R&D CULT Maggio 2019

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FREEPRESS n. 50

MUSICA • TEATRO • LIBRI • ARTE • CINEMA • GUSTO • RUBRICHE Mauro Ottolini (in una foto di Roberto Cifarelli), tra i protagonisti del prossimo Ravenna Jazz

A TUTTO JAZZ A RAVENNA TORNA LO STORICO FESTIVAL

MAGGIO 2019 Prezzo €AGG 0,08IO PIA OM CO ISSN 2499-0205



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MUSICA A TU PER TU CON HUGO RACE, DALL’AUSTRALIA ALLA ROMAGNA

TEATRO IL ROSSINI DI LUGO A UNO SNODO: PARLA IL DIRETTORE

INSERTO QUATTRO PAGINE SULLA SECONDA EDIZIONE DEL FESTIVAL “POLIS”

FOTOGRAFIA LA RECENSIONE DELLA MOSTRA DI OLIVIERO TOSCANI

CINEMA I FILM DEL MESE DA NON PERDERE IN SALA

L’INTERVISTA LA FEDELTÀ SECONDO LO SCRITTORE MISSIROLI

LIBRI IL FESTIVAL SCRITTURA SEMPRE PIÙ INTERNAZIONALE

GUSTO IL RITO ARCAICO DELLA GRIGLIATA, TRA “GRATICOLA” E “RUSTIDA”

TORNANO LE LETTURE NON CONVENZIONALI DI WE READING Torna dal 3 maggio all’1 giugno il We Reading Festival (nella foto gli Ex-Otago nella passata edizione), che mette alla prova, per una sera, personaggi del panorama artistico e culturale italiano con una lettura non convenzionale. In programma 11 spettacoli in luoghi simbolo dei comuni di Gatteo, Santarcangelo e Savignano sul Rubicone. Tra i nomi annunciati figurano Andrea Appino, fresco della partecipazione a Sanremo con i suoi Zen Circus, lo scrittore e artista russo Nicolai Lilin, Emidio Clementi voce dei Massimo Volume, La Rappresentante Di Lista, duo teatrale/musicale che si esibirà anche sul palco del 1° Maggio romano, Max Collini degli OfflagaDiscoPax e la performer e dj riminese NicoNote.

R&D Cult nr. 50 - maggio 2019

Autorizzazione Tribunale di Ravenna n. 1427 del 9 febbraio 2016 Editore: Edizioni e Comunicazione srl Via della Lirica 43 - 48124 Ravenna - tel. 0544 408312 www.reclam.ra.it Direttore Generale: Claudia Cuppi Pubblicità: direzione@reclam.ra.it tel. 0544 408312 Area clienti: Denise Cavina tel. 335 7259872

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Gardelli, Sabina Ghinassi, Enrico Gramigna, Giorgia Lagosti, Linda Landi, Filippo Papetti, Guido Sani, Serena Simoni, Elettra Stamboulis. Redazione: tel. 0544 271068 redazione@ravennaedintorni.it Poste Italiane spa Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. di legge 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB C.R.P.- C.P.O. RAVENNA


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divagazioni

Marco Mengoni e lo sdoganamento di un certo modo di fare pop Sul vincitore di X Factor e Sanremo e una dimensione vascorossiana da artista non sostituibile

POPPONI Il Decameron del pop, limitatamente a quel che succede il mese prossimo in un raggio di 30 km di Francesco Farabegoli

“Una sorta di Azealia Banks dei poveri senza un decimo del talento di cui già l’Azealia originale è priva”

La visione classica dell’industria musicale italiana è quella di un sistema culturale a caste in cui decidi a quale pubblico vuoi rivolgerti e fai tutto quel che devi fare per arrivare a quel pubblico lì. Ad esempio ci sono quelli che fanno le canzonette, e che per tutta la vita in linea di principio fanno quello – e se magari decidono che non hanno più voglia di farle e vogliono dedicarsi a roba più impegnativa diventano un irrisolto culturale destinato a durare cinquant’anni e passa (tipo Battisti); ci sono quelli che fanno la canzone impegnata e poi sono costretti a menarla per tutta la vita (i Guccini, per dire); poi ci sono quelli che fanno LA CULTURA (tutto maiuscolo con l’articolo), la roba che musicalmente viene considerata per palati fini, e non provano manco per sbaglio a buttarla in caciara. Un caso lampante è quello di Roberto Angelini, un cantautore pauroso del giro alternative romano che provò a smacchiare il giaguaro con un singolo orribile intitolato “Gattomatto” (ve la ricordate?). Il singolo ebbe un discreto successo radiofonico ma nessun seguito, il disco fallì l’obiettivo e Angelini tornò all’alternative romano dichiarando urbi et orbi la propria insoddisfazione nei confronti dell’industria musicale dei grandi numeri. L’opposto potrebbe essere Battiato, che agli occhi del *grande pubblico* ha sempre avuto una fama da sperimentatore che gli ha garantito plauso critico ed entusiasmi anche quando pubblicava le cover becere. Era un sistema patriarcale stupido e pieno di difetti, ma aveva delle regole abbastanza definite. Oggi il sistema è lo stesso ma le regole non valgono quasi più. Oggi si può suonare pezzi alla Claudio Baglioni nei festivalini indie, o magari aver fama di artista ricercato pur essendo venuto fuori da un talent. Esempio: Mengoni. Marco Mengoni diventa famoso vincendo la terza edizione di X Factor, nel 2009. L’anno successivo arriva terzo a Sanremo; è il momento di massima influenza dei talent sul festival, che in quell’anno viene vinto da Scanu (il vincitore di Amici). Ci riprova nel 2013 e stravince. Nel frattempo ha incasDAL VIVO AL PALAZZETTO DI RIMINI sato premi come artista rivelazione ed è stato adottato in via definitiva come una sorta di nuovo volto di MTV. Intanto il pop italiano ha iniziato timidaMarco Mengoni sarà in concerto il 29 maggio al mente a svecchiarsi: artisti anche molto istituzionali hanno cominciato a inpalazzetto di Rimini, penultima data del suo tour. serire qualche suono che per gli standard della canzone radiofonica del nostro paese potrebbe essere definito sperimentale, e qualcuno è riuscito perfino a farla franca (il principe di questo genere di rivoluzioni è sempre Jovanotti, che da 25 anni sta provando disperatamente a diventare rilevante dal punto di vista musicale). l’altro “concertone” Senza che nessuno se ne accorga, Marco Mengoni inizia a diventare un alfiere di questa visione futuribile del pop. Succede con “Guerriero”, il primo singolo tratto dal disco che esce nel 2015. “Guerriero” è più o meno “La cura” in versione Tiziano Ferro, e si avvale dello stesso produttore di Tiziano Ferro (ma non del genio di Tiziano Ferro); di lì parte una stagione matta in cui il cielo è il solo limite. In giro se ne inizia a parlare come di una soft revolution. Mengoni non è quel che si dice un artista con una visione abbacinante – in effetti dà l’idea di uno che nel processo di produzione del disco non rompe troppo i coglioni e si limita a svolgere il proprio lavoro in maniera esemplare. Il fatto che un certo tipo di critica abbia adottato Mengoni testimonia più che altro lo sdoganamento di un certo modo di fare il pop, di un certo tipo di product placement, di un certo tipo di attenzione produttiva – in altre parole, il successo di Marco Mengoni è importante perché dice che è possibile produrre pop in batteria ma con suoni nuovi e più o meno eccitanti. E per certi versi da qui in poi Mengoni sparisce ancora di più: riservato in ogni aspetto che non riguardi il suo lavoro, sempre più adottato dallo zoccolo duro di fanatici, quasi sempre rilevante quando esce con un singolo. Non ricordo a memoria una sola canzone da lui cantata, e in questo somiglia decisamente alla maggioranza dei suoi colleghi (colleghi nel senso di popstar uscite dal giro talent show), ma a differenza dei suoi colleghi non sembra sostituibile. In questo ha una strana dimensione di indiscutibilità vascorossiana da artista che per il solo fatto di esistere regala qualcosa al proprio pubblico. Ci ho pensato di recente, vedendo uscire un suo video – non ricordo il titolo della canzone, ma il video plagia totalmente “This Is America” di Childish Gambino. Per chiunFIORELLA MANNOIA AL CARISPORT DI CESENA que altro uscire con una copia spudorata del video più discusso dell’anno precedente sarebbe stato improponibile, Mengoni ha potuto farlo senza fare una piega. ProbabilmenNon solo Mengoni. In maggio gli appassionati di musica italiana potranno ascoltare in te ha qualità che non riesco a percepire. Il suo appeal agli occhi di una certa nicchia delRomagna un’altra grande protagonista come Fiorella Mannoia, in concerto il 20 maggio al la critica pop è fondamentalmente intatto. La sua capacità di esistere in un’epoca così Carisport di Cesena per l’unica tappa romagnola del suo nuovo tour. volubile, a fronte di dischi e singoli quasi inesistenti, potrebbe essere oggetto di una tesi La celebre cantante presenterà il suo album “Personale”, uscito a fine marzo. di laurea. Potrebbe essere seduto dietro di me, in questo momento, mentre sto scrivendo questo pezzo.

[...] La sua capacità di esistere in un’epoca così volubile, a fronte di dischi quasi inesistenti, potrebbe essere oggetto di una tesi di laurea [...]


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rock internazionale/1

musica folk

LA GRANDE FESTA NELLE AIE DELLA COLLINA FAENTINA Dal 9 al 12 maggio a Castel Raniero

IL PUNK “MELODICO” DEGLI SVEDESI MILLENCOLIN Tra i gruppi simbolo della scena del cosiddetto punk (o hardcore) melodico degli anni novanta, tra i pochi europei a “contrastare” l’egemonia americana, gli svedesi Millencolin, con 25 anni di carriera alle spalle, saranno al Vidia di Cesena per una delle sole due date italiane del tour di presentazione del nuovo album.

ROCK INTERNAZIONALE/2 All’Hana-Bi il duo darkwave americano Boy Harsher Lo staff del Bronson in attesa del festival Beaches Brew di inizio giugno, in maggio propone al Bronson Cafè di Madonna dell’Albero il concerto degli inglesi Skinny Milk, duo garage-punk. Un altro duo, ma in questo caso tra minimal techno, synth-wave e industrial, è atteso al bagno Hana-Bi di Marina di Ravenna, domenica 26 maggio: dalle 18 gli americani Boy Harsher.

Al Sidro la band fondata dal batterista dei Motörhead Al Sidro di Savignano il 3 maggio concerto dei Little Villains, la band del leggendario batterista dei Motörhead, Philthy "Animal" Taylor, prematuramente scomparso. Per gli amanti di heavy e rock “duro”.

Torna sulle prime colline faentine l’atteso festival musicale (e non solo) “Musica nelle Aie”, in programma dal 9 al 12 maggio a Castel Raniero all’insegna del folk. I concerti principali: giovedì 9 dalle 21 i bolognesi Pneumatica Emiliano Romagnola (folk regionale) e, da Medicina, i Taverna De Rodas (tradizione popolare medicinese); venerdì 10 dalle 20.30 i Karagunes Quintet (musiche del Mediterraneo, dei Balcani e del Vicino Oriente) e dalle 21.45, da Chioggia, i Truma (folk popolare in dialetto veneziano); sabato 11 si parte con il concerto all’alba dei bolognesi Molinella Ocarina Group, che portano avanti la tradizione dell’ocarina, mentre la musica dal vivo torna dalle 15 con la presentazione di “Made in Romagna” di Vittorio Bonetti; dalle 20.30 gli ungheresi Mandula Zenekar proporranno un concerto dedicato alle tradizioni magiare, a seguire i calabresi Behike Moro e la musica balcanica rivisitata dalla popolare Eusebio Martinelli Gipsy Orkestar (nella foto) Domenica 12 maggio sarà come tradizione la giornata dedicata al concorso musicale “La musica nelle aie”, dalle 14, con oltre 20 gruppi folk da tutta Italia e non solo lungo un percorso “tra le aie” appunto. I concerti proseguiranno alle 18.30 con il Duo Trabadel (balli tradizionali romagnoli); dalle 20 le premiazioni e a seguire un “trebbo musicale improvvisato”, jam session aperta a tutti. Concerti a parte, si tratta di una grande festa popolare con incontri, spettacoli e stand gastronomici aperti anche a pranzo e tutto l’ara chiusa al traffico. Informazioni e programma completo sul sito www.musicanelleaie.it.


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l’intervista

Hugo Race e il sacro blues: «Ci connette con le esperienze più profonde dell’essere umano» Il cantautore australiano atteso al Boca Barranca: «Sono legato alla Romagna Nick Cave? Quando suonavamo insieme la musica rock era anche anarchia» Fa tappa l’11 maggio al Boca Barranca di Marina Romea il tour internazionale di Hugo Race, classe 1963, cantautore australiano membro anche dei Bad Seeds di Nick Cave ma che porta avanti una carriera solista (con collaborazioni e gruppi variabili) da ormai più di trent’anni. Il 26 aprile è uscito per Glitterhouse Records e Goddfellas il nuovo Taken By The Dream, registrato in collaborazione con i romagnoli Diego Sapignoli e Francesco Giampaoli, dei Sacri Cuori, che lo accompagneranno anche in tour insieme a Giovanni Ferrario, storico chitarrista degli Scisma (e anche di Pj Harvey). Nel tuo nuovo album ho trovato influenze che vanno dalla world music alla psichedelia, fino a un tocco a volte quasi morriconiano. Cosa credi ti abbia influenzato nella scrittura di questo disco? «Si può dire che gli ultimi 25 anni della mia vita musicale abbiano tutti portato alla realizzazione di Taken by the dream. Il modo in cui la musica e le parole sono evolute in questo album ha a che fare con qualsiasi altra cosa io abbia fatto. È molto difficile distinguere le influenze che attraversano il mio lavoro perché sono molto varie. Senza dubbio sono cresciuto ascoltando tantissima musica psichedelica, da quando ero un bambino. E allo stesso tempo ascoltavo anche folk-rock in stile americano, Mr. Bob Dylan e altri. Questi ascolti, uniti al rock, al prog, all’avanguardia, all’elettronica e soprattutto al blues, sono le mie principali influenze. Anche se quelle dirette sulle mie canzoni arrivano sempre da incontri personali, cose che sento in strada, fatti che avvengono in giro: gli eventi casuali hanno una potente influenza su di noi». Immagino quindi che i testi siano fondamentali... Come nascono le tue canzoni? «Parole e musica sono inseparabili. In genere comincio dalla musica per creare una cornice e dare un senso a ciò di cui parla quella canzone. Tengo interi diari di appunti, commenti e testi: creo da una sorta di caos mentale in cui musica e parole sono in un flusso, il mio studio è come un'esplosione di carta, cavi e strumenti. Mi è sempre interessato vedere dove va a finire una canzone: all’inizio è un mistero anche per me. Scrivere canzoni è come prendere ispirazione da un’altra dimensione e parte del mio lavoro è far sì che questo accada. Alcuni dei testi li ho scritti con la mia compagna: lei sente qualcosa su cui sto lavorando e inizia a dare suggerimenti e poi collaboriamo per finire la traccia. Ci divertiamo molto a scrivere insie-

me! E facciamo discussioni molto animate...». Siamo un giornale romagnolo e mi incuriosisce molto il tuo legame con la Romagna. E cosa ne pensi dell'Italia? «Sono ormai vent’anni che faccio base in Italia mentre lavoro in Europa. Ho relazioni ormai familiari in Italia che hanno fatto sì che iniziasse qui il mio tour. Essendo fatalista (come ribattezzato il gruppo che l’accompagna, Fatalists, ndr), ho sempre pensato che fosse in parte il mio destino vivere molta parte della mia esistenza in questo Paese. Sì, ho trascorso molto tempo anche in Romagna, molto bella, per via dei miei rapporti con i Sacri Cuori. Sono ormai dieci anni che abbiamo registrato il nostro primo disco insieme. Da allora abbimo fatto tour insieme in Europa, Italia e Australia e siamo in molti sensi una sorta di famiglia musicale. Taken by the dream è stato tutto registrato nello studio di Checco (Giampaoli dei Sacri Cuori, a Lido di Dante, ndr), il mixing è stato fatto a Catania, un’altra parte dell'Italia dove ho radici profonde perché ci ho vissuto molti anni». Ci sono gruppi italiani che apprezzi e che secondo te meriterebbero più successo, anche all’estero? «Come chiunque lavori nella musica, non ho idea del perché un artista o una band abbia successo e un'altra no, anche quando sono egualmente interessanti e potenti. C'è un elemento casuale nel modo in cui gli artisti raggiungono il successo perché è una combinazione di molte cose, principalmente fortuna. Quindi non faccio mai previsioni. Ma ci sono grandi artisti in Italia che meritano maggiore visibilità nel mondo e spero la otterranno. Mi sono molto divertito per esempio a lavorare ai nuovi album di Massimiliano Larocca (dove compare anche Enrico Gabrielli) e Cesare Basile. E poi uscirà presto un disco di Songs With Other Strangers, progetto che vede coinvolti Marta Collica dei Sepiatone, Cesare, Manuel e Rodrigo degli Afterhours...». Cos'è per te il blues? «Il blues per me è un tipo di musica biblico, nel senso che le radici culturali della musica moderna – che sia hip hop, pop o rock – prendono tutte linfa dal blues. E il blues è una sorta di fusione delle radici africane con il XX secolo. Credo che la ragione sia perché ci connette con le esperienze più profonde dell'essere umano e ci permette di arrivare all’essenza della natura stessa». Che ricordi hai dei Birthday Party e dei Bad Seeds? Come pensi abbiano influenzato la musica rock mondiale? In che rapporto sei rimasto con Nick Cave? «Ero nei Birthday Party nel momento in cui Rowland (il chitarrista Rowland S. Howard, ndr) aveva lasciato la band e Nick (Cave, ndr) stava cercando una nuova direzione. Questo mi ha permesso di capire a fondo sia i Birthday Party sia quelli che sono poi diventati i Bad Seeds. Sono stati la mia educazione adulta nel mondo della musica, ne ho scritto anche nel mio libro, Road Series. Quel periodo, all'inizio degli anni Ottanta, fu incredibilmente stimolante nel senso che c'era una tensione violenta tra le band e il pubblico, che dava alla musica un'energia e una ferocia cruda. È difficile immaginare una simile situazione nel 2019 perché la cultura è cambiata così tanto, la musica rock non ha più quel tipo di anarchia e vera rabbia. Tutti noi che siamo stati coinvolti in quel periodo siamo rimasti amici, ma la vita ci ha portati a prendere strade diverse e anche se ora non collaboriamo più sento ancora una buona intesa con Nick». Che tipo di concerti dobbiamo aspettarci dal nuovo tour? Cosa ricerchi in una performance live? «Presenteremo il nuovo album e anche brani dai precedenti. I Fatalists hanno l’incredibile capacità di creare atmosfera d’incanto, sognanti, non solo rock, ci piace davvero suonare insieme ed è sempre un modo nuovo di imparare. Sai, nella musica non si smette mai di imparare, non saprai mai tutto e puoi sempre andare più in profondità...». Luca Manservisi

A Marina Romea pure Diaframma, il leader dei Gomez e il mito Willie Nile Al Boca Barranca di Marina Romea la stagione dei concerti (sempre alle 23 e a ingresso gratuito) entra nel vivo in maggio. Venerdì 3 l’appuntamento è con una band che ha fatto la storia della new wave in Italia, i Diaframma del carismatico Federico Fiumani. Il 10 maggio atmosfere folk-rock con il cantautore inglese Ben Ottewell, leader e fondatore dei Gomez. Il giorno dopo sul palco Hugo Race (vedi intervista qui a fianco) mentre il 17 maggio appuntamento tra folk e blues con J. Sintoni e Antonio Gramentieri. Il mese del Boca si chiuderà il 31 maggio con una piccola leggenda del folk-rock underground newyorkese, Willie Nile (foto), di ritorno in Italia con full band dopo sette anni di assenza e alcuni tour acustici. Una carriera quasi quarantennale che ha fatto breccia nei cuori di molti artisti che ne hanno sempre lodato il talento come Bruce Springsteen, Lou Reed, Bono Vox e Billy Idol.

ROCK USA Al bagno Polka atmosfere sixties con The Shivas Tra i concerti in programma in maggio in spiaggia, da segnalare il 12 maggio al bagno Polka di Marina Romea quello degli americani The Shivas, per gli amanti di rock anni sessanta, psichedelia e surf music.

INDIE ITALIANO Anche gli Scudetto tra i concerti nelle aziende Prosegue “Ingranaggi musicali”, rassegna itinerante che propone all’ora dell’aperitivo concerti in varie aziende della Bassa Romagna lughese. Filo conduttore sarà anche la fotografia: un collettivo di giovani fotografi ha infatti esplorato le imprese durante i momenti di produzione e creato una mostra dedicata al lavoro. Il proggetto sarà affiancato dalle illustrazioni uniche e originali di Marco Nascosi. Gli eventi live, inoltre, sono introdotti da “olio per ingranaggi”, brevi speech radiofonici realizzati dai giovani speaker di Radio Sonora. Il programma prevede venerdì 3 maggio a Massa Lombarda la musica degli emiliani I Segreti alla Wasp di via Castelletto 104/106 (per gli appassionati dell’indiepop cantato in italiano). Venerdì 10 maggio l’appuntamento forse più atteso, alla Nuova Alfa Infissi di Sant’Agata sul Santerno, via San Vitale 88. In programma l’esibizione di Scudetto, una band formata dall'unione di Giacomo Laser (performer) e Alessandro Fiori (cantautore): il filo conduttore della loro musica è il calcio, declinato in vari contesti, con un’ambientazione electro-pop. Venerdì 17 maggio il festival si conclude a Conselice, alla CAB Massari di via Coronella 165. Dal vivo i Tropea, band ispirata dal pop inglese d’autore.


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LA ROMAGNA IN CUFFIA

MADE IN ROMAGNA Gli Shad Shadows al Cold Fest di Rimini coi francesi You Said Strange È uscito già da alcuni mesi ma merita assolutamente una segnalazione Nocturnal, il nuovo album degli Shad Shadows, progetto parallelo degli Schonwald, ossia il duo composto dai ravennati Luca Bandini e Alessandra Gismondi, qui alle prese con l’elettronica e canzoni tra synthpop, industrial e new wave anni 80. Gli Shad Shadows saranno protagonisti della seconda edizione del Cold Fest, in programma l’11 maggio al Life Club di Rimini. Sul palco anche i francesi You Said Strange (psych rock/shoegaze) gli italo-svizzeri Velvet Vega (darkwave/post punk) e i riminesi Sonic 3 (synth-punk).

I Ponzio Pilates presentano il loro esordio al Cisim di Lido Adriano Il 18 maggio al Cisim di Lido Adriano è in programma il “release party” dei Ponzio Pilates che con un concerto presentano il nuovo album, il primo “lungo” dopo l’acclamato Ep d’esordio Abiduga. S’intitola Sukate ed esce il 24 maggio per Brutture Moderne. I Ponzio Pilates sono tra le realtà più originali della scena musicale romagnola ma anche italiana, con il loro misto di musica psichedelica e “tropicale”, pop e sperimentazioni varie.

Tornano i Clever Square, dal vivo al mercato coperto di Cesena Il 24 maggio esce per Bronson Recordings il nuovo disco dei Clever Square, il progetto del ravennate (ora di stanza a Bologna) Giacomo D’Attorre, in soffitta dall’ormai lontano 2015. Omonimo, è il terzo album ufficiale della band, senza contare i primi due autoprodotti e i sei Ep che ne completano la produzione, sempre a cavallo tra indie e college rock americano degli anni ottanta e novanta, ispirata in particolare a gruppi come Pavement, Sebadoh o Guided By Voices. Nel nuovo album da segnalare anche la partecipazione di Adele Nigro degli acclamati Any Other. Il 23 maggio la presentazione in anteprima del disco con il concerto al mercato coperto di Cesena.

L’EVENTO

POGGIPOLLINI A CESENA Il 4 maggio a Cesena è in programma “Vetrine di musica”, una serata di spettacoli e concerti dal vivo in centro storico. Per quanto riguarda la musica dal vivo da segnalare i concerti dei Ridillo (funk-soul) e quello acustico di Federico Poggipollini, chitarrista celebre per la sua collaborazione con Ligabue.

