FREEPRESS n. 859
23-29 APRILE 2020
CRONACA • SOCIETÀ • POLITICA • ECONOMIA • OPINIONI • CULTURA • SPETTACOLI • GUSTO • SPORT • #CORONAVIRUS
SANIFICAZIONE AMBIENTALE CON OZONO Prezzo € 0,08 COPIA OMAGGIO ISSN 2499-9460
Restiamo a casa, facciamo rete: nei giovedì della crisi R&D sarà solo scaricabile online
LA RISCOPERTA Dai campi alla tavola: l’emergenza virus porta nuova consapevolezza sul ruolo dell’agricoltura
SANIFICAZIONE AMBIENTALE CON OZONO L'OZONO è un gas efficace contro virus, batteri, muffe, spore e cattivi odori La molecola O3 naturalmente instabile, scindendosi torna ad essere ossigeno senza lasciare alcuna traccia di residui chimici. Consigliato per uffici, magazzini, abitazioni, strutture pubbliche, auto, caravan, autobus, treni. Via Faentina, 280 - San Michele (RA)
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PAVIMENTI IN LEGNO
23-29 aprile 2020 RAVENNA&DINTORNI
LE AZIENDE INFORMANO
Original Parquet: il nuovo grande showroom anche per appuntamenti virtuali a distanza L'azienda di Alfonsine ha realizzato in via del Lavoro uno spazio espositivo dedicato ai prodotti con una galleria di campionature, ambientazioni e allestimenti. Già da oggi è possibile fissare un appuntamento per una visita virtuale tramite videochiamata assistita Progettato nel 2019, in cantiere dalla fine dello scorso anno, come da programma, è pronto il nuovo show room di Original Parquet di Alfonsine, fra le imprese leader del settore dei pavimenti in legno in Italia, con importanti quote di export in tutto il mondo. Lo spazio di via del Lavoro 4 – nelle vicinanze dello stabilimento produttivo di via dell'Artigianato – oltre all'esposizione della vasta gamma di prodotti dell'azienda, accoglie anche gli uffici commerciali e amministrativi. Si tratta complessivamente di un edificio di 1.500 mq. che mette in mostra le varie linee di prodotto dell'azienda: “corporate”, “business” e “luxury”. «L'articolazione espositiva – illustra il presidente di Original Parquet Giovanni Ballardini – si articola fondamentalmente in tre moduli: una sorta di galleria a parete con panneli formati da campioni esemplari dei pavimenti, che ne esaltano forme e colori, un'ambientazione a pavimento che mette a confronto i vari parquet con mobili e complementi d'arredo e, infine, una serie di veri e propri allestimenti domestici che simulano la collocazione di nostri pavimenti in un soggiorno piuttosto che in camera da letto, in cucina o in bagno. Naturalmente ogni parquet esposto è corredato da una tabella esplicativa che definisce il tipo di essenza, le caratteristiche tecniche e la funzionalità. Insomma un percorso a vari livelli che mostra la varietà, la qualità funzionale, la creatività estetica e la cura artigianale dei nostri prodotti, per orientare i clienti a una scelta consapevole del pavimento più adeguato alle proprie esigenze». Di fatto, a fronte delle restrizioni di legge per l'epidemia Coronavirus che limitano le aperture aziendali e la mobilità delle persone, il nuovo show room, fino ad un graduale ritorno alla normalità, non è “fisicamente” accessibile, per cui è già possibile fissare, in tutta semplicità, appuntamenti virtuali assistiti a distanza da un addetto commerciale. «La visita virtuale al nostro show room è possibile tramite prenotazione – spie-
ga il presidente Ballardini – basta disporre di una buona connettività internet e prendere un'appuntamento attraverso il nostro sito web o una telefonata. Il percorso viene realizzato tramite una video chiamata, con smartphone, tablet o computer, ed è guidato da un nostro esperto commerciale, che può suggerire prodotti e approfondire le caratteristiche tecniche di diverse tipologie di pavimenti, in sintonia con le preferenze e le esigenze del cliente. Una volta conclusa la visita – precisa Ballardini – possiamo inviare un'offerta economica e spedire a casa un campione di riferimento del parquet prescelto». Quella di una vocazione espositiva e conoscitiva virtuale, in effetti, era già stata prevista – indipendentemente dalla vicenda del virus – per il nuovo show room di Original Parquet, visto il contesto nazionale e internazionale in cui opera commercialmente l'azienda, con clienti e rivenditori distribuiti in varie regioni del Paese e a livello globale. Per cui può essere più agevole e quasi immediato un contatto “da remoto” con il catalogo attuale dei prodotti, anche per le esigenze formative e di aggiornamento dei rivenditori e degli agenti commerciali attivi in Italia e all'estero. «A questo proposito – conferma il presidente – è in programma a inizio estate la realizzazione di una piattaforma web 2.0, interattiva, che prevede uno show room completamente virtuale, con didascalie eplicative di tutti i prodotti e la condivisione dello schermo con l'assistenza di un nostro addetto commerciale, fruibile su tutti i devices con visione in alta definizione. In progetto, per il futuro, a completare la funzionalità di questo servizio è previsto anche un “configuratore di pavimenti” che dovrebbe consentire di simulare la disposizione dei nostri parquet in spazi tridimensionali predefiniti, soprattutto per verificare l'impatto estetico in una determinata cornice abitativa». «Infine, in riferimento all’attuale l’emergenza sanitaria – conclude Ballardini – voglio sottolineare l’iniziativa “Aseptica” che abbiamo messo in campo per soddisfare le esigenze di sicurezza igienica di materiali di largo uso domestico come i pavimenti. Per cui, su tutta la gamma “corporate” i parquet forniti dall’azienda, senza alcun sovrapprezzo, sono sanificati con un trattamento a base di speciali vernici di finitura che abbattono al 99% la carica batterica che potrebbe insinuarsi altrimenti nei pavimenti. Una barriera igienizzate che protegge il parquet da intrusioni insalubri, oltre naturalmente alla pulizie ordinarie delle superfici.
PUNTI DI VISTA / 3 23-29 aprile 2020 RAVENNA&DINTORNI
IL COMMENTO
TUTTO D’UN TRATTO
L’OSSERVATORIO
di Gianluca Costantini
Quelle multe che possono far riflettere...
Un incubo a lieto fine
di Luca Manservisi
di Moldenke
Siamo passati dal fare la spia per il primo simil-runner o padre con figlia che vedevamo dalle nostre finestre al gridare allo scandalo per le multe inflitte senza pietà a chi è in giro per strada. Prevedibile, visto che i nostri contatti con il mondo reale passano sempre più dai social, dove non è facile attirare altrimenti attenzione in questo periodo di isolamento casalingo. E prevedibile, perché questo isolamento forzato le idee le confonde, più che aiutare a chiarirle. Ma sforzandosi di fare un’analisi di questo drammatico ma anche piuttosto bizzarro periodo delle nostre vite è però inevitabile chiedersi se fosse davvero necessario multare due anziani che stavano curando il loro orto a debita distanza uno dall’altro, tra l’altro nei giorni in cui il Governo chiariva che negli orti, in effetti, sì, ci si può andare. O fare un verbale di 280 euro a un’imprenditrice che stava andando a piedi, in perfetta solitudine, con il cane al guinzaglio, a portare dei documenti al proprio commercialista. Tra l’altro da un carabiniere in borghese che le avrebbe detto che avrebbe potuto andarci in auto dal commercialista, ma non a piedi, guai a camminare a piedi da sola con il cane, che si rischia di fare attività motoria inconsapevolmente troppo distanti da casa propria. Per non parlare, per uscire dai confini provinciali, della spettacolare foto confezionata ad arte degli agenti che stanno per sanzionare un pericoloso bagnante steso da solo al sole in una deserta spiaggia di Rimini. Tra pochi mesi forse di tutto questo ci rideremo, chissà. Ma è più probabile che saremo ancora alle prese con restrizioni più o meno assurde allo scopo di contenere un virus che dovremmo essere noi i primi a cercare di evitare stando a un metro di distanza dalle altre persone. Con la speranza che sia tutto chiarito dall’alto, che per esempio si possa andare senza rischiare di essere multati in un negozio che ha ottenuto il permesso di aprire (vedi librerie). E con la speranza che dal “basso”, gli agenti, i militari, possano usare il famoso buon senso, che un conto è multare una comitiva che sta facendo una grigliata e un altro è far valere il proprio potere nei confronti di persone in completa solitudine. E la speranza che i militari tornino a occuparsi il prima possibile di cose più importanti. Perché in questi giorni vedere certe foto, leggere certe notizie, sentirsi così tanto osservati, non è così tranquillizzante come forse era l’obiettivo. Fa più stato di polizia, o qualcosa del genere. E non ne sentivamo sinceramente il bisogno, in questo periodo dove già dobbiamo guardarci dal virus...
Ho fatto un sogno. Andavo allo stadio finalmente a rivedere una partita di calcio, c’era gente in fila, che bello, con la mascherina, che strano, e quando è arrivato il momento di entrare non c’erano i tifosi, ma vecchi che facevano la spesa in bancarelle di frutta e verdura allestite sotto le tribune. In campo, invece, i calciatori giocavano mantenendo la distanza interpersonale e la partita è finita 83 a 75. Durante l’intervallo mi ha videochiamato mia zia che vedo solo a Natale e a Pasqua perché a Pasqua, in effetti, non siamo riusciti a vederci e voleva sapere come stavo. Quando sono tornato a casa, invece, era pieno di bambini che seguivano una videolezione in cui un’insegnante leggeva ad alta voce un libro che a sua volta era un audiolibro che a sua volta era letto da un’insegnante in streaming e non capivo perché cazzo ognuno non si poteva leggere un libro a casa propria e bona. Sono uscito e ho dovuto consegnare a un vigile un’autocertificazione in cui mi impegnavo ad andare al bar più vicino anche se il caffè mi faceva schifo ma poi appena girato l’angolo mi sono messo a correre come mai avevo fatto prima fino a raggiungere un orto, ho scavalcato la recinzione e finalmente sono riuscito ad annaffiare una pianta di zucchine, sentendomi un vero ribelle, un vero anticonformista. Ma a quel punto ho sentito una musica nota, un canto provenire dai balconi, “o partigiano, portami via”: era il 25 aprile e per festeggiare la gente cantava dal balcone a un orario prestabilito, visto che non poteva andare a celebrare la Liberazione come al solito mangiando un panino con la salsiccia in pineta. Così sono scappato di nuovo in casa e mi sono guardato il Ravenna Festival in streaming ma la connessione saltava, in casa c’era casino e allora sono uscito in giardino a gridare. Poi ho preso la mia mascherina da sub personale e sono salito in macchina per andare al mare dove finalmente mi sono steso nel mio lettino ricoperto di plexiglass e ho finalmente realizzato che almeno qualcosa di bello, in tutto questo incubo, c’era: poter ordinare e farsi portare sotto l’ombrellone una caipiroska e non avere nessuno con il proprio corpo semi-nudo a meno di due metri di distanza. Mi sono svegliato e finalmente ho guardato al futuro con ottimismo. Voi, invece, tutto bene?
Direttore responsabile: Fausto Piazza Collaborano alla redazione: Andrea Alberizia, Federica Angelini, Luca Manservisi, Serena Garzanti (segreteria), Autorizzazione Gianluca Achilli, Maria Cristina Tribunale di Ravenna Giovannini (grafica). n. 1172 del 17 dicembre 2001 Collaboratori: Roberta Bezzi, Matteo Cavezzali, Francesco Della Torre, Nevio Anno XIX - n. 859 Galeati, Iacopo Gardelli, Giovanni Gardini, Enrico Gramigna, Simona Editore: Guandalini, Giorgia Lagosti, Fabio Edizioni e Comunicazione srl Magnani, Alessandro Montanari, Enrico Via della Lirica 43 - 48124 Ravenna Ravaglia, Guido Sani, Angela Schiavina, tel. 0544 408312 www.reclam.ra.it Serena Simoni, Adriano Zanni. Direttore Generale: Claudia Cuppi Fotografie: Massimo Argnani, Paolo Pubblicità: tel. 0544 408312 Genovesi, Fabrizio Zani. Illustrazioni: commerciale1@reclam.ra.it Gianluca Costantini. Area clienti: Denise Cavina tel. 335 Redazione: 7259872 - Amministrazione: tel. 0544 271068 - Fax 0544 271651 Alice Baldassarri, redazione@ravennaedintorni.it amministrazione@reclam.ra.it Stampa: Centro Servizi Editoriali srl Stabilimento di Imola
Poste Italiane spa - Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. di legge 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB
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4 / PRIMO PIANO RAVENNA&DINTORNI 23-29 aprile 2020
IL DOPO CORONAVIRUS/1
Gli aiuti della Regione per l’agricoltura: 70 milioni di euro e un sito per cercare lavoratori La pandemia ha ridotto la manodopera straniera disponibile ma le gelate hanno tagliato la richiesta nel Ravennate Pronto un pacchetto di misure in varie forme per le aziende dell’Emilia-Romagna
L’emergenza Covid-19 ha colpito la filiera agroalimentare soprattutto al livello della produzione. Molta parte della manodopera impiegata sui campi era costituita da immigrati dall’estero, soprattutto dall’Est Europa: con l’Italia travolta dall’epidemia, molti hanno rinunciato al lavoro stagionale per restare nei propri Paesi e altri sono rientrati. Un problema che nel territorio ravennate è passato in secondo piano per un successivo imprevisto: le gelate notturne di aprile hanno distrutto quantità enormi dei prodotti nel campo, rendendo superflua una parte della manodopera che sarebbe servita. La Regione ha messo in campo la rete dei 38 centri per l’impiego che fanno capo all’Agenzia regionale per il lavoro per aiutare le imprese a reclutare in tempi rapidi le figure professionali indispensabili per mandare avanti nelle prossime settimane e mesi il lavoro nei campi e negli allevamenti. In provincia di Ravenna i centri sono tre: Ravenna, Faenza e Lugo. In regione oltre 135mila cittadini in cerca di occupazione sono iscritti ai centri per l’impiego. Ma nella situazione attuale la platea dei potenziali lavoratori è ancora più ampia perché comprende tutte le persone rimaste senza lavoro negli altri settori colpito dal coronavirus, il turismo in primis. “Lavoro per te” è il nome del portale web realizzato dalla Regione per ricerca e reclu-
tamento di manodopera stagionale. Per accedervi è necessario registrarsi e ottenere le credenziali di accesso. Una volta effettuata la registrazione aziende e lavoratori accedono a una propria “scrivania virtuale”: le aziende inseriscono i loro annunci di lavoro con una procedura semplificata attraverso la compilazione online di un apposito modulo in cui vanno specificate le proprie esigenze (profili lavorativi richiesti, tipo di attività,
Imprese e disoccupati possono collegarsi a “Lavoro per te” dove inserire domande e offerte di impiego
durata dell’impiego, ecc.), mentre gli aspiranti lavoratori visualizzano gli annunci delle aziende e possono candidarsi. L'annuncio di lavoro sarà visibile sulla propria scrivania di chi cerca lavoro per un certo periodo; dall’altra parte le aziende possono consultare la lista delle candidature ricevute per ogni annuncio inserito tramite un apposito link. C’è poi un pacchetto di misure varato dalla giunta regionale per venire incontro alle esigenze delle imprese agricole. L’ultimo in ordine di tempo è un bando da oltre 15,6 milioni di euro per sostenere gli investimenti delle imprese vitivinicole nel segno dell’innovazione tecnica e varietale e del miglioramento della qualità dei vini made in Emilia-Romagna. Un intervento che si aggiunge ai 55 milioni di euro già liquidati nelle scorse settimane a vario titolo (Domanda Unica, Ocm, Psr) a favore delle imprese da parte di Agrea (Agenzia regionale per le erogazioni in agricoltura), al bando da 12,6 milioni di euro per le indennità compensative alle aziende di montagna, alla semplificazione delle procedure amministrative per l’assegnazione dei carburanti agevolati. E infine l’accelerazione del pagamento dei contributi e il rinvio e/o lo slittamento di una serie di adempimenti burocratici legati a vari bandi regionali.
