretagna assediata del 1940 e intanto gli Stati Uniti diventano un'altra Argentina.

Quando S a d d a m Hussein invase il Kuwait, cominciavamo giusto a considerare il degrad a m e l o della nostra «way of life». Il Presidente e il Congresso avevano accettato di cooperare per ridurre drasticamente il deficit federale. S e m b r a v a un segnale salutare, volto alla c e s s a z i o n e del lungo c a r n e v a l e di consumi e sociale indulgenza. Ma la vic e n d a kuwaitiana r a p p r e s e n t ò un diversivo e il diversivo portò a una s p e c i e di gioioso s o l lievo. I leaders politici lasciarono da parte le dolorose turbative economiche per a s s u mere pose eroiche nei confronti di Saddam Hussein. In conclusione: in un vasto contesto, c h e includa lo stato degli Stati Uniti, lo stato degli altri Stati e Staterelli del Golfo Persico, è p i ù importante chiudere la crisi al p i ù presto anziché lasciarla procedere, giorno dopo giorno s e n z a una fine in vista. Gli Stati Uniti non dispongono di mezzi affidabili per distruggere il regime iracheno, ma dispongono di una potenza a e r e a sufficiente a dis a r m a r e l'Irak. L a crisi non s a rebbe risolta definitivamente, ma noi potremmo ritirarci dall'Arabia Saudita. George Bush potrebbe tornare ai suoi doveri presidenziali. L a nazione potrebbe concentrarsi sui suoi guai economici. Basterebbero ' uno o due sottosegretari a s e guire gli sviluppi delle vicende nel golfo. Nessuno p u ò credere davvero c h e gli Stati Uniti d'oggi possano occuparsi al tempo stesso dei problemi economici e mantenere una larga armata in zona di guerra.


È c o n s e r v a t o r e , a m i c o d i R e a g a n e d e l c a r d i n a l e O ' C o n n o r , m a Russell K i r k n o n c o n c o r d a col n e o t r i o n f a l i s m o

«America, non fare il gendarme» Crollato

il comunismo,

vuole imporre ovunque la sua tutela di RUSSELL KIRK

I

l potere dell'ideologia marxista, che ha minacciato anche gli Stati Uniti nello scorso secolo e mezzo, sembra essersi spezzato. E anche il potere dell'impero sovietico si sta frantumando. Ci si chiede anche se Mosca conserverà i l controllo effettivo di tutti i territori al di là della Grande Russia e della Russia Bianca La guerra civile potrebbe consumare le energie di quello che. per circa settantanni, è stata l'Unione Sovietica. Il sistema sovietico non può più competere con gii armamenti degli Stati Uniti; questa competizione, che ha inciso non poco sulle finanze degli Stati Uniti, ha causato la rovina del colosso che si estende dal Baltico al Pacifico. Così si è arrivati alla conclusione che gli Stati Uniti non hanno più rivali degni di questo nome. Henry Luce e Richard Nixon erano soliti dire che il ventesimo secolo doveva essere il «secolo americano»; ma quella aspirazione può essere soddisfatta, invece, nel ventunesimo secolo. Certamente, oggi, solo l'America è una grande potenza mondiale, con risorse militari e finanziarie sufficienti, per difendere i l proprio interesse nazionale contro ogni concorrenza. Ma si impone a questo punto una domanda risolutiva; come impiegheranno gli Stati Uniti i l potere loro derivante da questa supremazia? Siamo forse noi americani chiamati a realizzare un destino manifesto, la missione di rimodellare ogni nazione e ogni cultura secondo l'immagine americana? Negli ultimi mesi molte voci si sono levate i n America per proclamare che presto tutto i l mondo, o quasi tutto, abbraccerà un ordine chiamato «capitalismo democratico». Secondo questi entusiasmi, che militano in gran parte nel gruppo chiamato neoconservatore, la struttura politica ed i modelli economici degli Stati Uniti saranno emulati per sempre i n ogni continente. Ma che genere di mondo produrrebbe questo progetto di americanizza zi one universale? Dalla seconda guerra mondiale in poi i pubblicisti americani hanno raccontato che i l paradiso terrestre sarebbe stato creato dallo stabilirsi del «capitalismo democratico» i n ogni paese anche se la frase «capitalismo democratico» ha un'origine recente, un po' d i gergo neoconservatore. Per esempio, nel 1951 fu pubblicato sul periodico inglese The Tweruieth Century un articolo intitolato «La Nuova Rivoluzione Americana». Il suo autore, David C. Williams, scriveva: «Gli Americani sono convinti che questo sarebbe successo anche se non ci fosse stato i l comunismo nel mondo. I promotori di questa nuova rivoluzione sono i numerosi ufficiali, uomini d'affari, tecnica, sindacalisti che il goveno americano sta inviando all'estero. Gli uomini d'affari americani hanno i l dovere di convincere le loro controparti europee degli effetti positivi della modernizzazione, cioè i l produrre per le masse piuttosto che per le classi Essi possono assicurare i loro amici europei che è possibile per loro come gruppo raggiungere una posizione di altissimo prestigio nelle loro comunità, soppiantando i proprietari terrieri, i funzionari civili e gli ufficiali dell'esercito dai loro tradizionali posti d'onore». Così la vitalità americana sta per avere una influenza rivoluzionaria piuttosto che conservatrice, rivolgendosi deliberatamente alla cupidigia, all'invidia di classe e al desiderio di cambiamento: secondo quanto scriveva Williams. In Asia, egli proseguiva, noi americani aiuteremo a «spezzare i vincoli di casta e le famiglie dominanti» e «spingeremo al muro i produttori artigiani». Se ci dovessero essere delle proteste, tanto peggio per i reazio-

nari. In questo caso sarà nostro compito liberarli dai loro pregiudizi: «Forse l'angoscia spirituale più grande è sentita dagli intellettuali europei ed asiatici A costoro i l tipo di vita americano sembra grossolano e volgare. Molti intellettuali americani sono con loro d'accordo. Ma essi dovrebbero avvertirli che non si può resistere alla logica della produzione di massa. La felicità che l'uomo medio desidera e che otterrà, non è quella dell'esteta. I comunisti dell'Europa orientale hanno mostrato, un legittimo istinto di autoconservazione quando bandirono i l jazz americano quale agente di corruzione. Ma. invece, la musica a basso prezzo, i fumetti economici, la Coca Cola e le automobili sono quello che la gente vuole — naturalmente perché non ha avuto l'opportunità di imparare a volere, o ad ottenere, niente di meglio. La cultura non potrà più essere una specie di monopolio per pochi eletti. Il compito più arduo sta nell'educare le masse a volere meglio e cose più soddisfacenti di quanto ora esse dispongano».

esistenza che si estende al di sotto di ogni livello consapevole. C'è un modo sicuro di farsi un mortale nemico, e questo è proporre a qualcuno «Sottomettiti a me ed io migliorerò la tua condizione sollevandoti dal peso della tua identità e ricostituendoti a mia immagine». Solo questo, i n effetti, fu quello che dissero i comunisti russi alla fine della seconda guerra mondiale alle sfortunate popolazioni degli Stati baltici. E oggi noi vediamo la reazione disperata di questi popoli Possiamo supporre che un'americanizzazione forzata, nel nome dell'astrazione del «capitalismo democratico», sarebbe ricevuta molto più cor dialmente in tutto i l mondo di una russificazione forzata nel nome della «dittatura proletaria»?

M i è capitato tra le mani un documento recente del Dipartimento dell'esercito e dell'aviazione intitolato «Operazioni militari nel conflitto di bassa intensità». Anche la versione modificata di questo rapporto discute misure quali il livellamento dei redditi nelle naCosì il contributo dell'America all'univer- zioni ospitanti o «paesi del Terzo Mondo» sale «capitalismo democratico» del futuro quali mezzi per favorire una insurrezione o —accettate le premesse di David C. Williams una contro-insorgenza; e accenna a misure —sarà soltanto questo: tutto a buon mercato. politiche ed economiche che le forze americaMusica a bassissimo prezzo, fumetti a bassis- ne d'intervento in tali paesi potrebbero mettesimo prezzo e la moralità più a buon mercato re in opera. Io sospetto che dietro questi diseche si possa trovare. Questa in realtà sarebbe gni militari si trovi la spinta a «democratizzai la rivoluzione delle rivoluzioni, l'inferno della re» gli ordinamenti arcaici del Terzo Mondo, j volgarità e della monotonia universali Que- se occorre, anche con la forza. Questa è l'ideosto è Cyrus P. Whittle che sta dicendo a se logia del «democraticismo» difeso, ad esemj stesso che non soltanto l'America è la cosa pio, dall'International Security Council, un più grande sulla Terra ma che presto essa gruppo non ufficiale composto principalmencancellerà ogni altra cosa: e nella gioia degli te da veterani della Guerra Fredda. Brevi ciabbaglianti deliri di quella conclusione egli si tazioni sono sufficienti per indicare i concetti piuttosto bellicosi di questo Consiglio: «L'idea dimentica di chiedersi cosa succederà dopo. artificiale del non coinvolgimento non doQuesta difesa di una cultura materialisti- vrebbe essere il banco di prova dal quale giuca guidata dagli americani non trova spazio dicare il profilo di una polìtica americana. Essoltanto tra i giornalisti delle grandi unioni so dovrebbe piuttosto essere quello di una posindacali Qualche anno dopo la pubblicazio- litica che direttamente promuove i valori e la ne dello scritto citato, m i sono trovato ad una pratica della democrazia». Così scrivono i grande assemblea a Washington: oratore pubblicisti di questo International Security schiacciato tra i l vicepresidente Nixon e l'al- Council. lora presidente della Camera di commercio «Quattro gambe van bene, due no!». Quedegli Stati Uniti. Quest'ultimo lesse ad alta voce lo scritto di uno «scribacchino» di nome sta è l'ideologia dei porci nella Fattoria degli Grub Street, un libertario, nel quale si affer- Animali di Orwell. Un esercito americano pomava che l'America, per fortuna, era una po- liticizzato che operasse all'estero non sarebbe tenza rivoluzionaria, niente affatto conserva- in breve tempo più popolare di quanto lo sia trice; e che quella doveva essere la politica stata l'Armata Rossa. Una democrazia astratamericana in tutto i l mondo, per cancellare le ta suggerita od imposta a popoli ad essa imculture arcaiche e anche per vendere a tali re- preparati produrrebbe dapprima l'anarchia e trogradi una infinità di merci e di servizi ame- poi —come i n quasi tutta l'Africa «emergenricani e per riversare su tutti loro i modi del- te» degli ultimi quarant'anni — un dominio la politica democratica, sia che essi volessero della forza e di un capo. Verso il 1956, Chester Bowles. i l quale era stato i n precedenza il dio meno. rettore dell'Ufficio amministrazione prezzi, Qui mi permetto di intervenire per porta- scriveva e affermava nei suoi discorsi quali re qualche mia riflessione sulla politica este- paesi altamente democratici sarebbero divenra degli Stati Uniti. Sembra che ci sia una leg- tati l'Angola e i l Mozambico sotto la tutela ge che governi tutta la vita, dalle forme inani- americana, non appena l'oppressore coloniamate unicellulari alle grandissime culture le fosse stato cacciato. Credo che ogni persoumane: ogni organismo vivente, di ogni gene- na conosca oggi le circostanze attuali dell'Anre e specie, si sforza soprattutto di conservare gola e del Mozambico: certamente l'arcivela propria identità. Tutto ciò che vive tenta di scovo sudafricano Tutu è consapevole che ogfere di sé stesso il centro dell'universo: resiste gigiorno gli Stati africani stanno molto peggio con tutto i l suo potere agli sforzi delle forme in termini di libertà e di ordine di quand'eracompetitive di vita che cercano di assimilarlo no governati dagli amministratori europei nel modo e nella sostanza. Ogni essere vivenVediamo intorno a noi ciò che Tocqueville te, come parte di una specie, preferisce anche la morte come individuo all'estinzione come chiamava «la tirannia della maggioranza». Se specie distinta. Così se la più piccola alga lotta con la parola «democratico» s'intende il commortalmente contro una minaccia alla sua plesso delle istituzioni politiche repubblicane peculiare identità, non dovremmo essere sor- che si sono sviluppate negli Stati Uniti nel presi che uomini e nazioni resistano dispera- corso di oltre due secoli — allora le nuove cotamente — forse irragionevolmente — pur di stituzioni che attualmente vengono discusse non essere assimilati da altre entità sociali nell'Europa orientale non possono riprodurQuesta resistenza è la prima legge della loro re per magia la storia americana. Se per «ca-

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nudismo» s intendono le enormi strutture centralizzate ael Nord America - adora ii massiccio e centralizzato «capitalismo ai stato» è precisamente ciò da cui le popolazioni dell'Europa orientale che si sono auto-liberate, stanno cercando di adontanarst. Le differenti nazioni del nostro tempo devono trovare le proprie diverse vie di ordine, di giustizia e di libertà. Noi americani non siamo stati designati come loro guardiani Io sto suggerendo che una politica estera fortemente conservatrice ned'epoca che sta nascendo non dovrebbe essere ne «intervennsta» né «isolazionista»: dovrebbe essere solo prudente. Q suo scopo non dovrebbe essere l'assicurare ovunque il trionfo della fama e dei costumi dell'America, sono lo slogan di «capitalismo democratico», ma invece la conservazione del vero interesse nazionale e l'accettazione dede diversità delle istituzioni politiche ed economiche nel mondo. L'egemonia sovietica non dovrebbe essere seguita da una egemonia americana. Le nostre prospettive nel mondo per il ventunesimo secolo sono luminose - a condizione che noi americani non percorriamo il globo con insolenza, proclamando la nostra onniscienza e la nostra onnipotenza.

assad.

S p r e g i u d i c a t e z z a

e

Un intellettuale cattolico anomalo nei panorama Usa (M.M.) Da quarant anni lo scrittore Russell Kirk è una figura eminente nel panorama intellettuale degli Stati Uniti. Storico, biografo, pensatore politico, critico letterario, romanziere ed editore egli raggiunse una vasta notorietà pubblica nel 1953 col libro The Conservative MincL from Burke to Eliot, giunto lo scorso anno alla sua settima edizione. Il volume fu edito anche in Inghilterra nel 1954 per opera di Thomas S. Eliot presso la Faber and Faber. l'autore e Eliot divennero amici fino alla morte del grande poeta.

o p p o r t u n i s m o

Russell Kirk ha senno fino ad oggi una trentina di libri che hanno avuto complessivamente una diffusione superiore al milione e mezzo d i copie. Kirk rive e lavora a Mecosta. piccolo villaggio del Michigan Centrale. Qui è cresciuta negli u l t i m i decenni assieme alla sua famiglia (moglie e quattro figlie) la comunità d i Piety Hill composta da ragazze madri, excarcerati, rifugiati politici da tutti i continenti e altri «scarti del progresso», com'egli scrive nella sua autobiografia. Attorno alla sua persona e alla sua grande biblioteca operano

nella

politica

ogni anno numerosi giovani studiosi e studenti prò- I venienti da ogni Stato per preparare scritti e tesi d i laurea e per partecipare ai seminari di cultura che | mensilmente v i si svolgono. Nato a Plymouth, vicino a Detroit, nel 1918. Russell Kirk ha ricevuto i l battesimo nella Chiesa cattolica nel 1964. La moglie Annette che provvede all'organizzazione ed all'animazione della grande famiglia di Piety Hill ha fatto parte per alcuni anni della Commissione per l'educazione della Conferenza episcopale americana.

di

D a m a s c o

Siria, la strategia del ragno Gli Usa starno nutrendo un «mostro» alla Saddam? di MAURIZIO BLONDET