La maturità dei Sunday Morning, con gli Stati Uniti nel cuore di Luca Manservisi

Ci si perde volentieri, dentro questo Four. E una volta perdute le coordinate, il rischio è quello di pensare di avere in cuffia un disco americano. Ed è questo forse il complimento più grande che si può fare ai cesenati Sunday Morning, non tanto perché malati di esterofilia, ma perché il loro suono sembra nascere proprio da lì. Non si sa se veramente “nelle praterie libere e infinite del Southwest, mentre alle spalle risuona il sound del fiume Mississippi” – come recita la cartella stampa, rendendo bene l’idea – ma di certo si sente tutto l’effetto che ha avuto sul cantante e leader della band, Andrea Cola, un periodo di alcuni mesi da assistente all’Esplanade Studio di New Orleans, al fianco di una leggenda come Daniel Lanois, dove sono state scritte alcune di queste 10 canzoni. Così come si sente l’influenza di Micah P. Hinson, di cui hanno aperto nel 2017 il tour italiano. O di altre band contemporanee che pescano a piene mani dalla tradizione del folk-rock americano, come gli Okkervil River, per esempio. O dei grandi classici, naturalmente, da Neil Young all’ultimo Johnny Cash, da Bob Dylan ai Big Star. Come si sarà capito, non è l’originalità quello che cercano i Sunday Morning, che con il loro quarto album raggiungono però la loro maturità artistica grazie a un suono più dilatato (ne è un manifesto l’iniziale, minimale, “If I Go”) e sognante (vedi “Dreamer”, non solo per il titolo). Un album dove le chitarre acustiche e il pianoforte prendono spesso il sopravvento (anche se non mancano momenti ritmati, come una quasi psichedelica “Power” o la piuttosto scolastica “Can’t Stand Still”), dove la voce di Cola tocca una profondità mai raggiunta (molto hinsoniana nella bella “May your heart”) e dove tutto il gruppo suona con un’amalgama invidiabile. Non se lo perdano gli amanti del genere.


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suoni CONSIGLI D’AUTORE

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l’intervista

Maestri anticonformisti da scoprire a cura di Aldo Becca *

Lottatori, versatili, visionari. Otto Maestri anticonformisti italiani da scoprire. Alla bellezza non serve alcun riflettore; essa stessa va come un bagliore, verdeggiando nel tempo oltre le persone che la generano o l'alimentano, seminando ovunque sia accolta. Cinque pianisti e compositori. Pier Marco Turchetti. Romagnolo, germanista e saggista. Si occupa di filosofia, di yoga, pratica arti marziali. Il suo album doppio Affecta, ispirato all'Etica di Spinoza, è un unicum sonoro per una cifra multipla che suona come un'autentica katana sul collo rigido di tanti accademismi. Non vi cullerà, né sarà persuasivo; spingerà forte su ossa nervi e muscoli come una intensissima seduta di shiatsu. I benefici seguiranno sfumando dal dolore, in un'esplosione di forza psicofisica. Matteo Zaccherini. Di giorno lo si incrocia con facilità per qualche strada della Romagna alla guida di veicoli simili a quelli che i futuristi chiamavano bolidi. Tra un restauro e l’altro c'è nella sua officina un cabina dove un pianoforte verticale è sempre pronto all'uso. La sera lo ritroverete a suonare spettinato e di spalle in un qualche jazz club proponendo in solo o accompagnato una serie di brani originali su cui ampio spazio ha l’improvvisazione, spesso ispirata alle opere di artisti visivi contemporanei (segnalo l'inseparabile Roberto Pagnani, collezionista di arte informale e pittore). È attualmente al lavoro per una prossima raccolta live, dove ruzzola il vero swing per evolversi nel futuro. Matteo Ramon Arevalos è un giovane pianista e compositore italo-americano e fa parte di una famiglia di talentuosi musicisti. Eccellente esecutore di brani di Olivier Messiaen, György Ligeti e Morton Feldman, è anche un richiesto compositore. Ha collaborato per anni con la compagnia teatrale Fanny & Alexander, ottenendo con loro per Ada, ciclo di 11 opere performative, il premio Ubu. Dagli anni '10 dopo svariati studi all'estero e un’attività intensa spesso oltre oceano, si è dedicato a collaborazioni con musicisti elettronici i cui esiti sono raccolti in una manciata di dischi che consiglio vivamente di ricercare e di ottenere. Fuori dalla Romagna, precisamente in Campania alle pendici del monte Somma vive e lavora Girolamo De Simone, una delle figure più rilevanti per la musica contemporanea italiana. Agitatore culturale, antiaccademico, curatore di festival come “L'incantesimo della soglia”, musicologo e critico di ampie vedute, è compositore straordinario della scuola napoletana di avanguardia. Per un primo passo nel suo universo musicale consiglio il meraviglioso Inni e antichi Canti, segnalo il recentissimo Monteverrdi Pianocloud per pianoforte, spinetta e calcolatore, e l’imperdibile lavoro a 4 mani su I Nastri Ritrovati di Luciano Cilio, che grazie a Girolamo da bozza è divenuto album, consegnandoci un’ulteriore eredità dell'amico compositore scomparso negli anni 70. Pietro Bonanno è un giovane didatta e musicista siciliano; insegna al liceo musicale di Palermo; collabora con etichette di musica classica e si dedica a soundwalking per i borghi abbandonati della sua terra. Bellissimi i suoi album per piano solo, perle sconosciute ai più. Di quest'anno è Il tempo dello splendore che segue a Komorebi e Lucintarsio. Intenso e rarefatto, etereo e luminoso; il suono del suo pianoforte è distillato da un silenzio in eptacromia, e riverbera benissimo ciò che penne e pennelli di talento non possono. Un percussionista. Ugo Rodolico è musicista, musicologo e didatta che vive e lavora in provincia di Salerno; macchina ritmica in essenziali ensemble jazz ha raccolto in Se lo parli lo suoni un metodo musicale innovativo e che sta ottenendo ottimi riscontri dai colleghi. Questo laboratorio ridisegna il concetto di partitura ritmica e ne fornisce nuove modalità di studio. Prendendo spunto dalla pratica orale della notazione musicale indiana e dagli accenti nelle sillabe di un verso poetico, è possibile sviluppare consapevolezza e immediatezza a fini compositivi, improvvisativi, didattici e terapeutici. Volete sentire come suona “la livella” di Totò o un sonetto di Shakespeare su piatti e tamburi? Due produttori. Giulio Accettulli è musicista, suona in duo con il gruppo T.I.R, è produttore discografico, partigiano di terza generazione e titolare di Ribéss Records, ultradecennale etichetta musicale di Santarcangelo fondata nella storica, strategica bottega del nonno che ha come motto il sostenere ciò che è “Sacro Contemporaneo”. Produce piccoli gioielli musicali destinati a resistere nel tempo. Niccolò Maria Zanzi, fotografo e poeta fin dalla tenera età è il factotum di NMZ Creative Bureau. Ispirato dalla mitica Pulcinoelefante, rileva vecchie macchine per la stampa calcografica e caratteri di piombo, con l’idea che la qualità non possa trascendere dal sudore, contro tutti i comodi dettami dell'era digitale. A breve presenterà il suo primo manufatto in tiratura limitatissima Non ancora silenzio, raccolta di versi cui partecipano 10 musicisti italiani dal Piemonte alla Sicilia. Qui potrete trovare anche qualche sillaba del sottoscritto...ma questa è l'inizio di un'altra storia. * Ravennate di 41 anni, Aldo Becca è “un cantautore e produttore musicale palustre appassionato di non troppa arte contemporanea e di luoghi e non luoghi dimenticati”

Pieralberto Valli in una foto di Marco Trinchillo

Quel disco lungo un anno «La musica, un atto di fede» L’originale progetto del cesenate Pieralberto Valli: «La Romagna ha un potere evocativo enorme: andrebbe solo ascoltata» Il cantautore cesenate (ma anche scrittore, traduttore e insegnante, ora di stanza a Roma) Pieralberto Valli è un nome di culto della scena alternativa italiana, grazie al suo lavoro nei Santo Barbaro (un progetto di folk sperimentale condiviso con Franco Naddei partito nel 2007 e durato poco più di un lustro) e a un disco di debutto (Atlas, nel 2017) in grado di unire il mondo del cantautorato colto a quelli del rock e dell’elettronica. Dallo scorso gennaio è tornato a pubblicare canzoni. Canzoni che comporranno il suo nuovo album, un disco in divenire, che impiegherà un anno esatto per svelarsi completamente (al momento sono quattro le tracce pubblicate del disco, che si chiamerà Numen). Com’è nata questa idea? «Ho sempre scritto e continuo a scrivere album. Mi serve l’idea globale di un suono, un colore, una materia per poter iniziare a scrivere. In questo caso l’idea mi è stata commissionata da Città di Ebla (la compagnia teatrale forlivese che organizza il festival Ipercorpo – vedi pagina 14 – dove Valli suonerà il 30 maggio, ndr) per uno spettacolo che abbiamo portato in scena a maggio 2018 sul tema del padre e del sacro. L’idea di diluire le uscite è venuta più tardi ed è dovuta alla presa di coscienza che presentare un corpo nella sua interezza è oggi fonte di sconcerto. Allora si presenta prima un dito, poi un braccio, poi un occhio e un pezzo di cuore. Nell'era della tecnica e della superficie, l'uomo nella sua complessità è un corpo osceno. Per la musica è lo stesso: non ci sono enzimi perché possa essere assimilata». Dai primi pezzi continua ad affascinarmi la tua ricerca sonora, paragonabile in Italia forse solo a Iosonouncane, se ci limitiamo a considerare l'ambito “canzone”. Quali sono i tuoi modelli, se ce ne sono? «Di questo ti ringrazio. Fatta eccezione per Ferretti, ho sempre guardato all'estero: Jason Molina, Sparklehorse, per dire, ma anche Blonde Redhead, Shannon Wright, Radiohead, ovviamente. In generale mi interessa chi usa la musica per la stessa funzione che cerco io. La musica ha tante funzioni possibili. Ci sono musica da festa, musica da ballo, musica da sottofondo, musica per pensare e per non pensare. Io inseguo l’infinito tunnel dell’abisso, il suono del contatto con la pancia, il ritmo ancestrale della devozione di chi percuote un tamburo perché alza gli occhi al cielo mentre si accendono le stelle». Quanto ha influito Roma nel tuo percorso solista e quanto ti ha influenzato invece la tua crescita in Romagna? «Roma è un magnete che catalizza l'energia che la circonda e se ne nutre, ma ha su di sé uno spesso strato di sale. È tanto santa quanto puttana. Di sicuro mi ha aiutato viverci quando è uscito il mio primo album ma, non essendo la mia patria spirituale, non è adatta alla scrittura. A Roma non avrei potuto scrivere niente. Mi sarebbe stata utile per allacciare contatti, per fare più concerti, per conoscere più persone influenti, ma onestamente sono tutte cose che mi importano meno di zero. Cerco di affondare le radici dove la terra ha nutrimento. Le mie radici sono qui, in questo lembo di terra tra l’Adriatico e gli Appennini. Forse è arrivato il momento di superare il nostro provincialismo: questa terra ha un potere evocativo enorme, una eredità pre-cristiana profondissima. Andrebbe solo ascoltata». Ci sono stati in questi anni apprezzamenti di critica o pubblico che ti hanno fatto particolarmente piacere? Cosa ti piacerebbe passasse, come “messaggio”, dalla tua musica? «Sì, la critica mi ha sempre voluto molto bene, ma so bene che il mondo guarda da un'altra parte e non me ne curo. Non scrivo per i critici e nemmeno per firmare autografi. Come dicevo prima, la musica che faccio ha una funzione, e quella funzione è rimanere in disparte, ma attraversare chi desidera essere attraversato. Ci sono persone che mi seguono da tanti anni, ci sono persone che si sono lasciate attraversare da quello che faccio, e mi hanno fatto da specchio. Ci sono persone che mi hanno presentato i propri figli, che mi hanno aperto la porta di casa solo per la musica che faccio. Questo è il senso di tutto. Non ce ne sono altri. L'apprezzamento dei critici va bene per fare un quadretto in salotto, ma non colora l'orizzonte. Non ho niente da insegnare; cerco solo di tenere in vita una cultura estinta, la memoria di un passaggio. E ogni album, ogni concerto, è un salto nel vuoto, un atto di fede. In una fase storica di grande paura e chiusura, in cui il microcosmo di ciascuno viene santificato e difeso, forse il messaggio è semplicemente questo: non temere di connettere il proprio cordone ombelicale a quello dell'altro, non temere di essere scoperti vulnerabili ma, al contrario, rendere la propria nudità un vanto. Non aver paura di sentire, di allagare ed essere allagati». (lu.ma.)



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il festival

I New York Voices e Massimo Ranieri. In basso, Marc Ribot

Richard Galliano, New York Voices, Marc Ribot: grandi ospiti internazionali al 46° Ravenna Jazz Tra i protagonisti della rassegna anche Massimo Ranieri, Enrico Rava e Paolo Fresu. Il programma giorno per giorno Ravenna Jazz arriva nel 2019 alla sua 46esima edizione: dieci giorni di musica, dal 3 al 12 maggio, con concerti diffusi tra teatro Alighieri, club e locali di Ravenna e dintorni. Organizza Jazz Network.

tisti che li hanno preparati nel corso di mesi nell’ambito del progetto didattico “Pazzi di Jazz”: Enrico Rava (tromba solista), Mauro Ottolini (direzione e trombone solista), Alien Dee (direzione e beatboxing), Tommaso Vittorini (direzione).

I concerti serali al teatro Alighieri Il 5 maggio, Massimo Ranieri, col suo “Malìa napoletana”, rivisiterà in chiave jazz i grandi classici della canzone napoletana. La Napoli by night del secondo dopoguerra rivivrà in questo incontro al vertice tra una delle voci più iconiche del pop italiano e un supergruppo con alcuni dei nomi più prestigiosi del jazz nazionale: Enrico Rava, Stefano Di Battista, Rita Marcotulli, Riccardo Fioravanti, Stefano Bagnoli. Paolo Fresu, Richard Galliano e Jan Lundgren fanno confluire nel progetto “Mare Nostrum” le tradizioni musicali dei loro paesi d’origine: i suoni del Mediterraneo, la canzone francese, il folclore svedese. “Mare Nostrum” è un jazz al passo coi tempi, dagli ampi orizzonti stilistici: lo si ascolterà l’11 maggio. Il 12 maggio, con i New York Voices, Ravenna Jazz completa la sua panoramica sui gruppi vocali più celebri in attività (dopo le presenze in passato dei Take Six e i Manhattan Transfer). L’amalgama degli stili è quanto mai enciclopedico: bop in versione vocalese, classici del jazz e del pop, musica brasiliana, classica e rhythm & blues trovano un comune denominatore nelle armonie canore elaborate e gli interventi solistici. Ci sarà invece una colonna portante della storia del jazz, Duke Ellington, al centro del programma della produzione originale “Pazzi di Jazz” Young Project, uno spettacolo debordante che sfida ogni razionalità con la sua immensa massa corale e orchestrale di ben 250 giovanissimi esecutori. Il 6 maggio, i baby musicisti saranno affidati alle cure dei grandi ar-

I concerti serali nei club La sezione “Ravenna 46° Jazz Club” riempie le serate lasciate libere dai grandi live all’Alighieri con una programmazione che inaugurerà l’intero festival: il solo del chitarrista Marc Ribot, guru della scena avanguardistica downtown di New York grazie anche alle sue frequentazioni altolocate (Elvis Costello, Tom Waits…), considerato tra i più grandi chitarristi di sempre (3 maggio al Bronson di Madonna dell’Albero). E dopo Ribot arriverà un altro chitarrista statunitense, Mark Lettieri. Proveniente dalla galassia degli Snarky Puppy, coi quali suona sin dal 2008, Lettieri sarà protagonista a tempo pieno il 4 maggio al Cisim di Lido Adriano: nel pomeriggio come docente dello storico workshop “Mister Jazz”, la sera in concerto col suo progetto “Things of That Nature”, un power trio tra funk e rock duro. Con il quintetto della cantante norvegese Rebekka Bakken ci si sintonizza su ben diverse frequenze musicali: il jazz si tinge di folk e di pop, con una forte impronta cantautorale (7 maggio, Teatro Socjale di Piangipane). L’8 maggio si ritorna al Cisim con il trio del pianista franco-israeliano Yaron Herman: il suo “Songs of the Degrees” si preannuncia come il ritorno al jazz puro di un artista che ha catapultato il pianismo basato sull’interplay in una dimensione futuristica. Il 9 maggio al Mama’s Club spazio alla musica a km 0: sul palco salirà il quartetto della cantante imolese Lisa Manara, con in più l’aggiunta solistica del sassofonista Alessandro Scala per un omaggio alla musica africana. Uno spettacolo dalla forte valenza rituale, ricco di contrasti espressivi e sostenuto da una forte presenza scenica sarà quello che avrà come protagonista la violinista e cantante cubana Yilian Cañizares. Il 10 maggio al Teatro Socjale col suo “Invocación” la Cañizares porrà sullo stesso piano le pronunce della musica cubana, jazz e classica, dando vita a un mix tra i generi colti e popolari. I concerti all’ora dell’aperitivo Sarà il Mar - Museo d’Arte della Città di Ravenna a ospitare, il 3 maggio, l’Aperitif inaugurale con il sassofonista Fabio Petretti e il suo “Trip of Melody”, tour musicale attraverso canzoni di varia provenienza. Il 4 maggio si brinderà in musica al Fresco Cocktails & Tapas con la cantante e multistrumentista Eloisa Atti e le canzoni pop-folk-jazz del suo “Walking the Edges”. Il 5, il chitarrista e cantante Paul Venturi porterà la sua “Solo Blues Experience” al Cairoli, tra melodie del Mississippi e sonorità meticcie. Il repertorio degli standard sarà rivisitato in maniera originale in “Standards My Way” dal chitarrista Marco Bovi, il 6 all’Albergo Ristorante Cantina Cappello. Le “Note di viaggio” del fisarmonicista Massimo Tagliata sono un percorso dal tango al jazz, passando per altri generi che hanno influenzato il celebre ritmo da ballo argentino (il 7 al Caffè del Ponte Marino). Il chitarrista e cantante Massimiliano ‘Moro’ Morini col suo “Forlì, England” proporrà il suo folk-pop ispirato agli eccentrici inglesi (l’8 al Fresco Cocktails & Tapas); l’iconoclasta, ironico, irriverente “Piano Punk Cabaret” del cantante e pianista Giacomo Toni è in programma il 9 al Cabiria wine bar. Alessandro Scala in “Sax for Porter” affronterà le immortali melodie di Cole Porter a tutto tenore (il 10 a Casa Spadoni). In “Make Me a Pallet on Your Floor”, il multistrumentista e cantante Enrico Farnedi si sofferma sulle canzoni della Grande Depressione statunitense degli anni successivi al 1929 (l’11 al Fellini Scalino Cinque). L’ultimo calice con musica sarà il 12 al Grand Italia lounge bar con “La voce oltre i confini”, un viaggio tra alcune hit del soul e del pop assieme alla cantante Lisa Manara.


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UN DISCO AL MESE

Il capolavoro “inspiegabile” di Bruno Dorella *

Miles Davis - Bitches Brew (1970) Doppio album, doppia puntata. Soprattutto se si parla di uno dei dischi più importanti di sempre, su cui sono state scritte decine di libri. Anche se potenzialmente sappiamo tutto ciò che è successo in quei memorabili tre giorni dell'agosto del 1969, in realtà l'alone di mistero magico che lo circonda resta forte. I motivi per cui questo album è così importante sono diversi. È considerato (a torto) il primo disco di “fusion”, ossia quel tentativo, in gran parte fallito, di fondere jazz e rock, in un momento in cui il jazz perdeva fascino tra i giovani in favore dell'ondata hippy esplosa col recente festival di Woodstock. Bitches Brew è una cosa più complessa, e, riascoltato oggi, fa persino ridere pensare che i puristi del jazz dell'epoca lo rinnegarono, non considerandolo nemmeno un disco jazz. Con le orecchie di oggi si fa, al contrario, abbastanza fatica a trovarne gli elementi rock. Se non in quegli assoli di chitarra distorta di John Mc Laughlin, che sono una relativa novità per l'epoca e che apriranno la strada ad una pletora di mostruosità solistico-masturbatorie che ancora oggi fanno storcere il naso alla parola fusion. È considerato (a torto) un disco pionieristico per l'utilizzo creativo dello studio di registrazione. Una mega jam session ripresa su tracce separate, su cui si è poi intervenuto a posteriori sui brani tagliando i nastri, effettando i singoli strumenti, creando artigianalmente dei loop, e via dicendo (il produttore è il celeberrimo Teo Macero). È un ambizioso tentativo di orchestrazione con ampio spazio all'improvvisazione e temi molto astratti per non dire inesistenti. Anche questa non è una novità. E allora perché questo disco è considerato così seminale, così fondativo? Per due motivi. Il primo è che da tutti questi elementi nasce un capolavoro in gran parte inspiegabile, quasi magico (ed ometto in questa sede la figura mistica di Miles Davis). Il secondo è che si tratta di un enorme successo commerciale. Sembra incredibile detto oggi, ma fu proprio così. Uno dei dischi jazz più venduti della storia. Vuol dire che Miles Davis ebbe il fiuto di farsi trovare al posto giusto nel momento giusto, grazie anche alla figura chiave di Clive Davis, neo direttore della Columbia. Si apre così l'incredibile epoca della fusion come genere di massa, con Miles star iconografica e i Weather Report che riempiono gli stadi. Era quello di cui il pubblico aveva bisogno in quel momento. E per ora ho brevemente inquadrato il contesto in cui nasce Bitches Brew. Il prossimo mese proverò almeno in parte a raccontarne la musica.

* Batterista di Bachi Da Pietra e OvO, chitarrista di Ronin e Tiresia, factotum come Jack Cannon, membro della Byzantium Experimental Orchestra, del GDG Modern Trio e dei Sigillum S, ex discografico, orgoglioso ravennate d'adozione.

donne/2 DONNE/1 L’omaggio di ?Alos a Emma Goldman, femminista anarchica È uscito in aprile in vinile e digitale, per le etichette Sangue Disken (Milano) e Cheap Satanism (Bruxelles), Coscienza di sé, nuovo Ep di ?Alos e Xabier Iriondo, celebre chitarrista degli Afterhours e con una carriera parallela nell’ambito della musica sperimentale. ?Alos è invece il nome d’arte della ravennate Stefania Pedretti, figura storica dell’underground italiano (grazie in particolare al progetto OvO, che divide con il “nostro” Bruno Dorella, che scrive ogni mese su queste pagine la rubrica qui a fianco) che si è sempre confrontata con tematiche femminili, ma mai in modo così esplicito come in questa occasione. Coscienza di sé, infatti – disco definito di “cyberpunk esoterico” – è interamente dedicato alla figura della femminista anarchica Emma Goldman, scrittrice e filosofa statunitense di origini russo-lituane, ritratta anche nella fotografia di copertina (con artwork di Stra). I testi delle cinque tracce del lavoro si rifanno direttamente alle sue parole, rivoluzionarie nel propagandare libero pensiero, anarchia e femminismo dalla fine dell’800 al 1940 ma purtroppo “necessarie” – sottolineano gli autori – persino nel presente. «Abbiamo iniziato a registrare i pezzi nel 2018, quando il femminismo stava riprendendo linfa vitale, anche grazie al movimento Non Una di Meno. Tutto, poi, è giunto a maturazione. Parecchie persone, incluse molte giovani femministe, non sanno neppure chi sia Emma Goldman. Ecco perché la sua figura deve essere assolutamente valorizzata. I concetti gridati dalla Goldman, cento anni fa, non sono mai stati così attuali. In questo momento storico è ancora più importante che nella musica si torni a parlare di politica». Pedretti suona i synth, canta, declama e urla (a differenza di come ci ha abituati, in italiano), con la voce elaborata attraverso un vocoder, Iriondo si concentra sul basso – la sua arma principale in questa avventura a due – e su una drum machine analogica dei primi anni 70.

LE SOAP GIRLS A FAENZA Fa tappa il 19 maggio al Clandestino di Faenza il tour delle Soap Girls, all’anagrafe le sorelle sudafricane Camille e Noemie Debray, che mescolano attitudine e suoni punk allo spirito del cabaret, portando avanti tematiche di emancipazione femminile Come si evince dalla foto, i loro show sono sempre molto provocatori e sopra le righe. Le artiste in passato hanno però anche denunciato aggressioni.

AFRICA Al Treesessanta di Gambettola un concerto che è un rituale adorcista con Ifriqiyya Èlectrique Il 26 maggio dalle 19 al Treesessanta di Gambettola concerto di Ifriqiyya Électrique. Non è il nome di una band ma di una sorta di “cerimonia adorcista” (che mira a favorire l’interazione con entità positive) post-industriale in cui s’incrociano le chitarre e le contaminazioni elettroniche dei Putan Club (un progetto targato François Cambuzat, una delle figure più influenti della scena punk indipendente degli ultimi vent’anni), con i riti di trance e possessione di Tarek Sultan, Yahia Chouchen e Youssef Ghazala, adepti della Banga, un rituale islamo-animista del deserto del Sahara tunisino. Da segnalare sempre al Treesessanta anche il ritorno della Notte dei Tamburi, il 18 maggio, con laboratori e, in serata, musiche di tradizione campana e dj-set.

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ROMAGNA &DINTORNI CULTURA

Testata del portale

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musica contemporanea

ALL’AREA SISMICA L’OMAGGIO A CLIFFORT THORNTON DEL QUARTETTO DI JOE MCPHEE Il 12 maggio l’Haiku Festival dedicato a Pierantonio Pezzinga

A FORLÌ “PIERINO E IL LUPO” CON ASCANIO CELESTINI A Forlì la stagione musicale 2019 termina il 4 maggio (alle 20.30) al teatro Fabbri con la prima assoluta della favola musicale “Pierino e il lupo”, in una versione riscritta ex novo da Ascanio Celestini, che sarà anche la voce recitante. Celestini sarà accompagnato dall’Orchestra del conservatorio Bruno Maderna di Cesena, diretta da Paolo Chiavacci.

