Rassegna N. 12/1987

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rassegna stampa A cura del CENTRO CATTOLICO DI DOCUMENTAZIONE Marina di Pisa. Casella Postale 61

Dicembre In

questo

- Card.

numero:

G.

Biffi:

- A.Santini - Rapporto - A.Del

CENSIS:

della

- Persecuzioni Etiopia,

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Cosa r e s t a

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- Ed. P a o l i n e :

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1987

Paolo

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L'università di Bologna festeggia i suoi novecento anni

lafigliadella cattedrale

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La ricerca scientifica nasce e si corrobora alla luce dellafe Mentre sono in corso le celebrazioni per il nono centenario della fondazione dell'Università di Bologna, l'arcivescovo di Bologna, Giacomo Biffi, ha pronunciato come ogni

anno in San Petronio l'omelia, alla presenza di studenti e docenti, in occasione dell'apertura dell'anno accademico. Ne pubblichiamo integralmente il testo.

con diversa funzione e diver sa dignità — tanto da essere tutti coinvolti negli atti anche fondamentali della vita accademica. La seconda connotazione di Giacomo Biffi si riferisce ai contenuti dell'insegnamento. L'università , sempre intensa e rei richiamare — con l'ingeè «universitas studiorum»: suggestiva l'espe- nuità dell'osservatore profanon si limita a una sola discirienza che qui si rin- no ma non disinteressato — plina, ma fa spazio entro il nova: quanti, tra docenti e di- una verità semplicissima, suo ordinamento a tutte le scepoli, sono accomunati dal- che è questa: di fatto la realtà branche del sapere che si l'identica adesione a Cristo, universitaria sorge e si impovanno man mano presentanunico vero Maestro di tutti, ne entro una società dichiado come necessarie alla «res I ogni anno si ritrovano qui, at- ratamente cristiana, e dalla publica Christiana». Non è torno all'altare, nel più vasto Chiesa riceve impulso, discisoltanto, per esempio, una e prestigioso tempio della cri- plina, legittimazione. Così ci stianità bolognese, per porre dice la storia, purché si voglia ! ((scuola m diritto» o una ((scuola di medicina», ma, resotto l'azione ispiratrice e lasciarla parlare. stando un organismo unico, corroborante dello Spirito di Anzi, 1 Università è di solivia via si arricchisce delle più Dio un altro anno di ricerca, diverse facoltà; facoltà distin-, di fatica, d'impegno intellet- to figlia della cattedrale, come è evidente nel caso di Pate si, ma facoltà di un unico tuale. rigi dove essa si sviluppa dalOggi però il rito è ancora la ((scuola del vescovo»; o al- ((corpo». piùriccodi significato e di fa meno vive in intima connesIn terzo luogo, l'università scino, dal momento che l'an- sione con la cattedrale, come si differenzia dalla scuola anno accademico, al quale vo- si vede dall'antichissima con- tica per il suo rapporto con la gliamo propiziare la benedi- suetudine bolognese che vosocietà, fi suo tirocinio non zione del Signore, è consacra- leva i titoli accademici confemira solo alla formazione e to, come tutti sappiamo, al ri; riti solennemente in San Pieall'arricchimento culturale cordo e alla celebrazione dei tro per le mani dell'arcidiacodel discepolo ma, concludennove secoli di vita della no- no del capitolo. dosi con una «licentia» di instra Università. segnare e di professare in Tutto ciò deve pure avere Laricorrenzacolma di giu- un senso, e in ogni caso meri- qualsivoglia parte della crista e lietafierezzacoloro che ta una interrogazione: perstianità, rivela la consapeva partecipano direttamente al- chè l'università vede la luce lezza di una precisa funzione Fattivita del nostro Studio ge- proprio come effetto e come sociale. E' un istituto scolastinerale; anzi, rallegra e onora componente di una esplicita co sì. ma formalmente posto tutta Bologna, che si compia- cristianità, anzi di una (catto- anche al servizio della collet ce di vedere il suo nome in licità», qual è innegabilmente ti vita umana come tale. dissolubilmente legato al più la società medievale? Perchè Orbene, a me sembra che antico degli Atenei. non nasce nè prima nè altrotutti e tre questi elementi ca ve? ratterizzanti abbiano una raMa a me pare che, tra gli Certo, anche il mondo gredice nella «(cultura cristiana», universitari, siano i credenti cioè in una concezione della a essere, più degli altri provo- co-romano aveva conosciuto cati dalla celebrazione cente- scuole di altissimo livello, fi- sapienza, dell'uomo e dell'universo che si richiama al naria a una rinnovata presa nalizzate non solo alla formamessaggio di Cristo. di coscienza dei loro ideali e a zione del discente ma anche una migliore chiarificazione alla ricerca instancabile del D primo — quello che si dei loro propositi. Sono ap- sapere. Esse però non avvemanifesta nell'idea di «corporano ancora 1 idea di univerpunto i credenti—che hanno razione» — è la traduzione conservato l'identica fede cri- sità che poi emergerà nel operativa di un principio mondo cristiano. stiana degli inizi — a ritrocniaramente espresso da Gevarsi meglio sintonizzati con L'Università si configura sù, come abbiamo appena la «cultura» — cioè con la come tale — almeno a me pa- ascoltato: «Uno solo è il vo; concezione della vita e con la re — quando all'idea genera- stro maestro, e voi siete tutti gerarchia dei valori social le di scuola sopraggi ugono, fratelli... Non fatevi chiamare mente accolta — nella quale tra le altre, tre fondamentali "maestri" perchè uno solo è il le università sono sorte e si connotazioni. vostro maestro, il Cristo» (Mt sono affermate. - La prima riguarda l'inter23.8.10). na struttura e i rapporti tra le «Voi siete tutti fratelli»: doE' auspicabile che l'impe; partì costitutive. Mentre l'or- vunque ci sia un'accolta di gno commemorativo susciti dinamento dell'antica scuola cristiani, li c'è sempre una nuove indagini e nuovi studi si fonda tutto sul docente, e i fraternità, e quindi una sospecializzati, che facciano lu- discepoli sono considerati di stanziale uguaglianza, una rice con obiettività sull'origine solito solo come i «dienti» del cerca di unità spirituale, un della nostra massima istitu- venditore di scienza, l'univer- tentativo sempre rinnovato zione culturale. sità medievale è primariadi vivere secondo la legge del1 amore. Le ulteriori specidMa perche non capra che magistrorum et eazioni (che assegnano coml'esame froppq accurato di (universitas della quale maa piti evidentemente diversi a tutti i rami e di tutte le foglie rcholarium) e alunni fanno tutti chi, per esempio, è ricco di induca a non accorgersi del- stri ugualmente parte — sia pure l'esistenza della foresta, vor

E

esperienza e di dottrina e a chi primariamente ha bisogno di imparare) sono legittime e necessarie, ma non devono mai offuscare il dato essenziale. ((Uno solo è il vostro mae stro, il Cristo»: quando docenti e discenti sono ben consapevoli di questa fondamentale verità, allora molti mali sono prevenuti. Allora Tinse gnamento non sarà proposto altezzosamente dalla catte dra come una divina rivelazione, ma sarà concepito come un servizio reso dal fratello più dotto a quello che deve apprendere, e come una ricerca comune. Allora non può aver spazio nell'università alcuna arroganza, nè quella di chi si considera arrivato e costituito giudice inappellabile del valore altrui, ne quella di chi pensa di evitare la fatica e il disagio dell'apprendimento con il clamore della rivendicazione. Allora le contrapposizioni classiste, sempre risorgenti, sono almeno intenzionalmente superate dalla concorde volontà di inseguire il vero bene di tutti. La concezione della ((universitas studiorum», cioè di un solo istituto che, restando unico, ritiene di poter esplorare i più diversi campi del sapere, non può sostenersi ed è destinato a morire in una visioneframmentariae puramente enciclopedica del mondo. Essa è invece omogenea con la persuasione di chi sa che «c'è un solo Dio. il Padre, dal quale tutto proviene, e noi siamo per Lui: e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le ca se, e noi esistiamo per Lui» ( 1 Cor 8,6). Chi nella problematica universitaria contemporanea sente acuto il disagio di una evidente frantumazione del sapere e di una pura giustapposizione delle materie, e con tentativi vari, anche meramente estrinseci, si adopera per superare la reciproca lontananza e l'estraneità delle diverse discipline, forse non se ne rende conto, ma non fa che invocare l'esistenza di un Dio nel quale tutte le sparse verità trovino fondamento, composizione e sintesi,fcnon V<i Ciit «syrtmen: \a


nostalgia di Cristo, come colui nel quale — secondo il pensiero di Paolo — tutte le cose idealmente sussistono (cfr Col 1,16-17) e sono ricondotte ad unità. Infine l'idea dell'università come di una scuola finalizzata alla società nasce dal convincimento cristiano che non c'è scienza vera e salutare se non è interiormente imbevuta di carità, cioè se non è intrinsecamente orientata al bene dei fratelli; e non c'è scienza vera e salutare, se non è abbellita e impreziosita da quell'umiltà che cifavedere in ogni conoscenza una grazia immeritata e ci fa indirizzare ogni nostra intellettuale conquista al concreto servizio dell'uomo: «La scienza gonfia, mentre la carità edifica. Se alcuno crede di sapere gualche cosa, non ha ancora imparato come bisogna sapere» (1 Cor 8,2).

«Aperta agli studenti, a tutte le discipline e all'intera società, l'"Universitas studiorum" medievale vede la luce come componente di un'esplicita cristianità. Anzi, di una cattolicità»

zioni, con l'animo del pastore e del portavoce di Cristo. Vanno considerate quasi come un avvio a un più organico ripensamento — da parte degli universitari cristiani, docenti e discenti — lungo tutto quest'anno di commemorazioni e di feste. A questa grande istituzione bolognese, ormai nove volte centenaria, auguriamo di tutto cuore un avvenire sereno, laborioso,riccodi luce. • Quanto più l'università cercherà di vivere — sia pure Il vero bene dell'uomo, co- nell'intelligente adattamento me persona singola e come ai tempi mutati — secondo le universale convivenza, sarà sue caratteristiche originadunque un'altra delle stelle, rie, tanto più si avvicinerà, sulle quali questa antica, no- magari inconsapevolmente, bile e qualche volta disorien- alle prospettive evangeliche tata imbarcazione dovrà go- sull'uomo e sull'esistenza. vernare la sua crociera Quanto più essa si allontaneD conoscere è sempre un rà, magari senza volerlo, dalvalore, e non può mai riceve- la luce di Cristo, tanto più fare preclusioni o limiti, se non ticherà a capire davvero se dalla doverosa, intrinseca stessa e il senso autentico delonestà dei mezzi di indagine; la sua missione; tanto più i ma le applicazioni operative suoi malesseri resteranno indella scienza dovranno sem- superati e le sue crisi di idenpre confronta)•si con la salva- tità sostanzialmente irrisolte. guardia e con il reale miglioLo Spirito Santo — che sa ramento dell'uomo. Oggi come non mai l'università, in effondersi con generosa abtutta la sua varia attività, è bondanza e con sovrana lichiamata a lavorare per l'uo- bertà sulle menti e sui cuori mo, per la sua salvezza, per la degli uomini, indipendentemente dalle loro dichiarate sua nonfittiziapromozione. collocazioni - illumini tutti e * * * guidi tutti verso la pienezza Così, in modo forse un po' della verità. maldestro e certamente in * Cardinale arcivescovo completo, me parso giusto di Bologna proporre queste considera-


• • • • • • • • • I Padri della Civi7/d Cattolica hanno equivocato, nell'editoriale dell'ultimo numero, sul senso, che pur ci appariva estremamente chiaro, di affermazioni che sono comparse sul Sabato. Siccome diamo ad esse la maggiore importanza, e insieme vogliamo mantenere nella discussione la serenità maggiore, ci addossiamo la colpa della mancata chiarezza, e cerchiamo di porvi rimedio, sperando di riuscirci. Quale sarebbe l'errore di certi cattolici (l'editoriale non li nomina, ma l'allusione al Sabato e a CI è fin troppo evidente)? Il partire da una visione eccessivamente pessimistica del mondo laico moderno, per cui arrivano a mettere in dubbio la possibilità di una collaborazione tra credenti e non credenti per l'attuazione di valori umani comuni. Poiché l'attuale secolarismo, dice l'editoriale della rivista dei gesuiti, «tenderebbe a espellere dalla vita sociale ogni valore cristiano e ogni residuo di religiosità, che ostacolerebbe la totale immanenza tecnocratica (...). in questa situazione la collaborazione dei cristiani non sarebbe volta all'attuazione di un progetto "umano", fondato cioè su valori "umani", ma all'attuazione di una società tecnocratica e radicale, totalmente a-religiosa, non nel senso che combatterebbe la religione, ma nel senso che dichiarerebbe superato e di nessun interesse lo stesso problema religioso. 1 cristiani quindi collaborerebbero al proprio suicidio. Perciò, invece di cercare di collaborare con altri, i cristiani, contando sulle proprie forze e sui propri ideali, dovrebbero agire per l'attuazione di un progetto di "società cristiana" o di "cristianità", qual è possibile realizzare nel mondo moderno».

Differenze tra cattolici ediamo la differenza tra le due posizioni cattoliche. Per quei tali cattoliV ci a cui, senza nominarli, si riferisce l'e-

Dibattiti. Del Noce risponde ai gesuiti // Subalo 17-23 ottobre ¡987

I padroni del futuro elargiscono valori

C'è un'antireligione che tollera la religione purché non interferisca. È la cultura che sta progettando il nostro domani, che raccoglie consensi attraverso evidenze morali comuni a tutti. Se i cattolici stanno al gioco lasciano via libera ai totalitarismi che verranno. Il grande pensatore replica a Civiltà cattolica Negli ultimi trent'anni abbiamo avuto l'avanzata continua di valutazioni che hanno le loro premesse nelle tesi del nuovo laicismo, cosi che realmente si è formato un nuovo senso comune, ma del tutto diverso da quello che Gramsci auspicava. Sembra però che si possa ribat tere: resta i l fatto che cattolici e laici collaborano, sia pure con qualche difficoltà. Questo vuol dire che i valori comuni esistono ancora. Sono lontanissimo dal negarlo e dico anzi che il loro elenco può essere indefinitamente allungato. Facciamo qualche esempio: frenare l'inflazione, cercare di eliminare la disoccupazione, contribuire a elevare lo sviluppo tecnico dell'Italia sino al suo avvicinamento a quello delle società più avanzate, garantire l'assistenza sanitaria, e cosi via. Si tratta di valori che certamente possono essere apprezzati anche dal punto di vista morale, ma che su un piano politico vengono assunti per il loro carattere di utilità; nel senso che sono affermati come strumentali per promuovere, nel presente, una pacifica coesistenza, la cui crisi sarebbe nociva per tutti. Insomma la collaborazione su «valori comuni» tra cattolici e laici avviene di regola nell'orizzonte di quella che è stata giustamente definita «la ragione strumentale».

ditoriale di Civiltà Cattolica, si tratta della netta distinzione tra un vecchio laicismo, che intendeva conservare le tesi essenziali della morale cattolica pur dissociandole dalla loro radice teologica e metafisica, ed unónuovo, che intende sostituirle con tesi affatto diverse. Possiamo caratterizzare questo secondo, attraverso una forma sintetica comprensiva, come «affermazione del primato dell'economico, che subordina o risolve in sé l'eticità: contro il laicismo tradizionale che almeno nella sua linea prevalente professava che l'economico non è umanità, ma Diciamo che le contese parlamentari si strumento dell'umanità». riducono oggi, ed è bene — oggi — che Che negli ultimi trent'anni sia avvenu- sia cosi, alla discussione sui mezzi mita, silenziosamente, questa rivoluzione gliori per raggiungere questi fini, che, morale, è stato ben avvertito da scrittori poiché non suppongono un giudizio moche chiamerò laico-pessimisti: da un rale, oltre la strumentatila alla coesistenErich Fromm, per esempio o. su un altro za, possono trovare consenzienti, di fatpiano, da un Pier Paolo Pasolini; ed é to, tutti j partiti. affatto illusorio che il vecchio laicismo possa resistere rispetto al nuovo. Si pensi a quella che è la sorte preseme delle filosofie, entrambe a loro modo cristiane, in cui la coscienza laica italiana si riconosceva mezzo secolo fa, quelle di Croce e di Gentile.

