Renzo Garlaschelli

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Intervista

di Vincenzo Oliva

Ogni volta che si fa il suo nome un brivido corre sulla schiena dei tifosi biancocelesti. Renzo Garlaschelli si racconta in esclusiva sulle pagine di Lazialità , dall’inaspettato approdo alla Lazio al sofferto addio.

Renzo GARLASCHELLI


intervista

Quello scudetto tra sogno e realtà

A sinistra: La Lazio del 1972-73

D

al Sant’Angelo al tricolore. È la storia di Renzo Garlaschelli, la storia di un giocatore che santangiolino non è, essendo nato a Vidigulfo, in provincia di Pavia, ma che con la maglia del S.Angelo ha iniziato la sua carriera di “vero” calciatore dopo alcune esperienze con squadre di seconda e terza categoria. Con i rossoneri disputa un solo campionato, in Serie D, nella stagione 1968-69, per poi passare in forza al Como, squadra militante in Serie B. In riva a “quel ramo del lago” disputa 3 tornei cadetti, sfiorando anche una promozione, nella stagione 1971-72, quando i lariani tentarono fino all’ultimo di contrastare il passo delle “regine” Ternana, Lazio e Palermo. La Serie A, solo sfiorata dai comaschi (in cui però arriveranno poco dopo, al termine della stagione 1974-75), diventa invece una realtà per questa tenace ala destra, visto che la Lazio, neopromossa nella massima serie dopo un solo anno di “purgatorio”, decide di ingaggiarlo, facendogli così compiere un meritato salto

di categoria. È l’estate 1972. Al primo anno in biancoceleste, Garlaschelli sfiora subito il titolo italiano, che è appannaggio della Juventus, capace di effettuare un incredibile sorpasso, proprio all’ultima giornata, ai danni del Milan (sconfitto per 5-3 nella “fatal Verona”) e dei capitolini, battuti a Napoli da una rete di Oscar Damiani (1-0). I neopromossi (e sottovalutati) laziali giungono così terzi, a due sole

Sotto: La Lazio 1974-75 con lo Scudetto sul petto

lunghezze da quel sogno chiamato scudetto. Mai, in 73 anni di storia, la Lazio era andata così vicina all’apoteosi. Una apoteosi che ha luogo 12 mesi più tardi, quando, battendo il Foggia allo stadio Olimpico (1-0, rete di Chinaglia su rigore), il cielo della Roma biancoceleste festeggia il suo primo, storico, titolo tricolore, che è da attribuire in buona parte all’indimenticabile tecnico Tommaso Maestrelli. Oltre a Garlaschelli, quella squadra era formata da molti altri campioni quali Giorgio “Long John” Chinaglia, Pino Wilson, Vincenzo D’Amico, Mario Frustalupi e lo sfortunato Re Cecconi, deceduto poco tempo dopo la conquista dello Scudetto. Una squadra di campioni, come dicevamo, capace di conquistare con pieno merito lo Scudetto tricolore. La Lazio campione però, ballò una sola estate: quella dello Scudetto. Sfortuna, tragedie e defezioni varie la relegarono ben presto al ruolo di comprimaria, con poche soddisfazioni, prima della retrocessione a tavolino in Serie B (insieme al Milan), a causa di un illecito sportivo, consumatosi nella stagione 1979-80, l’annata del “totonero”. In quella estate 1980 Garlaschelli è uno dei pochi reduci dello scudetto del 1974, ed è un trentenne ancora in gamba. Potreb-

UN NOME, LA STORIA Lazialità Novembre 2011 | 67


intervista

be trovare un ingaggio in Serie A, ma non se la sente di lasciare la squadra che lo ha consacrato. Resta così nella capitale, a correre e lottare sui difficili campi della cadetteria, per cercare il ritorno nell’Olimpo del calcio italiano, senza però riuscirci (la Lazio si classifica quarta nel 1981 e decima nel 1982). Così, dopo aver giocato per un decennio nel club romano, a trentadue anni decide di scendere di categoria, andando a vestire (per due

A sinistra: Il riconoscimento ufficiale della vittoria dello scudetto

stagioni) la maglia del Pavia, dove chiude la sua carriera in bellezza, riuscendo a conquistare la promozione in Serie C/1, al termine della stagione 1983-84. Dal 1968 al 1984: sedici anni di calcio, resi brillanti da quello Scudetto tricolore, atteso dai tifosi della Lazio 74 anni e che solo 26 stagioni più tardi, nel 2000, sarebbe stato bissato. Noi di Lazialità, siamo andati a trovarlo e siamo riusciti ad effettuare questa intervista esclusiva. Ben trovato signor Garlaschelli, innanzitutto come sta? Fortunatamente bene. Nonostante il passare del tempo, mi mantengo sempre in forma. Come trascorre le sue giornate in quel di Vidigulfo? Faccio la vita tipica del pensionato... Prendo il caffè, leggo il giornale, faccio qualche passeggiata e faccio l’opinionista per Radio Sei. Insomma una vita tranquilla. Sappiamo che lei segue quotidianamente le sorti della Lazio. Come giudica l’operato della società sul mercato? Secondo me la società si è mossa molto bene in fase di mercato, ha fatto un’ottima campagna acquisti, rafforzando la squadra oltre che sotto il punto di vista tecnico, anche su quello della personalità. Secondo lei, se fossero stati acquista-

