Lettera aperta - Prof. Fabrizio Fornari

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A TUTTI I MASSOFISIOTERAPISTI LETTERA APERTA Perugia, 28 Febbraio 2013

Da più di dodici anni oramai ho l’onore e l’onere di rappresentare l’Istituto Enrico Fermi che i miei genitori fondarono alla fine degli anni Cinquanta prima a Piacenza e poi a Perugia. Non è certo questa la sede per descrivere quanti e quali sforzi siano stati fatti per mettere a regime una struttura, operante peraltro in diverse Regioni, che oggi, con i suoi 230 docenti e con la sua articolata rete di rapporti con più di seicento strutture sanitarie disseminate in tutto il territorio nazionale (Ircs, Aziende ospedaliere, Usl, Enti sia pubblici, sia privati), è anche sede di eventi di alta formazione universitaria, nonché Centro di Ricerca convenzionato, dal 2009, con la Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Perugia (che proprio di recente, detto per inciso, ha celebrato i Settecento anni dalla sua nascita). Tuttavia, è sicuramente questa la sede per fare il punto della situazione su uno dei Corsi più importanti gestiti dallo stesso Istituto, ossia il Corso per massaggiatori - massofisioterapisti. Benché me ne occupi da diversi anni, è la prima volta che intervengo direttamente in una sede pubblica sugli aspetti e sui temi che riguardano la figura professionale del massaggiatore massofisioterapista. Lo faccio per prendere ufficialmente posizione in ordine alla recente costituzione di una nuova associazione di categoria e ai suoi progetti, almeno per la parte in cui essi, per quanto dettomi dai Suoi stessi fondatori, mi sono noti. E lo faccio per deprecare uno stile di azione, non certo messo in atto da questa nuova associazione, fatta da persone che conosco e sulla cui serietà non ho alcun motivo di dubitare, ma da chi la sta impropriamente usando come strumento per sue, almeno credo, rivalse personali. Fermo restando il fortissimo legame che in ogni Stato civile e avanzato esiste tra i soggetti formati e le strutture della formazione (soprattutto se queste ultime operano totalmente in regime di accreditamento istituzionale e, entro vari livelli di formazione e aggiornamento, con Enti quali le Regioni, le Province, le Direzioni Scolastiche Regionali, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute), e ferma restando pure la legittimazione giuridica ad agire da parte dell’Istituto ogni qualvolta sia in discussione la piena validità ed efficacia dei titoli e diplomi da esso rilasciati, intendo qui


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subito precisare che questo mio intervento sarebbe del tutto fuori luogo se il suo senso fosse quello di commentare la nascita di una nuova associazione, dicendo la propria in merito a politiche associative e scelte strategiche volte a tutelare la categoria stessa. Si tratterebbe, infatti, di un’interferenza gratuita, ossia di una indebita ingerenza. Tuttavia, come si vedrà, il presente intervento, lungi dal risolversi in ingerenza, si rende necessario perché più volte l’Istituto è stato messo al centro del discorso con i propri interlocutori dalla neonata associazione, e mai, in modo positivo o quantomeno equilibrato, se si escludono fugaci interventi di studenti o diplomati (interventi perlopiù subito rimossi), nonché quelli del Suo Presidente. L’associazione in questione intenderebbe tutelare massaggiatori, massofisioterapisti e massaggiatori sportivi. Sebbene essa sia nuova, non nuovi al mondo dell’associazionismo non riconosciuto sono i suoi fondatori. Tutti frequentatori dell’Istituto Fermi, a vario titolo, due di loro sono addirittura stati presidenti di due delle quattro associazioni più rappresentative sul territorio. Per capire che cosa volevano in precedenza, basta guardare i ricorsi che hanno fatto e le battaglie che hanno e, mi permetto di dire, abbiamo vinto. Oggi però, dimentichi di tutto e delle tante cose positive accadute per stabilizzare il profilo, denunciano tante criticità e, aggiungo pure, legittimamente, vogliono altro. Su questo volere altro qui non mi pronuncio. Ciascuno ha i propri interessi, le proprie strategie, i propri obiettivi. Mi pronuncio però sul come lo vogliono ottenere. Mi pronuncio, cioè, sul modus operandi di un gruppo d’unione e di un’associazione che tollera e non prende le distanze dall’atteggiamento rissaiolo e terroristico, celato dietro un linguaggio ridondante e pseudogiuridico, di un soggetto che parla anche a nome della stessa associazione. Riassumendo in breve lo stato delle cose: si crea nel tempo un gruppo di interesse su Facebook, al fine di scambiare opinioni sulle questioni che riguardano la categoria dei massofisioterapisti (com’è giusto che sia, visto che ogni profilo professionale ha decine di questioni aperte e conflitti interni, anche dovuti alle tensioni per esigenze di visibilità e di controllo nell’ambito della propria categoria). In questo humus, si inserisce l’attività della neonata associazione, che tramite Facebook cerca di trovare, così com’è giusto che faccia un’associazione che non vive di aria, iscritti per l’associazione stessa. Per questo motivo, sono stati chiesti e vengono tuttora chiesti contributi in denaro. Ripeto, più che legittimo. Legittimo e anche bello, utile, da incoraggiare. Ma con una crepa, una fessura, un’ombra, che con il passare del tempo è diventata pura oscurità.

