marzo 2003
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Archivi di architettura
Mensile di informazione degli Architetti Lombardi Ordini degli Archit et t i delle Province di: Bergamo Brescia Como Cremona Lecco Lodi M ant ova M ilano Pavia Sondrio Varese
Consult a Regionale Lombarda degli Ordini degli Archit et t i via Solf erino, 19 - 20121 M ilano Anno 25 - Sped. in a.p. - 45% art . 2 comma 20/B - Legge 662/96 - Filiale di M lano
AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi numero 3 Marzo 2003
Editoriale
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Forum Archivi di architettura interventi di Roberto Sordina, Letizia Tedeschi, Gloria Bianchino, Anna Tonicello, Paola Pettenella, Elena Tamagno Gli archivi del Politecnico di M ilano interventi di Gloria Paoluzzi, Giuliana Ricci, Fulvio Irace, Graziella Tonon, Augusto Rossari Bergamo Brescia Como Cremona Lecco Lodi M ilano Pavia Sondrio Varese
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Argomenti
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Concorsi
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Professione e aggiornamento Legislazione Normative e tecniche Organizzazione professionale Strumenti
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Informazione Dagli Ordini Dalla Consulta Lettere Stampa Libri, riviste e media M ostre e seminari
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Itinerari
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Indici e tassi
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Direttore Responsabile: Stefano Castiglioni Direttore: Maurizio Carones Comitato editoriale: Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Redazione: Igor Maglica (caporedattore) Roberta Castiglioni, Martina Landsberger Segreteria: Augusta Campo Direzione e Redazione: via Solferino, 19 - 20121 Milano tel. 0229002165 - fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione.al@flashnet.it Progetto grafico: Gregorietti Associati Servizio Editoriale e Stampa: Alberto Greco Editore srl viale Carlo Espinasse 141, 20156 Milano tel. 02 300391 r.a. - fax 02 30039300 e-mail: age@gruppodg.com Fotolito Marf-Progetto Fotolito, Milano Stampa Diffusioni Grafiche, Villanova Monf.to (AL) Rivista mensile: Spedizione in a.p.- 45% art. 2 comma 20/b Legge 662/96 - Filiale di Milano. Autorizzazione Tribunale Civile n° 27 del 20.1.71 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 22.300 copie In copertina: Sala di lettura Maria Luigia, particolare. In primo piano il busto marmoreo di Maria Luigia, duchessa di Parma (1815-1847) scolpito da Antonio Canova. Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti né la redazione di AL
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Sommario
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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, tel. 02 29002174 www.consultalombardia.archiworld.it Segreteria: consulta.al@flashnet.it Presidente: Stefano Castiglioni; Vice Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Carlo Varoli; Tesoriere: Umberto Baratto; Consiglieri: Achille Bonardi, Marco Bosi, Franco Butti, Sergio Cavalieri, Simone Cola, Ferruccio Favaron Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidente: Paola Frigeni; Segretario: Italo Scaravaggi; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Barbara Asperti, Giovanni N. Cividini, Antonio Cortinovis, Silvano Martinelli, Roberto Sacchi (Termine del mandato: 18.3.03) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Umberto Baratto, Gaetano Bertolazzi, Laura Dalé, Guido Dallamano, Paola E. Faroni, Franco Maffeis, Daniela Marini, Mario Mento, Aurelio Micheli, Claudio Nodari, Patrizia Scamoni (Termine del mandato: 2.10.02) Ordine di Como, tel. 031 269800 www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Franco Butti; Vice Presidente: Gianfranco Bellesini; Segretario: Franco Andreu; Tesoriere: Gianfranco Bellesini; Consiglieri: Marco Brambilla, Giovanni Cavalleri, Gianfredo Mazzotta, Marco Ortalli, Michele Pierpaoli, Corrado Tagliabue (Termine del mandato: 13.6.03) Ordine di Cremona, tel. 0372 535411 www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Massimo Masotti; Tesoriere: Federico Pesadori; Consiglieri: Edoardo Casadei, Luigi Fabbri, Federica Fappani (Termine del mandato: 1.8.03) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidente: Elio Mauri; Segretario: Arnaldo Rosini; Tesoriere: Alfredo Combi; Consiglieri: Davide Bergna, Carmen Carabus, Massimo Dell’Oro, Gerolamo Ferrario, Massimo Mazzoleni (Termine del mandato: 15.2.03) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Patrizia A. Legnani, Erminio A. Muzzi, Giuseppe Rossi (Termine del mandato: 10.7.03) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Manuela Novellini; Tesoriere: Michele Annaloro; Consiglieri: Francesco Cappa, Cristiano Guarnieri, Paolo Tacci, Manolo Terranova (Termine del mandato: 25.5.03) Ordine di Milano, tel. 02 625341 www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Ugo Rivolta; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Giulio Barazzetta, Maurizio Carones, Arturo Cecchini, Valeria Cosmelli, Adalberto Del Bo, Marco Engel, Marco Ferreri, Jacopo Gardella, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Luca Ranza (Termine del mandato: 15.10.01) Ordine di Pavia, tel 0382 27287 www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Quintino G. Cerutti; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Gianni M. Colosetti, Maura Lenti, Paolo Marchesi, Giorgio Tognon (Termine del mandato: 2.10.03) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Simone Cola; Segretario: Fabio Della Torre; Tesoriere: Giuseppe Sgrò; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Francesco Lazzari, Giovanni Vanoi (Termine del mandato: 19.2.03) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it Presidente: Riccardo Papa; Segretario: Emanuele Brazzelli; Tesoriere: Gabriele Filippini; Vice Presidente: Enrico Bertè, Antonio Bistoletti, Minoli Pietro; Consiglieri: Claudio Baracca, Maria Chiara Bianchi, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Orazio Cavallo, Giovanni B. Gallazzi, Laura Gianetti, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni (Termine del mandato: 3.7.03)
Maurizio Carones
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Editoriale
Da qualche anno l’interesse per gli archivi è diventato sempre più diffuso ed evidente. Interesse probabilmente anche relativo ai tentativi di sistematizzazione che si intraprendono in occasione delle grandi svolte del calendario e sicuramente in gran parte dovuto alle radicali trasformazioni tecnologiche che oggi fanno pensare alla questione dei “ dati” in modo profondamente diverso da come vi si pensava solamente qualche decina di anni fa. I dati devono essere acquisiti, organizzati, messi in comunicazione fra loro e resi pubblici così che la “ memoria” diventi una questione collettiva, utilizzabile in modi non prefigurabili da una immensa macchina che, pur non riproducendo mai l’identico, è mossa però sempre da dati già acquisiti. In questo senso la questione degli archivi sembra essere oggi strutturale allo stesso operare e la loro valorizzazione non è esclusivamente un argomento da cultori della storia e del passato ma riguarda la cultura nel suo complesso, anche con aspetti di carattere economico e politico, coinvolgendo istituzioni di differente tipo e, allo stesso modo, i diversi campi del sapere. Ciò riguarda sicuramente anche l’architettura, disciplina che fa della sua stessa esperienza il fondamento conoscitivo del suo procedere. Il tema degli archivi è quindi particolarmente interessante per il nostro lavoro, ed è stato recentemente trattato più volte, a partire dall’attività di istituzioni, sia pubbliche che private, e talvolta anche a seguito di episodi che hanno visto la cessione di famosi archivi senza che tali istituzioni riuscissero a partecipare attivamente alla loro acquisizione. Abbiamo quindi dedicato il Forum di questo numero al tema degli archivi considerandolo di particolare attualità: si è cercato di dare voce a chi sugli archivi di architettura da anni sta lavorando, a volte in modo esemplare, e di effettuare una ricognizione dello stato degli archivi di architettura con particolare riferimento alla Lombardia e all’architettura del Novecento. Pensiamo infatti che sia un compito degli Ordini degli architetti – se non strettamente istituzionale, sicuramente culturale – dare un positivo contributo alla questione degli archivi di architettura, in considerazione anche della possibilità che molti architetti che hanno intensamente partecipato alla costruzione della città contemporanea possano mettere a disposizione di una attività archivistica molto materiale che sarebbe probabilmente sbagliato disperdere per scarsa cura. L’attenzione data alla documentazione sul progetto di architettura è infatti la condizione iniziale per poter studiare i progetti e le architetture che negli ultimi cento anni hanno profondamente cambiato il territorio e le città italiane. Poiché nei prossimi decenni verosimilmente si lavorerà sulla modificazione, piuttosto che sulla costruzione, è importante occuparsi di realizzare una “ memoria architettonica” che non coincida solamente con i manufatti esistenti, ma anche con una serie di documenti che possano consegnarci una conoscenza di quegli edifici che non sia data solo da rilievi o fotografie dello stato in cui essi oggi si trovano. Il problema degli archivi degli architetti non va quindi solamente ritenuto una questione coincidente con un interesse per le vicende degli architetti – tema che introdurrebbe inevitabilmente una discussione dai contorni un po’ confusi sugli archivi dei “ grandi” e su quelli dei “ minori” – quanto piuttosto un tema insito nell’intendere la storia come strumento realmente “ operante” nella costruzione o ricostruzione della città.
Archivi di architettura
AAA/ ITALIA - ASSOCIAZIONE NAZIONALE ARCHIVI ARCHITETTURA CONTEM PORANEA
La documentazione della cultura architettonica di Roberto Sordina
Forum
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Nel 1995 l’Archivio Progetti dello IUAV di Venezia organizza un seminario di studi teso a “ comporre e consolidare il vasto e articolato sistema di relazioni istituzionali che lega gli archivi di architettura italiani” . Ciò che il convegno mette in evidenza è da un lato, la diffusione degli archivi sul territorio nazionale e dall’altro la necessità di trovare un coordinamento fra gli stessi al fine di “ costituire un articolatissimo archivio nazionale di architettura, diffuso nel territorio e caratterizzato dalla specificità dello stesso, ma unificato in base a programmi comuni, che tuttavia rispettino le singole individualità” . Nel 1998, il Ministero per i beni e le attività culturali ha ampliato le sue competenze all’architettura e in particolare all’architettura contemporanea. Il Museo nazionale dell’architettura di Roma sarà il luogo deputato alla valorizzazione della cultura architettonica. Il numero di “ AL” che presentiamo ha come obiettivo da un lato di offrire un panorama della situazione archivistica del nord Italia, indagando le istituzioni più grandi e strutturate, dall’altro di compiere una sorta di ricognizione sugli archivi lombardi più piccoli e legati ad ambiti professionali di tipo locale. Il Forum, a partire da queste, considerazioni è stato diviso in tre grandi capitoli. Nel primo, che si apre con un intervento di tipo istituzionale di Roberto Sordina, presidente uscente di AAA/Italia, i responsabili di alcuni dei maggiori centri archivistici descrivono la loro attività, la consistenza del materiale conservato e i programmi futuri. Il secondo capitolo è dedicato esclusivamente all’esame degli archivi conservati presso il Politecnico di Milano. A questo scopo i direttori dei diversi Dipartimenti sono stati invitati a fornire delle schede relative al materiale conservato. Alle schede si è scelto di affiancare dei brevi testi che affrontassero le questioni già sviluppate nella prima parte del Forum. Nel Forum Ordini i singoli corrispondenti hanno compiuto, invece, una ricognizione sulla situazione provinciale e hanno compilato una scheda descrittiva dei singoli archivi. Ogni intervento è stato illustrato con i disegni conservati nelle singole istituzioni e per ognuna di esse sono state fornite alcune informazioni pratiche di utilità per coloro che volessero utilizzare queste strutture di studio. Ringraziamo tutti i partecipanti al Forum per i loro contributi e per l’interesse dimostrato sperando in futuro di poter tornare sull’argomento.
Numerosi, diversificati per tipo e dimensione, diffusi in tutto il Paese, gli archivi di architettura contemporanea costituiscono una grande ricchezza, un singolare dato qualitativo che dimostra come in Italia esista in nuce un ricchissimo archivio nazionale di architettura, distribuito sul territorio e radicato nelle diverse realtà culturali. Sulla base di questa constatazione, nel luglio del 1999, è stata costituita a Venezia AAA/Italia, l’Associazione Nazionale Archivi Architettura Contemporanea, voluta dai più attivi rappresentanti degli archivi italiani, sia pubblici che privati, che avevano constatato quanto fosse necessario darsi comuni programmi e sviluppare ricerche, finalizzate a dare un senso e uno sbocco operativo al lavoro di coloro che, interessati all’architettura e alla salvaguardia del vasto patrimonio documentale a essa connesso, avevano promosso raccolte, ordinato archivi, salvato dall’incuria e dall’abbandono importanti fondi. Con la creazione di AAA/Italia ciò che appariva essere un aspetto debole dell’organizzazione e della struttura archivistica italiana sarebbe potuto divenire, invece, elemento di dinamica ricchezza: i grandi e i piccoli archivi, diffusi nelle cento città, con la loro potenziale operatività e attrattiva avrebbero, infatti, potuto trasformarsi nei punti nodali di un sistema archivistico diffuso e radicato nelle diverse realtà culturali, in grado di arricchire, documentare e diramare, anche in luoghi non tradizionalmente deputati, la cultura architettonica contemporanea italiana. Attraverso AAA/Italia i responsabili e gli operatori più attenti, attivi tanto nelle strutture archivistiche statali e private, quanto nei musei e nelle università, gli studiosi e quanti altri hanno aderito all’associazione hanno potuto constatare quanto fosse importante la reciproca conoscenza, non solo per mettere in luce il lavoro cospicuo e silenzioso che molti avevano svolto e stavano compiendo nella direzione della salvaguardia, della conservazione e della pubblicizzazione di un patrimonio vasto e largamente sconosciuto, ma anche per dare riscontro alla volontà di organizzare strutture in grado di ordinare e di valorizzare archivi o fondi archivistici non sempre noti, spesso di difficile accesso. Per fare questo altro non vi era che la spontanea creazione di un’associazione, che unisse e promuovesse la conoscenza, che finalizzasse in modo partecipato il senso di un lavoro caratterizzato da molte art icolazioni: un’ associazione, quindi, che fosse in grado di far
partecipare ogni suo membro a un programma scientifico e culturale di respiro ampio, capace di trasformare l’esistente frammentazione in una struttura coesa, ove diversità e autonomia divenissero fattori di ricchezza e di dinamismo finalizzati al superamento dell’obiettivo, primo e inderogabile, della salvaguardia e della conservazione, per porsi quello dell’accessibilità e della concreta pubblicizzazione del patrimonio archivistico. Salvaguardia, ordinamento e conservazione sono, infatti, strumenti necessari, senza i quali è impossibile conseguire l’obiettivo fondamentale della diffusione della conoscenza. E se oggi sono numerosi gli strumenti attraverso i quali studenti e studiosi possono partecipare a tale ricchezza, del tutto nuovi e, forse, più variegati, semplici e accessibili dovranno essere gli strumenti che le strutture archivistiche dovranno darsi nel quadro di un programma finalizzato anche all’acculturazione, a una più vasta sensibilizzazione di quanti, contingentemente, sono ancora lontani da questa sfera del sapere. In tal senso e in coerenza con le proprie finalità statutarie, l’Associazione Nazionale Archivi Architettura Contemporanea ha iniziato a operare secondo questi indirizzi: • approfondire le tematiche inerenti alla definizione del trattamento archivistico dei fondi, a partire dalla condivisione delle nuove e sempre più avanzate metodologie; • completare il censimento degli archivi di architettura italiani e provvedere al suo costante aggiornamento; • organizzare corsi e seminari di studio sul complesso problema della conservazione dei materiali archivistici; • creare le condizioni per la costituzione di un grande archivio nazionale di architettura, diffuso nel territorio, virtualmente costituito. Tutto questo è elemento fondativo del lavoro di AAA/Italia, così come della sua presenza sulla scena nazionale. È tuttavia importante riflettere su quanto è stato generato dal lavoro appassionato di questi anni e su quanto potrà determinarsi nei prossimi, soprattutto in una prospettiva che vede gli archivi come soggetti attivi nei programmi di promozione scientifica e culturale del nostro paese. È doveroso, quindi, riflettere sugli importanti e positivi nessi che si sono istituiti con la creazione della DARC – Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanea – e sui risvolti insiti nel rapporto che la stessa DARC, partecipando att ivament e alla promozione di AAA/Italia, potrà istituire con quel sistema diffuso di archivi, in gran
Nel perseguire questo AAA/Italia non è sola. Altre istituzioni, altre associazioni, molti studiosi e molti cultori operano con lo stesso intento. È importante, quindi, che questo messaggio sia fatto proprio anche da un numero sempre più grande di associazioni e di ordini professionali. Questa iniziativa della rivista AL assume in tale contesto una grande rilevanza e dimostra quanto il programma di AAA/Italia possa divenire un punto di convergenza di grande rilevanza culturale, così che, anche attraverso i propri archivi, l’Architettura possa essere sempre più un bene condiviso e una necessità di tutti. AAA/ Italia Presidente: Lucia Salvatori Principe Sede: Archivio Progetti - IUAV Dorsoduro 2196 30123 Venezia tel. 041 710025 http://oberon.iuav.it/aaa.html e-mail: aaa-italia@iuav.it “Bollettino della AAA Italia” Direttore: Fulvio Irace
Copertina del primo numero del Bollettino AAA Italia, 2001.
ARCHIVIO DEL M ODERNO DELL’ACCADEM IA DI ARCHITETTURA DELL’UNIVERSITÀ DELLA SVIZZERA ITALIANA
Un archivio internazionale di Letizia Tedeschi Dare valore alle tracce, ai documenti che, unitamente ai manufatti, testimoniano analiticamente i processi creativi degli architetti, dei designer e degli artisti moderni e contemporanei che hanno svolto un ruolo significativo nell’affermarsi della “ modernità” è un impegno ormai ineludibile, se non altro per il nostro senso storico, per il valore oggi acquisito da tali documentazioni sia ai fini conservativi che a quelli conoscitivi. Da qui, credo di poter dire, l’idea di costituire presso l’Accademia di architettura di Mendrisio, anzi meglio: di far nascere assieme a quest’ultima l’Archivio del Moderno. L’Archivio del Moderno è infatti un istituto di ricerca dell’Accademia di architettura di Mendrisio ed ha per primo obiettivo la promozione di studi inerenti la storia dell’architettura moderna e contemporanea attraverso l’acquisizione, la conservazione e la catalogazione di fondi archivistici. Si è costituito nel 1996, all’atto della fondazione dell’Università della Svizzera italiana, ma è stato inaugurato ufficialmente il 4 novembre 1998 con la mostra Archivi e architetture. Presenze nel Cantone Ticino. Attualmente è ospitato in un edificio progettato da Mario Botta nel centro di Mendrisio, in Piazzale alla Valle, e dispone di circa 1500 mq. tra uffici, laboratori di pulizia e condizionamento, sala di consultazione, deposito climatizzato e spazio espositivo, dove vengono presentate mostre relative ai fondi acquisiti e alle ricerche svolte dall’istituto. Parallelamente si promuovono esposizioni provenienti da musei, centri studi o istituti universitari che abbiano scopi analoghi quali, a titolo di esempio, l’Archivio Progetti dell’Istituto Universitario di architettura di Venezia o il Sir Johan Soane’s Museum di Londra. È membro dell’International Confederation of Architectural Museums (ICAM) e partecipa all’International Council of Archives, gruppo degli archivi di architettura (ICA/SAR). Il nucleo principale delle raccolte dell’Archivio del Moderno si basa su materiali progettuali di architettura, di arte applicata all’architettura e al design; si caratterizza pure per l’attenzione a fondi, storici e contemporanei, dedicati a soggetti quali la fotografia e la grafica. Tali “ fondi” archivistici si incentrano su due polarità: una prima legata al territorio e alla storia del Cantone Ticino, i cui protagonisti abbiano una valenza internazionale, dunque una polarità costituita da archivi di architetti quali Luigi Canonica che ha contribuito alla costruzione della Milano moderna, Rino Tami, uno dei promotori del “ moderno” in Ticino, fino a giungere alla cosiddetta
“ Scuola ticinese” con gli archivi contemporanei di Livio Vacchini e Aurelio Galfetti; una seconda polarità rivolta alla cultura italiana ed internazionale data da archivi di autori come il greco Panos Koulermos, attivo tra la Grecia e gli Stati Uniti, il grafico Jean Petit che ha collaborato con Le Corbusier, realizzando con quest’ultimo i famosi Cahiers “ quadrati” , o il celebre designer milanese Marco Zanuso. La configurazione e la posizione strategica che fa del Canton Ticino la “ cerniera” tra l’area tedesca, francese e italiana, e funge da portale tra l’Europa del nord e il Mediterraneo, così come la presenza in Accademia di docenti – storici come Kenneth Frampton e Bruno Reichlin – e in particolare di progettisti provenienti da differenti aree culturali – come Peter Zumthor, Estevall Bonell, Mario Botta –, rende inoltre ovvio il carattere internazionale che si vuole dare all’Archivio del Moderno. Un Archivio che opera in sinergia con le finalità formative esperite dall’Accademia, infatti, deve rispecchiarne gli orientamenti e l’apertura prospet t ica a t ut t o t ondo che ne rafforza la vocazione internazionale. La valorizzazione di tali fondi archivistici conservati presso l’Archivio è affidata sia allo studio dei documenti acquisiti, sia a specifiche iniziative, dai convegni alle esposizioni, corredate di cataloghi o di altra documentazione scientifica che ne consenta la conoscenza presso i ricercatori. A tale scopo l’Archivio del Moderno dispone di una propria collana editoriale presso le edizioni dell’Accademia di architettura, suddivisa in Saggi, Cataloghi, Materiali, Strumenti e Atti dove vengono pubblicati i risultati delle ricerche svolte, gli atti dei convegni, dei seminari e delle giornate di studio, i cataloghi delle mostre, le monografie che ineriscono le tematiche cui questo istituto rivolge la propria attenzione. Questa nuova istituzione è insomma un centro studi specializzato che non può che trovare il favore di tutti gli studiosi, come pure gli architetti i quali sovente debbono a tali “ archivi” il recupero dei loro progetti originali, utili per il restauro dei loro manufatti, troppo spesso manipolati ed alterati in ragione di pratiche contingenze estranee ai valori dell’architettura. L’Archivio del Moderno intende pure arricchire il dibattito sul significato che oggi vengono ad assumere l’architettura e l’urbanistica nell’ambito del generale riassetto del territorio, promuovere, in sintonia anche con l’insegnamento impartito dall’Accademia di architettura di Mendrisio, una riflessione cri-
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parte rappresentato da AAA/Italia, che, come si è affermato, costituisce l’eccezionale potenzialità italiana, a cui necessita solo di interrelarsi e unificarsi virtualmente per trasformarsi in un eccezionale archivio di dimensione nazionale. AAA/Italia, infatti, afferma che il radicamento di ciascun archivio nel proprio contesto è la condizione più efficace per garantire il continuo lavoro e il progressivo ampliamento del patrimonio archivistico stesso, in un’attività di ricerca che sempre si rinnova nel connettere le opere con i luoghi e i disegni con le costruzioni, nel riannodare tra loro le espressioni delle diverse arti, rivelando i rapporti tra l’elaborazione architettonica e le coeve e conterranee ricerche figurative e artistiche più generali, che intrecciano con l’architettura i propri destini, influenzandosi vicendevolmente. In questo rinnovarsi degli archivi attraverso il procedere della raccolta, della catalogazione, della conservazione e degli studi, si compone progressivamente e sempre più il vasto sistema culturale che forma la ricchezza figurativa, unica, delle città italiane.