La Siria ha promesso di inviare una sua divisione corazzata i n Arabia Saudita, a rafforzare la coalizione an ti-irachena guidata dagli Usa. Quella divisione non è mai arrivata: pare — se non è una scusa — che i sovietici esitino a caricare sulle loro navi i cingolati siriani. Ma. lenta a dare, la Siria è stata assai lesta a "Incassare" i l premio per la sua partecipazione alla guerra futura contro l ' I raq: ha incamerato i l Libano, per di più col complice silenzio di Washington e d i Israele. Bel colpo per Hafez Assad. i l dittatore di Damasco. Fino a i e r i la Casa Bianca lo accusava di proteggere i l terrorismo internazionale: oggi gli consente di fare un passo verso la

realizzazione del suo sogno, quello di una "Grande Siria" dominatrice nel Medio Oriente. Se poi a novembre gli Usa sferreranno l'attacco contro l'Iraq, umiliandone l'esercito, la Siria resterà la sola potenza militare intatta dell'area. Israele a parte. Un altro passo verso l'egemonia. «Quella americana è una politica assurda, d i cortissimo respiro», ci fa sapere un analista dell'intelligence italiano. «Già oggi la Siria, controllando i l Libano, assume un nuovo peso nella regione, sia come potenza sia come posizione strategica. Chi ci assicura che una Grande Siria domani non si allei con l'Iraq? Che il dittatore Assad aspetti solo i l ridimensionamento di Saddam Hussein per allearsi con lui. o i suoi suc-

cessori, da una posizione di dominio? Tanto Saddam Hussein è impetuoso, tanto Assad di Siria è freddo e astuto. E' come un ragno, e in questi anni non ha fatto che tessere la sua tela sulla regione. Ha di sicuro una strategia a lungo termine, che potrebbe benissimo contemplare u n voltafaccia. Oggi Assad è con gli americani ma gli americani dovrebbero ricordare che la Siria — e Assad i n particolare — non ha mai rispettato le alleanze». Gli americani non devono essere tanto sicuri: il segretario di Stato James Baker corse da Assad col cuore i n gola qualche settimana fa. quando seppe che emissari iracheni s'erano presentati al dittatore siriano per chiedergli di riaprire un oleodotto — chiuso da Assad durante la guerra del Golfo — che può

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portare i l greggio dell'Iraq Nasser. non potevano esai porti del Mediterraneo. ser loro a "guidare". Assad. allora, calmò le Ma è plausibile che Asansie americane. Resta i l sad. i l ragno, continui a tesfatto che se Assad e Sad- sere quella tela. Alleandosi dam sono nemici persona- ai sovietici finché ha potuli, entrambi i loro regimi to, appoggiando l'Iran nelsono retti dalla stessa ideo- la guerra contro l'Iraq, logia: i l "Baath" ("Rinasci- stringendo patti semi-seta "), u n atroce ma efficien- greti con Israele sul Libate miscuglio di nazismo e no, manipolando terroricomunismo. Ed entrambi i sti: e. da ultimo, facendosi partiti "Baath" al potere i n accettare come alleato creSiria e i n Iraq proclamano dibile dagli Usa. L'astutisdi voler unire tutti gli arabi simo Henry Kissinger va sotto u n unico superstato. dicendo da tempo che il siFu proprio sotto la pressio- riano Assad è l'unico perne dei suoi ufficiali baathi- sonaggio «razionale» nella sti che i l governo siriano follia sanguinosa del Medel 1958'si fuse con l'Egitto dio Oriente: e oggi i l ristretdi Nasser per creare la Re- to "consiglio privato" che pubblica Araba Unita affianca Bush nella crisi (Rau). primo passo verso irachena è composto apl'unità araba voluta: e se punto di uomini di Kissintre anni dopo gli stessi baa- ger. Se si ingannano. l'Athisti provocarono la se- merica scoprirà di aver nucessione della Siria dalla trito un "mostro" cento Rau. fu solo perche capiro- volte più insidioso dell'irano che. con ii carismatico cheno Saddam.


COME SALVARE LA RUSSIA? L'orologio del comunismo ha suonato l'ultima ora. Ma l'edifìcio di cemento non è ancora crollato. E che non si finisca schiacciati sotto le sue rovine, a n z i c h é essere liberati.

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L'orologio comunista ha suonato l'ultima ora

ALL'ULTIMO RESPIRO Chi non conosce oggi le noco allungava la zampa verso un stre sciagure, sia pure dissimup e n o d'Asia o d'Africa, il monlate da statistiche menzognere? do intero ripeteva a sua volta: Trascinandoci per settantanni «LaRussia», «1 russi». Che cosa, dietro la cieca e maligna utopia oggi, si deve dunque chiamare marxista-leninista, abbiamo «Russia»? E domani, che è quei portato al patibolo o spinto che p i ù importa? Chi si sente, nell'abisso della «Grande Gueroggi, di appartenere alla Russia ra Patriottica» - condotta in di domani/ E quali sono, seconmodo ottuso e suicida - un terdo gli stessi russi, le frontiere zo della nostra popolazione. C i del loro paese? Per tre quarti di siamo privati delPabbondanza ; secolo il concetto dell «amicidi un tempo, abbiamo stermizia socialista tra i popoli» ha nato la classe contadina coi confuso e ingarbugliato a tal suoi villaggi, abbiamo tolto agli punto i rapporti fra Stati, che uomini persino il gusto di far non si riesce più a vedere quale crescere il grano e alla terra 1' possa essere la strada per una abitudine di dare le sue messi, e vita calma e normale della nol'abbiamo inondata con i rifiuti stra nazione, come accadeva di un'industria primitiva, avvenegli ultimi decenni della Ruslenando città, numi e mari, cosia pre-rivoluzionaria. I l mio s i c c h é oggi stiamo dando parere è che per un futuro p i ù l'ultimo colpo mortale alla terpacifico e sereno, chi vuole sera, all'aria, all'acqua che c i cirpararsi lo faccia. Siamo purcondano, a questo aggiungia- ' troppo in molti a sapere che un mo la morte atomica e ! alloggio comunitario ti toglie l'acquisto, per consolazione, | talvolta persino il gusto di vivedei rifiuti radioattivi re. La stessa atmosfera surridell'Occidente. Distruggendoscaldata regna attualmente tra ci sotto un fòlle gruppo diri genle nostre nazioni. I n molte rete, abbiamo rovinato i nostri pubbliche periferiche le forze splendidi boschi, saccheggiato centrifughe sono cosi fòrti che le nostre grandiose risorse nanon si potranno fermare senza turali, che i nostri figli e nipoti sangue e violenza. E non dobavrebbero dovuto ereditare. biamo pagare un prezzo cosi Abbiamo stremato le nostre aito! Ceni come stanno andandonne sotto il fardello dì lavori do le cose, comunque l'Unione massacranti, abbiamo strappasocialista sovietica sprofonto loro i figli per darli in preda derà! alle malattie, alla barbarie e ad Io la vedo cosi: occorre diun simulacro di istruzione. Da chiarare subito, con voce fòrte noi il sistema sanitario è in stato e chiara, che le tre repubbliche di totale abbandono, non ci baltiche, le tre repubbliche del sono medicine, abbiamo ormai Caucaso, le quattro dell'Asia dimenticato che cosa sia un'alicentrale, e anche la Moldavia mentazione sana. Milioni di esse si sente p i ù attirata dalla Roseri umani sono senza casa, e mania - ebbene si, che queste l'illegalità si è diffusa in ogni undici sono destinate a una sepiù remota provincia del paese. cessione assoluta e irreversibiOggi non ci resta da chiedere le. che un'ultima cosa, che non ci P e r l l i c Primo (Vladimir IHc impediscano di abbandonarci Lenin, Ndt), il problema delle a un'ubriachezza senza freni. frontiere veniva per ultimo. Tale è la natura umana, che Cosi fu, ad esempio, per il Karapotremmo - se occorre - sopbakh, dato afi'Azerbajdzhan portare queste assurdità e quep e r c h é tanto che differenza fa? sto scempio per tutta la vita; m a I n quel momento si voleva acguai a chi osasse offendere la contentare l'amico del cuore nostra nazione! P e r c h é allora dei Soviet, la Turchia. Oggi non nessuno sarebbe p i ù tollerandeve succedere più. I n K a z a te: invasi dall'ira con pietre, bastoni e fucili attaccheremmo i | khstan, i kazalri sono meno di m e t à popolazione; ma se anche nostri vicini per bruciare le loro vogliono una separazione, loro case e ucciderli. Cosi è fatse chiedono l'indipendenza per to l'uomo: niente ci c o n v i n c e r à le loro vere terre, non quelle che la fame, la povertà, le magonfiate dall'amministrazione lattie, le morti premature - che burocratica, io dico: andatevequalcuno di questi flagelli venne con Diol ga prima del nostro orgoglio E cosi, senza queste dodici nazionale! Proprio per questo, repubbliche, rimarrebbe quelvolendo proporre qualche provvedimento per il risana- • lo che si p u ò chiamare con mento e la ricostruzione del i l'antico nome di Rus', o - nel paese, siamo costretti a comin- 1 senso odierno - con il nome di dare non dalle ferite che più I . «Unione Russa». Ciononostanbruciano, ma da una domanda: t te in questa unione resterebbero circa cento popoli e nazionache ne sarà della nostra nazione? In quali frontiere geografi- lità granai e piccole, e a queste che vivremo o moriremo? E dobbiamo esprimere tutta la nostra grande saggezza e benesoltanto dopo potremo pensavolenza dichiarando l'integrità re a una cura per tutti i mali che di ogni lingua e cultura. All'inici affliggono. zio del secolo un nostro grande ' • •• uomo di Stato, Krisanovskij, aveva previsto che la Russia C H E COSA E ' L A R U S S I A ? Il nome «Russia» è stato bi- vera, la Russia delle radici, non strattato, degradato, ognuno lo avrebbe avuto le risorse cultuinvoca a proposito e a sproposi- rali e morali per assimilare tutto. Ogni volta che l'orso soviet!- te le sue periferie. Questo fu

di ALEKSANDR SOLGENITSYN

detto in un paese prospero, solido; oggi è mille volte più vero: non abbiamo le fòrze per trattenere la periferia, n é le fòrze spirituali, n é quelle economiche, non abbiamo le fòrze per mantenere un impero. N é abbiamo bisogno dell impero: scrolliamoci di dosso questo fardello! Ci consuma il midollo, c i succhia e c i manda in rovina. Vedo con ansia che la coscienza nazionale russa fa fatica a liberarsi dal concetto di impero, da questa droga imperiale, dall'idea inesistente, derivata dal comunismo, di un patriottismo sovietico, che all'epoca del porcellino Ilic Secondo (Leonid , Ilic Breznev, Ndt) ha strizzato fino all'ultima goccia di produttività per inutiliarmamenti. E ' venuto il momento di una drastica scelta tra u n impero che c i sta uccidendo e la saispirituale e materiale. C o n questo apparente sacrificio la Russia, ai contrario, si libera da un peso che bloccava il suo sviluppo interno -e concentra finalmente l'attenzione su se stessa. E non dobbiamo ripetere come pappagalli « S i a m o orgogliosi di essere russi, siamo orgogliosi della nostra immensa patria, siamo orgogliosi...» N o n dobbiamo essere affatto orgogliosi della catastrofe spirituale del '17, non dobbiamo essere orgogliosi della guerra sovieto-tedesca e dei nostri trenta milioni di morti, dieci volte di p i ù del nemico... Non dobbiamo essere orgogliosi, m a riconoscere il male c h e ha assalito il nostro popolo, e chiedere che Dio c i aiuti.

UNA P A R O L A I A UCRAINI E B I E L O R U S S I Iostessosonopermetàucraino e ho trascorso gran parte della guerra sul fronte bielorusso. Vi parlo come uno di voi. Separareoggi l'Ucraina dalla Russia vorrebbe dire dividere milioni di famiglie, tanta gente che non capisce più chi è ucraino e chi è russo, tante famiglie miste, tanti matrimoni misti. Fratelli, questa divisione non ci vuole! Noi abbiamo sofferto insieme l'era sovietica, e insieme dobbiamo uscirne. Certo, se il popolo ucraino volesse separarsi dalla Russia, nessuno potrebbe trattenerlo con la fòrza; ma solo la popolazione locale p u ò decidere del proprio destino. Tutto quel che ho detto vale anche per la Bielorussia. Dobbiamo inchinarci davanti a Ucraina e Bielorussia per il disastro di Cernobvl. causato dai carrieristi e dagli stolti che guidano il sistema sovietico. Un disastro al quale dobbiamo riparare come possiamo. Tutte le piccole genti e nazionalità di questo paese hanno vissuto felici e contente nella prigione dei popoli zarista. Ma quanto male ha arrecato loro l'Unione Sovietica comunista, portando morte e veleno alle

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loro terre. Bisogna rafforzarli e salvarli, quei popoli, e non è tardi. Il Novecento è stato un secolo di politica senza moralità. Tutti vedono ormai che non è possibile convivere per forza; non continuiamo afiora a infliggerci questo fardello reciproco. Ma una separazione reale non si fa con una dichiarazione di un minuto; non dovrebbe essere consentito fare come i portoghesi fuggiti dall'Angola, lasciandosi alle alle disordini e guerra civile. >sl rischiamo ' una grande perdita di vite umane. Invece, dal momento in cui si decide la separazione, debbono cominciare a mettersi al lavoro commissioni di esperti di tutte le i parti in causa, e questo procesI so potrebbe durare alcuni anni, ponendo milioni di individui davanti a un pesante in• terrogativo: restare o partire? MISURE IMMEDIATE DAPRENDERE IN UNIONE SOVIETICA I n tre quarti di secolo siamo diventati cosi poveri, cosi stanchi, cosi disperati, che solo l'intervento del cielo ci p u ò salvare. Ma i miracoli non ven! gono concessi a chi non li invoi ca. P e r c i ò bisogna innanzitutI to ricreare un amore per il lai voro in un popolo che da 70 l anni non ha più ragione di lavo: rare. Ma questo non basta. Mii lioni di persone abitano in luoghi che non si possono chiamare case, o vivono da vent'anni in orribili coabitazioni. Tutti i vecchi e gli invalidi sono poveri. Dove attingere i mezzi per la ricostruzione? Fino a quando continuere1 mo a fornire aiuti e a rafforzare 1 i regimi tirannici, incapaci, creati da noi stessi nei vari angoli della terra. Cuba, Vietnam, Etiopia, Angola, Corea . d e l nord? Dappertutto inviamo i nostri «consiglieri». Quanto sangue abbiamo perso in Afghanistan, quante decine di miliardi di rubli gettati via ogni anno a questo modo? I l vero patriota, il vero uomo di Stato, sarebbe colui che rinuncia subito a tutto questo. E p e r c h é dobbiamo cercare sempre nuovi tipi di armi offensive, e spedire una flotta mi- • litare in tutti gli oceani? Voliamo forse conquistare intero pianeta? Questa spesa di centinaia di miliardi in un anno, dovremmo tagliarla in un'ora. Anche la corsa allo spazio p u ò attendere. E i sussidi all'Europa orientale: d'ora in li, che i paesi dell'Est vivano liei, pagando tutto a prezzi di mercato....