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Lettera aperta a tutti i Massofisioterapisti Ma voglio procedere con ordine e non anticipare quello che è l’aspetto più sconcertante della vicenda che qui ci occupa, e che tuttavia ho già in qualche modo anticipato nell’incipit di questa mia nota. Nelle citate pagine di Facebook, vi è un soggetto che mette l’Istituto al centro di ogni discorso, trattandolo senza sconti direttamente o indirettamente come se fosse la causa di tutti i mali. Da un punto di vista psicologico ed esistenziale, le iniziative promosse da tale soggetto potrebbero avere un’agevole spiegazione: oggi più che mai, tutti noi siamo alle prese con problemi di ogni tipo – dalla crisi economica a quella culturale e identitaria – e siamo alla spasmodica ricerca di un capro espiatorio. Ci può quindi stare che quel soggetto si senta turbato dal quadro generale della situazione e cerchi nel Fermi il suo capro espiatorio. Il punto però è che non sempre il capro espiatorio individuato è disposto a farsi trattare come tale, soprattutto se chi lo denigra e ne annuncia la prossima estinzione (che in termini di scuola si traduce in “chiusura” dell’attività – ipotizzata per gli effetti della cosiddetta “legge Gelmini”, che tutto può determinare, ma non può certo incidere sulla ripartizione delle competenze in ordine alla potestà autorizzativa delle Regioni) è un professionista che esercita la propria professione e le sue rivendicazioni solo in virtù del titolo che l’Istituto gli ha rilasciato. Diciamolo con una metafora: entro una sorta di compulsivo vampirismo, il sopradetto soggetto auspicherebbe la fine per dissanguamento di ciò che lo fa vivere e lo fa essere ciò che è (ma che, evidentemente, non vorrebbe essere). Dire che l’Istituto e le Scuole “chiuderanno” è una cosa grave. Lo è dal punto di vista legale – con conseguente diritto ad agire presso le Procure competenti. Lo è dal punto di vista morale. E lo è pure dal punto di vista culturale. Lo è da tutti e tre questi punti di vista perché chi ha usato la parola “chiudere” sa benissimo dove vuole andare a parare e quale scompiglio e danno di immagine vuole creare. Punti di vista, per farla breve, da mente criminale, dotata di spiccata attitudine a delinquere. Purtroppo per lui, devo però subito deluderlo: l’Istituto o le Scuole godono di ottima salute e, ad onta dei suoi proclami e dei suoi inviti minacciosi, non chiuderanno. Esse godono di una autorizzazione triennale (fino all’anno 2015-16); nonostante le illazioni che il soggetto di cui sopra insinua in ordine a tavoli tecnici che, tra l’altro e per fortuna, al Ministero esistono dall’epoca dell’era Bindi (1997/1998), era nella quale il Fermi di Perugia, non già quello di Ancona, avviato nel 1994, iniziò a formare il massofisioterapista, la figura continua ad essere centrale per la pianificazione della formazione del personale sanitario dell’Assessorato competente (in una regione, l’Umbria, che insieme al Friuli Venezia Giulia, ha il più alto