CLASSICA/2 L’orchestra Verdi di Milano all’Alighieri di Ravenna L’appuntamento conclusivo (8 maggio) della stagione “Ravenna Musica” al teatro Alighieri vedrà sul palco ravennate l’Orchestra Sinfonica di Milano “Giuseppe Verdi”, diretta da Claus Peter Flor. Due le composizioni in programma: la prima, il Concerto n.2 per pianoforte e orchestra in si bemolle maggiore op.83 di Johannes Brahms, darà modo a Filippo Gorini, giovane pianista di origini ravennati, di mostrare la propria capacità interpretativa e la profondità di pensiero che il brano richiede; la seconda sarà, invece, quel manifesto di italianità che Felix Mendelssohn Bartholdy sintetizzò componendo la Sinfonia “Italiana” n.4 in la maggiore op.90.

Va in scena il 12 maggio dalle 18 al circolo Arci Area Sismica di Ravaldino in Monte (Forlì) una nuova edizione dell’Haiku Festival, dedicato alla memoria del giornalista musicale Pierantonio Pezzinga. Ad aprire la serata Antonio Raia, giovane musicista e improvvisatore napoletano, definitivamente esploso con “Asylum”, album pubblicato nel 2018 dalla Clean Feed Records dopo molte esperienze in studio e dal vivo al fianco di nomi come Chris Corsano, Adam Rudolph, Elio Martusciello, Alvin Curran, KenVandermark. Protagonista assoluto è il sax, suonato senza sovrastrutture né filtri. Raia sarà accompagnato da Renato Fiorito, fonico e compositore elettroacustico, attento regista del suono di questa performance. A seguire, in esclusiva italiana, il Clifford Thornton Memorial Quartet: nell’anno del suo 80esimo compleanno, Joe McPhee (foto) celebra la sua profonda amicizia con il leggendario Clifford Thornton con un concerto, in esclusiva per Area Sismica, dedicato alla sua figura, dove suonerà il trombone a pistone appartenuto a questo importante musicista afroamericano. La formazione scelta è quanto di più eclettico e siderale si possa immaginare, a partire dal batterista giapponese Makoto Sato, il sassofonista Daunik Lazro e Jean-Marc Foussat alle elettroniche, entrambi francesi. Ingresso 15 euro.


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l’intervista

«Nei lavori della Churchill una politica visionaria, femminista, ambientalista e attenta agli ultimi» La regista Giorgina Pi racconta il progetto teatrale intorno alla grande autrice britannica La compagnia romana Bluemotion attesa al Rasi di Ravenna con Settimo cielo, adattamento di Cloud 9 Due immagini tratte dallo spettacolo dei Bluemotion

Da più di tre anni la regista romana Giorgina Pi porta avanti un percorso di riscoperta e valorizzazione del lavoro di Caryl Churchill, tra le più importanti drammaturghe britanniche viventi. Se in patria la Churchill, classe ’38, è considerata quasi l’erede di Pinter, in Italia si è dovuto aspettare il lavoro della compagnia Bluemotion per poter vedere qualche suo spettacolo. Così è accaduto per Settimo cielo, adattamento dell'originale Cloud 9, uno dei lavori più “estremi” e importanti della Churchill, che è stato adattato in italiano per la prima volta dalla compagnia romana, ha debuttato lo scorso febbraio e sarà al Rasi di Ravenna il 4 maggio. Ma i Bluemotion (nei quali milita anche il ravennate Marco Cavalcoli) sono conosciuti anche per il loro impegno civile: da anni portano avanti la battaglia per tenere aperto lo spazio occupato dell'Angelo Mai, una ferita aperta e mai sanata nel panorama artistico capitolino. Settimo cielo è una tappa del progetto “Non normale, non rassicurante”, dedicato a Caryl Churchill. Che cosa vi ha colpito della sua opera, al punto da spingervi a dedicare gran parte del vostro tempo all'adattamento dei suoi testi? «Sì, Settimo Cielo fa parte di questo progetto, pensato dalla studiosa di teatro inglese Paola Bono insieme all’Angelo Mai. Il titolo del progetto è una definizione che la Churchill diede della scrittura drammaturgica e riassume i motivi della nostra passione. Ci troviamo di fronte a testi che impongono continue riflessioni sul presente, all’interno però di una fantasia sfrenata, imprevedibile. La Churchill è stata infatti definita “the mother of reinventions” per la sua capacità proteiforme nel cambiare di testo in testo ambientazioni, costruzioni temporali, esperimenti sul linguaggio. Abbiamo trovato nei suoi lavori una politica visionaria, femminista, ambientalista, attenta ai diritti degli ultimi e alle ferite della storia». Settimo cielo, che non era mai stato rappresentato in Italia, è stato scritto nel 1979 ed è considerato il capolavoro della Churchill. Ci può raccontare in breve che cosa racconta? «In Settimo cielo, grazie a una contrazione del tempo, i

personaggi vivono prima in epoca vittoriana, nell’Africa coloniale; poi nel 1979, nella Londra swinging della rivoluzione sessuale. Protagonista è una famiglia e il suo entourage: parenti, amici, conoscenti e amanti. Nel primo atto la Churchill usa il cross casting – un uomo interpreta una donna e viceversa, un bianco un nero. Questa prima parte è un girotondo di adulteri commessi e fantasticati, un intreccio di passioni che mette in ridicolo l’ideologia patriarcale e imperiale che li anima. Si ironizza sull’ipocrisia della censura vittoriana dei riferimenti sessuali, che aveva l'effetto collaterale di riempire la letteratura di sottotesti erotici. Si arriva a smentire il carattere trasgressivo dei rapporti omosessuali (incarnati da interpreti di sesso diverso) e a problematizzare quelli eterosessuali (affidati a interpreti dello stesso sesso)». E nel secondo atto? «Il cambiamento è la cifra del secondo atto, cercato attraverso la sperimentazione e l’interrogazione di sé. Coinvolge soprattutto quei soggetti che nel primo erano socialmente repressi: le donne e gli omosessuali. In una situazione in cui le concezioni di femminilità e mascolinità cominciano a non essere più rigidamente codificate e sono diventati legittimi orientamenti sessuali diversi, i personaggi si muovono incerti ma pronti a mettersi in questione e reinventarsi nelle relazioni. Soprattutto quelli che, invecchiati di soli 25 anni, portano in loro il vissuto delle norme vittoriane. Più consapevoli, si trovano ancora a dover fare i conti la naturalità di ruoli, comportamenti e inclinazioni dipendenti dal sesso biologico, del colore della pelle, della cultura in cui si è nati». Dall'Africa coloniale del 1879 alla Londra punk del 1979. Che cosa collega questi due universi così distanti? «La Churchill scrisse questo testo nel 1979 e fin da principio voleva ambientarne una parte nella sua contemporaneità. Volendo denunciare in Settimo Cielo la pervasività del colonialismo, inteso come esercizio mai estinto di potere storico e patriarcale, scelse di cominciare il racconto con l’Africa Vittoriana. Le sembrò effi-

«La Churchill è stata definita “the mother of reinventions” per la sua capacità proteiforme nel cambiare di testo in testo»

cace muovere la vicenda un secolo prima, per raccontare come ben poco fosse cambiato». Per questo ha definito Settimo cielo un'opera di “decolonizzazione”? «Gli uomini e le donne di questa storia sono dei transfughi, nei secoli e nei luoghi. Soggettività escluse, “impreviste”, per dirla con Lonzi e Fanon, che tentano tra un atto e l’altro un processo di liberazione dal colonialismo imposto sulle loro vite». Uno dei temi fondamentali di quest'opera è la ridefinizione dei ruoli sociali e delle identità personali. Oggi la politica europea sembra pervasa dalla retorica identitaria, che contrappone un noi a un loro, l'autoctono allo straniero. Come ci parla oggi il testo della Churcill? «Risuona ancora più potente forse, come le opere dei pensatori a cui fa riferimento: Frantz Fanon e Jean Genet. Quarant’anni dopo resta intatta l’ossessione di controllare i corpi, sempre e violentemente. Resta intatta l’urgenza di difendere la libertà di vivere come si vuole e non come si può. Le politiche del sesso sono tornate centrali per sciogliere ingiustizie di classe e condizionamenti di vita inaccettabili; con esse, le lotte delle donne e uomini dei movimenti LGBTIQ (lesbiche, gay, bisex, transgender, intersessuali, queer N.d.R.). Il rapporto tra sesso e potere attraversa ancora i nostri giorni, molto più di quello tra sesso ed espressione felice di sé. Ciò ci rende autori di quest’opera: del terzo atto, quello mai scritto». Ha dichiarato che un'aspetto dell'attualità del vostro lavoro sulla Churchill risiede nella possibilità di riflettere sul rapporto fra drammaturgia scritta e drammaturgia scenica. Come si esplicita questa riflessione? «I testi della Churchill restano sempre una griglia di partenza sulla quale lavoriamo attraverso molte improvvisazioni, ipotesi, scarti e rimontaggi. Un lavoro che a tratti mette da parte il testo per poi riprenderlo e affondare nei suoi meandri. Il testo diventa un oggetto che apre porte e non ne chiude; non limita, ma anzi stimola la creazione. Nei testi della Churchill molto spesso è previsto l’uso di musica e canzoni di cui lei stessa scrive i testi. Considerando che il nostro collettivo è composto da attori e musicisti, questa diventa un’ulteriore condizione di slancio creativo». Iacopo Gardelli


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Kepler-452 e Mariangela Gualtieri chiudono la rassegna “Un altro teatro” Appuntamenti il 12 e il 21 maggio al Diego Fabbri per F. Perdere le cose e Bello Mondo La stagione teatrale del Diego Fabbri di Forlì a maggio si conclude con gli ultimi appuntamenti di “Un altro teatro”, la stagione di teatro contemporaneo, costruita e realizzata in collaborazione con Città di Ebla/Ipercorpo 2019. La rassegna ospita alcuni artisti di caratura nazionale e internazionale, in grado di proporre visioni e ascolti attraverso la danza, la poesia, la scena che si fa soggetto pittorico, le forme più interessanti della nuova drammaturgia. Dopo gli appuntamenti di aprile, domenica 12 maggio alle 21 sarà la volta di una nuova collaborazione tra ERT Fondazione e Kepler–452 con la nuova produzione F. Perdere le cose, regia di Nicola Borghesi. Se nel precedente spettacolo, Giardino dei ciliegi, la perdita riguardava un

luogo fisico, in questo secondo spettacolo lo smarrimento si fa più ampio, pervasivo. Il fulcro del lavoro di Kepler452 è, da sempre, il rapporto con la realtà e con i cosiddetti “attori-mondo”, non professionisti del teatro coinvolti sulla scena non in virtù delle loro abilità teatrali, ma in quanto portatori di un mondo, di una storia. F. è qui un protagonista che non può entrare in scena, che non può nemmeno essere nominato per intero, ma indicato da una sola iniziale puntata: F., appunto. F. è una storia che nasce da un incontro avvenuto ai margini del tessuto urbano, là dove tende a sfrangiarsi, a farsi rarefatto e oscuro. L’ultimo appuntamento in programma (il 21 maggio alle 21) sarà poi Bello Mondo del Teatro Valdoca, rito sonoro di e con Mariangela Gualtieri. In Bello Mondo la

Gualtieri cuce versi tratti da Le giovani parole (Einaudi) e da raccolte precedenti, al fine di comporre una partitura ritmica che passa dall’allegretto al grave, dall’adagio fino al grande largo finale, col suo lungo e accorato ringraziamento al bello mondo, appunto, con la sua ancora percepibile meraviglia. La natura e le potenze arcaiche della natura sono in primo piano, con un “io” in ascolto delle minime venature di suono, con un “tu” al quale vengono rivolte parole d’amore, senza tuttavia trascurare la fatica del tenersi insieme. Una sezione particolarmente intensa è dedicata alla madre, in uno scambio in cui i ruoli sbiadiscono e si invertono, “in uno sbigottimento di fronte all’inspiegabile disimparare il mondo, allo scolorire dei connotati nella feroce e dolce vecchiaia, al suo insegnamento”.

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IPERCORPO A SAN GIACOMO TRA ARTE, MUSICA E PERFORMANCE PER “LA PRATICA QUOTIDIANA” A fine mese la XVI edizione del festival di Città di Ebla che poi proseguirà in giugno Il 30 e 31 maggio prime giornate della seconda tappa della XVI edizione del festival delle arti ideato da Città di Ebla, Ipercorpo, a Forlì dal titolo “La pratica quotidiana”. Dalle 19 del 30 maggio apre lo spazio d’incontro collocato nel quadrilatero esterno prospiciente la facciata della Chiesa di San Giacomo dove ci sarà la possibilità di bere e mangiare, ma ci saranno anche incontri e spettacoli. Alla stessa ora inaugura all’oratorio di San Sebastiano la Sezione Arte che reagisce alle suggestioni del titolo e non esaurisce in mostra, ma è un dispositivo in movimento, in costante evoluzione nei giorni del festival, uno spazio di lavoro quotidiano, dove le opere – in gran parte interventi site specific – costituiscono una specie di controcanto, di contrappunto, ad alcuni momenti dialogici. Tra gli appuntamenti “Il trattamento delle onde”, un ballo al suono delle campane per la coreografia di Claudia Castellucci, il contest di danza in video, lo spettacolo Generazione Glocale e i concerti di Pieralberto Valli (vedi p. 8) e Laura Agnusdei. Il giorno successivo, stessa formula ma con lo spettacolo alle 21 di Midnight Snack, performance notturna, di Silvia Costa – artista, regista e performer, propone un teatro visivo e poetico che si nutre di una ricerca profonda sull’immagine – e Claudio Rocchetti, che svolge da anni un lavoro di ricerca sul suono con strumenti analogici ed elettronici, basato sulla manipolazione dal vivo di hardware, giradischi, vari oggetti e fonti registrate. A seguire il concerto di Andrea Belfi. Il festival – che prevede anche una serie di attività per bambini e ragazzi – prosegue poi nelle giornate dell’1, 2, 8 e 18 giugno, come racconteremo sul prossimo numero del mensile.


scene / 15

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cesena

Valdoca e giovani talenti per Ecce Cor Meum: cinque brevi pièces teatrali Il 24 e 25 maggio alla Chiesa del Santo Spirito

Il 24 e 25 maggio a Cesena va in scena Ecce Cor Meum, Studi per un teatro nella Chiesa del Santo Spirito (via Milani 15). Per la seconda edizione di “Disgelo dei nomi” Teatro Valdoca si muove più decisamente nelle direzioni ispiratrici del progetto concertato con Ert nella messa in tensione cioè tra l’esperienza della compagnia e giovani talenti in grado di tentare un percorso artistico proprio. Si tratta dunque di un progetto coordinato dal Teatro Valdoca di e con Arianna Aragno, Elena Bastogi, Silvia Curreli, Daniele Cannella, Elena Griggio, Lucia Palladino, Alessandro Percuoco, Rossella Guidotti, Ondina Quadri, Piero Ramella, Marcus Richter, Alexia Sarantopoulou, Gianfranco Scisci, Stefania Ventura. «Abbiamo pensato – spiegano Mariangela Gualtieri e Cesare Ronconi – con Ecce cor meum di presentare al pubblico cesenate cinque brevi pièces teatrali, messe a punto da protagonisti che in questi ultimi anni hanno lavorato con noi. Si tratta di interpreti d’eccellenza, che qui – anche insieme ad altri collaboratori, scelti da loro – porteranno un proprio segno espressivo, un segno che pur discostandosi dalla nostra cifra e dal nostro modo di intendere il teatro, ci vede attenti e partecipi. Abbiamo estrema fiducia in queste ragazze e ragazzi e sappiamo che hanno fra le mani i semi del nuovo teatro, semi e segni forse ancora acerbi, ma schietti e messi a punto con impegno e maestria. Saranno due giornate non-stop, con brevi pièces teatrali e incontri, pensiero, letture, dialoghi sul presente e la sua ombra, sul futuro e le sue nebbie». Posti limitati.

ravenna

I BURATTINI “ARRIVANO DAL MARE!”, SEI GIORNI DI SPETTACOLI E NON SOLO La storica manifestazione di teatro di figura porterà in scena anche diverse anteprime nazionali Lo storico festival internazionale dei burattini e delle figure “Arrivano dal Mare!”, nato a Cervia e poi svoltosi per vari anni a Gambettola e dintorni, approda quest’anno a Ravenna e si svolge non più a fine estate, ma a maggio. E così la 44esima edizione sarà in scena dal 21 al 26 maggio, sotto la direzione artistica del Teatro del Drago-Famiglia d’arte Monticelli che proprio nel 2019 festeggia i 40 anni di attività (i Monticelli sono quinta generazione di burattinai, una delle famiglie d’arte più antiche d’Italia), con spettacoli per bambini e anche per adulti e anteprime nazionali come Pupazzi d’amore presentato dalla giovane compagnia all’Incirco, alcuni spettacoli portati per la prima volta in Italia come Vita d’ombre della compagnia “Le Strologhe-Carla Taglietti - sostenuto da un progetto di residenza artistica a Taiwan, o Haut Bass della compagnia francese Mains Fortes e tante nuove produzioni come Gianni e il Gigante, terzo capitolo della trilogia “Storia sulle spalle” del Teatro Delle Briciole di Parma e due spettacoli finalisti della rete di sostegno del teatri emergente Italiano IN BOX “la Classe” di Fabiana Iacozzilli/ CrAmPi e Maze della Compagnia tutta al femminile Unterwasser o come Creatures particulares dell’Argentino Roberto White, spettacolo che ha vinto numerosi premi internazionali per la sua visione fresca, divertente e contemporanea del teatro degli oggetti. Sulle famiglie d’Arte Italiane di Burattinai e Marionettisti si terrà il Convegno di interesse internazionale. Anche la mostra a Palazzo Rasponi dal titolo “In viaggio” sarà dedicata alla Famiglie d’arte e visitandola si potranno ammirare i pezzi provenienti dalle collezioni private di Marionette Colla, Burattini dei Ferrari, Marionette Accettella, Burattini Niemen, Marionette Lupi, Marionette e burattini Monticelli, Pupi della Famiglia Cuticchio. Info: 329.6664211 e www.arrivanodalmare.it.

INSERTO CENTRALE

Ristorante

Il Prato Dei Fiorentini di Marino Fiorentini & C. sas

Locale a gestione famigliare, con paste di produzione propria, carni fresche di qualità, piadina romagnola e fritta con formaggi e salumi nostrani. Funghi e tartufo!

SECONDA EDIZIONE A RAVENNA PER “POLIS” Dal 16 al 26 maggio torna a Ravenna “Polis”: il festival del teatro e della partecipazione e anche quest’anno all’interno di questo numero di R&D Cult i lettori troveranno quattro pagine di interviste e approfondimenti. Si tratta della seconda edizione di una manifestazione che favorisce l’incontro tra il teatro e la società attraverso molteplici azioni partecipative, portando in città le performance di grandi artisti e maestri, all’insegna dell’incontro fra generi e generazioni. Tra gli ospiti ci sono Ascanio Celestini, gli stessi organizzatori di ErosAntEros (nella foto), Valter Malosti / Gup Alcaro, Silvia Pasello e Ares Tavolazzi, Guido Viale, Marco De Marinis, Silvia Mei e Marzia Bondoli Nielsen.

APERTO dal mercoledì alla domenica e giorni festivi a pranzo, merenda e cena Via Cardello, 22 - Casola Valsenio (RA) - Tel. 333.8548936

www.ilpratodeifiorentini.it


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scene

bagnacavallo

Un calendario di eventi per restituire (finalmente) il Ridotto alla città Lo spazio teatrale era stato adibito a uffici Tra gli appuntamenti La Venera nera

maggio 2019

BAEDEKER

Guida teatrale per spettatori nomadi

Alcune sorprese da non perdere, aspettando i festival estivi di Iacopo Gardelli

Pamela Villoresi e Marco Scolastra, attesi al Goldoni

Maggio è una strana parentesi nel lunario teatrale. Le stagioni sono quasi tutte finite (ma perché?) e i festival estivi non sono ancora iniziati. Di solito bisogna cercare al lumicino qualche appuntamento interessante, rovistare nella provincia. Ma subito spuntano le sorprese.

La restituzione alla città di Bagnacavallo del ridotto del teatro Goldoni viene celebrata con un programma di eventi che proseguono fino al 19 maggio. In particolare lo spazio è stato oggetto di lavori di recupero come la rimozione di diverse tramezzature e interventi di ristrutturazione che hanno reso fruibile il grande locale rettangolare centrale, che ospiterà rappresentazioni con il pubblico, mentre le tre stanze adiacenti potranno essere utilizzate per eventi espositivi. Ecco intanto gli appuntamenti di maggio. Il 2 spazio al teatro con il racconto gotico La venere nera di Liliana Letterese (nella foto), prima nazionale di questa nuova produzione targata Accademia Perduta/Baule Volante. L’attrice sarà accompagnata al violoncello da Matilde Lotti. “La porta del paradiso” è il titolo del concerto proposto sabato 4 maggio dall’ensemble Accademia Bizantina, che con il maestro Ottavio Dantone al clavicembalo e il contralto Delphine Galou offrirà una panoramica dello stile vocale da camera e operistico del Settecento. Martedì 7 maggio Claudio Casadio (voce), Stefanno Nanni (pianoforte) e Roberto Bartoli (contrabbasso) presenteranno Voci e suoni di Romagna, un viaggio poetico, narrativo e musicale da e per la Romagna. Un altro viaggio, questa volta verso le valli del Terzo Mondo o nelle terre delle mafie, sarà raccontato mercoledì 8 maggio da Elisabetta Antognoni e Nello Ferrieri di Cinemovel, che assieme a Enzo Bevar illustreranno la fantastica avventura del cinema itinerante. Domenica 12 maggio al Ridotto sarà ospite l’attrice Pamela Villoresi con La musica dell’anima, ritratto di Eleonora Duse tra le note della sua epoca di Maria Letizia Compatangelo, con al pianoforte Marco Scolastra. Il sentimento della parola è il titolo dell’incontro di lunedì 13 maggio dedicato a Roberto De Monticelli, a cura di Guido De Monticelli e Roberta Arcelloni in occasione della donazione a La Bottega dello Sguardo di Bagnacavallo di un ricco fondo dalla biblioteca del grande critico teatrale. Domenica 19 maggio la rassegna si chiuderà con un intero pomeriggio dedicato ai più piccoli. Dalle 16.30 e fino a sera andrà in scena il Gran Varietà dei burattini, tanti spettacoli in successione in occasione dei quarant’anni del Teatro del Drago della storica Famiglia Monticelli.

Di “Polis”, il festival curato da ErosAntEros, si è già detto. Giunta alla seconda edizione, la rassegna di Agata Tomsic e Davide Sacco congiunge perfettamente la chiusura della Stagione dei Teatri con l'inizio dei grandi appuntamenti del Ravenna Festival. Un festival-giuntura graditissimo, che va a riempire un vuoto stagionale con personaggi del calibro di Ascanio Celestini, il 16 maggio all'Alighieri con Laika; di Valter Malosti, con Lo stupro di Lucrezia, al Rasi il 25; e con i padroni di casa, gli ErosAntEros, che il 23 maggio, sempre al Rasi, portano il loro nuovo spettacolo Vogliamo tutto!, dedicato al '68. Ma “Polis” è molto di più: incontri, presentazioni di libri, biglietti sospesi. Insomma, tenetelo d'occhio (e guardate l’inserto centrale). Altro appuntamento fortemente consigliato, di cui si è già parlato in questo numero, è Settimo cielo dei Bluemotion, che il 4 maggio chiude la stagione teatrale ravennate al Rasi. La romana Giorgina Pi indaga ancora sulla drammaturgia di Caryl Churchill, affrontando questa volta un testo del 1979, che de-costruisce l'ideologia della società vittoriana inglese mettendo in discussione ruoli, rapporti di potere e analizzando gli strascichi segreti del colonialismo. A sorpresa, il 12 maggio, il Diego Fabbri di Forlì ospita l'ultima produzione del giovane gruppo bolognese Kepler-452, F. Perdere le cose. Spettacolo stralunato, sospeso fra ironia leggera e poesia, proprio come i suoi autori: Paola Aiello, Nicola Borghesi ed Enrico Baraldi. Il tentativo è quello di portare la realtà sul palco attraverso il racconto della vita di un senzatetto di Bologna: esperimento interessante, freschissimo, che lascia intravedere una possibile via di svecchiamento generazionale del panorama italiano. La stessa domenica 12 maggio, sempre alle 21, l'appena restaurato Ridotto del Goldoni di Bagnacavallo ospita una delle più grandi attrici italiane, Pamela Villoresi. L'attrice interpreterà un testo di Maria Letizia Compatangelo dedicato ad Eleonora Duse, La musica dell'anima. Al pianoforte, Marco Scolastra. L'incontro è gratuito fino ad esaurimento posti, quindi veloci. Concludiamo a Cesena, dove la collaborazione fra Teatro Valdoca ed Ert già dall'anno scorso si concretizza in appuntamenti speciali, intitolati “Disgelo dei nomi” - lo zampino di Mariangela Gualtieri è evidente sin dal titolo. Quest'anno saranno ben cinque le brevi pièces teatrali raccolte sotto il titolo di Ecce cor meum. Andranno in scena nella Chiesa del Santo Spirito, il 24 e 25 maggio; gli artisti, quasi tutti giovani e collaboratori del Teatro Valdoca, presenteranno gli studi di nuovi lavori. Tra di loro anche la greca Alexia Sarantopoulou, della compagnia Nova Melancholia, recentemente vista all'Almagià in una bella prova fra teatro e danza dedicata Rosa Luxemburg.