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ti un difensore e un centrocampista di livello, la squadra avrebbe realmente potuto giocarsi lo scudetto? Scudetto è una parola grossa. Per vincerlo bisogna essere super attrezzati, ma ciò non toglie che si possa fare bene comunque. Certo, forse manca qualcosa a centrocampo, visto che Cana era stato preso per fare l’incontrista, mentre il mister lo vede più come vice Ledesma. In difesa invece penso che con l’acquisto di Stankevicius e Konko la Lazio stia bene così. Quindi secondo lei qual’è il ragionevole obiettivo della Lazio? Io onestamente credo che la Lazio debba puntare all’Europa League, anche perchè squadre come Milan, Napoli e Juventus, sembrano più accreditate all’ingresso in Champions. É ovvio che comunque spero di sbagliarmi e che la Lazio arrivi tra le prime tre. Inevitabile che le chieda un parere su Klose e Cissè. Cosa dire? Sono semplicemente due grandissimi attaccanti nel senso classico del termine, cioè giocatori che la buttano dentro. Mi sembra che sommando i loro goal si arrivi a più di 400. Spero solo che giochino da attaccanti e non da esterni... Cissè sulla destra mi sembra fuori ruolo e comunque rappresenta uno spreco. Ci dica, secondo il suo punto di vista, chi sarà il giocatore decisivo di questa stagione. Punto su Hernanes, anche se dire che il suo inizio di campionato sia sotto tono è dir poco. Anche Mauri però è determinante per il gioco della Lazio. É un giocatore che viene sempre criticato, ma quando non c’è si sente eccome. Lei era un giocatore straordinario, capace di far goal e di far segnare i compagni. C’è nell’attuale rosa della Lazio un calciatore che si avvicina alle sue caratteristiche? No, il calcio in cui giocavo io era un altro mondo. Io ero un’ala e al giorno d’oggi questo ruolo è andato in disuso. Guarda, l’unico che un po’ mi

somigliava per stile di gioco più che ruolo era Zarate... A proposito di Zarate, cosa ne pensa della sua cessione? Premesso che ritengo Zarate un grande giocatore, credo che ormai si fosse incrinato qualcosa tra lui e Reja e quindi, anche se con dolore, penso che sia stato giusto cederlo. Parliamo un po’ di mister Reja. Pensa che sia l’allenatore giusto per la Lazio? Ho grande stima di mister Reja, sia come allenatore che come persona. Ha fatto molto bene finora con la Lazio. A volte, nel mondo del calcio, si ha la memoria corta... Ci si dimentica che appena arrivato ci ha salvati dalla Serie B e che l’anno scorso ha sfiorato la Champions League. Cer-

In alto a destra: Garlaschelli in compagnia di Re Cecconi. Sopra: Renzo mentre si allena agli ordini di Tommaso Maestrelli

to, avrà commesso i suoi errori, ma è uno che ha grande esperienza e sapessi quanto conta l’esperienza nel mondo del calcio... È normale che lavorare in un ambiente che lo critica per ogni cosa non lo aiuta. Volgendo uno sguardo al futuro e dovendo ipotizzare un eventuale sostituto, chi vedrebbe bene sulla panchina biancoceleste? Rispondo con una domanda? Chi si può permettere la Lazio? Voglio dire, non credo che la Lazio possa ingaggiare Benitez o Lippi. Sento tanti nomi ultimamente. Forse, tra quelli a portata della Lazio, Marino, anche se reduce da un’esperienza non troppo positiva al Parma, mi sembra il più preparato. Cosa pensa del presidente Lotito? Complessivamente sta facendo bene. Ha preso una squadra sul baratro e l’ha portata tra le prime in Italia. Certo, non è Moratti, perciò i soldi sono quelli che sono. Ritengo comunque che il suo più grande difetto sia la gestione dei rapporti con gli interlocutori. Facciamo un tuffo nel passato. Come è iniziata la sua carriera da calciatore? La mia carriera è iniziata all’oratorio di Vidigulfo. Ero un ragazzino come tanti che, per passione, sognava di Lazialità Novembre 2011 | 69


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giocare in Serie A. Fui ingaggiato dal Sant’Angelo, che all’epoca militava in Serie D. Passai poi al Como, in Serie B. Ti svelo una cosa: accettai Como per non andare a fare il militare a Palermo. Andando in Lombardia, ero comunque vicino a casa e avrei fatto il militare a Bologna. Il suo passaggio alla Lazio arrivò come un fulmine a ciel sereno. Che cosa ricorda di quei momenti? Mi ricordo come se fosse ora che Beltrami, l’allora direttore sportivo del Como, mi chiamò e mi disse che mi avevano ceduto al Brindisi. Per me fu un incubo, perchè avevo voglia di rimanere vicino casa e non ti nego che pensai addirittura di smettere di giocare. Quando mi disse che era uno scherzo e che ero stato ceduto alla Lazio, non ci credevo. Sarei andato a Roma, una città bellissima e in una squdra prestigiosa come la Lazio. sogno Nella stagione ‘72/’73 la Lazio vide sfumare lo scudetto proprio all’ultima giornata. Secondo lei fu un fattore decisivo per la conquista del tricolore nella stagione seguente? Non eravamo convinti neanche l’anno dopo di vincere lo scudetto. Certo, aver visto svanire un sogno all’ultima giornata ci lasciò tanto rammarico e voglia di rivalsa.