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Le inimmaginabili ricchez- mocrazia. Ma si vede che la ze del Pcus: ne parlano tutti. cortina non arrivava proprio Hanno rubato al popolo per 70 fino a terra, p e r c h é qualcosa è anni. Certamente il partito non filtrato lo stesso, il liquame di restituirà niente di quel che ha fogna della più degradante già speso o sprecato; ma che re- "cultura popolare di massa", stituisca almeno quel che ri- traviata e decadente, mode mane, le case, gli ospedali. E ' volgarissime, malsana furia di ora di smettere di nutrire tutta voler mettere tutto in piazza. E la burocrazia, un apparato am- la nostra g i o v e n t ù ha consuministrativo di milioni di per- mato questi rifiuti avidamensone, con i loro alti guadagni, te. I giovani occidentali fanno negozi speciali e connivenze! gli sciocchi, p e r c h é hanno tutCon il nuovo ordine di vita, to; i nostri giovani, che non uattro quinti dei ministeri e hanno niente, copiano senza ei comitati non saranno p i ù riflettere i loro divertimenti. E necessari. Ecco, da qui arrive- la nostra televisione riversa oggi con zeioquesti rivoli sozzi ranno i soldi... E a cosa sono serviti i quasi in tutte le repubbliche (...) sei anni di rumorosa perestroika? A cambiamenti meschini T E R R A in seno al Comitato centrale. A L'affievolirsi dell'amore per. imbastire un mostruoso siste- la terra è la più grave minaccia ma elettorale, concepito per e- . al nostro carattere nazionale. vitare al partito comunista di f Oggi il nostro contadino è cosi terdere il potere. A produrre oppresso, che forse sarà imposeggi confuse, ingiuste, sba- ! sibile recuperarlo. Se chiediagliate! mo l'indipendenza in tutte le No, la via non sarà aperta, sfere della vita umana, come nenemmeno verso c i ò che p i ù garla a chi lavora la terra? Negaurge, non riusciremo a o r e re al villaggio la proprietà privaniente di serio finché il partito ta significa volerne l a scomparcomunista leninista si limiterà sa. Ma l'introduzione della proa concedere un paragrafo del la prietà privata dovrebbe essere Costituzione e nulla di più; fino attuata con cautela. Non sarana quando esso non si sarà spo; no accettabili vendite di terra gliato di ogni possibilità di in! agli stranieri. Se la terra verrà fluire sull'andamento dell'ecomprata da grandi proprietaconomia e dello Stato, fino a ri, questo limiterà di molto la liquando non avrà completabera iniziativa di tutti gii altri. E mente rinunciato a dirigerci e persino a dirigere ' la terra dovrà essere data ai conl'amministrazione di qualsiasi i tadini gratuitamente.

biamo dare la possibilità ai politici di professione di sostituirsi alle voci autentiche e individuali del paese.

pitale si sarà liberato dal volume artificiale delle sue attuali, vastissime funzioni. Oggi, in *•• molte cose, la strada del nostro P R O P O S T E risanamento comincia dal bas- P E R I L P O T E R E C E N T R A L E so, non dall'alto. L'attuale sistema bicamerale ••# non è male, se l'attività legislatiTUTTO DIPENDE va fòsse svolta senza inganni e DAL R E G I M E STATALE senza montature. E data l'imNel fervore delle riunioni e mensità del nostro paese e l'abdei piccoli partiti che stanno na- bondanza dei problemi, il potescendo, non c i rendiamo conto re presidenziale oggi non e cerdi avere indossato nuovamente to di troppo. (...) Ma l'autorità gli orpelli di febbraio, di quei fu- vera del presidente p u ò essere nesti mesi del 1917. Eppure conferita soltanto da un voto di qualcuno se n'è accorto e grida tutto il popolo, assegnandogli il con cieca ebbrezza: «E' una diritto a governare per 5 o per 7 nuova rivoluzione di febbraio!» anni. Non dobbiamo p e r ò sper(Perché tutto coincida esana- perare le fòrze popolari in una mente, si sono già tirati fuori orribile campagna elettorale di persino gli stendardi neri degli settimane e mesi, il cui scopo anarchici) Dobbiamo essere principale è diffamare il conpiù saggi dei nostri padri del ' 17, corrente. Sarebbe ragionevole. non ripetere il caos del febbraio i sul modello americano, p re vesto rico, non diventare di nuovo i dere anche lafiguradel viceprepreda del gioco degli slogan e i sidente: la sua candidatura sadella vuota retorica. Non dob- rebbe scelta dal presidente, poi biamo andare verso il caos, essi verrebbero votati ed eletti l'anarchia è il primo segno di insieme. (...) morte, l'abbiamo imparato nel Noi non possiamo imitare la '17. U ) S v i s e r à quasi in nulla, sia perle Se non abbiamo sete di una ri- sue dimensioni sia per il fritto voluzione, occorre necessaria- che essa si è costituita come umente che il nostro Stato sia sta- nione di Cantoni indipendenti. bile, che ci sia una continuità Ma senza dubbio possiamo senza urti. L o statuto esistente. * prenderle in prestito qualcosa: che già prevede un forte potere a partire da un certo numero di presidenziale, potrebbe esse- migliaia di firme, un progetto di reutile ancora per molti anni. legge viene obbligatoriamente Qualcosa dobbiamo accettare sottoposto all'esame delle Cadi questo regime statale, se non mere; a partire da un altro nualtro p e r c h é almeno esiste già, mero p i ù grande (da noi milionon va costruito da zero. Poi, ni) un plebiscito diventa obblisettore della nostra vita o del ••• certo, pian piano dovremo so- gatorio. (...) nostro territorio. Vorrei che A M M I N I S T R A Z I O N E Al di fuori dì questi plebisciti, stituire, cambiare, rinnovare questo accadesse non con la Stolypin (ministro riformista l'organismo statale. Ma non e delle rare elezioni presidenforza, m a con unapubblica pe- dello zar Nicola I I . Ndt) diceva ora. ziali, non sarebbe p i ù necessanitenza: l'ammissione che una che non si p u ò creare uno Stato Non bisogna mettere tutto in ria alcun'altra votazione naziocatena di c r ì m i n i , c r u d e l t à e di diritto senza creare prima un cantiere nello stesso tempo; bi- male, assurdità ha portato il paese cittadino indipendente. E non sogna cominciare da un punto. I U N A S T R U T T U R A nell'abisso, e che non si trova p u ò esservi cittadino indipen- Da dove? E ' chiaro: dal basso, C O N S U L T I V A via d'uscita. E c c o che cosa ci dente senza la proprietà priva- dalle istituzioni locali. Pur conAggiungo questo capitolo vuole, non costruire un'ere- ta. Per 70 anni ci hanno inculca- servando un potere centrale non considerando il momento dità infame, non un nuovo par- to la paura della proprietà priva- fòrte, dobbiamo allargare pa- presente, mi sembra p e r ò moltito comunista russo, non ro- ta, una vittoria dell'ideologia zientemente e ostinatamente i to importante per il futuro del vesciare tutto il sangue e il fan- contro la natura umana. Ma diritti della vita locale. nostro Stato. Ricordando la sua go della storia sul nome russo. p e r c h é ci dobbiamo aggrapparicca esperienza alla Duma (il Parlamento dell'ultima epoca Un riconoscimento pubbli- re all'economia centralizzata, C H I S I A M O D A V V E R O zarista, Ndt) V. Naklakov notaco delle colpe dei partito, dello regolata ideologicamente, che N O I R U S S I ? L a demolizione delle nostre va: i successi più duraturi della sua criminalità ed impotenza, ha portato il paese verso la podemocrazia si ottengono non sarebbe la prima boccata vertà, solo per mantenere un anime per tre quarti di secolo è stata la cosa più orribile. Questa dalla vittoria della maggioranza d'aria per uscire dal pesante apparato di parassiti? Per me è chiaro che bisogna nomenklatura di milioni di uo- sulla minoranza, ma dall'accorclima morale che ci ha storditi j do tra le due parti. per 70 anni. Infine ci sovrasta dare spazio alla sana iniziativa mini non è capace di rinunciare Per un paese ancora politicaanche la mole granitica del privata, appoggiare tutti i tipi di I volontariamente ai privilegi di Kgb, il cui solo obiettivo è sop- piccole imprese, p o i c h é è da i c u i s i è i m p o s s e s s a t a p e r d e c e n - , mente inesperto egli raccoprimere ogni movimento di esse che verosimilmente verrà : ni. H a vissuto sulla testa del po- mandava anche I popolo. Per la sua storia san- la prosperità locale. Ma bisogna polo e vuole continuare cosi. E una terza Camera al Parlamenguinosa e scellerata non c'è limitare con leggi opportune la le fòrze gloriose della glasnost e to, «costituita dalla minoranza giustificazione, n é alcun dirit- concentrazione sfrenata di ca- della perestrojka? Alla fine, da esperta e colta»: un tale sbarrapitale. Dobbiamo impedire, o- queste parole alla moda non mento si opporrebbe alle libere to all'esistenza. vunque tenti di infiltrarsi. la co- esce una vera purificazione; e a manovre di aggiramento della FAMIGLIA E SCUOLA Da noi quasi non esiste più stituzione di monopoli, l'assor- questa nuova glasnost si sono democrazia, m a costituirebbe una famiglia normale. E d è in- bimento di imprese da parte di attaccate tutte l e bocche spor- per questa un pericolo minore , che che per decenni avevano fe- del potere illimitato della magvece proprio la famiglia : altre. (...) Non possiamo consentire i definente servito il totalitari- gioranza (...) l'anello principale della sal••• vezza del nostro futuro. L a che proprietà e cupidigia si tra- smo* Tre trombettieri su quatdonna deve avere la possibilità mutino in un male sociale che tro della glasnost erano adula- C E R C H I A M O di tornare in famiglia per edu- distruggerebbe l a nuova so- tori del breznevismo. E purI n questo lavoro non ho avuto care i bambini; dovrà essere il cietà. Ci occorrono banche pri- troppo, o g £ che ratto è'iiTmori- la possibilità di pariare anche di vate come centri della vita fisolo reddito maschile a sostemento nelpaese. manca il coP"?blemi dell esercito, nere la famiglia. Per la scuola, nanziaria ed economica, m a raggio nella gerarchia ecclesia- della polizia, del sistema penanon dobbiamo permettere che stica. bisogna cominciare non dai r le, dì tutti i problemi di legislabambini ma dagli insegnanti,. diventino degli strozzini, pazione, economia, sindacati. Il ••* droni segreti della nostra esiche dovranno essere la parte : mio compito erasoio di proporPARTITI re alcune riflessioni, che non migliore del paese, p e r c h é ai stenza. E. chiaro che il prezzo L a concorrenza fra troppi loro affidiamo il nostro futuro. : della nostra uscita dal comuni- partiti sopprime la volontà po- pretendono affatto di essere desmo non deve essere la svendita finitive, ma solo di preparare il Abbandonata a se stessa tandelle nostre risorse ai capitalisti polare. Il principio del miuti- terreno alla discussione. E ' to dalla famiglia che dalla partitismo è pericoloso, ogni molto difficile, addirittura alstranieri. scuola, la nostra g i o v e n t ù , partito significa semplificazio- dilà delle nostre forze, elabora*» * quando non va verso la crimi- P R O V I N C I A ne della personalità: 1 uomo ha i re un qualsiasi piano armonionalità, si abbandona con gli Se il nostro paese diventerà suoi punti di vista, il partito ha so per il futuro: vi troveremmo anni ad una irragionevole e ricco, il inerito non sarà tanto di l'ideologia. Cosa possiamo au- più errori che meriti e sarebbe barbara imitazione di qualco- Mosca, Pietro grado, o Kiev, m a gurare alla futura Unione Rus- più difficoltoso seguire il corso sa che l'affascina p e r c h é viene della provincia. L a chiave della sa? Solo questo: nessuna solu- reale delle cose. Ma è altrettanda altrove. La cortina di ferro capacità produttiva del paese zione dei problemi dello Stato si to impossibile non tentare di impediva l'accesso al nostro sta nel liberare la provincia dal- trova seguendo la strada che farlo. Alla base di questo lavoro paese di quanto c'è di buono in la pressione della capitale, co- porta ai partiti, n é potrebbe es- c'è il pensiero di molti russi di Occidente: libertà, rispetto s i c c h é lo stesso gigante della ca- sere affinata ai partiti. Sotto la epoche diverse: spero che averper la persona, benessere, devarietà dei partiti, la nostra pro- le riunite possa dare buoni frutti. (Copyright vincia sarà annientata, il nostro Fayard - la Repubblica) villaggio tartassato. Non dob-

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V I T T O R I O

S T R A D A

Gorbaciov lo respinge ma proprio lui è lo zar di VITTORIO STRADA

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a ultimo intervento di * Aleksander Solgenitsyn ha suscitato finora in Occidente reazioni che non definirei tanto d i perplessità quanto di superficialità. Ognuno, infatti, è padronissimo di esprimere disaccordo con le idee dello scrittore russo e anche dirgli teatralmente addio, come ha fatto Bernard-Henri Lévy sul Corriere della Sera. Ma non è questo ciò che può interessare. L'importante è capire, prima d i tutto, i l contesto i n cui è stato scritto «Come possiamo risistemare la Russia?». E poi i l testo stesso, i l senso delle proposte i n esso contenute. Una discussione seria e utile non può avvenire che su questa base. I l contesto, dunque. Solgenitsyin ha scritto i l suo intervento i n una situazione radicalmente diversa rispetto alle sue precedenti prese di posizione. Ne è la riprova i l fatto stesso che questo suo scritto è stato pubblicato nell'Urss con un enorme rilievo e diffusione. La Russia e l'Urss cui Solgenitsyn oggi si rivolge ha ben poco i n comune con quella che egli fu costretto ad abbandonare una quindicina d'anni fa. È un Paese profondamente differenziato in senso politico, sociale, nazionale e culturale, anzi lacerato. E i l regime, per quanto formalmente ancora i n piedi, d i fatto è allo sbaraglio. I n queste condizioni Solgenitsyn non p u ò incontrare quell'accoglienza nettamente divisa i n due campi (gli oppositori del regime comunista a suo favore e gli esponenti d i tale regime contro di lui), ma troverà tutto u n ventaglio dì posizioni e, soprattutto, uno spazio d i discussione. I l prestigio e l'autorità di Solgenitsyn d'oggi sono grandissimi nell'Urss ma i problemi che egli affronta sono troppo scottanti e complessi per sottrarre i l suo scritto a un'analisi critica che egli stesso, del resto, richiede, rendendosi conto della novità della situazione nella sua patria.

Nemici di Solgenitsyn resteranno i comunisti, ricambiando i l suo ribadito anticomunismo. Contro di l u i si schiereranno non soltanto i cosiddetti stalinisti superstiti, ma anche i neo-leninisti gorbacioviani. Ha dato l'esempio lo stesso Gorbaciov con una sortita sorprendente per i l suo basso livello politico e intellettuale. L u i , i l nuovo zar sovietico, che concentra u n potere formalmente mai detenuto nell'Urss da un solo uomo, accusa Solgenitsyn di essere u n monarchico! L u i che ha mandato le truppe speciali a massacrare l'inerme popolazione d i Tbilisi, capitale della Georgia, colpevole d i volere l'indipendenza e che ha ordinato l'assedio economico .delle Repubbliche baltiche, ree dello stesso delitto, accusa Soghenitsyn d i vilipendere i d i r i t t i e i sentimenti nazionali delle minoranze dellTJrss! Certamente, a Solgenitsyn si possono muovere serie critiche, le quali, per essere serie, devono però essere fondate e venire da un pulpito pulito. Strano «sciovinista» Solgenitsyn! Dopo aver sempre sostenuto che l'Urss deve r i nunciare all'impero «esterno» dell'Europa orientale e dopo aver condannato avventure come quella afghana, dichiara che tutte le Repubbliche sovietiche hanno pieno diritto alla secessione e quindi che anche l'impero «interno» deve , essere sciolto. Egli critica anche quel neosciovinismo sovietico che non riesce a concepire una Russia senza impero, e così facendo egli si fa nuovi nemici tra coloro che cercavano d i usare i l suo nome per sostenere le proprie posizioni ultranazionalistiche. È allora sottratto ad ogni possibilità d i critica i l progetto nazionale d i Solgenitsyn? No d i certo. A me pare utopica, ad esempio, la sua idea d i una Unione russa con l'Ucraina, una repubblica i n cui forti sono le aspirazioni indipendentistiche. Eccessiva inol-

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tre m i pare la sua fiducia in una capacità della Russia di autorigenerarsi da sola Forse la prospettiva sta i n una disgregazione dell'attuale Urss, con i l distacco di alcune repubbliche come quelle baltiche, ma con la ricomposizione d i una nuova comunità multinazionale volontaria sulla base di reali interessi economici tra le repubbliche dotate d i una loro piena sovranità. Ineccepibile è invece l'analisi «negativa» d i Solgenitsyn sull'assetto politico: egli infatti vede bene che i l Partito comunista continua a mantenere posizioni centrali d i potere, frenando un reale cambiamento. Gorbaciov è più interessato a salvare ciò che resta del suo partito che a mutare profondamente l'ordine politico del Paese. Egli ha agito con colpevoli ritardi. E oggi Eltsin fa i n parte quello che Gorbaciov avrebbe dovuto fare da tempo. Ma quando passa dalla parte critica alla parte propositiva, Solgenitsyn offre i l fianco a serie obiezioni. M i limito ad u n esempio: si può capire la sua preoccupazione per una eccessiva frammentazione politica dopo i l crollo del monopartitismo comunista, ma si deve respingere i l suo progetto di limitare l'attività dei partiti i n nome d i una sorta d i unità nazionale di salute pubblica. Chi può garantire infatti questa unità al di fuori del libero gioco politico? Solgenitsyn accetta la democrazia, indubbiamente, ma i l suo tentativo d i portare i n essa dei correttivi per adattarla alla situazione russa e alla stessa vastità del suo Paese non convincono. Lo stesso si deve dire per le limitazioni della iniziativa economica privata la quale, indubbiamente, come i n ogni Paese democratico, an-

che i n Russia dovrà operare secondo un sistema legale di regole d'ordine anche sociale, ma non dovrà incontrare nuovi limiti, per quanto dettati da ottime intenzioni. Le intenzioni di Solgenitsyn sembrano quelle di chi vuole trovare una via intermedia tra capitalismo e socialismo. Si tratta, secondo me, di una utopia che non è neppure tanto nuova e che, nel migliore dei casi, è del tutto sterile. Accanto al robusto realismo che costituisce i l nucleo intellettuale e morale di' Solgenitsyn, resta nel suo pensiero un momento utopico di natura etica ispirato anche da una idealizzazione della sua patria. I l che rende il suo ultimo intervento estremamente vivo e appassionato e, insieme, capace di promuovere una feconda discussione. A Solgenitsyn diciamo dunque non addio, ma arrivederci

S W o -

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Il «Mondo Nuovo» conquista anche l'Urss

Iprimi a contestarlo sono gli stessi relazione, ha detto: «Il problema del russi. Citiamo, ad esempio, quanto ha post-comunismo si presenta con una detto l'accademico delle scienze Viktor urgenza pressante... le nuove tensioni Gaiduk, presente alla contemporanea etnico-politiche tendono a suscitare pericolosi nazionalismi... nella parte riunione del Centro Pio Manzù di Rimini, il quale ha affermato che del Nord del mondo sta maturando il quella denominazione è una vecchia consenso storico basato sui valori abitudine terminologica, ma che in sovranazionali... stiamo assistendo alla mondializzazione della democrarealtà si sta progressivamente arrizia... è sottinteso il trionfo del capitalivando al superamento dello stato unitario imperialistico staliniano, per smo di mercato... i valori sovranaziogiungere ad una molteplicità di nazio- nali della società occidentale sono diventati globali...» e via dicendo. ni più o meno federate.