ternazionale di archivi di architettura universitari tutto sommato non è troppo ampia, al contrario, la rete delle relazioni e delle iniziative da essi promosse è tuttavia straordinaria e lascia ben intendere quale sia la sfida complessiva cui tali istituzioni sono chiamate nella difesa e nella valorizzazione dell’architettura moderna. La presenza, a suo modo esclamativa, di ben tre archivi universitari in Svizzera costituisce un elemento di riflessione che ci ha sollecitati nell’elaborare le attività dell’Archivio del Moderno. Per spiegare questo in poche battute converrà dire per prima cosa che mi concentrerò esclusivamente sul tema architettura. Oggi si deve riflettere su un ventaglio di questioni. Per cominciare, per esempio sul sempre più forte connubio tra tecnica e scienza, che è alla base del nuovo costruire dopo la fervida stagione dell’architettura del ferro, e che si afferma vieppiù con l’avvento del cemento armato e in sintonia con una più generale rivoluzione industriale e tecnologica. Inoltre, ad esso corrisponde pure una concezione architettonica, urbanistica e territoriale che modifica relazioni e servizi sul piano dei collegamenti, ritmi e spazi della stessa vita urbana, polverizzando nel contempo la dicotomia tra città e campagna, e tutto questo concorre a costituire una nuova territorialità. E la territorialità è un tema che si va facendo sempre più un punto focale su cui operare per le nuove generazioni di architetti. Infine, cambia il modo di progettare e il significato stesso del mestiere di architetto, suscitando un dibattito tuttora in corso. Ancora, con l’avvento dell’odierna svolta elettronica si sta verificando una ulteriore modificazione che provoca nuovo dibattito, in relazione allo
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Vedute dei laboratori dell’Archivio del Moderno. tica in merito alla storia moderna dell’architettura. Dando particolare attenzione al territorio, l’Archivio ha partecipato alle celebrazioni del bicentenario della nascita di Carlo Cattaneo con due atti: la pubblicazione del volume Carlo Cattaneo. Scritti sulle trasversali alpine, a cura di Fabio Minazzi, cui è seguita la mostra Rino Tami e l’autostrada N2 ChiassoSan Gottardo, a cura di Nicola Navone e Letizia Tedeschi, concernente i documenti conservati presso la nostra istituzione. L’Archivio del Moderno ha infine promosso due ricerche ad ampio raggio: la prima, sostenuta dal Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica, rivolta alla formazione degli architetti e delle maestranze svizzere tra XVIII e XIX secolo nelle accademie italiane, la seconda riguardante il contributo della cultura italiana alla costruzione delle città moderne della grande Russia da Caterina II a Alessandro I i cui esiti saranno esposti nella mostra Dal mito al progetto. La cultura archi-
tettonica dei maestri italiani e ticinesi nella Russia neoclassica, prevista a Lugano e a Mendrisio dal 5 ottobre 2003 al 12 gennaio 2004 e a Pietroburgo, nella prestigiosa sede dell’Ermitage, dal 17 febbraio 2004. Si viene dunque rimodellando criticamente il profilo storico della moderna cultura architettonica att raverso t ut t a una serie di approfondimenti archivistici, di precisazioni e di spunti di riflessione che nascono da un diverso e nuovo approccio critico che muove dai documenti. Potrei entrare nei dettagli, dare conto analiticamente delle altre attività e delle proposte che si sono fatte e che si stanno tuttora elaborando e andranno ad ampliare il ventaglio delle proposte culturali e delle sinergie che vedranno coinvolti intellettuali, scienziati, architetti, filosofi, scrittori e artisti, ma credo sia più opportuno soffermami conclusivamente sulla filosofia che caratterizza l’attività dell’Archivio. La costellazione in-
strappo venutosi a creare rispetto anche soltanto all’immediato ieri, sia sul piano progettuale che su quello del cantiere. Dunque l’architettura contemporanea è segnata da un rivolgimento generale e da modificazioni repentine che ne datano, di anno in anno, i manufatti, così come è condizionata dal sistematico riuso o aggiornamento cui è sottoposta che ne altera l’autenticità o integrità, o peggio: che provoca drastiche dispersioni. Questo significa dover agire in presa diretta sul tempo presente sia per la tutela di tali manufatti, sia per la valutazione di tali modificazioni concettuali e progettuali, mettendo sullo stesso piano gli apporti teorici e quelli di cantiere, in modo tale da garantirne la memoria storica. La filosofia che guida l’impegno dell’Archivio del Moderno muove da tali considerazioni e cerca di riformulare in una concezione complessiva del problema la tutela e la conoscenza della molteplicità dei temi che sono investiti da questo nostro impegno. In altre parole, si tratta di un’azione tesa a superare una sequela di questioni, in cui venga meno la falsa dicotomia tra sapere umanistico e sapere scientifico e si favorisca una trasmissione autentica del complesso nodo rappresentato da un lato dai documenti primi che sono i manufatti e i progetti, dall’altro dal dibattito che si è svolto e si sta svolgendo attorno al progettare per l’architettura moderna. Archivio del M oderno Responsabile: Letizia Tedeschi via Lavizzari 2 6850 Mendrisio (CH) tel. 0041 916404842 www. arch.unisi.ch/architettura_ ricerca/architettura_archivioM.htm e-mail: archivio@arch.unisi.it
CSAC - CENTRO STUDI E ARCHIVIO DELLA COM UNICAZIONE
Lo CSAC e il progetto di Gloria Bianchino Lo CSAC è nato oltre trenta anni fa e l’acronimo significa Centro Studi e Archivio della Comunicazione; l’idea, dunque, era allora di proporre tutto il sistema del comunicare sullo stesso piano, negando l’antica attribuzione di arte ai singoli manufatti per proporre invece un’articolazione diversa, un nesso diverso fra chi fa storia e strumenti stessi del fare storia, documenti della storia stessa. L’idea quindi di raccogliere i progetti non si è limitata fin dall’inizio al progetto architettonico, anche se la struttura dello CSAC per il settore appunto Archivio del progetto si apriva nel 1980 con gli archivi fra l’altro di Mari, Munari, Castiglioni, Rosselli, e altri ancora, ma si è estesa ad altri ambiti per cui in un sistema si sezioni distinte, arte, media appunto progetto, foto-
Pier Luigi Nervi, Padiglione Fiera di Milano, veduta prospettica, CSAC B019269S.
7 Giuseppe De Finetti, Piazza Cavour, 1942, veduta prospettica, CSAC B000416S.
Ignazio Gardella, Mensa Olivetti, 1954, pianta, CSAC B020448S.
grafia, spettacolo, si sono raccolti i materiali progettuali intendendo con questo i materiali atti a documentare il processo di elaborazione di un’opera finale. Così oltre al progetto architettonico e di design, si è raccolto quello artistico, quello scenico, quello filmico, quello della grafica in senso lato e altro ancora, compreso ad esempio il progetto di moda. Le collezioni dello CSAC sono dunque salite in breve a centinaia di migliaia, poi milioni di pezzi, concentrando a Parma un materiale di documentazione indispensabile comunque per la storia della cultura nel nostro paese. Quanto agli archivi del progetto architettonico, di design in senso proprio, essi sono naturalmente cresciuti con rapidità, passando ad occupare da circa 50 a circa 1500 classificatori orizzontali senza contare altri specifici contenitori, e diventando una documentazione imponente. Alcune acquisizioni come quella di Giò Ponti, come quella di Pier Luigi Nervi, come quelle di Figini, Pollini, Giuseppe Samonà, Nizzoli, Bellini sono ben note ma molte altre, come Pulitzer, come De Finetti, come Ulrich lo sono forse meno; naturalmente le acquisizioni continuano ma quello che in tempi recenti ha
Una delle caratteristiche di queste rassegne è stata quella di integrare il progetto architettonico con il sistema della comunicazione contemporaneo proponendo quasi sempre soltanto materiali dello CSAC, fatto questo di per sé come ben si comprende, eccezionale. Naturalmente lo CSAC propone mostre all’estero: con suoi materiali e rassegne sia monografiche che con blocchi di opere prestate, queste si sono tenute in decine di musei nel mondo, dal Beaubourg al MOMA di New York, con prestiti di centinaia di pezzi all’anno. Gli studiosi che vengono a consultare le collezioni hanno un preciso e attento servizio di assistenza e i materiali richiesti sono riprodotti, a richiesta, fotograficamente mentre si sta portando avanti adesso il trasferimento su disco di una parte dei documenti onde agevolarne la consultazione. Lo CSAC è dotato di laboratorio di restauro, di incorniciatura e fotografico e di una stazione informatica. L’intero costo delle strutture e delle attività e del personale
dello CSAC è sostenuto dalla Università di Parma. CSAC Direttore: Gloria Bianchino via Palermo 6 43100 Parma tel. 0521 270847-798 www.unipr.it/arpa/csac/csachp.html e-mail: csac@unipr.it
Pier Luigi Nervi, Concorso Palazzo dell’Acqua e della luce E42, 1938, veduta prospettica, CSAC B004049S.
ARCHIVIO PROGETTI DELLO IUAV
L’archivio progetti dello IUAV: un centro al servizio della didattica e della ricerca di Anna Tonicello
Ignazio Gardella, Dispensario antitubercolare di Alessandria, 1936, studio del fronte, CSAC B008135S.
Il progetto di ricostruire la memoria storica dello IUAV, tramite la raccolta dei documenti di architettura che ne testimoniano le teorie, l’insegnamento e i progetti, nonché le figure più significative della scuola, è il motivo propulsore che ha determinato la costituzione dell’Archivio Progetti. All’Istituto Universitario di Architettura di Venezia vengono ricondotte alcune importanti vicende che riguardano le trasformazioni urbane e architettoniche della città di Venezia a partire dalla metà dell’Ottocento; una serie di avvenimenti di grande attualità e importanza da riconsiderare attraverso le fonti originali di progetto allo scopo di ricostruire e docu-
mentare il dibattito e le proposte per la trasformazione della città di Venezia in città moderna: progetti noti come quello per il Nuovo Ospedale di Venezia di Le Corbusier (1965), le idee per l’isola terminal del Tronchetto, i progetti e i concorsi per i quartieri della terraferma – il quartiere San Marco e le Barene di San Giuliano, per esempio –, i progetti di F. L. Wright e di L. Kahn per Venezia. L’interesse dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia per il territorio veneziano è espresso anche nella consapevolezza della esemplarità della città di Venezia come caso studio, come laboratorio per l’esercizio di architettura, documentato dalle ricerche uni-
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reso più difficili le donazioni sono state le politiche di acquisto degli archivi da parte di altre strutture che hanno comportato una vera e propria mercificazione e, quindi, un potenziale conflitto fra archivi e strutture diverse. Un altro fatto molto grave è stata l’esportazione di interi archivi fuori dei confini, purtroppo prima che una efficace tutela da parte dello Stato impedisse questo evento, e i risultati sono molto evidenti. La ricerca sugli archivi, il cui materiale è tutto catalogato fin dal momento della loro donazione alle raccolte dell’università, prosegue nel tempo in direzioni diverse. Sul piano dell’analisi si portano avanti ricerche scientifiche mirate o all’intera raccolta o più spesso a sue sezioni, pubblicando per esempio volumi significativi in una collana “ Gli archivi del Progetto” , presso la Casa editrice Electa dove si sono realizzati i volumi di L. Miodini Gio Ponti. Gli anni trenta e di F. Zanella, Alpago Novello, Cabiati e Terrazza 1912-1935. In altra direzione si utilizzano i materiali per grandi mostre di insieme, come per esempio “ Il Rosso e il Nero” a Parma nel 1999, “ Muri di Carta” alla Biennale del 1993, “ L’auto dipinta” nel 1992 a Palazzo Te, a Mantova.
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Eugenio Miozzi, il ponte del Littorio, 1933. versitarie ma anche da numerosi concorsi di idee, stage e workshop che vengono organizzati nella città. Ne sono un esempio alcune esposizioni della Biennale Architettura di Venezia dedicate alla progettazione dei diversi luoghi della città e l’ILAUD che ogni anno propone un tema diverso di progettazione su aree insulari e della terraferma veneziana. La consapevolezza di questo particolare ruolo svolto dalla città di Venezia ha rafforzato l’idea di documentare sistematicamente le idee per la città e l’utilità di costituire un centro dedicato alla raccolta delle fonti necessarie per gli studi, nonché dei relativi esiti progettuali. Nei programmi dell’Archivio Progetti, insieme a queste vicende più note, la documentazione sulle opere urbane e architettoniche realizzate dai professionisti veneziani viene considerata altrettanto importante per la lettura e interpretazione delle dinamiche di trasformazione della città: figure del Novecento come l’ing. Eugenio Miozzi, per esempio, che ideò la maggior parte delle principali opere costruite a Venezia tra le due guerre (la ricostruzione della Fenice nel 1936, il Garage di Piazzale Roma,
il ponte automobilistico autostradale tra Venezia e la terraferma, il Ponte degli Scalzi, il Ponte dell’Accademia, lo scavo del Rio Nuovo), o come l’Arch. Virgilio Vallot che vinse il concorso per la nuova Stazione ferroviaria di Venezia. E ancora, professionisti come Giuseppe Torres o Giovanni Sardi, presenti con le loro opere nella trasformazione del Lido di Venezia in città turistica, e nelle nuove isole di ampliamento della città insulare. A partire dalla fondazione dell’Archivio Progetti, le collezioni archivistiche si sono quindi focalizzate principalmente attorno a due temi circoscritti cronologicamente: l’Istituto universitario di architettura di Venezia, dalla sua fondazione nel 1926, sezione che raccoglie progetti e archivi privati delle figure più significative della scuola; progetti di ricerca e progetti di studenti premiati o selezionati in concorsi; la città di Venezia, dalla metà dell’Ottocento ad oggi, tramite i concorsi di architettura, le architetture costruite e non costruite; gli archivi privati dei principali professionisti veneziani, sia architetti che ingegneri. La collezione conta oggi circa 50.000 disegni, oltre 200 modelli di architettura, un vastissimo archivio
fotografico e digitale ed è stata costituita tramite un metodo di lavoro molto articolato, che prevede la cooperazione con soggetti pubblici e privati allo scopo di donare o, semplicemente, depositare i documenti presso l’Archivio Progetti. Tra questi esempi di cooperazione: la Biennale Architettura di Venezia, L’Ospedale Civile di Venezia con il progetto di Le Corbusier, lo IACP Veneziano, la Triennale di Milano e, tra i privati, gli architetti Giancarlo De Carlo, Edoardo Gellner, Cappai e Mainardis, gli eredi di Giovanni Astengo, Giuseppe e Alberto Samonà, Costantino Dardi, Enrico Agostino Griffini, Eugenio Miozzi, Gianugo Polesello, Giuseppe Torres, Egle Renata Trincanato, Giovanni Sardi, Umberto Nordio, Virgilio Vallot, del fotografo Giorgio Casali, dell’artista Paolo De Poli. L’Archivio Progetti, nato nel 1987, ha quindi assunto importanza nazionale ed è diventato un riferi-
per studio e per pubblicazione, il prestito a musei e gallerie per fini espositivi. Alla costruzione di una banca dati su Venezia, l’Archivio Progetti ha dedicato gran parte del proprio impegno con l’obiettivo di offrire un servizio liberamente accessibile ai propri utenti. Questo servizio è stato approntato con attenzione alla potenziale utenza del centro che non consiste solo nell’utenza universitaria – studenti e docenti – per fini didattici e di ricerca ma, anche, nell’utenza professionale, negli enti locali e territoriali – tecnici e architetti – per scopi di documentazione tecnica e progettuale, nella comunità scientifica internazionale – studiosi e ricercatori – per scopi di documentazione storica, nei musei e centri di architettura per scopi espositivi e, infine, nel turismo culturale con scopi divulgativi. Nel catalogo, oltre alle informazioni dettagliate sui singoli docu-
Giancarlo De Carlo, schizzo, 1987. mento non solo per le attività didattiche e scientifiche dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, ma anche per i professionisti, gli studiosi, per i musei di architettura italiani ed europei. Anche le attività e i servizi si sono progressivamente sviluppati e ora, accanto alla raccolta, ordinamento e schedatura degli archivi, si sono consolidate le attività espositive, con due mostre l’anno nella sala del centro; editoriali, con i cataloghi dei fondi archivistici e gli atti dei seminari; di studio e di ricerca, con seminari, borse di studio, convenzioni e partecipazione a progetti e ricerche; di servizio, con un ampio orario di consultazione pubblica dei documenti originali, la banca dati on-line, la fornitura di riproduzioni fotografiche e digitali
menti posseduti dal centro, sono disponibili e acquisibili le riproduzioni digitali dei disegni e dei materiali più significativi. Il catalogo dell’Archivio Progetti è consultabile nel sito del Sistema Bibliografico e Documentale dello IUAV all’indirizzo: http://iuavbc.iuav.unive.it/ Archivio Progetti dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia Direttore: Anna Tonicello Ex Cotonificio Veneziano Dorsoduro 2196 30123 Venezia tel. 041 710025 fax 041 715788 www.iuav.it e-mail: archivioprogetti@iuav.it
Giuseppe Samonà, Concorso per l’attraversamento dello stretto di Messina,1969.
M ART - M USEO D’ARTE M ODERNA E CONTEM PORANEA DI TRENTO E ROVERETO
Gli archivi di architettura al Mart di Paola Pettenella gregata documentazione prodotta dal Mart (si pensi ai servizi fotografici sugli edifici di Libera o Sottsass o Figini e Pollini, commissionati a Gabriele Basilico, a Santi Caleca, ecc.). Il ruolo giocato dagli esponenti trentini nelle fasi salienti della storia dell’architettura moderna non delimita, ma allarga gli interessi del Mart e i confini geografici delle raccolte; il Museo ha accolto fin dai primi anni Novanta gli archivi di altri architetti e ingegneri novecenteschi, operanti fra le due guerre e impegnati nella ricostruzione dell’Italia del secondo dopoguerra: il ricchissimo fondo dei padovani Francesco Mansutti e Gino Miozzo, l’archivio dell’ingegnere Gaetano Ciocca, quello recentemente acquisito di Maurizio Mazzocchi. Nella funzionale architettura del Polo culturale di Rovereto, progettato da Mario Botta, l’Archivio del ‘900 del Mart ha trovato sede al piano interrato, acquisendo nuovi ed ampi spazi (1.165 mq). L’Archivio è accessibile a tutti i cittadini ed è regolarmente aperto dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 18.00. Fra gli strumenti di corredo che permettono la consultazione, è uscita una guida a stampa, nella quale vengono fornite notizie biobibliografiche sui produttori dei fondi e sono descritti i vari archivi e la loro struttura. Entro il sito del Museo è stato inoltre creato un sistema informativo, che permette di acquisire una serie di informazioni preliminari sui materiali d’archivio, mettendoli in relazione con le collezioni museali e con la biblioteca del Mart. La vita del Museo, infatti, è alimentata da una concezione globale del bene culturale (opere, libri, documenti) e da una stretta connessione tra attività espositiva e attività di studio e ricerca. Molto prima che l’interesse per l’architettura del ‘900 acquistasse
9 Luigi Figini, Gino Pollini, Villa-studio per artista alla V Triennale di Milano, 1933.
Angiolo Mazzoni, Stazione FF.SS di Firenze, 1929-33. un carattere diffuso, il Mart ha organizzato presso il Palazzo delle Albere di Trento esposizioni antologiche di grande rilievo, accompagnate spesso da cataloghi generali. Ricordiamo a questo proposito le mostre e i volumi su Luciano Baldessari, giugno-agosto 1985 (cat. a cura di Z. Mosca Baldessari, Mondadori, Milano, 1985); Adalberto Libera. Opera completa, gennaio-aprile 1989, direzione G. Belli, coordinamento scientifico V. Gregotti e G. Ciucci (cat. a cura di G. Polin e G. Marzari, Electa, Milano, 1989); Ettore Sottsass senior.