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tasso di anziani e circa 44.000 persone della terza età con gravi e seri problemi di mobilità); le recentissime sentenze del Tar Lazio confermano poi un quadro che è esattamente contrapposto a quello delineato nelle interlocuzioni di quel soggetto con il direttivo e gli aspiranti soci della nuova associazione; senza considerare che al di sopra delle sentenze definitive della magistratura amministrativa si erge la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 230 del 2011). Potrei continuare con molti altri provvedimenti e statuizioni recentissimi, dall’Antitrust alla Circolare del Comandante nazionale del Nas per finire al Piano riabilitativo della Regione Sicilia (che, sia detto per la cronaca, ha inserito tra le figure operanti nei Centri di Fisiochinesiterapia, accreditati con il Servizio Sanitario Regionale, la professione sanitaria di massofisioterapista). E dove, come in Campania, siano stati introdotti provvedimenti regionali restrittivi nei confronti dell’autonomia professionale del massofisioterapista,

l’Istituto,

insieme

all’Associazione

più

rappresentativa

dei

massofisioterapisti in Campania, e articolata anche in altre Regioni (il Simmas), è intervenuto, seguendo ininterrottamente i giudizi pendenti. Ma di questo non vi è traccia nelle interlocuzioni di cui sopra. Per carità, interlocuzioni di indubbio rilievo per la categoria, se non fosse appunto per l’Ombra che si è voluta insinuare nel gruppo, radicarvisi, fino a prenderne in mano l’intero controllo. Sì, perché quel soggetto è in realtà un’Ombra. Un’Ombra invitata? Un’Ombra presente fin dall’inizio come invisibile e occulto direttore d’orchestra? Non lo sappiamo, né ci interessa saperlo. Quello che sappiamo per certo è che ora si è posto al comando del gruppo, coinvolgendo il direttivo della neonata associazione. Che sia così è fuori da ogni dubbio. Basta leggere soltanto poche righe delle ultime, non ultimissime, direttive, proferite in tono militare dall’Ombra: “Bene, iniziamo la prima manovra. Questa è una mail che va (corsivo mio) inoltrata agli indirizzi ministeriali e regionali che vi indicherò. Ci permette di muoverci in anticipo sul nuovo assetto governativo”. E continua, sempre con perentorio e preoccupante tono militaresco: “la prossima lettera avrà questo tenore… oggetto, richiesta di stabilizzazione del diploma di massofisioterapista biennale mediante l’estensione dei benefici di equivalenza precostituiti per il titolo conseguito pre 99”… Toni, questi, da persona in stato di esaltazione, che istiga con coraggio verso imprese spericolate… ma è evidente che il gioco è si spericolato, ma per gli altri, per chi lo segue, non per lui. Lui è infatti un’Ombra, lui non ha identità. Anzi a dire il vero un nome ce l’ha, altrimenti non potrebbe avere un profilo in Facebook. Il punto è che è un nome falso. E il nome risponde a Silvia Forti. Ma Silvia Forti non esiste. Silvia Forti è un’invenzione. Silvia Forti in realtà è un uomo. Forse un uomo è troppo. Diciamo un

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maschio. Almeno sulla carta di identità. Quella vera. Che paradosso: un mitomane militarista, con la personalità di un pigmeo, che si fa chiamare con il nome di una donna e mette in rete due foto nelle quali appare esile, ben lontana dall’essere una che auspica, come ha scritto, bivacchi di protesta in Corso Vannucci con gli studenti del Fermi a base di vino, salsicce e prodotti tipici provenienti da ogni parte d’Italia. Lo sanno quasi tutti che Silvia Forti, sedicente ragioniera, sedicente laureata alla Cattolica non si sa in che cosa, non è Silvia Forti. Però mi chiedo: come è possibile che un’associazione consenta ad un incappucciato, a un personaggio anonimo, che agisce sotto falso nome, e che incita gli altri a fare quello che lui stesso non farebbe mai (della serie: “armiamoci e partite”), di guidare le proprie “manovre”? Perché l’insicura personalità del pigmeo travestito da gigante opera con il cappuccio e non mostra il suo vero volto? Che cosa teme? Non è preoccupante che uno tema qualcosa e al tempo stesso esponga gli altri ad assumersi dei rischi che lui non vuole assumersi? Ci si può fidare di uno che ti usa come scudo? Perché o i rischi ci sono e non si capisce perché altri li dovrebbero correre al suo posto oppure di rischi non ve ne sono affatto e non si capisce perché lui non si esponga in prima persona. O forse il problema è che la sua identità non è credibile? Prima di essere usati per mettere alla prova le sue ideologie sulla vostra pelle, prima di inviare mail con la vostra firma, chiedetegli di dirvi chi è. Fatevi mandare in scansione la sua carta di identità. Fatevi dire dove lavora, dov’è la sua attività. Non certo per violare la sua privacy, ma per sapere se, oltre all’identità personale, nasconda anche interessi che non può rendere pubblici. Se non vi darà prove di esistere forse è perché in molti l’hanno già visto e sentito, magari proprio al Fermi, in occasione di incontri pubblici, nei quali sosteneva l’esatto contrario di quanto sostiene oggi. Ma cambiare idea è del tutto normale. Non c’è bisogno di nascondersi, di manovrare nel buio o dimostrarsi solo se incappucciati. All’opposto di Silvia/o io il mio volto e la mia identità l’ho messi in gioco. E negli anni passati, quando altri organismi associativi facevano al Fermi lo stesso tipo di guerra alla quale aspira la stessa Silvia/o, insinuando la non spendibilità del titolo, nessuno al Fermi si è nascosto. Nessuno è diventato un’Ombra celata dietro falsi nomi o dietro società fittizie o nominando fasulli presidenti del consiglio di amministrazione. Io ci sono sempre stato e non mi sono mai tirato indietro. E ci sarò: ho creato un’apposita casella di posta elettronica per chiunque abbia problemi o dubbi di qualsivoglia genere. E per qualsiasi problema il vostro referente primario resterà sempre l’Istituto e non chi gioca da incappucciato con l’Ordinamento, senza possibilità di essere contraddetto, senza possibilità che vi sia una verifica oggettiva delle cose che dice.