I «padroni del futuro» a la politica si riduce a questo? O M non ha di mira qualche cosa che va oltre, la formazione di una coerente per-

sonalità umana? Non soltanto l'amministrazione del presente, di ciò che è, ma la preparazione del futuro, di quel che dovrebbe essere? A questo riguardo, si può dire che i nuovi laici sono nel momento presente «padroni del futuro» e che di questo «futuro dell'uomo» sembrano assai poco preoccupati i cattolici che agiscono sul piano della politica, e meno che mai coloro che sono persuasi della presenza o della prevalenza, oggi, di «valori morati comuni». Abbiamo parlato del carattere silenzioso di questa rivoluzione morale che ha sostituito, per usare termini noti, i l primato dell'avere, dell'economico, a quello dell'essere. Non si può neanche indicarne un teorico ufficiale; piuttosto, è una cultura dissolutiva e distruttiva, che richiama e utilizza maestri della «scuola del sospetto» (Marx, Nietzsche, Freud), neutralizzandoli in quel che hanno di positivo. É una cultura religiosa, nella misura in cui non riconosce altro valore oltre che quello dello scambio (e forse questa è la definizione più precisa del nichilismo). La sua antireligione si esplica nel tollerare la religione, purché non interferisca nel pubblico (del resto, questa nuova forma di totalitarismo si fonda sulla più ampia tolleranza: i l termine di «tolleranza repressiva» usato da Marcuse è valido nel suo riguardo, anche nel totale fallimento dell'opera marcusiana, e nel dispiacere che si prova a citare questo autore).


Adeguamento o alternativa ittoria o crisi del pensiero laico? In V ogni caso è un processo a cui esso non può opporsi e a cui, salvo che negli

autori pessimisti che ho già ricordato, non può che cercare di adeguarsi teoricamente (così, per esempio, nell'invenzione del «pensiero debole»). In questa situazione i cattolici si trovano costretti ad una scelta: o la pura abdicazione e l'accettazione della marginalizzazione o la creazione di un'alternativa; che non è la formazione di un partito politico, ma di una cultura che potrà anche vivificare una forza politica.

Il primo loro compito è quello di prendere coscienza del valore e della conferma che trova oggi quella critica della modernità che ha ispirato la filosofia della storia cattolica dell'Ottocento, e che invece in questo dopoguerra che non finisce mai, molta parte della cultura cattolica, nuovi teologi in testa, ha ripudiato; critica da non ripetere passivamente, si intende, ma da svolgere. Che altro è infatti i l secolarismo,"'preparato nei secoli X V I I I e X I X , se non la sostituzione dell'aldilà con l'avvenire, in chiave utopica? E come questa sostituzione può venire operata se non nella forma di rivoluzione, intendendo questo termine in senso immanentistico? Orbene, quel che è avvenuto nel nostro secolo autorizza a parlare, con una formula complessiva che ne esprima i l significato, di «cimitero delle rivoluzioni». Non nel senso che esse si siano manifestate irrealizzabili utopie, ma in quanto nell'attuarsi hanno realizzato l'esatto opposto delle speranze e delle intenzioni dei loro ideatori. Così i l marxismo, così i l nazismo (rivoluzione contro la rivoluzione, o puro rovescio della rivoluzione marxista quale si era attuata, smentendo il suo primo autore, nel leninismo e nello stalinismo), cosi il fascismo, cosi la rivoluzione scientifico-tecnica; al qual proposito è piccante ricordare come i l suo teorico italiano, Ugo Spirito, pensava dovesse realizzare i l superamento dell'egocentrismo in una civiltà della comprensione e dell'amore, e invece ha dato luogo al consumismo, che dell'egocentrismo è la punta massima. Della forma del loro fallimento e del vincolo che li unisce ho già parlato altre volte e in altre sedi. E qui i limiti di spazio concessi ad un articolo mi costringono ad interrompere; i titoli però in cui il discorso dovrebbe articolarsi risultano abbastanza chiari perché chi vuol intender- intenda. Augusto Del Noce


VATICANO/LA STAMPA CATTOLICA VUOLE PIÙ LIBERTÀ

Giù le forbici. Santità di Giancarlo Zizolo

un intervento del capo della Congregazione per la dottrina della fede, cardinale Joseph Ratzinger, sulla direzione del Messaggero di Padova, i l popolare mensile con un milione e mezzo di abbonati, affidato ai frati di Sant'Antonio, criticato per aver pubblicato un articolo descrittivo della teologia della liberazione. La stessa Famiglia cristiana non è sfuggita alle premure e alle ansietà di alcuni funzionari della Segreteria di Stato, che fanno parte della mini-curia parallela a cui fanno capo i fili principali del potere vaticano. Che si tratti di una strategia unitaria (cui i l controllo dell'informazione è indispensabile) è provato dalla circolare mandata a tutti i superiori degli ordini e congregazioni religiose dal preietto della Congregazione per i religiosi e gli istituti secolari cardinale J é r ô m e Hamer: egli ha rilanciato in tutto i l suo primitivo vigore l'Istituto del controllo canonico su «riviste, bollettini, periodici in genere» pubblicati sotto la responsabilità diretta o indiretta dei religiosi. I l motivo richiamalo dalla circolare è «di ottenere la corretta e integra trasmissione e diffusione della santa dottrina della Chiesa».

Per la prima volta le principalirivistecattoliche del mondo denunciano la censura del papa. Con un pubblico manifesto. E i gesuiti, non meno colpiti, conservano per il futuro le pagine proibite di -Civiltà cattolica».

C

ontrolli, censure e incidenti fra nunzi papali e redazioni delle riviste cattoliche: i r a p p o r t i fra Chiesa e mass media si infittiscono di ombre, via via che la restaurazione vaticana stringe i freni delle libertà interne e ricaccia nel demoniaco il mondo moderno con i l quale i l Concilio aveva aperto un dialogo negli anni Sessanta. «Neiia dirigenza ecclesiastica non si è ancora compiuto i l passaggio dalla paura e dal controllo alla fiducia e alla promozione dell'informazione» è la conclusione di un manifesto pubblicato da alcune fra lp più prestigiose riviste di informazione religiosa del mondo in occasione del Sinodo dei vescovi: una critica durissima, per la prima volta d i r e t t a p u b b l i c a m e n t e dai leader dell'opinione cattolica mondiale ai metodi repressivi della destra al potere in Vaticano. A firmare i l rfianifesto sono testate seguite in tutto i l mondo cattolico per la qualità della loro informazione religiosa e l'autorità delle fonti: dal National Catholic Reporter negli Usa (cui collaborano anche dei vescovi) al Catholic New Times del Canada e, per l ' E u r o p a , Vida Nueva d i M a d r i d , Orienterung dei gesuiti svizzeri, la tedesca HerderKorrespondenz, le italiane Jesus dei paolini, //Regno dei dehoniani e Rocca delia Cittadella Cristiana, di Assisi. «•Clii »uoìc Infoi male cuf i ci lamen i t sulla vita della Chiesa» dice i l manifesto «anziché essere agevolato incontra silenzi, reticenze, mancanza di strumenti adeguati, sia nelle Chiese locali che presso gli organismi della Santa Sede. Siamo convinti che per il cristiano ci sia largo spazio di libertà nella Chiesa su questioni opinabili, eppure abbiamo assistito in anni recenti alla penalizzazione non solo del dissenso ragionevole nella Chiesa, ma anche alla penalizzazione di un'informazione condotta iti libertà c serietà professionale-. C'è voluti, quasi un anno per disco lete ed elaborili- il documento che si

7C - PASORAVA

25 OTTOBRE 1987

colloca tra i segnali, sempre più numerosi, di ingovernabilità dei processi di restaurazione ecclesiastica. Esperte di ogni possibile mediazione con la gerarchia, convinte fautrici del dialogo nella Chiesa, le riviste che hanno lanciato i l manifesto avvertono che le tensioni sono arrivate a una soglia oltre la quale la politica del silenzio diverrebbe autolesionistica. Per approvare il documento, le riviste hanno riunito i loro rappresentanti per due giorni a Milano. Fra gli episodi ricordati durante l'incontro spicca quello del nunzio in Spagna, monsignor Mario Tagliaferri, il quale é intervenuto duramente sulla direzione di Vida Nueva per richiamarla «a più sintonia col Vaticano» Citato anche

Non sarebbe un episodio isolato, insomma, i l licenziamento di padre Alessandro Zanotelli dalla direzione di Nigrizia. il mensile dei missionari di Verona che ha denunciato per primo gli intrecci occulti tra mafia, droga c traffico d'armi. Durante la riunione milanese sono stati descritti anche casi di interventi di funzionari della Segreteria di Stato sui direttori di giornali indipendenti, non solo in Italia, a sostegno di linee «gradite» di informazione religiosa e persino di scelte dei collaboratori in guestocampo: episodi di ingerenze confessionali senza precedenti noti nell'autonomia dei giornali indipendenti. L'ultima impresa attribuita ai vertici vaticani (ma più precisamente a monsignor Giovanni Battista Re, assessore della Segreteria di Stato e uomo forte del Vaticano per i l controllo della Chiesa in Italia) è l'epurazione dell'editoriale di Civiltà cattolica dal quaderno 3.294 del 19 settembre. Non è chiaro tuttavia se l'eliminazione dell'articolo sia dovuta a un provvedimento diretto di Re oppure a una decisione del direttore, padre Gianpaolo Salvini, per evitare la pubblicazione di un editoriale snaturato dai tagli censori. Sempre più mesti si fanno i ritorni di Salvini dai palazzi apostolici dove sale ogni quindici giorni con le


VATICANO / SEGUE

bozze della rivista per la revisione di rito. Al tempo di Paolo VI l'appuntamento era divenuto i l più delle volte un'occasione per un colloquio disteso tra i l papa e i l direttore. Negli ultimi anni invece i l controllo delle bozze, dirottato sui funzionari, si è fatto reale. Ormai per ogni Civiltà cattolica che arriva ai diecimila abbonati ce n'è un'altra che prende la via degli archivi segreti, dove i l collegio degli scrittori di Villa Malta cataloga e conserva tutti ;li articoli non pubblicati e gli originai di quelli censurati. La maggior parte degli informatori religiosi si dichiara convinta che Io sviluppo di un'opinione libera nella Chiesa è incompatibile con l'integrismo e i l clericalismo attualmente in auge. Essi osservano che le istituzioni ecclesiastiche non fanno tutto i l loro dovere per dimostrare che ciò a cui tengono sono veramente deile anaiisì indipendenti e bene informate piuttosto che delle apologie a buon mercato. È diventato assai più difficile di un tempo ottenere in Vaticano informazioni serie che non siano quelle distribuite degli sportelli della sala stampa della Santa Sede. I prelati di curia sono divenuti più prudenti del solito nell'accettare colloqui informali con i giornalisti specializzati e preferiscono comunque concedere i loro appuntamenti a ore non canoniche e in posti fuori mano, spesso lontani da Roma.

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Aftche al telefono le conversazioni con le fonti vaticane rivelano una cautela nettamente maggiore di quella abituale. È stato emanato un ordine tassativo della Segreteria di Stato che proibisce ogni comunicazione tra membri delle Congregazioni, degli Uffici e dei Tribunali romani e rappresentanti dei media e impone ai primi di dirottare i giornalisti alla sala slam pa vaticana, diretta da Joaquim Navarro Valls, membro dell'Opus Dei e sempre più combattuto tra le esigenze dell'informazione moderna e i divieti di un Vaticano regressivo. Anche le Delegazioni episcopali .-ì Sinodi, ùuì laici hanno ricevuto l'ordine di escludere qualsiasi contatto con i giornali sti c di non trasmettere loro né i docu menti in discussione né i testi dei loro inici venti. La reticenza delle fonti ci assimila al costume dei sistemi autoritari» due Angelo Dertani, direttore del settimanale dell'Azione cattolica Segno sene t-li un fenomeno che indica che non si \ u« -I pi cndvrv sul serio l'ordine tempo tale, l'autonomia delle lealtà l i n c i , lo leggi e i l pluralismo dell'infoi inazione moderna. Si tende piuttosto a trasformare i media da strumenti di informazione e di dialogo in stru-

menti di propaganda e di polemica» Emerge infatti la figura del giornalista di palazzo, nell'orecchio del papa, detentore di informazioni due e naturalmente collegato coi leader più o meno carismatici che hanno le chiavi degli ascensori più segreti dei sacri palazzi. «La politica restrittiva del Valica no» dice Jan Groolacrs, dell'università di Lovanio, coordinatore del Reticolitre Internai tonai des Inforniateurs Reti 'ieux, «è più impressionante, mentre a "glasnost" di Gorbaciov dispiega i suoi effetti nell'impero sovietico e nel mondo». Una «glasnost» vaticana è in effetti ciò che gli informatori religiosi cattolici hanno proposto a papa Woj tyla, facendo appello ai principi di una Chiesa testimone di libertà in mezzo agli uomini. Le riviste hanno chiesto «l'accesso immediato e integrale dei testi prodotti dai padri e dal Sinodo dei vescovi». È ve t o s i ni i l e che la richiesta sia accolta? «Dentro la grande massa delle notizie, bisogna trasmettere preferibilmente quelle che rafforzano la comunione» ha ordinato la P o n t i f i c i a comm i s s i o n e per l'America Latina al momento di varare la nuovissima rete di servizi informativi sull'America Latina progettata in ogni Paese d'Europa e nel Nord America Contemporaneamente è s t a t o messo i n cantiere un piano tecnologico e organizzativo per computerizzare l'intera informazione ecclesiale latino-americana. I p r i m i terminali del sistema saranno installali a Buenos Aires, Rio de Janeiro, Città del Messico e Santo fv.niingo wz entro due ar.n. \\ piano sarà esteso a tutte le diocesi del continente. I l ncopresidenle del Cclam (Consiglio episcopale latino-americano) Dario Castrillon Hoyos. vescovo colombiano di tendenza conservatrice, ha r i u n i t o la commissione pei le comunicazioni per annunciare i l primo impegno di questa struttura: raccogliere informazioni sugli scritti, le dichiarazioni e gli incontri dei teologi della liberazione. «Un tentativo di esercitare un controllo più stretto sull'ortodossia dei teologi latino-a me ric a ni» ha scritto i l Servizio informazioni latino-americano