Architetto, maggio-agosto 1991, direzione G. Belli, coordinamento scientifico G. Belli, G. Ciucci et al. (cat. a cura di G. Pettena, M. Carboni, Electa, Milano, 1991); Gigiotti Zanini pittore e architetto, novembre 1992 - febbraio 1993, direzione G. Belli e N. Boschiero (cat. a cura di G. Ciucci, Charta, Milano-Firenze, 1992); Josef Zotti architetto e designer 1882-1953, dicembre 1993 - febbraio 1994, direzione G. Belli (cat. a cura di R. Festi, De Luca, Roma, 1993); Luigi Figini e Gino Pollini. Architetture 1927-1991, gennaio-aprile 1997, direzione G. Belli (cat. a cura di V. Gregotti e G. Marzari, Electa, Milano, 1997). Promotore di numerosi convegni e giornate di studio su tematiche architettoniche o su singoli autori, il Museo ha pubblicato diversi altri studi legati all’architettura: La città e le forme, atti del convegno “ Città: forma e significato” (1985) a cura di G. Belli e F. Rella, Mazzotta, Milano, 1987; La stazione di Trento di Angiolo Mazzoni, a cura di P. Pettenella, in “ Quaderni di Architettura” n. 1, Electa, Milano, 1994; Il Grande Albergo Trento di Giovanni Lorenzi, a cura di M. Martignoni e P. Pettenella, in “ Quaderni di Architettura” n. 2, Electa, Milano, 1996; Gaetano Ciocca. Costruttore, inventore, agricoltore, scrittore, a cura di J. T. Schnapp, in “ Quaderni di architettura” n. 3, Skira, Milano, 2000; Angiolo Mazzoni (1894-1979). Architetto Ingegnere del Ministero delle Comunicazioni, in “ Quaderni di architettura” n. 4, (atti del convegno, Firenze, Palazzina reale della stazione di Santa Maria Novella, 13-15 dicembre 2001) a cura di M. Cozzi, E. Godoli, P. Pettenella, Skira, Milano, 2003. M art Archivio del ’900 Responsabile degli archivi: Paola Pettenella 38068 Rovereto (Tn) Corso Bettini 43
Fondo Mansutti Miozzo, Studio di abitazione tipo, aprile 1933.
tel. 0464 454156-138 www.mart.trento.it e-mail: archives@mart.trento.it
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Fin dalla sua istituzione (1987) il Mart, Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, raccoglie archivi di architetti, artisti e critici del XX secolo, che costituiscono una fonte di conoscenza e d’informazioni ricchissima, e in parte ancora inesplorata. Si tratta di fondi contenenti materiali eterogenei, d’estremo interesse per la comprensione degli autori, della loro attività e delle loro relazioni: disegni, lettere, documenti professionali, fotografie e rassegna stampa, oggetti personali, ecc. Nel campo dell’architettura come in quello dell’arte un ricco nucleo di documentazione ruota attorno alle vicende del movimento futurista: già Angiolo Mazzoni negli anni Settanta desiderava valorizzare la propria appartenenza al futurismo, quando lasciò al Museo Fortunato Depero di Rovereto (poi confluito nel Mart) un fondo archivistico di estrema importanza per la storia dell’architettura italiana del Ventennio. Documenti legati all’architettura (progetti, schizzi, modelli, fotografie) si trovano anche nei fondi futuristi di Fortunato Depero, Tullio Crali e Quirino De Giorgio. Oltre al forte interesse per il futurismo, il Museo ha coltivato profondi legami con il territorio, ben evidenziati dagli archivi degli architetti: il Trentino infatti può singolarmente vantare un posto di primissimo ordine entro le vicende storico-culturali italiane, sia per la sua posizione di confine, sia per aver dato i natali ad alcuni fra i più illustri architetti del secolo scorso. Il Museo conserva ad esempio i fondi di Luciano Baldessari, Ettore Sottsass sr., Gigiotti Zanini. Laddove non è stato possibile acquisire archivi originali, si sono formate raccolte di documentazione in copia (riproduzioni dagli archivi di Adalberto Libera e di Luigi Figini e Gino Pollini), cui è stata ag-
POLITECNICO DI TORINO
La Biblioteca Centrale di Architettura del Politecnico di Torino e la sua sezione “Archivi” di Elena Tamagno
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Carlo Mollino, tavolo in acero sbiancato e piano di cristallo progettato nel 1949 per l’alloggio Rivetti. I veri e propri Archivi del Politecnico di Torino costituiscono certamente una fonte documentaria importante per chi voglia studiare la vita, i legami con il territorio, i personaggi di questa istituzione; ma nell’ambito dell’ateneo esistono altri fondi importanti, seppure non strettamente legati alla sua storia, come, ad esempio, le carte e i disegni della Società Porcheddu, licenziataria per l’Italia del sistema di costruzione in calcestruzzo armato Hennebique (1), o quelli di Carlo Bernardo Mosca, ingegnere formato all’Ecole Polytechnique di Parigi e attivo a Torino nella prima metà dell’Ottocento (2). La Biblioteca Centrale di Architettura conserva fondi diversi, raccolti con l’intento di documentare il territorio del Piemonte e quello di Torino anche attraverso l’attività di architetti, ingegneri, società di costruzione attivi nel XX secolo. Se fin dalla sua costituzione la Biblioteca ha conservato fondi d’archivio, è solo negli anni Settanta del secolo scorso che essi sono ampliati ed incrementati con l’intento di fornire a studenti e studiosi un servizio complementare a quello fornito con le raccolte di libri e periodici. La Biblioteca nasce alla fine degli anni Cinquanta, quando la facoltà di Ingegneria e la Biblioteca del Politecnico si trasferiscono nella nuova sede di corso Duca degli Abruzzi dalla sede storica del Castello del Valentino. Qui restano la facoltà di Architettura e un piccolo fondo di libri, periodici, carte, che ha la fortuna di essere affidato a Roberto Gabetti, allora aiuto di Carlo Mollino, titolare della cattedra di Composizione Architettonica. La preoccupazione dei due docenti, condivisa da Mario F. Roggero, per la mancanza di strumenti aggiornati di conoscenza e di informazione rivolti agli studenti di architettura li conduce ad operare in stretta col-
laborazione per costituire, in pochi anni, una vera e propria biblioteca di architettura, dotata di raccolte consistenti di libri e, soprattutto, di periodici ordinate e catalogate, consultate non solo da studenti e docenti della facoltà. Negli anni Settanta, pur continuando ad adoperarsi per ampliare le collezioni librarie, il Direttore intende dotare la biblioteca di altre fonti utili agli studiosi: nascono così i fondi di cartografia. Una ricerca, condotta da Giovanni Maria Lupo, nell’arco di una decina d’anni, conduce alla individuazione e alla riproduzione di oltre duecento planimetrie di Torino, edite fra il 1572 e il 1954. Per il fondo esiste il catalogo a stampa, che riporta, oltre a saggi critici per la lettura delle consistenze, l’elenco completo delle carte e la riproduzione di una scelta di quelle più significative (3). A questa raccolta segue, negli anni 197679, quella sulla Cartografia del Piemonte, curata da Francesco Barrera, che consiste nella riprodu-
zione di circa 590 carte a stampa pubblicate fra il 1523 e il 1860. Il catalogo è pubblicato in quattro fascicoli della rivista “ Atti e Rassegna Tecnica” (4). Mentre si svolgono queste ricerche si aggiunge, per donazione, un fondo fotografico della Società Savigliano. Si tratta di circa duecento negativi su lastra che illustrano opere, prevalentemente infrastrutturali, realizzate dalla società in tutto il mondo. Nell’agosto del 1973, alla morte di Carlo Mollino, i documenti del suo studio professionale, che comprendono anche quelli del padre, ingegner Eugenio, vengono depositati presso la Biblioteca. I libri, elencati e contrassegnati con la dicitura Archivio Mollino, sono subito integrati nella consistenza della Biblioteca; l’inquadramento definitivo degli altri materiali e la catalogazione delle sezioni più significative sono possibili solo in occasione della mostra sull’opera di Carlo Mollino del 1989, nell’ambito di una convenzione di ricerca con la Provincia di Torino (5). Attualmente i materiali sono organizzati e distinti nel fondo Carlo Mollino e nel fondo Eugenio Mollino Qualche anno dopo, si aggiunge un fondo donato dallo studio Bertone, che comprende, fra l’altro, i progetti strutturali di numerosi importanti edifici torinesi. Nel 1995 viene acquisito per donazione l’archivio professionale di Domenico Morelli, nel 1997 quello di Franco Berlanda, mentre è in corso la pratica di acquisizione di quelli di Gino Salvestrini e di Francesco Dolza. Tutti questi professionisti hanno svolto la propria attività prevalentemente nell’area di Torino e hanno lasciato alla città testimonianze non irrilevanti del loro operato, come risulta anche da alcune recenti pubblicazioni monografiche (6). Se l’interesse internazionale si concentra sul Fondo Carlo Mollino, quello di studenti e studiosi locali si rivolge anche agli altri fondi, spesso con approfondimenti rilevanti per la conoscenza del territorio, delle sue trasformazioni, della sua cultura.
Note 1. Conservati presso il Dipartimento di Ingeneria dei sistemi edilizi e territoriali. 2. Conservati presso il Dipartimento Casa–Città. Per conoscere l’insieme dei fondi archivistici e museali si consulti il sito del Politecnico di Torino all’indirizzo http: www.museovirtuale.polito.it. 3. Per il fondo esiste il catalogo a stampa, che riporta, oltre a saggi critici per la lettura delle consistenze, l’elenco completo delle carte e la riproduzione di una scelta di quelle più significative. Cfr.: G. M. Lupo (a cura di), Cartografia di Torino 1572-1954, Politecnico di Torino, Sistema Bibliotecario, Torino, Stamperia Artistica Nazionale, 1989. 4. F. Barrera (a cura di), Il Piemonte nella cartografia degli Stati Sardi tra Restaurazione e Unità d’Italia, Il Piemonte nella cartografia tra Rivoluzione francese e Congresso di Vienna, Il Piemonte nella cartografia del settecento, Il Piemonte nella cartografia del Cinquecento e Seicento, numeri monografici di “ Atti e Rassegna Tecnica” della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, gennaio 1989, gennaio1990, gennaio1991, gennaio 1992; tutta la serie è pubblicata con il contributo della Camera di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato di Torino. 5. Cfr.: Carlo Mollino 1905-1973, Electa, Milano,1989. 6. Si vedano ad esempio: D. Bagliani (a cura di), Domenico Morelli : ingegnere architetto, Toso,Torino 1993; L. Gibello, P. M. Sudano, Francesco Dolza. L’architetto e l’impresa, Celid, Torino 2002. Biblioteca Centrale del Politecnico di Torino Responsabile per gli archivi: Elena Tamagno viale Mattioli 39 10125 Torino tel. 011 5646704 www.polito.it e-mail: elena.tamagno@polito.it
Carlo Mollino, disegni per la pubblicazione del progetto di Casa Cattaneo, altopiano di Agra, Luino, 1952-1953.
DAP - Dipartimento di Architettura e Pianificazione
Lecco, piano regolatore, 1941. Azzonamento. • Archivio RAPu - Rete Archivi Piani Urbanistici Responsabile: Patrizia Gabellini Consultazione: lun.-ven. 10.0014.00, previo appuntamento Consistenza dell’Archivio: RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, svolge un lavoro complesso volto al riordino dei piani urbanistici generali delle città italiane, dagli anni dell’Unità ad oggi, attraverso operazioni di censimento, inventariazione e analisi della documentazione conservata negli archivi originali. A queste operazioni fa seguito la catalogazione dei singoli documenti, testi e tavole, la loro riproduzione fotografica e digitale e l’immissione in un sistema infor-
Como, piano regolatore e di ampliamento. Sistemazione e rifacimento del quartiere Cortesella.
mativo in rete (ADA - Archivi Digitali d’Ateneo) presso il centro RAPu. Esito fisico del processo è un patrimonio di documenti di piano, resi disponibili sia nella forma fotografica per le immagini e della fotocopia per i testi, sia nella forma digitale (tavole di piano a differenti risoluzioni su cd-rom). Nell’insieme si ha una ricomposizione di documenti appartenenti al medesimo piano urbanistico che quasi sempre giacciono in depositi diversi, non sempre accessibili. Presso l’archivio RAPu sono conservati i fotocolor relativi alle immagini dei “ piani generali” delle cit t à di Bari, Bologna, Brescia, Como, Cremona, Ferrara, Foggia, Lecco, Padova, Parma, Ravenna, Rovigo, Taranto, Treviso, Venezia, Vicenza; i files in formato TIFF relativi alle stesse immagini, digitalizzate a bassa e alta risoluzione, oltre a documenti testuali fotocopiati localmente. Presso il centro sono conservati anche i materiali relativi alle ricerche “ Archivio Centrale dello Stato. Raccolta Ufficiale Leggi e Decreti. Allegati Cartografici: un campione significativo” , costituiti dalla restituzione su cdrom e su catalogo di 50 immagini di piani urbanistici degli anni ’30 e i materiali della ricerca Dicoter, svolta per la Direzione Generale del Coordinamento Territoriale del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti: oltre 1300 elaborati grafici e documenti scritti provenienti dalle tre serie di archivio catalogate (strumenti di pianificazione comunale prima della legge urbanistica na-
zionale del ‘42, piani di ricostruzione, P.R.G. ex lege 1150/1942) acquisiti su supporto digitale. Una parziale rassegna dei documenti RAPu si trova nei siti “ gemellati” : www.triennale.it (pagina RAPu), www.infrastrutturetrasporti.it (menù ” servizi all’utenza” , pagina “ Archivio nazionale piani regolatori” ), www.diap.polimi.it (pagina “ Laboratorio Piani e Progetti” ). RAPu svolge, parallelamente alle attività di ricerca negli archivi locali, di inventariazione e di catalogazione, un’attività editoriale che si sostanzia nella produzione di una collana editoriale titolata “ Preprint” . I Preprint sono quaderni che rendono pubblici i risultati di ciascuna ricerca locale condotta nell’ambito di RAPu. Le ricerche locali di RAPu si svolgono in un arco di tempo definito, secondo una metodologia unificata. I Preprint ne rappresentano un estratto, in cui le informazioni raccolte circa i fondi urbanistici relativi ai piani di una città vengono rimontate e sintetizzate in un agile strumento di divulgazione. Sono pubblicati i volumi relativi alle città di Brescia, Cremona, Lecco, Rovigo, Como 1 Genova, Bologna e Sassari oltre ai cd relativi ai piani di Lecco e Como; sono in stampa Monza e Como 2, in preparazione Venezia, Ferrara, Ravenna, Savona, Bergamo. Gloria Paoluzzi
Bibliografia: Patrizia Gabellini, RAPu, un archivio nazionale informatizzato di piani urbanistici, in: “ AAA/ Italia”, n. 2, 2002; Bertrando Bonfantini, L’urbanistica italiana attraverso l’Archivio piani Dicoter: il fondo documentario, e prospettive di ricerca, in: “ Storia urbana” , n. 96, 2001; Elena Marchigiani, La Collana Preprint della Triennale, in: “ Urbanistica Informazioni” , n. 176, 2001; Laura Anselmi, Laura Finetti, Martina Gerosa, Gloria Paoluzzi, Catalogazione partecipata di piani urbanistici, in: “ La biblioteca multimediale di architettura. Atti delle quinte giornate di studio del Cnba” , Genova 4-6 giugno 1998, Patrizia Trucco e Simona Palanga (a cura di), Cnba, Genova 1999; Laura Anselmi, Politecnico di Milano. Sistema Informativo Bibliotecario e Regole comuni per uno spazio documentario condiviso, in: Laura Fregolent, Edoardo Salzano (a cura di), Ricerche per comunicare e condividere/Researches for communicating and sharing, “ Quaderni Iuav” , 7-99, serie DU, Venezia 1999; Fabrizio Bottini (a cura di), RAPu-Rete Archivi dei Piani urbanistici, Triennale di Milano/Charta, Milano 1998; Paola Di Biagi, Una rete per l’urbanistica, CRU, n. 4, 1995. Archivio RAPu Politecnico di Milano via Durando 38/a 20158 Milano tel. 02 2399 5858
DCSA - Dipartimento di Conservazione e Storia dell’Architettura
Ambrogio Annoni, il Palazzo quattrocentesco della Bicocca, Milano. L’archivio degli archivi Negli anni Sessanta non era così condivisa la necessità di salvare le tracce dei percorsi progettuali delle generazioni precedenti (e lo dimostrava l’inesistenza di un mercato antiquario relativo). Né si sarebbe osato conservare, mentre le posizioni conflittuali erano ancora evidenti, i materiali documentanti il lavoro del ventennio fascista, fatto oggetto da parte della critica di quella riprovazione morale che, per motivi diversi, colpiva anche l’attività della seconda metà dell’Ottocento. Nel momento attuale, dominato
da un certo relativismo culturale e da un’evidente nostalgia del passato (che hanno influenzato l’ambito professionale) oltre che da una certa esaltazione dell’alterità (la “ perdita del centro” ), mentre si promuove una riflessione anche ironica sui mezzi espressivi (non a caso l’elaborazione teorica novecentesca è ricca di studi sul linguaggio), l’esigenza di conservare le memorie emerge con tale forza, da essere condivisa persino dall’INARCH, che non rappresenta certamente gli storici. Tale atteggiamento è testimoniato dal mol-
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Gli archivi del Politecnico di M ilano
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Ambrogio Annoni, Palazzo del Broletto, Pavia, 1920. tiplicarsi delle iniziative, persino private. In Italia sono meritorie soprattutto le operazioni del Ministero dei Beni Culturali, oltre al tentativo di coordinamento e di promozione anche teorica, attuato dall’AAA (Associazione Nazionale Archivi Architettura Contemporanea). Alla luce di queste considerazioni non si comprende il senso di alcune esperienze (compresa quella faraonica del Dutch Architectural Institute di Rotterdam). L’attenzione, difatti, è tutta rivolta all’architettura contemporanea, perimetrata nel XX secolo. Le eventuali aperture all’Ottocento sono originate dal tentativo di legittimare i fondamenti della cultura del razionalismo nell’ambito dell’individuazione del cosiddetto “ problema del moderno” . In questo senso va inscritta sicuramente l’iniziativa di Francoforte di Magnago Lampugnani. Intendo tralasciare, ovviamente, ogni riferimento a intraprese concettualmente superate, come quella del Canadian Center of Architecture di Montreal che si pone il problema di selezionare e di conservare soltanto alcuni disegni considerati “ degni” di essere trasmessi ai posteri. Se ogni archivio va considerato sullo sfondo dell’orizzonte culturale di pertinenza di un progettista o di un’attività, non si deve dimenticare che uno studio professionale è un mondo in continuo trasfomazione, sia come partecipanti che come settori di lavoro affrontati. Ed è un mondo che raccoglie non soltanto i materiali relativi ai progetti, ma anche tutto quanto è relativo all’aggiornamento personale e del mercato. Quindi: disegni e copie, intere biblioteche, raccolte fotografiche, masse di dépliants, campioni. Materiali non sempre volontariamente raccolti e che costituiscono un patrimonio d’informazioni spesso ripetitivo. Come risolvere il problema posto da materiali così diversi? L’IFA di Parigi, cui sono stati affidati più di 200 archivi, propone per libri e riviste l’archiviazione in biblioteche pubbliche, dopo la classificazione sotto il nome dell’antico proprietario. Sembra emergere, quindi, la tendenza a con-
servare soltanto quanto si ritenga effettivamente relativo al progettista e a collocare in altro luogo i documenti condivisi da più persone. I fondi conservati, opportunamente inventariati e schedati attraverso appropriati sistemi informatici, che consentano di promuovere processi interattivi, devono essere riuniti in luoghi significativi e non di pura opportunità, che si configurino come centri di studio e di ricerca. La Francia, che ha scelto di depositare i materiali inventariati presso gli archivi delle comunità interessate dalle progettazioni dei singoli architetti, ha abbandonato l’idea dell’archivio centralizzato dell’architettura per valorizzare il complesso rapporto tra luogo individui e gruppi. In occasione delle celebrazioni del 125° del Politecnico di Milano si verificò che, a parte alcuni documenti ufficiali (libretti universitari, atti relativi alla carriera dei docenti), la documentazione sulla Facoltà di Architettura era lacunosa: era assente ogni traccia relativa ai contenuti e agli esiti della didattica. Con il trasloco della facoltà nel nuovo complesso progettato da Ponti si era scartato, difatti, tutto quanto ritenuto inutile o superato. Si salvò soltanto, grazie all’intervento dell’architetto Luciano Roncai, un gruppo di elaborati dei corsi di Ambrogio Annoni e il suo fondo fotografico, ora conservati presso il Dipartimento di Conservazione e Storia dell’Architettura. Oggi i docenti del Politecnico fanno tesoro degli incontri con professionisti anziani e accolgono con entusiasmo gli archivi donati per studiarli e farli studiare. Queste documentazioni compongono con i materiali didattici anche ottocenteschi, conservati da alcuni dipartimenti “ d’ingegneria” , il museo diffuso dell’ateneo. L’aspirazione di molti docenti sarebbe quella di riuscire a costituire un grande archivio degli archivi, traccia significativa della nostra vicenda passata, grazie alla riunione delle memorie dell’istituto e di quelle delle persone che al Politecnico hanno studiato o insegnato. Si tratterebbe di un ar-
chivio multiforme composto di materiali prodotti a fini didattici, amministrativi, istituzionali; ma anche di un archivio degli studi dei progettisti; di un archivio delle attività industriali e artigianali relative all’area del progetto. L’archivio degli archivi sarebbe il “ luogo” che consentirebbe di documentare e studiare la cultura dell’insegnamento, della ricerca, del progetto e della produzione nell’ambito dei cambiamenti del più generale sistema culturale; che consentirebbe di documentare e di studiare gli intrecci tra formazione, stato delle tecnologie e mondo della produzione, del progetto e della realizzazione, delle condizioni del mercato e della committenza, e i mutamenti di tali intrecci; che consentirebbe di riflettere sulle risonanze intellettuali, sui canali di diffusione della conoscenza scientifica, tecnologica, artistica e progettuale e sul mutamento delle forme di circolazione delle idee. Sembra superfluo sottolineare come la documentazione dei progetti, soprattutto se accompagnati dai materiali legati all’esecuzione e quindi alle tecnologie e ai prodotti impiegati (spesso usciti di produzione), costituirebbe un sistema d’informazione insostituibile per ogni intervento sul costruito. Proprio per tutte queste ragioni un tale archivio non può essere il luogo che accolga soltanto le espressioni vincenti, di punta; né il luogo che selezioni, quindi, e che continui la lettura del passato attraverso la lente ideologica o ripercorrendo miti storiografici convenzionali, ma è il luogo che consente d’indagare, accanto ai temi della cultura avanzata, l’andamento più abituale dell’insegnamento e del progetto, e di verificare il carattere accidentale del percorso storico. L’iniziativa della pubblicazione di una Guida degli archivi degli architetti lombardi ha messo in luce la vastità del patrimonio legato all’attività professionale, didattica e critica. Un’operazione congiunta tra gli Ordini degli architetti e i centri universitari di riferimento sarebbe sicuramente auspicabile per una più sistematica ricognizione dei patrimoni che illustrano tali eredità. Giuliana Ricci Sugli archivi In questi ultimi anni, il Politecnico di Milano è stato protagonista di molte iniziative volte all’affermazione di una cultura della conservazione e della valorizzazione degli archivi di architettura contemporanea, tra cui la partecipazione come socio fondatore all’Associazione Nazionale Archivi Architettura Contemporanea (AAA/Italia) il cui attuale presidente è Lucia Salvatori Principe (Soprintendente Archivistico del Lazio) e al cui Comitato Tecnico Scientifico partecipa, come rappresentante dei soci sosteni-
tori, Graziella Leyla Ciagà, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Conservazione e Storia dell’Architettura. Il bollettino della AAA/It alia è diret t o dal prof . Fulvio Irace e la sede della redazione è presso il Politecnico di Milano. Per sostenere anche in sede regionale una campagna di promozione della conoscenza di questo patrimonio, il Politecnico ha avviato con la Soprintendenza Archivistica della Lombardia un progetto di censimento degli archivi di architettura presenti in Lombardia (lavoro in corso di pubblicazione) sotto il coordinamento dei prof. Fulvio Irace e Giuliana Ricci, a cui partecipano i seguenti rilevatori, suddivisi per province: Graziella Leyla Ciagà (Bergamo e Varese), Maria Teresa Feraboli (Mantova e Cremona), Anna Chiara Cimoli (Milano), Maria Vittoria Capitanucci (Milano), Giovanna D’Amia (Milano), Carlo Mariani (Milano), Federico Brunetti (Milano), Antonella Gioli (Brescia e Sondrio), Chiara Rostagno (Como e Lecco) e Marica Forni (Pavia). D’accordo inoltre con il Centro di Alti Studi sulle Arti Visive (CASVA) recentemente istituito dal Comune di Milano con il compito di ricevere, conservare e rendere accessibili materiali documentali di biblioteche e archivi, ha avviato un programma di ricognizioni e di acquisizioni, il cui primo esito è stato l’acquisto della Collezione MoscaBaldessari e la donazione dell’archivio dell’architetto Francesco Gnecchi-Ruscone. Una recente convenzione ha formalizzato i rapporti di collaborazione tra il CASVA, il Politecnico di Milano, la Soprintendenza Archivistica della Lombardia e la Triennale di Milano, al fine di coordinare le azioni reciproche in materia di archivi di architettura. Fulvio Irace • Archivio Ambrogio Annoni Responsabile scientifico: Fulvio Irace Orari di Consultazione: consultazione previo appuntamento Consistenza: 102 negativi e 41 lastre di vetro di disegni di progetto e cantieri di restauro; 294 stampe fotografiche di disegni di progetto, con disegni e modelli anche di altri autori; 223 lastre di vetro in positivo con edifici storici, siti archeologici e opere d’arte, utilizzate per l’attività didattica; 782 disegni eseguiti dagli allievi dei corsi universitari di Ambrogio Annoni Bibliografia: Ambrogio Annoni, Organismi e forme dell’architettura. Idee ed esempi, Tamburini, Milano 1952; Clarita Albrenti, Dal restauro stilistico al restauro filologico: Ambrogio Annoni, tesi di laurea, rel. Amedeo Bellini, Facoltà di Architettura, Politecnico di Milano, A.A. 1988/89. Carlo Mariani
Stefania Casucci, Stefania Lincetto, Silvano Zorzi e i suoi ponti, Collegio degli Ingegneri della Provincia di Padova, 1995.