Quindi, l'attribuzione del premio Nobel a Gorbaciov segna da un lato la COSI', Mikhail Gorbaciov ha liquidazione dell'Unione Sovietica, e alla fine conseguito il premio dall'altro l'inizio del post-comunismo. Mentre non crediamo più necessapersonale per l'azione politica, sociale j ed economica che ha condotto da rio soffermarci sulla liquidazione delquando, nell'ormai lontano 1984, l'Unione Sovietica, e sulla permanenassunse il potere nell'Unione Sovieti- za del «pericolo» russo sotto l'aspetto «benevolo» ma ingannevole di Gorbaca. Unione Sovietica: ma può ancora ciov (ricordate quanti articoli e quanti definirsi cosi quell'immenso territorio commenti, anche nel nostro ambiente, che si estende dal Memel (l'ultimo si facevano su questo argomento, fino confine dell'Ordine Teutonico) all'O- a pochi mesi fa?), è invece opportuno vedere in quale direzione si avvia il ceano Pacifico? «post-comunismo». di Nazzareno Mollicone

E

Anche a questo riguardo, citiamo ancora Gaiduk il quale, nella sua

U.

VÌCOLO

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In altri termini, il «Mondo Nuovo» (per dirla alla Huxley) che si sta profilando è un mondo «ad una dimensione», tutto globale, tutto basato sull'economia di mercato, tutto incentrato sul liberal-capitalismo, tutto dominato dalla «mondializzazione della democrazia» (attraverso il controllo dei mass-media audiovisuali: ma ne parleremo più dettagliatamente). Ecco, di questo «mondo nuovo» Gorbaciov è consapevole componente e per questo è stato premiato da quel ristretto e riservato «club» che assegna i premi Nobel. Un «Mondo Nuovo» che, però, ad altri premi Nobel non sta più bene: pensiamo alla lotta di Walesa contro Mazowiecki, a quella di Eltsin contro Gorbaciov, al «manifesto» diSolgenitzin. Il post-comunismo è quindi cominciato, ma è cominciata anche la lotta tra nazionalismo e tradizione, contro omologazione e mondialismo.

A L C O N V E G N O D IV E N E Z I A D A V I D E R O C K E F E L L E R V E D E

N E R O

La recessione sarà mondiale V E N E Z I A — Per l'economia m o n d i a l e il barometro v o l g e a l peggio. U n a r e c e s s i o ne a p p a r e inevitabile, e il p r o b l e m a è c a p i r e quanto d u r e r à e quali ne s a r a n n o le c o n s e g u e n z e . L a d i a g n o si è del b a n c h i e r e s t a t u n i t e n s e David R o c k e f e l l e r , presidente del gruppo a m e ricano d e l l a « C o m m i s s i o n e Trilaterale», l ' a s s o c i a z i o n e privata di cui fanno parte imprenditori, uomini politici e studiosi di Stati Uniti, E u ropa e G i a p p o n e . «La crisi del Golfo — h a detto Rockefeller, p a r l a n d o a margine d e l l a giornata

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c o n c l u s i v a dei lavori d e l gruppo e u r o p e o d e l l a T r i l a terale — p r o v o c a n d o un aumento d e i p r e z z i del p e trolio h a fatto a u m e n t a r e le p o s s i b i l i t à di u n a r e c e s s i o ne. D'altra parte, dopo otto anni di e s p a n s i o n e ininterrotta, il periodo p i ù lungo del s e c o l o , un r a l l e n t a m e n to e r a inevitabile e l a crisi dei Golfo lo h a s o l o a c c e l e rato. Il p r o b l e m a è quanto d u r e r à e quanto s a r à profonda q u e s t a recessione». L'uomo d'affari a m e r i c a n o , g i à p r e s i d e n t e della C h a s e Manhattan B a n k , e s p o n e n -

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te di u n a famiglia s i m b o l o d e l c a p i t a l i s m o internazion a l e , non h a voluto s p i n g e r si oltre c o n le p r e v i s i o n i , aggiungendo solo c h e la d u r a t a e la p r o f o n d i t à d e l l a crisi d i p e n d e r a n n o «in definitiva» d a l l ' e v o l u z i o n e d e l la v i c e n d a del Golfo P e r s i co. Un a s s a g g i o d e l l e c o n s e g u e n z e c h e l ' i n v a s i o n e del K u w a i t d a parte degli i r a cheni a v r à sulla nostra econ o m i a e s u q u e l l a degli altri p a e s i industrializzati si è avuto s a b a t o , con la notizia del c l a m o r o s o balzo in avanti d e i p r e z z i a l l ' i n g r o s -

s o . U n dato c h e riporta in primo piano, dopo q u a l c h e a n n o di t r e g u a , il problema d e l l ' i n f l a z i o n e . Gli esperti s o n o g i à al lavoro p e r c a p i re s e il s e g n a l e d ' a l l a r m e s a r à seguito d a u n a n u o v a fiammata, che costringer e b b e i nostri ministri e c o nomici a r i v e d e r e , p e r l'enn e s i m a volta, i conti, d e l l a m a n o v r a . E a ritoccare n u o v a m e n t e il t a s s o d'inflazione programmato, g i à salito in c i n q u e m e s i dal 4,5 al 6 p e r cento.


Su Pinocchio l'elmo di Scipio Il cardinale Giacomo Biffi ha commemorato Fautore dei celebre burattino a 100 anni dalla morte. E* stata l'occasione per ritornare sulla crisi della società italiana all'indomani dell'unificazione nazionale CARLO COLLODI

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certo che, una volta compiuta l'unità d'Italia, a poco a poco si insinua e si afferma nella sua coscienza una crisi che si fa col passar degli anni sempre più inquietante e severa. Egli non arriva mai a rinnegare gli ideali per i quali aveva anche pagato d i persona; ma senza dubbio non è soddisfatto della forma i n cui essi si sono inverati. Più seriamente e più radicalmente, non l i ritiene più rispondenti alle aspirazioni più semplici ed essenziali dell'uomo. Non è soltanto deluso della meschinità e della scarsa attenzione sociale del nuovo Stato unitario; sono piuttosto gli stessi m i t i dell'illuminismo, cui si è largamente ispirato i l rivolgimento politico della penisola, a non persuaderlo più. Come del resto non lo hanno mai persuaso i miti più recenti del socialismo nelle sue varie versioni, per le quali egli non nasconde la sua antipatia. Resta i n lui u n amore rabbioso per l'uomo e una infinita compassione per la sua varia miseria; ma non c'è più la fede i n alcuna delle ricette che i n quei decenni sì offrivano come rimedio miracoloso ai guai dell'umanità dolorante. Si mostra perfino scettico sul grande dogma illuministico dell'istruzione delle masse, che i n quel tempo aveva ispirato la legge Coppino sull'istruzione obbligatoria. Non crede neppure più al tanto decantato «magistero della storia». «Chi crede oggi nella storia, dove non c'è di vero altro che le date, quando le date son vere? La storia, diciamolo una volta per tutte, è scritta unicamente per uso dei maestri di scuola, che non la sanno insegnare} e per disperazione degli scolari che non hanno voglia d'impararla». Arriva a descrivere così i risultati della «rivoluzione illuministica»: «A furia d i illuminazione, la religione è sparita, la superstizione e i l beghinismo sono rimasti: l'istruzione è andata avanti a piè zoppo, la preterizione e la presunzione hanno viaggiato coi vapore». È, come si vede, una grande amarezza che lo turbava nell'intimo e lo rodeva. Anche esternamente, questo suo malessere si lasciava percepire. Nota i l nipote, Paolo

••f-a nostra ipotesi e eie auesio ptr«_j o letterario -a le sue premesse. non la sua spiegazione esauriente nella cnsi cne colpisce la nazione italiana c intesttuimente al Risorc mento» «uesta convinzione e alla base nella commemorazione «il far.: Collodi nel centenario della morte

voluta ten a Boioima aai Centro culturale 'Enrico Maniraiini». con il patrocinio della Fondazione nazionale Cario Collodi. •Ptnoccnio e la questione italiana» e appunto d tema della rievocatone tana dall'arcivescovo di Boio-

G I A C O M O BIFFI

Lorenzini: «Non era più del suo umore di una volta, appariva chiuso, taciturno, malinconico, per quanto avesse sempre pronta la barzelletta e La facezia quando si animava un poco». In questo contesto, dopo gli anni avventurosi e un po' selvaggi diventa significativo e quasi emblematico i l suo ritorno in famiglia accanto alla madre, nel 1860. La madre morirà solo quattro anni prima del figlio, nel 1886, quando già i l fatale burattino aveva cominciato la sua corsa nel mondo. In tutto quel tempo, l'influsso d i Angiolina sul figlio è intenso e senza cadute. Sempre a testimonianza dei familiari, Carlo «non si coricò una sera senza chiederle u n bacio e la sua benedizione... Spesso sottoponeva al giudizio d i lei i suoi lavori, facendo tesoro dei consigli che si permetteva di dargli».

mento italiano. Nella sua componente politicamente vincitrice i l movimento risorgimenale impose alle genti della penisola una ideologia obiettivamente i n contrasto con quella cultura cattolica, che fino a quel momento aveva costituito praticametne l'anima e l'ispirazione d i tutte le costumanze, le manifestazioni artistiche, le forme corali di festa, d i culto della bellezza, d i vita. Tutto ciò che i l popolo italiano percepiva come davvero suo o nasceva dalla visione cristiana o almeno ne era vigorosamente contrassegnato. Come era allora possibile che diventasse davvero popolare una unificazione e u n rivolgimento compiuti senza giovarsi di questa forza spirituale antica e sempre viva, e anzi addirittura per molti aspetti i n sua opposizione? Ci si illuse d i poter far leva

Non si è tenuto finora nella dovuta considerazione, a mio giudizio, che la crisi ideologica e spirituale del Lorenzini è all'origine del suo capolavoro e può gettare una luce decisiva sull'enigma di un libro che è un vero e proprio «caso» nella storia della letteratura universale. I l «caso» — scriveva già qualche anno fa —nasce dalla sproporzione, almeno apparente, tra la modestia esteriore dell'opera e i l suo successo, che è senza confini e senza eclissi Una storia cominciata senza un disegno compiuto, condotta avanti d i malavoglia, pubblicata a puntate con scadenze irregolari, interrotta due volte, che riesce a imporsi all'attenzione di tutti, è tradotta i n quasi tutte le lingue e provoca una serie senza fine d i dotti studi e di disquisizioni sottil i La nostra ipotesi è che questo prodigio letterario ha le sue premesse, se non la sua spiegazione esauriente, nella crisi che colpisce la nazione italiana contestualmente al Risorgimento.

sul fascino della vetusta romanità. M a ' i l surrogato di questo mito — con tutta la sua fredda retorica, con tutti i suoi elmi d i Scipio, i suoi labari e le sue coorti — non poteva toccare i l cuore degli italiani: tutt'al più riusciva a esaltare le nostalgie di qualche insegnante d i latino e a infiorire i versi di qualche vate classicheggiante. Sotto questo profilo i l fascismo può essere letto come prosecuzione, esasperazione e dissolvimento d i questo tentativo senza speranza d i dare una radice storica e una patente di nobiltà a un'ideologia recente ed estranea. A differenza dell'Irlanda e della Polonia l'Italia non ha saputo trovare nel suo originale cattolicesimo i l principio di identità nazionale; principio che era del tutto illusorio pensare d i trovare altrove. Perciò la nostra identità nazionale rimane, dopo l'unità, un problema che non appare mai del tute risolto. Va detto che la nostra storiografia non è stata a questo proposito particolarmente perspicace. Ha studiato sì, nelle loro manifestazioni di vertice, le molteplici tensioni tra'la Chiesa e lo Stato sabaudo, ma non ha mai prestato sufficiente attenzione alla grande e vitale realtà del cattolicesimo popolare, fino a che non è stata costretta ad

Perché questo prima di tutto bisogna capire bene: la crisi del Collodi non può essere ridotta a qualcosa di puramente intimo e personale, quasi a un fenomeno patologico soggettivo. Egli l'ha avvertita più acutamente di altri, ma essa era iscritta nella vicenda stessa del Risorgi-

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pia. d carcinale Giacomo Bull. £1 msaiao sociale ni Collodi net primi anni dell'unita r. Italia, na spiegato Biffi, nascono dai min rtell'Ulununismo CUI s: era largamente ispirato ti nvoieimento politico del nostro Paese Della co inerenza di Biffi puoòiichiamo ampi stralci.