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scene monologhi/1

maggio 2019

monologhi/2

ROBERTO MERCADINI TRA DIVERSAMENTE DISABILI E STORIE SOTTOCOPERTA DI MARINAI Gli appuntamenti con l’autore e interprete cesenate a Montescudo e al Museo della Marineria a Cesenatico

Bergonzoni e l’invito a “trascendere e salire” In scena al teatro Alighieri il 9 maggio Sarà la comicità colta e lunare di Alessandro Bergonzoni a chiudere la stagione di comico all’Alighieri di Ravenna, giovedì 9 maggio con lo spettacolo Trascendi e sali di cui è anche autore e co-regista insieme a Riccardo Rodolfi. Trascendi e sali: un consiglio ma anche un comando. O forse una constatazione dovuta a una esperienza vissuta o solo un pensiero da sviluppare o da racchiudere all’interno di un concetto più complesso. Perché in fin dei conti Alessandro Bergonzoni in tutto il suo percorso artistico, che in questi anni l’ha portato oltre che nei teatri, nei cinema e in radio, nelle pinacoteche nazionali, nelle carceri, nelle corsie degli ospedali, nelle scuole e nelle università, sulle pagine di giornali quotidiani e settimanali, nelle gallerie d’arte e nelle piazze grandi e piccole dei principali festival culturali, Bergonzoni è diventato un “sistema artistico” complesso che produce e realizza le sue idee in svariate discipline per, alla fine, metabolizzare tutto e ripartire da un’altra parte facendo tesoro dell’esperienza acquisita. E tutto questo a un autore che non ha rinunciato alla sua matrice comica, mai satirica, aggiunge un’ulteriore complessità per il suo quindicesimo debutto teatrale. Trascendi e sali arriva infatti dopo Urge e Nessi, spettacoli che hanno inciso profondamente Bergonzoni, in tutti i sensi, aprendogli artisticamente e socialmente strade sempre più intricate e necessarie.

L’instancabile e poliedrico Roberto Mercadini, autore e interprete di monologhi sui più svariati temi, sarà al solito protagonista di numerose date in Romagna con anche alcuni lavori meno visti. Oltre alla serata di chiusura de “La Bellezza delle Parole” a Cesena (vedi pagina 25), lo si potrà infatti vedere anche il 26 maggio al Teatro Rosaspina di Montescudo-Monte Colombo alle 18 (a ingresso libero) in occasione della Giornata del caregiver familiare con lo spettacolo Diversamente disabili - storie e pensieri sulla disabilità. «Prima si usava la parola “handicappati” – scrive l’artista cesenate – Poi questa parola è sembrata offensiva. E si è cominciato a dire “portatori di handicap”. Poi è sembrato offensivo. Allora si è passati a “disabili”. Poi, dopo un po', anche questo è sembrato offensivo. Lo si è sostituito con “diversamente abili”. Ma non sarà che, invece di cambiare il nostro modo di parlare, dobbiamo cambiare il modo di pensare? E, con esso, il modo di agire, magari. Non sarà che, su certi temi, la stragrande maggioranza di noi ha un modo un po' strampalato e inadatto di ragionare che, alla lunga, fa sembrare inadatte tutte le parole?». Nei giorni precedenti, il 24 e il 25 maggio (con tre repliche alle 20.30, 21.30 e 22.30) sarà al Museo della Marineria di Cesenatico con Sottocoperta, racconto inedito nella stiva di un trabaccolo. Si tratta di una breve narrazione inedita. Il luogo è l’interno del trabaccolo al Museo della Marineria di Cesenatico. Quindi l’evento si tiene sotto il ponte di coperta dell’imbarcazione (sottocoperta, appunto). Prenotazione obbligatoria. Biglietto a 10 euro. Info e prenotazioni: 349 53 84 058. Il monologo è parte della rassegna di teatro off “Racconti Sottosopra”.


inserto speciale / I

UN PROGETTO DI maggio 2019

Regione Emilia Romagna

IN COLLABORAZIONE CON

Comune di Ravenna Assessorato alla cultura

IL PROGETTO

Festival Polis, per una idea di teatro popolare di ricerca Seconda edizione della rassegna “immaginata” da ErosAntEros a Ravenna con la partecipazione di un pubblico di cittadini sempre più attivi e consapevoli «Il teatro si giustifica solo se è il paradigma dell’abbattimento delle differenze economiche e culturali, se ha la potenza di trasformare se stesso e gli altri, insieme agli altri, senza abbassare la propria arte» scriveva Leo de Berardinis, una ventina di anni fa, provando a dar forma alla propria idea di teatro popolare di ricerca. In questa seconda edizione di “Polis Teatro Festival”, sono le sue parole a farci da faro nel seminare collaborazioni e attività partecipative per ritrovare il senso dell’arte teatrale nel rapporto con il suo elemento fondamentale: lo spettatore, cittadino attivo della nostra polis ideale. Ma come? Coinvolgendo la cittadinanza attraverso una chiamata pubblica ai Politai (i volontari del festival); attivando un progetto di Biglietti sospesi per consentire a tutti l’accesso alla cultura teatrale; lanciando una campagna di crowdfunding a sostegno del festival e dei suoi progetti partecipativi; organizzando Lo sguardo in opera. laboratorio di scrittura critica e creativa per gli studenti del campus di Ravenna; e con Parteci-Polis, il progetto che l’anno scorso ha stimolato centinaia di spettatori a condividere le proprie riflessioni sugli spettacoli in programma e sul festival in generale. Emblema di questa edizione è una donna combattente, una brigantessa, che ha scelto il brigantaggio come forma estrema di protesta, come noi scegliamo il teatro come forma di resistenza culturale. Come lei, crediamo che sia ora di

armarci fino ai denti, ma di cultura. E poi c’è il programma che abbiamo preparato per voi. Ancora una volta all’insegna del teatro d’arte, senza paura di mescolare generi e generazioni, sia di artisti che di spettatori. Si parte il 16 maggio al Teatro Alighieri con Laika, il canto degli ultimi di Ascanio Celestini con il fisarmonicista Gianluca Casadei, per proseguire la settimana successiva al Teatro Rasi con Vogliamo tutto!, l’ultimo spettacolo di ErosAntEros sul Sessantotto e i movimenti contemporanei, Lo stupro di Lucrezia, che riporta a Ravenna Valter Malosti in un affondo nei versi di Shakespeare assieme al musicista Gup Alcaro, Amor morto. Concerto mistico, omaggio a Carmelo Bene di Silvia Pasello e Ares Tavolazzi e Meeting Your Eyes il nuovo progetto partecipativo di Marzia Bondoli Nielsen. Il festival si conclude con una giornata di studi e incontri alla Biblioteca Classense, riflettendo su performance e politica con il professore e studioso Marco De Marinis, 19682018 e oltre con Guido Viale, per finire ancora una volta all’insegna della partecipazione degli spettatori con le opere di Marzia Bondoli Nielsen, la restituzione del laboratorio Lo sguardo in opera a cura di Silvia Mei e il dibattito a partire dai commenti di Parteci-Polis che li vedono veri protagonisti. ErosAntEros/Agata Tomsic e Davide Sacco

EVENTI E PROTAGONISTI

GIORNO PER GIORNO IL CARTELLONE DI POLIS TEATRO FESTIVAL 2019 16 MAGGIO - ORE 21 - TEATRO ALIGHIERI Ascanio Celestini in Laika GIOVEDÌ

23 MAGGIO - ORE 21 TEATRO RASI ErosAntEros in Vogliamo tutto! in collaborazione con La Stagione dei Teatri/Ravenna Teatro GIOVEDÌ

24 MAGGIO - ORE 21 - TEATRO RASI Valter Malosti / G.U.P. Alcaro in Lo stupro di Lucrezia prima dello spettacolo Marzia Bondoli Nielsen in Meeting Your Eyes VENERDÌ

25 MAGGIO- ORE 21 - TEATRO RASI Silvia Pasello / Ares Tavolazzi in Amor morto. Concerto mistico prima dello spettacolo Marzia Bondoli Nielsen in Meeting Your Eyes SABATO

26 MAGGIO - SALA MURATORI BIBLIOTECA CLASSENSE 16: “Per una politica della performance”, incontro a cura di Marco De Marinis ORE 17: “Non è che un inizio, la lotta continua“, dialogo con Guido Viale e ErosAntEros su 1968-2018 e oltre ORE 18: “La fotografia nell’incontro con lo spettatore”, presentazione del libro d’artista Spectator e documentazione di Meeting Your Eyes ORE 18.30: “Lo sguardo in opera”, restituzione del laboratorio di scrittura critica e creativa a cura di Silvia Mei; a seguire Parteci-Polis DOMENICA

ORE

Ritratto di Agata Tomsic e Davide Sacco ovvero ErosAntEros. In alto a sinistra, l’immagine del festival Polis 2019 disegnata da Gianluca Costantini


II maggio 2019

NUOVA PRODUZIONE

INTERVISTA/1

Vogliamo tutto! dal ‘68 ad oggi

Ares Tavolazzi e la mistica sonora del contrabbasso

Dopo il debutto a Torino e le repliche in Lussemburgo arriva a Ravenna il 23 maggio l’ultimo lavoro di ricerca di ErosAntEros

Il musicista, noto per la sua militanza negli Area, è in scena con l’attrice Silvia Pasello per un “concerto” teatrale dedicato al grande Carmelo Bene

Un fantasma si aggira sul palcoscenico (e nel mondo), direbbe qualcuno, chi con nostalgia chi con soddisfatto raccapriccio. Ha gli indumenti di un contemporaneo manifestante (un Black Bloc?) ma si muove su slogan che si credevano dimenticati a partire da uno speranzoso “l'immaginazione al potere”. Sembra una scommessa destinata ad essere persa, come quella della solitudine della protagonista, la scommessa di ritrovare in quelle parole di allora e in questi gesti di oggi qualcosa di permanente che li accomuna fino ad unirli, qualcosa che appartiene all'uomo al di là del contesto e della contingenza storica. Vogliamo tutto! è uno spettacolo sul 68 ma è soprattutto una drammaturgia sull'oggi, sul qui e ora del teatro che si confronta con la sua comunità, talora surrogandola nelle sue cadute e sostituendola nei suoi oblii, vuole dunque essere la tappa di una ricerca sul senso che il teatro ha, può e deve avere come compagno nel cammino nostro nella storia, una ricerca che di per sé e già una affermazione. Non tanto cos'è il 68, cosa che riguarda gli storici, ma piuttosto dove è radicato (se ancora lo è) oggi e dove si abbevera e si alimenta con tutte le metamorfosi che conduce con sé. Una indagine “estetica” dunque, e un paradosso che transita in scena. I due giovani drammaturghi, Davide Sacco e Agata Tomsic che sono ErosAntEros; mescolano e sintetizzano con bravura diversi e contrapposti linguaggi che trovano sintesi in una narrazione che ha nella parola il suo inevitabile baricentro e nella musica il suo orizzonte e la sua prospettiva significante. Così la scommessa è vinta e la efficace presenza scenica di Agata Tomsic, più che un io narrante una fantasmagoria di suggestioni senza identità assecondata e sottolineata anche dai mutamenti tonali della recitazione, ne è protagonista. La contrapposizione dei linguaggi produce infatti un efficace effetto straniante che mescola le suggestioni del passato con le assenze di un presente che, superato il fordismo del lavoro in fabbrica, si trova disperso in una prigione virtuale ben più oppressiva. Uno spettacolo interessante, non tanto per l'originalità della costruzione scenica, quanto per il tentativo di annodare un rapporto con la comunità, per riconquistarne gramscianamente una egemonia che da quei lontani giorni di 50 anni fa sembra irrimediabilmente perduta. Un gesto positivo che forse troverà una risposta, come si augura la drammaturgia nella sua conclusione, ma, se ci sarà, sarà credo una risposta in forme e con modalità diverse, temute forse ma certo inaspettate. Maria Dolores Pesce [recensione pubblicata nel novembre 2018 sul sito http://www.dramma.it/]

Ares Tavolazzi è uno dei nomi che ha fatto la storia della musica italiana, stando spesso nelle retrovie. Per molti resta semplicemente il bassista degli Area, uno dei gruppi più avventurosi del panorama del progressive rock e non solo, ma Tavolazzi può vantare una carriera cinquantennale che lo ha visto collaborare anche con mostri sacri come Francesco Guccini, Paolo Conte, Mina o Lucio Battisti, fino agli anni più recenti con Vinicio Capossela, passando dalla musica sperimentale al pop, con una predilezione per il mondo del jazz, che lo vede ancora grande protagonista. 71 anni da compiere tra poco, Tavolazzi continua a fare musica senza curarsi troppo degli steccati, aderendo a progetti diversi tra loro e trovando ora nuova linfa anche nel teatro. Sabato 25 maggio nell'ambito del Festival Polis sarà al teatro Rasi di Ravenna con la pluripremiata attrice Silvia Pasello in Amor morto. Concerto mistico, spettacolo dedicato al grande Carmelo Bene. Come è nato questo progetto? «Come un omaggio a Carmelo Bene, in occasione di un evento a Perugia (ideato e realizzato dal saggista Piergiorgio Giacché nel settembre del 2017, ndr). Con Silvia (Pasello, ndr), che è la vera protagonista dello spettacolo (e con cui Tavolazzi ha già collaborato in passato, ndr) abbiamo analizzato alcuni testi che ho cercato di rendere dal punto di vista musicale, con un effetto direi piuttosto mistico, come da titolo, ispirato da una delle estasi di Maria Maddalena de' Pazzi, Amor morto». Che rapporto ha con il teatro? Lo frequentava anche da spettatore? «Non molto. Tutto è iniziato anni fa grazie all'amicizia con Roberto Bacci di Pontedera Teatro (Tavolazzi vive a Pontedera, ndr) che mi ha coinvolto per primo nella realizzazione delle musiche per spettacoli. Si è trattato di una sfida professionale, un lavoro diverso dal solito, su cui ho dovuto concentrarmi per creare paesaggi sonori in grado di accompagnare testi scritti da altri, molto stimolante». E come reagisce il pubblico del teatro, a differenza dei concerti? «Spesso non sono presente agli spettacoli, la mia musica è registrata, a meno che non siano progetti speciali come quello con Silvia Pasello, che accompagno dal vivo. I concerti, in generale, restano ancora l'aspetto più importante del mio lavoro». Nuovi progetti musicali in arrivo? Proseguirà la reunion degli Area? «No, la reunion (con cui i membri originali nel 2010 avevano riportato in tour la musica degli Area senza volutamente sostituire il cantante Demetrio Stratos, morto come noto nel 1979 a soli 34 anni, ndr) non proseguirà. Lo spirito degli Area continua in qualche modo a vivere con l’Area Open Project di Patrizio Fariselli, che però è molto diverso da una reunion». Che cosa ricorda di quell'avventura. E crede che qualcuno abbia raccolto l'eredità degli Area nel mondo musicale italiano? «È stato un periodo fondamentale della mia vita e della mia carriera, che mi ha permesso innanzitutto di scoprire cose nuove, di crescere. A dire la verità non mi pare che davvero qualcuno abbia seguito le nostre orme. Anche perché è cambiato il modo di fare musica. Noi davvero la facevamo senza alcuno scopo commerciale, gli Area facevano musica per sperimentare, a fini solamente artistici. Oggi mi pare che non esistano gruppi così, almeno di così rilevanti…». E che ricordo ha di Demetrio Stratos? «Quando me lo chiedono non ho particolari aneddoti da rivelare, era uno di noi, un ragazzo con cui si stava bene. Dal punto di vista professionale, invece, era davvero incredibile, la sua voce era uno strumento in più, qualcosa di mai sentito e irripetibile». E lei che rapporto ha con il suo? Il contrabbasso è uno strumento molto "fisico"… «Sicuramente ci passo molto, molto tempo. E non solo per suonarlo, anzi. La maggior parte del tempo lo impiego a montarlo e smontarlo e rimontarlo. A cercare di ricostruirlo per trovare il suono che più mi aggrada…». Luca Manservisi

BIOGRAFIA ARTISTICA Silvia Pasello, una carriera da attrice e regista, fra premi Ubu e Duse Silvia Pasello inizia la formazione come attrice al Teatro Nucleo di Ferrara. Nel 1980 fa parte del progetto biennale di ricerca “L’eresia del teatro: Stanislawskij”, organizzato dal C.S.R.T. di Pontedera, che apre ad incontri con maestri di diverse tradizioni, come Jerzj Sthur, Marisa Fabbri, Ingemar Lindh, Ryzard Cieslak. Segue il lavoro di Lindh con una serie di dimostrazioni di lavoro in Italia e negli Usa. Come attrice ha lavorato, tra gli altri, con Roberto Bacci, Alfonso Santagata, Thierry Salmon, Raul Ruiz, Gerald Thomas, Celina Sodrè, Carmelo Bene, Chiara Guidi e Romeo Castellucci, Valentina Capone, Luisa Pasello e Virgilio Sieni. Nel 1986 riceve il Premio Ubu, con la sorella Luisa, per l’interpretazione di A. da Agata, regia di Thierry Salmon; nel 1990 il Premio Eleonora Duse per La mite; nel 1997 di nuovo il Premio Ubu per Macbeth Horror Suite per la regia di Carmelo Bene, e replica l’anno successivo, insieme a tutto il cast femminile di Temiscira 3, diretta nuovamente da Salmon. Come regista dirige gli spettacoli Family Voices (1994); Senza diritto d’autore(1998); Rut (2002); Il cantico dei cantici (2004); Il Castello (2008); Il vuoto delle cornici e degli specchi (2010) per l’istituto dell’Attore a Rio de Janeiro; KStudio (2010) e L’angelo dell’inverno (2011), ispirato al Canto del cigno di Cechov. Nel corso degli anni elabora progetti di ricerca e pedagogia teatrale in diversi Paesi del mondo.


III maggio 2019

INTERVISTA/2

Laika, racconto del sacrificio degli ultimi «bersagli delle battaglie più miserabili» A tu per tu con Ascanio Celestini, sul suo spettacolo che apre il festival Polis, dedicato a «chi vive ai margini dei margini», secondo l’autore e attore «figure in cui l’umanità è più leggibile» Ce lo ricordiamo tutti per i suoi monologhi a “Parla con me”: un personaggio bizzarro, accento romano nasale, folti capelli neri e lungo pizzetto. Ascanio Celestini è oggi più arruffato e più bianco, ma il suo timbro, crudo e sognante al tempo stesso, è sempre quello. Celestini sarà a Ravenna giovedì 16 maggio, per la prima volta ospite del teatro Alighieri, per lanciare la seconda edizione del festival Polis. In scena lo spettacolo Laika, monologo accompagnato dalla fisarmonica di Gianluca Casadei, che racconta la vita degli ultimi, sullo sfondo di borgate romane povere e violente. Ne ho parlato, in anteprima, con Celestini, partendo dal contestato spettacolo della scorsa stagione all'Arena delle balle di paglia. L'ultima volta che l'abbiamo vista nei paraggi è stato all'Arena delle balle di paglia, l'anno scorso. «Sì, a Cotignola portai La ballata dei senzatetto, raccolta che integra racconti tratti da Laika, da Pueblo e dallo spettacolo che concluderà la trilogia. Sono storie legate a un ambiente ben preciso: due parcheggi, un supermercato, un grande magazzino, un condominio popolare e un bar. Il riassunto di un mondo in cui vivono figure di cui parliamo soltanto se accade qualcosa di eclatante». Mi colpì la reazione del pubblico, che esplose durante un passaggio dedicato al mondo degli zingari. Non si era capito che si trattava di portare all'estremo dei luoghi comuni. Anche in Laika c'è questo rapporto complesso col politically correct? «In parte sì. In Laika il personaggio che viene colpito è un barbone che vive nel parcheggio del supermercato. Il politicamente corretto molto spesso è una maschera. In questi giorni ho fatto degli incontri in carcere, e parlando coi detenuti ho ribadito più volte il fatto che le parole servono per dire le cose. Il problema non sono le parole, ma come viviamo. Io li chiamo “zingari” o “rom”, ma cambia poco. La parola più corretta, più pulita, che sarebbe “nomadi”, è in realtà sbagliata. Chiamiamo “campi nomadi” posti che in realtà sono

LO SPETTACOLO

accampamenti stanziali». La correttezza diventa retorica pericolosa. «Esatto. A Cotignola quello che è successo è un po' strano. Normalmente lo spettatore si rende conto che a parlare è il personaggio e non l'attore, ma alle volte non capita. Da un certo punto di vista è una cosa positiva: vuol dire che lo spettatore si è sentito chiamato in causa». I suoi spettacoli nascono sempre da una ricerca. Per Laika ha vissuto con i suoi personaggi, “sul campo”? «Alcune storie sono di persone che conosco della borgata in cui vivo. Altre le ho raccolte partendo da interviste con facchini che lavorano nei magazzini della logistica. Nel 2002 seguii la vicenda di un gruppo di lavoratori precari di un grande call center. Già allora era chiaro che cosa stava diventando il mercato del lavoro. Non c'era solo uno sfruttamento del lavoratore, ma proprio un declassamento. I lavoratori non erano più trattati come tali, ma come ragazzini che facevano un lavoretto. E a chi fa un lavoretto, non gli dai un salario, ma una paghetta. È un problema sempre più forte e presente nel mercato del lavoro». Fin dal titolo, Laika rimanda alla Guerra Fredda, alla corsa allo spazio, al sacrificio inutile di quella cagnetta russa che, con gli occhi di oggi, fa una certa impressione. Chi sono oggi le nostre “laike”? «Il protagonista se lo chiede: perché hanno scelto proprio Laika? Perché era un cane di strada, più resistente degli altri; e perché sacrificare un cane di razza sarebbe stato più difficile. Molto spesso chi viene sacrificato è oggi l'ultimo della categoria: chi vive in un quartiere periferico, il rom, l'immigrato. Diventa il bersaglio delle battaglie più miserabili». A cosa si riferisce? «Penso ai fatti di Torre Maura: si trattava di poche decine di rom che venivano portate in case popolari, in un quartiere dove dovremmo aspettarci solidarietà tra persone che vivono in condizioni sfavorevoli. Penso alla scena miserabile del pane calpestato. Già solo vederlo, quel pane, fa tristezza: monodose, dentro la plastica, non è neanche la

pagnotta condivisa sul tavolo, quella dell'ultima cena, di Gesù Cristo che spezza il pane. Quello è già tagliato e porzionato, freddo, igienico. Pensare che c'è qualcuno che lo toglie dalla bocca a quelli che dovrebbero mangiarlo... Non è una guerra fra poveri, è una guerra contro la povertà, contro l'essere umano». Ha detto che una cosa importante, per lei, è instillare il dubbio col suo teatro. Le sue storie però mi sono sempre sembrate molto chiare e schierate. Come si inserisce il dubbio in queste storie? «Una volta ho fatto Laika a Milano. Fuori dal teatro, tutte le sere, c'era un africano che vendeva le rose. Qualcuno si aspettava che, dopo la visione, gli spettatori inteneriti gli avrebbero comprato i fiori. E invece l'africano non ebbe alcun incremento della vendita. Io non credo che la funzione del teatro sia politica, che debba cambiare il pensiero delle persone o spingere all'azione. Credo che il teatro sia un'opportunità, per chi la vuole cogliere, di conoscere qualcosa dell'essere umano. Il politico viene dopo, non deve essere il primo problema dell'artista. Se l'artista comincia a pensare: adesso affronto questa storia perché voglio fare conoscere questo scandalo, fa un pessimo servizio all'arte. Rischia di fare qualcosa di lodevole ma di noioso. L'artista ha la possibilità di raccontare l'uomo, e con questi miei spettacoli racconto un'umanità che vive ai margini dei margini: barboni, immigrati, prostitute. Credo che in queste figure l'umanità sia più leggibile». Perché? «È più difficile per un barbone, per un malato o per un detenuto mostrare un'immagine di se stesso mascherata. Dentro un cella per otto persone non si riesce a dare di sé l'immagine desiderata. Ci si mostra per quello che si è. L'amministratore delegato di una multinazionale racconta se stesso come vuole. Dove l'uomo è più visibile, lì c'è per me un maggiore interesse letterario». Forse è proprio questa nudità degli ultimi che, sempre di più, ci infastidisce? «Da un mese ho pubblicato un libro di barzellet-

VALTER MALOSTI E QUELLO SHAKESPEARE AUTENTICO ORA DECANTATO IN MUSICA Valter Malosti – pluripremiato regista, attore e artista visivo, direttore del Teatro Piemonte Europa di Torino – va in scena per il festival Polis (24 maggio al teatro Rasi) con Lo stupro di Lucrezia capolavoro assoluto di Shakespeare, che assieme a Venere e Adone è l’unica opera di cui il drammaturgo abbia curato la stampa personalmente, cosa mai accaduta né con le sue opere teatrali né con i più famosi Sonetti. Si possono dunque considerare come gli unici e certi originali di quell’autore dai contorni tuttora fascinosamente incerti. Shakespeare riprende un episodio dell’antica storia romana: lo stupro di Lucrezia da parte di Sesto Tarquinio, figlio di Tarquinio il Superbo re di Roma. Un raptus di violenza incontrollabile raccontato per la prima volta, in modo sconvolgente, dalla parte di lei. Quella portata a Ravenna è, “dal vivo”, la versione in concerto del poemetto shakespeariano, commissionata da Rai Radio3 e andata in onda nel 2012. Valter Malosti ne ha curato regia, traduzione, adattamento teatrale e ricerca musicale. Il progetto sonoro è di G.U.P. Alcaro. L’allestimento proposto è quello più recente, praticamente senza scena, ma dotato di una ricchissima tessitura sonora.

te per Einaudi. In ogni barzelletta c'è qualcosa di nudo e di sporco. Sono quasi sempre scorrette, sia per far ridere, sia perché portano a galla un marcio del quale possiamo parlare solo se ne ridiamo. Del razzismo ne possiamo parlare o ridendo, o diventando razzisti. In questa scorrettezza c'è anche una verità, molto semplice: la barzelletta crea un ponte. Nella barzelletta si arriva subito al dunque, con tre parole. È una specie d'ascensore dell'inconscio». Wittgenstein diceva che la storia della filosofia poteva ridursi in una collezione di barzellette. In ogni barzelletta c'è una parte di verità secondo lei? «Più che una verità, c'è una concretezza. Pensiamo a un sopravvissuto della Shoà che racconta una barzelletta sugli incontri fra ebrei e Hitler ad Auschwitz: può sembrare una cosa tremenda, ma è un modo per affrontare il discorso». Una catarsi? «Sì, esatto. È chiaro che la barzelletta può offendere, ma è offensiva perché la sua finalità è suscitare il riso. Se qualcuno si offende, non si può censurare la barzelletta. Se non ne ridiamo più, significa che non siamo più capaci di affrontare quell'argomento». Iacopo Gardelli

IL LABORATORIO “Lo sguardo in opera”, universitari al festival Polis guidati dalla docente e critica teatrale Silvia Mei ErosAntEros ha collaborato con l’associazione Universirà e la Fondazione Flaminia di Ravenna per attivare “Lo sguardo in opera. Laboratorio di scrittura critica e creativa” rivolto agli studenti universitari del Campus di Ravenna, condotto dalla docente universitaria e critica teatrale Silvia Mei (nella foto). Il laboratorio si propone come uno spaziotempo di osservazione, riflessione e scrittura a partire dagli eventi performativi del festival Polis. È aperto a giovani e studenti universitari che vogliano avvicinarsi, attraverso un percorso intensivo, ai linguaggi della scena contemporanea per dar forma alle proprie singolari esperienze estetiche. Gli incontri, che seguono le giornate e gli eventi di Polis, sono orientati al lavoro di scrittura critica e creativa e produrranno materiali che, a conclusione della manifestazione, confluiranno nel sito del festival.