Archivi del DCSA Politecnico di Milano via Golgi 39 20133 Milano tel. 02 2399 5547
Graziella Leyla Ciagà
Luciano Baldessari, Progetto per un complesso edilizio in Piazza San Babila, Milano, 1936-37. talogazione del materiale, elenco delle opere, annotazioni) Bibliografia: Luciano Roncai (a cura di), Agnoldomenico Pica (1907-1990): premesse per uno studio critico, Guerini, Milano 1993; Maria Vittoria Capitanucci, Agnoldomenico Pica 1907-1990. La critica dell’architettura come mestiere, Hevelius, Benevento 2002. Maria Vittoria Capitanucci
Anna Chiara Cimoli • Archivio Agnoldomenico Pica Responsabile scientifico: Fulvio Irace Orari di Consultazione: consultazione previo appuntamento Consistenza: 3.000 stampe fotografiche; 225 disegni su carta compresi schizzi ed esecutivi su lucido; 100 cartelle di eliocopie piegate; 5 opere su legno (prospettive a tempera di progetti); 100 volumi della biblioteca; 10 faldoni con ritagli e pubblicazioni; 3 libretti (ca-
Silvano Zorzi, Viadotto sul torrente Nervi per l’autostrada GenovaSestri Levante, Genova, 1963-65.
DPA - Dipartimento di Progettazione dell’Architettura
Graziella Leyla Ciagà • Archivio Carlo Perogalli Responsabile scientifico: Fulvio Irace Orari di Consultazione: consultazione previo appuntamento Consistenza: disegni tecnici su carta da lucido di grande formato relativi a circa 220 progetti di architettura Bibliografia: Roberto Aloi, Nuove architetture a Milano, Hoepli, Milano 1959; Graziella Colmuto Zanella, Flavio Conti, Vincenzo Hybsch, La fabbrica, la storia, la critica. Scritti in onore di Carlo Perogalli, Guerini e Associati, Milano 1993; Giuliana Gramigna, Sergio Mazza, Milano. Un secolo di architettura milanese dal Cordusio alla Bicocca, Hoepli, Milano 2001.
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Agnoldomenico Pica, Progetto del monumento al Marinaio d’Italia, Brindisi, 1932. • Archivio Silvano Zorzi Responsabile scientifico: Fulvio Irace Orari di Consult azione: consultazione previo appuntamento Consistenza: 58 pannelli di stampe fotografiche delle opere realizzate (totale 123 unità), 30 pannelli di riproduzioni di disegni tecnici di progetto (totale 50 unità), 4 plastici di grandi dimensioni Bibliografia: AA.VV., Silvano Zorzi: ponti e viadotti, catalogo della mostra, De Luca, Roma 1981; Silvano Zorzi ingegnere 1950-1990, a cura di Angelo Villa, Electa, Milano 1995;
• Archivio Piero Bottoni Più di 20.000 disegni, tra cui sei grandi tavole a colori di Le Corbusier e tavole di Terragni, Portaluppi, De Finetti, Veronesi e diversi altri architetti e artisti; 25.000 fotografie, una serie di filmati e diverse registrazioni su nastro; più di 30.000 scritti comprendenti la saggistica edita e inedita di Piero Bottoni, la sua corrispondenza, i documenti relativi alla attività professionale, didattica, politica e culturale sua e di altri; più di 10.000 pezzi fra libri, periodici, opuscoli rari, a cui vanno aggiunti statuti e programmi vari, cataloghi, locandine d’arte e una nutrita rassegna stampa; e ancora un cospicuo numero di pannelli, manifesti, modelli e oggetti. Nell’insieme più di 90.000 unità documentarie: questo in estrema sintesi il patrimonio dell’Archivio Piero Bottoni. Il sito - dpa.bottoni.polimi.it - ne dà un’ampia informazione. Questa struttura di servizio del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura del Politecnico di Milano è ben più che un archivio. Certo: un’attività consistente riguarda la conservazione, la tutela, l’ordinamento, la catalogazione e la messa a disposizione del pubblico del lascito Bottoni donato dagli eredi al Politecnico di Milano e costituito dai fondi Piero Bottoni, Bottoni-Didoni, Bottoni-Galligo, Bottoni-Fanti, Bottoni-Comune di Ferrara, Bottoni-Comune di Sesto San Giovanni, Bottoni-Minerbi. Ma oltre a ciò, l’esposizione permanente di manifesti, disegni e soprattutto di modelli e oggetti, alcuni dei quali di nuova realizzazione o di nuova acquisizione, con-
figurano l’Archivio anche come un piccolo museo in continua crescita, mentre le sue altre attività ne fanno un vero e proprio centro di ricerca. L’Archivio ha infatti prodotto e produce studi e iniziative per la valorizzazione del proprio patrimonio documentale (pubblicazioni, mostre, convegni, realizzazione di prototipi) collaborando anche a iniziative e a progetti di recupero di opere di Piero Bottoni. I materiali custoditi dall’Archivio riguardano tutte le discipline del progetto: l’urbanistica, il disegno urbano, l’architettura del paesaggio, il restauro, l’architettura d’interni, la scenografia, gli allestimenti, il design, le tecniche costruttive, le arti plastiche e visive. Ma nell’Archivio si trovano numerosi altri documenti relativi a
P. Bottoni, Mobile per la cucina della Casa elettrica, IV Esposizione Internazionale delle Arti Decorative e Industriali Moderne di Monza, 1929-30, APB-Dpa, Politecnico di Milano.
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• Archivio Luciano Baldessari Responsabile scientifico: Fulvio Irace Orari di Consultazione: consultazione previo appuntamento Consistenza: 9.000 disegni tecnici e schizzi di progetto (eliocopie annotate comprese); 15.000 documenti (capitolati, preventivi, computi metrici, relazioni, pratiche amministrative, appunti, corrispondenza, ecc.); 2 faldoni di stampati; 2 faldoni di documenti relativi alla biografia e alla produzione pubblicistica Bibliografia: Vittorio Fagone, Baldessari. Progetti e scenografie, Electa, Milano 1982; Zita Mosca (a cura di), Luciano Baldessari, catalogo della mostra, Mondadori, Milano 1985; Graziella Leyla Ciagà, Luciano Baldessari nelle carte del suo archivio, Guerini, Milano 1997.
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P. Bottoni, P. Lingeri, G. Mucchi, G. Terragni, Progetto della nuova Fiera Campionaria di Milano, 1937-38, APB-Dpa, Politecnico di Milano. temi quali la didattica universitaria, la politica italiana del dopoguerra, la storia di Milano, le vicende della Triennale di Milano e di altre importanti istituzioni culturali. La complessità tematica del patrimonio documentale presente nell’Archivio è lo specchio fedele della ricchezza di interessi, di esperienze e di relazioni che ha contraddistinto la figura e la vicenda intellettuale del suo protagonista: poeta, matematico, architetto, pittore, scultore e urbanista, “ inventeur de montagnes e de magnifiques constructions populaires” (Fernand Léger), appassionato militante del Movimento moderno negli anni Trenta, instancabile organizzatore di cultura e promotore di lavoro in équipe, saggista, antiaccademico professore universitario, membro della Consulta Nazionale, commissario straordinario della Ottava Triennale, consigliere d’opposizione al Comune di Milano dal 1956 al 1964. Piero Bottoni non è stato soltanto uno dei maestri del Razionalismo italiano e una figura di primo piano della Ricostruzione. È stato anche un protagonista della revisione critica e autocritica dell’impostazione modernista senza con questo mai cedere alle lusinghe del “ personale” , dell’” originale” , dell’” inedito” , sempre convinto che l’” abito morale” per un architetto non possa essere messo e dismesso a piacimento. La ricchezza della vicenda umana e artistica di Piero Bottoni è all’origine della decisione che alla sua scomparsa, nel 1973, ha portato Giancarlo Consonni, Lodovico Meneghetti e chi scrive a impedire la dispersione dei materiali che si trovavano ammassati nello studio di viale Regina Margherita 33 e a dare vita all’Archivio Bottoni. Quella vicenda era degna di memoria. L’importanza dei documenti che consentono di esplorarla in ogni suo aspetto stava e sta nel loro essere una fonte di “ notevole interesse storico” , come ha riconosciuto la Soprintendenza archivistica di Lombardia e un nutrimento per quanti, a partire dai giovani, cercano riferimenti per il progetto di architet-
tura e di urbanistica e in generale per un fare artistico attento alla dimensione etica e alla responsabilità sociale. Strutture come queste possono offrire risorse culturali per arginare il pericolo incombente, già presagito da Bottoni nel 1964, della trasformazione dell’università in una “ fabbrica di legalizzazione al lavoro su livelli nozionistici minimi” . Graziella Tonon Direzione scientifica: Giancarlo Consonni, Lodovico Meneghetti, Graziella Tonon Orari di consultazione: per il materiale di archivio, previo appuntamento; per i libri: mercoledì e giovedì, 9,30-12,30; 14,30-16,30 Consistenza: più di 20.000 disegni, oltre a pannelli, manifesti, modelli, mobili e oggetti; 25.000 fotografie, film e registrazioni su nastro; più di 30.000 scritti comprendenti la saggistica edita e inedita di Piero Bottoni, i documenti relativi alla sua attività professionale, didattica, politica e la sua corrispondenza; oltre 10.000 fra libri, periodici, opuscoli rari e una ricca rassegna stampa. Archivio Bottoni via Durando 38/a, I 20158 Milano tel. 02 23995827 fax 02 23995801 http://bottoni.dpa.polimi.it e-mail: archivio.bottoni@biblio. polimi.it Gli archivi di architettura: carte polverose e mute o chiare e parlanti? La tipologia degli archivi di architettura e di ingegneria è molto variegata. Per quanto concerne Milano e la Lombardia, gli archivi di Stato e gli archivi storici dei comuni dovrebbero consentire (il condizionale è d’obbligo, considerando l’inefficienza che ancora connota la nostra amministrazione pubblica) l’accesso ai documenti che testimoniano l’evoluzione della strumentazione urbanistica e degli atti più direttamente legati alla storia edilizia urbana (Piani Regolatori,
Piani Particolareggiati, licenze edilizie, atti del Consiglio, ecc.). Sempre in tema di storia urbana altri fondi importantissimi sono quelli dell’Istituto Autonomo delle Case Popolari (ora ALER), delle ferrovie, degli Enti ospedalieri. Da non trascurare, infine, i fondi “ privati” delle grandi aziende industriali, in particolare quelli delle imprese edilizie, e quelli degli studi di architettura, essenziali per studiare l’evoluzione della cultura architettonica sia negli aspetti del linguaggio, sia in quelli tecnici della costruzione e del cantiere. Un archivio di architettura conserva documenti piuttosto eterogenei – disegni, fotografie, scritti – tutti su supporti cartacei molto diversi e, non di rado, anche modelli in legno, gesso o cartone ed altro materiale, come filmati e cassette audio e video. La conservazione di tali documenti, in particolare delle carte, presenta problemi specifici e impegnativi dovuti alla fragilità e alla varietà delle tecniche, per cui, senza adeguati interventi di restauro, la prospettiva di sopravvivenza non va oltre l’arco di un secolo. Un’ulteriore preoccupazione deriva proprio dalla consultazione che, se frequente e intensa, contribuisce ad accelerare notevolmente il degrado. Una soluzione di quest’ultimo aspetto può essere rappresentata dalle riproduzioni, che possono sostituire, in gran parte dei casi, gli originali. Al rischio di degrado si associa però anche quello della possibile dispersione anche in più sedi. Gli archivi delle figure più prestigiose vengono spesso sradicati dal loro ambito culturale per depositarli in strutture prestigiose, ma disseminate sul territorio nazionale o all’estero, con un’evidente perdita di significato. Sono noti i casi dell’archivio di Aldo Rossi, smembrato e portato in parte a Los Angeles e in parte a Roma, di quelli di Vittoriano Viganò e Marco Zanuso, finiti a Mendrisio, mentre molti altri archivi milanesi sono a Parma. Gli archivi di figure meno importanti, ma spesso responsabili di gran parte dell’assetto delle città e del territorio sono affidati alla buona volontà e alla sensibilità degli eredi, incalzati da esigenze di spazio e ignari delle condizioni per una buona conservazione. Ma perché è importante salvaguardare dal degrado e dalla dispersione questi archivi? Perché essi custodiscono gli elementi fondamentali per la storia del processo di costruzione del nostro territorio in epoca contemporanea in cui si intrecciano problemi amministrativi, urbanistici, edilizi ed estetici; da essi dipende, quindi, una conoscenza non sommaria delle trasformazioni e stratificazioni nel tempo, essenziale per un approccio consapevole sia alla pianificazione urbanistica sia agli interventi di restauro e di nuova costruzione. Se si tiene conto della necessità di attenzione non solo per la produzione di eccellenza ma anche di
quella non meno significativa minore, le fonti possono dilatarsi enormemente. Questa grande mole di documenti rende irrealistico un progetto di conservazione totale, che comporterebbe costi troppo elevati. È indispensabile, quindi, in primo luogo perseguire un progetto conservativo decentrato che coinvolga l’arco più ampio di soggetti possibile (dalle Soprintendenze Archivistiche agli Enti locali, dalle Università agli ordini professionali, sino ai singoli studi privati), mettendo in campo le competenze e le risorse di ognuno di essi. Un policentrismo, in parte già sviluppatosi spontaneamente, che presenta anche il vantaggio di rafforzare il legame tra gli archivi e la tradizione culturale e ambientale a cui si riferiscono. In secondo luogo individuare strumenti scientificamente validi con cui fare ponderate scelte di priorità e, se necessario, operare una “ selezione” sui documenti da conservare. Ma non è sufficiente conservare gli archivi affinché siano socialmente utili. Occorre che diventino strumenti di conoscenza trasformandosi da mucchi di carte polverose e mute in scrigni di memorie chiare e parlanti. Per realizzare questo obiettivo bisogna procedere non solo all’inventariazione e alla catalogazione dei fondi, ma anche alla loro dislocazione in locali con attrezzature e personale che ne garantiscano la libera consultazione. Le carte correttamente conservate e ordinate, ma irraggiungibili, rimangono mute (esperienza purtroppo frequente in Italia non solo negli archivi privati, ma spesso anche in quelli pubblici). Una politica di accumulo dei fondi, senza la disponibilità delle risorse per effettuarne l’inventariazione e messa a disposizione del pubblico può avere quindi significato solo come espediente transitorio nel caso di rischio di imminente perdita o dispersione. Un ulteriore passo consiste nella creazione di una rete informatica in cui siano accessibili le informazioni di base (ad esempio gli inventari) che permettano agli studiosi di rendersi conto del materiale conservato e di indirizzare le loro ricerche. La gran quantità di materiali con cui si ha a che fare consiglia una descrizione concisa poiché essenziale è la reperibilità dei documenti, piuttosto che la loro minuziosa descrizione. Un sistema siffatto permetterebbe di valorizzare anche le piccole realtà decentrate, che spesso hanno problemi di visibilità, e richiederebbe da parte delle Soprintendenze controlli sugli standard e i trattamenti archivistici che devono essere unificati, nonché l’attivazione di un gruppo tecnico in grado di fornire assistenza sia sul piano della conservazione sia su quello, decisivo, della formazione del personale. Augusto Rossari
• Archivio Carlo Ceccucci Responsabili: Federico Bucci e Claudio Camponogara Consultazione: previo appuntamento Consistenza: Carlo Ceccucci (1908) si laurea a Roma nel 1935 e si trasferisce a Milano dove collabora con Faludi, Griffini, Ponti, Muzio. Nel dopoguerra fonda lo Studio Sociale di Architettura dedicandosi alla progettazione di edilizia popolare. Il fondo è composto da 1000 tavole di progetto, 500 immagini fotografiche e 5 faldoni con documenti di progetti e cantieri e una raccolta di articoli a stampa.
• Archivio Elio Frisia Responsabile: Augusto Rossari Consultazione: previo appuntamento Consistenza: il fondo, che raccoglie i materiali riguardanti l’attività professionale dell’ingegnere e architetto milanese Elio Frisia (1906-1989), conserva 1814 disegni, 432 documenti fotografici (lastre, stampe, negativi, ecc.) e 334 documenti cartacei. Il catalogo è disponibile su supporto cartaceo e magnetico. Bibliografia: A. Rossari, Elio Frisia ingegnere e archit et t o 1906-1989, M ilano 2001.
• Archivio Gabriele M ucchi Responsabile: Augusto Rossari Consultazione: previo appuntamento Consistenza: Il fondo costituito dai materiali riguardanti l’attività di architetto di Gabriele Mucchi (1899-2001), consta di 559 disegni, 575 documenti fotografici (stampe e negativi) e degli scritti riguardanti l’architettura e la professione. Il catalogo è disponibile su supporto cartaceo e magnetico. Bibliografia: A. Rossari, E. Bellini, P. Campione, a cura di, Mucchi. Archivio dei progetti e dei disegni d’architettura, Milano 1993.
Gabriele Mucchi, progetto per il concorso delle chiese per la diocesi di Messina, 1932.
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Carlo Ceccucci, progetto di Palazzo comunale lombardo, 1968.
Elio Frisia, casa in via Soperga, Milano, 1938-40.
• Archivio Carlo De Carli Responsabile: Augusto Rossari Consultazione: previo appuntamento Consistenza: il fondo conserva i materiali dell’attività professionale e didattica di Carlo De Carli (19101999), raccolti in 45 faldoni e 40 tubi (disegni fotografie e documenti di progetti tra il 1936 e il 1977), 30 faldoni (materiali dell’attività di docente e di preside nella Facoltà di Architettura di Milano), 10 faldoni (materiali inerenti le collaborazioni con la Triennale). Bibliografia: Carlo De Carli e lo spazio primario, in: “ QA, Quaderni del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura” n. 20, 1997.
• Archivio del M ovimento di Studi per l’Architettura (M SA) Responsabile: Augusto Rossari Consultazione: previo appuntamento Consistenza: il fondo conserva la documentazione riguardante l’attività dell’associazione culturale formata dagli architetti razionalisti milanesi nel 1945, attiva fino al 1961. Il catalogo è disponibile su supporto cartaceo. Bibliografia: M. Baffa, C. Morandi, S. Protasoni, A. Rossari, Il Movimento di St udi per l’ Archit et t ura 19451961, Roma-Bari 1995.
Carlo De Carli, studio per il soggiorno di casa Veronesi a Mirandola,1944.
Luigi Lorenzo Secchi, studio per la Casa del Mutilato, Milano, 1937. • Archivio Luigi Lorenzo Secchi Responsabile: Maurizio Boriani Consultazione: previo appuntamento Consistenza: l’ ingegnere Luigi Lorenzo Secchi (1899-1992) ha svolto la sua attività come funzionario del Comune di Milano, nei settori dell’edilizia sociale e dell’urbanistica, e poi come libero professionista. Il fondo conserva 3.500 disegni, 900 fotograf ie, 9.100 document i; una parte consistente del materiale
riguarda gli interventi sul Teatro alla Scala dal 1933 al 1991. Il catalogo è disponibile su supporto cartaceo e magnetico Bibliografia: E. Susani, a cura di, Milano dietro le quinte. Luigi Lorenzo Secchi, Milano 1999.