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Giancarlo Zlzoia

PANORAMA

25 OTTOBRE 1987


I vescovi contro l'hard-core Bambini-cavie, profitti enor Sotto accusa, in un convegno della Cei, un mercato in grande espansione - Citati film con sevizie anche ai minori - Chi compra i video è complice di un «delitto»? CITTA' D E L VATICANO Al Convegno è stato ricor- pio a quelle che si realizzano sentenze di alcuni dei nostri — Chi compera video porno- dato che spesso le vittime di nel campo della droga, di giudici». Produrre una videocassetgrafici a contenuto hard- queste operazioni criminali stroncare o combattere il fecore si rende complice, o vivono in paesi lontani e po- nomeno». E questo «sostan- ta ha costi bassi, è stato rimandante indiretto — come verissimi, dove prospera la ziale permissivismo delle le- conosciuto al convegno, e cliente — di un delitto? L'in- prostituzione infantile. «In gislazioni», dell'Occidente quindi c'è la possibilità di interrogativo ha percorso il questi casi è evidente — ha industrializzato, si traduce seguire una domanda molto convegno organizzato dalla detto Bai ile — che oltre alla secondo Paolo Bai ile «in frammentata «adeguando Conferenza Episcopale Ita- violazione di divieti penali una sorta di indiretto e l'offerta alle particolari inliana su costume e mass me- vigenti in molti paesi, che obiettivo incoraggiamento clinazioni o aberrazioni sesdia. D mercato delle porno- concernono la diffusione in agli autori di quei lontani, suali dei potenziali acquirencassette è in travolgente pubblico di spettacoli con- ma non per questo meno ti o spettatori». D livello di •degradazione e esasperazioespansione. «Afa non è solo trari al buon costume, l'av- odiosi, delitti». ne è inimmaginabilz», ed è l'aspetto quantitativo che venuta violazione dei diritti D sistema distributivo poi rimbalzato anche nei film. della persona umana è testiimpressiona — ha detto il moniata e comprovata dal fa il resto, garantendo pro- Poche settimane fa — è stagiurista Paolo Bai ile, relato- contenuto stesso della video- fitti enormi. In Italia alla to ricordato al Convegno, re al convegno —. Spesso per cassetta, n reato i stato con- fine dello scorso anno c'era- svoltosi nei locali della Dorealizzare simili prodotti sumato nel realizzare e per no in circolazione un milio- ni us Ma ter Amabilis — un vengono sicuramente e pe- realizzare quel certo prodot- ne di apparecchi video. In dirigente dell'Ente Nazionasantemente violati i diritti to audiovisivo». Usa sono 40 milioni, in Giap- le Protezione Animali ha umani, ad esempio della dipone 23 milioni, 10 milioni in scritto una lettera al minignità della donna. In altri Cè una responsabilità mo- Gran Bretagna, 8 milioni in stro del Turismo e Spettacocasi risulta evidente e com- rale dei clienti del prodotto; Germania Federale, 4.5 mi- lo e al presidente dell'Agis, provata l'avvenuta violazio- ma all'origine esiste il disin- lioni in Canada e in Francia, protestando «contro l'utilizne, durante le riprese con la teresse delle autorità. L a 3 milioni in Australia, 2 mi- zazione degli animali in scetelecamera o con la cinepre- presentazione al pubblico di lioni in Spagna. 1.6 milione ne molto spinte di accoppiasa, dell'integrità e dell'inco- questi spettacoli è ovvia- in Olanda. Addirittura, mento di uomini e donne con lumità fisica di minori, e ad- mente proibita, ma non si quando il problema giunge gli stessi animali... costretti dirittura di bambini che ven- compie nessun tentativo di nelle aule dei tribunali, si ha ad agire contro la loro natugono sottoposti a ogni sorta •risalire all'origine di quel un paradosso: gli autori di ra». di sevizie o di violenze ses- fenomeno criminoso, cercan- atti risultano avvantaggiati, Marco Tosati! suali, che restano poi impie- do, anche con opportune in- più del «consumatori di tale tosamente documentate sul tese di collaborazione inter- merce-spettacolo, dall'attegnazionale analoghe ad esem- giamento permissivo delle nastro». All'apertura del Sinodo la severa denuncia durante l'incontro col cardinale di Praga

Il Papa attacca la Cecoslovacchia «Il suo regime opprime la Chiesa»

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CITTA' DEL VATICANO — L'apertura del Sinodo dei vescovi e la denuncia dell'oppressione religiosa esercitata dal governo comunista cecoslovacco sono le due notizie vaticane di ieri. I due fatti sono tra loro legati: al Sinodo, infatti, non sono presenti — perché il governo non ha dato il visto — due dei tre cecoslovacchi che avrebbero dovuto parteciparvi. n P a p a h a d e t t 0 c h «triste stato» della Chiesa cattolica cecoslovacca non ha paragoni «in Paesi di tradizione cristiana» (i cecoslovacchi sono cattolici al 69 per cento).

In Cecoslovacchia ci sono 13 diocesi, ma solo cinque hanno un vescovo e di questi cinque solo Tornasele (che ha compiuto 88 anni il 30 giugno) è potuto venire a Roma per la visita «ad limina»: gli altri non sono potuti venire o perché malati, o perché non sono stati autorizzati. «L'assenza di questi vescovi — ha detto il Papa a Tornasele — offre un'eloquente indicazione delle condizioni in cui vie ve a la Chiesa nelle vostre regioni»: I l Papa ha denunciato l'impossibilità di nominare «vescovi degni»; l'impedimento ai giovani ad «entrare nei seminari, ove il numero E' stata la più forte denun- degli alunni viene limitato»; cia della mancanza di libertà la «mancanza completa di religiosa che questo Papa monasteri e case religiose»; abbia mai fatto in riferimen- le limitazioni all'attività pato ad un singolo Paese. Ed è storale e all'editoria religiostata una denuncia solenne, sa. Ed ha concluso che pegfatta ricevendo in visita «ad gio di cosi non va da nessulimina» (cioè per il rapporto n'altra parte: «La Santa Sequinquennale) il cardinale di de ha sempre cercato e sta cercando infaticabilmente Praga Frantisele Tornasele.

di sfruttare tutte le possibilità affinché questo triste stato, senza analogia in Paesi di tradizione cristiana, possa finire». Poco dopo l'incontro con Tornasele, il Papa ha presieduto in San Pietro la concelebrazione per l'apertura del Sinodo. I due cecoslovacchi assenti sono: 1«uditore» laico Silvester Krcmery e l'ordinario di Presov (è una diocesi di rito bizantino slavo», Jan Hirka. E' la terza volta (avvenne già nel 1980 e nel 1983) che il Papa chiama Hirka al Sinodo e che il governo gli impedisce di venire. Alla concelebrazione hanno partecipato 4 patriarchi di Chiese orientali. 38 cardinali, 158 vescovi e 56 sacerdoti Parlando dell'argomento del Sinodo, che è «Vocazione e missione dei laici», i l Papa ha citato il mandato di Cristo agli apostoli sul legare e lo sciogliere. Luigi Accattoli


Le interviste al Patriarca Pimen

Ambiguità sul millennio

si avvale di scuole o di altre forme istituzionali per essere presente nella società sodi Romano Scalfì vietica, ma solo del suo mescosì più autonomia dallo za- saggio spirituale o morale, Le Edizioni Paoline stanrismo; per questo l'assoluti- che parla attraverso il patri- j no lanciando come sensaziosmo zarista si era opposto al- monio architettonico di mi-1 nale un testo che riunisce la nomina del Patriarca. Cer- gliaia di monasteri e chiese ! una serie di interviste al Pato il Patriarca non può dire (più del 90% adibiti ad usi triarca della Chiesa Ortodosciò che pensa, ma forse San- profani — particolare del sa Russa. Le risposte del Patini avrebbe potuto fare mi- tutto trascurabile) che parla triarca sono particolarmente interessanti perché rispec- glior uso della propria liber- direttamente ai credenti at tà di giornalista occidentale. traverso la predicazione e le chiano non soltanto e non A meno che, per sottostare celebrazioni liturgiche» (p. tanto la sua opinione (è ben nota l'infermità del Patriar- alle indicazioni del Patriar- 126). ca) quanto la mentalità del- cato, non abbia dovuto cenA Kurgan, per esempio, surarsi da sé. Ma allora la l'ambiente del Patriarcato. domanda va rivolta all'edito- una città di oltre mezzo miNell'introduzione si dice re: valeva la pena stampare lione di abitanti, non esiste che le pagine del testo «sono un testo per confondere più i un luogo dove sia permessa intese a far chiarezza». A di- che chiarire una situazione? | una celebrazione liturgica. re il vero, se c'è una cosa che Risponde Pimen: «Siamo manca in questo testo è proOffende soprattutto il mo convinti che la Chiesa non prio la chiarezza. La nebulo- do disinvolto, anzi disuma- debba utilizzare metodi artisità impera sui due fronti: no, con cui si è voluto risol- ficiali per aumentare i l nusul fi-onte di Santini che do- vere la questione dei dissi- I mero dei suoi fedeli. Le no manda, come sul fronte del denti cristiani: la loro lotta stre chiese sono aperte per Patriarca che risponde. La per avere più spazi di libertà, tutti» (anche per quelli che scelta degli interlocutori non l'impegno per la rinascita devono fare centinaia di chiè stata fra le più felici se si in- cristiana (spesso pagato col lometri prima di trovare una tendeva fare chiarezza sulla lager), la ricerca del dialogo chiesa funzionante). situazione della Chiesa in vengono gabellati per antisoL'editoria religiosa sarebRussia. vietismo e delinquenza co- i be anche del tutto soddisfamune. Proprio oggi, che la Di Santini, giornalista delcente. «L'elenco di tutte le l'Unità, dobbiamo dire che è stampa sovietica ufficiale nostre pubblicazioni recenti pubblica sui rapporti StatoI quello che ne vien fuori mee quelle in via di realizzazioglio (un meglio relativo) an- Chiesa articoli ben più critici ne è vastissimo» (Pimen. p. che se resta sempre il dubbio e veritieri di guesta intervi- 69). «La rivista del Patriarcache abbia fatto delle censure. sta. Si veda ad esempio l'in- to di Mosca» esce in due linNon possiamo dimenticare tervista che l'accademico Li- gue, russa e inglese. E' il infatti che in un'intervista chacev ha rilasciato alla «Li- maggior sforzo editoriale del sulla teologia della liberazio- teraturn^ja Gazeta», in cui Patriarcato: un bollettino ne fatta a Filaret di Kiev e accusa lo stato di ingerirsi mensile che riporta gli atti apparsa sull'Unità, Santini negli affari interni della 1 ufficiali, qualche pagina con si era permesso di censurare Chiesa. In genere, il testo cu- brevi prediche, e molte pagiil metropolita proprio in par- rato da Santini rivela una ne che inneggiano alla pace. mentalità già superata. E' un ti sostanziali, là dove Filaret Nell'arco di un anno si può esprimeva un giudizio in sin- testo datato: vecchio ancor trovare anche qualche artiprima di uscire. tonia con il cardinale Ratzincolo interessante. La rivista ger. A parte questo sospetto, riservata ai preti, non è in Anche la posizione dei ve- èvendita. che speriamo infondato, re; La tiratura è mini sta il vezzo di presentare gli scovi è già diversa da quella ma. La Bibbia è stata stameventi passati a presenti se- presentata nel libro; un me- pata cinque volte, afferma condo la tradizione sovieti- tropolita ha chiesto recente- Pimen. E' vero, ma stampata ca. Dal 1917 in poi. si dice nel mente che i credenti godano in un numero limitatissimo libro, persecuzioni contro la degli stessi diritti degli atei. di copie, molte delle quali riLa glasnost non è soltanto servate all'estero. A tutt'oggi Chiesa e i credenti non ce ne uno slogan lanciato da Gorsono state. Ci furono si delle la Bibbia al mercato nero tensioni, qualche difficoltà di baciov e una rivista del sa- raggiunge prezzi astronomimizdat. è anche una realtà adattamento da parte della ci e in dogana, anche recen Chiesa, ma niente di cruento i viva tra i cristiani di base, e temente, viene sequestrata e tragico. L'omissione più ge- una timida presenza perfino assieme alle riviste pornonerosa è su Florenskij, il pre- tra la gerarchia. Ma non ce grafiche. te scienziato che «nella situa- n'è neanche l'ombra nel Bzione complicata del suo ¡ bro curato dalle Paoline. Dal 1917 non si pubblica Il Patriarca, per altro, tempo cadde vittima della reesprime in modo chiaro e fe- un catechismo, non esce un pressione». dele la dottrina e la tradizio- testo di teologia o di esegesi, ne ortodossa. Siamo lieti di di morale o di apologetica, Prima del 1917 abbiamo questa fedeltà, che traspare ma tutto questo non costitui«una Chiesa vissuta fino ad anche dal testo, meno lieti sce un problema. allora al servizio dello Stato quando Patriarcato e SantiL'editoria è solo un eseme del suo sovrano assoluto, lo ni (il Patriarcato con più in- pio di tecnica propagandistizar» (p. 123). Semplificazioni sistenza e Santini con tacita ca per far passare come norsuperficiali, silenzi compro- accondiscedenza) vogliono male e soddisfacente una simettenti, esplicite falsifica far passare come normale e tuazione miserrima. Lo steszioni abbondano in tutto il i plausibile una situazione so dicasi «del servizio per la testo: sappiamo che nella ! che perfino gli atei sovietici piace» cosi intenso e impeChiesa erano operanti allora denunciano pubblicamente gnativo da assorbire ogni aldelle correnti liberalieggian- ; anche sulle riviste ufficiali. tra forma di servizio all'uti. e che dal 1905 si stava pre«La Chiesa ortodossa — è manità. A piarle la pace uniparando i l Concilio locale, Santini che parla oggi non direzionale che non permetche avrebbe dovuto ripristite di toccare il problema delnare il Patriarcato e ottenere

Awenire Mercoledì 18 novembre 1987

l'Afganistan. si vuol far passare come del tutto com prensibile la proibizione alla Chiesa di organizzare qualsiasi opera benefica Un accenno particolare merita la questione degli untati ucraini (pp. 216-219). La menziona in modo ambi guo e pilatesco anche l'editore nella prefazione: «La lacerante questione degli uniati. i cattolici ucraini vessati e di : spersi. che da quattro secoli rappresentano per le due Chiese un drammatico "segno di contraddizione"». Santini «credeva risolta la questione degli uniati ucraini con il Smodo di Lvov (1946)». Assecondando i metodi persuasivi di Stalin (depertazione in lager di tutti i dieci vescovi cattolici, di una buona piarte dei sacerdoti cattolici e di numerosi laici) la comunità cattolica ucraina cosi decimata avrebbe deciso con trasporto unanime di farsi ortodossa. Questo vuol farci credere il Patriarcato. Molti ortodossi russi a Mo sca e in altre città, anche recentemente, hanno pubblicamente richiesto che sia dichiarato nullo lo piseudo concilio di Lvov. In ogni caso, non si può assolutamente far passare come mentalità della Chiesa ortodossa russa ciò che nel testo è messo in bocca al Patriarca. Così si rivela un altro aspetto negativo del libro, che va oltre la questione degli uniati: è del tutto disattesa la voce del popolo ortodosso. Da tempio il p»px>lo ortodosso russo piarla attraverso il samizdat. In questi ultimi tempi, approfittando della 'glasnost'. e più che mai lo quace. Anche questa voce è della Chiesa. Il Patriarca Pi men. rifacendosi a Chomjakov. afferma che il Concilio ecumenico è infallibile quan do viene accettato «da parte di tutto il popiolo di Dio». Le risposte del Patriarca per molti motivi non godono del dono dell'infallibilità: uno fra i tanti è che non sono condivise dal piopiolo ortodosso russo. In questa linea, quanto è stato scritto nel testo ha il valore di un'opinione, a volte in sintonia con la tradizione, ma spiesso in consonanze più che altro con gli organi censori. L'editore, per far opera riparatrice nei confronti della verità ortodossa, dovrebbe offrire la possibilità di esprimersi anche al pio piolo ortodosso, magari, tanto pier cambiare, intervistato da un credente. La verità, che nasce dalla comunione, secondo la stupenda tradizione ortodossa, ne avrebbe tutto da guadagnare.