PRIMO PIANO / 5 23-29 aprile 2020 RAVENNA&DINTORNI
IL DOPO CORONAVIRUS/2
«Sta cambiando l’approccio ai prodotti agricoli La società consumistica si era dimenticata di noi» La riflessione di Raffaele Drei (Confcooperative): «Dalla pandemia la Romagna può uscirne valorizzata L’emergenza sanitaria ha radicalmente cambiato lo stile dei consumi: la plastica è diventata una garanzia di sicurezza»
Le gelate primaverili hanno praticamente azzerato la produzione estiva in provincia
Raffaele Drei, presidente della cooperativa faentina Agrintesa, è il responsabile del comparto agricolo di Confcooperative Ravenna. Lo abbiamo contattato per chiedergli come si immagina il futuro del settore, già da tempo alle prese con importanti questioni legate ai cambiamenti climatici, una volta superata l’emergenza coronavirus. La pandemia globale secondo molti osservatori potrebbe portare a una nuova riscoperata del mondo agricolo, una sorta di ritorno al passato dei consumatori, più attenti a quello che consumano e a come reperirlo. È d’accordo? «Pur essendo in questo periodo, dal mattino alla sera, concentrati sulle problematiche del momento, non solo quelle legate al coronavirus, volendo provare a infondere anche un po’ di speranza, penso in effetti che in queste settimane stia cambiando l’approccio al consumo alimentare della nostra società, del cittadino medio, anche la percezione che l’opinione pubblica ha nei confronti del bene alimentare. Purtroppo la nostra società credo si stesse veramente dimenticando del valore dei generi alimentari, del bene agricolo e personalmente ho sempre provato abbastanza fastidio da un lato e preoccupazione dall’altro, da addetto ai lavori, per il fatto che non era solo una percezione ma un’attenzione da parte delle istituzioni e le normative pari pressoché a zero e via via calante al nostro mondo. Forse perché comunque la nostra società consumistica è sempre stata abituata a leggere l’articolo di giornale, dell’agricoltore in grande difficoltà, ma poi a trovare ugualmente di tutto nei supermercati, con ampi spazi di spreco. Con i prodotti agricoli che sembravano un po’ come l’aria che respiriamo, dati per scontato. Con questa pandemia, forse, si sta invece incominciando a prendere coscienza del valore che hanno». Il virus cambierà anche il modo di lavorare nei campi? «Il lavoratore agricolo, come tutti, dovrà pensare di lavorare più in sicurezza, a fronte di un rischio che in passato non c’era. Si dovranno prendere una serie di ulteriori adempimenti. E poi si continuerà con l’evoluzione che già era stata avviata verso un’agricoltura
sempre più attenta all’ambiente, tecnologica e con strumenti che migliorino alcuni aspetti fondamentali, quali l’uso dell’acqua e la sicurezza alimentare. L’emergenza sanitaria ha radicalmente cambiato lo stile dei consumi. Fino a tre mesi fa per esempio c’era un demonio che si chiamava plastica, che oggi è invece diventato una garanzia di sicurezza. La percezione del consumatore su questo aspetto è stata stravolta. Credo che siamo tenuti a fare un esercizio di equilibrio, non è vero che era il demonio, se opportunamente riciclata, non è neanche vero che sia una garanzia. Ma sono tanti i comportamenti che repentinamente sono cambiati nell’approccio all’agricoltura e che condizioneranno il prossimo futuro. In Romagna io trovo in particolare un ulteriore elemento di positività: qui non si producono prodotti di “lusso”, ad altissimo valore aggiunto. La Romagna è per definizione popolare, nel turismo ma anche nel proprio modo di consumare, e credo che questo possa aiutarci nel momento in cui verrà rivalorizzata la logica dei consumi di generi alimentari, essenziali per la nostra vita». Anche qui in questo periodo è scattata l’emergenza per la mancanza di manodopera nei campi? «Purtroppo siamo un’isola “infelice”, nel senso che in provincia di Ravenna non mi risulta ce ne sia bisogno. A causa delle gelate tardive di inizio primavera abbiamo visto azzerare tante nostre produzioni. Circa l’80 percento delle produzioni estive. Una situazione che rasenta l’incredibile, storicamente mai verificatasi. La peggiore calamità che ci si poteva aspettare, da cui nessuno è stato risparmiato». Ma ci sono anche casi opposti, di prodotti raccolti nei mesi scorsi che non possono essere venduti per problemi logistici? «Sono aumentate le difficoltà, questo sì. Credo non ci sarà dell’invenduto, ma la logistica, con il mondo dei trasporti stravolto anch’esso, è diventata molto più complicata, più costosa, con criticità organizzative». Cosa ne pensa dei casi di caporalato che in questi giorni sono emersi anche in Romagna, in provincia di Ravenna, con extracomunitari sfruttati nei campi per 50 euro al mese? «È un fatto che si commenta da solo. Gravissimo anche perché in Romagna ci eravamo sempre ritenuti terra di legalità. Credo, a tal proposito, che i cambiamenti economici e la crisi che vivremo necessitano di tanta lungimiranza da parte dei legislatori per studiare normative trasparenti e rispettose del lavoro delle persone. Più elasticità anche, magari per attrarre verso il nostro mondo chi faticherà a trovare ancora lavoro in comparti come quelli del turismo stagionale». Cosa altro chiedete alle istituzioni? «Di provvedere, attraverso modifica legge 102, a dirottare risorse con elasticità ad aziende agricole che oggi sono stremate. E, come in altri settori, un grande impegno sul tema della sburocratizzazione, ancor di più in questo periodo». Luca Manservisi
6 / PRIMO PIANO RAVENNA&DINTORNI 23-29 aprile 2020
IL DOPO CORONAVIRUS/3
«Filiera corta e fiducia nel cibo sano: il futuro sarà un ritorno al passato» Il coordinatore provinciale di Campagna Amica di Coldiretti, Andrea Conti, invita istituzioni e stakeholder a non dimenticare l’agriturismo: «È la vera accoglienza green»
Andrea Conti è il responsabile delle relazioni esterne di Coldiretti Ravenna e il coordinatore provinciale di “Campagna Amica“, la fondazione nata a livello nazionale nel 2008 come luogo ideale di incontro tra gli interessi degli agricoltori e dei cittadini. Con piacere raccolgo il vostro stimolo a guardare avanti così da riflettere insieme sul “dopo virus” quindi su quelle traiettorie di futuro del Paese e della nostra provincia che, di certo, avranno ancor più al centro l’agricoltura e il cibo. Ma una breve premessa sul presente, prima di pensare al domani, ritengo sia d’obbligo. Dopo la “fuga” dai campi negli anni del boom economico, cui fece seguito un lungo oblio da cronache e riflettori, l'agricoltura, nell'ultimo ventennio, è stata riscoperta dai tantissimi giovani che, anche in questa provincia, sono “tornati alla terra”. Tuttavia è forse solo ora, nella difficoltà generale, che ci si rende conto di cosa il settore primario rappresenti in termini non solo eminentemente economici, bensì sociali ed occupazionali.
Questi giorni complessi ci stanno facendo riscoprire un modo diverso di vivere, ci stiamo accorgendo che alcuni lavori si possono fare meglio a distanza, ma soprattutto che il corretto modello economico non deve per forza di cose perseguire profitto e globalizzazione. Stiamo riassaporando il gusto della lentezza, del tempo collettivo che oggi assomiglia sempre più a quello agricolo, scandito come è
dalla natura e dai suoi ritmi. Da qui occorre ripartire, come Coldiretti ripete da anni, dalla costruzione di un sistema che distribuisca la ricchezza in modo equo lungo l'intera filiera. Garantendo la giusta remunerazione agli agricoltori, che da inizio emergenza stanno lavorando sodo, seppur tra mille difficoltà, per sostenere il Paese, si potrebbe raggiungere un maggior benesse-
Per l’anniversario della liberazione dell’Italia del 25 e per il 26 aprile
VI REGALIAMO 2 MENÙ CON L'ACQUISTO DI UN CARTONE DEGUSTAZIONE DA 6 BOTTIGLIE DEI NOSTRI VINI Ca More, Tre Rosè, Lona Bona, Gioia, Rebianco e Refamoso Il menù per 2 persone comprende: Crespella alle verdure, Galletto alla diavola, Pomodori gratinati, Aspic di fragole e Gioia
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re personale e collettivo senza la necessità di fare sempre di più, ma puntando sulla qualità e sulla sua valorizzazione. Credo fermamente, dunque, che l'Italia intera, e il nostro territorio che è cuore della food valley emiliano-romagnola, potrà trarre beneficio nella ripartenza proprio dalla sua tradizione rurale, ma solo se saprà invertire la tendenza del passato a sottovalutare il patrimonio agroalimentare nazionale e il valore del cibo. Perché se è indubbio che nella crisi attuale l'agricoltura può insegnarci la resilienza e la capacità di vincere tutte le sfide (pensiamo ad esempio alla quotidiana lotta contro insetti “alieni” e cambiamenti climatici), è altrettanto vero che questa crisi ha fatto ripensare al cibo non solo come materia prima vitale, ma come identità, appartenenza, territorio, comunità. Quello che Coldiretti, attraverso Fondazione Campagna Amica, aveva letto in anticipo agli inizi degli anni 2000, accorciando la filiera e parlando direttamente al suo primo alleato, ossia il consumatore finale, oggi, anche a causa delle restrizioni imposte dalla Covid-19, conosce un'ulteriore spinta evolutiva. Il rapporto tra cittadino-consumatore e produttore diventa relazione di fiducia che cresce al crescere della domanda di “made in Italy”, di cibo sicuro, equo, al giusto prezzo per chi consuma e chi produce. I cambiamenti già in atto relativamente alle abitudini di spesa e alle modalità d'acquisto, penso alla possibilità di ordinare la cassetta del contadino via web direttamente all'azienda agricola o al Mercato Contadino Coperto di via Canalazzo 59 (ultimo tassello della rete Campagna Amica locale) o ancora la richiesta di consegna a domicilio, saranno centrali anche in futuro e, anzi, grazie alle nuove tecnologie conosceranno un ulteriore sviluppo e perfezionamento. Come la nostra App Campagna Amica, già attiva prima di questa emergenza sanitaria, e ora implementata con un'apposita sezione che consente di ordinare la spesa dal proprio divano. Non sembra, ma stiamo tutti vivendo un ritorno al passato, a quando il contadino o l'allevatore portavano ortaggi, frutta, latte di casa in casa. Ed è proprio facendo questo passo indietro, forse obbligato dalle contingenze, certo, che posiamo la prima pietra di un futuro più “green”, con meno auto in circo-
Andrea Conti, responsabile delle relazioni esterne di Coldiretti Ravenna
lazione, meno spostamenti, meno traffico. Quel futuro più sostenibile che Campagna Amica aveva già immaginato investendo nella promozione dell'attività agrituristica capace di valorizzare in un sol colpo territorio, natura, cibo e ospitalità contadina. Un settore fondamentale anche per la nostra provincia, un settore che negli ultimi anni ha visto esplodere il numero di arrivi-presenze e che, più di tutti, sta subendo gli effetti drammatici di questa crisi. Ho letto con attenzione e, lo ammetto, non senza un certo rammarico, gli interventi dei rappresentanti delle istituzioni locali e dei vari stakeholder nell'edizione del vostro settimanale interamente dedicata al turismo che verrà (numero del 9 aprile, ndr). Ebbene, in tutti gli interventi non compare una sola riga o una minima riflessione sul comparto agrituristico nonostante il peso che esso riveste, e ormai da anni, nel bilancio turistico provinciale. Come Coldiretti e Campagna Amica, ritenendo il vero agriturismo sinonimo di accoglienza di qualità e di quel tipo di “vacanza green” che in futuro sarà ancora più richiesta dalle famiglie, italiane e straniere, abbiamo appena avanzato alla Regione Emilia-Romagna istanza per il riconoscimento dello stato di calamità, in gioco infatti c'è la sopravvivenza di queste attività, in gran parte gestite da under 35. Per concludere, ritengo che qualsiasi visione di futuro non possa prescindere da due fattori: dalla difesa di una filiera allargata che in Italia, dai campi agli scaffali, vale oltre 538 miliardi e dall'accresciuta consapevolezza del valore sociale rappresentato dal cibo. Investire sull'agricoltura, sostenendone uno sviluppo basato su rapporti di filiera virtuosi significa contribuire ad una ripartenza sostenibile del Paese tale da generare innovazione, sviluppo, occupazione e da garantire al contempo quelle scorte alimentari strategiche e di qualità di cui l'Italia intera ha e avrà bisogno.