• Archivio Cesare Chiodi Responsabile: Secondo Francesco Lucchini Consultazione: la collocazione dell’archivio è in via di definizione di conseguenza, momentaneamente, non è accessibile al pubblico Consistenza: l’archivio è suddiviso in una ripartizione di materiali bibliotecari (960 monografie; periodici per 113 testate, italiane e straniere; una collezione di carte e mappe turistiche per 470 documenti; una collezione di carte dell’I.G.M. per 1779 documenti; scritti editi di Cesare Chiodi per 95 pubblicazioni minori) e in una ripartizione di materiali archivistici costituita da circa 2150 documenti cartografici (disegni, carte tecniche e t opograf iche, aerof ot o-
grammetrie); la ripartizione archivistica è in fase di catalogazione e comprende, oltre alla cartografia, differenti tipologie di materiali (manoscritti, dattiloscritti, pubblicazioni minori, ritagli stampa, fotografie, documenti di corrispondenza). Attualmente è in corso il perfezionamento dell’inventario finalizzato alla tutela dei documenti originali, prevedendo, per settembre 2003, una riapertura al pubblico. Bibliografia S. F. Lucchini, a cura di, Archivio Cesare Chiodi. Materiali e letture, Esculapio, Bologna 1994.
Archivi del DPA Politecnico di Milano via Golgi 39 20133 Milano tel. 02 23995002
Archivio Cesare Chiodi Politecnico di Milano tel. 02 23992650-2651
Bergamo a cura di Antonio Cortinovis e Alessandro Pellegrini
Uno sguardo agli archivi di “Novecento”
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L’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Bergamo sta organizzando “Novecento”, una mostra sull’operatività degli architetti a Bergamo nella prima metà del secolo scorso che resterà aperta dal 1 al 30 marzo 2003. In relazione alla mostra uno dei curatori, l’architetto Eugenio Guglielmi, interviene sul tema. L’attenzione sempre maggiore verso l’architettura del secolo appena trascorso ha sollecitato, da parte di numerosi studiosi e ricercatori, il bisogno di riandare alle fonti per meglio conoscere gli interpreti e le loro attività. In particolare ci riferiamo agli anni che dal primo decennio vanno al 1955, limite estremo che vede le prime significative contraddizioni tra l’architettura moderna, ormai ampiamente storicizzata, e l’architettura contemporanea. Fondamentali al proposito sono i numerosi archivi, pubblici e privati, che diventano percorso obbligatorio per lo storico desideroso di riscrivere in modo più coerente e meno fazioso, queste vicende a causa della forse troppo enfatizzata contrapposizione tra gli architetti “ Neoclassici” e quelli “ Razionalisti” , negli anni che vanno dal 1928 al 1942. Un importante contributo conoscitivo alla materia è stato fornito dalla Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo, con la oculata catalogazione degli archivi privati acquisiti in questi anni: • Fondo scultore Tilio Nani (costituito da numerosi documenti, disegni, note che raccontano la vita di uno dei maggiori artisti bergamaschi. Alla sua bottega si formò Giacomo Manzù. È stato donato dalla famiglia. Importante anche per la presenza di cataloghi delle manifestazioni artistiche tra gli anni ’20 e i ’50 del XX secolo. • Fondo Angelini Raccoglie il materiale che l’architetto Sandro Angelini donò alla Biblioteca sulla vita e il lavoro del padre Luigi. Sono migliaia di disegni, libri, fotografie, collezioni di effimera, stampe ecc. Fondamentale per Bergamo e la cultura del periodo tra le due guerre del secolo scorso. A questi si devono aggiungere altre raccolte parallele conservate presso la stessa Biblioteca e che saranno parte integrante della mostra che il nostro Ordine organizzerà in città sul tema dell’architettura e del suo decoro civico: • Fondo cartoline storiche, con immagini delle architetture di Bergamo dall’800 alla fine degli anni Sessanta. Presentano Bergamo alta e bassa prima degli interventi urbanistici; • Fondo Riviste: è presente una rivista storica per l’architettura italiana, edita dalle Arti Grafiche di Bergamo, diretta da Pelandi, il famoso “ Emporium” , passaggio obbligato a qualsiasi studio in materia. Fu fondata nel sec. XIX;
• Fondo Riviste: “ Rivista di Bergamo” specifica per la storia dell’arte, cultura e architettura. È stata diretta negli anni ’80 e ’90 da Nino Zucchelli, uno dei fondatori del Premio Bergamo; • Fondo fotografico: raccoglie la collezione “ Paolo Gaffuri” importante per l’analisi degli edifici storici di Bergamo prima degli interventi angeliniani, per il piano di recupero dei vecchi borghi (ing. Luigi Angelini). A questo segue l’Album di Antonio Locatelli; • Fondo stampe: Ritratti di personaggi storici e vedute dei principali monumenti architettonici di Bergamo; • Collezione dei periodici italiani di fotografia, dal 1855 al secolo scorso; • Fondo per la conoscenza dello sviluppo urbanistico di Bergamo (manoscritti, disegni, articoli, foto); • Fondo di disegni e architetture di Giacomo Quarenghi; • Fondo per la conoscenza dell’architettura del Novecento (libri, regesti e critica); • Arti applicate del Novecento. Proprio in occasione della predisposizione della mostra sul Novecento a Bergamo, sono emersi altri importanti archivi privati purtroppo sconosciuti in massima parte, come quello di Ernesto Suardo. La sua figura fu determinante per la storia urbana di Bergamo. Oltre ad essere stato podestà, aveva una cultura notevole. L’architetto Sandro Angelini lo denominava il “ Muzio nobile di provincia” . L’opera forse più famosa del Suardo fu Casa Bonomi, conformata su modelli rinascimentali, realizzata in occasione dell’apertura del viale Verdi negli anni Venti. Sulla facciata furono collocate sculture classiche opere dello scultore Faino che suscitarono al tempo molte critiche per la loro nudità. Un’altra sua opera è Palazzo Frizzoni, in particolare la sistemazione del piazzale frontale, concepito con una curiosa lastricatura a cerchi concentrici, metafora della famosa frase ideologicamente pregnante “Tutte le strade portano a Roma”. Parte dell’archivio Suardo è conservato presso il figlio Giacomo e parte nella Biblioteca Angelo Mai. Oltre a significativi schizzi della vecchia Bergamo, vi sono disegni, immagini e volumi. Un regesto completo delle opere contenute in questo archivio non è mai stato fatto, ma risulta fondamentale per il ruolo centrale che il Suardo ebbe a Bergamo nel periodo tra l’inizio secolo e l’affermarsi del fascismo, sia come amministratore sia come architetto. In questa occasione voglio ricordare l’archivio di uno degli ultimi grandi interpreti del Novecento, di cui non si conosce la sorte, quello dell’architetto Alziro Bergonzo (1906-1997). Tutto il materiale riferito alla sua attività fino agli anni ’40, era conservato nell’archivio di Sarnico. Successivamente con lo spostamento dello studio a Milano nel 1946, parte di questo materiale è stato conservato nella sua casa di Lesmo. Dopo la sua morte e quella della consorte, non si conosce la sorte di entrambi gli archivi. Questa occasione fornita da “ AL” potrebbe essere la strada giusta per una possibile raccolta organica di quanto, probabilmente, è ancora in mano agli eredi. Eugenio Guglielmi
Brescia a cura di Laura Dalè e Paola Tonelli
Archivi a Brescia L’obiettivo dell’indagine svolta è stato inizialmente quello di capire se, come e dove venisse raccolto il materiale prodotto dagli architetti, che lavorano ed hanno lavorato nel secolo appena trascorso, nella nostra provincia. Il risultato di questa sommaria indagine è che non vi è un’istituzione o un ente che si occupi dell’archiviazione dei documenti di architettura, manca cioè chi raccolga e cataloghi in maniera ordinata e sistematica i materiali che produciamo come se questi non rivestissero un interesse pubblico. Infatti, un conto è tenere raccolti in un medesimo luogo documenti, disegni, mappe, progetti, ben altro è dare loro un criterio di catalogazione al fine di renderli disponibili alla consultazione da parte del pubblico. Disponibili alla consultazione sono i documenti raccolti presso l’Archivio di Stato e l’Archivio Storico Civico (vedi scheda). Il primo raduna le carte professionali di Giacomo Attilio Bendiscioli (1870-1914) e Nicola Sedaboni (1811-1867), un fondo costituito da carte professionali di architetti, ingegneri e periti agrimensori (1805-1917) derivante da successivi versamenti della Regia Prefettura, nonché l’archivio Vantini di proprietà del Comune; come si vede il materiale relativo al XX secolo è molto scarso e riferito solo ai primi anni. Il patrimonio dell’archivio Storico Civico, fisicamente collocato nei medesimi ambienti dell’Archivio di Stato, consiste nei progetti per le opere pubbliche del Comune di Brescia fino al 1954, i Piani Regolatori Generali dal 1929 al 1960, non sempre completi di tutte le tavole, e i documenti relativi alle concessioni edilizie fino al 1954, spesso compresi i disegni. La consultazione dei documenti conservati in questi archivi non è però agile, in quanto non possono essere richiesti più di quattro pezzi (buste o registri) al giorno, e la richiesta di fotoriproduzioni, che non è possibile per tutto il materiale, viene evasa entro dieci giorni lavorativi. Il Comune di Brescia conserva, dal 1954 in poi, da un lato gli elaborati relativi ai progetti di opere pubbliche dall’altro quelli delle concessioni edilizie (i documenti antecedenti abbiamo visto che sono presso l’Archivio Storico Civico); le pratiche sono consultabili previa richiesta scritta e rese disponibili dopo alcuni giorni. Interessanti sono anche i documenti archiviati dalla Soprintendenza, per seguire le trasformazioni del patrimonio storico artistico; anche questi sono accessibili ma custoditi con una certa gelosia, se è vero che non è stata accettata la proposta, formulata da parte di una Commissione Edilizia del Comune di Brescia, alcuni anni or sono, che, per avere maggior chiarezza sui tipi di vincolo apposto ai vari immobili, aveva offerto la collaborazione di
alcuni giovani colleghi, per mettere ordine nell’archivio. Altri soggetti che posseggono materiale di interesse sono certamente le grandi imprese, che hanno realizzato intere zone della città, ed anche i singoli studi professionali. Le prime, tuttavia, generalmente conservano i documenti per scopi prevalentemente amministrativo-burocratici e tendono a mandarli al macero quando superano i dieci anni, lasciando eventualmente solo la documentazione fotografica degli interventi. Per quanto riguarda l’archiviazione da parte dei secondi questa avviene per scopi professionali e non mi risulta che, anche studi di antica tradizione abbiano ordinato i documenti per rendere possibile ad altri un’agile consultazione; quando poi lo studio chiude, è quasi inevitabile che il suo patrimonio venga perduto. In conclusione penso si possa affermare che, per quanto i documenti di nostro interesse, relativi al secolo scorso, siano ancora in larga parte disponibili, tuttavia il metodo di raccolta e conservazione, può essere funzionale solo al lavoro di ricerca dei “ topi d’archivio” che amano frugare tra polverosi fascicoli per portare alla luce interessanti brandelli di storia, facendone poi delle pubblicazioni. È anche vero però che l’interesse che rivestono i documenti prodotti dagli architetti ha un valore anche per coloro che svolgono la professione; da un lato il valore culturale della conoscenza del lavoro e delle esperienze dei colleghi che operano nel nostro stesso contesto, che dovrebbe affiancarsi all’aggiornamento che ci offrono le riviste. Dall’altro l’utilità pratica; penso, solo per fare un esempio, alla necessità di produrre in zone vincolate un’opportuna rappresentazione del contesto: magari alcuni anni fa altri colleghi hanno fatto i rilievi degli edifici adiacenti a quello di cui ora mi sto occupando; i loro lavori sarebbero preziosi, ma, allo stato attuale, non agilmente reperibili. P. T. Archivio di Stato di Brescia Direttore: Luisa Bezzi Indirizzo: via G. Galilei 42/44 25124 Brescia Telefono: 030 305204 Orari di consultazione: lun.-ven., 8.05 - 15.05 Consistenza: il patrimonio di architettura consiste negli archivi Giacomo Attilio Bendiscioli (1870-1914) e Nicola Sedaboni (1811-1867) e in carte professionali di architetti, ingegneri e periti agrimensori (1805-1917). Archivio Storico Civico Responsabile scientifico: Leonardo Leo Indirizzo: via G. Galilei 42/44 25124 Brescia Telefono: 030 305204 Orari di consultazione: lun.-ven., 8.05 - 15.05 Consistenza: il patrimonio di architettura consiste in progetti di opere pubbliche fino al 1954, nei Piani Regolatori Generali dal 1929-1960, nelle concessioni edilizie fino al 1954.
a cura di Roberta Fasola
Tre archivi nella provincia di Como • Archivio Cattaneo Direttore o Responsabile Scientifico: Damiano Cattaneo Indirizzo: via Regina 43, 22012 Cernobbio Telefono: 031 342396 - 031 513960 Orari di consultazione: previo appuntamento Consistenza: circa 1.000 disegni; circa 2.000 altri documenti (corrispondenza; fotografie; riviste, modelli, ecc.). Nell’anno 2000 gli eredi della famiglia Cattaneo hanno concordato di costituire un’Associazione culturale legata al nome di Cesare Cattaneo - Associazione Archivio Cattaneo - con il compito preciso di gestire l’Archivio di Cesare Cattaneo, curandone tutto il materiale e mettendolo a disposizione di ricercatori e studiosi. Inoltre, l’Associazione organizza ormai da un anno mostre e dibattiti sull’architettura moderna e contemporanea. Nel biennio 2001-02 la Casa Cattaneo a Cernobbio - sede dell’Archivio e preziosa architettura - ha ospitato sei mostre dedicate ad altrettanti protagonisti dell’architettura europea: confronto stimolante tra l’esperienza e il linguaggio architettonico contemporaneo e la rivoluzionaria espressione architettonica del razionalismo comasco. Ciascuna esposizione è stata accompagnata da una serata di incontro con gli architetti. L’attività culturale dell’Associazione procede pertanto di pari passo con un’attenzione storica e documentaristica essenziale per chiunque voglia approfondire la conoscenza della radici dell’architettura contemporanea.
Ornella Selvafolta, Intelligene dissonanten: het huis in Cernobbio van Cesare Cattaneo, in: “ Archis” n. 8, agosto 1987; Luciano Caramel (a cura di), L’arte e l’ideale. La tradizione cristiana nell’opera di Cesare Cattaneo e Mario Radice, Mazzotta, Milano, 1988; Cesare Cattaneo architetto. Le Prefigurazioni Plastiche, New Press, Como, 1989.
inglese) con una nuova sezione particolarmente attenta agli eventi culturali. In occasione del centenario della nascita di Giuseppe Terragni, che si celebrerà il 18 aprile 2004, il Centro Studi Giuseppe Terragni sta lavorando per preparare il programma delle celebrazioni: programma che, in particolare, vuole arrivare a valorizzare sia quello che è il patrimonio architettonico edificato che l’importanza e l’attualità della ricerca progettuale intrapresa da Terragni. Sono previste, per tale commemorazione, nuove pubblicazioni e ristampe di testi che attualmente non risultano essere disponibili sul mercato e la cui ultima pubblicazione risale ai primi anni ‘80, che, unitamente a un calendario di eventi socio-culturali, vogliono ulteriormente sottolineare l’importanza dell’opera del Terragni. Essendo tale calendario ancora in fase di stesura e necessitando pertanto di un’ottimizzazione, al fine dell’ottenimento di un’organizzazione complessiva completa e perfettamente funzionale, non è possibile, allo stato attuale delle cose, fornire la scala temporale degli eventi interessati. Per ulteriori informazioni, pertanto, si raccomanda di contattare direttamente il Centro Studi negli orari sopra indicati o all’indirizzo di posta elettronica: www.centrostuditerragni.it. Bibliografia: per un riferimento completo sino all’anno 1996, si veda: Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni. Opera completa, Electa, Milano 1996.
Bibliografia: Cesare Cattaneo, in: “ L’Architettura cronache e storia” nn. 63-68, gennaioaprile 1961; Silvia Danesi, Cesare Cattaneo, in: “ Lotus” n. 16, 1977; Ornella Selvafolta, La casa a Cernobbio di Cesare Cattaneo, in: “ Casabella” n. 481, giugno 1982; Cesare Cattaneo (1912-1943). First Monograph, Wiederhall nn. 6-8, 1987; Rosanna Fiocchetto, Cesare Cattaneo (1912-1943). La seconda generazione del Razionalismo, Officina, Roma, 1987;
• Centro Studi Giuseppe Terragni Direttore o Responsabile Scientifico: in rinnovo Presidente: Luigi Belloni Indirizzo: piazzolo Terragni 1, 22100 Como Telefono: 031 260704 Orari di consultazione: lun.-ven. 14.3018.30, previo appuntamento Consistenza: 5.000 disegni, 33 dipinti, 15.000 documenti (corrispondenza, documenti tecnici, ecc.), numerosi modelli, 2.000 fotografie d’epoca. Il Centro Studi Giuseppe Terragni si è costituito nell’anno 1989, anche se la sua data di nascita ufficiale viene fatta risalire a ben cinque anni più tardi - 3 agosto 1994 -, a seguito del suo riconoscimento giuridico da parte della Giunta Regionale Lombarda. Concettualmente si inserisce nella tendenza europea che ha visto sorgere istituzioni analoghe, come la Fondazione Mirò e la Fondazione Mies van der Rohe a Barcellona, o la Fondazione Le Corbusier e l’Archivio di Architettura Contemporanea di Parigi, o la Donazione Sartoris di Losanna, o l’Archivio Progetti di Venezia, il Centro Internazionale di Studi di Architettura di Andrea Palladio, gli Archivi del ‘900 e il Mart, Museo d’Arte Contemporanea di Rovereto e Trento, con alcune delle quali cerca di intrattenere regolari contatti al fine di poter arrivare ad organizzare iniziative comuni. Recentemente, a seguito di un notevole aumento di richieste di consultazione e studio del materiale d’archivio, dovuto anche probabilmente ad una stagione di grandi mostre, si è reso necessario il ripensamento della sua organizzazione interna: il Centro Studi sta infatti attraversando un momento di riordino e ridefinizione funzionale che prevede l’inserimento in archivio di numerosi documenti, anche fotografici, originali e sino ad oggi inediti. In particolare il CSGT sta operando affinché il sito Web (csgterragni@endoxa.com) ne diventi il veicolo prioritario di divulgazione internazionale: pertanto sarà redatto in due lingue ufficiali (italiano e
Cesare Cattaneo, fontana monumentale, Como 1935.
Cesare Cattaneo, asilo Giuseppe Garbagnati, Asnago 1935.
• Archivi del Moderno Direttore: Lanfredo Castelletti Conservatore: Letizia Casati Indirizzo: Pinacoteca Civica, via Diaz 84, 22100 Como Telefono: 031 269859 Orari di consultazione: da definire con la riapertura della Pinacoteca (quasi certamente previo appuntamento da lunedì a venerdì) Consistenza: sono presenti tre differenti Archivi: • Achivio arch. Mario Cereghini: 38.000 negativi e stampe fotografiche (inventariazione da completare), 3.000 lucidi di progetti, 12 disegni; • Archivio arch. Ico Parisi: 10.000 negativi, 6.000 stampe fotografiche (inventariazione da completare), 4.000 lucidi di progetti; • Archivio maestro Mario Radice: acquisito di recente, deve essere ancora inventariato, 80 progetti consistenti in schizzi, disegni, carteggi , varie lettere, ecc. per un totale di 10 faldoni. R. F.