Avvenire

V e n e r d ì 28 settembre 1990 occuparsene dai risultati delle elezioni di questo secondo dopo guerra, le prime veramente libere e universali Ed è naturale che tali risultati siano apparsi una sorpresa, quando non addirittura una prevaricazione, agli occhi di chi non aveva mai voluto prendere i n considerazione la realtà italiana nella sua intera verità. Ma ciò che non è stato finora studiato da nessuno è i l malessere spirituale profondo, soggiacente al dramma degli accadimenti politici che ha colpito le genti italiane durante tutta la vicenda risorgimentale e postrisorgimenale. Eppure questo malessere è un fatto, e u n fatto gravido d i persistenti conseguenze. Non si trascura impunemente, talvolta addirittura irridendolo, i l patrimonio d i convinzioni ereditato dai padri, custodito nelle grandi opere che fanno belle le nostre città, sotteso a tutte le nostre antiche istituzioni sociali (come le università, gli ospedali le «misericordie», i monti d i pegno, le confraternite ecc.). L'anima d'Italia ne è rimasta ferita, e molti dei nostri guai nazionali trovano qui una delle cause decisive. Privato dalla cultura ufficiale di una sicura e tradizionalmente accettata scala di valori, i l nostro popolo dà spesso l'impressione d i essere senza convinzioni e indifferente di fronte ai doveri verso la collettività. Esautorata dal pubblico potere la norma secolare cattolica di comportamento, anche le leggi civili faticano a essere percepiti dagli italiani come vincolanti. Scosse nella loro appartenenza ecclesiale, le genti italiane sono andate mendicando altre appartenenze totalizzanti; sicché i n questa stessa crisi spirituale ottocentesca può forse trovare qualche spiegazione sia l'infatuazione fascista sia l'anomalia storica del successo tra noi dell'ideologia comunista, senza riscontro nel mondo libero ed evoluto. Sarebbe inutile dire se la ragionevolezza avesse più ampia cittadinanza i n questo mondo,' che riflessioni come la nostra non vogliono affatto né rimettere i n discussione


l'unità nazionale (che è irreversibile e ci è cara) né rimpiangere i l potere temporale (la cui fine è stata provvidenziale per la Chiesa). Si tratta solo d i accostarsi a una pagina della nostra storia — che è tra le più decisive se non tra le più splendenti — senza schematismi ideologici e senza esaltazioni acritiche, indegne di uno spirito davvero libero e davvero spregiudicato. Anche se non percepita o addirittura censurata dalla cultura ufficiale, la tragedia di un popolo, che, all'atto di connettersi politicamente, spiritualmente si lacera e si immiserisce, non è passata del tutto inosservata negli anni i n cui si andava consumando. Perfino nella lontana Russia c'è chi. dimostra d i rendersene conto, almeno per qualche aspetto. Dostoevskij nel 1877 pare avvedersi a suo modo d i questo deterioramento, quando scrive, «Il popolo italiano si sente depositario d i un'idea universale e chi non lo sa lo intuisce. La scienza, l'arte italana sono piene di quell'idea gran-

Il movimento risorgimentale impose alle genti della penisola un'ideologia obiettivamente in contrasto con quella cultura cattolica che aveva costituito l'anima e l'ispirazione di tutti i suoi costumi

ti?». E Ferdinando Martini scriveva ai Carducci- «Le rivoluzioni politiche le quali non accompagnino un rinnovamento religioso perdono di vista l'origine loro, e i primi intenti finiscono a scatenare ogni istinto delle plebi d i ciò io sono convinto da u n pezzo. Ma dopo i l male che noi, tutti n o i tutti noi caro Giosuè, abbiam fatto, siamo i n grado di

va, nelle chiacchiere dei pedagoghi sostituire la Chiesa. Una bella sostituzione! Te la raccomando...». . Con la stessa amarezza i l Collodi negli anni della sua «crisi», si rivolge ai dirigenti della nuova Italia: «Voi credendo i n buona fede d i ragionare, avete sragionato così: per rigenerare i popoli.. Bisogna i s t r u i r l i bisogna emanci-

La nostra identità nazionale rimane un problema non del tutto risolto. La storiografia non ha mai prestato attenzione alla grande realtà del cattolicesimo popolare de. Ebbene, che cosa ha ottenuto i l conte di Cavour? Un piccolo regno di secondo ordine, che non ha importanza mondiale, senza ambizioni, imborghesito». Ma qualche momento di lucidità c'è anche i n alcuni di quelli che erano stati attivi nel processo risorgimentale. Nei «Pensieri» di Francesco Crispi — chi lo crederebbe? — a un certo punto si legge: «Il Cattolicesimo, oltre la potente e mirabile gerarchia, che tiene stretto i fedeli intorno al capo, ha. ai fini della sua missione, l'educazione, l'insegnamento, la beneficenza, l'apostolato. Che abbiamo noi fatto, in 34 anni, nel Regno d'Italia, per fare i cittadini e soldati, uomini e patrio-

provvedere a rimedi? A chi predichiamo? N o i borghesia volteriana, siam noi che abbiamo fatto i miscredenti intanto che il Papa custodisce i male credenti ora alle plebi che chiedono le parole cui affidarsi perché non credono più all'ai di là, torneranno fuori a parlare di Dio, che ieri abbiamo negato! Non ci prestano fede: parlo delle plebi di città e de' borghi le rurali di un Dio senza riti, senza preti, non sanno che farsi. A tutto i l male che noi (non tu od io, noi certo) abbiamo fatto per spensierata superbia, le bombe son troppo scarso compenso: abbiam voluto distruggere e non abbiamo saputo nulla edificare. La scuola dove-

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parli dall'ignoranza: i n una parola bisogna illuminare le masse! Illuminiamo dunque le masse... Con qual profitto?». Come supera i l Lorenzini questa sua crisi di uomo, di cittadino, d i osseratore attento dei mai sociali? Da pubblicista, animatore e collaboratore di vari giornali si era rivolto soprattutto alla classe di quelli che contano, a quanti erano occupati nell'azione politica. Ma a un certo punto il suo pessimismo — o meglio il pessimismo del suo realismo — lo persuade dell'inutilità di questo impegno. Egli decide allora di cambiare destinatari e di spendere le sue fatiche non più per gli a d u l t i

non più per i personaggi importanti sì sulla scena pubblica ma ormai ideologicamente fissati e sclerotizzati senza rimedio, per i ragazzi che possiedono un'umanità ancora nativamente fresca e aperta alla verità. Il passaggio si colloca nel 1875, nel suo quarantanovesimo anno di età, quando, su richiesta dei l i brai-editori Alessandro e Felice Poggi appronta una nuova versione dei famosi «Contes» di Charles Perrault che difatti compaiono lo stesso anno col titolo italiano «I racconti delle fate». Dopo questa publicazione si dedicherà totalmente alla così detta letteratura infantile, nella quale si produrrà non più con traduzioni ma con apprezzate opere originali. Giuseppe Decollanz ha colto bene il significato di questa «svolta» collodiana: «La creazione artistica —scrive — è i l suo rifugio politico... è la sua reazione aU'iliberalità della politica contemporanea, i n nome di un più alto ideale di umanità e di democrazia... Ed è al tempo stesso la presa di coscienza di un uomo che aveva finalmente risolto i propri dissidi spirituali, le proprie ansie, isolandosi nella contemplazione di un mondo disincantato e al tempo stesso così fortemente allegorico, qual è appunto quella della fàvola» Tutto ciò è molto giusto e vale per tutta la produzione collodiana degli ultimi quindici anni di vita, ma non è sufficiente a darci piena ragione di «Pinocchio» e del suo fàscino misterioso.


DUE

PAROLE FRA

NOF

I

Craxi e Spadolini quasi papi

L e p o l e m i c h e q u o t i d i a n e s u l R i s o r g i m e n t o c o m i n c i a n o a stufare. O r m a i , basta che a u n t a v o l o d i t r a t t o r i a q u a l c u n o d i c a che la barba d i G a r i b a l d i era b r u t t i n a , e s u b i t o C r a x i p i g n a c a r t a e p e n n a e scrive, c o n a b b o n d a n t e spreco d i i n d i g n a z i o n e , u h c o m u n i c a t o i n difesa dei p e i i d e l generale. Se p o i , c o m e è avvenuto recentemente, a c r i t i c a r e i l pizzo deil'eroe dei due m o n d i è u n c a r d i n a l e , a p r i t i cielo: il segretario d e l Psi, o l t r e a p e r d e r e le staffe, perde a n c h e i l senso i del r i d i c o l o e a r r i v a a s p a r a r n e a i grosse. Come questa: «Solo una . fanatica avversione i d e o l o g i c a e u n r i g u r g i t o d i c l e r i c a l i s m o nero : p u ò f a r s c o p r i r e nelle c o r r e n t i l i b e r a l i e d e m o c r a t i c h e d e l Risorgim e n t o i t a l i a n o , che f u la p i ù g r a n d e epopea d i i n d i p e n d e n z a del sec o l o passato, le r a d i c i d e l t o t a l i t a r i s m o fascista e del t o t a l i t a r i s m o comunista». Esagerato. I l c a r d i n a l B i f f i n o n ha d i c h i a r a t o che M a z z i n i , Cav o u r e c o m p a g n i a e r a n o - d e i l a d r i , e che m a s c a l z o n i e r a n o q u e l l i j che l i seguivano: s e m p l i c e m e n t e i l p r e l a t o , p a r l a n d o d i Pinocchio, ha r i c o r d a t o che «Collodi aveva a b b a n d o n a t o la p o l i t i c a e si era de- 1 d i c a t o a l l a l e t t e r a t u r a p e r c h é deluso d a l l ' u n i t à d ' I t a l i a » . U n i t à rea- i lizzata - secondo i l p o r p o r a t o - c o n t r o i l c a t t o l i c e s i m o e a favore d i u n ' i d e o l o g i a estranea per g l i i t a l i a n i , s i c c h é nella c r i s i s p i r i t u a l e ottocentesca si p u ò t r o v a r e q u a l c h e spiegazione [qualche, non tutte, n d r ] sia a i i ' i n f a t u a z i o n e fascista sia a l l ' a n o m a l i a s t o r i c a d e l successo c o m u n i s t a . Che c ' è d i strano? V i s e m b r a i l r a g i o n a m e n t o d i u n fanatico? N o n lo è. m a se a n c h e lo fosse B i f f i avrebbe i l d i r i t t o d i esporlo senza essere tacciato d i n e m i c o d e l l a d e m o c r a z i a , ammesso che sia u n d e l i t t o n o n a m a r l a , visto i n q u a l i m a n i è a f f i d a t a . N o i per f o r t u n a n o n s i a m o s t o r i c i , e c i ò c i esime d a l l ' e n t r a r e nel m e r i t o d e l l a d i s p u t a . M a - n o n era Gentile ( f a n a t i c o a n c h e lui?) che sosteneva esserci una c e r t a c o n t i n u i t à t r a R i s o r g i m e n t o e fascismo? | E n o n è u n f a t t o che dalle n o s t r i p a r t i , s u l f i n i r e d e l l a seconda guer- i r a m o n d i a l e , si p a s s ò c o n s o r p r e n d e n t e r a p i d i t à da u n a f o l l a ocean i c a d i c a m i c i e nere a u n m a r e d i b a n d i e r e v e r m i g l i e , f r a le q u a l i non poche e r a n o q u e l l e d e l p a r t i t o socialista ( f r o n t i s t a ) , lo stesso p a r t i t o che ha d a t o i « n a t a l i p o l i t i c i » a M u s s o l i n i e B e t t i n o ? Consider a t i questi i n t e r r o g a t i v i sospesi p e r a r i a , fossimo stati i n C r a x i non a v r e m m o l i q u i d a t o l'arcivescovo d i B o l o g n a c o n u n ' i n v e t t i v a . Prim a d i a p r i r e bocca, a v r e m m o a l m e n o c o n t a t o f i n o a tre, che è u n i n u m e r o m o l t o i n f e r i o r e a q u e l l o d e g l i ex e s t r e m i s t i d i s i n i s t r a conf l u i t i nel Psi. u o m i n i c o m e S o f r i , che p r o b a b i l m e n t e , q u a n t o a fanatismo, n o n h a n n o m o l t o da i n v i d i a r e a B i f f i . Come è facile constatare, t u t t o è o p i n a b i l e nel c a m p o delle idee: sono o p i n a b i l i le r a d i c i d e l R i s o r g i m e n t o c o m e i p e t a l i d e l garofano, per tacere dei r a m i d e l P a r l a m e n t o , che h a n n o d a t o g e m m e q u a l i C i c c i o l i n a e T o n i N e g r i . M a questo è u n discorso l u n g o e ci c o n d u r r e b b e l o n t a n o . Per o r a c i p r e m e s o t t o l i n e a r e che sarebbe m e g l i o , p r o f i t t a n d o d e l f a t t o che i l d u c e è m o r t o da u n pezzo e Stal i n n o n riscuote p i ù g r a n d i s i m p a t i e a Est n é a Ovest t r a n n e che nel c l u b d e l «no», c o n s e n t i r e a c h i u n q u e d i e s p r i m e r e q u e i che g l i pare su q u e l che g l i p a r e ( R i s o r g i m e n t o c o m p r e s o ) r i s p a r m i a n d o g l i i l p u b b l i c o d i l e g g i o . C o n f e r i r e a u n p e r i o d o s t o r i c o , p i ù o m e n o glorioso, p i ù o m e n o felice, i l v a l o r e assoluto d i u n t a b ù , a che (e a c h i ) serve se n o n a i n c r e m e n t a r e u n a « f a n a t i c a avversione i d e o l o g i c a » per la v e r i t à ? A n c h e la Resistenza, c o m e i l R i s o r g i m e n t o , era stata collocata dal c o n f o r m i s m o nazionale a l d i sopra d i o g n i sospetto, e guai a c h i la toccava. Adesso n o n si fa che s c h i a f f e g g i a r l a , la strapazzano anche c o l o r o che l ' h a n n o fatta: è u n d e t t a m e d e l l a m o d a . M a è possibile che i n questo paese d i g r e g g i sparse n o n si riesca a n c o r a a d i scutere p a c a t a m e n t e , d i c e n d o i l bene e i i m a l e d i o g n i cosa, e non solo i l bene o solo i l m a l e , senza r i s c h i a r e i l rogo? Con u n a d i f f e r e n za, rispetto a i secoli b u i : a l l o r a t i s c o m u n i c a v a i l papa, o r a t i scomun i c a n o a n c h e C r a x i e S p a d o l i n i . Bel progresso.

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Gara tra opinionisti per condannare ciò cne ii Papa non ha detto

Il diavolo. In carta e onde

Cronaca di una mistificazione giornalistica Un paio di settimane La alcuni tra 1 più illustri stona viventi si esercitarono in un dibattito sui Risorgimento avendo- per tonò, qualche improbabile resoconto giornalistico e senzaco risultare 1 documenti. Ier i e l'aitroien alcuni tra i più rinomati commentator i dei quotidiani hanno mostrato la stessa pigrma giudicando i i discorso del Papa ai sacerdoti in San Pietro sulla base non delle cose dette, bensi della interpretazione che alcuni cromsu ne avevano dato. Anzi, della prima e molto affrettata lettura che di quei discorso aveva fatto un'agenzia peraltro solitamente affidabile: una mesistente condanna dei mass media, ridotti a essere semplicemente e nuil'aitro che «strumenu del peccato». Tante belle teste rinite tutte, nel trabocchetto dei pregiudizio... Un po' di cronaca innanzitutto, n testo integrale delle parole del Papa era disponibile, come al solito, nella Sala stampa della Santa Sede (il lettore trove-

di PIER GIORGIO UVERANI rà la citazione qui sotto), ma alle 19.56 è arrivato nelle redazioni un dispaccio dell'Ansa che cominciava: cosi :«i mass media sona oggi strumenti d i cui si avvale i l "peccato": attraverso di essi, infetti, vengono imposti air opinione- pubblica "modelli d i comportamento aberranti". La denuncia è stata fetta stasera dal Papa...», ecceteraRispetto al concetto esposto da Giovarmi Paolo q la riduzione è più che evidente. Cosi si spiegano alcuni titoli d i mercoledì: i l Papa «contro» i mass media. Lettura affrettata? Diciamo piuttosto pigra di comodo, senza originalità, condizionata da un flash d'agenzia. I l giorno dopo, cioè ieri, questa lettura è diventata documento e alcuni tra i più autorevoli editorialisti, come vedremo, si sono buttati a caporitto su quella che era solo una falsa rappresentazione della venta. Diciamo che la stona (la cronaca) si ripete, che ciò che vince è lo spettacolo, anche se la

solfe (anticlericale) è sempre la stessa. Ancora un po' d i cronaca. Mercoledì sera L Vsserixaore romano, con. i l discorso inennnrutto in bella vista, era sui tavoli di tutte le- redazioni, ma. nessunol'ha letta avrei be potuto scombinare i pumi. Sergio Turone. sull'Uni ai. è stato il commentatore più rozzo: questo è «un papa medioevale» (autorevole citazione da Moravia), ma già Paolo VI «aveva voluto ristabiliree alcuni dati d i fede obsoleti» come «l'esistenza del diavolo», che ora assume «le antenne metalliche»» al posto delle corna: mentre Giovanni X X H L l u i si. era stato «in sintonia con la cultura della tolleranza laica». Tuttavia Turone si contraddice da solo: alla «suggestione» dei mass media «è difficile sottrarsi. Se tale forza viene impiegata per limitare la libertà degli uomini a vantaggio di altri uomini, e ciò non dirado accade, i l risultato è disastroso». Non è anche questa una schiavitù, come di-

ce ii Papa? Più fine Geno Pam paloni sul Giornale, che pero confonde l'omelia d i <™ roncftlyfri anone c^n .«un. Sinodo» e definisce- i l matrimonio «cellula cristiana della comunione dea sessi» (Tignaranza i n coseecclc siali appartiene alla cultura laica?). Pampaiom. comunque, assolve «««m^iu e tv,-perché «sono lo specchio della realtà», quasi che non partecipassero anch'essi, deliberatamente, al farsi di quella stessa realtà che specchiano. Invece Francesco Manpotta Broglio, su Carlina e Nazione, imputa ai Papa una volontà d i «censurare libri, giornali e palinsesti televisivi (...) per occultare le difficoltà della Chiesa»: dove l'ha letto? Dispiace che anche Guglielmo Zucconi sul Giorno e Sergio Quinzio suite Stampa abbiano preso qualche abbaglio. I l primo, pur ricordando che i l Concilio ha messo stampa e tv Inter mirifica, cioè «tra le cose meravigliose», ricor-

ete al Papa quello che Giovanni Paolo II non ha certo negato- ne dimenticato: cioè i l bene che anche te tv fa e te preghiera commossa che essa suscrto nel menno alla rwtrras» rtpl<nin attentato. M a forse cne per questo i l Papa dovrebbe tacere? S Quinari ferii Pipa cccvmto che i mass media ftmzlonino i n base a «un meccanismo perverso* siano «il risultato d i un complotto di male intenzionati per diffondere i l contagio del male»: infine siano divisi con «un taglio netto» fra buoni (quando il usa lui) e cattivi (se li adoperano gii altri). Tralasciamo le vacuità dette da alcuni Direttori al Corriere delia Sera. Nel complesso un vero peccato: anche questa autorevole provocazione, come molte altre purtroppo, è stata un'occasione perduta di riflessione sul ruolo della stampa e della televisione in questa società. O forse no*, si è dimostrato come effettivamente i l ruolo dei mass media («meravigliosi» in sé. dicono i papi e il Concilio) possa essere distorta

Mass-media: le parole di Giovanni Paolo II

'Cattivi esempi possono avvalersi dei moderni canali di persuasione' Roma. «La situazione nella quale vive l'uomo contemporaneo, carissimi fratelli, è caratterizzata da una vasta e complessa condizione di schiavitù in campo morale». Martedì pomeriggio, nella basilica di San Pietro. Giovarmi Paolo U. iniziava con queste paroie il passaggio "incriminato ' della sua omelia rivolta ai quattromila sacerdoti, provenienti da 130 Paesi di nino il mondo, riuniti dai precedente venerai 14 settembre in Vaticano per il nnro spirituale organizzato da "Evangelizzazione 2000".