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na d e l l e parole MILLE ANNI d'ordine DI F E D E della pere stroika gorbaceviana è da q u a l c h e tempo «l'eliminazione d e l l e macchie bianche della storia dell'Urss». È questo i l nome dato ai periodi passati sotto silenzio o falsificati più o meno t o t a l mente dagli storici sovietici. Nelle ultime settimane abbiamo assistito con sgomento alla nascita o quanto meno all'ingrandirsi di una «macchia bianca», ad opera del Patriarcato di Mosca, realizzata da un giornalista comunista italiano e, purtroppo, dalle Edizioni Paoline. I l capo della Chiesa di Mosca Pimen sarebbe stato intervistato dal «vaticanista» dell' Unità e gli avrebbe fornito materiale sufficiente per trarne un volume di 170 pagine. Nel libro vengono toccati pomposamente, ma con raggelante superficialità innumerevoli temi di natura politica, sociale, morale, o inerenti all'organizzazione della Chiesa di Mosca. II Patriarca Pimen, 77 anni, è un uomo malato e stremato, che non scrive più neanche le sue omelie e delega interamente ad altri anche quella modesta parte del governo della Chiesa che gli spetterebbe. Per i credenti dell'Urss non è un segreto che le sorti di questa Chiesa, martire ieri e prigioniera oggi, dipendono in realtà dal Consiglio per gli affari religiosi del regime. Il martirio della Chiesa nell'Urss è stato finora ufficialmente ignorato. Ora si è forse passati (purtroppo attraverso la pubblicazione italiana) alla tappa successiva e perfezionata, realizzando Orwell: il martirio non c'è stato affatto, dal momento che il racconto messo in bocca al capo della Chiesa martire riscrive la storia della sua Chiesa cancellando ogni ricordo del martirio, distorcendo e falsificando le cause e le circostanze delle «difficoltà» in quei rari casi in cui ne fa parola. Colpisce particolarmente il silenzio totale sul dramma della «Chiesa del rinnovamento»: i l tentativo ante litteram (anni Venti e Trenta, fino alla guerra) di distruggere la Chiesa da dentro, creandone una «parallela», una versione sovieti-

// Sabato 12-18 dicembre 1987

Quante bugie fan dire al patriarca Pimen. In Urss la Chiesa è martire e prigioniera. Anche se si vuol far credere il contrario ca delle varie «Chiese del popolo», •Chiese dei poveri» e simili che vediamo sorgere oggi un po' dappertutto. Ma forse l'aspetto più terribile e temibile è l'immagine sapientemente costruita (e per questo ci voleva l'obliterazione del martirio) di una serena ed indisturbata esistenza, oggi, della Chiesa prigioniera, come la definiscono i suoi fedeli. Si va verso un accordo, ci sembra di capire, nel cui ambito la Chiesa potrà svolgere indisturbata un ruolo moralizzatore ed esistere in quanto istituzione appartenente a questo mondo (non certo a Cristo: la presenza viva di Cristo è quel che scompare), in quanto monumento culturale. Ci sarebbero cosi scopi ed ideali morali e sociali accettati dai credenti e dai non credenti, e per raggiungerli è auspicabile la reciproca tolleranza e la mutua collaborazione. Nel contempo la Chiesa russa potrà continuare a celebrare i suoi riti fra le quattro mura degli «edifici adibiti al culto». A questo solo si limiterà, però, la sua opera di evangelizzazione: e Pimen non solo accetta questa condizione, ma l'approva, rifiutando oltre tutto la stessa espressione, di "evangelizzazione". La fede viva ed attiva viene ancor oggi combattuta in Unione Sovietica con la violenza e la repressione. Al Patriarca si fa dire invece che non ci sarebbero «dissidenti religiosi» nell'Urss (ed è una delle tante menzogne contenute nell'intervista», che potrebbe, del resto, essere confutata quasi parola per parola). Ma l'Immagine che emerge dalle pagine del libro, per chi conosce la vera storia della lotta contro la religione nell'Urss, è quella di una Chiesa alla quale si toglie gradualmente l'ossigeno mettendola in bella mostra sotto una campana di vetro, con le sue icone e con qualche antico tempio di struggente bellezza, restaurato in extremis. (Fuori dalle frontiere del Paese è invece incoraggiata un'attività in prevalenza ideologica e politica, talvolta anche missionaria, purché sia sfruttabile politicamente) Lo scopo dell'"operazione intervista" è fin troppo evidente. All'ignaro lettore occidentale è presentato un quadro-modello della "felice collaborazione" tra la Chiesa e le forze che in realtà la odiano e la combattono. Alla Chiesa si chiede "solo" di rimanere volontariamente in questa cella d'isolamento. Irina Alberti Mille anni di fede In Russia, Pimen Patriarca di Mosca Intervistato da Alceste Santini, Paoline L . 20.000


«Mille anni di fede in Russia»: quando la Glasnost è solo di Gorbacev

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aro direttore, il volume «Mille anni di fede in Russia», pubblicato dalle Edizioni Paoline. contiene una lunga ed esclusiva intervista da me realizzata con il Patriarca di Mosca Pimen e non «un testo che riunisce una serie di interviste» come ha scritto Scalfì su Avvenire del 18 novembre 1987. La differenza è sostanziale. Perciò, più che a norma di legge ma in base ad un'etica professionale, mi consenta di correggere altre inesattezze ed inammissibili insinuazioni che sono altra cosa rispetto alle osservazioni di merito che ciascuno ha il diritto di fare. Scalfì ha scritto che «è ben nota l'infermità del Patriarca» con il chiaro intento di accreditare la tesi che avrei intervistato un infermo. D Patriarca, che ha compiuto nel luglio scorso 77 anni, soffre di disturbi circolatori, ma questo fatto non gli ha impedito, finora, di presiedere nella sua cattedrale di Mosca le lunghissime celebrazioni liturgiche della Chiesa ortodossa russa davanti a migliaia di fedeli, di turisti stranieri, di giornalisti, di diplomatici, che possono testimoniare; né gli ha impedito di rispondere alle mie domande attraverso motti incontri. Altra inesattezza con relativa insinuazione. Non ho mai in- Questo è solo un esempio. tervistato il metropolita Filaret di Kiev, come ha scritto Scalfì Anche nella seconda parte arrivando ad affermare che lo avrei «censurato». Ho, invece, dove si parla dei rapporti tra intervistato il metropolita Filaret di Minsk e Bielorussia, pre- Chiesa cattolica e ortodossa sidente del Dipartimento degli affari ecclesiastici esteri del Pa- sono state omesse significatitriarcato di Mosca e l'intero testo è stato pubblicato su lUnità ve dichiarazioni. del 20 marzo 1985. 2. Ho scritto che il testo da Quanto, poi, al fatto che il testo sarebbe «datato» e rivelato- Lei curato per le Edizioni re di «una mentalità già superata», vorrei osservare che il Pa- Paoline è «datato e rivelatotriarca ha apportato le sue ultime correzioni all'intervista ai re di una mentalità ormai primi di ottobre 1987 ed il libro è giunto in libreria prima della superata». Sapevo degli ultifine dello stesso mese. mi recenti interventi del PaLa ringrazio per 1 ospitalità. Alceste Santini triarca (del Patriarcato) per eliminare alcuni giudizi ed espressioni offensive nei di Romano Scalfì confronti della Chiesa cattoEgregio signor Santini, ve fatte dal metropolita nei lica. Di questo, io cattolico, 1 .Riconosco di aver confu- confronti di questa teologia sonoriconoscentea Lei e al so il metropolita Filaret di nella versione apparsa su Patriarca. Ciò nonostante riKiev con il metropolita Fila- «l'Unità», sono state soppres- tengo che il testo sia «dataret di Minsk e di questo fac- se fino al punto di interrom- to»; naturalmente non come cio pubblica e doverosa am- pere a metà una frase del calendario, ma come mentamenda. Resta però il fatto metropolita. A mo' di esem- lità, come atmosfera. E' coche nell'intervista a Lei con- pio ecco uno dei passi censu- me se fosse stato composto cessa dal metropolita Filaret rati: «Se è giusto affermare prima di Gorbaciov, prima di Minsk su 177 righe 88 sono che senza una vita secondo deUa glasnost. state censurate (U calcolo è la fede non ci può essere la fatto sull'intervista riportata fede, è egualmente vero anL'ultimo numero di «Nauintegralmente in lingua rus- che il contrario: senza la fede i religija» (Scienza e relisa nel «Bollettino del patriar- non può esistere una vita se- ka n. 11/87) — il mensile cato di Mosca» n. 4, 1985). condo la fede. Come esempio gione, che tira più di Non si è trattato semplice- si può riportare una atten antireligioso copie — parla senza mente di un lavoro di ridu- zione non sufficiente di alcu- 400.000 delle 15.000 chiese orzione per motivi di spazio, ni teologi della liberazione al pudori chiuse dai tempi di ma di un vero travisamento carattere universale della todosse ad oggi. «Sociolo del pensiero del metropolita salvezza portata sulla terra Chruscev issledovanija» (3/87) e quindi della Chiesa orto- da nostro Signore Gesù Cri giceskie apostrofa i «barbari dittatori dossa. sto. Una non adeguata consi- degli anni Trenta che hanno derazione della sua univerD tema, come Lei ricorda, salità porta a sostituire il distrutto la maggior parte verteva sulla «teologia della concetto di salvezza con ca- delle chiese a Mosca». «Moliberazione» nei paesi dell'A- tegorie di carattere sociale». skovskie novosti» (16/8/1987) prende apertamente le parti merica latina. Tutte le riser-

di un gruppo di fedeli ortodossi (fi Kirov che chiedono invano la registrazione della loro comunità (42 volte sono state respinte le loro richieste) e accusano le autorità di indebita ingerenza nella vita interna della Chiesa. Per non parlare di «Novy mir», «Ogonèk» e «Literaturn^ja gazeta». Insomma, la stampa sovietica ufficiale è molto meno reticente e più veritiera del testo da Lei curato nel presentare la storia della Chiesa dal '17 ad oggi e la situazione attuale. Perfino l'intervista del metropolita Aleksij di Leningrado e Novgorod concessa a «Moscovskie novosti» (6/9/1987) documenta i l clima nuovo della glasnost D metropolita Aleksij non è nuovo ad interviste. Dal 1965 ha sempre sostenuto la linea del lealismo. Nel l'ultima intervista rompe una ambigua tradizione, accusa ia propaganda ateistica di cedere spesso a toni sgradevoli e condanna la situazione dei credenti spesso considerati cittadini di secondo rango. Mi spiace d& ver essere io, che nella glasnost vedo ancora per il momento tanta incertezza e ambiguità, a raccomandare lo spirito della glasnost a Lei che cordialmente ci crede. 3. Non so notare una differenza sostanziale fra una «serie di interviste» e una lunga intervista ottenuta — come Lei dice — «attraverso molti incontri». 4. A parte l'infermità del Patriarca, resto dell'avviso che le risposte (anche per una loro analisi interna) siano state preparate prima da un gruppo di esperti del Patriarcato. Ma guesto non toglie nulla al valore dell'intervista in se stessa, anzi, la rende più rappresentativa. Terminando mi preme dir Le che avrei preferito entrare in polemica con l'Edi torepiù che con Lei: mi riesce più facile comprendere Lei. meno l'Editore.

Avvenire Venerdì 11 dicembre 1987


nfilosofoPrini: città-supermercato, gusti e bisogni uniformi

Uguali, banali, acritici «La tendenza mi spaventa. Torniamo a ragionare prima che sia troppo tardi»

ROMA. Che Italia giocherellala, che Italia gaudente e disincantata. Ma è proprio così, è verofinoin fondo? E soprattutto: dalle gabbie di cifre in cui inevitabilmente ci imprigionano statistiche come queste del Censis, è impossibile tentare uno sguardo in avanti, verso un futuro che potrebbe essere ancora diverso, magari del tutto imprevedibile? O la realtà presente va accettata in blocco così come è: a scatola chiusa, senza timori ma anche senza illusioni? Molte domande, risposte difficili. Qualcuna, forse, può darla un osservatore «esterno», un intellettuale, molto meglio di un tecnico della statistica. E proprio ad un intellettuale, anzi ad uno dei nostri pensatori più prestigiosi, ilfilosofoPietro Prini, giriamo le domande di cui sopra. Con questa, (che è poi la più maligna di tutte) come premessa: è davvero possibile leggere il mondo attraverso questo tipo di studi, davvero queste analisi sono sempre veritiere e attendibili? «Almeno nel caso del Censis —rispondePrini — credo proprio di sì. Conosco da molti anni De Rita e i suoi, e so quanto lavorino seriamente». Ma perchè — è solo una curiosità — usano uno stile cosi contorto nel trarre le loro conclusioni? A volte non sembra uno stile studiato apposta per confondere il profano e rifilargli qualsiasi mercanzia sociologica? «Beh, certo non è facile leg gere il sociolese del Censis, ma i suoi contenuti sono

di Luigi Offeddu inviato sempre molto interessanti. Per esempio, in quest'ultima analisi, due fra le tendenze che esso segnala nella nostra situazione sociale, mi sem brano degne di particolare considerazione». Quali? «Anzitutto la tendenza all'uniformità dei gusti, dei bisogni, e dei consumi verso i 'modelli alti', in senso trasversale dalle grandi città alle medie e piccole comunicata civiche, ed in senso verticale dalle categorie meno abbienti a quelle di maggior reddito». E' una tendenza positiva? «Direi di no. Se la televisione italiana aveva creato nei suoi primi dieci anni l'unità della lingua italiana effettivamente parlata e compresa da tutti i cittadini italiani, oggi il "bancone informativo' degli innumerevoli messaggi di massa sta creando, soprattutto con l'imponenza dei servizi pubblicitari, una moda cittadina di consumi, una uniformità dei gusti e dei bisogni per lo più soltanto imitativa, in un enorme 'kitsch' generalizzato. Perchè parla di «moda cittadina»? «Perchè è nata una specie di 'città-spettacolo' a cui tutti guardano non più come alFutopia dell'isola dei beati, ma come ad un repertorio di oggetti e di usi che sono messi sotto la mano di tutti. Gli italiani di tutte le regioni e di tutte le condizioni sociali si limitano nella voglia (ed an sia) di, come dice il Censis, guardare e guardarsi, come se fossero i personaggi di una rivista salotto, senza possibilità di critica o gusto nel confronto personale. In altre parole. l'Italia sta diventando un grande contenitori di pre-fabbricati del co-

stume. Guardiamo al futuro: è un processo irreversibile? «Forse. Certamente lo sarà, finché la cultura cittadina della grande editoria, dei giornali d'opinione e dellUniversità non saprà creare alternative reali alle scelte personali ed all'esercizio critico della mente. D problema urgente che ne deriva è di rendere possibile, nella sua massima diffusione, il vaglio critico dell'informazione in tutte le sue forme, con un'effettiva formazione umana». Prima, però, lei accennava a due tendenze interessanti. Qual è la seconda? «L'altro fenomeno di rilievo, e soltanto apparentemente in contrasto col primo, è la tendenza a limitare le forze rappresentative del potere centrale, attraverso il ricorso ormai abituale al referendum di critica e di sollecitazione alla rappresentanza parlamentare, e la vera e propriaframmentazionedell'unità sindacale con Tappa rizione a fungaia dei Cobas Non sono tutte, come molti dicono, nuove forme di democrazia diretta di cui dobbiamo rallegrarci? «Le rispondo con un'altra domanda: nell'uno e nell'altro caso si tratta dell'esercizio di un reale potere critico o piuttosto di una presenzione di protagonismo e dun que. di nuovo, di una trasposizione periferica dei poteri del Palazzo? Naturalmente, è a lei che tocca anche questa risposta...

istituzioni del potere politico e sindacale ne debbono prendere atto in una seria auto critica. E' tutta loro la colpa di quanto accade? «Penso che anche i promoto ri (o gli agitatori) di questo esasperatoritornoai soggetti primari della democrazia — nelle forme già scontate della democrazia diretta non siano esenti dal vizio ita liano dell'innalzare insegne e fare spettacolo, piuttosto che esercitare con impegno vero quel potere reale che la democrazia offre loro attra vesro la libera elezione dei propri rappresentanti. Anche qui il conflitto è tra un'autentica cultura democratica e il giocare alla democrazia».