PRIMO PIANO / 7 23-29 aprile 2020 RAVENNA&DINTORNI
IL DOPO CORONAVIRUS/4
«Abbiamo scoperto che l’agricoltura non è un optional: ora servono investimenti in competenze, formazione e tecnologie» Mirco Bagnari, direttore di Cia Romagna: «I nostri agricoltori vanno tutelati perché con il loro lavoro curano anche il territorio e devono essere messi nelle condizioni di lavorare nella legalità» Mirco Bagnari è da qualche mese direttore per la Romagna della Cia, la Confederazione italiana agricoltori, dopo un mandato come consigliere regionale per il Pd e dopo essere stato sindaco (molto amato) di un importante centro agricolo come Fusignano. È stato quindi naturale chiedergli di raccontarci cosa abbiamo scoperto che non sapevamo prima sull'agricoltura, in particolare del nostro territorio, in questa crisi. Cosa può cambiare in futuro? Di che tipo di attenzioni avrà bisogno il settore? E anche, alla luce delle questioni sul tappeto per la manodopera, può cambiare e come il lavoro e l'impresa agricola? Abbiamo innanzitutto scoperto che l’agricoltura non è un optional bensì una cosa fondamentale. Se si chiama “settore primario” un motivo c’è e ora lo scopriamo. L’agricoltura è quella che produce il cibo di cui ci nutriamo, cibo di qualità soprattutto se paragonato a prodotti provenienti da altre zone del globo, magari a prezzo più basso ma con molta meno sicurezza e con un impatto ambientale enorme. Un’altra cosa che abbiamo scoperto è che avere “snobbato” l’agricoltura anche dal punto di vista lavorativo è stato sbagliato e ora, purtroppo forzatamente, si ritorna a cercare lavoro in questo settore. Però attenzione: l’agricoltura non può essere solo un serbatoio di compensazione nei momenti di crisi di altri ambiti, sia perché servono competenze e sia perché, soprattutto nelle nostre zone, gelate e siccità rischiano di non avere prodotto in certe colture da poter raccogliere. Le questioni, quindi, sono molto più complesse e articolate, soprattutto per la Romagna, di quanto semplicisticamente vengono comunicate in molte situazioni. In ultimo, ma non meno importante: basta con le notizie scoop e ad effetto per cui gli agricoltori sono inquinatori e delinquenti. I nostri agricoltori vanno tutelati perché col loro lavoro curano anche il territorio e devono essere messi nelle condizioni di poter lavorare nel rispetto della legalità. Servono quindi investimenti in competenze, formazione e tecno-
logia e le aziende del settore, falcidiate dalle emergenze climatiche e dai danni di vario genere che si sono abbattuti su di loro (cimice asiatica, gelate, siccità, Covid19) non sono in grado di farlo con le proprie forze. Serve adeguato supporto. Poi c’è il tema del come vogliamo veramente dare spazio adeguato sul mercato ai prodotti del territorio. Non si tratta di un generico “prima i nostri prodotti” ma si tratta di dare dignità e spazio almeno pari sugli scaffali ai prodotti del territorio, che sono di qualità e che, a proposito del famigerato km Zero, hanno un impatto molto minore su trasporti, inquinamento, ecc… Su tutto questo deve esserci spazio sul mercato e opportunità per dare dignità e reddito adeguato altrimenti le imprese non possono continuare ad andare avanti e rischiano di diventare preda di speculazioni e predazione da parte di soggetti che fanno dell’illegalità il proprio mestiere. Mi chiedete della manodopera: come accennavo sopra la questione della manodopera è complessa ed articolata: per quest’anno dovremo valutare definitivamente nelle prossime settimane gli effetti delle calamità climatiche che si sono abbattute in questi ultimi tempi e di più lunga durata (pensiamo anche alla cimice asiatica) e capire qual è il fabbisogno effettivo e creare le condizioni , anche per il futuro, perché domanda ed offerta si incontrino nel modo corretto. Ogni organizzazione ha creato la propria piattaforma e questo va bene ma serve un ruolo di coordinamento e non solamente di “gregario” del pubblico da questo punto di vista. Cambiamenti climatici e necessità di sempre maggior sicurezza ci fanno anche capire che il tema dei big data e dell’introduzione crescente della tecnologia nelle aziende agricole (non a caso i provvedimenti di impresa 4.0 con l’ultima legge di stabilità del Governo sono stati estesi anche all’agricoltura) non è una questione del futuro ma è questione dell’oggi. Dopo il sostegno in termini di liquidità che serve ora e subito, per le imprese serve un piano forte di risorse per investimenti in tecnologia e competenze e per l’introduzione sempre maggiore dell’agricoltura di precisione nelle aziende.
Sono Alessandra Ravagli titolare dell’azienda agricola che dal 2010 porta il mio nome. Produco vino in Romagna, lo trasformo in maniera tradizionale e lo imbottiglio manualmente con tanta passione. Ogni etichetta ha una storia e mi rappresenta: alcune raffigurano i miei disegni della scuola elementare, altre sono disegnate da amiche artiste, le ultime rappresentano i miei progetti. Dai nostri 4 ettari vitati a uva bianca (Trebbiano, Albana, Moscato, Malvasia e Famoso) e uva rossa (Merlot, Marzemino, Ciliegiolo, Ancellotta, Longanesi, Sangiovese, Cabernet, Uva del Tundè e Terrano) sono nate le nostre bottiglie, fra cui le più famose Ravenna Famoso Igp-Ravenna Longanesi-Ravenna Rosso Igp-Albana Dolce Di Romagna-La Braghira Dal 2015 gestisco anche la vendita online dei miei vini: Vieni a vedere tutta la produzione sul sito e scegli il vino più adatto alle tue esigenze! E se vuoi te lo portiamo a casa noi!
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8 / PRIMO PIANO RAVENNA&DINTORNI 23-29 aprile 2020
IL DOPO CORONAVIRUS/5
«Le consegne a domicilio avranno una quota maggiore nelle vendite dopo il virus» L’agricoltore Christian Grassi racconta l’attività nei campi: «Poche modifiche, lavoratori ben distanziati» Christian Grassi è il responsabile della produzione e vendita diretta di ortofrutta biologica dell’azienda agricola Mater Naturae di Ravenna, un progetto della cooperativa San Vitale: in totale dieci ettari a Borgo Montone in bio da vent’anni con produzione in pieno campo e serra con circa 50 specie in coltivazione. Ritengo che il settore agricolo sia tra i meno colpiti dall’emergenza coronavirus. Ci sarà di certo un calo nella disponibilità di manodopera straniera, ma già ora ci stanno pervenendo numerose candidature di disoccupati italiani in cerca di un lavoro stagionale. Un’altra cosa certa è che tutti abbiamo dovuto sostenere dei costi per adeguarci alle misure di contenimento del virus. Tuttavia, rispetto ad altri comparti totalmente bloccati o in crisi, l’intera filiera (produzione, logistica, fornituredi mezzi tecnici, attrezzature o ricambi) non si è mai arrestata e, in alcuni ambiti, ha addirittura incrementato le attività, come nel caso delle consegne a domicilio. Nel mio ruolo per l’azienda Mater Naturae non ho registrato particolari cambiamenti nell’attività lavorativa. Nel lavoro all’aperto poniamo molta più attenzione a ripartire le attività sui diversi campi, in modo tale che gli operai lavorino distanti fra loro. Quando ciò non è possibile, impieghiamo i necessari dispositivi di protezione, ma di solito all’aperto riusciamo quasi sempre a lavorare molto distanziati, an-
che di qualche centinaio di metri. Qualche accorgimento in più lo abbiamo dovuto attuare nelle attività di confezionamento e consegna a domicilio in cui, oltre alle distanze minime fra gli operatori e all’obbligo dei Dpi, si procede alla sanificazione costante di locali e materiali. Nonostante ciò, anche in questo caso non vi è stato uno stravolgimento delle attività. Sul piano economico, se da un lato abbiamo perso alcuni sbocchi di mercato (ristorazione, mercati contadini), dall’altro abbiamo incrementato la vendita diretta con consegna a domicilio. Dal momento in cui le persone sono state obbligate a restare a casa, i consumi medi dei nostri clienti sono aumentati fortemente. Inoltre, con la chiusura dei mercati contadini, abbiamo registrato un’impennata di richieste di consegna a domicilio tale che, in soli 3 giorni, abbiamo raggiunto il nostro limite massimo di clienti. In media ogni giorno riceviamo 1020 nuove richieste di nostri prodotti che purtroppo non riusciamo a soddisfare. All’inizio dirottavo queste richieste su altre aziende, ma anche queste, dopo poco, non sono più state in grado di soddisfare i nuovi clienti. Quasi tutte le aziende agricole che vendevano nei vari mercati si sono dovute reinventare mettendo in piedi in pochi giorni dei sistemi di vendita diretta come il nostro. I siti e le piattaforme che già facevano consegne a domicilio hanno visto le vendite decollare in pochi giorni. Al momento molte persone hanno timore ad uscire e pre-
Christian Grassi è il responsabile della produzione e vendita diretta di ortofrutta biologica dell’azienda agricola Mater Naturae di Borgo Montone
feriscono ricevere direttamente a casa tuttociò di cui hanno bisogno. Immagino però che, terminata l’emergenza, il numero delle vendite a domicilio si ridimensionerà per due ragioni: la prima è che le persone avranno voglia di uscire a fare la spesa nei mercati riaperti. La seconda ragione è di tipo logistico: ora molti di noi sono obbligati a restare in casa, quindi non è importante l’orario in cui si effettua la consegna perché qualcuno ad aspettarti c’è sempre. Terminata la quarantena, le fasce orarie utili per le consegne si ridurranno e la logistica di conseguenza dovrà adeguarsi divenendo più complessa e quindi più costosa. Come cooperativa stiamo già ragionando su due piani temporali:
nel brevissimo periodo vogliamo migliorare il servizio di consegna che stiamo fornendo, mentre nel medio-lungo periodo il pensiero è rivolto all’organizzazione di una filiera corta alternativa sulla quale puntare per compensare i prevedibili cali nelle vendite a domicilio ed intercettare le nuove esigenze che si verranno a creare nella fase 2. Nel complesso non credo che ci saranno ulteriori cambiamenti sostanziali nel settore agricolo e, una volta usciti dall’emergenza, i consumi torneranno grosso modo ai livelli pre-crisi. Mi aspetto però che la quota di vendita diretta con consegna a domicilio si mantenga significativamente più alta rispetto a prima.
C.A.B. TER.RA. Soc. Coop. Agr. Cooperativa Agricola Braccianti Territorio Ravennate Soc. Coop. Agr.
C.A.B. TER.RA. è la prima cooperativa agricola nata in provincia di Ravenna; fondata il 17 ottobre 1888 da Nullo Baldini, oggi è proprietaria di vaste superfici, coltivate con tecniche moderne e condotte con efficienti forme di organizzazione del lavoro. La coltivazione agricola - con un occhio di riguardo per il settore biologico, in forte espansione - è la principale attività della cooperativa, che svolge anche lavori per conto terzi, vendita di mele e allevamento di bovini, alcuni di razza Romagnola da carne, con marchio Q.C. (Qualità Controllata) e I.G.P. (Indicazione Geografica Protetta).
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PRIMO PIANO / 7 23-29 aprile 2020 RAVENNA&DINTORNI
IL DOPO CORONAVIRUS/6
«Le piccole aziende agricole bio si fondano sul rapporto diretto coi consumatori. E cresce la sensibilità per alimenti freschi e naturali» Eugenio Mingozzi, titolare dell’impresa ortofrutticola Radisa di Santerno, parla della passione e dedizione per coltivare la terra in modo autentico, in simbiosi “Radisa”, un nome azzeccato per un’azienda ortofrutticola biologica di Santerno, non solo perché definisce in dialetto romagnolo le fondamenta vegetali ficcate nel suolo, ma anche idealmente un ritorno alle radici più autentiche del lavoro e dei prodotti della terra, nel rispetto dei cicli e delle sostanze della natura. In fondo anche della tutela dell’ambiente.Del presente – con le restrizioni da epidemia – e di quello che verrà del coltivare “naturale e sano”, ne parliamo con Eugenio Mingozzi, titolare dell’impresa agricola. Già esperto di sementi e varietà orticole per una multinazionale, si è poi “convertito” al biologico rilevando Radisa nel 2005, che era nata nel lontano 1987 grazie all’intraprendenza pionieristica di Elena Baldassari.
Eugenio Mingozzi, titolare dell’azienda agricola bio Radisa di Santerno. A sinistra, le cassette con gli ortaggi pronte per la consegna a domicilio
«È un lavoro duro ma entusiasmante – dice – e anche un “gioco”, fatto di grande cura, passione e invenzione». Eugenio è alle prese con diversi ordinativi da consegnare a domicilio. Per gli affezionati e i nuovi clienti è un po’ una manna dal cielo: ortaggi, verdure, frutti freschi di giornata che arrivano direttamente a casa… Come va la vendita in questo periodo di divieti e di prescrizioni? «Va bene comunque, ci siamo attrezzati per le consegne delle cassette di prodotti a casa, va fatto ma per noi può rivelarsi complicato e dispersivo. Preferiamo la vendita in azienda e nei vari mercati del biologico, i “Biomarché” di Ravenna, Faenza e Lugo che ci vedono a fianco di altri produttori “certificati bio”, tutti legati all’associazione nazionale Aiab. Nei prossimi giorni, a partire dalla piazza di Lugo, sembra si riapra qualcosa. Ma è evidente che i mercatini – per garantire una certa sicurezza – sono un po’ più difficili da gestire che un supermercato. Speriamo che la stretta si allenti e con le dovute cautele si possa tornare ad un rapporto diretto con i consumatori». Anche per le vostre coltivazioni mancano braccia? «No, non ci sono emergenze stagionali, non abbiamo colture intensive né serre riscaldate, i cicli produttivi sono praticamente continui sia per gli ortaggi che per gli alberi da frutto. Nei nostri 3 ettari e mezzo di terreni si semina, si pianta, si cura e si raccoglie lungo tutto l’anno. Per fare questo lavoro oltre a me sono impegnati quattro dipendenti avventizi che modulano le ore che servono a seconda della fasi naturali di evoluzione delle coltivazioni. L’importante è l’esperienza e il lavoro di squadra, accomunati da una
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stessa passione, da una simbiosi». Avete notato un rinnovato interesse per i prodotti naturali, quelli legati al territorio, a chilometro zero? «Già da tempo l’interesse per i prodotti agricoli naturali sta crescendo, e si si sta allargando lo spazio commerciale per i piccoli produttori biologici. Quello che conta è il rapporto diretto fra produttore e consumatore. Da noi chi viene a fare la spesa sa che acquista verdure appena raccolte dall’orto o frutti staccati dall’albero, e magari si fa un giretto fra i campi per vedere e capire cosà mangerà. Sta aumentando la sensibilità e la domanda di materie prime fresche e biologiche. Vendita diretta, mercatini cittadini, punti di riferimento periodici per gruppi di acquisto solidale, biomarket con prodotti certificati, avranno sicuramente uno sviluppo nel prossimo futuro». Crede che sia un’opportunità imprenditoriale, anche per le nuove generazioni, avviare un’attività come Radisa? «Dipende dalle ambizioni, se ci si vuole arricchire non credo proprio sia l’impresa più adatta. Nella produzione biologica si deve mettere in conto che una parte dei prodotti che si fanno crescere inevitabilmente sono persi in natura e non potranno essere, per così dire, messi a reddito. Serve dedizione, pazienza, conoscenza e poi con l’esperienza si possono ottenere anche margini per vivere dignitosamente. Ma bisogna crederci e anche inventare, trovare soluzioni alle avversità naturali nelle pieghe dei processi, per l’appunto, biologici. E in fondo, avere sempre presente che la terra è in basso, per curarla bisogna piegare la schiena e inginocchiarsi. I sacrifici non mancano». Guido Sani
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LAVORO/1
CAPORALATO A BAGNARA: GUADAGNAVANO 50 EURO AL MESE Trovate venti persone in un casolare senza acqua e senza cibo a sufficienza Cinquanta euro al mese per raccogliere frutta e verdura o potare gli alberi, lavorando fino a 80 ore alla settimana. Così sono stati trattati, secondo le indagini della squadra mobile di Forlì, circa 45 richiedenti asilo, in gran parte pachistani e afghani. Gli indagati avrebbero reclutato direttamente i lavoratori, minacciati e intimiditi, accompagnati controllati quotidianamente, oltre che individuato e gestito i committenti. Denunciati anche titolari di aziende agricole romagnole che hanno impiegato gli stranieri. Si tratterebbe in particolare di sei aziende agricole tra cui anche una a Bagnara di Romagna, in provincia di Ravenna. Proprio Bagnara era la “base operativa” dei caporali, con il casolare agricolo isolato dove venivano ricoverati e isolati i lavoratori sfruttati. Costretti a dormire in un alloggio fatiscente costituito da un materasso in terra e servizi sporchi e insufficienti, per esempio neanche la disponibilità dell’acqua calda o cibo a sufficienza. Tra coloro che sono andati a offrire aiuto e tutela c’è anche Raffaele Vicidomini della Flai Cgil che ci racconta: «Ho incontrato persone di grandissimi dignità, preoccupati ora di non poter mandare nemmeno quel poco a casa. Ora otterranno il permesso di soggiorno in quanto vittime di sfruttamento, noi siamo andati insieme all’avvocato che collabora con la Cgil per capire come possiamo aiutarli. Se ci costituiremo parte civile in un processo? Non è da escludere, stiamo studiando e valutando la situazione che, purtroppo, non ci sorprende. Da tempo diciamo che questo territorio non può dirsi immune da questi episodio di sfruttamento e di caporalato».