Un omelia nella quale Papa Wojtyla ha messo i n risalto, a partire dall'annuncio d i liberazione dato da Cristo, come te «necessaria santificazione» alte quale è chiamato ogni giorno i l sacerdote deve divenire continuamente «evangelizzazione», annuncio e dono di Cristo agli uomini. Ecco i l testo integrale del brano dell'omelia dal quaie sono state estrapolate le frasi servite a "montare" la presunta "condanna ' lanciata dal Giovanni Paolo II contro i mass-media: «...La liberazione che il Messia è venuto ad annunciare

—esordiva i l Papa — riguarda anche te schiavitù più radicale che l'uomo può sperimentare, quella del male morale, del peccato: Gesù è mandato a "predicare un anno d i grazia del Signore". La situazione nella quale vive l'uomo contemporaneo, carissimi fratelli è caratterizzata da una vasta e complessa condizione di schiavitù in campo morale. I l peccato dispone oggi d i mezzi di asservimento delle cosaenze ben più potenti ed insidiosi che nel passato. La forza contagiosa delle proposte e

degli esempi cattivi può avvalersi dei canali di persuasione offerti dalla multiforme gamma dei mezzi di comunicazione di massa. Avviene così che modelli di comportamento aberrante vengono progressivamente imposti aite pubblica opinione non solo come legittimi, ma anche come indicativi d i una coscienza aperta e matura». «Si instaura cosi — proseguiva Giovanni Paolo II nella sua omelia — una rete sottile di condizionamenti psicologici, che ben possono assimilarsi a vincoli inbiton di una vera li-

Giovanni Paolo !!• '/xw^///'s/»r//rA berta di sceita. Il Vangelo di Cristo deve essere oggi annunciato dalla Chiesa come fonte di Liberazione e di salvezza anche nei confronti di queste moderne catene che inceppano la nauva libera dell'uomo»

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La m o d e r n i t à e i nuovi totalitarismi

Nel meravidioso mondo del fittizio a duellomacchina non è che un dispositivo elettronico, che... permette a due uomini d i condividere un mondo che creano insieme. Possono fare tutto quello che vogliono in quel mondo fantastico... Si tratta di un apparecchio, capace d i amplificare la fantasia dell'uomo tino a consentirgli di perdersi i n un mondo creato da lui...» (Da «Duellomacchina». d i Ben Bova. Urania Mondadori, 1971). «Ma ora stiamo per realizzare i suoi desideri e per conservarci indefinibilmente per l'avvenire. Quando a r r i v e r à sul pianeta che abbiamo preparato per lui, la sua vita individuale si concluderà mezzo secolo dopo, ma n o i non. periremo perché i suoi discendenti saranno umani e noi saremo indispensabili agli eredi. Continueremo le nostre ricerche sapendo che i l nostro signore è immortale... Grazie infermiera, disse Ross. Un silenzioso e invisibile globo di energia sospeso per protezione sulla sua testa ebbe u n sussulto i n segno d i assenso...» (Da «Vita con gii a u t o m i » d i James White, Urania Mondadori. 1963). «L'infermiera» è u n automa che si è evoluto i n due milioni d i anni. Ross, i l suo signore, è un uomo sopravvissuto Rer lo stesso tempo, grazie agli automi angeli custodi e alla surgelazione spinta. La duellomacchina esiste già, almeno nella sua forma più rozza, si chiama Simulatore d i volo. I robot non sono ancora diventati angeli custodi, ma i computer possono farci credere che quasi ci siamo. La fantascienza è solo u n modo per falsificare la realtà fattuale, spedendola a milioni d i anni luce, ma i l suo compito non è farsi credere, bensì distrarre l'attenzione dal reale per portarla sul futuro. È un corollario d i quella che gli american i hanno definito «the virtual reality», la realtà virtuale, owerossia fittizia. La realtà virtuale s a r à una conquista della «democrazia». L'uso delle virgolette è di rigore per non rischiare d i essere capiti male: non si vuole qui indicare quella nobile forma d i governo i n auge ad Atene ai tem-

di CARLO STRIANO

pi d i Aristotele, ma d i quelle forme attuali ti da computer vivevano una loro vita artifiche si fregiano dell'aggettivo democratico ciale al di là di grandi vetrine. Per farli funsenza essere per questo una democrazia. zionare era necessario u n ((mainframe» Tra queste nazioni che fanno u n uso corrot- Ibm, un 1130 forse, che ingoiava c h i l i d i to della nobile parola mettiamo evidente- schede perforate ogni minuto. Oggi 1T130 fa mente anche le democrazie occidentali, eu- parte dell'archeologia dei computer, quelli ropee e americane. Solgenitsjn, ti grande nuovi possono interagire con l'utente all'idissidente russo che da solo ha fatto più ma- stante, o come si dice i n computerese, i n le al sistema sovietico d i una guerra persa, tempo reale. L'accoppiamento computersi stupiva del potere che ha la moda i n occi- monitor ha reso possibile la creazione d i un dente: i n Urss m i è abbastanza semplice ca- ambiente artificiale, ancora limitato spapire che i miei l i b r i non vengano pubblicati, zialmente, ma che «simula» — altra parola affermava l'anno scorso i n una intervista a chiave — i n maniera completa l'ambiente Time magazine, sono considerato un tradi- reale. Utilizzando queste stanze dei giochi si tore e l'associazione degli scrittori sovietici possono compiere attività come viaggiare, reagisce automaticamente agli ordini che ti tirare di boxe o di scherma, prendere a torte Kgb emana nei miei confronti spingendo u n infaccia ti capoufficio, partecipare ad attivibottone. Ma qui i n occidente c'è d i peggio: tà sessuali solitarie o di gruppo, bombardanon sono uno scrittore alla moda, i media re città nemiche, perfino crearsi una relim i ignorano o m i sono ostili per ragioni che gione nella quale tutte le liturgie hanno conon sono ancora riuscito a capire bene. me scopo la glorificazione del giocatore. CoIn occidente infatti non c'è alcun biso- sta 5 dollari a partita. gno del Kgb: basta la parola d'ordine del cerchio interno della intellighenzia per costruire o distruggere una fama d i scrittore o qualsiasi altra fama. I n qualche modo i conti devono sempre tornare. Sentiamo per esempio la giustificazione di un famoso scienziato alle critiche sulla teoria dell'evoluzione darwinista ortodossa: è ti professor D.M.S. Watson, citato da Clive S. Lewis, nel corso d i una sua conferenza. «L'evoluzione stessa, scrive Watson, è accettata dagli zoologi non perché ne sia stata osservata l'autenticità o... perché se ne possa provare l'autenticità i n base a prove logicamente coerenti, ma perché la sola alternativa, che è la creazione specifica, è ovviamente incredibile». Preoccupante, non è vero?

Borges, lo scrittore argentino morto qualche anno fa, affermava in .un-suo racconto — «Thlen» — che era i n atto una congiura contro la storia e la sua memoria, da parte d i u n gruppo finanziario da un miliardario inglese, ti quale agiva cambiando le definizioni dell'enciclopedia britannica, fino a creare un nuovo mondo per mezzo delle parole adulterate—in principio era la parola! — dal quale sarebbe scomparso perfino i l ricordo del più grande criminale, all'occasione Nostro Signore Gesù Cristo. Thlen è u n mondo onirico, sognato, ma reale come tutti i sogni. È possibile farlo? È possibile creare ti meraviglioso nuovo mondo? Le affermazion i fatte finora hanno u n valore d i scenario possibile: l'uomo ce la sta mettendo tutta per ottenere finalmente u n mondo fatto ad immagine e somiglianza del nano autarchico che ha scelto d i essere. Rimane ti fatto che la realtà virtuale è ti settore che sta ricevendo negli States ti maggior contributo d i dollari e cervelli per ottenere la «macchina da gioco globale»: tutto iniziò i n una esposizione universale a Montreal quando u n intero stand fu dedicato all'animatronica. Manichini animati da servomotori e controlla-

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C'è dell'altro però: lo stesso computer superveloce p u ò inserirsi su una trasmissione tv i n diretta, identificare lo spazio di segnale che corrisponde alle labbra dell'oratore, impadronirsene e trasformarne la pronuncia fino a fargli dire, utilizzando nel caso una colonna sonora pre-registrata, un discorso del tutto diverso da quello che sta di fatto pronunciando. Fantascienza? Basta fare u n giro nei nuovi studi d i montaggio tv per rendersi conto delle manipolazioni alle quali un segnale elettrico p u ò essere sottoposto, specialmente con le nuove tecniche di registrazione digitale. Ma anche l'informazione più tradizionale ormai deve fare i conti con le possibilità d i manipolazione elettronica, e questa volta non c'è alcun bisogno d i computer superveloce, basta u n normale personal computer e u n programma adatto. Negli Stati Uniti se ne stanno già accorgendo, e la rivista Newsweek lancia u n grido d'allarme a favore di una autoregolazione da parte degli editori. Per esemplificare la situazione Newsweek pubblica una foto creata da un grafico esperto d i computer, e titola: indovinate che cosa c'è d i sbagliato i n questa foto. I risultati di otto ore d i lavoro con u n Macintosh della Apple e u n programma grafico, sono quanto meno sorprendenti. E praticamente impossibile scoprire dove c'è ti trucco. Perché d i fatto non c'è alcun trucco. È un fotomontaggio elettronico p r e s s o c h é perfetto, come anche i lettori potranno rendersene conto sia pure i n bianco e nero. Ma non è solo la deontologia professionale del giornalista i n gioco. Gli editori si devono rendere conto che questo tipo di foto alterate, conclude i l suo articolo Jonathan Alter, fosse solo per rendere più gradevole una foto d i u n alimento, inquina l'intera pubblicazione. Questo inquinamento è reso di giorno i n giorno p i ù facile, presentato com ' è i n maniera giocosa. Le Figaro presenta, sotto forma di gioco, a pagina due una foto truccata d i astronauti russi e americani, facendone u n quiz. Il guaio con questi giochi è che si finisce sempre col farsi male.


Alzabandiera di F R A N C O CARDINI NELLE recenti polemiche a proposito della bandiera italiana, m i ha consolato u n fatto interessante: pare che si sia r i cominciato a prestare ai s i m b o l i l'attenzione che essi meritano. Certo, p u ò essere o r m a i poco importante stabilire se davvero nel verde adottato dalla Repubblica cisalpina per far da sostituto a l b l u i n una bandiera che da v i c i n o ricalcava quella francese v i sia stata o meno u n ' i s p i r a z i o n e massonica: ma. da u n p u n t o d i vista d i consapevolezza storica, la cosa ha pure u n suo rilievo. Non v i turba forse u n p o ' i l fatto che l'aquila austriaca p o r t i ancora fra i rostri la falce e i l martello, specie se paraLa polemiche gonate la cosa c o n la r a p i itallche sei d i t à con c u i i l regno d i tricolore Spagna ha cancellato d a l hanno un le sue insegne l ' a q u i l a d i pregio: fanno san G i o v a n n i , le frecce e i l ragionare giogo, t u t t i s i m b o l i collesai simboli gati con i l franchismo o compromessi c o n i l falangismo (i due t e r m i n i n o n sono s i n o n i m i ) per quanto avessero u n mezzo m i l l e n n i o d i storia? E non v i turba i l legame — che obbiettivamente esiste - fra i l garofano rosso dei socialisti italiani e quello che era fino a p o c h i mesi fa i l simbolo p i ù diffuso del c o m u n i s m o della Germania orientale, anche se per i l Psi qualche anno fa l'adozione del garofano significò lo sganciamento dalla falce e martello? E n o n v i siete mai neppure una v o l t a soffermati a notare come esista u n dialogo cromatico - scandito dai tre c o l o r i rosso, bianco e azzurro - tra Inghilterra, A m e rica e Francia? E come n e l l a tradizione tedesca d e l l ' u l t i m o

secolo la polemica tra i colori rosso-bianco-nero e rossogiallo-nero sia violenta, e - nata come contesa tra Asburgo e H o h e n z o l l e r n nella leadership sulla Confederazione tedesca - si sia evoluta come confronto fra due anime della Germania, una autoritaria e una democratica? Mesi fa, al Politecnico d i M i l a n o , notai che i C a t t o l i c i popolari usavano festoni t r i c o l o r i biancogiallo-azzurri, e pensai che essi avevano accoppiato i colori v a t i c a n i c o n i colori d i Maria. F u i assicurato che invece si trattava d i c o l o r i casuali, scelti p e r c h é stavano bene insieme. N o n m e ne convinsi. D i f a t t i , i s i m b o l i n o n sono m a i casuali. Ad esempio, avrete notato che sulle Colorì 0 ambulanze ormai la croce simboli dello (rossa, verde, azzurra o d i bandiere non altro colore: nei Paesi m u sono c a s a a l i . s u l m a n i si usa la mezzaluAnche l a na rossa) n o n c'è p i ù . Essa storia recente è stata sostituita da u n d i le conferma segno a forma d i asterisco azzurro, una specie del risultato d e l l a sovrapposizione d i

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SABATO

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una I a i m a X. N e risulta u n d i segno che n o n è lontano dal chrismon b i z a n t i n o , i l monogramma d i G e s ù Cristo: ma che ha tutt'altro significato. M i d i cono che i n A m e r i c a quel d i segno ha m o l t o successo presso g l i ebrei, p e r c h é i l suo aspetto d i stella a sei raggi ricorda la stella d i D a v i d e i suoi c o l o r i , i l bianco e l'azzurro, sono g l i stessi d i Israele. Se g l i ebrei americani pensano questo, sono lieto per loro: ma debbo segnalare n o n solo che si contentano d i poco, ma che rischiano di cadere i n una spiacevole e pericolosa gaffe. I n effetti, quel segno i n apparenza i n n o c u o ha un'antica tradizione r u n i c a . Esso è i l r i sultato d i due lettere sovrapposte, dal disegno identico ma l ' u n a uguale all'altra rovesciata. Si tratta delle due rune dette « d e l l a vita» e « d e l l a morte» (la seconda è celebre da Perché un quando è divenuta l'emnuovo simbolo blema d e l m o v i m e n t o an(nella foto) sta tiatomico e p i ù i n generale sostituendo p a c i f i s t a ) . la croca rossa u l a t Q ^ H e b r e i a m e sulle , °ui , cani potrebbero trovare ambulanze? spiacevole è che quei simb o l i venivano abitualmente usati dai servizi m e d i c i e assistenziali nazisti. Non temete. N o n intendo affatto dedurre che i l nuovo simbolo delle ambulanze sia qualcosa d i nazista. Esso proviene comunque da una tradizione americana e nordeuropea che ci è estranea; ed è impiegato sistematicamente e scientemente per obliterare la croce. Un altro tassello d e l mosaico della scristianizzazione del mondo e del nostro immaginario. Sappiate ciò, e vigilate.