«Beh. non si può negare che siano, Tuna e l'altra forma, espressioni di un 'disincanto' della democrazia rappresentativa, e certamente le

Avvenire

Sabato") dicembre 1987


L'uomo del «rapporto». Parla Cacciari

«Abbiamo smaltito l'immagine di Dio» di Andrea Giacobino «Una parte sempre più attiva e impegnata», «una parte sempre più propensa a "guardare e giocare »: la società italiana così come emerge da «Fenomeni e tendenze dell'Italia al 1987», la seconda parte del XXI Rapporto Censis, è una società Fortemente divaricata. C'è chi lavora di più, fatica di più, guadagna di più ed ha maggior autonomia da un lato e dall'altro (ahimè, la maggioranza), chi s'accontenta di vivere meglio in assetti consolidati di lavoro, di reddito e di patrimonio, privilegiando le dimensioni disimpegnate e ludiche dell'esistenza. Di questi problemi parliamo con Massimo Cacciari, filosofo e intellettuale di area laica. «L'accentramento della leadership economica e sociale i n pochi affermati soggetti... sono soggetti sempre più ricchi, a maggiore intensità di investimento, con sempre maggiore credito, con forte propensione a crescere e concentrarsi. E, sull'altro versante, la maggioranza, per cui i l viver bene guardando e giocando, viene assai prima della ricerca del potere». L'Italia divaricata del Rapporto Censis che impressione le suscita? «Come ogni istituto che si limita a fare ricerca, il Censis ha scoperto l'acqua calda. Fuor di battuta, è evidente che il caso Italia altro non è che il riflesso di una situazione planetaria: a livello economico-politico si è creata una corporazione di capi, una società di manager. Per nulla somigliante a una log già massonica, questa corporazione, che di fatto ha in mano le grandi decisioni

economiche, politiche e culturali, fa la guerra al suo interno e la base della nostra democrazia risiede appunto nel fatto che i potenti non si alleino tra loro. Dall'altra parte, c'è tutta la fascia del lavoro salariale dipendente, che ha sempre meno creatività: è vero che gode degli aumenti di produttività messi a disposizione dalle nuove tecnologie, ma il tempo di lavoro ridotto, conduce inevitabilmente questo tipo di persone a cercare un consumo più opulento e raffinato». E in che modo l'Italia divaricata rispecchia in sé un mondo divaricato? «D vero problema mondiale è la crescita del gap tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo. Questi ultimi, ormai del tutto privi di ogni meccanismo autopropulsi vo, indebitati fino al collo, sono un'autentica bomba ad orologeria e minano alla base tale modello di sviluppo. Possono infatti provocare spaventosi crack nei rapporto internazionali». Che tipo di giudizio dare su quest'Italia e su questo mondo, divaricati fra chi ha sempre di più e chi ha sempre neno? «Una cosa è certa: mai come in questo periodo della storia del pianeta è stata smarrita l'immagine divina dell'uomo. Che succederà a questo modello di sviluppo? Premesso che ogni momento di rottura qualitativa degli equilibri non è di per sé prevedibile, e premesso che si potrebbero inventare miria di di soluzioni di compromesso, per far sì che il gap fra il Nord e il Sud del mondo non esploda per davvero, l'essenziale sta nel capire che molto difficilmente questo sistema di disuguaglian-

ze cambierà da se stesso. La corporazione dei capi non esercita nessun potere dittatoriale verso la maggioranza che «guarda e gioca», molto più furbescamente la controlla attraverso il consumismo e il benessere diffuso. E chi di noi, potendo mangiare pasticcini, anziché pan di crusca, sognerà un giorno di alzare un lamento perché in questa società non si crea più niente?». D suo pessimismo della ragione si sposa bene con le ultime pagine di questo capitolo del Rapporto Censis, là dove si stilano le cifre terrificanti della vera emarginazione: 400.000 handicappati non sufficienti, 700.000 anziani inabili, 200.000 tossicodipendenti, 175.000 anziani in istituto. Non è questo i l risultato più grave della divaricazione italiana siglata 1987? «Che in una società come la nostra ci sia un milione e mezzo di "paria" è, purtroppo, un fatto fisiologico, un dato strutturale una volta che s'è rotto un modello sociale di tipo arcaicopatrimoniale. L'unico discorso che a questo punto resta da fare è quello dell'assistenza, spostando un po' di ricchezza prodotta dal sistema, adeguando la politicafiscale». E la divaricazione come la fermiamo? Con la legge antimonopolistica? «Regolare il traffico in una città fa sempre bene, ma si tratta appunto di regolare il traffico dj questa città, di dare una norma a questa società oligopolistica. Vigili, semafori, isole pedonali, garantiscono il cittadino ma non eliminano né il traffico né lo smog: in altre parole, anche con una legge antitrust, non cambieranno i soggetti del potere».

Avvenire Sabato 5 dicembre 1987


n vertice Usa-Urss: intervista alfilosofoAugusto Del Noce

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Via ì missili, resta 1 inganno

«Mascherato da socialista Gorbaciov cerca avalli al suo reg «L'Europa, umiliata, non sa più distinguere; e il rischio è gr di Luigi Offeddu inviato ROMA. Fra tutte le voci leva- nuova era, di trasformaziotesi in Italia a commentare ne epocale, di trionfo della fi vertice di Washington, la ragione... No, io non ci sto. sua è stata Tunica un poco Quando si va addirittura perplessa Anzi, decisamen- nel patetico come nell'artite scettica. Augusto Del No- colo di fondo firmato da ce,filososoe pensatore ben Scalfari su 'Repubblica'.. noto anche al di là dei no- Quando si evoca questo stri confini, non ha mai spettacolo unico, neppure amato i cori monocordi. E ' descrivibile, di due leader forse per questo, per il gu- che pendono l'uno dalle sto di piazzare l'ennesima labbra dell'altro perchè ri«stecca» nel coro generale trovano l'uno nelle parole dell'ottimismo, che invita dell'altro il filo del pensiero tutti alla prudenza di fronte comune... beh, mi sembra ai clamori festosi piovuti che si esageri. sul mondo dalla Casa BianAllora quali sono i punca? ti che avrebbero dovuto «No — risponde Scorrisuggerire una maggiore dendo — non è per il gusto prudenza ai commentadi 'steccare'. E' che, semplitori? cemente, questo vertice ha «Intanto, io scorgo negli avuto dei lati positivi, di cui eventi di oggi un'analogia si è parlato molto. Ma ha con le tendenze manifestate rospettato anche dei possi- dai fronti popolari oltre ili sviluppi negativi: e a mezzo secolo fa. Allora, la questi gli europei — anzi Russia di Stalin voleva non solo loro, ma tutti gli uscire dall'isolamento in uomini — hanno il diritto cui si era messa per tentare di pensare. Ma da noi se n'è di costruire il socialismo in parlato poco». un solo paese, in qualche , Infatti, se n'è parlato po- modo voleva iniziare l'eco o niente. E in Europa, spansione verso l'Europa: solo la stampa francese per iniziare quest'avanzata, ha manifestato un netto propose ai socialisti e ai rascetticismo alla Revel, dicali — a tutte le sinistre paventando nell'incon- non comuniste d'Europa — tro di Washington una un'alleanza contro il fasciriedizione di Yalta, o smo, in nome della difesa peggio ancora di Mona- della democrazia». co. Ma andiamo con orE oggi? dine, e incominciamo «Oggi accade qualcosa di sidai lati positivi dell'av- mile con Gorbaciov. Non venimento. Quali sono c'è più un fascismo come per Del Noce? nemico comune. Ma al«Naturalmente la riduzio- lTJrss occorre il riconoscine degli armamenti; su que- mento del carattere demosto, per carità, siamo tutti cratico del comunismo. E d'accordo. Riduzione signi- così, se cinquantanni fa si fica possibilità di risparmi stabiliva un'alleanza in noeconomici che potrebbero me della difesa della demoanzi dovrebbero, ma crazia, oggi si tenta di farlo questo bisognerà vederlo in nome dell'umanitariessere devoluti a favore smo, della pace. Risultato fidella battaglia contro la fa- nale: il comunismo tenta, e me, in aiuto ai paesi sotto lo fa dichiaratamente, di sviluppati». entrare nell'eurosinistra; Passiamo alle dolenti cioè fra i socialisti, i verdi, i note. La sua perplessità radicali. Lo scopo ultimo di di fondo è stata acuita Gorbaciov è quello di uscianche dall'enfatizzazio- re di nuovo dall'isolamenne dell'evento? to, attraverso una sorta di «Certo, con la kermesse si è riconoscimento, di avallo esagerato. Ripeto, la ridu- occidentale del carattere zione degli armamenti è democratico del regime souna buona notizia. Ma da vietico. O almeno, del fatto qui a parlare e scrivere, co che questo sia in marcia me si e fatto, di inizio di una verso la democrazia». Non è così, invece?

E

«Non sembra. Al vertice si è parlato pochissimo di diritti umani, e della libertà religiosa non si è neppure fatta parola. Si è giunti a un 'quasi abbraccio fra Reagan e Gorbaciov dimenti cando tutte quelle migliaia di mutilati, in Afghanistan, dalle piccole bombe sovietiche costruite per mutilare e non per uccidere. Reagan ha dimenticato tutto ciò». Ha parlato di ingresso del comunismo nell'eurosinistra. Ma vi sono anche altre conseguenze per l'Europa? «Sì: verrebbe da pensarci che il vertice di Washin-1 gton sia il punto di arrivo del cammino iniziato a Yalta, l'umiliazione massima dell'Europa. Mentre intorno al 1950 Stalin poteva essere alla ricerca di un dominio mondiale dell'Urss e viceversa l'Occidente cercava una sua vittoria, oggi le due superpotenze sanno di non poter trionfare l'una dell'altra. Si stabilisce questo rapporto diretto fra loro al di sopra delle teste europee, e in definitiva si riconosce che il mondo non può essere retto che da una diarchia, da un sistema diarchico, con la parallela umiliazione dell'Europa». Che cosa sarà di essa? «Facciamo un passo indietro. In questi giorni, a Washington, sembra che sia stato ammesso un principio gravissimo: che Russia sovietica e Occidente siano semplicemente due sistemi diversi di politica e di governo, ma che non vi sia fra essi un'opposizione ideale, e meno ancora religiosa. Ora, il riconoscimento di una semplice diversità potrebbe tornare come risultato l'abbandono europeo dell'Alleanza atlantica: che ci sta a fare se lTJrss è solo un sistema di governo diverso? Inoltre la partecipazione del comunismo sovietico all'eurosinistra potrà aumentare l'influenza sovietica nei paesi europei occidentali. Ma potrebbe esserci un'altro effetto ancoraQuale? «Se Usa e Urss approderanno ad una politica di puro potere, in cui il critero di

valore sia solo la potenza e non più l'ideale, non tanto di pace sarà opportuno parlare quanto ai non-guerra finalizzata ad un puro benessere sensibile. Non parliamo più di crociate o questionireligiose,l'unico interesse diventa il puro benessere sensibile: la reciproca neutralizzazione degli idea li nel quadro di una società consumistica. Ma per garantire tutto ciò in Europa, la diarchia Usa-Urss avrebbe bisogno di custodi, di garanti...

E dove li troverebbe? «Potrebbe avviarsi un Europa Occidentale un processo favorevole alla formazione di oligarchie, cioè di grandi famiglie che dianofiduciaall'una o all'altra potenza. E chi, se non i grandi potentati industriali, potrebbe svolgere questa funzione? Loro non avrebbero da temere nulla, a loro sarebbe affidato il ruolo di custodi dei rapporti della diarchia». L'Europa andrebbe verso la comunistizzazione? «Semmai verso la socialdemocratizzazione, ma sempre diretta dai potentati, custodi degli interessi diarchici superiori. Questo processo sarebbe favorito dalla secolarizzazione dell'Occidente? «Senz'altro. E anche dalla secolarizzazione, o meglio dal la de-idealizzazione del comunismo, dall'abbandono dei suoi aspetti teocratici. Per esempio, l'appello che vienerivoltoall'eurosinistra in nome dell'umanitarismo è contro la cosiddetta menta lità di guerra: ma in realtà, in questa mentalità di guerra finisce per essere ricompresa ogni politica che si fondi su ideali». Che cosa si sarebbe potuto ottenere di più a Washington? «Che si parlasse anche di di ritti umani o di libertà religiosa, per esempio. Ma a parte questo, che si negoziasse ancne una riduzione degli armamenti convenzionali. Finora la neutralizzazione reciproca era stata garantita dalla dissuazione nucleare: ma da ora in poi? Forse basterà guesto nuovo tipo di neutralizzazione, cioè la reciproca consapevolezza di non poter trionfare, il rapporto diarchia). Ma per noi, per l'Europa, sarà sempre qualcosa che sancisce Yalta».


Nostra intervista con Luttwak: via i missili restano i carri armati delTUrss

Europa nuda: parla un profeta di guai «State entrando in un pe«Attenti, europei: la guerra, Usa vengono tolti, e voi restate «La prima persona a parlaper voi, diventa più vicina. sotto la minaccia dei carri ar- re di "perestroika " non è stato riodo very intereating — reNon meno. La guerra è stori- mati dell'Urss. Cala il rischioGorbaciov: è stato il mare- plica Luttwak —. L'Europa, camente di casa in Europa. nucleare, che era poco proba- sciallo Ogarkov, il più intelli- ora che vede ridurre il suo deMa quarantanni fa, in Euro- bile; ma aumenta ilrischiodi gente stratega sovietico, oggiterrente nucleare, dovrebbe pa sono entrate le bombe ato-una guerra convenzionale, numero uno delle forze arma - armarsi "sul serio". Ciò site. Lui per primo ha parlato gnifica cose diverse per i dimiche: è entrata una belva che lo è mollo di più». nuova e terribile. Che ha fatto Qual è allora la soluzione al della necessità di una ristrut- versi Paesi del Continente. Alturazione per trasformare un cuni hanno eserciti che non paura a tutti, persino alla problema? guerra. E avete avuto il più «Una soluzione — ironizza esercito di massa in un eserci- sono fatti di combattenti, ma lungo periodo di pace della Luttwak — è quella di ripete- to tecnologicamente avanza- di comparse in divisa. Altri vostra storia. Ora si sta trat-re che l'Urss non attaccherà to; ed è stato lui a sostenere hanno ottimo equipaggiatando per legare quella belvamai l'Europa, perché il suo e- che, per fare un esercito mo- mento, ma non le munizioni. e metterla in gabbia: il vec-sercito è fondamentalmente dernizzato,riccodi complessi Poi bisogna decentralizzare chio lupo della guerra sta an- debole. In America si scrivo- sistemi elettronici, bisogna gli arsenali, i magazzini, gli che la società sovietica stessa impianti diriparazioneche nusando la vostra porta, e a- no libri per dimostrarlo». — nella precedente strategia spetta il momento ai tornare». Mi par di capire che lei, alla venga modernizzata». nuclearizzata — erano stati Dunque le riforme di GorMassimo studioso di storia debolezza sovietica, creda potutti concentrati. E quando si co. baciov ubbidirebbero ad una militare, consulente del Penparla di "divisioni', bisogna tagono per le analisi lattiche «Infatti, lo studio per me- visione militare, suggerita cominciare a pensare in terea operative, testa chiara e ta-stiere l'esercito sovietico, e sodai militari? mini di centinaia, non di degliente, Edward Luttwak è in che ha un grado altissimo di «Gorbaciov stesso ha detto cine, come si è fatto finora. InItalia per un giro di conferen- efficienza. Inoltre, da alcuni ze. L'imminente incontro al anni, l'Armata Rossa si è data chiaro che lui non intende somma, bisogna fare sul severtice russo-americano, di-una struttura più spiccata- cambiare la base politica del rio. Ma i vostri ufficiali vence, lo interessa poco. «Tutto è mente offensiva: l'accento è sistema. Siamo noi occiden- gono da 40 anni di pace: sangià stato deciso dalle bugie dei stato messo non solo sulle ma- tali ad ostinarci ad attribuir- no che cos'è il "fare sul serio" politici occidentali quando novre di massa, ma sul poten- gli preoccupazioni da "politi- in guerra? La cosa più probafurono piazzati in Europa i ziamento di truppe di élite; e ca del benessere" (welfare po- bile è che si continuino a fare missili atomici americani: es- ad Est stanno continuamente litica). Ma lui si preoccupa le cose per finta, come si son si dissero che quei missili ser- provando e perfezionando le della politica di potenza (po- fatte da 40 anni a questa parvivano a bilanciare la minac- tecniche dell attacco a sorpre- wer politica), tutto qui. Per te. Che si continui a pensare lui, dare più libertà agli intel- che la guerra è "assurda", è cia dei missili sovietici SS-20. sa». Era falso: servivano a bilan- Però in Occidente si dice lettuali e agli scienziati è un "impossibile": e cosi, proprio ciate con un deterrente nu- che Gorbaciov, con la sua «pe- bisogno, perché gli scienziati per questo, che nessuno metta cleare la superiorità conven- restroika», ha messo in secon- diventinopiù creativi, perché in atto le misure per evitarla». si diffonda l'uso del compuzionale sovietica. Ora i missili do piano i militari. ter. Un bisogno militare. InMaurizio Blondet fatti i generali sovietici sono i più entusiasti supporters di Gorbaciov; anche se la glaanoat gli ha causato qualche IL GlO(l*}t\L£ 2 -41-69difficoltà». Ma allora l'Europa è davvero in pericolo?