IV maggio 2019

INCONTRI

TESTIMONIANZA

Dalla politica della performance a ciò che resta del Sessantotto

ESSERE POLITAI COME ESSERE IN CONTATTO, ESSERE DENTRO LA CITTADINANZA DEL TEATRO

Protagonisti delle conversazioni legate al festival in programma alla Biblioteca Classense, il 26 maggio, lo studioso Marco De Marinis e Guido Viale Domenica 26 maggio, alla Sala Muratori della Biblioteca Classense il festival Polis chiama a raccolta il pubblico per un pomeriggio di incontri, conversazioni e momenti partecipativi. Si inizia alle ore 16 con il docente universitario e studioso di teatro Marco De Marinis che parlerà sul tema “Per una politica della performance”. Spiega in proposito De Marinis: «Guardando alla polis antica, e al suo funzionamento, potremmo parlare di una politica della performance, la quale oggi è interamente da reinventare, perché, con la modernità (e oggi, la postmodernità), ciò che si instaura in Occidente è qualcosa che le somiglia ma, in realtà, ne rappresenta l’esatto contrario: la performance della politica. La performance della politica coincide con quella che

PARTECIPAZIONE Dai “biglietti sospesi” a Parteci-Polis Fra le novità dell’edizione 2019 del festival, c’è un progetto di “biglietti sospesi” che vuole permettere a tutti una serata nel teatro più importante della città in compagnia di Ascanio Celestini.Tutti i cittadini possono partecipare acquistando uno o più biglietti da lasciare sospesi a persone in difficoltà. Basta recarsi alla biglietteria del teatro Alighieri entro il 6 maggio e acquistare il numero desiderato di biglietti sospesi per lo spettacolo Laika di Ascanio Celestini al prezzo speciale di 7 euro ciascuno. Questi biglietti verranno successivamente distribuiti grazie alla collaborazione con gli operatori sociali di Villaggio Globale. E poi, come fare a restituire al teatro il ruolo centrale che aveva nella polis antica? Come spingere i cittadini a partecipare attivamente alle proposte culturali della città incentivando lo scambio di opinioni? A questo proposito ci sono i bigliettini di Parteci-Polis: distribuiti prima dell’inizio di ogni spettacolo, vengono raccolti ogni sera all’uscita del teatro, stimolando gli spettatori a lasciare le proprie impressioni sugli spettacoli in programma o sul festival in generale. L’ultimo giorno, a partire dai contributi così raccolti, ci si confronta assieme ai partecipanti al laboratorio “Lo sguardo in opera”, gli ospiti e gli spettatori presenti.

Guy Debord, cinquant’anni fa, chiamò la società dello spettacolo... In altri termini, essa rappresenta lo spettacolo del potere, meglio ancora, il potere in quanto spettacolo, rappresentazione ininterrotta. Un fenomeno che, nelle forme ancora attuali, debutta fra XVI e XVII secolo, con l’avvento degli Stati assoluti, ed arriva a mostrare tutte le sue potenzialità durante il Novecento dei regimi totalitari (comprese la variante delle dittature democratiche, o “democrature”), utilizzando per i propri scopi tutti i mezzi di comunicazione di massa: dal cinema alla radio, dalla pubblicità alla televisione, senza dimenticare i vecchi media rappresentati dagli spettacoli viventi, le cerimonie e le feste. Da questo punto vista, con l’avvento dei new media (internet, social networks, etc.) non accade niente di interamente nuovo. Assistiamo soltanto alla radicalizzazione di un fenomeno, che sfrutta a proprio vantaggio l’illusione di interazione e di partecipazione che questi nuovi mezzi offrono al pubblico, il quale resta nondimeno assolutamente passivo e sempre più manipolato. Pertanto, oggi, il tentare di ritornare a una politica della performance (come quella nata nella polis classica) comporta niente meno che il rovesciamento di questa performance della politica, ovvero della società dello spettacolo, un cambiamento radicale di paradigma, di cui per altro il Novecento ci ha già mostrato la possibilità». A seguire è prevista una conversazione fra i direttori artistici di Polis con Guido Viale – leader del movimento degli studenti del ’68 a Torino e militante nel gruppo Lotta Continua fino al 1976 – che è una delle voci che ha accompagnato ErosAntEros durante la creazione di Vogliamo tutto! Molte delle sue testimonianze sono entrate nel testo dello spettacolo, ma ancor più fertile è stato lo scambio di opinioni sul presente, di cui questo incontro vuole essere un tentativo di restituzione pubblica. Guido Viale oltre alla militanza politica ha lavorato come insegnante, precettore, traduttore, giornalista, ricercatore, progettista e saggista, firmando diversi libri su politica, società e questioni ambientali. Sull’epopea del Sessantotto ha scritto: «L’immaginazione in quel momento ha avuto un grosso ruolo: era al comando della quasi totalità delle iniziative che venivano prese. Il ‘68 ha avuto il volto di un visionario, ha avuto una capacità di immaginazione che si spingeva al sogno del rovesciamento dei rapporti di forza di una società iniqua».

Le riflessioni di Michele Montanari sull’esperienza dei volontari sostenitori del festival Polis Essere in contatto, esserci dentro: un dialogo sinestetico aperto nel vivo di un’opera, di un monologo o una performance, restando zitti in ascolto di sé, soli e assieme nel medesimo luogo. Questo promette il teatro. Quando ho incrociato la chiamata di Polis, ho sentito che qualcosa di pubblico si muoveva verso un gruppo di singoli, diversi e sconosciuti, uniti da intenti e sentimenti comuni. Ho superato il disincanto con cui digerisco il presente delle cosiddette politiche culturali e mi sono avvicinato. La scelta di chiamare il festival col nome dell’antica città-stato, e politai i volontari sostenitori, ha giocato la sua parte nella mia decisione. Le parole sono pensiero, sentimento, azione; sono una questione politica. Allergico a retoriche di qualunque estrazione, fatico un po’ a ripetere quanto ho detto e in parte scritto sulla recente nascita di Polis, ma qualcosa voglio ricordare, a poche settimane dal festival che mi ha dato “cittadinanza” tra i politai. Innanzitutto, la poetica e la filosofia dei suoi padrini, ErosAntEros, fedeli a un ideale responsabilità dell’artista nel suo stare in società. Mi sono piaciuti da quando vidi un loro spettacolo durante una stagione da “visionario” al Kilowatt Festival; da quella occasione nel 2011, li ho sempre seguiti con la curiosità indagatrice di chi diffida delle prime impressioni e cerca linee di conferma. Allarmi! al debutto con Vie Festival 2016 mi convinse: il duo Davide Sacco-Agata Tomsic rappresentava un modo di fare teatro che mi includeva come spettatore e come aspirante critico della scena contemporanea, ritenendo dopo anni di immersioni a vari livelli (laboratori, festival, articoli di commento) il luogo teatrale quello più naturalmente portato all’incontro tra i tempi (le epoche), le persone (le generazioni) e l’arte; l’arena dalla quale uscire turbati per un tempo indefinito, necessario al germinare di un’idea difforme nel vivaio delle idee indotte, dei pregiudizi. Mi sono unito a Polis lo scorso anno, ho conosciuto bene Davide e Agata confermando l’idea di una loro onestà intellettuale e artistica, forse a discapito di più facili percorsi creativi; la riprova concreta dei loro discorsi pubblici – e dei loro stessi lavori (tutti marcati in senso politico e poetico) – si è poi rivelata nei contenuti e nella struttura del festival: penso ai progetti collettivi come parteci-polis, biglietti sospesi, ma anche al laboratorio critico per gli studenti del campus di Ravenna e al progetto fotografico che cerca nello sguardo degli spettatori altro dal conforto dell’immagine. Tutto questo per quanto mi riguarda significa fare politica, coagulare cittadini isolati in comunità, convinzioni individuali in riconoscimento di gruppo. Dove la politica delle istituzioni teorizza in cerca di consenso, Polis, nei suoi limiti, agisce e consente di partecipare. Incontri, scambi di opinioni e di servizi, per considerare lo spettatore anche un “attore” sociale, uno che mentre guarda prende parte, agente e reagente, al di là della prassi pseudo-comunitaria dei social dove tutto vuole essere condiviso senza vissuto. Se lo spettatore – per definizione – è chi guarda e aspetta di guardare, allora, emulando il grande Bergonzoni, mi spingo a reinventare la parola, andando dall’aspettatore seduto in platea verso lo spettAttore che si muove nella Polis, dall’applauso atteso a fine lavoro, alla fine dell’applauso come primo compito (lavoro) di chi assiste a un’opera. Michele Montanari

CREDITI E RINGRAZIAMENTI Direzione artistica: Davide Sacco e Agata Tomsic / ErosAntEros, con la consulenza straordinaria di Eugenio Barba, Marco De Marinis, Pietro Valenti. Segreteria organizzativa: Francesca Mambelli. Disegno: Gianluca Costantini. Grafica: Nicola Varesco. Ufficio stampa: Studio Associato PEPITApuntoCOM. Direzione tecnica: Paolo Baldini / B.O. Service. Documentazione video: Antropotropia e Les Bompart Produzioni. Documentazione fotografica: Dario Bonazza. Politai: Tommaso Bottacini, Claudia Busetti, Stefano Carattoni, Letizia Focaccia, Ivano Mazzani, Michele Montanari, Elena Pelliccioni, Eleonora Poli

INFO E BIGLIETTI Informazioni: tel. 0544 485027 - organizzazione@erosanteros.org http://polisteatrofestival.org - http://erosanteros.org Biglietti: Laika: intero 15 euro | Under18 e studenti universitari 7 euro | Under14 5 euro. Pomozione: il biglietto di Laika vale un ingresso a 5 euro per gli spettacoli al teatro Rasi in programma a Polis 2019. Vogliamo tutto!, Lo stupro di Lucrezia e Amor morto: intero 10 euro | Under18, studenti universitari, titolari biglietto Laika 5 euro. Gli incontri e Meeting your eyes sono a ingresso gratuito Biglietterie e prevendite: Teatro Alighieri (via Mariani 2 - Ravenna), tel. 0544 249244. Teatro Rasi (via di Roma 39 - Ravenna), tel. 0544 30227. online teatroalighieri.org - vivaticket.it


maggio 2019

IN MOSTRA A RAVENNA I “Cuori bruciati” di Davide Reviati alla biblioteca Classense

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Riccione, Ravenna, Faenza: ovvero dei Burri in Romagna di Linda Landi

Verrà inaugurata a Ravenna sabato 4 maggio alle 18 in Manica Lunga della Biblioteca Classense (via Baccarini, 3) la mostra “Cuori Bruciati” dell'artista Davide Reviati. L'esposizione raccoglie lavori originali di Reviati estratti dai pluripremiati graphic novel Morti di sonno e Sputa tre volte e in particolare dall'ultimo, inedito Chicamauga. Il nuovo volume edito da Else verrà presentato nel momento inaugurale e racconta il gioco di un bambino nella violenza della guerra di secessione in un racconto del maestro dell'horror Ambrose Gwinnette Bierce e splendidamente illustrato dal disegnatore ravennate, che sarà presente alla vernice. In sala anche il catalogo di riferimento della mostra “Cuori bruciati” che viene accompagnato da testi di Goffredo Fofi e Walter Pretolani. L'iniziativa è inserita nel programma di “Scrittura Festival” (vedi p. 26). Orari: feriali e domenica: 15.30-18.30. Chiuso il Lunedì. Al mattino, apertura su prenotazione per gruppi e scolaresche. Info: Biblioteca Classense 0544. 482112/16. Ingresso libero.

Il Grande Ferro R a Ravenna

Al Mar gli scatti di Arrigo Dolcini e “Lookin on” dedicato alla fotografia emergente Inaugura il 3 maggio alle 18 al Mar di Ravenna la mostra “Looking on”, progetto ideato da Silvia Loddo e Cesare Fabbri per Osservatorio Fotografico nel 2014, studiato in collaborazione con la direzione e lo staff del Museo d’Arte della Città di Ravenna e dedicato alla fotografia emergente in Italia, costruito attraverso un doppio invito. Il primo rivolto ad alcune figure professionali provenienti da diversi ambiti della fotografia: Chiara Bardelli Nonino, photoeditor di Vogue Italia e L’Uomo Vogue; Federica Chiocchetti, fondatrice della piattaforma Photocaptionist che si occupa di fotografia e letteratura; Silvia Loddo, ricercatrice indipendente e fondatrice di osservatorio fotografico; Elisa Medde, managing editor di Foam International Photography Magazine; Giulia Ticozzi, photo editor di La Repubblica; Giulia Zorzi, fondatrice della libreria/galleria Micamera di Milano, specializzata in fotografia. Ciascuna delle sei “onlookers” a sua volta ha invitato a presentare il proprio lavoro in questa mostra tre autori emergenti italiani: Eleonora Agostini, Nicola Baldazzi, Marina Caneve, Valeria Cherchi, Giammario Corsi, Matteo Di Giovanni, Karim El Maktafi, Francesca Gardini, Giulia Iacolutti, Claudio Majorana, Sofia Masini, Luca Massaro, Michela Palermo, Piero Percoco, Federica Sasso, Francesca Todde, Angelo Vignali, Alba Zari. Inoltre, sempre al Mar, fino al 30 giugno sarà visitabile la mostra “Arrigo Dolcini. Professione fotografo, Marina di Ravenna negli anni '50 e '60”. La mostra (nella foto), curata da Alessandra Dragoni e Gabriele Pezzi, propone una selezione di fotografie da una prima e parziale ricognizione del fondo Arrigo Dolcini, acquisito dall’Istituzione Biblioteca Classense di Ravenna nel 2007 e composto da circa 25.000 immagini. Nato nel 1908, a partire dalla fine degli anni ’40, Dolcini svolge l’attività di fotografo principalmente a Marina di Ravenna, in uno studio che è anche negozio di pellicole: Foto Nettuno. Da lì si muove per fotografare matrimoni, battesimi, compleanni, un po’ di cronaca ma soprattutto la spiaggia di Marina di Ravenna, dove le persone amano farsi ritrarre sul bagnasciuga.

A Palazzo Rasponi “Incontri” di Alberto Cottignoli per il percorso di iniziative in memoria di Sigmund Freud Nelle Sale di Palazzo Rasponi dalle Teste in piazza Kennedy a Ravenna, sarà visitabile la mostra “Incontro” di Alberto Cottignoli, fino al 21 maggio. L'esposizione raccoglie una importante selezione di dipinti realizzati dal pittore dai primi anni '90 ad oggi. Con “Incontro”, Cottignoli torna ad esporre nella città natale a 15 anni dalla personale del 2004 in Galleria Poggi, presentata da Vittorio Sgarbi. La mostra è inserita nel percorso di iniziative “Sigmund Freud 1856-1939 “ a ricordo del padre della psicoanalisi ad 80 anni dalla scomparsa. Nella serata del 15 maggio è in programma, sempre a Palazzo Rasponi, una conferenza del professor Claudio Widmann dedicata a Freud ed alla sua attualità.

Catrami, Muffe, Combustioni, Ferri, Legni e Cellotex: Alberto Burri (Città di Castello 1915 - Nizza 1995) ce l’ha messa proprio tutta per aprire discussioni sulla materia delle sue opere. Ché se non è quella del chirurgo (a quanto pare - nota Angela Vettese - non si sarebbe mai riconosciuto nelle interpretazioni che ne vedono l’ispirazione “post operatoria” attribuitagli dal suo primo mentore George Sweeney, tanto efficace però nell’impressionare orde di artisti delle generazioni a seguire) non è nemmeno quella del chirurgo, mestiere che abbandonerà presto per dedicarsi alla sua passione artistica. Ma cosa c’entra Burri con la Romagna? Giulio Carlo Argan con marzulliano acume dirà che nei suoi lavori “non è la pittura a fingere la realtà, ma la realtà a fingere la pittura”. Il vero talento oscuro dell’artista tifernate infatti è precipuamente esprimere la materia, il che lo rende una vera guest star di questa rubrica. Il che - di nuovo - impone anche una rispolverata delle tre opere, “nascoste” in una Romagna imBurrata che forse non conoscevate. Andiamo in ordine cronologico. Villa Franceschi a Riccione: nella bella villa balneare in stile liberty che ospita la Galleria comunale d’arte moderna e contemporanea, tra gli altri, sono conservati i bozzetti dei due arazzi realizzati da Burri nel 1985 per la prima torre di Kenzo Tange nel Fiera district a Bologna commissionati dalla Regione Emilia Romagna. Il bozzetto esecutivo in tecnica mista su Cellotex “fa il verso ai makimono” (un tipo di sushi, giapponese come l’architetto delle torri) - nota Silvia Ferrari dell’IBC - riconducibile alla fase creativa dei tardi Anni ’80 quando l’artista approda a “una modalità espressiva affidata a linearismi, nuclei grafici, forme pure ed elementari a mosaico”. Gli arazzi verranno poi realizzati in lana “verano”, la più adatta a tradurre le sfumature, dalla ditta tedesca Jab di Bielefeld specializzata in creazioni tessili d’arte. Ravenna, Palazzo Mauro del André: Grande Ferro R (1990): già nel 1988 Burri aveva dedicato a Ravenna un ciclo ispirato alla basilica di San Vitale (Neri e S. Vi-tale come riflessione sul “tempo della storia e tempo del moderno”. Francesco Moschini, in un documento scritto a quattro mani con Burri stesso, nota come la scultura Grande Ferro R rappresenti l’ideale carena di una nave rovesciata e aper-ta verso i lidi di Classe e si concretizzi «nella metafora del rudere, con la tensione verso un’azione che non giunge a compiersi, dove il teatro del mondo diviene l’occhio artificiale attraverso il quale osservare il divenire della storia». Mic di Faenza: il grande cretto in ceramica Nero e oro (1993) realizzato sotto la supervisione di Davide Servadei (erede della storica Bottega Gatti) e donato poi al Comune di Faenza riprende tardivamente un tema adottato dall’artista dalla metà degli Anni ’70 e rappresenta una sorta di unicum, poiché si tratta dell’ultimo cretto in ceramica esposto prima di morire, nel 1995. In ogni sua parte è lavorato a mano con argilla di Faenza, dipinto con diverse miscele di smalto nero e infine cotto più volte per ottenere l’inconfondibile potenza ed espressività della materia burriana.