IL DOPO CORONAVIRUS/7
Il sindacalista: «Attenti a cercare troppe semplificazioni, si rischia di facilitare situazioni di illegalità» Raffaele Vicidomini della Flai Cgil: «Il lavoro agricolo è già abbastanza flessibile. La sanatoria per gli stranieri è un fatto di civilità» In un momento in cui si parla continuamente, da più parti e in più modi, di lavoratori dell'agricoltura, non potevamo non interpellare la voce del sindacato e abbiamo quindi parlato con Raffaele Vicidomini, segretario della Flai Cgil di Ravenna, di ritorno da Bagnara, dove ha incontrato i braccianti ridotti in schiavitù dal sistema del caporalato (vedi articolo a sinistra). Gli chiediamo quindi di partire da qui per parlarci dell'oggi del lavoro in agricoltura, delle varie "chiamate alle armi" di questo periodo e delle prospettive per il futuro. «Difficile dire se le recenti scoperte di una ventina di lavoratori sfruttati dal capolarato sia la punta dell'iceberg, ossia è difficile quantificare il fenomeno. Noi da anni denunciamo questo rischio e da anni infatti cerchiamo di essere fisicamente nelle campagne per fare informazione tra i lavoratori agricoli. Ce lo dicono le indagini della Guardia di Finanzia, lo lasciano sospettare i tanti tanti lavoratori che denunciano varie situazioni di grigio non certo così gravi, ma comunque preoccupanti. Questo periodo di emergenza per il Covid-19 ha fatto finalmente capire a tutti l'importanza del lavoro in agricoltura. E ci siamo improvvisamente accorti che senza lavoratori stagionali stranieri il settore va in difficoltà. Ecco perché vorrei che la richiesta di regolarizzazione di tanti stranieri venisse fatta non solo dai sindacati in modo unitario, come è già accaduto, ma anche da tante forze politiche e non in senso meramente utilitaristico, perché servono braccia, ma per una questione di civiltà. Queste persone hanno contribuito a farci arrivare il cibo a casa e sono allo stesso tempo le persone più esposte a fenomeni di sfruttamento, come abbiamo visto. Questo è il momento di decidere da che parte stare.
Sento spesso dire che tanti giovani italiani stanno tornando alle campagne, ed è possibile che qualche caso ci sia, ma non sicuramente a prestare manodopera bracciantile o non in numeri così consistenti. Questo periodo ha di fatto spazzato via anche tutta la retorica del “Prima gli italiani”. Ciò di cui non abbiamo assolutamente bisogno adesso sono scorciatoie di alcun tipo. In un momento come questo, dobbiamo fare attenzione a proposte che nascono in nome della semplificazione sotto la spinta dell’emergenza, ma rischiano in realtà di aumentare i rischi e i pro-
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LAVORO/2
Qualche dato sul lavoro degli operai agricoli I braccianti agricoli nella provincia di Ravenna sono circa 18mila. Il salario orario per la raccolta della frutta è di 8,14 euro l’ora. Il minimo delle giornate lavorate per poter poi accedere alla disoccupazione è 50. La media negli anni passati delle giornate dichiarate è 90, ma c’è chi può arrivare anche a 120. Molto del “grigio” si annida proprio, come nel settore del turismo, tra le giornate effettivamente lavorate e quelle denunciate.
blemi da affrontare. Anche perché in agricoltura esiste già la massima flessibilità dei contratti: è possibile assumere un bracciante e farlo lavorare anche una sola giornata. I voucher di fatto esistono, la nostra battaglia è stata far sì che non fossero più acquistabili in un semplice Sali Tabacchi. Ma in generale, ciò di cui invece sicuramente avremmo bisogno, come diciamo da tempo, invece è implementare, come chiediamo da tempo, l'altra parte della legge 199 sul caporalato, che prevede cabine di regia per far incontrare domanda e offerta con la presenza anche del sindacato. Peraltro nel nostro territorio
questo rischio di avere scarsa manodopera non esiste: le ultime gelate hanno creato un danno enorme ai raccolti e la vera emergenza del settore adesso è sicuramente quella. C'è stato un momento in cui ho pensato che finalmente con questa crisi il lavoro in agricoltura potesse ottenere un altro tipo di riconosciumento, di attenzione e di tutela, nei primi giorni. Purtroppo le proposte e le semplificazioni che sento in giro adesso da più parte mi fanno invece temere che rischiamo di perdere anche questa occasione.
«CHI PERCEPISCE IL REDDITO DI CITTADINANZA VADA NEI CAMPI» La proposta di Bonaccini. Ma qui, dopo le gelate, la manodopera non serve... La proposta del lavoro nei campi per chi prende il reddito di cittadinanza era partita da Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza cooperative agroalimentari, e da Massimiliano Giansanti, presidente nazionale di Confagricoltura. L’idea era quella di aiutare il settore agroalimentare in difficoltà già dai primi casi di contagio da Covid-19 perché tanta manodopera straniera stagionale proveniente dall’est Europa non è in grado di tornare per la raccolta, facendo sì che chi percepisce il reddito di cittadinanza si dedichi al lavoro nei campi come anche chi è beneficiario di altri sussidi o ammortizzatori sociali. Una proposta rilanciata in EmiliaRomagna dal presidente della Regione Stefano Bonaccini, intervenuto nei giorni scorsi a “Quarantalks”, il format in diretta organizzato dalla Bologna Business School per riflettere sui temi più importanti di questo momento storico, proposta appoggiata in regione anche da Michele Barcaiuolo, consigliere di Fratelli d’Italia che chiede anche la reintroduzione dei voucher. Slogan di grande effetto ma che non è chiaro come, secondo i proponenti, dovrebbe essere applicato. Quello che potrebbe succedere è che i centri per l’impiego segnalino la disponibilità di posti di lavoro in agricoltura a chi percepisce il reddito di cittadinanza i quali a quel punto, fatto salvo ci siano le condizioni, non sarebbero più disoccupati ma diventerebbero lavoratori stagioni (e quindi non percepirebbero più il reddito di cittadinanza). Stupisce che le parole di Bonaccini non siano state seguite da immediate precisazioni, anche alla luce del fatto che in giunta con Bonaccini c’è l’ex sindacalista della Cgil Vincenzo Colla. In ogni caso, come si evince dalle parole di chi interviene in queste pagine, il problema del fabbisogno di mandopera nel territorio ravennate è stato completamente superato a causa delle terribili gelate che hanno mandato in rovina tra il 70 e l’80 percento dei raccolti. Dunque, la previsione di tutti è che non ci sarà affatto bisogno di alcuna mandopera aggiuntiva, anche al netto delle assenze di migliaia di braccianti stranieri.
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IL DOPO CORONAVIRUS/8
«Abbiamo imparato a evitare sprechi e a riconoscere la biodiversità anche in cucina» L’insegnante di scienza degli alimenti Giorgia Lagosti: «Fare il pane rappresenta per ognuno di noi la produzione del cibo per antonomasia, del bene primario che le nostre nonne ci hanno insegnato ad amare e rispettare»
Giorgia Lagosti, classe 1974, é un’insegnante di scienze degli alimenti, di cucina e di merceologia. Nostra collaboratrice storica, ci regala un suo intervento sulla cucina domestica ai tempi del Covid e come questo potrebbe cambiare dopo la pandemia. «Che l’emergenza Covid-19 stia incidendo in modo rivoluzionario sulle abitudini alimentari di noi tutti è oramai un dato di fatto: l’obiettivo di evitare contagi e la conseguente minore mobilità imposta ci stanno spingendo, più o meno consapevolmente, a modificare le nostre consuetudini nel modo di reperire, di preparare e di conservare il cibo. Partiamo dalla spesa e ammettiamo subito che la quarantena ci ha dimostrato che se da una parte non è necessario andare al supermercato ogni giorno, dall’altra, attraverso una semplice e pensata pianificazione di pranzi e cene, riusciamo ad organizzarci con serenità ed evitare gli sprechi. Basti pensare a tutte le volte che, prima, nella quotidianità frenetica pre-lockdown, ci districavamo accalcati in mezzo agli scaffali, semmai andando di fretta e forse anche in preda ai morsi della fame perché avevamo a disposizione per la spesa solo gli orari a ridosso dei pasti. Ecco, quelle volte, ognuno di noi tornava a casa con buste piene di cose non ragionate, dettate dalla voglia del momento e, con grande probabilità, anche “piene” di prodotti non necessari e poco sani. Oggi non è più così. Oggi scriviamo una lista accurata, spesso dando la precedenza alle materie prime e non ai lavorati, quasi sempre dopo aver appuntato su un altro foglio il menù della settimana, e lo facciamo stando a casa, con il senso della misura, controllando negli scaffali della nostra cucina, annotando solo ciò che manca davvero o ciò che ci serve per quella ricetta che “era tanto che la volevo provare”! Poi, una volta usciti, arriva un altro cambiamento: quando possiamo, oggi, scegliamo le botteghe di quartiere. Forse le prime volte l’abbiamo fatto perché le file erano più corte o perché la loro posizione era più “nei pressi della nostra abitazione” poi, ammettiamolo, ci abbiamo preso gusto. Ci siamo accorti che ci guadagniamo in gusto, in qualità, che il contatto umano con il negoziante, reso in passato sempre più precario dai ritmi sostenuti delle città moderne, diventa vitale in un momento di così grande isolamento. Forse ci siamo anche stupiti nel rivivere quel rituale che una volta rappresentava le fondamenta della nostra cultura gastronomica: la spesa dai mercanti di fiducia, da quelle persone con le quali, naturalmente, si instaura un rapporto di rispetto, confidenza, stima e affetto. Sì perché il titolare di bottega è prima di tutto un consigliere, una persona in grado di dispensare dritte e suggerimenti su quali ingredienti prediligere, come conservarli e come cucinarli. È quasi un amico. E così facendo, nel giro di poche settimane, abbiamo ritrovato il senso di appartenenza al nostro quartiere o al nostro paese. Ancora, ci siamo accorti che tanti negozi di nicchia ci offrono una varietà di prodotti maggiore rispetto alla grande distribuzione, di materie prime non omologate, all’insegna della biodiversità e del legame con il nostro territorio. Infine, ma non di minore importanza, altro vantaggio che spesso si ha con le botteghe, riguarda l’aspetto ecologico: gli imballaggi e le confezioni sono più sostenibili, è più semplice utilizzare i propri sacchetti per comprare frutta secca e verdura, farina e altri prodotti che in molti casi troviamo ancora sfusi, proprio come si faceva una volta. Veniamo ora all’altra grande rivoluzione che abbiamo portato nelle nostre vite: abbiamo cominciato (non sto facendo di un’erba un fascio, lo so bene che non è così
«Abbiamo cominciato a cucinare in modo sistematico E per molti di noi l’autoproduzione si è rivelata un vero piacere»
per tutti!) a cucinare. O meglio, adesso lo facciamo sistematicamente. E per molti di noi l’autoproduzione si è rivelata essere è un vero piacere. Sto parlando di ricette autentiche, di quelle della nonna, magari non riuscite perfette ma certamente pensate e partecipate. Abbiamo, in questi giorni di isolamento, più o meno consapevolmente, preso coscienza che la preparazione di un piatto per la nostra famiglia ci aiuta, che è un atto di amore per noi stessi e per i nostri cari. Rappresenta un’ancora che ci consente di mantenerci attaccati alla realtà. Significa conservare un senso di utilità, soprattutto per chi non è impegnato nello smart working. Ecco allora che mentre sul web fioriscono gruppi di scambio ricette, che le bacheche instagram sono invase da foto di manicaretti, dagli scaffali spariscono lievito e farina. Gli esperti di psicologia del cibo dicono che è qualcosa che ha a che fare con la sensazione di pericolo, con il meccanismo primordiale di procacciarsi il cibo. Io penso che, anche senza scendere così tanto nell’analisi della psiche, fare il pane rappresenti per ognuno di noi la produzione del cibo per antonomasia, del bene primario che le nostre nonne ci hanno insegnato ad amare e rispettare. Riuscire a sfornare una buona pagnotta (che è senza dubbio la cosa più difficile da realizzare nelle nostre cucine) fresca ogni giorno, ci regala gioia e soddisfazione. E poi di questo pane, abbiamo imparato, che non si butta niente, si conserva e si ricicla. Qui emerge un’altra grande dote che abbiamo fatto nostra in questo periodo di quarantena: la fantasia, l’estro fra i fornelli. Un pezzo di pane raffermo può diventare la base per gnocchi e sformati, la sostanza di una zuppa o la panatura per polpette e verdure al forno. Attraverso questo processo, in pochissimo tempo, siamo tornati a costruire il piatto in base a ciò che abbiamo in frigorifero, anziché fare la spesa a seconda della ricetta vogliamo realizzare. Abbiamo capito che gli ingredienti possono essere modificati, le dosi dimezzate, raddoppiate, che la cucina è fatta di inventiva e di creatività. Ma anche e soprattutto di necessità, come dimostra il patrimonio gastronomico italiano, composto da tante pietanze prelibate nate fra la povera gente in tempi di carestia e di miseria».