m Libri

Perestrojka che noia È solo un collage di discorsi pronunciati negli ultimi due anni. Senza nulla di nuovo

S

i potrebbe dire che pubblicando il suo libro Gorbacev ha imitato Solzenicyn in due cose: si è tenuto il Copyright per sé, invece di cederlo alla casa editrice estera, ed ha pubblicato prima di tutto presso la casa editrice americana Harper and Row, che fu per lunghi anni, ancora prima della sua espulsione dall'Urss, l'editrice del grande scrittore russo. Con la pubblicazione dei libri di Solzenicyn, Harper and Row guadagnò milioni e milioni di dollari. E dubbio che il profitto dalla vendita di Perestrojka possa essere anche da lontano paragonabile. Ma la casa americana conta sul chiasso intorno alla prossima presenza negli Stati Uniti del segretario generale del Pcus. Inoltre con una certa ingenuità bene intenzionata i suoi dirigenti vogliono vedere nella seconda operazione una sorta di continuazione della prima: Gorbacev è interpretato come il personaggio che vorrebbe (senza realmente poterlo fare) mettere in atto almeno in iarte le idee di Solzenicyn, in parti coare il suo famoso appello ai capi dell'Unione Sovietica. Simon Michael Beule, vicepresidente di Harper and Row fin dai tempi in cui gli portavano clandestinamente i manoscritti di Solzenicyn dall'Urss, sarebbe stato l'iniziatore dell'operazione Perestrojka: Gorbacev avrebbe avuto da lui la proposta e il suggerimento di scrivere questo libro ed egli ne avrebbe revisionato il testo dando consigli precisi sul modo di formularlo e stenderlo affinché risultasse convincente per il lettore americano. Il primo approccio daterebbe addirittura dal 1985, quando Gorbacev non era ancora capo dell'Urss, e da allora ci sarebbe stata tra l'editore e l'autore una fitta corrispondenza. Questo contraddice la tesi secondo cui il libro sarebbe stato scritto nel corso delle misteriose vacanze di Gorbacev quest'estate, quando egli scomparve dagli occhi del mondo per ben un mese e mezzo. Il settimanale tedesco Spiegel, che ha pagato ben 800mila marchi per il diritto all'anteprima di pagine scelte di Perestrojka, definisce U libro «un'opera a due facce, dal doppio messaggio», e non ere-

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MIKHA1L

GORBACIOV PERESTROJKA il movo nasino TER IL NOSTRO n\£SE E TER IL MONDO

de alla stesura per iscritto: «tutto La partecipazione dell'americano il testo — scrive — è stato regi- Bessie alla confezione del «libro» ha strato su cassette». certamente sortito un risultato ottimo Persone vicine alla redazione per la propaganda sovietica: lo ha reparlano di una grande delusione so leggibile (anche se noioso) per un del direttore del settimanale, Au- occidentale. gstein, quand'egli ebbe sotto gli Non è un ammasso di grigie sentenze occhi la traduzione (il libro è stato tratte dai manuali di marxismo-leninitradotto dall'inglese dappertutto) smo alla sovietica, non ha il solito tono del testo da lui così profumata- di tronfia sufficienza caratteristico di almente pagato. tre "opere" di leader sovietici. L'autore Infatti Perestrojka non sarebbe assume un tono conviviale e fa finta di altro che un collage dei numerosi chiamare il lettore a studiare i problemi discorsi pronunciati da Gorbacev insieme a lui. da due anni a questa parte e non conterMa è anche evidente il colpo di freno, rebbe nulla di nuovo rispetto a tali di- l'estrema prudenza, un deciso rallentascorsi. mento rispetto a molte dichiarazioni del Se il collage è stato effettuato da Gor- secondo anno gorbaceviano, quando bacev in persona durante le vacanze in l'accento era posto sulla necessità di muCrimea o in altri momenti, egli si è dato tamenti radicali. molta pena per accontentare non solo il Il tono generale è piuttosto quello del lettore americano ma anche quei suoi discorso pronunciato il 2 novembre, alconnazionali che dividono con lui il pote- l'inizio dei festeggiamenti del 70° annire e ritengono che le cose nell'Urss siano versario della rivoluzione: Gorbacev cioè già andate troppo lontano perché si pos- sta frenando percettibilmente la corsa sa essere sicuri della salvezza del "socia- verso un'apertura alla società. lismo reale". Di qui il giudizio dello Spiegel su Gorbacev "novello Giano a Irina Alberti due volti". Lo storico Michel Heller dal canto suo Mikhail Gorbacev, Perestrojka, Monconferma: «Il libro tanto pubblicizzato dadori, L . 24.000. in effetti è semplicemente una sorta di antologia dei vari discorsi del segretario generale, tutti pubblicati a suo tempo per intero dalla stampa sovietica (per cui la verifica non è difficile per chi ha la pazienza di farla). Da questi discorsi sono stati estratti brani più o meno lunghi, suddivisi poi per tema e così sono stati composti i vari capitoli del libro, che non contiene una sola parola nuova». Addirittura ci sono passaggi tratti da alcuni economisti sovietici, come la Zaslavskaja o Aganbegyan, e (fatto più curioso) scritte con la firma di Cernenko in grandi saggi pubblicati dalla rivista Kommunist. Nessuno ha mai pensato che Cernenko avesse scritto anche una sola riga di quei discorsi insolitamente franchi ed arditi per l'epoca. Qualcuno, però, scriveva quelle righe e le faceva anche pubblicare. Era Gorbacev «il negro» di Cernenko? No. Più probabilmente era solo l'inizio di un'operazione resa necessaria dal// Sabato 511 dicembre 1987 la crisi nella quale stava sprofondando il Paese e nel cui ambito venne «eletto» Gorbacev.


Secolo

d'Italia

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Vladimir Volkoff presenta un libro sulla manipolazione del

Disinformando si vince La «guerra occulta» da Sun Zu ai nostri giorni

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Si tratta di un libro interesLADIMIR Volkoff è uno dei dissidenti sante, specialmente nella parrussi meno noti. Vive te scritta di pugno da Vola Parigi da anni e non ha mai koff, perché va al di là delle fatto gesti pubblici clamoro- acquisizioni comuni in matesi, né si è posto a capo di co- ria di spionaggio moderno e mitati o altro. L'unica cosa di disinformazione strategiper cui è noto qui da noi è un ca. Ormai, dal Vietnam in suo romanzo, // montaggio, poi, il grosso pubblico è al uscito alla chetichella qualcorrente dell'importanza delche anno fa per la Rizzoli. Vi la propaganda e di come si si narra del figlio di un esule possano perdere le guerre russo che viene ingaggiato «alla Tv». Ma Volkoff si dal Kgb fin dal liceo, perché spinge al di là di tutto ciò, acfaccia per trentanni l'agente compagnando l'antologia di d'influenza in Francia per brani scelti con un vero e conto dell'Unione Sovietica. proprio «vademecum» In cambio otterrà il permesso dell'uomo libero, una sorta di tornare in patria e poter di manuale per riconoscere la sciogliere una promessa che disinformazione, distinguerha fatto al padre morente. la dalle «discipline affini» e, soprattutto, difendersene. A parte l'aspetto evidentemente biografico e il taglio Si parte dalla constatazionarrativo di prim'ordine, il ne che «l'informazione è parromanzo è letteralmente sorzialmente deformante per naprendente per la precisione e tura. Non possiamo nemmela verosimiglianza di troppi no guardarci in uno specchio particolari: si ha l'impressiosenza disinformarci almeno ne, cioè, leggendolo, che un po' anche su noi stessi: la l'autore abbia messo avvenqualità del vetro, quella dei turosamente le mani su un nostri occhi, l'illuminazione, manuale del Kgb e che abbia il nostro umore, deformano deciso di metterlo in forma la nostra visione. Quando gli narrativa proprio per la conelementi di «deformazione» sapevolezza, tipica in un cersono introdotti scientemente, to senso degli «addetti ai laabbiamo la disinformazione vori», che soltanto chi aveva di cui qui si tratta, quella che orecchie per intendere avrebormai ha relegato il vecchio be inteso il messaggio. «spionaggio» nei film di James Bond. Un agente di influenza, vero o letterario che sia, ha il compito di «inquinare» più che può le notizie e di cercare di orientare l'opinione pubblica del Paese in cui si trova, in modo favorevole al Paese che Io paga. È quindi troppo esperto del settore per sapere che nel mondo dell'opinione nessuna verità può essere creduta se non è potentemente sostenuta dai mass-media e dai partiti. Tanto vale lanciarla nella corrente, come Mosè nella cesta; chissà che non passi vicino a qualcuno che guardi cosa c'è dentro.

Lo scorso anno Volkoff è riapparso in Francia nelle edizioni Julliard / L'age de l'Homme, come presentatore di un testo intitolato La désinformation, arme de guerre, una raccolta di testi di Sun Zu, Lenin, Bittman, Koestler, Zinoviev e altri.

Questa nuova «arma» è in realtà vecchia di oltre venticinque secoli; ne fu profeta il cinese Sun Zu in uno scritto intitolato «L'arte della guerra», che contiene questa affermazione cruciale: «L'arte suprema della guerra è sottomettere il nemico senza combattere». La disinformazione non va confusa con Io «stratagemma», anche se a volte ci può essere una certa somiglianza: infatti i Greci devono far credere ai Troiani che il Cavallo sia un'offerta agli Dei, perché venga aperta una breccia nelle mura per introdurvelo. Qualche analogia si ha anche con la cosiddetta «intossicazione tattica». Esempio: gli Alleati, per far credere a Hitler che hanno intenzione di sbarcare in Grecia, fanno galleggiare al largo delle co-

ste spagnole un cadavere inglese con nelle tasche quanto basta. I tedeschi ci cascano e smobilitano la Sicilia, dove invece avviene il vero sbarco. Abbiamo poi la propaganda classica, detta «bianca», che oggi come oggi serve a poco, provenendo apertamente da fonte avvèrsa. Infatti le associazioni ItaliaUrss e consimili, pure utili a catturare qualcuno, lasciano il tempo che trovano. Invece la propaganda «nera» è molto più nefasta. L'inglese Sefton Delmer nell'ultimo conflitto creò una serie di stazioni radio filo-naziste che si dirigevano apertamente ai «camerati» o fingevano di essere clandestine, ma diffondevano notizie «confidenziali» miranti a gettare discredito sulle «canaglie che governano la Patria in nome del nostro amato F u h r e r » . L'opera fu così efficace che dopo la guerra, Delmer si vide costretto a scrivere un libro per rivelare la verità. L'«influenza» è una tecnica ancora più raffinata. Serve a destabilizzare la società avversaria in una prospettiva di tempo molto lunga che rinuncia e persino sacrifica obiettivi immediati. In diversi Paesi del Terzo Mondo l'Urss ha letteralmente svenduto i pro^ . i partigiani a regimi che !é sarebbero tornati utili in un secondo o in un terzo tempo. Ora, avverte Volkoff, si sa che «un rosa è sempre sospetto di essere amico dei rossi». Occorre quindi servirsi di bianchi o di neri, meglio se inconsapevoli. Così i nazionalisti che manifestano sentimenti antiamericani, fanno il gioco dell'Urss, pur detestandola. Sun Zu consigliava di mettere i giovani contro i vecchi nel Paese che si voleva invadere, non per renderli favorevoli al suo: era sufficiente dividere le generazioni. E una casa divisa, lo dice lo stesso Vangelo, è preda più facile. In effetti la disinformazione può essere confusa sia con l'intossicazione che con l'in-

fluenza. Ma «laddove l'intossicazione propriamente detta, è puntuale, tollera un certo dilettantismo, utilizza qualsiasi mezzo a sua disposizione, si applica a far credere certe cose precise a certe persone date, la disinformazione è sistematica, professionale, fa sempre ricorso ai mass media, s'indirizza all'opinione mondiale e non allo stato maggiore della nazione-bersaglio». « P a r a l l e l a m e n t e , dove l'influenza esercita un'azione apparentemente disordinata, opportunista, essenzialmente quantitativa, la disinformazione si propone un programma mirante a sostituire nella coscienza e soprattutto nell'inconscio delle popolazioni-bersaglio delle immagini considerate buone per la Potenza disinformante, a certe altre ritenute cattive». In ogni caso, «in disinformazione come in influenza, il bersaglio è concepito come complice. Basta introdurre nell'opinione pubblica un catalizzatore microscopico ma adeguato e la reazione ha luogo con (questo è essenziale) tutte le apparenze della spontaneità». Occorre però partire da un certo numero considerato «critico» di persone. L'individuo, la famiglia, il gruppo professionale possono essere intossicati, ma non disinformati: il buonsenso finisce col prevalere. È sulla folla che occorre agire; la «massa» perde l'istinto di consérvazione, è trascinata dal suo peso, si affida volentieri alla rassicurante manipolazione di «esperti». Il pifferaio di Hamelin non avrebbe potuto nulla su un topo solo.

(StGOt)


La disinformazione deve, del pari, sfruttare mode e capricci che sono già nell'aria; non potrebbe, ad esempio, convincere gli Americani a riconoscere che la loro Guerra d'Indipendenza è stata un errore e che la Regina d'Inghilterra ha diritto di sovranità su di loro. E poi richiede tempo, molto tempo. Proprio grazie alla lunga durata della guerra del Vietnam, la disinformazione è riuscita a creare negli Americani il «complesso di colpa» di cui solo recentemente hanno cominciato a liberarsi. Insomma, la disinformazione «non consiste nel "far credere" ciò che non è, ma consiste nel modificare le reazioni a dispetto di quel che si crede. Non ha importanza, agli occhi della disinformazione, che l'Europa, per esempio, creda che l'Unione Sovietica sia il paradiso in terra: importa che, se attaccata, non si difenda; anzi, se possibile che si arrenda senza che glie lo si chieda. Non importa che ogni cittadino sappia o meno che la capitolazione di Monaco ha provocato la più grande guerra che l'umanità abbia mai conosciuto: occorre invece che, in ogni istante, le masse preferiscano a qualsiasi guerra non importa quale pace». Una delle forme più insidiose di disinformazione è quella che Volkoff chiama «logomachia» (si tratta del «trasbordo ideologico inavvertito» di cui parla il De Olivetta nel suo libro omonimo): consiste in formule verbali pittoresche che, ritrasmesse dai mass-media, vengono accettate supinamente dall'opinione pubblica come

vere. Si pensi ad esempio alla «caccia alle streghe» o, specialmente da noi, alla parola «fascista», il cui significato si è esteso nel pubblico fino a ricomprendere colui che non fa uscire la figlia dopo cena. Volkoff auspica un lavoro serrato e cronologico che elenchi gli slogan avversari e le pubblicazioni su cui hanno fatto la loro comparsa, perché «lasciarsi imporre il vocabolario dell'avversario è già, in una guerra ideologica, perdere per metà». La stessa parola «disinformazione» viene usata nello stesso modo; presente da tempo sui dizionari sovietici, vi è definita come una tecnica usata dalle potenze capitaliste contro le democrazie popolari, ed è da anni addirittura entrata nel gergo russo: «podpOstit'de2U», che sta per «rifilare un disinfo».

logia sperimentale e il terrore nucleare, ma già avvisava che «nella guerra, la migliore politica è prendere lo Stato intatto; annientarlo non è che un ripiego». La «finlandizzazione» dell'Europa e poi del mondo, paventata ma già abbondantemente in atto, non è altro: i Paesi capitalisti avrebbero venduto ai sovietici, diceva Lenin, la corda con cui impiccarli; ma (il marxismo è dottrina della prassi, ricordiamolo), l'insegnamento di Lenin è adesso modificato, perché gli impiccati non possono continuare a mantenerti. Devono restare in vita e lavorare, i capitalisti, ma con la corda al collo, corda che non si toglieranno mai perché non sanno di averla. ' I l Dipartimento D («dezinformatsia») è stato creato nel 1957 in seno al Kgb dal generale Ivan Ivanovic, Agayants morto nel 1970 e rimpiazzato da Kondracev. Vero o falso? Secondo Volkoff queste informazioni risalgono a un'agente di influenza catturato a Parigi e amnistiato dai socialisti npl 1981, cui vanno aggiunte quelle di un paio di agenti sovietici passati in Occidente. In ogni caso, è indubbio che tale Dipartimento esiste.