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maggio 2019

la recensione

Oliviero Toscani, testimone del suo tempo che ha costruito l’immaginario di più generazioni Al Mar di Ravenna la mostra itinerante dedicata alle carriera del fotografo che è riuscito a sdoganare tematiche forti attraverso il linguaggio necessariamente semplice e immediato della pubblicità di Serena Simoni

Attraversare le sale del Mar a Ravenna in visita alla mostra di Oliviero Toscani è come fare un tuffo nel passato e rivedere gli anni in sequenza grazie alle immagini che hanno costruito l’immaginario di diverse generazioni, affrontando i tabù e i temi più scottanti che hanno scosso l’Italia e il mondo occidentale. Che piaccia o no, che lo si ritenga un utilizzatore dei drammi umani o un geniale architetto del sistema comunicativo - che spara la verità e incassa assieme allo scandalo la visibilità mondiale a cui aspira ogni campagna pubblicitaria - un fatto è certo: Oliviero Toscani è “un testimone del suo tempo” che è riuscito a sdoganare tematiche di forte attualità, collaborando a costruire l’immaginario collettivo di più generazioni. La mostra itinerante – fra le altre tappe italiane a Milano, Otranto, Chiasso e a Valladolid in Spagna – presenta a Ravenna 50 anni della carriera del fotografo milanese, figlio d'arte con un apprendistato di rilievo a Zurigo presso la scuola diretta da Johannes Itten, uno dei grandi maestri del Bauhaus. La mostra, curata da Nicolas Ballario, inizia cronologicamente dagli anni '70 a New York. Toscani vi si trasferisce negli anni ruggenti, quelli in cui la mela è abitata da intellettuali che frequentano gli stessi locali, dove è facile incontrare Mick Jagger, Lou Reed, Andy Warhol o Patty Smith. Sono tutti ritratti a piccole dimensioni e in bianco-nero che registrano cantanti, artisti, musicisti, scrittori, concentrati in una sala a focus su New York: niente di stravolgente ma la certezza è quella di trovarsi di fronte a pure icone, riprese in foto rapide, espressive, studiate. A poca distanza sono esposte in dimensioni più grandi le immagini pubblicitarie che segnano i progressi della fama mondiale di Toscani con una serie di provocazioni, a cominciare dal sedere della sua compagna del tempo – la fotomodella Donna Jordan – fasciata in un paio di short che nel 1973 scatena il primo scandalo interplanetario a causa dello slogan “Chi mi ama mi segua” che fa il pari con lo slogan “Non avrai altro jeans al di fuori di me” della stessa casa produttrice torinese di jeans. Non è solo L'Osservatore Romano a intervenire contro la pubblicità: Pasolini col suo solito acume scrive un articolo a partire dalla censura per comprendere come albeggi un nuovo mondo in cui i tecnici “sono completamente laici” e in grado di non misurarsi più con la religione. È la fine di un mondo e la nascita di un altro in cui l’ideologia passa attraverso il linguaggio pubblicitario, rendendo espressivo e mutevole ciò che per statuto nasce come stereotipo. La banalità e il gioco adolescenziale dell'abbinamento foto-slogan colpisce nel segno; senza bisogno di scandalo, quella immagine – che a un ventenne di oggi appare banale – riuscì a trasmettere l’irriverenza, la mancanza di riconoscimento dei vecchi valori e il desiderio di una sessualità libera anche se costretta da una marca e da un pensiero ridotto. D’altra parte, la pubblicità funziona se semplice, comprensibile, diretta. Su queste poche regole Toscani ha proseguito negli anni ’70 a lavorare con le maggiori case e riviste di moda internazionali

Oliviero Toscani United Colors of Benetton 2018 ©olivierotoscani

Oliviero Toscani, No Anorexia, 2007 ©olivierotoscani

Uno scorcio della parte della mostra dedicata al progetto “Razza umana”

fino al sodalizio nel 1982 con Benetton. La storia del marchio trevisano è indissolubilmente legata a quella della sua pubblicità che segue l’espandersi dei punti vendita dall’Italia a Parigi, New York e Tokyo. Il marchio si trasforma in United Colors, partendo dal tema delle razze, identificate con i colori della produzione: modelli e modelle giovanissimi mescolano corpi e tratti somatici diversi; bambini bianchi e neri si specchiano simmetricamente; lupi e agnelli black and white si leccano il muso. Le composizioni funzionano al millimetro, il risultato estetico è eccellente, il tema entra nel vivo di un mondo di differenze che si è nutrito delle campagne antirazziste dei due decenni precedenti. Toscani non si adegua al mercato ma la comunicazione si adegua al suo linguaggio: dichiara che “l'arte non ha etica” ma quello che le sue immagini richiedono – volenti o nolenti – è da che parte si mettono tutti quelli che le guardano rispetto al soggetto proposto. Dagli anni ’90 affronta tematiche come la fame nel mondo, l’Aids o l’omosessualità, portate a livello di condivisione mondiale: tutte rientrano nelle corde delle comunicazioni pubblicitarie del duo Luciano Benetton-Oliviero Toscani che nel 1994 fondano Fabrica, un luogo di ricerca per giovani operanti nel settore della comunicazione. Forse alcune immagini appaiono grossolane – prete e suora che si baciano del 1992 o il palestinese e l'ebreo affrontati del 2007 – ma lo stesso contengono quel quid di resistenza al pensiero dominante che suscita polemiche da parte degli ambienti conservatori. Della fine degli anni ’90 è l’immagine di una maglietta insanguinata che il fotografo richiede a un padre bosniaco che ha perso il figlio in guerra mentre del 2007 è la campagna contro l’anoressia che immortala il povero corpo di una ex fotomodella, denuncia vivente delle regole non scritte di agenzie e case di moda: è forse questo eccesso di realtà, di bisogno dell’oggetto o di un corpo oggettivizzato a disposizione, anche se volontariamente, a rendere queste immagini poco addomesticabili. La resistenza a posizionarsi chiaramente fra etica e consumo, pubblicità e denuncia, riserbo ed esposizione, vale ancora oggi. Nonostante gli anni passati, non regalano nessuna distanza dal disturbo che le immagini causano. Una parte della mostra è dedicata a scatti non pubblicitari: in aperura è la serie di ritratti intitolata “Razza umana”, l'ultimo progetto che Toscani sta svolgendo da anni in giro per il mondo per catturare fisionomie e volti in una dimensione di verità introspettiva. Seguono alcuni scatti interessanti alcuni a piccole dimensioni che assecondano la volontà del fotografo secondo cui gli spazi museali non sono adatti a esporre fotografie artistiche. Fra queste colpisce l’immagine di corpi anziani, anchilosati, deformi: soggetti che rappresentano un rimosso sociale inutilizzabile in pubblicità, che sforano in una ricerca libera dalla comunicazione in linea con i lavori di un’artista contemporanea come Katarzyna Kozyra della serie “The Rite of Spring” (1999-2002). Oliviero Toscani. Più di 50 anni di magnifici fallimenti, Museo d'Arte di Ravenna, fino al 30 giugno; orari: MA-SA 9-18, DO 11-19; ingresso: 6 euro.


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bagnacavallo

CESENA Le scritture di natura di Roberto Ghezzi nella mostra “Limen” a Corte Zavattini Il 18 maggio alle 18 negli spazi di Corte Zavattini 31 a Cesena inaugura la mostra “Limen” di Roberto Ghezzi a cura di Roberta Bertozzi, che nasce dall’omonimo progetto realizzato dall’artista in occasione dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale 2018: un’installazione lungo le sponde del fiume Savio di Cesena. Le “naturografie” sono opere che nascono dalla collaborazione effettiva tra l’uomo e l’ambiente. La ricerca di Roberto Ghezzi non si propone di rappresentare la natura, ne accetta l’irrappresentabilità instaurando con l’elemento naturale una relazione mimetica. Scrive Roberto Farneti al proposito: «Scritture di natura, impressione spontanea di segni capaci di configurare un’estetica della natura, un micro paesaggio capace di restituire una natura più autentica di quella antropizzata dei parchi e dei giardini, inurbata in spazi dedicati, in luoghi in cui simulacri della natura sono destinati a turisti e voyeur. Superando le grandi innovazioni novecentesche che l’arte ha operato sul concetto di paesaggio (e sul paesaggio stesso), quindi andando oltre la Land Art — che prevedeva un’irruzione dell’artista nel paesaggio con effetti decostruttivi sulle logiche sociali che ne avevano determinato i criteri di abitabilità e fruibilità — la pratica naturografica intende testimoniare l’esistenza della natura nel momento terminale della sua storia, nella fase storica in cui la natura volge al termine, ridotta a segmento del processo produttivo, della catena alimentare industrializzata, di un tempo libero fatto di coazioni a fruire insensatamente spiagge e parchi. Le naturografie sono pertanto quello che resta dopo tutto questo, documento e testimonianza di un arcano naturale nel momento che precede la sua estinzione». Fino al 18 giugno. Info: www.cristallino.org • www.cortezavattini31.com; 339 4741059 • calligraphie@calligraphie.it.

Fino al 26 maggio è in corso a Rimini, alla Manica Lunga del Museo della Città "Luigi Tonini", la mostra di Salvatore Amelio “Luci concrete” a cura di Massimo Pulini, che scrive: «Le colonne spezzate, i capitelli divelti e le statue in frantumi di quel che era un colossale tempio, sorto sulle sponde dell’Egeo, possono fornire metafora alla memoria del mondo, ma anche alla stessa nostra capacità di ricordare, di trattenere dentro a noi le tracce di quel che abbiamo vissuto. Del grande splendore di un tempo le finte colonne e la scalinata moderna ci restituiscono i volumi del grande tempio, ma di originale ci restano in mano frammenti scheggiati del lungo fregio che solo da lati ridotti della pietra conservano la forma scolpita dei volti e dei corpi. Salvatore Amelio ha scelto di occuparsi, da vari decenni, di questa metaforica diaspora della memoria. Le opere che realizza sembrano ritrarre e spesso anticipare quello smembramento della forma che non ha riguardato solo l’Altare di Pergamo. Riconosciamo talvolta il gesto di una figura, la torsione di un corpo noto, che viene dal repertorio della pittura antica, sospeso un attimo prima del suo distacco dalle altre parti. Così anche i disegni e i dipinti ci appaiono come progetti per un pensiero scultoreo che indaga quella lacerazione dell’Arte, privilegiando morfologie vorticose e spiraliche che hanno l’aspetto di frammenti ricostruiti».

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Al Museo delle Cappuccine fino al 7 luglio a ingresso libero

Sarà aperta fino al 7 luglio al Museo delle Cappuccine di Bagnacavallo la mostra “Tinin Mantegazza. Le sette vite di un creativo irriverente” a cura di Flaminio Balestra e Diego Galizzi. La mostra è dedicata alla mente creativa di Mantegazza, illustratore, pittore, scenografo e scrittore, artista che nel corso degli anni ha saputo spaziare nel campo del giornalismo, della regia, della televisione, dell’animazione culturale e dell’organizzazione teatrale. L'allestimento ripercorre le principali tappe della sua carriera artistica, offrendo al pubblico una vasta selezione di opere e documenti in grado di ricostruire gli svariati volti del suo impegno creativo. Nel percorso espositivo, composto da più di 250 disegni originali, dipinti, pupazzi, fotografie, filmati e documenti, non mancano le testimonianze della sua graffiante critica sociale e politica, del suo ruolo di animatore dei primi anni del cabaret milanese, nonché delle sue realizzazioni più note al grande pubblico, come il celebre sig. Toto o il pupazzo Dodò del programma Rai per ragazzi L’Albero Azzurro. Ingresso libero. Info: www.museocivicobagnacavallo.it; 0545280911.

RIMINI Le «rovine dinamiche» di Amelio al Museo della Città

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LE SETTE VITE DI MANTEGAZZA TRA ILLUSTRAZIONI E PUPAZZI

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visioni

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in sala

CONTROCINEMA Esplorazioni atipiche dentro le nuove forme del cinema

Dalla Louisiana al killer Ted Bundy: quattro film da non perdere

di Albert Bucci

Direttore artistico del Soundscreen Film Festival e consulente alla selezione del Ravenna Nightmare, è stato docente di Sceneggiatura alla Iulm di Milano, e produttore esecutivo di spot pubblicitari.

Cosa vedere nel mese di maggio: due lavori apprezzati al festival di Venezia e due novità tra cui l’Alive in France di Abel Ferrara

A sinistra una scena dal documentario Che fare quando il mondo è in fiamme?, a destra un’immagine da Ted Bundy - Fascino criminale

Finalmente in sala, per maggio, due bei film che abbiamo visto a Venezia 2018. Il primo è un documentario in bianco e nero che colpisce forte lo stomaco e il cervello, l'esplosione di un mondo globalizzato nell'intolleranza e nel razzismo: Che fare quando il mondo è in fiamme? di Roberto Minervini, regista italiano trapiantato negli Usa. Lo ricordiamo per il bellissimo Louisiana del 2015, storie di disperati espulsi dalla ricchezza della prima potenza econo-

Il Parkinson è una delle malattie neurodegenerative più frequenti nel mondo. Dati recenti indicano che il numero di pazienti è triplicato negli ultimi trent’anni specie in nazioni come l’Italia con un’aspettativa di vita molto lunga ed ora siamo vicini ad un caso su cento persone. La terapia attuale riesce a compensare bene i pazienti nei primi 5-10 anni, poi subentrano fenomeni di fluttuazione sui sintomi che abbassano di molto la qualità di vita dei pazienti. L’Associazione Italiana Parkinsoniani e la Fon-

mica mondiale; e ora il suo nuovo documentario sul Sud degli Stati Uniti rimane sempre in Louisiana, nella capitale Baton Rouge, dove nell'estate del 2017 si verificano una serie di brutali omicidi di giovani afroamericani ad opera della polizia. Monta la protesta della comunità nera e le Black Panther organizzano una grande manifestazione contro il razzismo e le condizioni di vita dei neri. In questo viaggio Minervini mostra gli abitanti di colore della Lousiana, le loro lotte per la di-

gnità e il lavoro, la sempre più radicata consapevolezza che solo l’intelligenza e il cuore possono combattere una società sempre più esplicita nella discriminazione. Sono Judy, una donna dalla vita difficile che vorrebbe mantenere il suo bar oberato dai debiti, perché è lì che può ascoltare le canzoni dell'indiano Kevin; sono Ronaldo e Titus, che non possono uscire di sera per paura dei colpi vaganti di pistola; sono le attiviste donne delle Black Panthers che vanno di casa in casa per le denun-

dazione Grigioni per il Morbo di Parkinson rappresentano un esempio di eccellenza nella collaborazione pubblico e privato no-profit. Finalmente le grandi casistiche dei maggiori centri italiani sono valorizzate da risorse per la ricerca di qualità. Sono nate in questi anni banche genetiche e di tessuti, enormi banche dati che stanno producendo risultati di grande rilevanza e pongono le basi per arrivare presto a sconfiggere la malattia. Info: 0266713111 aip@fondazioneparkinson.com - www.parkinson.it


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IL FESTIVAL Cinque giornate per i vent’anni dei Corti da Sogni

Un’immagine da The Brothers Sister

ce contro la polizia razzista. Persone umili e normali che si incontrano perché fanno musica insieme, perché lavorano insieme, perché lottano insieme in una città divisa tra i neri e poveri e i bianchi e agiati. Una realtà tragica che il regista non invade e che osserva con empatia totale ma discreta e “silenziosa”; uomini e donne in cui rivedere gli eterni accattoni di Pasolini, trasfigurati come i silenziosi protagonisti delle pale d'altare del Trecento. Il secondo film ha vinto il Leone d’Argento a Venezia, e cioè The Sisters Brothers di Jacques Audiard. Una fantastica storia Western dall'autore de Il Profeta, con Joaquim Phoenix. I fratelli Sisters sono i classici criminali spietati del Far West. Il ricco Commodoro li assolda per torturare e poi uccidere un uomo, un cercatore d'oro dai modi molto eccentrici, perché ha una formula segreta per trovare l’oro. Devono così raggiungere il detective che ha rintracciato il fuggitivo, dall'Oregon fino alla California della Corsa all'Oro... Un Western pieno di black humor sui grandi miti della Corsa all'Oro, epico e perfetto: i fratelli “sisters” Caino-Abele; il loro Padre, oscuro e assassino come Lucifero; la cupidigia per il denaro, ma anche l'umanità che emerge da questo mare nero e marcio che è la Frontiera americana. Sempre sul tema dell'America cupa e profonda, uscirà

anche un film appena presentato al Sundance 2019: Ted Bundy - Fascino criminale, sulla vita del più noto e spietato serial killer americano degli anni '70, Ted Bundy, che stuprò e uccise più di trenta donne, nonostante la sua doppia personalità di bel ragazzo gentile prima e amorevole marito modello poi. La storia non segue il classico filo catena di omicidi-indagini-scoperta. Come dice il regista Joe Berlinger: «Questo film mi ha permesso di sovvertire il genere sui serial killer. Non è la tipica situazione con l’escalation degli omicidi e la polizia che mette insieme i pezzi, scena del crimine dopo scene del crimine. Il nostro film sta dalla parte della compagna di Bundy, che credeva nella sua innocenza perché per lei era un fidanzato meraviglioso, affascinante e sempre distinto». Ed è così che entriamo diretti nella mente di quest'uomo ambiguo e malvagio, per comprenderne il sinistro fascino che esercitò sulla persone a lui vicine e sulla società dell'epoca, che si divise ovviamente nelle due fazioni innocentista contro colpevolista. L'ultimo film che vi suggerisco è Alive in France del grande regista Abel Ferrara: che adesso è anche musicista, e che si è divertito a fare un bel documentario musicale sull'ultima tournée con la sua band in giro per la Francia: film fresco, godibile e molto rock'n'roll.

Il festival internazionale Corti da Sogni – Antonio Ricci, organizzato in collaborazione con il Comune di Ravenna, festeggia quest’anno la ventesima edizione (nella foto un dettaglio della locandina). La manifestazione passa da quattro a cinque giornate e si svolgerà da martedì 14 a sabato 18 maggio, dividendosi tra il teatro Rasi (per le proiezioni pomeridiane e della sera) e il cinema Mariani (per le proiezioni del mattino). Cortometraggi provenienti da ogni angolo del pianeta si contenderanno la vittoria nelle varie sezioni in concorso. Accanto alle storiche categorie (corti europei, extraeuropei, italiani, animati, videoclip), l’edizione 2019 presenterà un interessante progetto condotto con la casa circondariale di Ravenna: un gruppo di detenuti assegnerà il premio “Verdetti da Sogni”. Prosegue poi l’impegno del circolo Sogni sul fronte delle scuole con percorsi nelle elementari, medie e superiori. Le giurie dei giovanissimi, dopo avere frequentato i laboratori di educazione alla visione nel corso dell’anno scolastico, decreteranno i vincitori. Si confermano inoltre le preziose collaborazioni con Cinemaincentro e Start Cinema. Tutte le informazioni su www.cinesogni.it.


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l’intervista

«Ho scritto Fedeltà in un bar, nel miglior modo che potevo, il resto sta al lettore» Favorito allo Strega, il nuovo romanzo del rimininese Marco Missiroli che a maggio sarà ospite dei festival letterari a Cesena e Ravenna: «La fedeltà di cui parlo è soprattutto quella verso se stessi»

Lo diceva Ian McEwan, uno dei suoi scrittori favoriti, che devi assorbire la vita prima di scrivere un libro nuovo. Quattro anni ha impiegato Marco Missiroli, 38enne pluripremiato scrittore nato e cresciuto a Rimini – e scrittore d’eccellenza lo definì niente meno che Emmanuel Carrère – per far uscire Fedeltà, questa volta con Einaudi, suo nuovo e atteso romanzo dopo il successo internazionale nel 2015 del bestseller Atti Osceni in luogo privato che uscì invece per Feltrinelli. Missiroli è stato talvolta paragonato al cinema di Truffaut, per trattare d'infanzia, gioventù e formazione, sentimenti. Come Truffaut, Marco (perché se gli parli, anche solo al telefono, poi è impossibile non dargli del tu) è onesto e palpitante, vivo. Forzando un po' il paragone, come Truffaut che segue il suo personaggio alterego Antoine Doinel da I 400 colpi a Domicile conjugal, Fedeltà è il proseguimento del precedente romanzo. Nel primo si raccontava la crescita del protagonista, la perdita dell’innocenza e la scoperta dell’amore; qui si parte da Carlo e Margherita, una coppia sposata alle prese con dubbi, crisi e voglia di tradire. Ma non solo. Ambientato tra Milano e Rimini (rispettivamente dove vive e dove è nato l'autore), costruito a incastri, il romanzo passa da un personaggio all'altro per comporre una sorta di mosaico sul tema della fedeltà, che verrà presentato al festival ScrittuRa 2019, il 15 maggio, a partire dalle ore 18, alla Biblioteca Classense di Ravenna (vedi p. 24) e, prima, alla Bellezza delle Parole alla Malatestiana di Cesena il 4 maggio al Palazzo del Ridotto alle 21.15(vedi p. 25)». Fedeltà. Partiamo dal titolo. Si pensa subito a quella amorosa, al rapporto di coppia. Ma, Marco, nel tuo nuovo libro si parla anche d'altro, fedeltà a noi stessi ad esempio... «Si parla soprattutto d'altro! Non è semplicemente un libro che guarda al matrimonio. Per quello ci sono stati romanzi borghesi già fatti e rifatti, e fatti molto bene. È

un romanzo che guarda alla fedeltà a noi stessi, rispetto al mondo e alla società in cui viviamo. Quindi è la fotografia di questa nuova generazione, del passaggio tra la nuova e la vecchia generazione, in un mondo fatto di disgregazioni sentimentali, economiche, sociali, familiari. Familiari intese come relazioni estese. Tutto questo ha portato molto dolore alla nostra generazione, che finalmente può trovare una voce dichiarativa, che è proprio questa storia di Carlo e Margherita, e degli altri personaggi che non riescono a trovare la bussola...». Carlo e Margherita sono i protagonisti. Ma il romanzo parla anche di altri personaggi. Ho letto in qualche tua intervista che infondo scrivendo non fai altro che dare voce a fatti autobiografici e a persone che hai incontrato durante la tua vita. È giusto? «È giustissimo. È un romanzo che nasce dalla fedeltà a se stessi, una fedeltà importantissima, che riguarda tutte le nostre relazioni. Fedeltà che un narratore deve avere in ciò che racconta: quindi erano tutte storie vere, sono tutte storie vere. Ed è incredibile come una persona che deve confrontarsi con la propia fedeltà, debba poi misurarsi anche con le persone che incontra ogni giorno, con gli altri. Quindi la fedeltà è un principio relazionale. La fedeltà, e anche l'infedeltà!». Ma davvero lo hai scritto seduto in un bar a Milano dove vivi? Forse non tutto? «Tutto, tutto! Avevo iniziato a scriverlo nella mia cucina, ma non veniva e quindi a un certo punto mi son detto che dovevo trovare un posto. Probabilmente il bar, le persone intorno a me mi hanno aiutato a digerire meglio la paura. Il luogo dove si scrive è fondamentale!». Fedeltà è uscito da due mesi. C'era molta attesa dopo Atti osceni, ora si parla già di libro favorito al Premio Strega... Senti che questo “romanzo della maturità”, come lo hai definito, è accolto da pubblico e critica?

L’incipit del romanzo – Tua moglie mi ha seguita. – Mia moglie. – Fino a qui –. Sofia lo fissò: – Professore? Lui guardava l’entrata dell’aula. – Credo sia in cortile. Carlo Pentecoste andò alla finestra e riconobbe Margherita per il cappotto amaranto che indossava dal secondo giorno di primavera. Si era seduta sul muricciolo e leggeva un libro, ancora Némirovsky, teneva una gamba accavallata e con la mano libera vegliava lo zaino. Era fine marzo e una foschia inattesa attraversava Milano.Carlo si voltò verso gli studenti. Sofia si stava sistemando in seconda fila e aveva tirato fuori il taccuino e le mandorle. Era piú giovane dei suoi ventidue anni, per il viso minuto, e per i movimenti gentili che mitigavano i fianchi, cosí inaspettati. Lo guardò, aveva la stessa apprensione di quando il rettore li aveva convocati per essere stati sorpresi da una matricola nel bagno del piano terra: lui sopra di lei, le mani che le carezzavano il collo, o qualcosa del genere, visto che la versione della matricola era stata una, un’altra, innumerevoli, tutte a irrobustire la voce per cui il professor Pentecoste e una sua studentessa avevano avuto un incontro ravvicinato di natura ambigua.

«Tanta attesa? Pure troppa! (ride). Guarda, io penso semplicemente al testo che ho scritto. L’ho fatto nel miglior modo che potevo, l’ho curato nel miglior modo possibile, per quattro anni. Il resto sta al lettore farlo, spetta al mondo dirmi cosa ne pensa. Lo scrittore deve sempre fare un passo indietro, nel senso che lui lo ha scritto, spetta all’esterno dire cosa pensa del libro, accoglierlo. Anche questa è una questione di fedeltà: accetare il giudizio del pubblico». Erika Baldini


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In questa foto il grande giornalista di Repubblica Paolo Rumiz, a sinistra Andrea Vitali inventore del mondo di Bellano.

Tra scacchi, narrazioni e storia torna “La bellezza delle parole” Attesi Andrea Vitali, Fabio Stassi, Paolo Rumiz, Simona Vinci. Dal 3 maggio Dal 3 al 5 maggio torna a Cesena il festival "La Bellezza delle Parole", che quest'anno giunge alla settima edizione, sempre curata da Emiliano Visconti. Ancora una volta un programma di conferenze, reading, musica e incontri con autori attraverso i luoghi della cultura cesenate con alcuni degli autori più importanti del panorama nazionale. Si comincia venerdì 3 maggio, alle 21.15 al Cinema Eliseo, con Massimo Zamboni, fondatore dei Cccp e Csi ma anche scrittore di romanzi apprezzati come L’eco di uno sparo e Nessuna voce dentro (entrambi per Einaudi), in una serata dedicata al premio Nobel per la letteratura dal titolo Hard Travellin’ with Bob Dylan (musica dal vivo Acusting plays Dylan). Il giorno successivo, sabato 4 maggio, si comincia già al mattino alle 10.30 nell’Aula Magna di Psicologia con un incon-

tro dedicato a Ilaria Alpi con gli studenti dell’omonimo liceo (proprio di recente intitolato alla giornalista uccisa in circostanze mai chiarite durante un’inchiesta in Somalia) con Gigliola Alvisi e lo scrittore Marcello Fois, penna attenta e apprezzata sulla scena da anni, che sarà protagonista anche dell’incontro alle 15.30 nell’Aula Magna della Malatestiana in un incontro dal titolo “Dove ti porta Cuore: Renzo e Lucia contro Franti”. Stesso luogo alle 17 per parlare di nuovo realismo magico con le scrittrici Simona Baldelli e Laura Pariani. Mentre alle 18.30 alla Sardineria spazio alla poesia con Patrizia Valduga e in serata sarà la volta di Marco Missiroli con Simona Vinci alle 21.15 al Palazzo del Ridotto. Domenica 5 maggio si ricomincia alle 11.30 al mercato coperto arriverà il grande giornalista di viaggio Paolo Ru-

miz che parlerà delle tanto spesso invocate (a sproposito) radici d’Europa. Di storia e del suo lato oscuro si parla anche alle 15 in Biblioteca Malatestiana con Ornela Vorpsi e Andrea Tarabbia, mentre si torna alla narrativa, quella di intrattenimento raffinato e intelligente, alle 16.30 con Andrea Vitali. Alle 18 ci si sposta al Cinema Eliseo per un monologo, anzi, un’affabulazione sentimentale del bibliofilo, bibliotecario nonché autore Fabio Stassi che resterà alle 19 per l’incontro dedicato al tema degli scacchi con l’autore del celeberrimo La variante di Lunenburg Paolo Manurensig insieme a Emiliano Visconti. A chiudere ci penserà l’autore, attore e scrittore cesenate Roberto Mercadini al teatro Bonci alle 21 con il monologo Little Boy, musiche dal vivo di Dario Giovannini (ingesso 10 euro, consigliata la prenotazione).