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Anzi, approfitto di questo spazio per invitare Silvia Forti a Perugia per un confronto su qualsiasi tema che concerna la figura del massofisioterapista. Vieni. Ti aspetto. Del resto, tu sai bene dove si trovi il mio ufficio, come ben conosci il percorso che porta all’Aula Magna, dove solitamente tengo le mie riunioni con gli studenti del Corso. E poi non hai proprio tu scritto non più di tre giorni fa che “se mezza scuola si tessera, vado personalmente a Perugia a dirgli che devono o prendersi la responsabilità di qualificare il corso nel bene o nel male, perché 15.000 euro non possono essere spesi per comprare la grazia di San Francesco”? Ti aspetto prima che tu vada in Svizzera, come pure hai scritto più o meno l’altro ieri. Del resto, essendo nel mondo dei non esistenti, sono certo che Silvia/o cercherà di trovare il modo per uscire di scena. E lo farà prima che qualcuno capisca come stanno le cose e vada a chiedergli chiarimenti. E, in ogni caso, per trovarla/o non dovrà andare certamente in Svizzera. Tu ti ostini a dire Silvia/o che il titolo o è equipollente o è non spendibile. Ma se il tuo obiettivo era quello di prendere il titolo al Fermi per poi dire, in stato di esaltazione e cercando di sollevare un putiferio per convincere gli iscritti che il loro desiderio, a loro stessa insaputa, inconsciamente, è coincidente con il tuo, perché non lo hai detto subito? Ti avremmo evitato più di quattro anni di sofferenze e pensieri paranoici. E perché non hai chiesto fin da subito se il titolo che avresti conseguito era o non era equipollente? Perché dalla dottoressa Alesiana Coltorti, della Regione dell’Umbria, non ci sei andato all’epoca? Sei solo un millantatore e manipolatore che cerca di trovare se stesso nei processi di contagio collettivo ed è per questo che cerchi di scaricare sugli altri il senso di persecuzione paranoica che ti opprime. Il punto pertanto non è che qualcuno dica cose negative sulla figura e tenti di screditare l’Istituto: è da anni che associazioni come Aifi, Spif, Fncm, Uic attaccano entrambi. Il punto è che qualcuno, stia praticando una forma di terrorismo contro la categoria tutta, nel duplice tentativo, da un lato, di creare un terreno paludoso intorno alla figura, artatamente ridotto a un coacervo di problemi insolubili, e, dall’altro, di promuovere iniziative da soluzione finale volte a determinare ope legis (cioè attraverso una legge su misura) un provvedimento che lanci la definitiva equivalenza tra tutti i massofisioterapisti (sebbene nel loro percorso formativo quasi nulla vi sia di coincidente con il percorso di terapista della riabilitazione, dal 1996, come è noto, riconfluito nel profilo di fisioterapista) e tutti i fisioterapisti laureati, con la relativa soppressione dei corsi di formazione per massofisioterapisti (e la sola conservazione di un’unica figura nella riabilitazione motoria, quella del fisioterapista), ossia