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Manipolazioni genetiche/Intervista

Il mondo senza madri L'accusa dì Lejeune I Davanti a una platea di migliaia di ragazzi affascinati il celebre genetista francese si è addentrato nei misteri meravigliosi della sua scienza. Ribadendo ancora Una volta i pericoli delle manipolazioni e lo spettro di un mondo dai valori totalmente sovvertiti di MARINA CORRADI inviato

Rimini. «Esiste già, nel blocco d i marmo, la scultur a che l'artista ne t r a r r à ? No, esiste soltanto materia grezza sulla quale lo scultore riprodurrà l'impronta del gesso. Quell'impronta, nell'uomo, s i chiama codice genetico. N o n esistono al mondo due u o m i n i identici. Quel codice segreto che anima ognuno d i noi, non c'era m a i stato e non si r i p e t e r à m a i più». I l professor Jerome Lejeune. 63 anni, medico e genetista francese, s'addent r a nel mistero meraviglioso della sua scienza davant i a una platea d i migliaia di ragazzi d i CI che ascoltano attentissimi. Lejeune, scopritore della ' T r i s o m i a 21", la causa del mongoloidismo, p i ù volte candidato a l Nobel, fa rendere accessibili le ardue vie della genetica. « O g n u n o d i noi —continua a spiegare a i ragazzi che affollano l'auditorio della Fiera — ha u n codice paragonabile a quei codici a barre che s i trovano s u i prodotti a l supermercato. T r a non m o l t i a n n i l'uomo a v r à costruito macchine i n grado d i leggere la "carta di i d e n t i t à " d i ciascuno; capaci d i vedere subito i l gene che porta alla demenza precoce o a l diabete. P o t r à scegliere d i applicare una eugenetica spietata, come quella degli Spartani che esponevano i neonati p i ù deboli sul Taigete, o se mantenere una società umana, che si accolla i l carico delle debolezze e delle malattie».

Alla fine dell'incontro, è u n applauso più grande e più forte del solito quello che saluta i l medico arrivato da Parigi. Per la sua chiarezza; e anche forse p e r c h è gli argomenti toccati generano emozione, come tutto ciò che sfiora i l p e r c h è e i l come i l mondo sia nato, e nel mondo l'uomo. D i Lejeune, u s c i r à a giorn i a Parigi, e presto forse anche i n Italia nelle edizion i Jaca Book. u n libro. «L'enceinte concentrationnaire»: una riflessione sulla manipolazione genetica diretta a i p r o f a n i «Ho deciso d i scriverlo — spiega i l professore —dopo una trasferta i n America, a M a r y v i l l e . nei Tennessee. I l tribunale locale doveva decidere che fare d i a l c u n i e m b r i o n i congelati, ottenuti con la fecondazione artificiale da una coppia che si era poi separata. I l padre n o n voleva p i ù saperne d i quei suoi figli i n frigorifero; la madre invece, p u r d i f a r l i v i vere, era disposta a cederli a u n ' a l t r a donna. I l giudizio d i re Salomone, duemila a n n i dopo. E io ero stato chiamato a testimoniare che quelle minuscole cellule i n una bottiglia erano già esseri viventi». Ora dunque Lejeune sente la n e c e s s i t à d i spiegare a u n pubblico vasto cosa sta accadendo nei campo della ricerca genetica. D i parlarne da cristiano: p e r c h è , dice, «più della metà dei m i e i colleghi è cre-

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dente; m a sono t i m i d i , n o n si fanno sentire. N e l nostro mondo, essere cattolici è quasi u n h a n d i c a p » . N o n è, quello descritto dal professore, uno scenario confortante. G l i chiediamo se secondo l u i i suoi colleghi siano abbastanza responsabili da non avvent u r a r s i i n esperimenti contro la d i g n i t à dell'uomo. Esita, scuote i l capo: «No ne sono convinto. I n Inghilterra, dallo scorso aprile, è possibile fare o g n i tipo d i sperimentazione sull'ovulo fecondato, fino a i 14 giorn i d i v i t a . Se lo avessero fatti i nazisti, l i avrebbero impiccati a Norimberga. Fare sperimentazione sulle scimmie oggi costa caro. Gli e m b r i o n i u m a n i , invece, sono gratis». È solo u n b r u t t o sogno i l « M o n d o n u o v o » immaginato da A l d o u s Huxley, dove i n a s c i t u r i vengono prodotti i n serie i n u t e r i artificiali? « L ' u t e r o artificiale — r i sponde Lejeune — per ora è assolutamente a l d i l à della r e a l t à , anche se n o n posso escludere che fra dieci o vent'anni sia realizzabile. Quanto a l resto t r o v o che in quel libro d i Husley sia descritto i l nostro tempo. Eutanasia, sterilizzazione, emarginazione dei vecchi, questo è l'oggi. L o scrittore: inglese a r r i v ò a immaginare che nel suo " M o n d o nuovo" t u t t i i l i b r i fossero ristampati abolendo la parola "madre", considerata oscena. Descrisse insomma u n mondo dai v a l o r i to-

talmente sovvertiti, a cui temo che i n o s t r i tempi si stiano avvicinando. N o n v o r r e i che Huxley fosse stato u n profeta». M a i l pessimismo, nel genetista francese, s'accompagna alla meraviglia per ciò che è l'uomo. I n u n meeting dedicato ai tema dell'ammirazione, della cap a c i t à d i provare stupore, gii chiediamo se dopo tanti a n n i d i ricerca l o emozioni ancora ciò che va esplorando. Lejeune sorride. «Tutto, per me, è oggetto d i meraviglia. Quando studio una cellula d i u n millimetro e mezzo d i diametro, e so che lì dentro c'è t u t t o ciò che è u n uomo, n o n posso non provare una profonda commozione». «Sa — continuila i l professore — cosa davvero distingue u n uomo da u n animale? È che l'uomo è l'unico capace d i ammirazione. U n cane ha u n naso prodigioso, p i ù fine del nostro, m a messo davanti a una rosa annusa soltanto, non è capace d i apprezzarne i l profumo. Anche una scimmia p u ò guardare u n cielo stellato, m a solo l'uomo sa pensare che è meraviglioso. È i n quel momento che capisco che cosa vuol dire quel verso della Genesi che dice: "e fece l'uomo a sua immagine e somiglianza"».


Vittorio Messori

Vivaio 1129 giUgnO del 1440 ci

fu gran battaglia ad A n ghiari. Presso questa città dell'Aretino, le truppe d i Filippo Maria Visconti, duca d i Milano, si scontrarono con quelle della Repubblica d i Firenze, fiancheggiata dallo Stato Pontificio. La mischia non fu da poco: i Fiorentini schieravano 9000 uomini, spalleggiati da 3000 cavalieri e 500 fanti pontifici. I Milanesi avevano una forza equivalente. Quasi 25.000 uomini, dunque, che per ore si scagliarono gli u n i contro g l i a l t r i , comandati da due famosi condottieri: i Viscontei da Niccolò Piccinino, i Fiorentini-pontifici da G i o v a n Paolo O r s i n i A l tramonto, la rotta definitiva dei Milan e s i Una delle p i ù g r a n d i vittorie d i Firenze che decise d i celebrarsi dando l'incarico per u n affresco a Palazzo Vecchio, nientemeno che a Leonardo da V i n c i è quella sua celebre Battaglia di Anghiari della quale, purtroppo, non c i sono rimasti che i c a r t o n i Grande battaglia, certo, con p e r ò una s i n g o l a r i t à : con 25.000 armati i n campo per molte ore. alla fine, facendo i conti, si c o n s t a t ò che c'era qualche ferito, m o l t i contusi e u n solo morto. E lo sfortunato era deceduto p e r c h é i l suo cavallo, inciampando, lo aveva fatto cadere d i sella. Della "gran battaglia senza caduti" parla, con ironia e con sprezzo, Mac h i a v e l l i per l u i , è la riprova che non è possibile far seriamente la guerra con i m e r c e n a r i I n effetti, ad A n g h i a r i t u t t i i "combattenti" (tra virgolette...), erano volontari a r r u o l a t i s i per i l soldo. È dunque logico che cercassero d i fare i l loro lavoro col maggiore fair-play possibile, stando bene attenti a non farsi male. Tiravano gran c o l p i m a solo sui punti p i ù solidi della corazza dell'avversario; o, spesso, si limitavano a gridarsi insulti a vicenda, sbracciandosi i n gesti d i minaccia. Quando uno era stanco, si arrendeva, con-

segnava le a r m i e raggiungeva le retrovie "nemiche", dove tutto finiva i n bevute alla reciproca salute e a quella dei potenti che pagavano lo spettacolo.

essere t r a t t a t i come fratelli- Soprattutto — ed è t r a i m o t i v i della condanna cattolica di Machiavelli —niente eserciti d i popolo, niente leve i n massa m a sol o mercenari: come ad A n ghiari.

Machiavelli

parla con sdegno delle "sceneggiate" come quella d i A n g h i a r i , vuole sostituire le milizie a pagamento con eserciti d i popolo: gente motivata, ben addestrata n o n a far spettacolo ma a uccidere, con odio ideologico. Gente che nell'avversario n o n vedesse u n collega, ma u n nemico da mettere fuori combattimento. Proprio ciò che la Chiesa non voleva. Quella Chiesa che. nel suo realismo, sapeva che l'aggressività t r a gli u o m i n i è inevitabile, che d i guerre ce ne saranno sempre, p e r c h é i l Cristo ha sì redento i l peccato ma n o n ne ha voluto cancellare le conseguenze. E allora, i n vece che baloccarsi i n u n utopico pacifismo che porta a maggior guai (la negazione della guerra — oggi

Oggi,

è d i particolare attualità ricordale questo. I n I effetti, nel dibattito s u i cattolici nell'Ottocento, si dì- j mentica (e la dimenticanza è ancora p i ù grave, i n tem- \ p i d i obiezione d i coscien- ; za, d i servizio civile, d i prò- ! testa contro i l servizio m i l i tare) che la sola Chiesa si b a t t è , nell'era dei nazionalismi, contro la coscrizione obbligatoria, contro l'arruolamento coatto d i t u t t i i giovani. • - I

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damente all'insegnamento cattolico: riflettevano una dura necessità che si cercava d i contenere nei l i m i t i dell'indispensabile. M a i l mondo moderno, creando gli eserciti regolari, n o n aveva forse rivendicato i l valore etico della guerra, l'essenza pedagogica del militarismo?». Ancora nel 1894, Leone XHI alzava la voce contro la leva d i massa che «toglie i giovani nel fiore degli a n n i dalla cultura dei campi, dai buoni studi, dalle a r t i e l i costringe alla g u e r r a » . E chiedeva: « È J o r s e tale da natura la condizione del civile consorzio?». A n c o r a Spadolin i : «La sconfessione della coscrizione obbligatoria era, per la Chiesa, nient'alt r o che una conseguenza diretta della condanna della statolatria, dei poteri assoluti dello stato moderno che asservisce i l cittadino al suo dispotismo: a i missionari, lo stato opponeva i m i l i t a r i , a l clero regolare le forze annate, alla pace e all'amore del Vangelo le " v i r t ù militari"».

Sentiamo u n testimone insospettabile, Giovanni Spadolini: «Pochi hanno ri- • flettuto sulla posizione del- j la Chiesa d i fronte alla creazione degli eserciti m o j d e n t i . L'atteggiamento del j Papato fu d i assoluta oppo1 sirione. L a coscrizione ob- 1 I n effetti, la coscrizione bligatoria, i n quanto giustiobbligatoria fu una delle 10 vediamo bene — n o n fica con u n principio ideale n o v i t à introdotte dalla Riporta alla pace, m a alla u n enorme abuso della l i voluzione Francese, con i l guerra senza regole, quella b e r t à personale, fu asprafamoso decreto sulla "nache si fa con ferocia ma, mente condannata anche zione armata". " N o v i t à " d a i Gesuiti del XEX secolo ipocritamente, senza nepche i t i r e a l t à fu u n ritorno pure dichiararla), la Chie- che sostenevano che " l a leall'indietro, all'epoca pagasa si diede da fare per met- va forzata degli eserciti na quando la leva i n massa produce a l l ' u m a n i t à u n j tere i n gabbia l'aggressivit à . Approfittando della sua male immenso e inutile". ' era praticata dagli A s s i r i , a u t o r i t à riconosciuta da N e l Concilio Vaticano I del . dagli Egizi, dai Romani. L a t u t t i , i l Papato medievale 1869-1870, ben quaranta ve- j sua abolizione fu uno dei riuscì a imporre una serie scovi avevano sottoscritto , r i s u l t a t i della predicazione dei cristiani: i quali, troppo di l i m i t i . A l l a fine (quando una proposta per condanrealisti per essere dei paci11 Rinascimento e la Rifor- nare la leva obbligatoria e fisti, sono p e r ò chiamati ad la nuova politica statale dem a mandarono purtroppo essere pacifici. Riscoperto glieserciti p e r m a n e n t i » . i n pezzi la christianitas eudai rivoluzionari parigini e ropea) le regole erano t a l i e Continua i l laico Spadopoi usato i n modo spietato tante che si poteva dar bat- l i n i : «Il pensiero cattolico da Napoleone, l'arruolataglia solo i n poche ore d i i n materia fu sempre coemento coatto (per almeno pochi giorni d i poche setti- rentissimo: l'istruzione m i cinque anni, dai 20 a i 25!) fu mane dell'anno. Vietato litare obbligatoria, non era opposto come segno d i guerreggiare dopo i l crepu- forse una giustificazione " m o d e r n i t à " alla Chiesa scolo, la domenica p e r c h é ideale della guerra e -soche lo combatteva e che andies Domini, i l v e n e r d ì per- ! prattutto della sua morale, che per questo fu considec h é giorno d i penitenza, i l j che ripugna insanabilmenrata "reazionaria". Oggi, giovedì i n ricordo dell'isti- ' te alla coscienza cristiana? vediamo se l'"oscurantiturione dell'Eucaristia, \ P e r c h é fare d i una vocaziosmo" stesse davvero dalla vietato i n Quaresima e i n i ne d i alcuni, d i una necesparte cattolica. È tra g l i Avvento, anzi per tutto sità d i pochi, u n "dovere aspetti da valutare, nell'atl'inverno, obbligo d i libera- morale" d i tutti? Le compatuale revisione degli schere a Pasqua t u t t i i prigio- gnie mercenarie non conm i da manuale d i storia n i e r i che, comunque; una traddicevano così profonbenpensante. (-383) volta catturati, dovevano

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D a che pulpito

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L'immutabile copione della storia infinita della nostra pubblica finanza comprende da sempre anche una piccola puntata d i caccia all'untore. D i quando i n quando gli organi d i stampa riferiscono di clamorosi episodi d i evasione fiscale, esponendoli al pubblico ludibrio. Queste notizie ottengono due scopi essenziali per quanti hanno a cuore la continua crescita della spesa pubblica, della fiscalità e del disavanzo: anzitutto, danno l'impressione che la ragione unica e fondamentale del dissesto finanziario dello Stato sia costituita dall'evasione fiscale; i n secondo luogo, mettono una categor i a d i contribuenti contro l'altra, dividono i l fronte d i possibile resistenza all'iperfiscalità e rendono, quindi, p i ù agevole l'introduzione d i nuove o maggiori imposte, come la raffica d i aumenti fiscali decisa ieri dal governo.

che dando per scontato che l'evasione debba essere combattuta se non altro per ragioni di eguaglianza dei cittadini d i fronte alla legge, non è certo per questa via che si otterrà i l risanamento della pubblica finanza. Supponiamo che i l ministro Formica venga improvvisamente dotato d i poteri soprannaturali e che, grazie ad essi, riesca a far acciuffare u n milione d i evasori (il che, data l'incidenza degli accertamenti, è semplicemente impensabile); supponiamo inoltre che le imposte evase da questa folla d i cattivoni ammontino i n media all'impressionante cifra d i 10 m i l i o n i a testa. Bene, se ciò accadesse, .l'erario recupererebbe entrate per 10 mila m i liardi, una somma intentissima, m a pari soltanto all'I,9% delle entrate totali ed all'1,5% delle spese totali del settore pubblico nel 1989. Se virtuosamente, con una virtù che la nostra classe politica ha dimostrato con rara coerenza d i non possedere, quella montagna d i miliardi venisse destinata alla riduzione del disavanzo, questo diminuirebbe del 6-7%, una diminuzione assolutamente insignificante e certamente non tale da consentirci d i guardare con minore preoccupazione alla solvibilità finanziaria dello Stato. Dare agli evasori la responsabilità del dissesto è dunque insensato.