ACIELOAPERTO INIZIA DA CATALANO Il 24 maggio nei chiostri di San Francesco di Cesena si terrà un’anteprima sui generis della rassegna musicale Acieloaperto che prenderà il via a giugno. Poeta, scrittore, performer, vera rockstar del verso d’amore declamato, protagonista sarà infatti Guido Catalano che torna in libreria con una una storia tenera e divertente in forma di romanzo: Tu che non sei romantica (edito da Rizzoli). Un racconto di baci, di sguardi, ma anche di guerra e di paura, di sesso e di magia. E di amore, ovviamente. Il poeta, noto per la sua ironia e il suo sguardo originale sui rapporti amorosi e interpersonali, affiancherà il nuovo romanzo ai grandi cavalli di battaglia della sua raccolta poetica che hanno riscosso negli anni il consenso di pubblici degni appunto di una rockstar.


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la rassegna letteraria

Da Lisa Halliday a Jonathan Coe: Scrittura Festival sempre più internazionale Tra gli ospiti della sesta edizione della manifestazione anche Elio e Vinicio Capossela Appuntamenti a Ravenna e Lugo con incursioni a Bagnacavallo e Fusignano

Da sinistra Lisa Halliday, Stefano Benni ed Elio

Torna per il sesto anno ScrittuRa festival con un programma che continua a crescere per numero di appuntamenti e per l’importanza degli ospiti. Tra Ravenna e Lugo dal 13 al 26 maggio passeranno infatti protagonisti della scena nazionale e internazionale. Si comincerà con un’anteprima il 6 maggio alle 18 con Paolo Rumiz e il suo “Il filo infinito” (Feltrinelli) a Palazzo dei Congressi. Un nuovo grande viaggio, da Norcia e ritorno, attraverso l’Europa dei monasteri, alla riscoperta dei nostri valori fondanti. L’apertura ufficiale del festival sarà lunedì 13 maggio alle 18 alla Classense di Ravenna con l’autrice americana Lisa Halliday in dialogo con lo scrittore Paolo Di Paolo. Di Asimmetria (Feltrinelli), acclamato unanimemente dalla critica, si è detto parecchio perché nella prima parte, “Follia”, racconta la storia d’amore tra Alice, una giovane donna che lavora nell’editoria, e un famoso scrittore settantenne. Una relazione dove il potere, economico, ma anche della fama e dell’esperienza della vita, sta tutto da una parte, quindi attuale nel clima del #metoo. Ma anche una relazione che ha fatto scaturire il gossip: vent’anni fa Halliday, che lavora da sempre nell’editoria, ha avuto una relazione con Philip Roth. Martedì 14 alle 18 alla biblioteca Oriani si parla invece di attualità con Pier Luigi Celli e il suo La stagione delle nomine (Chiarelettere). Mercoledì 15 alle 18 Marco Missiroli presenta Fedeltà (Einaudi) alla Biblioteca Classense (vedi pagina 24). Giovedì 16 alle 17 il giovane Mattia Conti discuterà di Di sangue e di ghiaccio (Solferino) alla Libreria Dante di Longo, una storia in cui la realtà manicomiale diventa fiaba nera. Venerdì 17 ci si sposta in piazza Unità d’Italia e si comincia con una festa per i 20 anni di Nati per Leggere (Junior) alle 17 con l’attore Alfonso Cuccurullo. Alle 18 l’incontro “Fare festa coi libri” idee, modi e strade di far vivere le città grazie ai libri, con Festivaletteratura di Mantova, Pordenone Legge e La grande Invasione di Ivrea. Alle 21 salirà sul palco di piazza Unità d’Italia il filosofo Vito Mancuso con La via della bellezza (Garzanti). Sabato 18 maggio alle 21 la giornalista Concita De Gregorio parlerà del suo romanzo tra politica e potere dal titolo Nella notte (Feltrinelli). Domenica 19 ci si sposta in Corte Cavour con un doppio appuntamento. Alle 17 la scrittrice, editor e tra-

duttrice Beatrice Masini parlerà di editoria e in particolare di libri per l’infanzia. Mentre alle 18 si terrà l’incontro “Cameretta che già fosti un porto”: ipotesi sul futuro della letteratura in Italia con gli scrittori Nadia Terranova, Marco Franzoso e Andrea Gentile a dialogo con Alberto Rollo. Lunedì 20 ScruttuRa approda a Fusignano con l’editor Einaudi Paolo Repetti e il suo acclamato libro Esercizi di sepoltura di una madre (Mondadori) al Giardini del San Rocco, una serie di sketches familiari ironici e divertenti che giocano anche intorno all’essere ebrei oggi. Il giorno successivo, martedì 21, è la giornata di Bagnacavallo alle 18.30 con la docente di filosofia Michela Marzano al Chiostro delle Cappuccine e il il suo ultimo romanzo Idda (Einaudi). Mercoledì 22 ecco che il fetival arriva invece a Lugo e alle 20 ospita al parco geologico di San Potito Matteo Nucci e il suo L’abisso di Eros (Ponte alle Grazie). Un viaggio nell’antica Grecia e nella loro idea di amore, con un intellettuale raffinato e divertente. Giovedì 23 alle 18 Giacomo Papi presenta quello che è un piccolo caso letterario: Il censimento dei radical chic (Feltrinelli) al Chiostro del Carmine. Alle 21al Pavaglione invece ecco il ritorno di Elio dopo le Storie Tese con una commedia ironica sull’era digitale: Uaired (La Nave di Teseo). Con Elio anche il coautore Franco Losi. Venerdì 24 toccherà invece a Vanni Santoni con I fratelli Michelangelo (Mondadori) al Chiostro del Carmine alle 18, stesso posto e ora, il giorno successivo, sabato 25 maggio, per l’incontro con la scrittrice e voce di Fahrenheit di Rai Radio3 Loredana Lipperini che parlerà del suo viaggio nella letteratura del fantastico nel volume Magia Nera (Bompiani). Alle 21 al Pavaglione è di scena Stefano Benni con un reading dal suo recente Dancing Paradiso (Feltrinelli). Domenica 26 alle 18 è ospite Simona Sparaco, vincitrice della prima edizione del Premio Dea Planeta on il suo Nel silenzio delle nostre parole (Dea Planeta) al Chiostro del Carmine. Mentre alla 21 si torna al Pavaglione per il conduttore e autore tv Massimo Coppola qui in veste di autore di Un piccolo buio (Bompiani). Si torna infine a Ravenna per due appuntamenti di grande richiamo, il primo (data e luogo ancora in via di

definizione nel momento in cui andiamo in stampa) sarà quello con il cantautore e scrittore Vinicio Capossela che sarà impegnato con Alberto Rollo in una dialogo sulla letteratura a partire da La ballata del carcere di Reading scritto da Oscar Wilde nel 1898. Infine, un finale veramente da fuochi da artificio, il 3 giugno arriverà Jonathan Coe, acclamato autore inglese capace di raccontare come forse nessun altro i mutamenti della società inglese (e con essa di quella di tanta parte di Europa) nei suoi romanzi di cult, da La Famiglia Winshaw in poi. In particolare, il suo ultimo, come sempre divertente romanzo, Middle England, affronta (anche) il tema della Brexit. Durante il festival ci saranno inoltre eventi collaterali come mostre, tra cui quella di Davide Reviati (vedi pagina 20) e appuntamenti e laboratori dedicati ai più piccoli. Inoltre, non mancheranno i laboratori per gli adulti (per cui è necessaria l’inscrizione) tra cui quello di Alessandro Bonaccorsi di “disegno brutto”, la scrittrice Grazia Verasani e Paola Mammini sulla scrittura per il cinema. Il programma completo è visibile su www.scritturafestival.it e sulla pagina facebook ScrittuRa festival.

Al Pavaglione un reading di Stefano Benni da Dancing Paradiso

LA NOVITÀ Conversazioni intorno al cinema e alle serie tv con Alberto Rollo Novità importante di questa edizione sarà un percorso di alcuni appuntamenti curati da Alberto Rollo, per molti anni direttore editoriale di Feltrinelli e ora consulente per Mondadori, traduttore e autore finalista del Premio Strega 2018. Rollo ha convocato a Ravenna alcuni grandi autori per entrare nel vivo della scrittura legata al cinema. In particolare giovedì 16 alle 18 ospite di Rollo sarà Umberto Contarello alla Biblioteca Classense. Lo storico sceneggiatore premio Oscar, che ha lavorato con registi come Gabriele Salvatores e Paolo Sorrentino racconterà cosa significa pensare una storia per la pellicola. Sabato 18 alle 18 si parlerà invece di “Scrivere in serie” in Piazza Unità d’Italia con Alessando Fabbri, sceneggiatore di 1993, Francesca Longardi, produttrice Cattleya, e Ludovica Rampoldi, sceneggiatrice di Gomorra.


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lugo

AL CAFFÈ LETTERARIO ARRIVA (ANCHE) IL RISOLUTORE Incontri su narrativa, filosofia e psicologia Numerosi gli appuntamenti a Lugo con i libri nel mese di maggio, al di là Scrittura Festival (vedi pagina 26), grazie alla rassegna Caffè Letterario, sempre alle 21 all’Hotel Ala d’oro. Si comincia venerdì 3 maggio con Roberto Pazzi e il suo Verso Sant’Elena (Bompiani), un romanzo incentrato sull’arrivo di Napoleone a bordo della Northumberland. Il 6 maggio Gianna Schelotto con il suo Vorrei e non vorrei (Mondadori) un libro sulla difficoltà per tanti di fare scelte e capire cosa sia meglio per sé. Lunedì 13 maggio appuntamento con la filosofia (applicata al quotidiano) di Giuseppe Cambiano che ha dato alle stamper per Il Mulino Sette ragioni per amare la filosofia. Infine, il 31 maggio sarà (finalmente) la volta di Pier Paolo Giannubilo con il suo Il risolutore edito da Rizzoli e nella dozzina ancora in lizza per il premio Strega che prende spunto proprio dalla vicenda biografica di un noto lughese: Ruggero Manzoni, pronipote di Alessandro e cugino di Piero, in bilico tra realtà e allucinazione.

l’autore

FANTASMI E LEGGENDE TRA CAMPAGNA E MARE Due incontri con Eraldo Baldini

Due gli appuntamenti nell’agenda del noto autore e conoscitore di tradizioni romagnole Eraldo Baldini al momento in cui andiamo in stampa. Sabato 4 maggio alle 17.30 lo scrittore ravennate sarà alla Rocca di Montefiore Conca per presentare il suo recente volume Fantasmi e luoghi “stregati” di Romagna, ed. Il Ponte Vecchio. Sabato 25 maggio alle 18 invece sarà alla Casa Matha di Ravenna, in piazza Andrea Costa, per la presentazione della sua ultima fatica Romagna misteriosa. Storie e leggende di mare e di costa, ed. Il Ponte Vecchio.

CESENA L’illustratore di La vita davanti a sé in Malatestiana Domenica 26 maggio alla Malatestiana di Cesena nuovo appuntamento con la rassegna RisVolti. Alle 17 mell’aula magna l’ospite sarà Manuele Fior che presenta il libro illustrato La vita davanti a sé di Romain Gary (Neri Pozza), un magnifico romanzo di formazione nella Belleville “pre Pennac”, tra miserie e slanci di umanità, una storia dura e difficile che vede protagonista un ragazzino, Momò, figlio di una prostitua e affidato a Madame Rose, personaggio controverso, sopravvissuta ai campi di sterminio. Con questo romanzo originariamente pubblicato sotto pseudonimo, Roman Gary, di origine lituana, ha vinto il premio Goncourt nel 1975. Oggi Neri Pozza ha pubblicato l’edizione illustrata a colori da Fior che ne rinfresca e rinvigorisce l’attualità.


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parole LA ROMAGNA IN PAGINA

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il personaggio

L’esordio di Marescotti in libreria con i suoi “Fatti veri” Quando l’ingiustizia più assurda diventa verità: I vicini scomodi

Una raccolta di racconti dove riscoprire la cifra del grande attore, la passione per il dialetto e l’orgoglio della Romagna

di Federica Angelini

In questi tempi così difficili per l'antifascismo, dove imperversano semplificazioni, dove l'apologia di fascismo sembra sempre più considerata un'opinione e non un reato, dove il ministro dell'Interno liquida la guerra di Liberazione come un derby "tra fascisti e comunisti" raccogliendo consenso, dove il sentimento repubblicano e fondativo dello stato sembra ormai una roba da militanti di estrema sinistra, ecco, in tutto questo ci sono piccole storie che possono riportarci lì, a quegli anni nemmeno così remoti, a ricordarci come l'orrore è davvero accaduto, non solo sulle montagne tra i combattenti della Resistenza, ma nelle vite quotidiane delle famiglie. Anche qui, tra le nostre strade, in questa Romagna. È il grande pregio del libro I vicini scomodi (edizione Giuntina) uscito ormai qualche anno fa dalla penna del faentino Roberto Matatia, classe 1956, che racconta le vicende di alcuni suoi famigliari, una coppia di coniugi ebrei (lui greco da Corfù, lei turca ma italianizzata) che a Forlì avevano fatto fortuna come pellicciai. Nissim, questo il nome del capofamiglia, a differenza dei due fratelli non si rassegna all'avanzata dell'odio verso gli ebrei in quella fine degli anni Trenta. Decide di resistere e non fuggire, nemmeno quando viene chiamato a Bologna dove subisce pressioni sempre più forti per vendere la villa di mattoni rossi di Riccione. Villa che ha il difetto di confinare con quella villa Margherita acquistata di recente dal Duce e che appunto, soprattutto, ha il difetto di essere posseduta da una famiglia di ebrei. Tra le immagini più riuscite di questo libro, che sta tra la narrativa e la ricostruzione di fatti realmente accaduti grazie a documenti dell’epoca, ci sono sicuramente quelle a Riccione degli anni del fascismo, dove Nissim aveva clienti tra le mogli dei gerarchi. Dove Mussolini bacia la mano della moglie. In generale, l’arrivo del Duce, il deliquio delle folle, le divise, la roboante retorica fascista vista sulla spiaggia rappresentano scorci inediti e interessanti. Non c'è resistenza, non c'è eroismo in questo I vicini scomodi, il protagonista cerca di resistere al sopruso per incredulità, nella convinzione che non possa davvero accadere quello che sta accadendo soprattutto a lui, onesto lavoratore, fascista della prima ora. Dovrà inece pentirsi più volte di non aver compreso appieno quanto stava accadendo. Si troverà costretto a una fuga a Corfù e a un ritorno in clandestinità da migrante che fa inevitabilmente pensare ai naufraghi dei nostri tempi. Una famiglia felice che viene ferita e annientata nella sua quotidianità, da un'ingiustizia assurda eppure reale. Attorno, qualche essere umano che dà loro una mano senza troppo compromettersi e tanta, tanta solitudine. Per certi versi è un libro che idealmente, restando in Romagna, si collega a Il bambino del treno del ravennate Paolo Casadio (Piemme) che racconta una storia dove una famiglia felice viene travolta dall'orrore della storia, dell'olocausto. Quasi a dire che non basta ricavarsi il proprio angolo nel mondo, quando l'orrore rompe gli argini tutti possono essere travolti. Forse per questo Roberto Matatia è costantemente impegnato in un lavoro di memoria e testimonianza con i ragazzi delle scuole, e non solo. Un lavoro quanto mai prezioso, come questo libro, di cui, oggi più che mai, non possiamo che essergli grati.

Il consiglio è quello di tenere bene a mente la sua voce, la sua cadenza, immaginarlo mentre legge quelle parole, anzi le interpreta, e l'effetto è più o meno assicurato. Il primo libro di Ivano Marescotti, Fatti veri (Vague edizioni, Torino) appena uscito in libreria, è una sorta di continuum con la sua produzione orale, quella capacità di raccontare “fatti veri” della sua vita trovando una vena che sta tra il bar di paese, il trebbo e l'autobiografia letteraria. Il primo pregio di questo libro godibile è sicuramente la scelta di cosa raccontare. Marescotti non ci racconta tutta la sua vita, anzi, sceglie episodi singoli, distanziati da lunghi silenzi, che riescono però a darci l'idea di un tempo che è passato e di un mondo cambiato straordinariamente in fretta. Classe 1946, l'attore di Bagnacavallo ha vissuto appieno quel momento di passaggio, soprattutto per chi viveva in campagna, che tante volte è stato al centro anche del lavoro del conterraneo Eraldo Baldini. Sono decenni quelli del dopoguerra dove un mondo scompare e un altro si affaccia, più internazionale, più complesso, comico ma sicuramente meno poetico. Perché di certo i racconti, anzi i fatti veri, raccontati da Marescotti più covincenti e commoventi e anche forse divertenti sono quelli della sua infanzia, di un mondo fatto di orgoglio contadino e di miseria nera, di bambini ricoverati in ospedale per poter mangiare, di suore che riempiono le borse delle madri di famiglia (anche se non credenti) per nutrire i bambini, di valori e principi inossidabili e di certezze incrollabili. E così le avventure del giovane irrequieto Marescotti appaiono a tratti fin troppo spensierate e buffonesche, quasi a voler mascherare quella ricerca di un senso, quell'insofferenza per il lavoro in Comune a Ravenna che gli va sempre più stretto a cui pure fa più di un cenno. Del resto ben sappiamo che Marescotti riuscirà, ormai non più giovanissimo, nell’impresa di diventare un grande attore, lui da Bagnacavallo, in barba a Totò e alla celebre citazione per cui nessun attore può venire da Bagnacavallo. E in effetti la prima cosa che deve fare è sconfiggere quella cadenza tutta romagnola, per poi però diventare (anche) uno dei cantori più noti e apprezzati di questo dialetto, quello di Raffaello Baldini. A lui, a quell’attore di Bagnacavallo, dobbiamo infatti oggi la vitalità di questa lingua popolare e terrena che torna a vivere ormai più nei teatri che nei bar e che si respira anche nel racconto di questi “fatti veri”. In maggio il libro verrà presentato il 4 (ore 17.30) a Sant’Alberto (Casa Guerrini) e il 23 ad Alfonsine (alla rassegna del ristorantino Del Pino, vedi notizia in breve qui sotto). (fe.an.)

ALFONSINE Cristiano Cavina e il suo Ottanta rose mezz’ore al Ristorantino del Pino (ma la cena non è obbligatoria) La serata si intitola “Cenando e Librando, degustazione di libri”. Venerdì 3 maggio alle 19.30, appuntamento al Ristorantino del Pino, Via Valeria 58 Fiumazzo, ad Alfonsine, con Cristiano Cavina e il suo ultimo romanzo Ottanta rose mezz'ora, presentato da Federica Ferruzzi. Dopo le conversazioni, per chi volesse fermarsi, è possibile cenare. La cena non è obbligatoria, ma dal momento che i posti sono limitati chi si prenota per la cena avrà la precedenza. Per info e prenotazioni: 339 184 5208. Il 23 maggio appuntamento invece con Marescotti (vedi pezzo in alto).

CESENA Il commissario Guidi e quell’efferato delitto nella Rimini degli anni sessanta Il 3 maggio alle 18 alla libreria Ubik di Cesena Pierluigi Ronchetti presenterà il suo libro fresco di stampa Quando tutto comincia (Sem edizioni). Un testo particolarmente interessante a queste latitudini perché è ambientato sulla spiaggia di Rimini nell’estate 1960, quando fioriscono i locali e i venditori ambulanti, mentre molti privati trasformano le loro case in pensioni. Su questo mondo attivo e ottimista si allunga l'ombra scura di un efferato delitto su cui indaga il commissario Guidi, appena insediato a Rimini, che ha il compito di coordinare la Squadra mobile della città in vista del massiccio afflusso di vacanzieri.


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case editrici

Foschi, tra la riscoperta dei classici e la caccia ai nuovi talenti Nel catalogo della realtà forlivese, nata nel 2004, narrativa di varia tipologia, dal romanzo intimista al giallo storico, da Ugo Foscolo a Zola

C’è spazio ancora per la ricerca di nuovi scrittori? Nell’implosione del sistema di vendita, produzione, distribuzione libraria che ha visto la nascita di grandi monopoli, che controllano dalla creazione del libro alla sua vendita al dettaglio, rendendo difficile la presenza degli “altri”, alla chiusura di molte librerie indipendenti, alla rovinosa diminuzione dei lettori in questa distratta Italia, beh si direbbe di no. Eppure. Eppure anche in Romagna se si scava si incontrano editori che proprio sulle nuove voci, sulle “originali commistioni letterarie e i nuovi linguaggi” fondano la propria identità. Nati nel 2004 a Forlì, hanno all’attivo un discreto numero di titoli, che comprende sia nuove edizioni di letteratura, da Ultime lettere di Jacopo Ortis a Zola, ad autori sicuramente noti e meno noti e spesso esordienti. La tipologia è vasta. Partiamo dalla giovane Liliana Spadaccini, una forlivese di adozione approdata alla città romagnola dopo la laurea in Scienze Politiche, che esordisce con un romanzo intimista e di formazione, con al centro una protagonista femminile in cui molte si potranno riconoscere, proprio perché non c’è molta favola, ma prevale un entomologico realismo. Un’altra scrittrice dalle caratteristiche ambivalenti (nel vero senso della parola) comparsa da poco sul catalogo è Silvia di Giacomo che firma Lo stato di dio, romanzo distopico in cui si immagina un’Italia che rinuncia alla Repubblica e nel 2031 si ritrova a essere uno stato confessionale e bigotto. Ma l’aspetto ancora più interessante è che sotto il nome di Silvia si cela Leonarda Morsi, scrittrice erotica, che firma una sorta di controcanto o altra versione del medesimo libro con il titolo 2031. Amore peccaminoso in cui si concentra maggiormente sull’aspetto legato alla libertà sessuale negata e ovviamente contesa di questo immaginario futuro… un vero doppelgänger. Ma non è a quote rosa la selezione di Foschi, anzi quella gialla è sempre presente: così il thriller Senza fiato di Ettore D’Alessandro, che ha tutti gli ingredienti dell’hard boiled, completa la panoramica delle ultime uscite: detective malato di cancro ai polmoni indaga su relazione dell’amata sorella con ambiguo italiano a Santo Domingo. L’ambiguità era ovviamente foriera di cattive abitudini… italiani brava gente insomma. Il giovane attore e cineasta autore del romanzo sta preparando anche la versione cinematografica, dopo la fortunata esperienza di Sambà, di cui è stato anche produttore oltre che interprete. Un elemento curioso: anche nel caso di questo film c’è il protagonista che torna a Santo Domingo dopo 15 anni e un italiano diventa il suo allenatore di boxe che gli concederà una seconda chance. Come se lo schema dei personaggi fosse una struttura fissa, in cui come consigliava Calvino, si può inserire qualsiasi storia variando solo alcuni parametri. Poi c’è anche Daniele Bondi che con il suo Il caso Cartesio, giallo storico che indaga su uno dei misteri meglio celati del ‘600, ovvero la morte del grande filosofo e matematico, ribalta in parte lo stereotipo del piccolo editore che fa da apripista, visto che è stato edito prima da Rusconi e poi dall’editore romagnolo. Infine, una piccolissima area è legata all’editoria che racconta il territorio: una scelta originale da parte di questa casa editrice. Uscita proprio quest’anno, La Romagna di Pierluigi Moressa, è una guida storico-artistica che comprende anche la straniera San Marino. Lo psicanalista e psichiatra di Forlì collabora da tempo con Foschi e ha pubblicato numerosi articoli e saggi per Raffaelli, per la stampa locale e non, ed è sicuramente una garanzia sulla qualità dello sguardo su un luogo che è prima di tutto un’idea. L’idea di Romagna, nata dalle intuizioni di alcuni uomini che portano nomi come Pascoli, ma anche Fellini, Guerra, Pedretti, ha come tutte le idee bisogno prima di tutto di essere raccontata, scritta e produrre pensiero per sopravvivere. Anche quando riedita i classici. Elettra Stamboulis

Un’area delle pubblicazioni è dedicata anche al tema della Romagna: tra i titoli una guida di Pierluigi Moressa

Roberto e Denise vi aspettano all’Osteria Malabocca, in un ambiente rinnovato ma sempre accogliente e famigliare, dove potrete scegliere tra i tre menu di carne, pesce o vegetariano con proposte sempre diverse di piatti che raccontano la stagionalità e le eccellenze del territorio. Le proposte dei menù possono anche essere scelte “alla carta” in aggiunta ad una selezione di piatti sempre disponibile ma preparato ogni giorno, come il pane! Piazza della Libertà, 15 Bagnacavallo (RA) - Tel. 0545 64468

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sapori

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tradizioni

La graticola, un vero e proprio rito per celebrare con gli altri la sorte propizia La cottura sulla griglia riporta il gesto culturale della cucina a una natura che non conosce complicazioni di Giorgia Lagosti