L'operazione consiste nel teleguidare l'opinione pubblica prescelta partendo da una documentazione preliminarmente raccolta e viene condotta «dal b a s s o » , dall'uomo dalla strada fino alle autorità e agli esperti, perché gli esperti sono prigionieri delle autorità, le autorità dell'opinione pubblica. Si comincia col reclutare un cittadino della nazioneMa solo i sovietici praticabersaglio, scelto per la sua no la disinformazione? Natuposizione o per i suoi poten- ralmente no, anche la Cia. ziali talenti. Ciò può avvenire Solo che gli americani lo fanper simpatia politica, per ri- no in modo così goffo e diletcatto o con l'assicurazione di tantesco che vien quasi da riuna facile carriera (natural- dere. Quando cercarono di mente in un giornale, in screditare Sukarno, diffusero un'emittente televisiva, in in Indonesia delle foto che lo una cattedra prestigiosa o in ritraevano in dolce compaseno alla Chiesa). Costui gnia e in posizioni poco ortodovrà infiltrare interpreta- dosse. Solo che la Cia scopri zioni, pronostici, contesta- in seguito che agli indonesiazioni, con calma, nel tempo, ni non faceva né caldo né modificando a poco a poco freddo, avendo un concetto l'economia ideologica del delle «convenienze» diverso suo Paese. Introdotto il «ca- da quello degli americani. talizzato^, le «casse di risoDel resto i regimi marxisti nanza» faranno il resto. hanno una superiorità «strutI successivi intermediari turale» in questo campo. Essi sono generalmente inconsa- hanno il controllo assoluto pevoli: chi può resistere alla sui loro mezzi di informaziotentazione di uno «scoop»? ne, cosicché l'effetto boomeSi crede di propagare l'infor- rang di un'eventuale disinmazione in nome della libertà formazione «di ritorno» li lae invece si serve il totalitari- scia indenni. In più hanno smo. Non importa quanto una dottrina monolitica che idioti siano gli «utili idioti»; permette di stabilire con asSun Zu insegna: metti la bi- soluta certezza il «vero» e il glia in cima, per quanto de- «falso», cosa che il mondo bole sia il pendio, rotolerà. E cosiddetto libero non ha. Sun Zu non aveva a disposizione i mass-media, la psico-

E poi un'azione di disinformazione richiede molto tempo, cosa che i regimi marxisti hanno. In campo occidentale l'altalena del potere (negli Usa un Presidente resta in carica solo quattro anni) rischia di invertire coritinuamente il senso di marcia. Per non dire poi da noi, dove i capi dei Servizi segreti cambiano con una velocità sorprendente. «In democrazia le fazioni non sono generalmente d'accordo sui mezzi, quand'anche lo fossero sui fini». Le democrazie occidentali, «dulcis in fundo», sono molto attaccate, per definizione, alla libertà dei loro mass-media. Allo stato attuale delle varie legislazioni, nulla può impedire all'avversario di controllarli. D'altronde nelle legislazioni occidentali non c'è niente che assomigli ai reati di «influenza» o «disinformazione». In più, introdurre queste figure nel diritto penale sarebbe considerato un attacco vero e proprio a quelle libertà che la democrazia ha più sacre. Gli agenti di influenza e di disinformazione sono pratLamente intoccabili: non sono spie, infatti «importano» informazioni anziché esportarne. L'amara conclusione è dunque che l'Occidente è inerme di fronte alla più terribile arma che mai sia stata usata. «Se c'è una speranza, è nei prolet», diceva Orwell nel suo «1984». In un mio precedente articolo ho allargato il concetto: se c'è una speranza è nei popoli, e nel loro progressivo ritorno alle religioni tradizionali. L'unica efficace arma contro la Menzogna è la Verità. Chi ha una fede religiosa è naturalmente vaccinato e distingue agevolmente il vero dal falso. Il lettore ci faccia caso: solo i «laici» occidentali e i «progressisti» cristiani ingoiano le balle della disinformazione internazionale. Speriamo che il terzo millennio ci permetta di vivere, parafrasando Solgenitsin, senza menzogna. Rino Cammilleri i

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L'esule Carlos Franqui scrive alla Rai «Castro mi ha calunniato e lo proverò» Ecco il testo della lettera inviata al direttore della Terza rete Rai, Angelo Guglielmi, da Carlos Franqui, che è stato compagno di Ftdel Castro e in esponente di primissimo piano nella rivoluzione cubana ed è ora in esilio In Italia. A Carlos Franqui aveva fatto riferimento, in termini che Testile cubano ritiene ingiuriosi, lo stesso Fidel Castro durante l'intervista fattagli da Gianni Mina t trC»eMaOa Rai S. • Egregio signor Guglielmi, sarebbe auspicabile che in Italia. Paese libero, come non lo è Cuba nella quale aa ventisette anni imperano unicamente la volontà e la parola di Fidel Castro, venga consentito il diritto democratico direplicarealle calunnie e falsità del Comandante in capo nella recente intervista al •signor Minà, trasmessa dalla Terza Rete che lei dirige, a chi come me è Stato diffamato. Sul piano personale, come direttore del quotidiano «Revolucion», organo del Movimento 26 luglio, come uomo che lotta per i diritti umani violati a Cuba, fatto che lo stesso governo italiano hariconosciutocol suo voto alTOnu, causando la profonda irritazione di Castro, in nome mio e ai tutti i prigionieri che a Cuba, in Unione Sovietica, in Cile e in Sud Africa, oltre che al carcere e l'assassinio debbono patire l'infamia di notizie e prove prefabbricate da queste dittature,ritengoche nessuna televisione democratica dovrebbe trasmetterle. Vorrei ricordare il recente caso di Sacharov, filmato di nascosto nel suo esilio di Gorki come un turista e non come un malato deportato, o quello del signor Armando Valladares che nel 1961 fu condannato a venti anni di carcere per un delitto di opinione. Quando la Rai mi consentirà di leggere nella traduzione italiana ufficiale le pagine di «Revolucion» che si riferiscono a questa vicenda, interpretate da Castro a suo modo, senza sapere che anch'io ho nel mio archivio una copia del giornale del 30 dicembre 1960, i telespettatori potranno constatare che mentre è specificato nell'articolo che agli accusati erano state perquisite le case e sequestrati armi ed esplosivi, e che alcuni erano agenti della dittatura di Batista, altri invece appartenenti a organizzazioni democratiche, il nome del signor Valladares compare tra i fermati, ma senza nessuna accusa di essere batistiano, nè il suo arresto è .collegato con i luoghi dov'erano state trovate le armi. Nel 1960 non conoscevo il signor Valladares. Poco dopo quel processo, altri compagni rivoluzionari innocenti furono arrestati, fucilati o costretti a fuggire, e cominciò tra di noi una lotte contro quelle deformazioni <*be trasformarono la rivoluzione in un carcere, come lo stesso Fidel Castro e Che Guevara poi ammisero nel 1962, denunciando le ingiustizie del cosiddetto «setta riamo», die provocarono la mia destituzione dall'incarico di «Revolucion» fatti questi che racconto nel mio libro7 miei anni con Fidel, pubblicato in Italia dalla Sugarco. Era ed è un dovere ai un esiliato occuparsi dei prigionieri politici del suo Paese, e quando Vallaaarea era in carcere feci una campagna in Eu-

ropa per la sua liberazione. Quando poi è uscito in libertà la sua giovinezza, la sua energia e le sue amicizie erano teli da non doverricorrereal mio modesto aiuto. E ' una calunnia pertanto affermare, come ha fatto Castro, che io sono il suo manager, dal momento che né in Italia, né in Europa ci siamo mal incontrati. Metto a disposizione della Rai per la trasmissio AC non soltanto il menzio lai o numero di «Re f volucion», ma anche altri documenti ufficiali cu^banrfche mostrano il valore delle «prove castri " ste». Da queste prove io risulto un fantasma socialiste cne non è mai esistito è che ora Castro risuscita per le sue campagne all'estero. Il 1° gennaio 1959 quando cadde Batiste, la notizia era annunciata da Radio Rebelde che allora dirigevo. Apparve Fidel Castro e i fotografi scattarono la storica foto del momento: Castro a destra, io al centro, il capitano Mendoza a sinistra. Oggi in quella foto io sono scomparso. Sono scomparso anche dai documenti della rivoluzione — non sono una eccezione, molti altri sono scomparsi dalle registrazioni delle trasmissioni della Sierra. Non molto tempo fa, ascoltando Radio Mosca che loritrasmettevain un omaggio a Fidel Castro, constatai che la mia voce era state cancellate. Le falsificazioni di prove nel mondo del socialismo reale, del nazifascismo e in altre dittature, sono cosa troppo note perché vi insista. Basti ricordare i processi di Mosca, il maresciallo Tukacevskij e a Cuba il caso recente del fondatore del Partito comuniste cubano, Joaquìn Ordoqui, comandante e viceministro delle Forze Armate castrista, arrestato nel 1965 con l'accusa di essere un agente della Cia, il cui nome undici anni dopo èriapparsonelle prime pagine del quotidiano «Granma». In un comunicato ufficiale si afferma che «non era stato possibile provare l'accusa, ma lo si riteneva moralmente colpevole». Quale che sia la decisione della Rai, anche se mi auguro che mi verrà consentito il diritto di replica, non verrà mai meno la mia gratitudine per questo Paese che è la mia seconda patria, nè _ il mio impegno nel denunciare i crimini che si ' commettono in quell'isola della cui rivoluzione ho fatto parte. Carlos Franqui

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Come un documentano di Rai 3 sul Vietnam ha saputo distorcere la realtà dei fatti

Sporcafa la guerra,faziosa è l'analis Quando mai arriveremo a vedere in Tv qualcosa di accettabile sul conflitto del Vietnam? Qualcosa che non travisi la realtà dei fatti o li ignori o li distorca? A uando,finalmente,un po' i glasnost su questa vicen, da ormai lontana ma eneo- ' ra cpsì vicina? Una volta di più, lo spettacolo propinatoci giovedì sera da Rai 3, ci ha più che delusi. Anche se, pomposamente, era stato annunziato come «documentario».

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Peccato, peccato perché l'introduzione di qualche . minuto fatta da un noto studioso del mondo americano, il prof. Furio Colombo, era stata promettente. Colombo, per sua buona sorte e nostra tranquillità, aveva tuttavia chiaramente premesso: «Io non ho visto il documentario, lo vedo ora insieme con voi». Buon per lui, dunque. Ma perche non sentire il suo parere, dopo? Tanto più che egli aveva dichiarato: «In Vietnam non ha vinto il buono. Ha vinto il nuovo che non ci si aspettava». (Ma un «nuovo» che non pochi intravedevano chiaramente, però. Bisognava essere ciechi per non vederlo, questo «nuovo»). I guai sono incominciati subito dopo, prima con i riferimenti storici, poi con le immagini ed i commenti. In breve e via via sempre peggiorando, il «documentario» ha trascinato gli spettatori ignari nel clima cinematografico corrente

sul Vietnam, che vede i soldati americani spiritati ed invasati, occupati esclusivamente a sparare addosso a donne (preferibilmente incinte) e vecchi e bambini: tutto e solo ispirato all'orrendo di My Lai, ignorando i ben maggiori e mille My Lai dall'altra parte. Per esempio: il «documentario» non ignora (non può ignorare) l'aggressione del Nord al Sud. Ma si limita a dirne dieci parole (contate) invece che raccontare e spiegare come questa aggressione deliberata sia durata cinque anni almeno dal '59, e si sia concretata nel massacro di migliaia di civili, cattolici compresi, renitenti alla «liberazione» (perché sapevano quel che j avveniva nel Nord «liberato»): primi fra tutti i sindaci, gli insegnanti, i tecnici, in centinaia e centinaia di villaggi. Su questo piccolo particolare non si può sorvolare, la gente deve sapere bene che non è stato il Sud a scatenare una guerra per annettere il Nord e per «unificare il Paese» ma il Nord! Perché il «documentario» dedica un cenno solo di sfuggita ai massacri di civili compiuti dai nordvietnamiti nella vecchia capitale di Hué durante la battaglia del Tet e tace che i massacrati — rei di trovarsi a vivere e lavorare in tempo di guerra — furono poi ritrovati in orrende fosse comuni? Altro che il

pur orribile episodio di My Lai! Perché questo «documentario» magnifica tanto Inoffensiva generale del popolo» nelle città nei giorni del Tet, ossia la tanto attesa «Terza Fase», quando è storicamente e matematicamente certo che non un solo civile, non uno solo, si sollevò in nessuna delle quaranta città del Sud Vietnam; ma che furono le sole forze nordvietnamite a prendere l'offensiva e ad uscirne stritolate? Che poi la dirigenza politica americana abbia incominciato a cedere dopo il Tet, quand' era invece il momento giusto per prevalere, è un altro discorso. Un discorso che può portare a capire come vi siano ancor oggi ex combattenti americani che dicono di sentirsi «disonorati e traditi». E perché, ancora, paragonare l'assedio di Khe Sanh a quello di Dien Bien Phu, tanto per focalizzare la disfatta americana, in senso politico-propagandistico negativo, quando i due avvenimenti non hanno niente in comune? Niente in comune: i nordvietnamiti un bel giorno tolsero l'assedio e se ne andarono. Un vero «documentario» non dovrebbe dire dei bombardamenti di Hanoi come ha fatto Rai 3: vari giornalisti, anche italiani, che nel 1985 hanno visitato Hanoi hanno scritto, anch'essi alquanto meravigliati, che il centro risulta praticamente poco o niente colpito.