Cremona a cura di Massimo Masotti
Archivi privati di architettura a Cremona e ricerca storica
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Aldo Ranzi, sede dell’Istituto Tecnico Industriale Ala Ponzone Cimino, Cremona, 1924-26, Archivio del Comune di Cremona, p.m. (1868/1946), b. 1464-65. Cremona è attualmente oggetto del “ Censimento degli archivi privati a Milano e in Lombardia” di prossima pubblicazione da parte della Soprintendenza Archivistica per la Lombardia. La città, infatti, si è profondamente trasformata nel periodo compreso tra le due guerre mondiali e il momento della ricostruzione ed è, quindi, importante procedere all’indagine diretta della documentazione originale riguardante i professionisti che hanno plasmato le forme del nostro presente architettonico e urbano. Tale interesse per gli archivi è, inoltre, confermato dalla costituzione di AAA/Italia, Associazione Nazionale Archivi di Architettura Contemporanea, la cui attuale presidentessa è la dottoressa Lucia Salvatori Principe. Di conseguenza sono stati schedati gli archivi di architettura significativi ed ancora esistenti appartenuti ai progettisti cremonesi che hanno operato nel lasso cronologico in esame; purtroppo, però, la maggior parte di essi risulta frammentaria o perduta, come l’archivio dell’ingegner Nino Mori, autore di numerosi edifici nella Cremona del ventennio. Le ragioni di tale perdita sono comunque sempre comprensibili, a volte dettate da un’eredità storica non ancora chiarita dal trascorrere del tempo, a volte da semplici trasferimenti di sede degli studi, oppure dal cambiamento di attività professionale dei familiari o, ancora, dall’assenza di un erede che perpetui il nome del tecnico. Possono, inoltre, essersi verificate congiunture sfavorevoli quali l’errata collocazione del materiale in luoghi inadatti alla sua conservazione, tali da spiegare il successivo deperimento e l’eliminazione della docu-
Forum
Como
Forum
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mentazione. Questo genere di vicissitudini ha caratterizzato molti archivi privati dei professionisti cremonesi e rende, quindi, indispensabile impiegare come fonti primarie sia lo spoglio di riviste e quotidiani come “ Cremona” , la “ Strenna dell’Adafa” e “ La Provincia” , sia l’attento esame dei fondi conservati presso i principali archivi pubblici esistenti - come gli Archivi di Stato, del Comune, della Provincia, nonché dei singoli comuni del territorio cremonese - a seconda del lavoro svolto dal tecnico studiato. Il paziente tentativo di ripercorrere gli itinerari progettuali dei professionisti locali si è già concretizzato nello svolgimento di diverse tesi di laurea discusse presso la facoltà di architettura del Politecnico di Milano. I risultati di alcune di esse sono apparsi sulle pagine di AL, i cui “ Itinerari” hanno ospitato gli architetti Aldo Ranzi, cremonese d’adozione, e Vito Rastelli. Le note che accompagnano tali testi sono esemplificative della situazione caratterizzante la ricerca storica di architettura a Cremona: le indicazioni bibliografiche, infatti, non forniscono come fonti principali dell’attività professionale archivi privati ereditati da familiari o colleghi, bensì le tesi di laurea e, attraverso queste, i fondi dell’Archivio del Comune di Cremona, dell’Archivio di Stato ed un lungo elenco di pubblicazioni, riviste e quotidiani cui fare riferimento. A tale proposito è in preparazione un ulteriore valido strumento che facilita lo svolgimento della ricerca: una banca-dati ed un successivo volume che censiscono le descrizioni archivistiche dei materiali documentari dei 115 Comuni della Provincia cremonese, promosso dalla Provincia stessa e coordinato dalla Soprintendenza Archivistica e dall’Archivio di Stato di Cremona. I risultati dei censimenti guidati dalla Soprintendenza, quindi, sono destinati a fornire un efficace ausilio per chi volesse intraprendere una ricognizione storica dello sviluppo architettonico del cremonese. M. Teresa Feraboli
Lecco
Lodi
a cura di Carmen Carabus e Giorgio Melesi
a cura di Antonino Negrini
L’archivio Cereghini
I fondi degli archivi lodigiani
Ha tutte le caratteristiche per diventare un archivio d’architettura. Nella sede della Pinacoteca della Città di Como, ci sono 3000 disegni in carta lucida che testimoniano una lunga e proficua attività progettuale dell’architetto lecchese Mario Cereghini (1903-1966). Progetti di opere pubbliche, private, mobili, interni, pubblicazioni sulle riviste specializzate, tutte catalogate con cura da parte degli addetti ai lavori della Pinacoteca, un lavoro durato tre anni, dopo la donazione effettuata da parte degli eredi della famiglia dell’architetto. Materiale importantissimo soprattutto relativo all’architettura in montagna, fotografie che oggi sono il documento della memoria, di una verità del paesaggio scomparso. 3000 buste con materiale fotografico e relativi negativi che riguardano architettura alpina italiana, svizzera, austriaca, tedesca. La sua architettura, non tutta realizzata, ha oggi un valore che uno studioso potrebbe considerare molto significativa in quanto espressione di un momento d’avanguardia architettonica, espressione di un movimento quale il razionalismo che coinvolgeva tutte le sfere dell’arte. Oltre ai progetti con Terragni, agli incontri alla Triennale di Milano, alle partecipazioni alle esposizioni, trova spazio la sua intima passione per la natura e amore per la montagna che si rafforza mediante l’attenta ricerca dei particolare architettonici e costruttivi dell’architettura alpina. Sembra che Cereghini, in quanto protagonista della Nuova architettura, fosse conscio di un cambiamento in atto: egli, sicuramente, avrebbe influenzato non tanto tempo dopo le nuove architetture di montagna. Il materiale è stato inventariato e classificato, ma non vi si può accedere, così come accade per i disegni di Sant’Elia e per quelli di donazione recente
Valsassina, fotografia di Mario Cereghini, “ Leica 6 film 380” , Museo Civico Como. di Ico Parisi. Un patrimonio culturale collocato in un ambito prestigioso, che ha visto nascere un movimento, il razionalismo, che, come diceva un indimenticabile maestro, Alberto Sartoris, è il linguaggio della mediterraneità verso il mondo intero. La provincia di Lecco non ha un archivio d’architettura specifico, anche perché la provincia quest’anno compie solo 10 anni. È doveroso accennare all’archivio storico del Comune di Lecco che oltre al materiale proprio, ha accolto con piacere l’archivio della ex ditta Badoni, un archivio ricchissimo di disegni meccanici e di carpenteria metallica di prodotti della fabbrica; manufatti che hanno girato il mondo, con marchio lecchese. Potrebbe esser un’idea, per poter aggiungere nuovi documenti al materiale esistente, nella biblioteca della nuova sede che si prevede di istituire insieme al Politecnico di Milano, Polo Lecco. Un archivio storico aperto al pubblico è un contributo alla città che cambia, è una risorsa in più, un patrimonio che permette di capire il passato scritto solo dai protagonisti. C. C.
Valtellina Cepina, fotografia di Mario Cereghini, “Leica 5 film 27”, Museo Civico, Como.
La presente nota è stata redatta allo scopo di segnalare agli architetti, e comunque agli addetti ai lavori, gli archivi a carattere storico ed i fondi degli stessi che possono essere d’ausilio nella loro professione o, comunque, per loro cultura personale. Come fonte ci si è avvalsi della pubblicazione della Regione Lombardia I fondi speciali della biblioteche lombarde (1): uno strumento prezioso per i ricercatori nell’ambito storico. Di ogni archivio e biblioteca, per comodità di accesso, sono riportati sia l’indirizzo che il numero telefonico. Nella presente nota vengono riportati solamente gli archivi - citati nella pubblicazione - in cui siano conservati materiali riferibili all’architettura. Questi, ed eventuali altri, potrebbero costituire oggetto di una ulteriore, successiva nota. Biblioteca Comunale Laudense corso Umberto I 63, 26900 Lodi tel. 0371 420369 • Archivio fotografico Emilio Sommariva (1883-1956), fotografo; • Biblioteca storica dell’Ospedale maggiore; • Fondo clichés: clichés di Lodi e territorio limitrofo, con vedute, carte topografiche e monumenti; • Fondo opuscoli lodigiani: particolarmente interessanti gli scritti riguardanti la Muzza di Cesare Vignati e Francesco Cagnola, e gli atti amministrativi riferiti a dispute in merito alle acque e relazioni riguardanti la Muzza, il Lambro e il Po; • Fondo stampe: vi sono raccolte stampe e incisioni dal XVI al XX secolo, per la maggior parte lombarde, circa 2250 stampe con vedute di Lodi, di monumenti romani, carte topografiche e geografiche; • Libreria Chiverny, ingegnere. Biblioteca Comunale Laudense Sezione separata d’archivio (Archivio storico comunale di Lodi) via Fissiraga 17, 26900 Lodi tel. 0371 424128 • Archivio del Consorzio di bonifica Muzza bassa lodigiana; • Collezione dei disegni manoscritti e a stampa, delle fotoriproduzioni e delle fotografie: vi sono conservati disegni della facciata del Duomo e della chiesa di San Filippo; carte geografiche di Lodi, del Lodigiano e del Cremasco, progetti riguardanti la costruzione e la ristrutturazione degli stabili di proprietà del comune di Lodi; il progetto della chiesa di S. Gualtero di Lodi, dell’arch. Pietro Pestagalli; il progetto della chiesa di Borghetto Lodigiano; una pianta del palazzo vescovile di Lodi di Giovanni Antonio Veneroni; • Collezione dei disegni dell’Ospedale maggiore di Lodi: vi sono conservati disegni e grandi mappe del Lodigiano riguardanti i possedimenti dell’ospe-
Fondazione Cosway Via Paolo Gorini 6, 26900 Lodi tel. 0371 426505 • Archivio della Fondazione Cosway; • Biblioteca del collegio; • Fondo disegni e incisioni Cosway. Giuseppe Pettinari
Milano a cura di Antonio Borghi e Roberto Gamba
Gli archivi professionali milanesi La ricerca degli archivi professionali milanesi è stata fruttuosa; forse perché Milano è una grande città, molto ricca di tradizione architettonica antica e contemporanea; forse perché qui la cultura pubblicistica e didattica è molto diffusa. Bisogna, però, considerare che il patrimonio raccolto e catalogato è per lo più di proprietà privata, che è reso pubblico solo in teoria e che è stato raccolto con metodi e con strumenti non istituzionalizzati. Anche l’Accademia di Brera, che conserva disegni, testimonianze e una tradizione didattica (riguardo per esempio alla prospettiva e alla scenografia) di eccelso valore, sembra come essersi rinchiusa nella glorificazione della passata stagione sette-ottocentesca. Gli archivi dei protagonisti milanesi del secolo appena passato, sono conservati per lo più nelle case private dei loro rispettivi eredi, oppure al Politecnico e in fondo poco si sa di loro e della possibilità di una consultazione. Per questo viene da chiedersi: grazie anche alle tecnologie informatiche e all’interesse che ogni tipo di collezionismo, di raccolta, di classificazione suscita nella società odierna, non sarebbe auspicabile che sorgano degli enti, delle associazioni che siano in grado, in primo luogo, di dare sistemazione degna ai lasciti dei maestri; in più, che siano anche disponibili a dare alloggio (o metodo) ai più accurati tra gli elaborati prodotti nel corso della carriera da tanti colleghi, desiderosi di non vedere dispersa la loro opera? R. G.
Note 1. Regione Lombardia, Direzione generale cultura, Servizio biblioteche e sistemi culturali integrati, Istituto lombardo per la storia della Resistenza e dell’età Contemporanea (a cura di), Censimento descrittivo, Editrice Bibliografica, Milano 1998.
L’archivio Asnago - Vender “ Gli archivi sono (...) luoghi di accumulo di conoscenze (…) luoghi privilegiati del sapere. In particolare gli archivi degli architetti sono archivi sui generis, contengono materiale di grande fascino, documenti e talvolta veri e propri oggetti d’arte. Nel loro insieme raccontano le opere di architettura e la cultura architettonica che le ha prodotte ma anche gli infiniti nessi che le ricerche sullo spazio e sul paesaggio hanno con la storia della società.” (presentazione di Pio Baldi al libro: Margherita Guccione, Daniela Pesce, Elisabetta Reale, Guida agli archivi di architettura a Roma e nel Lazio, Gangemi editore, Roma 2002). Questa frase, che apre il libro curato dalla Soprintendenza Archivistica del Lazio, sintetizza l’importanza che questi luoghi hanno per la nostra cultura e la volontà da parte delle istituzioni di avviare programmi per la loro promozione e salvaguardia. Personalmente è stata l’emozione che ho provato quando, srotolando per la
prima volta i disegni, ho scoperto i tratti meticolosi a matita ricchi di informazioni e gli schizzi gestuali coloratissimi a carboncino su lucido, che mi ha convito ad occuparmi dell’archivio di Mario Asnago (1896-1981) e Claudio Vender (1904-1986), architetti che già ammiravo per le loro architetture. Successivamente la curiosità di scoprire tutto il materiale che l’archivio conteneva mi ha spinto a fare un primo inventario del materiale presente. Successivamente con Francesca Cadeo ci siamo poste l’obiettivo di realizzare pubblicazioni e mostre per promuovere le loro opere attraverso il materiale originale e di pari passo abbiamo fatto procedere il lavoro di ordinamento. Accorgendoci che l’archivio presentava delle lacune, abbiamo effettuato ricerche presso altri archivi pubblici e privati che hanno portato all’acquisizione di nuovo materiale e a colmare, dove possibile, le carenze. Il prodotto più significativo di questo lavoro è il regesto che compare alla fine del libro di Cino Zucchi, Francesca Cadeo, Monica Lattuada, Asnago e Vender. Architetture e progetti dal 1925 al 1970, Skira, Milano 1998, che conta 249 progetti per ognuno dei quali è occorso un accurato lavoro di verifica e ricerca. Tra gli altri obiettivi raggiunti e curati dall’archivio: il video di Tonino Curagi, Anna Gorio, Asnago - Vender: poesia concreta, Milano 1999; la mostra presso la galleria Aam, Sequenze. Disegni e mobili di Mario Asnago e Claudio Vender 1930-1960, Milano ottobre - novembre 1999. L’archivio Asnago - Vender è un archivio privato che, grazie a prestazioni volontarie, ha potuto realizzare il lavoro di ordinamento e di ricerca fatto fino ad oggi. Custodisce circa 6000 tra disegni tecnici e schizzi oltre a documenti, fotografie e riproduzioni eliografiche, è stato dichiarato di interesse storico nel luglio 1999 e pertanto deve sottostare a determinate regolamentazioni di accesso e di prestito del materiale; è in corso di ordinamento ma si rende disponibile, a fronte di ricerche documentate, a fornire informazioni e materiale. L’archivio è socio effettivo di AAA/Italia, Associazione nazionale archivi di architettura contemporanea, seguendone i gruppi di lavoro. Stiamo lavorando per dotarci di un programma informatico rispondente alle nostre caratteristiche, per accedere rapidamente al materiale e alle informazioni in esso custodite; questo ci permetterebbe di fornire in tempi brevi e a costi ridotti i servizi che ci vengono richiesti e di poter avanzare nell’archiviazione. A riguardo abbiamo
Mario Asnago, Claudio Vender, edificio per abitazioni e uffici, piazza Velasca 4, Milano, 1947-52. Fronte principale, foto d’epoca. incontrato notevoli inconvenienti nella scelta del programma informatico e nella sua messa a punto. Le istituzioni nazionali si stanno strutturando per costituire e sviluppare la rete informatica nazionale sugli archivi di architettura e urbanistica, promossa dalla Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanea, progetto a cui speriamo di collaborare in futuro. Monica Lattuada per informazioni: asnagovender@tiscali.it
Cassettiere on line? La teoria della conservazione moderna non distingue più tra “ capi d’opera” ed “ edilizia minore” , e la prassi della conservazione dei documenti progettuali elaborati negli studi di architettura ha acquistato negli ultimi anni una notevole consapevolezza sui propri mezzi e fini. La conservazione del materiale prodotto dall’architetto di oggi non pone particolari problemi poiché il lavoro viene già spesso salvato su supporto informatico, ed è quindi naturalmente “ predisposto” ai nuovi sistemi di organizzazione di un archivio. Sono eliminate le principali difficoltà di gestione di un archivio tradizionale di architettura: la deperibilità del materiale cartaceo e la quantità di spazio necessaria per conservare disegni e scritti. La trasposizione informatica del documento dell’architettura passata è tuttavia necessaria per garantirne la conservazione e soprattutto la tramissibilità. Il principale ostacolo a una archiviazione informatizzata è dato dal suo alto costo. Superato il problema economico subentra quello della carenza di criteri generali che spesso rende il lungo lavoro obsoleto prima del suo
Mario Asnago, Claudio Vender, edifici per abitazioni e uffici, piazza Santissima Trinità 6 / via Giannone 9, Milano, 1967. Studio del prospetto sul giardino.
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dale. Si tratta di 28 grandi mappe ad inchiostro e acquerello su carta intelata e 20 disegni di edifici eseguiti sempre ad inchiostro ed acquerello su carta. Le mappe riguardano i possedimenti di: Ca’ dell’Acqua, Ca’ de Zecchi, Cervignano, Cornegliano, Comasna, Lodi Vecchio, Mairago, Pezzolo de’ Codazzi, San Zenone, Tavazzano, Vigadore, Villanova. Vi sono piante di Lodi e Chiosi e della roggia Ospitala dall’uscita della Muzza fino al termine. Inoltre vi è conservata una pianta dell’ospedale disegnata da Giovan Battista Merlini (1786). Le mappe grandi sono perlopiù della seconda metà del XVIII secolo; • Collezione di mappe: si tratta di ben 328 mappe di dimensioni diverse riguardanti il Lodigiano. Tra queste la “ Carta esattissima del contado di Lodi” , del XVII secolo, di Marc’Antonio Dal Re, e la “ Carta topografica della provincia di Lodi e Crema” di Andrea Terzi. Vi è inoltre la carta di Lodi del 1648, un’altra della fine del XVII secolo, del 1753 e del 1859, quest’ultima con i nomi dei proprietari dei diversi numeri civici. Altre carte del Lodigiano dei secoli XVII-XIX, tutte di autori autorevoli; • Fondo agrimensori: vi sono conservati documenti datati dal 1602 al 1839, fra i quali numerose mappe del Lodigiano; • Fondo archivi delle Congregazioni del canale Muzza: nella sezione “ Cartografia” (secoli XVIII-XX) si trovano 10 grandi carte topografiche e documenti amministrativi riguardanti il periodo 1540-1961; • Fondo territorio lodigiano.
Archivio di disegni e documenti dell’architetto Pietro Lingeri via Giuseppe Sacchi 12, 20121 Milano, tel. e fax 02 8057566
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ora duplicato in vhs da proiettare in occasione di mostre future; curato il volume Pietro Lingeri: la figura e l’opera, contenente gli atti della giornata di studio, l’elenco lavori e la bibliografia completi e aggiornati a giugno ‘95, patrocinato dall’Ordine degli Architetti di Milano e Lodi e inviato a tutti gli iscritti. Per l’impostazione di metodo ci siamo ispirati all’esperienza di Docomomo e ci avvaliamo di suggerimenti della Sovrintendenza ai Beni architettonici e al paesaggio (dott. arch. Alberto Artioli), che si è occupata del restauro di alcuni edifici di Lingeri (la Casa Rustici in Corso Sempione a Milano e la Casa Alchieri a Como), anche per cercare di semplificare e sveltire, a livello normativo, le procedure atte a favorire la conservazione di questi edifici, oggi più che mai compromessa. A differenza dell’edificio antico, ove per l’intervento puramente conservativo si fa riferimento ad una prassi consolidata, nell’edificio moderno anche il solo ripristino richiede caso per caso, punto per punto, il ridisegno dettagliato di elementi che non necessariamente porti al rifacimento di parti uguali all’originale, ma che tenda al recupero dello spirito architettonico originario. Operazione filologica ma anche squisitamente progettuale; del resto è proprio l’attitudine, il modo di porsi dei maestri del Movimento moderno che li rende assolutamente attuali ed interessanti ai nostri occhi. Abbiamo affrontato vari problemi, dai più semplici come l’adeguamento “ fisico” di quello che fu lo studio di Lingeri negli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale, ai nuovi modi di archiviazione computerizzata, ai più complicati, come la conservazione delle foto su lastra di vetro e delle stampe d’epoca di cui non possediamo il negativo (perché realizzate da fotografi come Crimella o Perotti) o il restauro dei bassorilievi in gesso di Sironi. Molto resta ancora da fare. Ci auguriamo che il problema della conservazione del moderno sia in futuro oggetto di attenzione da parte degli organismi preposti, per evitare la dispersione sui mercati e nelle istituzioni internazionali di archivi di progettisti e artisti, come è avvenuto per la collezione dada-surrealista di Arturo Schwarz finita in Israele, o recentemente per gli archivi di Marco Zanuso ceduti alla Scuola di Architettura di Mendrisio.
Francesca Cadeo
L’archivio non è ancora aperto al pubblico; informazioni, consultazione e richiesta di materiali sono possibili su appuntamento. Alcuni cenni sul lavoro svolto: dal 1992 con l’architetto Luigi Spinelli ho curato la riorganizzazione degli Archivi di disegni e documenti dell’architetto Pietro Lingeri (Tremezzo 1894-1968). Abbiamo inventariato ad oggi: • 260 opere, quasi tutte realizzate, per la più parte inedite, ognuna con 10-50 tavole di progetto per un totale di circa 3600 disegni; • circa 50 opere meno documentate; • circa 700 lettere e documenti vari; • circa 800 fotografie dell’epoca; • modelli di edifici in gesso dell’epoca (come il Danteum); • prototipi ed esemplari di arredi; • biblioteca personale di libri e riviste. Al fine di rendere accessibili questi materiali un vasto lavoro di catalogazione è in corso. È stato configurato un database ad hoc che relaziona per progetto il materiale raccolto cronologicamente in archivio. A questo ingente lavoro dovrà seguire la riproduzione dei disegni, almeno delle opere più significative, ai fini di pubblicazioni ed esposizioni. Per quanto riguarda la valorizzazione scientifica dei materiali abbiamo preparato delle schede bibliografiche opera per opera; queste schede mostrano che le riviste d’architettura (sopratutto straniere) hanno parlato moltissimo dei suoi lavori in un periodo di tempo che va dal 1928 al 1945; poi un silenzio che ci ha meravigliato. Non esiste a oggi in Italia una monografia sulla sua opera. Nel frattempo abbiamo: scritto un libro per la Sagep, edizioni di Genova dal titolo Sede dell’A.M.I.L.A. a Tremezzo; pubblicato l’Itinerario milanese di Lingeri su “ Domus” n. 741 del 1992; organizzato, con il patrocinio dell’Ordine degli Architetti di Milano una Giornata di studio, con la partecipazione di numerosi relatori, che ha avuto luogo in Triennale il 28 novembre 1994; presentato il filmato Pietro Lingeri architetto a Milano sulle realizzazioni milanesi di Lingeri, con il contributo della Provincia di Milano,
Mario Asnago, Claudio Vender, edificio per abitazioni (Palazzina Smeraldo), via Longoni 8, Cantù (Como). Studio di pianta.
Pietro Lingeri, sede de “la Centrale”, Piazzetta Bossi, Milano, 1956-58.
Mario Asnago, Claudio Vender, edificio per abitazioni, via Faruffini 6, Milano. Fronte principale, foto d’epoca. completamento e disomogeneo rispetto ad altre operazioni simili, vanificando così l’obiettivo primario che vede nella “ fluidificazione” delle informazioni un contributo alla ricerca storiografica e critica sui contenuti. Ogni archivio di architettura ha certamente delle caratteristiche peculiari ma i campi fondamentali sono riassumibili e dovrebbero essere uniformati, con riferimento agli standard internazionali, per facilitare anche la comunicazione fra i diversi archivi. Esistono da tempo molte realtà locali come il Politecnico di Milano, lo IUAV di Venezia, l’Accademia di S. Luca, la Regione Lazio che si sono fatte promotrici di attività di conservazione, ma solo da qualche anno il problema della conservazione dei patrimoni degli archivi di architettura ha un riscontro nazionale. Nel 1999 nasce AAA/Italia, Associazione Archivi di Architettura, con lo scopo di tutelare e promuovere la conoscenza del lavoro degli architetti italiani e nel 2000 viene istituita la Direzione per l’Architettura e l’Arte contemporanee del Ministero per i Beni e le Attività Culturali che farà, tra l’altro, un censimento del patrimonio architettonico moderno; in questi anni si sono svolti convegni sulla conservazione del moderno e AAA/Italia ha istituito delle commissioni di studio per dare delle risposte alle difficoltà che affrontano gli archivi di architettura; nonostante tutto questo si avverte la mancanza di un ente nazionale di direzione e coordinamento che faccia da polo di riferimento generale.