Se c’è un rituale in cucina, una consuetudine che accomuna tutte le varie tradizioni regionali italiane, è la cottura sulla griglia, in graticola per noi gente di Romagna. Sì perché sulle braci ardenti si ripercorre la semplicità di un gesto arcaico, quello degli uomini antichi che, una volta scoperto e addomesticato il fuoco, ne fecero lo strumento di un’alimentazione semplice, molto lontano dalle elaborazioni che nel tempo avrebbero reso complessa l’arte gastronomica. Furono loro i primi a cuocere carni e pesci (raramente vegetali e radici) sul fuoco e questo tipo di cottura, quasi a memoria delle origini, è arrivato inalterato fino ai nostri giorni. Fu intorno al 400.000 a.C. che i primitivi scoprirono che, cuocendo il cibo sulle braci, esso risultava più gradevole, digeribile e anche più duraturo nel tempo. Questa scoperta segnò l'inizio della storia della cucina come la intendiamo noi oggi. Da allora il fuoco entrò abitualmente a far parte della vita dell'uomo tanto che ne mutò la genesi e l’evoluzione: è risaputo, infatti, che gli ominidi prima della scoperta del fuoco, avessero grosse mascelle, robuste dentature e piccola scatola cranica. Con l'avvento della carne cotta, invece, il cranio iniziò a modificarsi diventando sempre più grande e le mascelle sempre più piccole. Con il fuoco l’uomo divenne più uomo e il rito della griglia entrò nella quotidianità. E

LA CURIOSITÀ L’origine esotica della parola “Barbecue” È esotica l'origine della parola “barbecue” che, in tutte le lingue del mondo, mantiene lo stesso significato: indica la cottura di cibi su braci ardenti. Questo termine inglese (abbreviato nei paesi anglosassoni con la sigla “bbq”) secondo l'Oxford English Dictionary, deriva probabilmente da “barbacoa”, termine con cui gli Indiani Caribi identificavano una griglia di legno fissata a dei tronchi sotto la quale veniva acceso un fuoco per affumicare la carne. Il luogo in cui era posto si chiamava “bucan” e l'azione “bucanier” significava sia arrostire che affumicare. Un’altra ipotesi invece sostiene che “barbecue” derivi dal francese “de la barbe à la queue” cioè cuocere un animale tutto intero infilzandolo con lo spiedo, “dalla barba alla coda” per l’appunto.

non è una esagerazione parlare di rito: l’inconfondibile profumo delle carni sulle braci e il sapore forte della reazione di Maillard non sono solo il raggiungimento del “buono” ma c’è qualcosa di più, qualcosa che si sarebbe tentati di chiamare celebrazione. Non è forse vero che le occasioni per la grigliata sono quasi sempre legate a momenti di festa? Sia che sia un compleanno, o una ricorrenza, o la conquista di un traguardo, o semplicemente l’arrivo delle vacanze, se il clima lo permette, si accende il fuoco (o anche solo la carbonel-

la), si mettono insieme un po’ di persone e si cucina la carne. E così come un tempo si festeggiava il buon esito della caccia, la sopravvivenza e la sorte propizia, oggi come allora si condivide un successo centrato e la fratellanza. In questi passaggi i connotati del rito ci sono tutti. E qui emerge la dimensione collettiva che ha sempre accompagnato il rito sociale del pasto come simbolo del gruppo, della sua coesione, della solidarietà che unisce nello sforzo di procurarselo attraverso la caccia e nel pia-

cere di consumarlo insieme. La “voglia di compagnia” che pare essere la prima motivazione degli inviti alle grigliate di oggi è l’immagine di una dimensione solidale che da sempre accompagna la vita degli uomini. Il rito della sopravvivenza non si celebra da soli. E questo, noi gente di Romagna, lo sappiamo bene. Ancora, c’è il luogo della griglia che non è mai relegato fra quattro mura ma sta all’aperto: non è quindi solo una contingenza climatica, ma una condizione originaria e indero-

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gabile. La graticola vuole uno spazio all’aperto qualunque esso sia: ecco allora che vanno bene il cortile o il giardino, il parco o il bosco o ancora la terrazza o la spiaggia (leggi vigenti permettendo). Esterno alla casa, alla cucina, alla “domesticità” delle pentole, delle padelle, dei tegami e dell’acqua che vi bolle dentro. Il luogo della grigliata vuole il cielo sopra alla testa, è lo spazio “selvatico” della foresta. Infine, sulla griglia, la preparazione del cibo tende a cambiare genere: se la nostra storia alimentare ha posto la donna al centro della

Il luogo della grigliata vuole il cielo sopra la testa, è lo spazio “selvatico” della foresta cucina di casa, la graticola (o lo spiedo) è per definizione “un affare da maschi”. È l’uomo che fa il fuoco, che sceglie i tempi e

IN RIVIERA La Rustida, “braciolata” di pesce

LA RICETTA I sardoncini in graticola

La rustida, in Romagna, altro non è che la versione marinara della braciolata o grigliata di terra, inderogabilmente preparata su una grande graticola posta su adeguati fuochi (i foconi). È sinonimo di pescatori, di ferri roventi, di carboni ardenti e di profumo di pesce fresco che sfrigola sulla brace. La rustida è la Romagna della Riviera. Legata al pescato quotidiano dell’Adriatico, quindi soprattutto pesce azzurro, prevede anche, per tradizione, sogliole, rombi, sgombri, spiedini di calamari e di seppioline. Ma, come sempre per i piatti “sociali”, le varianti sono tantissime. La caratteristica però che fa unico questo piatto romagnolo è una sottile e leggera impanatura di pangrattato, olio, aglio e prezzemolo, che rende tutto croccante fuori e umido all’interno e che dona un leggero gusto di gratinato. Il pane quindi protegge il pesce e gli conferisce un sapore inarrivabile.

Ingredienti per 4 persone 60/80 sardoncini (acciughe o alici) (di solito se ne mangiano dai 15 ai 20 a testa), 150 grammi di pangrattato fresco, un mazzetto di prezzemolo fresco 2 spicchi di aglio piccoli, olio extra vergine di oliva, sale marino integrale. Preparazione Cominciare preparando la panatura: frullare pangrattato, prezzemolo e aglio poi completare con sale e olio e amalgamare bene tutti gli ingredienti. Poi pulire con cura i sardoncini, togliendo la testa, le viscere e la lisca centrale. Ora lavarli, asciugarli e passarli nella panatura. Dovrà essere un leggero passaggio in quanto il pangrattato condito dovrà restare solo come un velo sul pesce.Infine porre i sardoncini sulla griglia ben calda per un periodo che va da un paio di minuti per lato ad un massimo di 5: dipende dalla grandezza dei pesciolini. Vanno mangiati caldissimi e rigorosamente con le mani!

le modalità della cottura. È lui a cui è stato concesso l’intuito per capire quando porre i tagli sulle braci e quando toglierli. È lui che detiene la conoscenza semplice e lineare, priva di elaborazione, per la cottura sul fuoco. La griglia, come sostituisce lo spazio esterno a quello interno alla casa, sostituisce anche l’uomo cacciatore alla donna azdòra. Il primo porta a termine una cucina immediata, senza parole, senza tegami, senza acqua, senza olio, con il solo uso del fuoco e di un pezzo di ferro sul quale posare la carne cruda

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mentre la seconda pensa a come cucinare il cibo, crea passaggi e rispetta tempi di riposo, cura le sue preparazioni. La griglia riporta il gesto culturale della cucina a una natura che non conosce complicazioni di tecniche o strumenti; che non conosce, in senso proprio, l’arte di cucinare, ma si accontenta di cuocere il cibo, senza impedimenti, senza il “peso” della civiltà. E se è vero che la civiltà l’hanno fatta le donne, per questa volta, dovranno farsi da parte! (cit. Massimo Montanari).


I / speciale maggio 2019

un’estate piena di divertimento porto corsini

porto corsini

BUONA MUSICA IN SPIAGGIA AL BAGNO QUEVIDA: DRINK E BALLI TUTTE LE DOMENICHE CON BAND DAL VIVO

BARBAGNO: RELAX E BONTÀ IN RIVA AL MARE

Que Vita al QueVida ad Port Cursen! Il calendario dell’estate di Porto Corsini si riempie di musica: al Bagno Que Vida tutte le domeniche si balla con la musica da vivo dalle 16.30. Le domeniche, ma anche i festivi, infatti si parte dal mercoledi primo maggio con il trio Mezcal, sempre dalle 16.30 per accompagnare l’aperitivo in spiaggia. Il 5 maggio è la volta dei VooN Washington 4tet, si prosegue ancora domenica 12 con i Tijuana Horror Club, mentre il 19 maggio il palco sarà animato dal sound dei Fake Jam e per finire, domenica 26 maggio, si balla con i Lame da Barba. Lo stabilimento è aperto anche tutti i sabati sera, per fare serata in allegria e mangiare in spiaggia! Sabato sera e domenica il QueVida propone anche la Pizzeria. Ormai l’estate sta arrivano e lo stabilimento è aperto tutti i giorni, dalla colazione alla cena.

A Porto Corsini, ultimati i lavori di allestimento, l'estate del Barbagno può entrare nel vivo e Sara e il suo staff vi aspettano con le proposte del ristorante aperto a pranzo e per gli aperitivi serali. L’aperitivo in spiaggia è un must dell'estate, musica e un cocktail di qualità che Sara, che ha seguito diversi corsi da barman, prepara con maestria: non resta che l'imbarazzo della scelta tra le tante proposte disponibili. La spiaggia è attrezzata con tante soluzioni e gazebo per il massimo confort e relax. Da fine maggio inizieranno anche i concerti e il 31 è in programma la prima festa Afro della stagione con dj Riki, dj Shamah and Denis live precussion. Sarà una stagione intensa anche per gli sportivi, sulla pagina facebook tutti gli aggiornamenti per i tornei e gli eventi.

E il 31 maggio via alle danze con una scatenata festa Afro

marina di ravenna

AL PETER PAN I CONCERTI DEL SABATO POMERIGGIO, PER UN'ESTATE CHE È GIÀ ENTRATA NEL VIVO Al via dal 4 maggio le esibizioni live in spiaggia di band rock, blues e folk Tornato finalmente in piena attività con l'apertura a Pasqua, il Bagno Peter Pan di Marina di Ravenna torna anche con gli appuntamenti live che accompagneranno per tutta l’estate l'ora dell'aperitivo del sabato pomeriggio tra soul, blues, swing, rock, folk. Si comincia infatti il 4 maggio con i Silver Combo con il loro rock’n’roll e rhythm and blues anni Cinquanta e Sessanta con un repertorio di musica inglese e americana che non disdegna gli accenni allo swing. L’11 maggio sarà invece la volta di Al & Jay and the StoneCrazy, una miscela esplosiva, fresca e originale con un frizzante sound che è una mix di blues, reggae e funky con originali testi in italiano e spagnolo. Nasce inizialmente come duo composto dal sassofonista Alessandro Brunetta (sax tenore, armoniche, piano) e il cantautore Jay Zonta (ukulele, chitarra, armonica, kazoo, voce) a cui presto si aggrega la solida e speciale sezione ritmica “The StoneCrazy” composta da Riccardo Rampazzo al beatbox e Loris Tagliapietra all’ukubass. Il 18 maggio ecco il ritorno di The Lu Silver String Band, il progetto del cantante Luca Donini in arte “Lu Silver”, ex cantante dell'hard rock band Small Jackets, al momento in studio per il terzo album in uscita a giugno che si spingerà verso un suono più rock’n’ roll, portando avanti un'ideologia “pub rock” dove il soul e il blues saranno in perfetta sintonia con le nuove idee. L’ultimo sabato di maggio si chiude poi con il folk dei Gattamolesta tra balkan sound e turbofolk, tarantelle e gipsy country. Insomma, al Peter Pan l’estate, è proprio il caso di dirlo, è già entrata nel vivo.


II

maggio 2019

marina di ravenna

casal borsetti

NEL NUOVO BARETTO, OLTRE ALLA BREZZA, ALLA VISTA SUL CANALE E BUONI DRINK ORA SI PUÒ GODERE ANCHE DI UNA RISTORAZIONE DI QUALITÀ, DI TERRA E DI MARE Il locale, dispone di 70 coperti fra interno con vetrata ed esterno per la colazione, pranzo e cena La brezza del molo è sempre quella. Lo spirito pure, anche se il locale è cambiato molto rispetto a quello che nel 2008 salutava la passeggiata sulla palizzata di Marina di Ravenna. Il Baretto, che ha riaperto i battenti a fine marzo, si è rinnovato e ora punta anche sulla ristorazione. I clienti hanno risposto molto bene alla novità introdotta dalla famiglia Moretti che da 22 anni gestisce il locale di Marina di Ravenna. «La ristorazione – spiega Alberto Moretti, uno dei titolari – era arrivata sia dai nostri clienti e ci era stata anche suggerita da Autorità Portuale. Anche da parte nostra c'era la voglia di sperimentare in questo senso. Per noi è un ritorno alle origini, in fondo: prima di gestire il Baretto la mia famiglia ha avuto per molti anni un ristorante al porto». Così con il progetto del nuovo locale – attesissimo dai ravennati – è nato anche per venire incontro a questa necessità: un luogo in cui passare potenzialmente ogni momento della giornata, dalla colazione all'amaro post cena. Il Baretto è oggi un luogo che offre una vista unica: l'unico ad essere costruito su un porto canale commerciale, con i giganti del mare che passano a pochi metri e le navi da crociera ormeggiate dall'altra parte del Candiano. «Quando passa una nave è come se tutto si fermasse», commenta Alberto proprio mentre transita lentamente un gigantesco mercantile. Il Baretto ha oggi 70 coperti, quaranta all'interno e trenta all'esterno. Grazie all'enorme vetrata che si affaccia sul canale la vista è la stessa e si deve scegliere soltanto se godere o meno della brezza marina. In cucina lavorano due cuochi, assunti appositamente per questo nuovo corso, e le specialità sono sia di pesce sia di carne, con un menù vario che regala ogni giorno qualche piccola novità. Il bar ristorante resterà aperto sia in estate sia in inverno, senza paura delle stagioni più fredde (per pranzare o cenare è sempre meglio prenotare al numero 0544 531664. Per non perdersi nemmeno un appuntamento l’invito è quello di iscriversi al gruppo Facebook Il Baretto di Marina ). Del resto il Baretto ha una clientela affezionata: «Da quando abbiamo riaperto abbiamo notato tra i clienti tanti volti che non vedevamo dal 2008, da quando cioè era stata abbattuto il vecchio locale. Segno che il luogo fa la differenza, anche se fino a pochi mesi fa eravamo solo qualche decina di metri più in là. Ci sono però anche tante facce nuove che sono venute magari per curiosità e si sono innamorate del posto». È ancora presto – dice il titolare – per fare un confronto con la Marina di dieci anni fa ma i segnali sono incoraggianti: «La risposta è stata ottima, anche per quanto riguarda la ristorazione, un servizio su cui ovviamente puntiamo molto. Nel vecchio Baretto facevamo soltanto panini e poco altro mentre ora vogliamo distinguerci per un'offerta di qualità anche culinaria». Il resto lo fa la voglia di lavorare – il Baretto apre alle 6 di mattina e nelle sere più affollate arriva anche a chiudere alle 4 – e un'atmosfera magica, col faro alle spalle e gli occhi puntati verso il mare.

MOSQUITO COAST 20 20 VOLTE ESTATE!

IN OCCASIONE DEI 20 ANNI dello stabilimento balneare Mosquito Coast 20 - Marina Di Ravenna, abbiamo programmato per voi un'estate intensa, ricca di eventi! Dai classici LIVE DOMENICALI per l'APERITIVO, alle SERATE CULINARIE, e DJ SET

MARINA DI RAVENNA - Viale delle Nazioni, 194 Info e prenotazioni: 0544 530854 / 346 6610639 MOSQUITO COAST 20 MOSQUITO_COAST_20

PESCE SEMPRE FRESCHISSIMO E SPECIALITÀ SICILIANE DAI PRIMI AI CANNOLI, DELIZIE DELLA NUOVA GESTIONE DEL BAGNO CALIPSO Ha inaugurato a Pasqua la nuova Gestione del Bagno Calipso con interessanti novità in particolare in cucina dove, oltre alle proposte di pesce realizzate con il pesce freschissimo del territorio, potrete trovare le specialità della cucina siciliana: pasta con le sarde, piatto richiestissimo dai clienti del campeggio che Concetta gestisce da anni, e le orecchiette con scampi, fior di capperi e olive taggiasche. Vasta scelta anche per finire il pranzo in bellezza con i dolci, in particolare i cannoli siciliani ripieni di crema pasticcera e ricotta. I campi da beach tennis e volley aspettano nella vasta spiaggia attrezzata anche con tanti giochi per i più piccoli! Un bagno a dimensione di famiglia adatto anche per i giovani per un aperitivo in riva al mare.


III

maggio 2019

marina di ravenna

ALL’OASI BEACH TANTE COSE BUONE VISTA MARE E LA DOMENICA UN BRUNCH PIENO DI RITMO Ricco buffet dolce e salato, bevande rigeneranti e soul music dal vivo. E in serata invece il rito piacevole dell’aperitivo

casal borsetti

SULLA SPIAGGIA DEL BAGNO OVERBEACH, L’ESTATE SE LA GODONO IN RELAX ANCHE GLI AMICI A 4 ZAMPE Lo stabilimento balneare ha un’area riservata ai proprietari di cani A Casalborsetti c’è il posto ideale per andare in spiaggia con i cani. Per chi viene da lontano o per chi vuole passare una vacanza in riva al mare senza rinunciare alla compagnia del il proprio cane all’albergo Bella Romagna, si può alloggiare in camere dotate di ogni confort anche per i propri amici a 4 zampe e disporre di una sala per colazioni e ristorante con l’accesso per i cani. Per godere a pieno della spiaggia, anni la gestione dell’albergo Bella Romagna, gestisce anche il primo bagno che trovate arrivando a Casalborsetti: il bagno Overbeach. Qui è possibile trascorrere le giornate in spiaggia in compagnia del fidato amico peloso, che può stare sotto l’ombrellone con i propri proprietari, inoltre proprio a fianco allo stabilimento si trova il tratto di arenile comunale in cui i cani possono fare il bagno.

L’Iva aumenta? Al Bagno Saraghina non la paghi! SCONTI per i lettori di 20% SUI SERVIZI SPIAGGIA 10% SUI SERVIZI BAR Offerta valida per il mese di maggio, non valida sui pacchetti stagionali

VIALE MATELDA 2/A • LIDO DI DANTE • Tel. 392 0826915 Seguici sulla pagina Facebook

Saraghina - Beach and Restaurant

La ricetta è semplice al Bagno Oasi Beach di Marina di Ravenna: spiaggia, cibo e musica live con la gestione di Marco e Simona Di Marco, fratelli che condividono famiglia e passione per il loro lavoro e per fare cose belle e buone. Infatti il loro stabilimento balneare è davvero bello e originale, sembra di essere in un locale di una città europea, Berlino o Parigi se non fosse per quella vista mare che ti cattura e ti fa risentire subito a casa. In cucina Simona propone un menu tradizionale e innovativo e un menu vegano riuscendo ad accontentare davvero tutti. La proposta speciale della domenica si chiama Soul Music Brunch! A partire da mezzogiorno troverete un buffet straordinario, prima salato e poi dolce accompagnato da bevande rigeneranti e da ottima musica live. Domenica 28 aprile: Carlos Forero y Andres Langer “Cumbia Poder” Domenica 5 maggio: Baobab Domenica 12 maggio: Messalina Fratnic & Riccardo Ferrini Questo il programma delle domeniche di primavera perchè “dovremmo avere tutti una primavera vista mare” e l’Oasi Beach la garantisce con cibo di qualità e musica tutta da godere. Il bagno è aperto sabato e domenica a pranzo dove si può pranzare dalle ore 13. Da maggio l’Oasi sarà aperta a pranzo tutti i giorni e da giugno anche a cena il giovedì, venerdì e sabato sera. Domenica sera non manca mai la proposta di un buon aperitivo.


IV

maggio 2019

marina romea

LA SPIAGGIA DEL BAGNO POLKA È GIÀ CALDISSIMA FRA SUONI, BALLI E BUONA CUCINA

PETER PAN

FINISTERRE BEACH

viale delle Nazioni 260 - bagno 36 Marina di Ravenna (RA) Tel. 0544 530402 FB: Bagno PeterPan www.peterpan36.com

viale delle Nazioni 242c - bagno 28 Marina di Ravenna (RA) Tel 0544 530970

OASI BEACH

Viale delle Pace 462 Marina Di Ravenna Tel 338 125 2177 Fb: OasiBeach

• marina di ravenna

AL FINISTERRE BEACH RISUONA IN RIVA AL MARE LA GRANDE TRADIZIONE DELLA MUSICA JAZZ Tutti i sabati dal 4 al 25 maggio concerti live con band e solisti d’eccezione per “Marina di Ravenna Jazz” “Marina di Ravenna JAZZ“ porta la buona musica jazz in spiaggia. Nel mese di maggio, storicamente legato al festival di Ravenna, si alterneranno sotto le vele del Finisterre artisti di fama che proporranno progetti musicali originali, fonderanno la musica jazz con altri generi, reinterpreteranno celebri brani italiani e internazionali. Il festival si terrà al Finisterre Beach e vede la direzione artistica di Messalina Fratnic. Sono quattro i concerti in programma che si svolgeranno tutti di sabato dalle 13.30. Ecco il calendario: Sabato 4 maggio: COCO MANHATTAN TRIO soul, jazz, latin brazilian e funk. con Alex Scala (sax), Mecco Guidi (organ & keyboards), Luca Florian (drums & percussions). Sabato 11 maggio: SARA JANE TRIO concerto presentazione dell’album “In mancanza d’aria”, un progetto che omaggia il Brasile cercando nell’infinita produzione del grande paese sudamericano, nelle discografie delle sue più belle voci, come Ellis Regina, e dei suoi autori migliori come Tom Jobim. Sara Jane Ghiotti (Birmingham, 1982) è cantante, arrangiatrice, compositrice, autrice, direttrice di coro e insegnante di jazz. Ha partecipato a svariati festival e rassegne, tra cui l’Artusi Jazz Festival con la Roost Big Band e Fabrizio Bosso diretta da Roberto Rossi e il giordano Jerash International Music Festival. Sabato 18 maggio: SILVANA SWING TRIO repertorio di Italian Old Swing Sabato 25 maggio: LAURA AVANZOLINI PIANO SOLO recital “Fe_Male Characters” con Laura Avanzolini (voce e pianoforte) “Fe_Male Characters” rappresenta bene il duplice gioco tra caratteri maschili e femminili, il titolo stesso del progetto in solo proposto da Laura Avanzolini rivela nuove inflessioni nelle canzoni di David Bowie, Billy Joel, James Taylor, Stevie Wonder, Simon & Garfunkel, Sting, Luigi Tenco, Bob Dylan e molti altri. Il tutto impreziosito dal fil rouge del jazz e del blues, in cui Laura Avanzolini si muove con eleganza e esperienza. Durante i concerti sarà possibile pranzare presso il Finisterre Beach che propone una cucina originale e in continua evoluzione in un’atmosfera di totale relax.

Anche se non è ancora estate, al Bagno Polka di Marina Romea la spiaggia è già caldissima: tanti eventi e tanta voglia di divertirsi, a maggio il calendario degli eventi è ricchissimo! Eccolo qua:

Viale delle Nazioni 194 Marina Di Ravenna Tel. 0544 530854 Fb: MosquitoCoast20

BARETTO

QUEVIDA

Mercoledì 1 maggio, ore 16.30 FAKE JAM Fank/Soul Domenica 5 maggio, ore 16.30 THE SPACEPONY Alternative Indie Domenica 12 maggio, ore 17.00 THE SHIVAS Garage, Rock & Roll Domenica 19 maggio, ore 17.00 COLIBRI’ 4et Funk, Jazz Domenica 26 maggio, ore 17.30 NEW COLOUR Soul, Boogaloo, Crossover A fare da cornice a questi eventi la lunga spiaggia in cui rilassarsi, magari gustando un aperitivo con la musica dal vivo o con i dj set, fare sport o gustare i piatti del ricco menu proposto dal ristorante. E per essere protagonisti, continua il contest Instagram “Polka50marinaromea” Scatta i tuoi momenti al Polka, caricala nel tuo profilo con l’hastag #mypolka e partecipa al contest. Ogni settimana, la foto più bella, riceverà un piccolo premio e sarà pubblicata sulla pagina del Bagno Polka

MOSQUITO COAST

Via molo Dalmazia 89/a Marina Di Ravenna Tel. 0544 531664 Fb: Il Baretto

via Teseo Guerra 29 Porto Corsini (RA) Tel. 340 4611262 FB: QueVida www.spiaggiaquevida.com

BARBAGNO6

POLKA

Via Teseo Guerra 31 Porto Corsini Fb:barbagno6

viale Italia, 83 Marina Romea (RA) Tel. 0544 446606 FB: Polka www.polka50.com

OVERBEACH

CALIPSO

SARAGHINA BEACH AND RESTAURANT

via Ortolani, 1 Casal Borsetti (RA) Tel. 0544 445600 Email: info@overbeach.it via Ciceruacchio, 58 Casal Borsetti (RA) Tel. 0544 445400

viale Matelda, 2/a Lido di Dante (RA) Tel 392 0826915 FB: Saraghina-beach and restaurant Email: direzione@bagnosaraghina.it



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