PRIMO PIANO / 13 23-29 aprile 2020 RAVENNA&DINTORNI
CORONAVIRUS IL DOPO/9
«Si sta instaurando un nuovo dialogo fra cuochi professionisti e cuochi casalinghi grazie alla rete e anche al delivery» Franco Chiarini di CheftoChef e RavennaFood per una nuova “economia civile” Franco Chiarini, classe 1943, ravennate è stato socio fondatore di Arcigola e di Slow Food, è sommelier Ais e degustatore di olio, ma anche collezionista di menù e segretario dell’Associazione Internazionale Menù Storici. Oggi gli abbiamo chiesto un contributo in quanto promotore e già segretario di “CheftoChef emiliaromagnacuochi” e RavennaFood. «Artusi è stato un innovatore. Sperimentava in cucina, ma era anche aperto a tutto quello che gli giungeva da un inedito network di massaie. Le ricette de’ La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene nelle diverse edizioni si addensavano sempre più e provenivano da diverse regioni di un’Italia ancora in costruzione e dove la ristorazione era agli albori. E in cucina Pellegrino, Marietta e Francesco erano una squadra perfetta, che rappresentava tutte le funzioni di un ristorante e che coincideva sovente… con chi mangiava i piatti creati. Semmai sono stati tanti pedissequi seguaci ad imbalsamarlo, laddove cambiavano il mondo, i prodotti, le idee… Oggi, quando finalmente non si parla più di innovazione e tradizione (due vocaboli da eliminare in cucina e non solo, specialmente se visti in antagonismo fra loro), ma di approccio critico-consapevole-culturale-scientifico, in un'era postmoderna che dà pari dignità alle tante correnti di pensiero gastronomico, siamo costretti a cucinare “a casa” in “pausavirus” (o forse meglio “in casa” nel senso purtroppo di una chiusura fra pareti). Ebbene è l'occasione storica per attualizzare questa dimensione creando tanti Artusi contemporanei. Contemporanei nel senso che i nostri terminali possono essere oggi i “professionisti del gusto”, quei cuochi pensanti (non necessariamente famosi) che possono insegnarci tante cose sia
nel network telematico, sia con “consegne a domicilio” intelligenti, parlanti, trasparenti, anche negli ingredienti e in quelle impressioni-consigli come faceva Artusi quando descriveva le ricette, che sovente venivano da “cuoche domestiche” di diverse regioni italiane, sempre con considerazioni integrative. Un “cuoco professionista” oggi può aiutare il “cuoco casalingo” in termini professionali, spiegando perché un certo modo di cucinare può essere a un tempo di grande qualità/bontà e pienamente salutistico. E quali strumenti tecnologici, oltre alle tecniche, possono traslocare da una cucina di ristorante ipermoderna, in una cucina di casa un po’ più moderna e attenta allo spreco, alla conservazione, a cotture non invasive, ecc. ecc. Una nuova cucina di casa, la cucina dei perché e non solo del come, in cui la ricetta è semplice strumento... per non sbagliare le dosi e per sapere cosa comprare... Una “cucina d’autore” come quella dei cuochi di “CheftoChef emiliaromagna” che fa del binomio bontà e salute la propria ragion d’essere e che ora può proporre tante “Operazione Mangiare a Casa” come si sta attuando nel Ravennate. Un nuovo dialogo fra cuochi di ristorante e chi riprenderà a cucinare in casa o chi mangerà comunque di più a casa anche tramite le diverse tipologie di delivery (adesso si dice così). Pranzi a domicilio di qualità, con piatti inediti di chef affermati, che potranno continuare anche dopo la crisi come ampliamento dell’offerta ristorativa. Meglio se coordinata professionalmente fra diverse aziende insieme anche con “produttori virtuosi”, semmai con l’esperienza di chi già fa e-commerce in modo culturalmente aggiornato a queste nuove dinamiche.
Un’occasione storica per i cuochi per riaffermare la loro leadership in tutta la “catena alimentare”; ma non è facile, occorre freddamente pensare ad un dopo diverso e stavolta è davvero evidente che insieme si può, solo insieme. E se nell’ operazione “Mangiare a Casa” inserisci il servizio “piatto sospeso” per consegne a domicilio a indigenti, non è solamente per un atteggiamento di “beneficenza”, ma un dato che strutturalmente ti costringe a pensare in termini sociali. Cosa che, guarda caso, corrisponde a quella categoria di imprese di un’economia civile che creano sovente più ricchezza di quelle tradizionali… il futuro è lì. Prosit».
14 / PRIMO PIANO RAVENNA&DINTORNI 23-29 aprile 2020
RAVENNA
FAENZA
IL MERCATO AMBULANTE VENDE SOLO ALIMENTI, TUTTE LE MATTINE IN PIAZZALE PANCRAZI Area recintata, mascherina obbligatoria per i clienti
Bancarelle sotto la tribuna dello stadio, per gli acquisti si passa dai tornelli
In area recintata e presidiata, in via eccezionale per il tempo legato all'emergenza Covid-19, riaprono a Faenza il mercato ambulante, limitatamente ai prodotti alimentari, e il mercato del Contadino. Valutata come troppo piccola l'area di piazza Martiri della Libertà, è stata invece ritenuta compatibile l'area di piazzale Pancrazi a lato dello Chalet dello Sport, già utilizzata tutte le settimane per il mercato del Contadino. Il mercato si svolgerà tutte la mattine, dal lunedì al sabato, dalle 8 alle 13.30. L'intera area destinata al mercato sarà recintata con strutture fisse non amovibili, mentre gli ingressi e le uscite saranno presidiate e regolamentate in modo da consentire il rispetto delle norme antiassembramento, cioè la distanza interpersonale di almeno un metro. Per chi si troverà in fila all'ingresso e per tutti coloro che saranno all'interno dell'area recintata varrà la stessa regola: l'obbligo di indossare la mascherina protettiva naso/bocca, mentre agli esercenti e loro dipendenti è richiesto anche l'uso dei guanti. Con le stesse modalità viene ripristinato il mercato del Contadino del venerdì pomeriggio.
Comune al lavoro per il mercato agricolo in piazza Resistenza Riapre il mercato ambulante di piazza Zaccagnini a Ravenna ma si sposta sotto la tribuna dello stadio Benelli e per fare acquisti bisognerà passare dai tornelli come accade per l’accesso alle partite. Saranno coinvolti circa venti operatori perché l’attività è limitata alla vendita di generi alimentari (ad esclusione di quelle di somministrazione) nel rispetto delle prescrizioni regionali, che autorizzano i mercati alimentari solo qualora siano all’interno di strutture coperte o in spazi pubblici recintati e a condizione che l’accesso sia regolamentato in modo da consentire il rispetto della distanza interpersonale di un metro. I giorni di mercato saranno i consueti, mercoledì e sabato (tranne il 25 aprile). L’accesso dei clienti è regolamentato ai tornelli in modo che non si creino assembramenti e vengano rispettate le distanze di sicurezza. «Grazie alla collaborazione tra gli assessorati
al Commercio e allo Sport – dichiara il sindaco Michele de Pascale – è stato possibile giungere a questa soluzione, che ha sfruttato la felice vicinanza dello stadio Benelli, in grado di fornire le condizioni logistiche necessarie per la riapertura. Ringrazio gli operatori alimentari del mercato e le loro associazioni che, messi nelle condizioni opportune per farlo, tornano a offrire un servizio fondamentale per la cittadinanza. Se opportunamente gestiti, i mercati all'aperto possono addirittura garantire condizioni di maggiore sicurezza rispetto agli spazi al chiuso». Anche alla luce di questo, il Comune è al lavoro con la Regione per arrivare alla riapertura del mercato contadino di piazza della Resistenza che si teneva lunedì e giovedì. In questo caso dovrebbe essere predisposto un allestimento specifico con transenne e percorsi che garantiscano la sicurezza.
LUGO Banchi sotto le logge del Pavaglione tre volte a settimana A Lugo i mercati ordinari dedicati alla vendita di prodotti alimentari, come il mercato settimanale del mercoledì, il Bio Marché del venerdì e il mercato del contadino del sabato si spostano nelle logge interne del Pavaglione. Saranno aperti solo due dei portoni degli accessi agli angoli e agli occhielli laterali: uno per l’entrata e uno per l’uscita. Il venerdì BioMarchè dalle 15.30 alle 19, mercato settimanale il mercoledì dalle 8.30 alle 13.30, mercato del contadino del sabato dalle 8.30 alle 13.30. Il 25 aprile e l’1 maggio non si svolgeranno i mercati. Per operatori e clienti mascherina obbligatoria, da indossare anche in fila all'esterno. Dovranno essere messi a disposizione dispenser con soluzione per la disinfezione delle mani.
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SOCIETÀ / 15 23-29 aprile 2020 RAVENNA&DINTORNI
CORONAVIRUS/1
«Lo yoga ha la capacità di rendere percepibile il proprio spazio interiore di rigenerazione» Francesca Proia, danzatrice, autrice e maestra di yoga presente in rete è in procinto di avviare un nuovo ciclo di formazione biennale per dodici allievi: «La mia pratica è il pilastro della mia giornata»
Francesca Proia, classe 1975, è danzatrice e autrice, ha debuttato con l’assolo Buio luce buio nell’ambito del progetto J’en rêve, a cura della Fondation Cartier (Parigi), presentata dal regista Romeo Castellucci di cui è stata a lungo collaboratrice e attrice. Da sempre interessata alle pratiche di rinnovamento percettivo, è da tempo diplomata insegnante di yoga e ha all’attivo molte pubblicazioni sulle tecniche respiratorie e le pratiche del soffio. Dal 20 aprile sono aperte le iscrizioni per la scuola per maestri yoga in cui Proia accoglie dodici aspiranti allievi per un ciclo che dura due anni (www.ivasicomunicanti.tumblr.com). A lei abbiamo chiesto di parlarci dello yoga in un momento in cui la pratica ha rappresentato per tanti una scoperta e un rifugio nella solitudine delle nostre case. «Naturalmente il mio pensiero va spesso, e prima di tutto, alle persone più direttamente coinvolte e colpite. Ciascuno di noi, poi, si trova a riconsiderare tutto, fino alle cose che si davano per scontate. Tutto è traballante, niente è garantito. All'inizio mi mancava così tanto la mia vita normale che ho avuto l'idea di considerarmi in astinenza dalla realtà, e ho pensato di ispirarmi ai protocolli di disintossicazione dalle droghe per disintossicarmi dalla mia realtà com'era prima. Avevo il bisogno di agire concretamente sul corpo per liberare una frustrazione mentale: ho quindi iniziato ad assumere rimedi naturali purificanti, a intensificare la pratica dello yoga e anche a seguire certe regole alimentari. Poco a poco la strategia ha avuto successo, e l'effetto è stato quello di sentirmi sospesa, fluttuante, più disposta ai cambiamenti. Ho cominciato a sentire che questo tempo mondato da tutto aveva in sé una portata curativa, anche se di sapore amaro. Giorno dopo giorno ho avvertito sistemarsi vecchi problemi fisici e spinose questioni interio-
ri. Finché ho iniziato a sentirmi, e mi sento tutt'ora, dentro a un uovo, pronta a nascere, immersa nella parte nutritiva del niente, dell'attesa, del vuoto. Lo yoga è una pratica costituita di percetti, cioè di “oggetti che sono aggregati di sensazioni e percezioni e che li condensano nel tempo”. (Deleuze) Perciò lo yoga ha questa capacità di rendere ben percepibile quello che è il proprio spazio interiore di rigenerazione. Tutti, costantemente, ci rigeneriamo: lo yoga ha la capacità di rendere questa facoltà tangibile fino a dare l'impressione che ci sia un vero e proprio luogo interiore della rinascita, un rifugio come dicono gli yogi o, prendendo a prestito le parole di Santa Teresa, un castello interiore. La mia pratica yoga, che è il pilastro della mia giornata, è sempre presente, in rete, per chi vuole: da alcuni anni offro infatti un percorso di yoga accessibile via web: www.minerascuoladiyoga.com. Infine mantengo un contatto costante con i miei allievi-futuriinsegnanti-di yoga, ai quali ho chiesto di mandarmi lezioni registrate composte da loro. Ogni mattina pratico una delle loro lezioni e dopo scrivo le mie impressioni. A ottobre poi comincerà un nuovo ciclo di formazione, in cui accoglierò dodici nuovi studenti, accompagnandoli per due anni, guidandoli nella ricerca di un modo di insegnare lo yoga che sia per loro vero, coerente, creativo. È la formazione che avrei voluto frequentare io, e le ho dato il nome “I vasi comunicanti”, nome preso a prestito da Breton che lo ha preso a prestito da Pascal, a rimarcare l'immagine di uno scambio di idee infinito e vitale. Questo mi auguro, in fondo, per il futuro: idee ed energie per realizzarle».