Elena Lingeri
Archivio di Luciano Baldessari
Luciano Baldessari, Padiglione Breda alla XXIX Fiera Internazionale di Milano, 1951. L’Archivio professionale Luciano Baldessari è nato nel dicembre 1991 grazie alla donazione dell’architetto Zita Mosca Baldessari che ha collaborato con il maestro dal 1967 al 1982, proseguendone l’attività professionale dello studio e garantendo la conservazione di tutto il cospicuo e prezioso materiale prodotto nel corso della sua lunga vita. Il materiale custodito consente di ripercorrere l’intensa attività professionale dell’architetto Luciano Baldessari (Rovereto, 1896 - Milano 1982). Si tratta di ben 174 progetti redatti negli anni 1927-1982 per diverse città italiane (in particolare Milano e Rovereto) e straniere (Locarno, Berlino, Bruxelles, Parigi, ecc.). Il patrimonio documentale ammonta ad un totale di circa 24 mila unità (9 mila disegni, 9 mila documenti, 6 mila carteggi). È istituito un rapporto di collaborazione sia con il M.A.R.T. di Rovereto (Archivio del ‘900/Fondo Baldessari) in cui sono conservati la biblioteca di Luciano Baldessari e i carteggi privati, sia con l’Archivio Mosca-Baldessari che raccoglie il materiale relativo alla sua attività di disegnatore, pittore e scenografo. Il comune di Milano ha avviato la procedura per l’acquisizione della collezione Mosca - Baldessari; il fondo sarà conservato presso il Centro di alti studi sulle arti visive (CASVA) che avrà sede nell’ex Ansaldo (progetto città delle culture di David Chipperfield). Si cerca di frenare la fuga all’estero di archivi privati di incommensurabile importanza sia storica sia artistica, lottando con poche risorse finanziarie, con idee troppo diversificate ma, al di sopra di ogni aspetto, con troppa burocrazia. Regolari concorsi, progetti belli ed esaurienti, recuperi di aree industriali dismesse ubicate nei centri storici o quasi: si attendono i fondi e, nel frattempo, gli archivi volano fuori degli italici confini. Le istituzioni si muovono con ritardi di decenni ed hanno problemi difficilissimi e in continuo evolversi.
Tre anni fa è stata istituita una Associazione nazionale Archivi Architettura contemporanea: dopo la notifica degli archivi presenti nelle varie sedi pubbliche (e alcune private), si sta ora già “ pensando alla rete” . Mi chiedo: quando ci saranno i “ contenitori” , quando si reperiranno i fondi, quando verrà omologato un metodo su rete informatica, quando verranno appianati gli ulteriori problemi che si presenteranno... ci saranno ancora i “ contenuti” ? Sono proprio le città, “ naturali sedi” di questi archivi, le più spoglie di contenitori. Sono proprio le Università di architettura che non hanno ancora individuato e riconosciuto la figura dell’archivista; si lavora gratis e nei ritagli di tempo: ecco il motivo di porre subito e globalmente nella rete telematica! Così si rendono reperti museali morti anche i più recenti archivi acquisiti o che andrebbero, invece, curati, aggiornati, studiati giornalmente da addetti ai lavori, arricchendo l’originale patrimonio. Non vorrei apparire pessimista: era, infatti, il 1991 quando portai personalmente l’archivio dello studio dell’architetto Luciano Baldessari (da me recuperato, conservato e ordinato), composto da ben 24.000 unità tra disegni tecnici, carteggi e documenti, al Politecnico di Milano, sede naturale perchè qui si svilupparono i progetti dello studio suddetto e perché questa città, è sede di una fra le più prestigiose università di architettura. Salvai dalla dispersione o distruzione l’archivio dell’architetto A. D. Pica e consigliai l’amica collega Alessandra Zorzi di consegnare il materiale della mostra dell’ingegnere Silvestro Zorzi al Politecnico di Milano: entrambi gli archivi sono ora patrimonio di tutti. È per assiduo e appassionato impegno che denuncio le gravissime carenze ma, personalmente, cerco di risolvere i problemi con fiducia nelle nostre capacità di inventiva, di ripresa, proprio quando tutto sembra compromesso.
Archivio Piero Portaluppi
Piero Portaluppi, cabina elettrica, Trecate 1922. L’archivio è uno dei nuclei centrali della fondazione intitolata a Piero Portaluppi, inaugurata nell’aprile del 2002 dopo due anni di riorganizzazione e approntamento della struttura. La Fondazione è inoltre localizzata in una parte importante dello studio originale dell’architetto milanese situato in via Morozzo della Rocca, 5. Ripristino degli elementi fissi ancora esistenti nello studio, potenziamento della struttura, riorganizzazione, restauro e tutela del patrimonio archivistico esistente in loco sono stati i punti di partenza nell’opera di conservazione e conoscenza del “ patrimonio Portaluppi” stimolato dalla Fon-
Luca Molinari
Zita Mosca Baldessari Piero Portaluppi, edificio dell’INA, Milano, piazza Missori, 1936.
L’archivio Giovanni Muzio
Giovanni Muzio, Palazzo del governo di Sondrio, 1931-35. Responsabili: Mirella Zevi Muzio, tel. 02.6597362; Giovanni Tomaso Muzio tel. 02.89422667 Indirizzo: C.so Cristoforo Colombo 11, Milano fax. 02.89413766; e-mail: archi.muzio@flashnet.it Orari di consultazione: il materiale è visionabile a richiesta, previo appuntamento telefonico, per ricerche specifiche di studiosi. Consistenza: n. 232 progetti, eseguiti dal 1914 al 1982, documentati con disegni originali e fotografie, fra questi n. 194 realizzati. Da notare che n. 4 progetti sono stati realizzati in collaborazione con l’arch. Lorenzo Muzio e sono conservati nello stesso archivio.
Una personale messa a fuoco sugli archivi La “ moda” degli archivi degli architetti, soprattutto se avvalorata dagli Ordini professionali, pare a me assai pericolosa. Alimenta la figura dell’architetto come artista (di cui deve essere conservato ogni punto e tratto) in un momento di profonda crisi dell’insegnamento e della professione; crisi da cui si uscirà soltanto rendendosi conto delle innumerevoli capacità di cui necessita il mestiere progettuale. In alternativa proporrei delle serate conviviali durante le quali, scaduti i termini di legge, si alimenti il caminetto con il proprio archivio. Paolo Monti
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Luciano Baldessari, schizzo per san Babila, Milano 1936, china su carta.
dazione partendo da capitali unicamente privati e in seguito facilitata nella propria opera da un contributo della Fondazione Cariplo. Scelta della Fondazione è stata quella di trasformare la sede in uno spazio di informazione scientifica e consultazione aperta a studiosi, architetti e studenti universitari, lavorando in sede al potenziamento dell’archivio e a un opera di monitoraggio dell’opera grafica e architettonica del maestro milanese. L’archivio rappresenta una parte importante di una struttura molto più complessa arricchita anche da una emeroteca specializzata in architettura del Novecento (Fondo Luciano Canella) e da spazi che verranno dedicati a esposizioni tematiche nonché a dibattiti e presentazione pubbliche di opere e ricerche in corso cercando di diventare progressivamente uno dei punti di riferimento urbani per la cultura architettonica e visiva. Un archivio quindi autonomo nella gestione e insieme inserito pienamente nel network dell’Associazione Nazionale Archivi Architettura Contemporanea (AAA/Italia) di cui è membro effettivo a partire dal 2002. L’archivio della Fondazione Piero Portaluppi – attualmente ancora in fase di catalogazione – conserva, dalle ultime stime, circa 800 disegni di architettura, 57 caricature, 1500 stampe fotografiche, 15.000 cartoline oltre che 5 album di schizzi e complementi di arredo e 8 ore di riprese cinematografiche. Parte dei materiali è stato già riversato su supporto digitale in attesa che alcune delle informazioni rilevate vengano messe on-line sul sito della fondazione (www.fondazionepieroportaluppi.org). Contemporaneamente si sta attuando una sistematica disamina degli archivi pubblici e dei fondi privati interessati direttamente o indirettamente dall’attività di Portaluppi per integrare continuamente il database relativo all’opera completa, vero e proprio cuore tematico dell’archivio. Attualmente la Fondazione è impegnata nella produzione di una grande mostra monografica dedicata all’opera di Piero Portaluppi che si terrà presso la Triennale di Milano a partire dal prossimo settembre.
Pavia
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Sondrio
a cura di Vittorio Prina
a cura di Claudio Botacchi e Fabio Della Torre
Archivi di architettura del moderno in Pavia e provincia
Il fondo ligariano del Museo Valtellinese di storia e arte della città di Sondrio
I progetti (documenti e materiale iconografico) sottoposti all’approvazione da parte del Comune di Pavia dal 1783 al 1940 sono conservati e facilmente consultabili presso l’Archivio Storico Civico della Civica Biblioteca Bonetta (piazza Petrarca) e presso i Musei Civici del Castello Visconteo; il regesto completo è pubblicato nel volume, a cura di Donata Vicini, Pavia Materiali di storia urbana Il progetto edilizio 1840-1940, E.M.I., Pavia, 1988 e nel fascicolo a cura di Giovanni Zaffignani L’archivio dell’Ufficio Tecnico Comunale di Pavia (17831940), estratto dal Bollettino della Società Pavese di Storia Patria, New Press, Como, 1989. I progetti successivi al 1940 sono conservati presso l’Archivio del Comune di Pavia e attualmente sono progressivamente inseriti su supporto informatico presso la Biblioteca Bonetta stessa; sul sito internet w w w.comune.pv.it/bonetta/citta si trova la mappa del 1889 con i numeri che rimandano al catasto e tutte le licenze edilizie dal 1788 al 1940 e dal 1940 al 1953 catalogate con: collocazione, indirizzo civico, anno della licenza, proprietario, numero civico del 1823, tipo di intervento, progettista, note. Presso i Civici Musei del Castello sono inoltre conservati: incisioni e disegni relativi a Pavia e al suo territorio, incisioni e disegni di rilievo di architetture pavesi del Voghera, i disegni di progetto dell’architetto Bruno Ravasi relativi agli interventi al Castello pavese, le riproduzioni in diapositiva dei pannelli di alcuni progetti del concorso per il P.R.G. di Pavia del 1934. È inoltre consultabile la fototeca che conta circa 33.000 immagini: di particolare interesse sono la sezione pavese costituita da 500 immagini relative a luoghi ed edifici di Pavia e provincia, il fondo Savoldi con cento immagini circa eseguite dall’architetto Angelo Savoldi (1845-1915) relative a monumenti e a suoi progetti in Pavia e provincia, l’archivio di 30.000 immagini (per due terzi anche su negativo) relative a Pavia e provincia ed ai Musei Civici, e il fondo di immagini della città di circa 15.000 pezzi; è in corso l’informatizzazione di tutto questo materiale. Ulteriore materiale iconografico è conservato presso l’Archivio di Stato di Pavia (via Cardano). Presso l’archivio del Collegio Borromeo (piazza Borromeo) sono conservate planimetrie, dalla metà del ‘700 in poi, relative al territorio (livellamenti, fossi, rogge, ecc.), agli orti borromaici e zone limitrofe, alle possessioni del collegio in provincia; i documenti (circa 75.000 carte) riguardanti la gestione delle proprietà e le controversie relative ad acque, boschi, terreni. L’archivio dei progetti redatti dall’in-
Carlo Alberto Sacchi, veduta prospettica della Casa dell’Opera Nazionale Balilla, Pavia, 1934-36. I disegni provengono dal’archivio privato di Enrico Sacchi. gegner Eliseo Mocchi (1906-1996) è conservato, in attesa di regesto, presso la Facoltà di Storia dell’Università di Pavia (piazza del Lino). I rilievi e i progetti relativi agli immobili dell’Università di Pavia sono conservati presso l’Ufficio Tecnico dell’Università (via Mentana). Esiste inoltre un archivio non ordinato dei progetti di edilizia residenziale popolare del Novecento in Pavia e provincia presso l’A.L.E.R. (Azienda Lombarda per l’Edilizia Residenziale, ex IACP, via Parodi). L’archivio dei progetti redatti dall’ingegner Carlo Alberto Sacchi (19001959) è conservato, non ordinato, presso lo studio del figlio architetto Enrico Sacchi. I progetti pavesi redatti da Alvar Aalto, Giovanni Muzio, si trovano presso archivi privati. Parte dei progetti di Gaetano Ciocca (1982-1966) è conservata presso lo studio del geometra Pier Luigi Ferrari a Garlasco. L’Ordine degli Architetti di Pavia ha in programma di dedicare un locale presso la sua sede per ospitare archivi di architettura: è prevista l’acquisizione dell’archivio dell’ingegner Carlo Codebue e del figlio architetto Giampiero Codebue, e del progetto pavese di Alvar Aalto. Un enorme archivio fotografico del Novecento dell’architettura e del territorio di Pavia e provincia, parzialmente pubblicato, giace presso la sede, attualmente chiusa, della Ditta fotografica Chiolini e non è per ora consultabile. Presso l’Archivio Storico del Comune di Voghera (piazza C. Battisti) sono conservati gran parte degli elaborati di progetto relativi alla città ed al territorio di Voghera, i piani d’ampliamento e i piani regolatori, i progetti dell’ingegnere e architetto Pietro Luzzani (dal 1920), dell’ingegner Paolo Cornaro (dal 1904), le licenze edilizie dalla fine dell’Ottocento (compresi i progetti dell’ingegner Eugenio Mollino, padre di Carlo) che sono in corso di inserimento su supporto informatico. Presso la sede di Vigevano dell’Archivio Est Sesia di Novara sono conservati cartografie e materiale iconografico relativo ai manufatti del sistema irriguo dal Settecento in poi, l’archivio del Naviglio Langosco (‘600), l’archivio Rocca Saporiti (ex Sforzesca) relativo al territorio del Naviglio Sforzesco dalla presa sino alla Sforzesca, l’archivio della Sforzesca (ex frati di Santa
Maria delle Grazie) relativo a rilievi cartografici (è informatizzato e consultabile). A Vigevano si trova l’Archivio Storico Civico di Vigevano che conserva il materiale relativo alla Commissione d’Ornato e commissione edilizia dal 1840 al 1970 che comprende parte dei progetti vigevanesi redatti da Giovanni Rota (ordinati a cura di Roberto Dulio), alcuni progetti di lavori pubblici dell’800 e mappe del territorio del ‘900 oltre ad una biblioteca, di duemila volumi circa, di storia locale e tesi di laurea in architettura. A Mortara all’Archivio Comunale (consultabile su prenotazione) sono conservati i progetti del Novecento. Ulteriori progetti relativi a città della provincia sono ovviamente conservati negli Archivi Comunali di ogni città stessa o presso l’archivio della sede degli enti pubblici stessi. V. P. • Archivio Storico Civico del Comune di Vigevano Direttore responsabile: Pierluigi Muggiati Indirizzo: Palazzo Merula, via Merula 40, Vigevano Consistenza: registri del catasto dal ‘400 al ‘700, il catasto figurato Teresiano (160 tavv. con i relativi registri), il materiale relativo alla Commissione d’Ornato e commissione edilizia dal 1840 al 1970 che comprende parte dei progetti vigevanesi redatti da Giovanni Rota (ordinati a cura di Roberto Dulio), alcuni progetti di lavori pubblici dell’800. Mappe del territorio del ‘900 oltre ad una biblioteca, di duemila volumi circa, di storia locale e tesi di laurea in architettura. Stato di conservazione: buono. Orari di consultazione: accesso libero, con possibilità di fotocopie. • Archivio Storico Civico della Civica Biblioteca Bonetta Direttore responsabile: Felice Milani Indirizzo: piazza Petrarca, Pavia Consistenza: progetti (documenti e materiale iconografico) sottoposti all’approvazione da parte del Comune di Pavia dal 1783 al 1940. I progetti successivi al 1940 (per ora conservati presso l’Archivio del Comune di Pavia) sono progressivamente inseriti su supporto informatico. Stato di conservazione: buono. Orari di consultazione: accesso libero, con possibilità di fotocopie.
La breve ricerca, finalizzata all’eventuale possibilità di censire specifici archivi in provincia di Sondrio che documentino analiticamente l’attività di architetti locali del ‘900, non ha individuato particolari fondi storici consultabili. Si ha conoscenza esclusivamente di alcuni archivi sistematizzati, ma appartenenti a colleghi e a studi professionali ancora in attività. Altro materiale documentario è costituito dai progetti depositati presso gli archivi degli uffici tecnici comunali, materiale che, nel caso del Comune di Sondrio, attraverso il lavoro organizzato dai responsabili del Museo Valtellinese di Storia e Arte della città, è stato interamente censito e ordinato. È stato così creato un vero e proprio archivio cittadino facilmente consultabile e utile a comprendere le vicende urbane della città. Si segnala comunque un prezioso e interessantissimo “ archivio” storico, disponibile a Sondrio, relativo alla produzione di una famiglia di architettiartisti del Settecento Valtellinese. • Fondo Ligariano Sondrio, Palazzo Sassi, via M. Quadrio 27 tel. 0342/526269 Responsabile: Angela Dell’Oca Consistenza: con la collaborazione della direzione e dei responsabili scientifici del Museo Valtellinese di Storia e Arte della città di Sondrio segnaliamo il prezioso archivio dei maestri d’arte del Settecento lombardo, la famiglia Ligari (il padre Pietro 1686-1752 e i figli Cesare 1716-1770 e Vittoria 1713-1783), recentemente riorganizzato e oggi disponibile presso la sede del museo da poco restaurato e riallestito. Il museo di Sondrio custodisce dal 1935, attraverso una donazione privata, la cospicua raccolta dei materiali relativi alla produzione della più importante famiglia di pittori e architetti valtellinesi del Settecento. Le diverse unità del fondo Ligariano sono state oggetto di recenti studi in occasione della mostra dei disegni architettonici e delle arti applicate inaugurata nel dicembre 1998 che ha portato a nuove attribuzioni e scoperte. Si è proceduto alla trascrizione dei manoscritti di maggiore consistenza, alla schedatura delle stampe e alla riorganizzazione generale della raccolta, nonché alla esposizione permanente dei pezzi più significativi all’interno del nuovo allestimento museale. Il materiale della raccolta è consultabile secondo un criterio scientifico di archiviazione, in particolare l’archiviazione ha permesso di: affiancare al semplice numero di catalogazione tutta una serie importante di informazioni
F. D. T. Si ringrazia per la gentile collaborazione la dott.ssa Angela Dell’Oca e i suoi assistenti.
Pietro Ligari, disegno con spaccato del campanile, 1733, Sondrio, Museo Valtellinese di storia e arte, Fondo Ligari, inv. 485, cat. 2.7.
Varese a cura di Enrico Bertè e Claudio Castiglioni
Archivio Enrico Castiglioni Nome dell’Archivio: L’opera architettonica e artistica di Enrico “ Richino” Castiglioni (1914-2000) Direttore e Responsabile Scientifico: Stefano Castiglioni Indirizzo: via XX Settembre 14, 21052 Busto Arsizio (Va) Telefono: 0331 621230; fax: 0331 620205; e-Mail: info@studiocastiglioni.com Orari di consulatzione: attualmente la documentazione è conservata presso l’abitazione e studio originaria di Enrico Castiglioni, in via C. Cattaneo 12 /San Giusto 2 a Busto Arsizio, con accesso e consultazione su richiesta Consistenza: documentazione cartacea relativa a circa 150 progetti architettonici e urbanistici significativi; produzione pittorica costituita da n. 73 tele di cui 20 di grandi dimensioni (sino a cm 264-210 e a cm 340-177), suddivisa in 4 periodi artistici diversamente caratterizzati: • più severa e drammatica, a prevalente soggetto religioso, quasi in chiaroscuro e di impronta “ Masaccesca” (nell’immediato dopoguerra ’45-’50); • incentrata sulla vita, le attività e il lavoro nel borgo e nei campi, con una certa attenzione al paesaggio (nel periodo ’50-’55); • attenta ai tipi e ai caratteri degli abitanti, dall’intenso e concreto carattere lombardo, ambientata in un immaginario quanto probabile borgo in equilibrio tra agricoltura e artigianato (negli anni ’55-’60); • caratterizzata da una ricerca cromatica più intensa, solare, a tonalità pastello contraddistinta da particolare pacatezza e serenità anche per eventi drammatici come la crocefissione (ben diversa da quella del 1° periodo); al riguardo si veda come anche il tema della barca sia trattato diversamente rispetto al 1° periodo; • produzione scultorea costituita da n. 51 bassorilievi e opere plastiche, calchi di gesso ecc., che comprendono anche realizzazioni funerarie di notevoli dimensioni e di cui si conservano bozzetti e schizzi (tra cui una signifi-
Enrico Castiglioni, progetto presentato al concorso per il Santuario di Siracusa, 1957.
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(attribuziuone della paternità artistica del singolo esponente della famiglia Ligari, descrizione dell’unità, collocazione) e di rendere disponibile un inventario aperto nel quale nuove ricerche possano inserirsi in modo immediato e corretto. L’archivio è strutturato secondo le seguenti classi: Produzione dei Ligari (pittura, disegni e progetti di architettura, incisioni, arti applicate); Modelli (gessi, stampe); Archivio e Biblioteca (libri, manoscritti); Arredi (mobili, oggetti d’uso). Attualmente la consistenza del fondo Ligariano ammonta complessivamente a 1131 unità, così distribuite: Pittura: n. 68; Disegni: n. 762; Incisioni: n. 4; Arti applicate: n. 1; Gessi: n. 23; Stampe: n. 58; Libri: n. 135; Manoscritti: n. 47; Mobili: n. 3; Oggetti d’uso: n. 30. In particolare per quanto riguarda il catalogo dei disegni architettonici si precisa che nella maggior parte dei casi si tratta di fogli di bottega provenienti dallo studio dei Ligari: disegni preparatori, studi di variante, progetti non completati. Rari sono gli schizzi e i disegni di cantiere. Insieme a questi il fondo conserva un numero più ristretto di disegni definitivi destinati alla commitetnza. Altri fogli (collegiata di Sondrio e progetti di Giacomo Cometti e Pietro Solari per il campanile della medesima) consistono in vere e proprie tavole accuratamente delineate e rifinite all’acquarello, corredate da dettagliate note esplicative, datate e firmate. Oltre alla sezione dedicata ai disegni di architettura si segnalano le sezioni dei disegni di decorazione architettonica, dei progetti per altari e di quelli relativi alle arti decorative. Bibliografia: AA.VV., Pietro Ligari o la professione dell’artista, Sondrio 1998, catalogo promosso dal Comune di Sondrio e dal Museo con il contributo del Credito Valtellinese e della Provincia di Sondrio.