Anche quest'anno, come sempre, c i è stata ammannita una buona dose d i questa medicina del buongoverno italico: orripilanti storie di stabiliment i balneari rei d i evasione e d i venditori ambulanti i n possesso d i meganatanti hanno indignato la pubblica opinione e i giornali non hanno perso l'occasione per farsi portavoce dell'indignazione popolare. Lungi da me l'accusa d i voler difendere gli evasori, commettendo apologia d i reato; ma m i piaceTerza ed ultima osservaziorebbe, dopo aver conformisti- ne: i l fatto che esistano gli evacamente associato la mia voce sori non prova affatto che gli a quella degli indignati, fare italiani non paghino le impoqualche considerazione d i nat u r a più generale.

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La prima, ovvia e scontata, è la seguente: non possiamo, sic et simpliciter, continuare a comportarci come se causa unica dell'evasione fosse la mancanza di spirito sociale, se non l'autentica malvagità, degli evasori. Se vogliamo combattere i l fenomeno dobbiamo agire sulle sue cause; insolentire gli evasori non serve a nulla. Ora, nel bicentenario d i Adam o Smith, m i piacerebbe che i nostri governanti e l'opinione pubblica riflettessero su una fondamentale intuizione del fondatore dell'economia moderna: «In quei governi corrott i , dove esiste almeno u n sospetto generale d i molte spese non necessarie e di gravi errori nell'impiego della pubblica entrata, le leggi ad essa relative sono poco rispettate». Chi è convinto che questa osservazione non valga per l'Italia d i oggi è pregato d i alzare la mano. L a seconda osservazione è d i gran lunga p i ù rilevante. An-

ste. I due fenomeni, evasione ed iperfiscalità, non sono incompatibili, ma possono benissimo coesistere. Ora, le cifre provano - al di là di ogni ragionevole dubbio - che non abbiamo mai pagato tanto d i i m poste come adesso. Nel 1989 le entrate del settore pubblico sono state pari ad oltre 9 milioni a testa, ben 36 milioni per la famiglia media d i 4 persone. M a questo importo allucinante non è bastato a far fronte alle spese del nostro Insaziabile leviatano, che ha pensato bene d i indebitarsi, contraendo ulteriori prestiti per oltre 2,2 milioni a testa. Alla luce d i queste cifre, i l clamore sugli episodi di evasione non riuscirà certo a rendere accettabile la «stangatola» varata ieri n é tanto meno i l nostro sistema fiscale nel suo complesso. I l governo non ha alcun titolo per mettersi i n cattedra d i onestà. Antonio Martino

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Ma Formica può nuocerepiù di Saddam I timori per le conseguenze economiche della crisi del Golfo rappresentano una sorta di inattesa manna dal cielo per gli esponenti di una certa «sinistra». Mettetevi nei loro pannimentre i sistemi economico-politici che essi ci additavano a luminoso esempio di progresso vengono consegnati senza appello alle pattumiere della Storia, le odiate economie capitalistiche godono da anni di ottima salute. E sono proprio i Paesi in cui più si è riusciti a liberalizzare i mercati a godere dei migliori risultati economici: è quanto basta per procurare fenomeni depressivi acuti ai fautori dello statalismo. Ma ecco che in loro soccorso arriva la prospettiva di una grave crisi dell'economia mondiale prodotta dalle vicende del petrolio e, com'era prevedibile, gli orfani dell'economia pianificata, con malcelato entusiasmo, si danno a prevedere catastrofi Fino a ieri, infatti, quando le nostre economie crescevano in modo soddisfacente, con prosperità largamente diffusa e in un quadro di stabilità monetaria, riusciva difficile sostenere che il nostro mondo è basato su un «modello di sviluppo» sbagliato, ed ancora più difficile

proporre di sostituirlo con qualcosa che somiglia in modo impressionante alle ricette disastrose delle economie dell'Est Ma se, come essi sperano, la crisi del Golfo ci regalerà inflazione e recessione, potranno ricominciare a maledire il capitalismo ed a proporre il suo abbandono. Ma questa crisi arriverà davvero? Tutto è possibile, e sarebbe incauto escludere che il nostro futuro immediato possa riserbarci sorprese sgradevoli. Tuttavia, un'analisi serena suggerisce che, anche se un rallentamento dello sviluppo è probabile, non abbiamo motivo per ritenere che la situazione debba necessariamente evolvere in catastrofe. Vediamo di chiarire. L'aumento del prezzo del petrolio è stato certamente cospicuo. Tuttavia, si tratta di un aumento percentuale assai meno rilevante di quello della prima crisi petrolifera: allora il prezzo quadruplicò, oggi è passato dai 20 dollari il barile di fine luglio ai circa 39 attuali. Né si tratta di un prezzo record: se si tiene conto dell'inflazione, agli inizi del 1981 il greggio costava l'equivalente di 50 dollari di oggi (circa 42 dollari in media nel corso di quell'anno). Se a questo si aggiunge che non è affatto detto che il prezzo debba necessaria-

mente stabilizzarsi ai livelli attuali, che riflettono più i timori di una guerra che non una maggiore scarsità e che, anche ammesso che ciò accadesse, è assai probabile che l'effetto duraturo sarebbe quello di stimolare sia aumenti della produzione che individuazione di alternative meno costose, ci si rende conto che la fine del mondo non è imminente. Infine, non dimentichiamo che, grazie ad un uso più efficiente, il consumo di petrolio è diventato oggi meno rilevante di quanto fosse in passato. Secondo alcune stime, nell'ultimo decennio il consumo di petrolio per 1.000 dollari di prodotto si è ridotto di oltre il 36% in Usa, del 37% in Italia e addirittura del 44% in Gran Bretagna e Giappone. L'aoro nero», malgrado l'antinuclearismo, sta diventando relativamente meno importante. È quindi difficile credere che questi rincari possano essere sufficienti ad innescare una grave recessione. Non basta. R fatto è che le conseguenze attribuite all'aumento del prezzo del petrolio sono assai spesso da imputare, invece, alle politiche economiche nazionali. All'epoca della prima crisi. Paesi come la Svizzera e il Giap-

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Assegni familiari: è di nuovo polemica

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ROMA — Della gestione della Cassa unica assegni familiari sembra debba occuparsi la magistratura. Le associazioni italiane delle famiglie stanno infatti preparando un ricorso per denunciare «la distrazione di l i m i l a miliardi di lire dal fondo Inps per gli assegni familiari». Lo ha annunciato ieri Franco Foschi, exministro del Lavoro, in occasione della presentazione della «Conferenza europea sulla famiglia», che si terrà a Roma nei prossimi giorni, alla quale è intervenuto anche i l ministro del Lavoro in carica, Carlo Donat-

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pone, che dipendono quanto e più di noi dall'importazione di petrolio, dopo un temporaneo aumento del tasso d'inflazione nel 1974, tornarono subito dopo alla stabilità monetaria ed allo sviluppo. La ragione è semplice: l'aumento del prezzo del petrolio fa aumentare l'indice dei prezzi dell'anno in corso, ma, se le autorità monetarie non perdono la testa, non può dar vita ad un processo inflazionistico. R confrónto fra la Svizzera e il Giappone da un lato e l'Italia dall'altro al tempo della prima crisi del petrolio conferma questa analisi in modo inequivocabile. Le crisi economiche sono quasi sempre di produzione nazionale. In quest'ottica, se c'è un motivo per essere preoccupati dalle vicende in corso è che esse potrebbero fornire giustificazione ad un inasprimento della pressione tributaria: si vedono già le prime avvisaglie. Mentre le preoccupazioni per l'aumento del prezzo del petrolio sono infatti largamente ingiustificate, il danno che le intemperanze fiscali arrecano alio sviluppo è certo e ampiamente documentato. Sono molto più da temere gli eccessi del ministro Formica che non quelli di Saddam. Antonio Martino

Zs- a -so

Cattin. «Ogni anno i contributi destinati agli assegni familiari ammontano a 13mila miliardi - ha spiegato Foschi - , mentre gli assegni versati raggiungono soltanto i 2mila miliardi. Questi tondi destinati a sostenere le famiglie sono invece utilizzati per coprire altre gestioni passive dell'Inps». Contemporaneamente le associazioni solleciteranno anche iniziative parlamentari per modificare le norme che regolano il riconoscimento del diritto a percepire gli assegni, che oggi prevedono limiti di reddito particolarmente modesti.


— T O M M A S O

Santità fa r i m a con p r o p r i e t à di G a v i n o M a n c a

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ra gli aspetti più interes- dolo alle cose materiali o tersanti (e scontati) degli rene; la seconda, che oppone scenari economico - socio al dominio principale di Dio - politici proposti dai movi- su tutte le cose il dominio namenti utopistici (non solo turale dell'uomo come potere marxisti), vi è stata l'abolizio- di uso. Questo potere di uso ne della proprietà privata e la delle cose è collegato ai princomune disponibilità dei beni cipio della loro comunicabilità naturali e d i quelli ottenuti at- per le altrui necessità, attratraverso il lavoro umano. verso cui si esercita l'obbligo Questa tesi, che si identifica dell'esercizio della carità: sacon l'affermazione di Proud- rebbe come dire che la comuhon («la proprietà è un furto») nanza del potere d'uso si matrova ancora sostenitori in nifesta con l'esistenza di un limovimenti di varia ideologia mite nei possesso, rappresenta(per esempio, l'ecologismo), to dalle necessità altrui. nonostate la disputa prò e conSgomberato il campo dalle tro da parte dei due tradizio- tre «obiezioni» teologiche e nali antagonisti — il mondo sottolineato il limite alla prosocialista e quello capitalista prietà posto dall'obbligo cari— si sia molto attenuata. L'ul- tativo, è opportuno esaminare timo mezzo secolo ha visto, le ragioni per cui San Tommanella realtà, un notevole avvi- so ritiene di dover parlare di cinamento delle posizioni, con necessità del riconoscimento una crescente introduzione del diritto di proprietà individella proprietà nella società duale. Si tratta di tre argosocialista e una crescente limi- menti: «Perché ognuno è magtazione (o condizionamento) giormente sollecito a procurardei diritti di proprietà in quel- si quel ché spetta a lui solo, la capitalista. di quello che è comune a tutti Per tentare di ricostruire i o a molti»; «Perché più orditermini del problema, nulla è natamente vengono trattate le probabilmente più utile che ri- cose umane se a ciascuno tocfarsi all'analisi svolta da San ca il dovere di procurar qualTommaso. È una questione cosa»; «Perché si conserva più che riguarda il mondo intero; pacifico lo stato degli uomini, la vedremo attraverso un pen- attendendo ognuno alle prosatore che ha fama di santo prie cose». e di filosofo al tempo stesso. Circa il primo argomento, Insomma: un argomento "mondiale" attraverso alcune non molto vi è da dire sui fatpagine di una testa mondiale. to che è difficile negare la maggiore probabilità di impeVero "cavallo di battaglia" del pensiero dell'Aquinate, la Que- gno sul lavoro posta in essere stione 66 della Summa Theo- dalla proprietà individuale; rilevante è invece l'implicazione logica, Secunda Secundae, «se sia naturale per l'uomo il pos- del principio che sancisce la garanzia che ognuno possa gosesso delle cose esteriori» e «se sia lecito ad alcuno posse- dere i frutti della propria atdere qualcosa come cosa pro- tività. Si tratta cioè di un sipria». Diciamo subito che la stema che possa dirsi di sicucategoria inquadrata sotto la rezza sociale, sebbene non denominazione di cose «este- proprio col significato con cui riori» è una chiara derivazione si usa oggi questo termine. della distinzione stoica (Crisip- Questa di San Tommaso è po, Epitteto) tra cose esterne, \ una sicurezza sociale riconocose corporee e cose dell'ani-1 scitrice anche dei diritti delma; San Tommaso intende: l'attività individuale; anzi, mequindi oggetti non connaturati glio, stimolatrice. Il secondo al soggetto né in senso spiri- concetto lega il diritto di protuale né in senso corporeo, es- prietà a un'esigenza di ordine senzialmente i beni materiali o della produzione; tutto si svolla «ricchezza» in senso generi- ' ge più ordinatamente se ognu; no pensa alle proprie necessico (Diogene Laerzio). tà, che se a ognuno spettassero invece compiti vaghi di proContro la naturalità del cacciare cose utili alla comuniprincipia del possesso in gene- tà. Siamo qui al centro della rale di tali cose esterne, tre so- vexata quaestio tra individualino le obiezioni considerate dal smo e dirigismo sulla quale Santo: 1) «il dominio di tutte non ci soffermeremo perché le creature è proprio di Dio» crediamo a una realtà che va (Salmo XXIII); 2) i l commen- faticosamente facendosi strada: to di S. Basilio alla parabola quella che, pur lasciando ampi di S. Luca del ricco agricolto- gradi di libertà all'operare inre: «Dimmi, quali sono le tue dividuale, pone pur tuttavia cose? Da dove, togliendole, le condizionamenti dall'esterno. portasti in vita?»; 3) l'affermazione di S. Ambrogio: «DomiL'esigenza del riconoscimennus nomen est potestatis»; to della proprietà individuale Dio, e non l'uomo, ha i l po- è esigenza di tranquillità sociatere di cambiare la natura del- le. La tranquillità è data dal le cose, l'uomo quindi non ha fatto che, con la proprietà dipotestà su di esse. visa tra vari individui, ognuno La risposta tomista alle tre si occupa delle cose proprie; obiezioni si sviluppa su due nulla sarebbe più distante dalfondamentali distinzioni: la le rappresentazioni di demoprima (cui abbiamo già fatto crazia- partecipativa se questo riferimento), che porta alla terzo argomento del Santo non esclusione del possesso degli venisse interpretato in senso uomini sugli uomini, limitan-

Andrea da Firenze, «San Tommaso», Firenze, S. Maria Novella estensivo, nel senso cioè «che bisognerebbe che ogni uomo fosse proprietario di una parte delle cose esteriori», concetto che si inquadra nel principio dell'equa ripartizione dei beni. Queste argomentazioni inducono a una prima considerazione sul realismo del pensiero tomista, che riflette assai più ciò che l'uomo è piuttosto che ciò che dovrebbe essere; in questo distinguendosi nettamente dalle visioni progressiste e finalizzate del comportamento umano. Sotto un certo aspetto, anticipando i l metodo delle dottrine comportamentali: occorre cioè raggiungere gli auspicati risultati del comportamento sociale, partendo dalle propensioni e dagli atteggiamenti esistenti, piuttosto che sperando su improbabili cambiamenti. Tale realismo non comporta peraltro acritica immobilità politica e, soprattutto, morale; ne fa prova la precisa posizione dell'Aquinate sul problema dell'avarizia e dell'accumulo di capitali. L'avarizia (immoderalus amor habendi) è duramente condannata dal Santo perché porta l'avaro a peccare contro i l prossimo («nei beni economici nessuno può sovrabbondare senza mancanza per gli altri, perché i beni materiali non possono essere contemporaneamente posseduti da molti») e consiste nell'avere di più di ciò che si deve «secon-

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do giustizia». E qui è evidente che quel secunaum justitiam non si riferisce ad una giustizia tra due individui solamente, ma a una giustizia in senso sociale, collettivo. E su questo sfondo che si sviluppa la critica contro l'eccessivo acquisto (acceptionem) e tesaurizzazione (conservaiionem) di ricchezza «in quanto, si intende, alcuno ammassa il denaro oltre il dovuto, le cose altrui sottraendo o trattenendo, e cosi si mette in contrasto con la giustizia» (ove per cose altrui si deve intendere cose sociali, altrimenti si rientrerebbe in una illeceità diversa come la truffa, il furto, ecc.). Per concludere. San Tommaso, pur giustificando- ed anzi dichiarando necessario il sistema della proprietà privata, giunge ad ammettere limitazioni alla proprietà stessa; limitazioni che sono di scarsa estensione materiale, ma estremamente rilevanti — anche come implicazioni — sul piano morale, come è i l caso del furto improprio ammesso quando un individuo versi nello stato di evidente ed urgente necessità non altrimenti ovviabile. E questo, ancora una volta, conferma il contenuto di realismo di un pensiero altamente innovatore certo, ma non per questo vagheggiatore di impossibili (o troppo difficili) trasformazioni.

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