16 / SOCIETÀ RAVENNA&DINTORNI 23-29 aprile 2020
DALL’ESTERO/1
La scienziata in Polonia: «L’opposizione non può manifestare e il governo ne approfitta» La testimonianza della ravennate Cliò Agrapidis, ricercatrice all’Università di Varsavia: «Hanno tentato di far passare addirittura il divieto dell’aborto. Ora fanno pochi test anche perché vogliono andare al voto a maggio»
Cliò Agrapidis, 28 anni, ravennate, maturità al liceo scientifico Oriani, da novembre vive a Varsavia dove sta svolgendo il post-dottorato in fisica all'università di Varsavia, dopo il dottorato a Dresda. Perché proprio la Polonia? È una scelta per certi versi originale. «Tra le ragioni c'è anche il fatto che qui fanno una politica di “double hiring” come altrove in Europa e che è invece praticamente assente in Italia: anche il mio fidanzato, tedesco, è un ricercatore di fisica, ma ci occupiamo di campi leggermente diversi. Qui lui, che ha finito la borsa a Delft e adesso è all'Insitute of Physics (Instytut Fizyki) che fa parte dell'Accademia delle Scienze Polacca (Polish Academy of Science)». Come si vive da stranieri nella capitale di un Paese tanto sovranista? «Varsavia è una metropoli internazionale dove tutti, ma proprio tutti, parlano inglese. Peraltro il sindaco è di sinistra e l'Università è un ambiente molto aperto. E vivere qui è più facile che vivere a Dresda, per esempio, dove mi sentivo più osservata quando parlavo in inglese e ricordo che i colleghi non occidentali avevano paura, soprattutto a causa delle manifestazioni di Pegida. Anche qui sento gli occhi addosso sui tram quando parlo inglese, ma nei negozi lo parlano di più che a Dresda sicuramente. Ma mi sono accorta che ci sono molte complicazioni burocratiche aggiuntive per i cittadini Ue, rispetto ad altri Paesi, siamo rimasti molto stupiti. E poi, abbiamo tutti visto come il governo per esempio abbia tentato di far passare una legge che vietasse l'aborto». Sì, fortunatamente ha dovuto rinunciare al proposito. Ma perché sta approfittando proprio dell'emergenza Covid quando in Parlamento ha comunque una maggioranza schiacciante? «Perché adesso manifestare in piazza è impossibile per l'opposizione. I gruppi femministi e di opposizione tuttavia sono comunque riusciti a fare qualcosa, con singole persone che hanno manifestato da sole, per esempio all'ingresso dei supermercati o nei mezzi pubblici, per sensibilizzare l'opinione pubblica. E al momento sono riusciti a bloccare tutto». Al netto delle posizione politiche, come sta gestendo il governo a suo parere la crisi Covid? «Va detto che hanno chiuso molto presto, quando c'erano appena trenta casi. Tutto a parte le chiese. Le messe sono state gli ultimi eventi pubblici a essere sospesi. Ma già anche prima del lockdown, la gente aveva iniziato a stare in casa. Ricordo che a fine febbraio ero a Cracovia e le strade erano praticamente deserte. Le Università, che qui sono molto indipendenti, hanno chiuso per prime. All'inizio hanno sospeso le lezioni, poi ci hanno chiesto di andare solo se necessario. Io mi sono messa subito in modalità smart-working». In effetti in Polonia i casi registrati sono nemmeno 10mila e i decessi meno di 400. «Sì, ma questo accade anche perché fanno pochissimi tamponi. In realtà il sospetto di molti è che i casi siano molti di più, anche le morti. Noi abitiamo vicino a un ospedale e sentiamo passare tantissime ambulanze in queste settimane. Anche un paio di giorni fa è morto qualcuno nel palazzo in cui viviamo. Ma il 10 maggio qui ci dovrebbero essere le elezioni politiche, anche se non è chiaro se davvero ci saranno e in quale modalità, ma tanto qui il partito di maggioranza può davvero tutto. E il presidente vuole ovviamente presentarsi come colui che ha sconfitto il virus». Come è la situazione negli ospedali? «Non buona, i posti di terapia intensiva sono pochissimi, le politiche degli ultimi anni hanno tagliato mol-
«A luglio mi dovrei sposare a Ravenna e non ho ancora deciso cosa fare, anche perché molti ospiti vengono da altri Paesi europei»
to sulla sanità. E poi c'è l'esodo dei medici giovani: quasi tutti qui se ne vanno perché gli stipendi sono molto bassi e loro sono molto ricercati all'estero per l'ottima preparazione, perché le università sono ottime. Un po’ come accade in Grecia. A noi è stato consigliato di fare subito un'assicurazione privata e così abbiamo fatto». Come è stato il lockdown in Polonia? Era vietato anche passeggiare lontano da casa, come in Italia? «No, qui i minori potevano andare in giro, i parchi sono rimasti aperti. All'inizio andavamo spesso a passeggiare, poi abbiamo smesso perché hanno introdotto la regola per cui anche chi vive insieme deve stare
comunque a due metri di distanza. Immagino per facilitare i controlli C'é l'obbligo di coprire naso e bocca, ma non necessariamente con una mascherina. Le prime riaperture sono iniziate già il 20 aprile con qualche negozio aperto, più gente a passeggio, mentre le scuole riapriranno il 26». Due metri, come negli Stati Uniti... «Sì, credo che il metro sia previsto solo in Italia, ma già da ieri qui in tanti sembrano ignorarlo. Noi seguiamo la situazione in Polonia, Germania e Italia e vediamo le differenze. Per esempio ci siamo molto stupiti di vedere quanto abbia tardato la Germania a chiudere. Io però evito di guardare i numeri perché mi fanno venire l'ansia...». Detto da una scienziata! A proposito, come è cambiato il suo lavoro e come pensa che potrebbe eventualmente cambiare? «Io sto lavorando da casa e all'università sappiamo già che le lezioni sono sospese fino al 15 maggio, i viaggi di lavoro fino al 30 giugno seminari interni fino al 31 agosto. Se cambierà il nostro modo di lavorare? In molti sperano che si lavori più da remoto e si riducano i viaggi sia per l'impatto ambientale sia per rendere le conferenze più accessibili a tutto. È da poco partita una virtual science forum proprio su questi temi». A proposito di viaggi, quando contava di tornare a Ravenna? «In estate, in realtà dovremmo venire a sposarci. A luglio. E i nostri invitati per forza di cosa vengono da diverse parti d'Europa. Ancora non so cosa decideremo di fare». Federica Angelini
SOCIETÀ / 17 23-29 aprile 2020 RAVENNA&DINTORNI
DALL’ESTERO/2
La biologa in Ohio, tra il lockdown e lo stimulus check: «1.200 dollari a tutti coloro che pagano le tasse» Il racconto della ravennate Veronica Balatti, ricercatrice a Columbus Veronica Balatti, 42 anni, diplomata al liceo scientifico Oriani di Ravenna, laurea e dottorato in Italia è oggi una ricercatrice della Ohio State University a Columbus, una città di 900mila abitanti in un'area metropolitana di quasi 2milioni, e studia come si muovono alcune piccole molecole in rapporto allo sviluppo della leucemia. La contattiamo via Skype per farci raccontare la crisi Covid-19 dall'altra parte dell'Oceano e la troviamo, naturalmente, a casa. In Italia l'università è stata una delle prima realtà a chiudere, è successo lo stesso anche in Ohio? «Sì, sono tornata da una vacanza in messico a fine febbraio e l'Università ha deciso di chiudere quando ancora non c'erano casi. Ci ha dato una settimana di tempo per prepararci, concludere gli esperimenti che era possibile concludere e ha permesso a chi non aveva altro modo di lavorare da casa di portare materialmente via i computer dai laboratori. Ma in generale devo dire che tutto lo stato dell'Ohio si è comportato molto bene». Da qui abbiamo avuto la sensazione che gli Stati siano andati un po' in ordine sparso mentre Trump tuonava contro l'Oms... «È vero, c'è stata un po' di confusione. Ora gli stati stanno seguendo le linee guida federali, ma con la possibilità di prendere anche provvedimenti diversi, perché gli Usa sono non solo vasti, ma molto diversi. Penso a posti come Utah e Idaho dove le case sono molto distanti e dove i contagi sono praticamente a zero o a situazioni come quella di New York...». La situazione in Ohio appare abbastanza sotto controllo con 13.850 casi e 530 morti su una popolazione di oltre 11 milioni di abitanti. «Sì, come dicevo si sono mossi bene a mio parere, chiudendo prima che altrove, nonostante il governatore sia repubblicano, come Trump, che invece secondo me ha aspettato davvero troppo prima di prendere iniziative serie al riguardo a livello federale. Per fortuna è stata assemblata una task force diretta da scienziati come Fauci che ha dato una direzione più seria alla gestione del problema. Ora si tratta di riaprire l'1 maggio, che è venerdì e vedremo. Mi pare di capire che si aspettino un aumento dei casi, ma che per allora contino di aver attrezzato ospedali e reparti pronti». A proposito di attrezzature, qui si parla ancora e sempre di mascherine... «Io so che è stato chiesto anche a noi di mettere a disposizione i materiali di protezione che usiamo normalmente in laboratorio per i sanitari che si occupano di Covid-19. Ma non c'è nessun obbligo di usarle». Come è il lockdown a Columbus? «Diverso da come mi sembra di capire sia in italia per diversi fattori. Qui innanzitutto gli spazi sono maggiori anche nelle corsie dei supermercati e quindi di file non ne abbiamo mai fatte, solo pochi giorni fa alcuni punti vendita hanno annunciato di contingentare le entrate. A metà aprile sono stata a passeggiare in un parco, le persone erano sole o per gruppi familiari. Va detto che qui quando il governatore dice di fare una cosa le persone la fanno. Va anche detto che nel momento in cui hanno detto "state a casa" hanno anche chiuso bar e locali. L’americano medio, almeno qui nel mid-west, segue le direttive, forse per rispetto dell’autorità, forse per paura di spendere soldi per farsi curare, forse perché non c’é la stessa cultura del divertimento e della socializzazione che c’é in italia, ma le lamentele ci sono eccome. Molti vogliono tornare a lavorare per rilanciare l’economia e temono la recessione». Ci sono più controlli, sono previste autocertificazioni? «Nulla di tutto questo, i controlli c'erano già prima, soprattutto nel quartiere in cui abito io, che è molto sicuro e dove non ho mai avuto timori. Va anche detto che qui la polizia incute un certo timore, in generale...» Cosa succede a una persona malata di Covid negli Usa? Qui è ricorrente ripetere che a differenza di quello italiano il sistema sanitario americano non garantisce una tutela diffusa... «È vero che si basa sul sistema delle assicurazioni, ma ci sono poi meccanismi che proteggono almeno in parte anche chi è più in difficoltà, spesso si ha un'idea un po' troppo semplificata del sistema. In generale, si può dire, che è molto difficile avere un'assicurazione se non si lavora ed è per questo che in questa emergenza sono state automaticamente prolungate le assicurazioni per chi è rimasto disoccupato in queste settimane, per esempio tutte le persone che lavorano nella ristorazione. Però una degenza per Covid può costare una decina di migliaia di euro di dollari e molto di più se c'è bisogno di un apparecchio per la ventilazione. Io per esempio ho un'ottima assicurazione, grazie all'università, che copre l'80 percento delle spese, ma so che se dovessi ammalarmi avrei comunque un conto
di qualche migliaia di dollari da pagare. Del resto, anche per questo mi è arrivato il cosiddetto "Stimuls check" da 1.200 dollari». Ma lei non ha perso il lavoro, né ha subito riduzioni di compenso... «Esatto ma è stato mandato a tutti coloro che negli Stati uniti guadagnano meno di 75mila dollari l'anno proprio da Trump che aveva detto di volerli firmare a uno a uno. Il punto è che qui il contesto è molto diverso e 75mila dollari non sono poi così tanti. Per esempio una persona della mia età che fa il mio lavoro a questo punto della sua vita sta ancora pagando i debiti contratti per frequentare l'università, senza contare quelli per la casa e l'auto. Anche per questo in laboratorio siamo tutti stranieri. Gli americani si iscrivono più volentieri a legge o medicina per poter guadagnare di più e ripagare un debito universitario che può arrivare anche a 200mila dollari... In generale qui l'economia è basata sul debito e quindi sanno bene che quei 1.200 dollari saranno immediatamente spesi da chi li riceve». E lei non è nemmeno cittadina americana... «No, potrò chiedere la cittadinanza tra tre anni. Ma ho la Green Card e, soprattutto, ciò che conta per loro: pago tutte le tasse negli Usa». Rispetto al futuro, quanto e come pensa e spera che cambierà dopo il Covid-19? «Credo che dovrà cambiare e molto per un paio di anni, spero davvero che si trovi in fretta un vaccino. Come ricercatrice spero proprio che questo faccia almeno riflettere sull'importanza della ricerca che non dà risultati immediati ma a cui ci rivolgiamo in un momento drammatico come questo. Quando penso ai compensi di certi calciatori...» I voli tra Usa e Italia sono sospesi. La preoccupa questo? Quando pensava di tornare in italia? «Sarei voluta tornare a settembre, ma credo proprio che prima del 2021, a questo punto non sarà possibile. Anche perché vorrei evitare quarantene in ingresso o in uscita» Federica Angelini
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Lettera aperta ai nostri clienti “C'è stato un errore le spostiamo l'appuntamento" - nuova data e nuovo indirizzo.” Questa è una delle frasi che ci riferisce una nostra cliente che riceve una chiamata da CAF ITALIA, sede di Ravenna. Io sono Ciro di Maio e mi occupo di dichiarazioni dei redditi dal 2009, insieme a Alessandro Feggi mio socio che invece inizia questa professione 10 anni prima di me. Nel 2011 apro una regolare partita IVA e un piccolo studio di consulenza professionale fiscale, su Ravenna chiamandolo OpenOffice Ravenna. Nel 2015 apro uno sportello nel quartiere Darsena (la cara e vecchia Gulli) e appoggiandomi a chi fa pubblicità sulla città, il Ravenna e Dintorni, Il Carlino, Il Corriere Romagna [...] investo per far sapere a cittadine e cittadini che insieme ad un gruppo di esperti collaboratori siamo ben presenti nel quartiere, con piacere, al servizio di tutti. I clienti crescono velocemente e sono sicuro che dipenda, oltre che dalla nostra competenza, anche dalla nostra totale onestà professionale che contempla anche di “non portare mai via un cliente ad un collega” parlandone male o evidenziando un eventuale svista, si sa, quelle possono capitare a tutti. Nel 2018 inizio a collaborare con un sindacato dal nome SNALV ed il responsabile regionale mi chiede di collaborare nella loro sede del CAF ITALIA di Ravenna che hanno aperto al Centro Commerciale la Fontana perché la loro responsabile aveva rassegnato le dimissioni. Io subentro al suo posto e la ritengo un’offerta interessante che mi permette di ampliare la mole di lavoro per me e per i miei collaboratori. Ma ahimè, non dovevo accettare la proposta, perché entro subito in un calvario, di oltre un anno, da cui ancora non mi sono ancora liberato. La sede regionale di CAF ITALIA è abituata a nominare i responsabili provinciali, a renderli legali rappresentanti di entità, limitando però, nei fatti, la loro possibilità di prendere decisioni. C’è la pretesa che si lavori il doppio/triplo delle ore rispetto a quelle pagate, la pretesa che si corra ad incontri convocati a 200 km di distanza dall'oggi al domani senza un rimborso di alcun tipo, l’aspettativa che io crei commistione tra il mio lavoro e una associazione che rappresento quando invece per questa associazione sto facendo volontariato e non mi occupo di clienti a cui pretendono si fissino appuntamenti. Cosa che correttamente non faccio. A fine 2019 avendo osservato un modo di lavorare che non condivido, ho deciso di non lavorare più per CAF Italia Emilia Romagna e di distaccarmi da chi con il sorriso perbenista non mi risulta tuteli né i clienti né i collaboratori. Mi dedico solo al mio studio OpenOffice di Via Capodistria rimasto sempre aperto e compatto il mio staff che mi ha aiutato a gestire entrambi le sedi con le difficoltà del caso (la sede regionale ci ha addirittura impedito di assumere i rinforzi necessari per la gestione della campagna 730...). Tornato nel mio ufficio, quando si avvicina la campagna redditi di quest'anno 2020, contatto regolarmente i clienti e fisso tanti appuntamenti per la dichiarazione dei redditi. Nel frattempo, a sorpresa, nasce la nuova sede Caf Italia Ravenna, che si mette a chiamare gli stessi clienti per la dichiarazione dei redditi, come ho fatto io, ma la cosa grave è che quando qualcuno dei miei clienti risponde che ha già fissato appuntamento con me, chi telefona in nome e per conto di CAF ITALIA esordisce così: "c'è stato un errore le sposto l'appuntamento" "loro sono poco conosciuti" - "loro non la tutelano in tutte le pratiche come noi" ...queste solo alcune delle frasi che ci vengono riportate dai nostri clienti, frasi espresse al telefono, a mezzo mail e con messaggi, quindi documentate. Perché racconto questa mia storia lavorativa? Perché ho capito che questo modo di agire, che mi astengo dal caratterizzare, sta creando confusione alle persone, sta facendo leva sulla loro paura di essere truffati, sull'ignoranza dei meccanismi che regolano un mercato. E i clienti, giustamente, si soffermano a chiedersi cosa stia capitando, ci chiamano e dopo aver ascoltato la nostra spiegazione, confermano la fiducia che ci hanno già accordato, conoscendoci. Allora, per chiarire meglio e pubblicamente, ho scritto questa lettera aperta, con la massima trasparenza e voglio confermare a tutti che lo Staff di OpenOffice Ravenna da dicembre 2018 a dicembre 2019 ha gestito lo sportello CAF della sede ravennate di CAF ITALIA e in virtù di quell’accordo, i clienti hanno rilasciato l'autorizzazione per la privacy anche a quel CAF (non gli si sarebbe potuto erogare il servizio diversamente). Da gennaio 2020 però, io e il mio staff non operiamo più per CAF ITALIA e per rendere le cose chiare, abbiamo prontamente chiamato i nostri clienti per informarli che non esistono più i due sportelli, in cui trovare i nostri consulenti, ma solo lo sportello di via Capodistria dove i clienti dovranno recarsi con gli appuntamenti già fissati, che rimangono, tali e quali senza nessun cambiamento. Lo staff di OpenOffice Ravenna è attualmente così composto: Ciro Di Maio, Alessandro Feggi, Alessandro Argnani, Giulia Maglia, Monia Biondi. Ciro Di Maio
OPEN OFFICE RAVENNA opera unicamente in Via Capodistria 23 - Ravenna Tel: 0544.423370 Fax: 0544.1930813 e-mail: direzione@openofficeravenna.com pec: dimaio.ciro@pec.it web: www.openofficeravenna.com
SOCIETÀ / 19 23-29 aprile 2020 RAVENNA&DINTORNI
#NINORIMANE
«Abbiamo bisogno di ricerca, di studio e di conoscenza» Per il 25 aprile un ricordo di Saturno Carnoli, scritto dalla compagna Elisabetta De Notaris Un ritratto di Nino Carnoli, ritoccato con una elaborazio ne grafica in versione “mosaico”
25 APRILE La Liberazione non si festeggia in piazza ma da finestre e balconi: Anpi: «Cantate “Bella Ciao” in coro con il Tricolore che sventola» Il calendario delle consuete iniziative legate al giorno della Liberazione, come facilmente intuibile da tempo, è stato completamente annullato su tutto il territorio nazionale. Ma come per altre ricorrenze, i sostenitori e promotori dei vari momenti legati al 25 aprile hanno cercato altre vie e forme per celebrare comunque l’anniversario. Questo significa quindi trovare spazi soprattutto per flashmob e momenti di collettività che si possano fare restando nelle proprie abitazioni e sfruttando gli spazi del web. L’Anpi invita tutti i cittadini a cantare dal proprio balcone o dalla propria finestra “Bella Ciao” alle 15 del 25 aprile, magari esponendo il Tricolore. Aderisce anche il coordinamento per la Democrazia Costituzionale della provincia di Ravenna. L’esposizione della bandiera italiana è un invito che arriva anche da altre parti, come gesto simbolico di comunanza in un periodo in cui si è costretti a mantenersi distanti. Il Comune di Conselice e le Anpi locali invitano tutti i cittadini a pubblicare su Facebook o Instagram foto o video relativi alle passate Feste della Liberazione o testimonianze di chi c’era nel 1945. A Massa Lombarda alle 11 “Bella Ciao” trasmessa dal sistema di filodiffusione installato nel centro storico con l’invito ai cittadini a partecipare da giardini e terrazze per cantare e realizzare foto e video dell’iniziativa.