Tra le tante che un «documentario» non dovrebbe aver messo come le ha messe Rai 3, ci limitiamo per concludere all'episodio del colpo di pistola sparato nella testa di un vietcong a Saigon, senjpre jooi giorni del Tet, dal capo della polizia Loan. Si può indurre la gente a pensare qualsiasi cosa sul fatto. C'è modo e modo di porgerlo. Ma un vero «documentario» non può ignorare quanto dettagliatamente e solennemente dichiarato in un'intera colonna di Newsweek (15-4-1985) da Eddie Adams, ossia dal fotografo che per quella foto diventata famosa ottenne il premio Pulitzer. Tra l'altro: «...Ho saputo che l'ucciso da Loan aveva appena ammazzato un maggiore di polizia, il migliore amico di Loan, sua moglie, i figli, tutta la famiglia...». Lo saptutti che la guerra è rutta, spaventosa. Eiamo Un po' di glasnost, alla fin fine, dovrà pur arrivare anche sulla guerra del Vietnam. Perché Rai 3 — l'idea è brillante ma la cediamo volentieri gratis — non va ad intervistare qualche profugo da quel lontano Paese: Ce n'è ben più di un milione e ne continuano a venire. Ce n'è perfino in Italia. Provi, Rai 3, a chiedere se per il Vietnam sia stato meglio com'è andata o come invece sarebbe potuta andare. E perché. Egisto Corradi


La testimonianza di un vescovo e un appello

180 mila messali di carità

Vietnam: «sos» da una Chiesa sofferente ma viva Centosessanta tonnellate di carta. Questo la Chiesa cattolica del Vietnam chiede alla solidarietà internazionale dei cattolici per poter stampare 180 mila nuovi messali, con l'autorizzazione del governo comunista. Della vicenda hanno parlato di recente due vescovi vietnamiti e, successivamente, Bernard Holzer vicepresidente della «Cooperazione per lo sviluppo e la solidarietà», una federazione di organismi non governativi cattolici che patrocinano progetti di sviluppo sociale assieme alla Chiesa cattolica vietnamita Holzer ha rivelato alla Radio Vaticana di aver compiuto nel mese scorso una visita di dieci giorni alle Chiese del Vietnam del Sud e ha definito «un fatto assolutamente nuovo» il progetto di importare nel Paese la carta destinata ai messali ed alla vita liturgica dei cattolici locali Lo stesso Holzer ha messo in rilievo che, per la prima volta nel Vietnam unito, nei giorni scorsi si è svolto a Ho Chi Minh Ville una riunione internazionale tra organizzazioni non governative cattoliche. E veniamo agli appelli dell'episcopato vietnamita per la raccolta della carta necessaria alla stampa dei messali. D pri : mo era stato rivolto ai vescovi francesi nello scorso mese di novembre dal vescovo ausiliare di Hanoi mons. Hguyen Van Sang; qualche giorno fa da Lourdes un analogo appello è statorilasciatoda Nguyen Minh Nhat, vescovo ausiliare di Xuan Loc, i l quale ha rilasciato al quotidiano cattolico «La Croix» l'intervista che di seguito pubblichiamo.

di François Vayne* L'appello lanciato ai vescovi d i Francia, a Lourdes, da mons. Nguyen Van Sang, all'inizio di novembre, e stato ascoltato? Io rinnovo l'appello. La Conferenza episcopale francese ha accettato di aiutarci. Il governo vietnamita ci ha permesso di stampare quei messali, non ci sarà dunque alcun problema per l'arrivo delle tonnellate di carta

Lei ha partecipato al recente Smodo romano sui laici. Quali temi ha sviluppato i n particolare, nei corso dei suoi interventi? Ho parlato della situazione dei cattolici in Vietnam, paese comunista che esalta l'ateismo. In Sud Vietnam abbiamo vissuto momenti d'angoscia e di timore dopo l'invasione dei comunisti nel 1975. I cattolici vietnamiti hanno ripreso coraggio dopo la lettera pastorale della nostra Conferenza episcopale, nel 1980, che ha indicato come programma: «Vivere i l Vangelo nel seno della nazione». Perché l'arcivescovo di Hanoi, i l card. Trinh Van Can, non ha potuto partecipare al Sinodo sui laici, del quale peraltro era presiaente-delegato insieme ai cardinali Lubchiv-

Avvenire Venerdì 11 dicembre 1987

skyePironio? Io posso dire, semplicemente, che doveva essere stanco, un po' malato... (Non ha ottenuto il visto-Ndr). D Vietnam conta cinque milioni di cattolici su dnuanta milioni di abitan. Nella sua diocesi avvengono molte conversioni di adulti? Nella mia diocesi di Xuan Loc, 3.000 adulti ricevono ogni anno il battesimo. Questo incremento di conversioni si spiega con l'attrazione provocata dalla gioia dei cattolici che con coraggio professano la loro fede in un contesto poco favorevole. I nuovi convertiti provengono dal buddismo e dalle religioni tradizionali Mons. Dien, l'arcivescovo di Hué, che si trovava i n domicilio coatto, sarebbe attualmente libero di muoversi. Sì, adesso è un po' più libero, dal momento che può andare e venire a suo piacimento nella città di Hue. Però non può uscire dalla città. I cattolici della sua diocesi possono recarsi a quel famoso luogo di pellegrinaggi del Vietnam che è La Vane? SoltantoT'arcidiocesi di Hué organizza un pellegrinaggio a La Vang. I cristiani delle altre diocesi non possono recarvisi.

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Quanti giovani, a Xuan Loc, si preparano al sacerdozio? Dopo i l 1975, 14 nuovi preti sono stati ordinati per la nostra diocesi. Dei 260 seminaristi diocesani, una sessantina potrebbero essere già ordinati, ma sono in attesa che il governo termini di esaminare i loro dossier... Per il momento, lavorano nei campi e nelle cooperative. Come esprimono, i cattolici vietnamiti, la loro devozione mariana? Molti cattolici del Vietnam si consacrano a Cristo per le mani di Maria, secondo la formula di san Luigi-Maria Grignon de Montfort I miei genitori mi hanno educato a recitare ogni giorno almeno tre «Ave Maria» in onore dell'Immacolata Concezione. Una lettera pastorale invita i 630.000 cattolici della diocesi di Xuan Loc a recitare solennemente il rosario, ogni sabato, per tutto l'anno mariano, in ciascuna delle 200 parrocchie. Cosi, vengono organizzate delle processioni nell'ambito deUe chiese parrocchiali non però all'aperto. Le famiglie si riuniscono per recitare il rosario accanto a piccoli altari costruiti all'interno delle loro abitazioni. *di «La Croix» (Traduzione di Piero Lugaro)


Il principe Asserate, nipote del defunto imperatore Hailé Selassié,rinnoval'appello al mondo per la loro liberazione

Ormai da 13 aaai i panati del Negus prigionieri di Menghist Francoforte — Per il principe Asfa-Wossen Asserate sono finiti i iorni del silenzio diplomatico suli sua campagna per liberare dieci membri della famiglia imperiale etiopica dalla prigione di Addis Abeba, dove sono rinchiusi dal 1974. «Ci siamo tenuti in disparte negli ultimi anni sperando in un'amnistia in occasione di un anniversario della rivoluzione», ha detto la settimana scorsa. «Ma ora — ha aggiunto il principe — che non è accaduto niente nel 13' anniversario, il 12 settembre, quando la giunta militare si è trasformata in governo civile, non abbiamo altra scelta se non quella di rivolgerci al mondo». Asserate, 39 anni, nipote di Hailé Selassié, consulente di marketing e di pubbliche relazioni a Francoforte, è stato fortunato nel 1974. Stava studiando nella Germania occidentale quando il gruppo di giovani officiali etiopici, sotto il comando di Mengbistu Hailé Mariam, fece cadere la monarchia. Sua padre, presidente dei Consiglio imperiale della Corona, venne iustiziato con altri 59 funzionari el governo. Sua madre, la principessa Zuriash-Work Gabre Igzia-

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bher, e altri componenti della famiglia imperiale (sei donne e tre uomini), vennero imprigionati senza capo d'accusa. «Il loro unico crimine era di essere sposati o imparentati con membri del governo imperiale», ha detto Asserate la settimana scorsa. «Nessuno aveva incarichi politici, e il più giovane, il principe Baede Mekonnen, nipote dell'imperatore, aveva solo 14 anni al tempo della rivoluzione». Nei successivi otto anni, a nessuno di loro è stato permesso di ricevere visite dai rappresentanti di organizzazioni umanitarie. Quando l'Europa e gli Stati Uniti hanno fatto pressioni perché venissero liberati, Mengbistu ha fornito varie giustificazioni della loro detenzione. «Prima ha detto che era per la loro stessa sicurezza, il che è ridicolo», ha aggiunto Asserate. Durante questi anni, ogni volta che una di queste persone aveva bisogno di essere ricoverata — ed erano tutte in cattiva salute, particolarmente la figlia maggiore dell'ex imperatore, la principessa Tenangne-Work Hailé Selassié — la popolazione mostrava chiaramente la propria solidarietà. «La loro detenzione è contraria

non solo agli ideali democratici, ma anche a tutti i costami etiopici: le donne e i bambini sono sempre stati inviolabili, perfino nei periodi più oscuri della nostra storia. E non sono nemmeno veri prigionieri "politici". Membri del governo imprigionati durante la nvoluzione vennero rilasciati al decimo anniversario. Mengbistu — ha affermato Asserate — dava l'impressione di non conoscere il problema, o diceva che tutto era nelle mani del Parlamento. Questo è assurdo: sappiamo che tutto il potere è nelle sue mani, anche se ha cambiato la sua uniforme con una giacca alla Mao». Asserate ha detto che i passi nmanitarì si sono rivelati inutili. «Menghistu non conosce il significato della parola compassione; ha il peggior record in fatto di diritti umani in Africa. Ma c'è un linguaggio che, come tutti i dittatori, comprende: potere ed economia». Secondo l'accordo di Lomè, in base al quale la Comunità europea aiuta i Paesi africani, caraibici e del Pacifico, l'Etiopia doveva ricevere circa 150 milioni di sterline tra il 1986 e il 1991. «I governi europei devono fornire l'aiuto a condizione che il regime riconosca i diritti umani fondamentali», ha detto Asserate. Alia domanda se il destino di milioni di persone, che potrebbero trarre vantaggio da questi aiuti, debba avere lo stesso valore di quello dei dieci prigionieri, il principe ha risposto che si tratta di un problema etico. «Hitler non è stato un criminale perché ha ucciso 6 milioni di ebrei: è stato un criminale perché ha ucciso un ebreo. Democrazia significa rispetto dei diritti umani e civili di ognuno; Asserate sta negoziando con tutti i gruppi dell'opposizione in Etiopia, incinsi i movimenti di liberazione dell'Eritrea e del Tigrai, allo scopo di formare nn fronte unito per rovesciare Menghistu politicamente, visto che non può essere fatto militarmente. Nonostante le sue origini, il principe ha detto di non desiderare una restaurazione della monarchia. •Prima di tutto dobbiamo impedire ulteriori catastrofi nel nostro Paese, poi dobbiamo lasciare che la gente decida come vuole essere governata». Tony Catterall The Obaerver - il Giornale, 1987

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La favola triste del pacifico Tibet )t

un topolino, si chiama Tibet ed è molto prezioso. Le sue montagne nascondono inestimabili ricchezze di minerali Le sue montagne sono uniche nella loro bellezza: si possono vendere salate alle pulci del turismo. La sua gente è mite e sorrìdente, poco numerosa e disarmata. La sua gente crede al Buddismo. Nei bui Templi serba immensi tesori. C è un gatto. £ arrivato armato e ha unghiato il topolino con gli artigli. Lo ha inchiodato e ferito ormai da trentanni e più. Si chiama Cina comunista. Il topolino è qui, catturato nella propria tana, chiuso dentro e costretto a lavorare per il gatta II topolino è piccolo, e proprio per questo coglie un mondo interiore pacato e fondo, un mondo di armonie e risonanze del tutto sconosciuto al gatto. Un mondo spirituale. Il gatto è qui, conquistatore mascherato, dominatore arricchito. Il gatto t grande e coglie l'aspetto più grossolano della vita.

Vive di materialismo e lo proclama, lo di- epesto gioco crudele. E si chiedono: che vulga e lo ripete e lo ripete. £ un bellicoso E dicono: se strappiamo il topolino fematerialismo. Solo alcuni topolini sporchi si sono driz- rito dalle zampe del gatto, la sua coda inzati sulle zampette per collaborare. Si sono dispettita si volterà contro di noi. E l'ecoschierati col gatto facilitando la loro stessa nomia? Tutta quella pelliccia morbida di cattura e prolungando il soggiogamento. gatto che fa le fusa, tutto quel miliardo Ma gli altri topofini piangono, si sentono di peli in crescita... Si toccano il portafosoffocati e impotenti, incapaci di intonare glio e frenano l'intervento. la marcia militare del conquistatore. QuanMa signori, lo vedete bene questo gatto? do il loro capo esiliato parla di loro agli Non vi spaventano i suoi facili inganni, altri animali spettatori, quando la loro ter- i suoi proclami falsi, le sue vendette sanra trema e i cuori esplodono, sentono la guinose: Non vi spaventa questo gatto in canzone della libertà nelle onde del fiu- crescita? Non vi spaventa tutto questo mame. terialismo devastante e deprimente? Allora tirano le pietre nella piazza per Ora sentite lo squittìo del topolino moliberare dalla prigione e dai roghi i loro rente, le sue canzoni; vedete la sua gente monaci pacifici, i loro monaci coraggiosi cosi pacata e saggia, tutti i suoi tesori e che osano mostrare apertamente la loro segreti devastati. scontentezza. Che il mondo non di dimentichi del TiAllora la vendetta del gatto è spaventoChe i capi del mondo non si dimensa. Il topolino tramortito e torturato rischia bet tichino del loro Spirito. di morire. Un anonimo cittadino Ecco poi gli spettatori. Sono tutti gli anidi Lhasa, capoluogo del Tibet mali stranieri che stanno ora a guardare

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«Chi non aderisce al partito Menghistu (chiamato per Nuova denuncia del regime di Menghistu diora Partito dei Lavoratori

d'Etiopia, ma spesso cambia nome)nonpuòparteciparealla vita sociale, economica e politica dello Stato». Una forte opposizione contrasta oggi il programma di collettivizzazione. Sono state date alcune «garanzie», sempre secondo le testimonianze di cittadini, o «ex cittadini» etiopici, ma queste assicuraca due milioni. In Italia la zioni «non saranno mai riCaritas dichiara che delle spettate. Come potrebbe espersone che si rivolgono ai sere il contrario se si contisuoi centri di ascolto un ter- nua a promuovere la villagzo oggi proviene dal] 'Etiopia gizzazione? I villaggi comue che di questa gente si regi- nali sono la premessa della stra un aumento del 10 per collettivizzazione». cento ogni mese. C è una fuAnche la carestia, in maga di personale che danneg- niera più o meno diretta, pogia la stessa nazione. trebbe dipendere dal tipo di La nuova politica di collet- regime istaurato. L'impossitivizzazione na portato la fa- bilità per la popolazione di me nelle campagne. «Forse partecipare allo sforzo di crein un altro paese questo si- scita della propria nazione, stema avrà un effetto diver- l'impossibilità di poter conso», non si sbilancia il giuri- trollare la destinazione degli sta etiopico. Ma nel suo pae- aiuti hanno determinato sfise i militanti decidono e con- duciae proprio per questo, è trollano tutto: quanto viene stato spiegato, alcuni organicome la Caritas pretenrodotto è confiscato dallo smi giustamente di poter tato, che fissa i prezzi e i sa- dono gli aiuti in prolari e ai contadini non resta trasportare prio fino ai destinatari ultiche vivere con gli aiuti pro- mi. venienti dall'occidente. «Si parla tanto di una democraAlla gravità delle condiziozia in Etiopia, ma non è pos- ni dell'Etiopia va aggiunta la sibile neppure costituire un drammatica situazione delpartito», riprende Eshete. l'Eritrea.

Storie di abusi e violenze «In Etiopia si vive così» di Roberta D'Angelo ROMA. «In Etiopia si è passati da un regime assoluto imperiale al regime assoluto di Menghistu, e la costituzione etiopica lo dimostra: è una copia esatta della costituzione sovietica del 1977 e di parte di quella rumena». Con queste parole il giurista Aleme Eshete, professore associato dell'Università di Addis Abeba ha voluto denunciare la dittatura militare del colonnello Menghistu. L'accusa è stata lanciata durante un incontrodibattito sul tema «Violazione dei diritti umani oggi in Etiopia». Invitato a parlare a Parigi dallo stesso governo etiopico sulla «nuova forma» di Stato, il giurista aveva ritenuto giusto esprimere la propria vera opinione. Ma evidentemente il governo non la pensava allo stesso modo e ha

provveduto a non rinnovare il passaporto di Aleme Eshete, non riconoscendolo più cittadino dell'Etiopia. La violazione dei diritti umani nello Stato in cui si sta abbattendo una nuova siccità è, secondo le testimonianze, all'ordine del giorno. Non è possibile lasciare il paese senza speciali permessi, i cui tempi vanno assolutamente rispettati pena la confìsca dei propri fieni; si procede troppo spesso ad arresti di persone senza motivazioni precise; i processi sono segreti, come le sentenze. Nella sola capitale ci sono cinquemila carcerati, di cui almeno la metà è costituita da prigionieri politici. Negli ultimi tredici anni tre ministri degli Esteri sono scappati. I profughi che hanno abbandonato lo Stato sono cir-

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Avvenire Sabato 12 dicembre 1987


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