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mettendo sui tavoli ministeriali, come contro partita o rapporto di scambio, la testa dell’Istituto, nella convinzione che l’unico modo per piegarlo (visto che l’Istituto da anni resiste a vari tipi di aggressione, continuando a crescere e a rendere stabile una figura che le visioni monopolistiche di certe associazioni avrebbero felicemente sottoposto ad un radicale cannibalismo professionale) sia quello di mettergli contro gli iscritti e i diplomati, facendogli terra bruciata intorno. Ma la penosa esibizione allestita su Facebook da Silvia/o pecca di una radicale ingenuità e di un altrettanto radicale sottovalutazione. Chi intende fare terra bruciata intorno all’Istituto sappia questo: non è il primo a fare questo gioco e non sarà l’ultimo. Sappia che la forza di questo corso non è data solo dai diplomati, né solo dagli iscritti – che comunque ringrazio e ringrazierò sempre, perché da più di quindici anni costituiscono l’ossatura di questo corso e di questo profilo, nonchè della crescita dell’intero Istituto -, bensì è data da quel grande, vivo e massiccio insieme di persone e di professionisti operanti con grande scrupolo e serietà nei settori, ad esempio, delle scienze motorie, dell’osteopatia, della chiropratica, giovani appassionati, donne e uomini dotati di forti capacità relazionali, di empatia e di talento, che, ad onta dei numeri chiusi e dei monopoli formativi, insegue il sogno di realizzarsi in un’attività di ambito sanitario, il cui accesso sia libero e non soggetto a limitatissimi e preordinati numeri. Questa gente, con il Fermi o senza il Fermi, nessuno, dico nessuno, la potrà fermare. Questa è la gente che ha dato linfa all’Istituto, che ha saputo determinare nuovi spazi lavorativi, che ha popolato strutture pressate da esigenze assistenziali reali e concrete, non certo soddisfatte dall’esiguo numero di operatori laureati (come statuito del resto dallo stesso Ministero della Salute con d.m. del 10 luglio 1998), soprattutto in ambiti che non li richiedono. Questa gente è il nuovo, un nuovo che nessuna manipolazione potrà contenere. Lo stesso artefice dell’operazione qui sopra descritta è stato uno di loro: anche anche Silvia/o era il nuovo oggi invece, sorprendentemente, si presenta come l’affossatore di tutto ciò che non coincida con il fisioterapista laureato ma se qualcuno con i suoi stessi intenti di oggi lo avesse preceduto, realizzandoli, nessuno, né lui, né i suoi interlocutori, mossi senz’altro da sicura buona fede, sarebbe adesso qui a parlare di riabilitazione, né parlerebbe di massofisioterapia e di equivalenze. Qualcuno, lo si capisce, ha quindi davvero passato il segno. Il “perché” dei suddetti comportamenti non lo conosco in presa diretta. Lo posso solo dedurre logicamente, scorgendolo tra le pieghe delle contorsioni mentali di chi li ha promossi. Il “come”, ovvero la strategia di Silvia/o, sempre più coinvolta/o nella propria bulimia narcisistica, invece, è sotto gli occhi di tutti: intorbidire le acque con problemi creati

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o amplificati ad hoc e con valutazioni giuridiche svolte in modo falsato, approssimativo e strumentale; dividere l’associazionismo esistente per creare un’entità non cooperativa che cerchi di dettare condizioni senza contraddittorio, inseguendo sogni di soluzioni finali e di dominio, in un mondo – quello della riabilitazione – dal quale si sente espulsa/o, per effetto di strutturali dispercezioni proiettive di problemi radicati altrove; sparare sull’Istituto come un cecchino spara nascosto dall’alto di un tetto, infangandolo senza scrupoli e in modo pretestuoso. Un’operazione quest’ultima che si commenta da sola e che mostra come sullo sfondo operi un’avversione del tutto personalistica nei confronti dell’Istituto stesso, molto lontana dalla reale tutela della figura. Un’operazione inaccettabile, che l’Istituto respinge con fermezza, consapevole di aver sempre agito con correttezza e trasparenza di informazioni, non illudendo nessuno e contribuendo a mantenere quel pluralismo formativo che in ogni paese civile è una risorsa e mai una colpa.

Prof. Fabrizio Fornari

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