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera di Elisabetta De Notaris, compagna di Saturno “Nino” Carnoli. Lo scrittore e intellettuale ravennate, agitatore culturale noto in città per il suo approccio da sempre anticonformista, è morto il 26 marzo scorso in ospedale a Lugo all’età di 79 anni dopo esseri ammalato di Covid. Carnoli si era sottoposto a un intervento chirurgico di routine a Faenza pochi giorni prima e durante la convalescenze è comparsa la positività al coronavirus. Elisabetta ha scritto le righe che seguono perché “per me è un modo per continuare a sentire la sua voce...”. «25 Aprile 2020. Non potrò esserci. Ma quest’anno non ci saranno nemmeno celebrazioni pubbliche. Non passerò in piazza per cercare qualcuno a cui trasmettere il mio ansioso dispiacere per una ritualità che ogni anno sempre più mi appare stanca, svuotata di significato e di prospettiva perché sempre più solo rito, privato di verità. La Resistenza, i Partigiani... ho passato la mia vita a cercare la vita dei miei (sì, certo anche miei) eroi di gioventù. Ne ho cercato le caratteristiche umane, le vicende personali perché potessero vivere per se stessi e non per la costruzione agiografica e retorica che li soffocava, perché fossero veri e non finti, perché quindi potessero parlarci e indicarci i loro percorsi, perché potessero essere utili ancora alle nostre vite, alle nostre scelte. Per questo mi hanno scosso, e molto, gli episodi vandalici ai cippi resistenziali del gennaio scorso, li ho avvertiti come una minaccia seria, insidiosa e potente da non sottovalutare. Mi dicono però che questa pandemia si porterà via tutto e definitivamente il Ventesimo secolo e quindi basta: basta con guerra mondiale, partigiani, resistenza, fascismo, antifascismo, nazismo... basta con il comunismo, destra, sinistra, basta rompere le scatole con i distinguo, la ricerca dei fatti… basta con la memoria? Oggi che la pandemia ha fatto tornare la parola, e non la retorica, importante, seria, necessaria, penso che invece abbiamo bisogno più che mai di ricerca, di conoscenza e di studio perché la prospettiva nuova, il futuro che vi aspetta abbia finalmente quelle basi di verità ampie e solide che ho sempre ricercato. Buon 25 Aprile #NINORIMANE» Elisabetta De Notaris A proposito di storia locale legata alla seconda guerra mondiale, alla lotta di liberazione, alla guerra civile e ai suoi strascichi, di cui Nino Carnoli era un appassionato ricercatore, fra i tanti testi prodotti in merito va ricordato “Ultimo, storia ordinaria di guerra civile”, libro scritto a due mani con il giornalista Andrea Colombari e le illustrazioni di Gianluca Costantini, pubblicato anni fa dalle Edizioni del Vento e ormai introvabile. Lo stesso Costantini ci segnala che è scaricabile gratuitamente dal suo sito in formato pdf.
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20 / CULTURA RAVENNA&DINTORNI 23-29 aprile 2020
CARTOLINE DA RAVENNA
TEATRO
Mittente Giovanni Gardini
SPETTACOLI PER RAGAZZI IN STREAMING SU FACEBOOK E YOUTUBE
La discesa agli inferi
Appuntamenti sabato e domenica con le produzioni storiche di Accademia Perduta
Fino alla prima metà del XVIII secolo, si poteva ammirare nell’abside del Duomo di Ravenna un mosaico medievale commissionato dall’arcivescovo Geremia e datato, come recitava un’iscrizione, all’anno 1112. Il catino absidale presentava tre sorprendenti scene di resurrezione: le mirofore, Pietro e Giovanni alla tomba vuota e, al centro tra queste due scene evangeliche, la discesa agli inferi. Il tema della discesa agli inferi, presente come articolo di fede nel Simbolo degli Apostoli e brevemente accennato nei testi neotestamentari, trova ampio spazio nella tradizione apocrifa. Nel Vangelo di Nicodemo si racconta dell’ingresso vittorioso del Signore nel regno delle tenebre, del suo incontro con Adamo e della liberazione di tutti i morti: «Presa la mano destra di Adamo, il Signore gli disse. “Pace a te e a tutti i figli tuoi, miei giusti”. Allora Adamo, gettatosi alle ginocchia del Signore, lo pregava con lacrime a gran voce, dicendo: “Ti esalterò, Signore, poiché mi hai preso, non permettendo che i miei nemici si rallegrassero su di me. Signore Dio, gridai e te e tu mi hai sanato” […]. Così pure tutti i santi di Dio, inginocchiati ai piedi del Signore dissero all’unisono: “Sei giunto, o redentore del mondo!” […]. Stendendo la sua mano, il Signore fece il segno della croce sopra Adamo e sopra tutti i suoi santi, e tenendo la destra di Adamo, salì dagli inferi seguito da tutti i santi». Immagine tratta da Gianfrancesco Buonamici, La Metropolitana di Ravenna, Bologna 1748 (dettaglio).
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A partire da sabato 18 aprile e domenica 19 il settore Culturmedia di Legacoop Romagna ha iniziato a trasmettere in streaming le registrazioni di alcune delle migliori produzioni per ragazzi delle ultime stagioni su Facebook e Youtube. Otto spettacoli che hanno vinto premi nazionali e internazionali, da “Pollicino” a “L’Acciarino Magico”, proposti in “doppio spettacolo” ogni sabato e domenica, con inizio a partire dalle 16. L’iniziativa è resa possibile grazie alla preziosa collaborazione della cooperativa Accademia Perduta Romagna Teatri che ha fornito le registrazioni. I video saranno trasmessi sui canali Facebook e Youtube di Legacoop Romagna e saranno rimossi subito dopo, per restituire al massimo la sensazione dello spettacolo dal vivo. Per essere inseriti nella newsletter e ricevere una mail con il link prima dell'inizio è possibile scrivere a: e.gelosi@legacoopromagna.it o registrarsi alla newsletter sul sito di Legacoop www.legacoopromagna.it. «È il nostro modo per stare vicini ai bambini e alle famiglie, perché la cultura e il teatro – anche quando sono digitali – aiutano a vincere tutte le paure», dice il presidente di Legacoop Romagna, Mario Mazzotti. «Ma è anche l’occasione per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica su un settore che ancor più di altri sta pagando la grave crisi conseguente alla pandemia». La cultura e lo spettacolo dal vivo, infatti, sono stati tra i primi settori a fermarsi, a febbraio. Ancora non è possibile sapere quando e come sarà possibile tornare alla normalità. Non solo per concerti ed esibizioni in pubblico, ma anche per la parte educativa con le scuole e i ragazzi. Migliaia di lavoratori del settore sono fermi e non sanno quando potranno tornare a operare. Artisti e Persone di Cultura che stanno facendo la loro parte, con responsabilità e in silenzio. «Lo streaming – dice Mazzotti – è una risposta nell’emergenza, ma non può essere la soluzione. Alla Regione chiediamo di proseguire il dialogo che ha avviato in modo positivo sin dall’inizio, continuando a riconoscere il ruolo che le cooperative svolgono nel quadro della gestione dello spettacolo dal vivo e dando certezze su quella che sarà la prosecuzione delle attività culturali. Al Ministero per la Cultura chiediamo in tempi rapidi risorse specifiche a sostegno delle imprese e un piano per la ripresa delle attività dal vivo, con protocolli certi, ma anche di intervenire sui termini di rendicontazione per centri di produzione e compagnie teatrali. Il rischio è di perdere esperienze di grandissimo valore di imprese che invece andrebbero maggiormente tutelate rispetto a chi vive la cultura come un’attività collaterale». Ecco il programma dei prossimi spettacoli: sabato 25 e domenica 26 alle 16 sarà in scena Sotto la neve con Maurizio Casali e Mariolina Coppola, mentre alle 17 ci sarà invece Il gatto con gli stivali per la regia di Claudio Casadio, mentre sabato 2 e domenica 3 maggio alle 16 va "Un topo… due topi… tre topi… Un treno per Hamelin" (regia di Claudio Casadio) alle 17 è la volta di "Zuppa di sasso" (compagnia TCP Tanti Cosi Progetti) mentre sabato 9 e domenica 10 maggio alle ore 16 va in scena "Il tenace soldatino di stagno e altre storie" e alle 17 tocca a "L’acciarino magico".
CULTURA / RUBRICHE / 21 23-29 aprile 2020 RAVENNA&DINTORNI
NdL - Nota del Lettore
Nocturama, dalla Francia un’opera magnetica, bellissima e originale
La Cappella Marciana, miniera di tesori
Il metaromanzo di Bruno Arpaia
di Francesco Della Torre
di Enrico Gramigna
di Federica Angelini
Nocturama (di Bertrand Bonello, 2016) Arrivano da strade differenti, località, ceti sociali, storie ed etnie diverse questo gruppo di ragazzi talmente giovani da non avere una carta di credito. Eppure, riuniti dal lievemente più maturo Greg, decidono con una serie di attentati di mettere a ferro e fuoco Parigi, gettandola nel panico per colpire il cuore capitalista di una città che non dà più spazio ai giovani con le loro speranze inespresse. Il film è diviso essenzialmente in tre parti, composte da preparazione, attuazione dell’attentato e l’attesa dentro un grande magazzino chiuso (e opportunamente preparato) di 24 ore per calmare le acque e non farsi trovare. Questi terroristi non sono stranieri, non hanno religione o appartengono a gruppi di fanatismo, sono semplicemente cittadini che vogliono “compiere qualcosa di fottutamente epocale”. L’inizio, con l’arrivo (e la presentazione) di tutti i protagonisti è una calamita per lo spettatore che si vede immediatamente coinvolto in un crescendo di tensione ed emozioni che non si placherà per almeno un’ora, per poi nell’ultima parte ricominciare con una sorta di “caccia all’errore” che ognuno di noi attuerà nella propria mente. Un film che richiede concentrazione e che ha l’unico difetto di essere un pelo lungo (130 minuti, se ne potevano tagliare almeno 20), magnetico senza mostrare particolare azione, e che da buon francese dà moltissima importanza ai numerosi dialoghi, dall’inizio alla fine. Bonello non confeziona un film d’azione, come accennato sopra, ma vuole parlare della società senza prendere posizioni e senza neanche giudicare: mostra le convinzioni, la forza e la debolezza dei suoi protagonisti, mostra le fragilità della giovinezza e dei loro fallimenti, senza tralasciare la fragilità morale, militare e politica della società che li ha cresciuti. Colonna sonora egualmente protagonista perché accompagna la loro lunga notte cambiando spesso veste, diventando improvvisamente motivo di riflessione, per poi tornare in un apparente secondo piano a dettare il destino dei ragazzi. Un film bellissimo e originale, per una volta definito benissimo in un'altra recensione, che recita così: «una sinfonia funebre che “suona” il giudizio senza appello di giovani disperati sul mondo che li attende, o piuttosto che non li attende più» (mymovies). Nocturama, pur portando in scena tematiche note ed essendo stato “giustamente” ignorato dal nostro paese, è un’opera tra le più importanti degli ultimi anni; meno male che alla distribuzione ha pensato Netflix che lo propone in francese coi sottotitoli in italiano.
Qualche anno fa c'era un coro amatoriale, in Veneto, che scaldava le ugole dei propri componenti non con i soliti e triti vocalizzi, bensì con uno dei più coinvolgenti cori verdiani storpiando in Si ridesti il leon di San Marco, il celebre brano tratto dall’Ernani. Al di là del campanilismo, si può vedere questo afflato patriottico non solo come un rustico e poco realistico punto di vista, ma lo si può leggere secondo un’ottica storico-culturale. In fondo il Veneto, e Venezia in particolare, hanno una storia importante alle spalle, unica in Italia. Musicalmente, poi, la storpiatura dei coristi "secessionisti” mette davvero in luce un retaggio di tutto rispetto. La Cappella Marciana di Venezia, è una vera e propria miniera di tesori musicali. Fin dal Medioevo, infatti, la cappella musicale della Basilica di San Marco era stata in grado di ingaggiare alcuni tra i migliori musicisti, tuttavia è dal Rinascimento che si può notare la fioritura dei nomi dei maestri di cappella. Il Cinquecento è certamente il regno di Adrian Willaert, Cipriano De Rore e Gioseffo Zarlino: se il primo compositore fiammingo si può considerare il padre della scuola veneziana, del secondo si dirà che l’influenza che ha esercitato ha valicato il limes dei sestieri per profondersi in tutta Italia, mentre il musicista italiano, oltre alla perizia compositiva, fu anche un consideratissimo teorico il cui genio procede a importanti nomi quale, non da ultimo, Vincenzo Galilei, padre del noto Galileo. Nel Seicento le stelle furono tante, ma non se la prendano Cavalli e Legrenzi se hanno avuto in sorte di succedere al divino Claudio. Monteverdi, colui che aggiornò il madrigale, colui che sviluppò l’opera lirica (appena nata a Firenze), colui che riorganizzò e aggiunse colori alla timbrica risuonante nella Basilica. Nel Settecento, poi, fu la volta di Antonio Lotti e Baldassarre Galuppi che diedero lustro a questa istituzione che nell’Ottocento soffrì le scelte (anche economiche) dei patriarchi e perse un po’ di quell’aura nonostante nomi come quelli di Antonio Buzzolla e, soprattutto, Lorenzo Perosi. Oggi, grazie anche a una rinascita del movimento musicale sacro, la Cappella Marciana è tornata a far ruggire l’ugola del leone dorato e cantare soli Deo Gloriam.