Quando entrammo negli spogliatoi, mentre tutti stavano esultando, il mister si avvicinò a me imbufalito e mi disse: Garlaschelli, oggi mi hai fatto davvero arrabbiare, ti è andata bene

AMATO DALLA SUA CITTÀ Il 2 giugno 2010 il comune di Vidigulfo ha premiato, con il Gonfalone d’argento per meriti spor tivi, Renzo Garlaschelli. Un attestato di stima e di In alto amore per un personaggio che laMauri cit- mentre Stefano tadina pavese ama come nessun altro.del gioco detta i ritmi Ecco la foto dell’attestato rilasciato al nostro Renzo. 70 | Novembre 2011 Lazialità

Veniamo alla stagione che portò il primo scudetto sulle maglie biancocelesti, quella del ‘73/74. Chi fu in assoluto l’uomo più importante per la conquista del titolo? Fummo tutti decisivi. Chinaglia e Wilson erano quelli con più personalità, ma io darei un 9 a tutti quanti. Pensandoci bene, forse, una menzione speciale la farei per Frustalupi. Un grande... Sagacia tattica e tecnica. Forse fu lui il giocatore più importante. Maestrelli e Re Cecconi. Due figure indimenticabili nei cuori dei tifosi laziali. Ci regala un suo personale ricordo su entrambi? Di Maestrelli ho un’immagine indimenticabile: nell’ultima partita contro il Foggia, io fui espulso ad un quarto d’ora dal termine della partita. Ricordo che Martini si era fatto male e quindi giocammo gli ultimi minuti in nove. Quando entrammo negli spogliatoi, mentre tutti stavano esultando, il mister si avvicinò a me imbufalito e mi disse: “Garlaschelli, oggi mi hai fatto davvero arrabbiare, ti è andata bene”. Rimasi sorpreso, un po’ perchè mentre tutti festeggiavano lui ancora pensava alla partita e un po’ perchè non lo avevo mai visto così arrabbiato... Di Luciano invece ricordo la sua semplicità, la sua serietà. Che peccato che le cose siano andate in quel modo... Lei ha giocato al fianco di Giorgio Chinaglia e negli anni seguenti di Bruno Giordano. Posso chiederle chi era più decisivo per la squadra? Erano entrambi due calciatori straordinari. Chinaglia era più un tra-

scinatore, un generoso, uno con una forte personalità. Bruno era fortissimo, più buono, ma con più tecnica. 1980, l’anno del Calcioscommesse. Lei e D’Amico foste le uniche bandiere a seguire la Lazio anche in serie B. Fu una cosa che feci volentieri. Ritenevo fosse giusto non abbandonare la squadra che mi aveva valorizzato. Sicuramente quello fu il periodo più brutto della mia carriera, in quanto arrivò Castagner, un mister con cui ebbi qualche problema. Avevamo idee diverse, vedeva altri giocatori e alla lunga decisi di andare al Pavia, l’ultima squadra nella quale ho giocato. Può regalarci una curiosità della sua esperienza in biancoceleste? Ti posso dire che al mio arrivo a Tor di Quinto, vedendo tutti quei macchinoni, avevo molta soggezione. Ero un ragazzo tranquillo, che veniva dalla provincia e, catapultarmi in quel tipo di realtà, all’inizio non fu facilissimo. Per un vero tifoso laziale, ancora oggi fare il suo nome è un’emozione incredibile. Cosa le è rimasto, a distanza di anni, di quelle domeniche in cui la gente incitava il suo nome? Il pubblico biancoceleste è davvero straordinario.Vengo raramente a Roma, ma sentire il calore della gente a distanza di così tanto tempo mi riempie il cuore di gioia. Vuol dire che abbiamo fatto qualcosa di veramente importante. Signor Garlaschelli, la ringrazio personalmente e a nome di tutti i tifosi per averci regalato oggi, questa intervista e ieri, sogni e gioia. Frammenti di un calcio che non c’è più, ma che vive nei ricordi di tutti noi. Un caro saluto, oltre che ad un grande giocatore, ad un grande uomo. Sono io che ringrazio te, Lazialità e tutti i tifosi della Lazio. Ragazzi, stiamo vicino alla squadra, perchè gli uomini passano, la squadra resta. Un caro saluto e sempre Forza Lazio!


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