Un romanzo che è anche metaromanzo, perché dentro ci troviamo anche la storia di come è nato e cresciuto e, in parte, fallito. Bruno Arpaia sceglie questo doppio binario per il suo ultimo libro Il fantasma dei fatti edito come sempre da Guanda. Da un lato i fatti raccolti in anni di ricerche, consultando volumi, articoli, esperti del settore. E i fatti sono quelli dell'Italia degli anni Sessanta, di quel filo sottotraccia che l'ha legata agli Stati Uniti, un’Italia che con Olivetti e Mattei sarebbe potuta diventare una grande potenza mondiale, ma che tale non è stata per una serie di "incidenti". E se per Mattei ormai abbiamo ormai la certezza che non si trattò appunto di evento casuale, cosa può aver provocato l'infarto di Olivetti? E l’incidente del suo ingegnere Tchou fu davero tale? Che ruolo ha avuto la Cia? E gli inglesi? Cosa c'entra tutto questo con l'assassinio di Kennedy? A raccontarci una possibile versione dei fatti è un agente greco, Tom K, realmente esistito, e che Arpaia immagina a colloquio con due “colleghi” più giovani nella sua casa in Canada, nel suo ultimo giorno di vita. Dall’altra lui stesso e il suo travaglio come autore, le difficoltà economiche, davvero desolante la descrizione della situazione editoriale dopo la grande crisi, incredibile che uno come Bruno Arpaia, scrittore, giornalista, intellettuale classe 1957, non riesca a vivere serenamente del suo lavoro. E anche un po' desolante, concedetemi, l'idea che per lui la traduzione sia soprattutto un modo per sbarcare il lunario (male) e un impedimento al suo lavoro di scrittore essendo lui, peraltro, il traduttore tra gli altri di Aramburu per intenderci. Vediamo la sofferenza nella perdita dell'amico Peppe D'Avanzo, il grande giornalista di “Repubblica”. Le riflessioni, molto interessanti, su cosa sia e debba essere un romanzo, sul ruolo della narrativa, forse la parte in assoluto più appassionante del libro. Due piani che sembrano paralleli, ma ci accorgeremo che finiscono per convergere. Una lettura, come lui stesso dice, per certi versi fuori tempo massimo, di un'epoca che sembra ormai veramente remota e di una storia tutta politica che suona davvero lontanissima per quanto sia inevitabile pensare ancora oggi che se Mattei e Olivetti fossero riusciti entrambi a raggiungere i rispetti obiettivi, gli equilibri geopolitici del mondo e il ruolo dell'Italia e forse del Mediteranneo tutto sarebbe stato ben diverso e diverso sarebbe il nostro presente. Quelle che Arpaia mette in fila sono infatti soprattutto “sliding doors” della storia del Novecento.
“È tutto vero” (Ravenna) di Adriano Zanni
FIORI MUSICALI
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CHIUSI sabato 25 aprile e venerdì 1° maggio
GUSTO / 23 23-29 aprile 2020 RAVENNA&DINTORNI
VITIVINICOLTURA
COSE BUONE DI CASA
Crisi di vendite per le cantine del ravennate
A cura di Angela Schiavina
Spaghetti all’assassina Questa settimana vi propongo un particolarissimo piatto pugliese, gli spaghetti all’assassina, una specialità semplice che però deve essere curata con molta attenzione e attorno alla quale è nata addirittura un’accademia culinaria. Questa è la versione classica (base si potrebbe dire) visto che esistono varianti ai frutti di mare, alle olive e alle rape con le loro cime naturalmente.
Dalla bassa alle colline, non bastano ordini online e consegne a domicilio
Ingredienti per 4 persone: 320 gr. di spaghetti, 400 gr. di passata di pomodoro, concentrato di pomodoro, olio evo, aglio, peperoncino, sale, zucchero Crollo verticale del fatturato per le cantine ravennati a fronte delle limitazioni di mercato inevitabilmente scattate a seguito dell'emergenza coronavirus che mette a repentaglio il futuro del vino nella provincia con più superficie coltivata a vigneto dell'Emilia-Romagna. A lanciare l'allarme salva vigneti è Coldiretti Ravenna che sottolinea il pesante impatto sulle cantine della chiusura forzata di alberghi, enoteche, agriturismi, bar e ristoranti in Italia e all’estero, con un azzeramento delle vendite di bottiglie, mancato pagamento delle forniture già consegnate, calo delle esportazioni, il tutto aggravato anche dalle difficoltà logistiche che incontrano i clienti abituati a rifornirsi direttamente in azienda e presso le cantine stesse sfruttando la vendita diretta del vino sfuso. A quanto pare le difficoltà economiche e soprattutto finanziarie di liquidità attraversano quasi tutte le aziende vitivinicole, da quelle di pianura a quelle delle colline faentine. Per qualcuna si tratta di perdite già evidenti attorno al 30%, per altre di un mancato fatturato fino al 50% del previsto, e per tutte non basta proprio la vendita online o la consegna a domicilio dei cartoni di bottiglie o dello sfuso, tenuto conto che sui bilanci comunque continuano a pesare i costi di campagna e, in particolare, la cura dei filari. «Le misure messe in campo con il blocco delle rate di mutui, prestiti, tasse, contributi sono certamente utili – afferma il presidente provinciale Nicola Dalmonte – ma non bastano ed è indispensabile mettere a disposizione delle aziende vitivini-
cole liquidità sotto forma di prestiti a lunga scadenza a tasso zero e garantiti dallo Stato, pari ad una percentuale del fatturato dell’anno precedente, da erogare attraverso una semplice richiesta alle banche. Un intervento veloce e semplice che dovrebbe essere garantito indipendentemente dalla dimensione aziendale al quale va aggiunto anche una compensazione a fondo perduto sulle perdite subite sotto forma di “risarcimento del danno”. Ed è necessario – conclude Coldiretti – che una misura similare sia garantita a bar, ristoranti, alberghi e agriturismi, per evitare il blocco dei pagamenti delle forniture a cui si sta assistendo e per fare in modo che non chiudano».
LO STAPPATO A cura di Fabio Magnani
Morbido e vellutato Chardonnay californiano Ci trasferiamo in California nella Russian River Valley e assaggiamo lo Chardonnay della “Marimar”. Il vino “La Masía Don Miguel” 2018 è ottenuto da una selezione di cloni diversi di Chardonnay e si presenta con spiccati sentori di nocciola e vaniglia. Il palato è secco, vellutato e morbido. Piacevole ritmo acido, con ritorni aromatici di noce e spezie. Sapidità a deliziare ogni sorso. Da abbinare con pescato o formaggi.
Preparazione: portare ad ebolizzione un brodo fatto con acqua, 300 gr. di passata e abbondante concentrato di pomodoro e sale. Deve risultare un liquido molto fluido, rosso vivo e saporito. In una padella rigorosamente di ferro, mettere 100 cc. di olio, 3 spicchi d’aglio e peperocino. Colorito l’aglio versare i rimanenti 100 gr. di passata di pomodoro, un po’ di zucchero e lasciate leggermente consumare. Mettre direttamente in padella – a crudo – gli spaghetti in modo che vengano a contatto col sugo. Non si deve aver fretta a rigirare, bisogna attendere che parte degli spaghetti comincino a caramellarsi, facendo però attenzione che non si brucino. Via via girare, con una spatola di legno, gli spaghetti che cominciano ad attaccarsi sul fondo per fare posto agli altri che sono rimasti in superficie. Quando tutti si saranno un poco “bruniti” versare nella padella due mestoli di brodo di pomodoro che comincerà a sobbollire. Lasciatelo consumare senza toccare gli spaghetti. Quando sentirete “friggere” il composto dopo qualche decina di secondi cominciate a staccare gli spaghetti “bruciacchiati” sul fondo per far posto a quelli meno cotti. Versare un altro mestolo di brodo e continuare lo stesso rimescolamento, sempre a partire da quando l’olio inizia a “sfriggere”. Gli spagehtti cominceranno così a piegarsi e dopo otto-nove minuti di questo trattamento, quando la pasta avrà un colore rosso bruno, virato di marrone, è ora di assaggiare. Valutate la consistenza degli spaghetti che deve essere callosa e invitante sotto i denti, e leggermente croccante per quelli più caramellati. L’equilibrio deve essere a piacimento e a quel punto l’Assassina è pronta per essere servita in tavola direttamente in padella. Variante alle olive: servono circa 400 gr. di olive che vanno fritte in abbondante olio e peperoncino nella padella di ferro fino a quando cominciano a spaccarsi. Poi si aggiunge la salsa di pomodoro (ne servono almeno 100 gr. in più della ricetta base) portando a completa cottura le olive che devono snocciolarsi in bocca facilmente. Una volta tolte le olive con una schiumarola si procede con la ricetta classica a partire dalla salsa rimasta in padella. Quando gli spaghetti sono quasi pronti, aggiungere le olive, metà denocciolate e metà intere, mescolando bene prima di servire.
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24 / LETTORI RAVENNA&DINTORNI 23-29 aprile 2020
IL RACCONTO/1 #IORESTOACASA Le vostre foto e i vostri racconti per stare in casa distanti, ma insieme Mai come in questo momento sentiamo il bisogno di stare in contatto, di sentirci vicini, perché costretti alla lontananza. E così abbiamo pensato di chiedere ai nostri lettori di mandarci un racconto che fosse autobiografico o di fiction (giallo, horror, rosa o quello che vi pare) sul tema “il contagio” (massimo 3500 battute). E abbiamo anche invitato tutti a mandarci foto della loro quarantena in casa, tra passatempi, momento di creatività e anche (inutile negarlo) di un po’ di noia. Ma stare in casa è importante adesso e dobbiamo farlo tutti. Non per questo, appunto, non possiamo non restare in contatto. Scriveteci e mandateci foto, questa pagina è per voi. Vi aspettiamo all’indirizzo redazione@ravennaedintorni.it o tramite la nostra pagine Facebook.
IL RACCONTO/2
Nina e l’attesa di Valentina Poggi
Nina nacque tre giorni prima di Natale e dovette abituarsi fin da subito ad un clima d'attesa. Lei sa che le ore che precedono un evento possono essere frizzanti ma se si tratta del tuo compleanno è diverso. Nina è nata dietro le quinte aspettando di entrare in scena. Il 22 dicembre tutti corrono per acquistare regali, imbandire tavole, alcuni sono già partiti per la montagna, altri devono lavorare di più prima della sosta. Anche Nina tende a qualcosa di più importante del celebrare il giorno della sua nascita e posticipa la festa, dirotta il presente a beneficio di un futuro prossimo condiviso. Venire al mondo nell'anticamera, insegna tutto e subito. Pensa a questo mentre prepara una torta di mele durante una pausa forzata dalla vita e si dice che sa come fare ad uscire da queste ore appese come il bucato al sole. Ci si raccoglie in sé stessi senza egoismi, si guarda con affetto la ritirata sapendo che è la fase più importante della costruzione, ci si abbandona alla solitudine per bere i primi occhi che incontrerai, tutti d' un fiato. Il profumo di burro e uova invade la stanza e la porta a danzare nello zucchero. I pensieri seguono i piedi che parlano di un tempo giusto, di una nuova partita per l'amore e di una scarcerazione del buon senso. Si elevano in questa coreografia, si piegano, si tendono, stridono, affondano e si staccano nuovamente da terra. Nina è stanchissima ma è felice, sudata e consapevole. Per chi ha imparato ad aspettare è Natale anche ora.
La mia gabbia isolata di Lidia Fabbri
In questi lunghi giorni di clausura forzata, mi sento in una gabbia confortevole, ma isolata dal mondo esterno. Cosa mi manca: gli abbracci di mia figlia, i baci di mio nipote, la sua incontenibile vivacità, la quotidiana passeggiata così indispensabile per me che sono Parkinsoniana ed il contatto con le altre persone. Quanto siano importanti me ne rendo conto solo ora che mi sono negati. Mi spaventa il sapere che il veicolo di contagio siamo noi stessi e mi stupisce che un banale gesto come lavarsi le mani con un sapone, acquisti un’ importanza tale da venire considerata una delle migliori precauzioni. Ai miei occhi il sapone si è rivalutato ed ora in avanti a ne terrò una piccola scorta. Anche l’importanza delle mascherine e dei guanti, purtroppo introvabili, hanno costretto gli operatori sanitari ad operare senza, con conseguenze per alcuni di loro letali. Com’è possibile che negli ospedali non ci fossero scorte? Si è capito quando è diventato troppo tardi quanto fossero importanti? Ed ecco che la fantasia e l’arte di arrangiarsi tipica italiana, si è messa in moto. Mascherine dai materiali e fogge improbabili si vedono sui volti delle persone non consapevoli che esistono canoni ben chiari di come devono essere perché siano efficaci, ci si inventa chimici, formulando disinfettanti spesso dannosi, ci si danno regole comportamentali molto fantasiose, ma non si resta a guardare. Si canta dai balconi, ci si aiuta tra vicini perché è in questi momenti che gli italiani mostrano i loro sentimenti migliori e non ci si arrende. Quando potremo lasciare le nostre case, forse saremo migliori, ma certamente saremo consapevoli di quanto valore abbia la nostra vita e di quanto sia facile che possa essere messa in pericolo da un nemico invisibile che può diventare anche letale.
IL RACCONTO/3
Fuori dalla finestra... di Samuele*
Fuori dalla finestra di casa mia vedo... Una strada alberata che porta su ad una salita, dove arrivi al bagno più grande.. La bellezza del mare Adriatico, ma deserto.. Il canto degli uccelli, fa venire un po di allegria a Casalborsetti... Il mondo risplende e non inquina più,il sole regna da la su.. Non c'è una città, ma un deserto con niente,speriamo il trauma finisca presto.. Come facciamo a non rilassarci,Casalborsetti è bellissimo.. che paese! *Samuele P. 8 anni, della 3A scuola Pascoli Sant'Alberto
Aspettando di poter tornare al parco Da Serena Garzanti
Strumenti da quarantena Da Alberto Benini
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