Enrico Castiglioni, Casa Apollonio a Galliate, sul Lago di Varese, 1965. cativa Via Crucis che, pur nel soggetto religioso, rivela uno studio dei tipi umani riprodotti in una sorta di naturalità piuttosto che una scelta celebrativa o di rappresentazione drammatica; n. 30 bozzetti architettonici realizzati in gesso, metallo, legno massello e materiali vari. Stato di conservazione: materiale grafico prevalentemente su lucido (la produzione risalente agli anni ’70-’80 va restaurata per problemi di distacco e macchiatura della colla dei retini); n. 12 bozzetti architettonici restaurati recentemente; n. 15 bozzetti architettonici da restaurare. Il materiale, al di là della personalità dell’autore, costituisce uno specchio della cultura di mezzo secolo del territorio dell’Alto Milanese. Attualmente sono in corso iniziative tese a sistematizzare la raccolta e l’opera per documentare e valorizzare efficacemente il loro significato, in un contesto inteso a tracciare un quadro articolato e complesso della
cultura del tempo e del territorio. L’attività di Enrico Castiglioni si è allargata dall’architettura e dall’urbanistica, alla saggistica, alla pittura e alla scultura assecondando in ciò la sua visione umanistica di amante dell’arte quale espressione di un integrato e unitario modo di essere e di vivere. Durante il suo tragitto terreno Richino si è tuttavia sempre comportato con una riservatezza che può apparire come vera ritrosia a far conoscere i suoi lavori esulanti dalla professione di architetto. Le sue opere di pittura, di scultura, le sue vetrate sono a carattere prevalentemente religioso, e in ciò segnano il filo della sua formazione rosminiana ma ci sono anche quelle in cui, con una vena umoristica e ironia tutte personali, ha dato vita a figure che rappresentano un’umanità povera ma arguta, serena e fiera di se stessa.
Enrico Castiglioni, quartiere di edilizia sociale S. Anna, realizzato da “I.N.A. Casa” (Enrico Castiglioni capogruppo dell’equipe di progettazione), 1957-60.
Enrico Castiglioni, progetto per il concorso del grattacielo Peugeot a Buenos Aires (con G. Bacchetti, E. Siamesi e C. Barbieri), 1962.
E. B.
A cura della Redazione
Assemblea Generale del CAE, Stoccolma, 9-10 maggio 2003
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Due volte all’anno in uno dei paesi dell’Unione Europea si riunisce l’Assemblea Generale del CAE - organismo che riunisce i delegati delle principali associazioni di categoria dei paesi aderenti alla Comunità Europea con l’aggiunta della Svizzera e rappresenta perciò oltre 350.000 architetti in tutta Europa (http://www.ace-cae.org). L’Assemblea Generale del CAE è composta dalle delegazioni accredidate di ogni stato membro e degli stati cosiddetti “ osservatori” . Nelle due sedute annuali ordinarie l’Assemblea ha il compito di formulare e adottare la linea politica del CAE, esaminare e approvare le iniziative dell’Executive Board, adottare e approvare il bilancio, aggiornare la composizione dei suoi organi, ecc. L’ultima Assemblea si era tenuta il 25 e il 26 ottobre 2002 a Jyväskylä, città della Finlandia 300 km a nord di Helsinki nella quale, nella seconda metà degli anni Venti Alvar Aalto ha iniziava la sua carriera. Di seguito vi proponiamo una breve sintesi dei lavori illustrate dai lavori del maestro finlandese. Revisione della direttiva 85/384 sulle professioni Adottata l’agenda dell’incontro ed approvato il verbale della scorsa assemblea generale, il Presidente uscente Juhani Katainen ha introdotto i lavori dell’assemblea con un saluto alle delegazioni e una breve relazione sul suo periodo di presidenza. Al primo posto nella discussione si è collocata la politica del CAE per la revisione della Direttiva Europea 85/384, riguardante il reciproco riconoscimento dei titoli nel settore dell’architettura e l’agevolazione della libera
circolazione degli architetti all’interno del mercato europeo. La Commissione Europea ha recentemente adottato una proposta di abrogazione di questa Direttiva in previsione di regolamentare tutte le professioni intellettuali con un nuovo testo sottoposto al vaglio del Consiglio dei Ministri e del Parlamento Europeo. Esaminata la bozza il CAE ha ritenuto che questa significhi un grave passo indietro per l’esercizio della professione portando l’imposizione di nuove barriere alla loro libera circolazione, un livellamento verso il basso degli standard educativi europei, l’apertura del mercato delle costruzioni ad altri soggetti meno qualificati degli architetti e l’abolizione dell’attuale Comitato consultivo europeo che esprime valutazioni di qualità dei sistemi di qualificazione di ciascun paese membro. A questo proposito la nuova Direttiva prevede un solo Comitato consultivo per tutte le professioni, ignorandone le specificità ed equiparando di fatto la pratica professionale dell’architetto a quella di altre professioni che si muovono all’interno di ambiti legislativi nazionali completamente diversi. L’Assemblea ha dunque dato mandato all’Executive Board di esercitare pressioni sul legislatore allo scopo di scorporare ampi settori di regolamentazione professionale dalla Direttiva generale e creare un secondo comitato chiamato a regolamentare le specificità delle varie professioni. Allo stesso tempo il CAE persegue l’obiettivo di mantenere in vigore e rafforzare l’esistente Comitato consultivo europeo per l’educazione e la preparazione alla professione dell’ar-
Alvar Aalto, Casa sperimentale a Muuratsalo.
Alvar Aalto, Università di Jyväskylä, 1951-56. La scala nella hall. chitetto (Advisory Committee on Education and Training in the Field of Architecture) creato dalla direttiva 85/385/EEC, i cui compiti sono di garantire un esaustivo scambio di informazioni in relazione ai differenti metodi di educazione e abilitazione alla professione negli stati membri e lo sviluppo di comuni strategie per l’innalzamento degli standard teorici e pratici della pratica professionale. La ristrutturazione del CAE Nel corso della discussione è emersa l’esigenza di razionalizzare il la-
voro dei vari organi del CAE, lavoro portato avanti su base volontaristica con risorse molto limitate, per cui da più parti si è auspicata una definizione più precisa e circoscritta dei suoi obiettivi. Sulla base delle proposte di alcune delegazioni si è dato mandato all’Executive Board di formulare proposte concrete per la ristrutturazione del CAE, tenuto conto che il prossimo ingresso di circa dieci nuovi membri potrebbe portare a maggiori difficoltà nel processo decisionale. Il lavoro delle commissioni Permanenti PC1 e PC2 A proposito della PC1 Educazione e ricerca, il suo presidente Adrian Joyce ha riferito che le maggiori energie sono state concentrate nel lavoro di modifica della direttiva 85/384 della quale si è fatto cenno all’inizio. Un altro ambito del lavoro ha riguardato l’auspicata riorganizzazione operativa delle Task Force, all’interno del quale, ad esempio, si è provveduto ad unificare la TF Questioni Urbane e la TF Ambiente e Sviluppo Sostenibile in un unico gruppo di lavoro chiamato TF Sostenibilità e Questioni Urbane. Questa Task Force dovrà elaborare proposte e osservazioni indirizzate a due nuovi organismi europei ai quali è stata chiamata a collaborare: l’Inter-Gruppo del Parlamento Europeo dedicato alle Quest ioni Urbane ed il nuovo gruppo di lavoro su Urbanistica e Sostenibilità creato dalla Direzione Generale per l’ Ambiente della Commissione Europea. Il presidente della TF Profilo Professio-
BNA e SBA di nuovo nel CAE e allargamento ai nuovi membri dell’U.E. L’Assemblea ha ratificato il reingresso nel CAE di due importanti organizzazioni di categoria: il Bond van Nederlandse Architecten (BNA) e lo Stichting Bureau Architectenregister (SBA), entrambe in rappresentanza dei Paesi Bassi, che erano stati membri fondatori del CAE nel 1990, ma ne erano usciti nel 1994. Altre organizzazioni si accingono ad entrare nel CAE, in rappresentanza di quasi tutti i 13 paesi che hanno fatto domanda di entrare nella Comunità Europea. In questa Assemblea Generale è stata unanimemente votata l’ammissione come membri osservatore di Lettonia, Malta, Romania e Slovacchia che vanno ad aggiungersi ad Estonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovenia e Cipro. Queste nazioni avranno automaticamente diritto ad entrare a far parte del CAE non appena verranno ufficialmente ammesse alla Comunità Europea. Restano per adesso escluse la Bulgaria, che non ha fatto domanda, e la Turchia, il cui ingresso nella EU è ancora in discussione. L’elezione del nuovo Presidente e Vicepresidente Al termine dei lavori si è provveduto anche alle elezioni di nuovi membri dell’Executive Board che si è resa necessaria in seguito alla nomina di Leopoldo Freyrie, Presidente della Commissione Europa ed Est eri del CNAPPC, come Incoming President del CAE, mentre Juhani Katainen ha passato le consegne al nuovo Presidente Katarina Nilsson. Antonio Borghi
Alvar Aalto, Municipio di Saynätsalo, 1949-53.
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Alvar Aalto, Università di Jyväskylä, 1951-56. La sala di lettura.
Censimento degli Archivi di architettura lombardi Il censimento che qui si presenta è uno dei primi obiettivi raggiunti con la politica culturale avviata nel 1998 dall’Amministrazione archivistica, per il tramite delle Soprintendenze archivistiche operanti sul territorio, al fine di elaborare strumenti atti a divulgare la conoscenza del patrimonio documentario prodotto dagli architetti e presente nelle diverse province lombarde. L’iniziativa ha visto l’immediata adesione del Politecnico di Milano, che ha appoggiato il progetto, ne ha assunto insieme alla Soprintendenza archivistica per la Lombardia il coordinamento scientifico e organizzativo, ha collaborato nell’individuare i rilevatori fra gli architetti con nozioni di archivistica ed in grado di utilizzare i programmi informatici. I censimenti, per loro stessa natura, rispondono a più esigenze: sensibilizzare i soggetti produttori degli archivi a conservare correttamente le testimonianze della propria attività; permettere alle istituzioni di programmare interventi di riordino, di restauro a supporto del soggetto produttore; diffondere la conoscenza di tali archivi e facilitarne la consultazione. Si deve inoltre considerare che gli archivi dell’architettura contengono una grande varietà di documenti, testimonianti le diverse applicazioni della disciplina come design, arti decorative, grafica…, materiale eterogeneo accompagnato dai carteggi. Predisporre siffatti strumenti di tutela contribuisce ad evitare lo smembramento o la dispersione dei documenti di architettura ed impedisce anche che i disegni, estrapolati dal loro contesto, vengano commercializzati. Non si deve dimenticare che ogni archivio è un unicum inscindibile e, se viene di-
strutto il nesso logico che unisce un documento all’altro, gli studiosi non potranno ricostruire appieno la storia dell’architettura contemporanea. La necessità di avere un quadro il più possibile completo della situazione a livello regionale ha imposto delle scelte nell’elaborazione della scheda di rilevazione, composta da dodici campi comprese le note: descrizioni dei fondi censiti bene articolate con l’individuazione delle serie documentarie e l’indicazione della consistenza, lo stato di conservazione e brevi note biografiche, riferite all’attività professionale, ma anche didattica dell’architetto. I dati del censimento si riferiscono a 160 archivi di architettura e saranno pubblicati sul sito della Soprintendenza Archivistica per la Lombardia, ma il fine ultimo è la costituzione di una banca dati su base regionale, che si collegherà ad altre simili in una banca dati più ampia, da costituirsi presso il Ministero. Tale strumento di lavoro agevolerà l’attività di vigilanza e di tutela che ogni Soprintendenza effettua nel territorio di competenza, ma anche l’attività di coordinamento del Ministero nell’ambito della vigilanza, consentendo un rapido accesso alle informazioni indispensabili per lo svolgimento dei compiti istituzionali. L’utilizzo del supporto informatico e la messa in rete del censimento, d’altra parte, consentirà alla Soprintendenza Archivistica per la Lombardia di aggiornare rapidamente i dati a seguito di ispezioni e sopralluoghi o di precisarli, laddove sia necessario, magari con l’inserimento dell’inventario informatizzato. Marina Messina
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nale, Claude Bucher ha relazionato sul suo lavoro di ricognizione sullo stato della professione in Europa, suscitando l’interesse di molti colleghi che si sono proposti per dare un loro contributo. Il presidente della PC2 Profilo Professionale, Pierre-Herry Schmutz, ha quindi introdotto le relazioni dei responsabili delle Task Force che coordina. La TF Sistemi di Assicurazione di Qualità è impegnata nella redazione delle linee guida per l’implementazione di sistemi di certificazione dedicati all’architettura, sulla scorta delle esperienze di paesi, in primo luogo la Francia, che sperimentano procedure semplificate rispetto al sistema ISO. La TF Politiche per la Libera Concorrenza sta lavorando su un compendio delle pratiche per incrementare gli standard dell’educazione e della pratica architettonica, nonché la mobilità degli architetti all’interno della Comunità Europea. Sono seguiti i resoconti dei presidenti delle TF Appalti Pubblici e TF Concorsi d’Architettura, che negli ultimi mesi hanno iniziato a lavorare insieme. In seguito alle ultime prese di posizione della Comunità Europea emerge l’esigenza di regolamentare in modo unitario in ogni paese europeo la soglia oltre la quale è necessario bandire un concorso di progettazione architettonica e di porre l’accento sulla qualità del progetto in fase di selezione, rispetto alla tendenza che vede prevalere ragioni economiche. Il CAE sta preparando linee guida per l’implementazione della Direttiva sui Servizi negli Stati membri, con particolare riguardo ai concorsi d’architettura.
I tirocini di formazione
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Le Facoltà di Architettura e la Facoltà di Ingegneria edile del Politecnico di Milano, sulla base della recente riforma universitaria, attiveranno, a partire dal marzo 2003, i tirocini di formazione obbligatori della durata di 130/150 ore per gli studenti iscritti al 3° anno dei corsi di studio del Nuovo Ordinamento; a partire dal marzo 2005 verranno inoltre attivati i tirocini per gli studenti dell’ultimo anno della laurea specialistica. Il tirocinio curricolare universitario è una forma di didattica applicata avente l’obiettivo di integrare il processo universitario di apprendimento per gli studenti prossimi alla laurea. Il tirocinio potrà essere svolto presso studi professionali, società di progettazione, amministrazioni, uffici tecnici pubblici e privati, aziende e imprese. Si tratta di una importante novità istituzionale destinata a coinvolgere anche la professione di architetto in una importante attività di trasmissione dell’esperienza. Questa appare particolarmente significativa per la formazione nel campo dell’architettura e risulta presente nel lavoro degli studenti e degli architetti della maggior parte dei paesi d’Europa. Gli Ordini degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della Lombardia hanno stipulato con il Politecnico di Milano una convenzione (comune a tutti gli Ordini della Regione e pubblicata di seguito) sulla base della quale gli architetti che abbiano maturato almeno cinque anni di iscrizione all’Albo possono proporre stage agli studenti laureandi. L’apertura iniziale dei contatti, le procedure di attivazione e la stesura delle convenzioni sono affidate al Servizio Stage d’Ateneo, struttura centrale di Politecnico (www.polimi.it/stage) che ha attivato uno specifico Portale Tirocini per gestire le relazioni tra il Politecnico e i partner esterni. Al fine di favorire un efficace svolgimento delle pratiche relative all’apertura dei tirocini le Facoltà interessate hanno attivato apposite strutture interne per sovrintendere alle scelte iniziali, per assistere i tirocinanti e i tutori nello svolgimento delle esperienze e per procedere alle verifiche finali. Convenzione di tirocinio tra il Politecnico di Milano (...) e l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di (...), premesso che il Politecnico di Milano, ai sensi del Nuovo Ordinamento Didattico, ha il compito di organizzare attività di tirocinio quale momento formativo nell’ambito del curriculum di studi; che il sistema educativo e gli enti interessati convengono sulla necessità di sviluppare adeguate forme di raccordo tra il mondo della for-
mazione e il mondo del lavoro, al fine di migliorare la qualità dei processi formativi si conviene e si stipula quanto segue • Art. 1 Le premesse che precedono costituiscono parte integrante e sostanziale della presente Convenzione. Costituiscono oggetto della presente Convenzione le condizioni e le norme di regolamentazione del tirocinio che sarà svolto da studenti e da coloro che frequentano i dottorati di ricerca, le scuole e i corsi di specializzazione e perfezionamento del Politecnico di Milano presso l’Ordine e/o gli architetti professionisti rappresentati dall’Ordine. • Art. 2 Il tirocinio dovrà perseguire obiettivi didattici, di orientamento e di acquisizione di conoscenza del mondo del lavoro anche al fine di agevolare le scelte professionali attraverso il contatto diretto con la realizzazione di costruzioni e con gli ambiti delle competenze richieste per la pratica dell’architettura e della pianificazione. Gli architetti tutori devono aver maturato almeno cinque anni di iscrizione all’Albo professionale e non devono aver ricevuto sanzioni disciplinari di sospensione o cancellazione. • Art. 3 I contenuti, i tempi, il calendario e le modalità di realizzazione del tirocinio formativo e di orientamento sono contenuti nei Progetti formativi. Nei Progetti vengono indicati i nominativi, oltre che dei tirocinanti, dei tutori universitari e degli architetti responsabili di seguire il corretto e proficuo sviluppo del tirocinio. • Art. 4 Il Politecnico si impegna a garantire che il tirocinante usufruisca di un’assicurazione che copra tutti i rischi che possono derivargli dal partecipare, in qualità di tirocinante, all’attività in sede del tirocinio (assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro, nonché per la responsabilità civile verso terzi presso idonea compagnia assicuratrice). Le coperture assicurative devono riguardare anche le attività eventualmente svolte dal tirocinante al di fuori della sede del tirocinio e rientranti nel Progetto formativo. Gli estremi identificativi delle assicurazioni predette sono indicati nel Progetto formativo e di orientamento di cui al precedente art. 3. • Art. 5 Gli obblighi previsti dall’art. 7 del D.Lgs. 626/94 e la disponibilità di dispositivi di protezione individuale (DPI), in relazione ai rischi specifici presenti nella struttura ospitante, sono attribuiti al soggetto di vertice della struttura ospitante (art.2, c. 3 e 4 del D.I.363/98). • Art. 6 Il Politecnico si impegna altresì a trasmettere copia della presente convenzione e di ciascun Progetto formativo alla struttura provinciale
del Ministero del Lavoro territorialmente competente in materia di ispezioni, alla Regione (o alla Provincia delegata), nonché alle rappresentanze sindacali aziendali riunite nell’Ente Bilaterale Nazionale delle professioni tecniche segnalate dalla sede del tirocinio ovvero, in mancanza, agli organismi locali delle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale. • Art. 7 L’Ordine o l’Architetto Professionista ospitante si impegna: - a rispettare e a far rispettare il progetto di tirocinio concordato in tutti gli aspetti (finalità, contenuti, tempi e modalità); - a trasmettere alla Struttura Accademica per i tirocini di riferimento del Politecnico, per ogni tirocinante, la valutazione finale sullo svolgimento del progetto e il raggiungimento degli obiettivi; - a segnalare tempestivamente alla Struttura Accademica per i tirocini di riferimento ogni eventuale assenza del tirocinante o interruzione del tirocinio; - in caso di incidente durante lo svolgimento del tirocinio a segnalare l’evento, entro i tempi previsti dalla normativa vigente, agli istituti assicurativi ed al Politecnico di Milano. • Art. 8 Il Politecnico si impegna a far sottoscrivere al tirocinante, all’interno del Progetto, una dichiarazione con la quale lo stesso si assume l’impegno di: - svolgere le attività previste dal Progetto formativo e di orientamento; - seguire le indicazioni dei tutori e dei responsabili del tirocinio; - rispettare i regolamenti disciplinari, le norme in materia di igiene, sicurezza e salute sul lavoro vigenti nella sede del tirocinio; - frequentare con regolarità, secondo il calendario concordato, giustificando eventuali assenze e richieste di spostamenti di date e orari; - mantenere l’obbligo della segretezza durante e dopo il tirocinio per quanto attiene a servizi e ogni altra attività o caratteristica dell’ente ospitante di cui venga a conoscenza durante il tirocinio; - richiedere verifica ed autorizzazione per eventuali elaborati o relazioni verso terzi; - redigere una relazione sull’attività svolta o produrre gli elaborati richiesti dalla Facoltà per il raggiungimento degli obiettivi formativi e per il riconoscimento dell’attività svolta. • Art. 9 Le parti dichiarano reciprocamente di essere informate (e, per quanto di ragione, espressamente acconsentire) che i “ dati personali” forniti, anche verbalmente per l’attività precontrattuale o comunque raccolti in conseguenza e nel corso dell’esecuzione della presente convenzione, vengano trattati esclusivamente per le finalità della convenzione, mediante consultazione, elaborazione, interconnessione, raffronto con altri dati e/o ogni ulte-
riore elaborazione manuale e/o automatizzata e inoltre, per fini statistici, con esclusivo trattamento dei dati in forma anonima, mediante comunicazione ai soggetti pubblici, quando ne facciano richiesta per il perseguimento dei propri fini istituzionali, nonché a soggetti privati, quando lo scopo della richiesta sia compatibile con i fini istituzionali dell’Ateneo. Titolari per quanto concerne il presente articolo sono le parti come sopra individuate, denominate e domiciliate. Le parti dichiarano infine di essere informate sui diritti sanciti dall’ Art. 13 della legge 31/12/1996 n. 675. • Art. 10 Al termine del tirocinio verrà rilasciata apposita certificazione relativa allo svolgimento del medesimo. • Art. 11 I rapporti che l’Ordine o l’Architetto Professionista intrattiene con i tirocinanti ai sensi della presente Convenzione non costituiscono rapporti di lavoro. • Art. 12 La realizzazione del tirocinio non comporta per l’Ordine o l’Architetto Professionista e per il Politecnico alcun onere finanziario. • Art. 13 La presente convenzione decorre dalla data sottoindicata, ha durata annuale e viene rinnovata tacitamente, salvo disdetta da comunicarsi da una delle parti entro sei mesi dalla scadenza. • Art. 14 Le norme della presente convenzione si applicano all’Ordine e agli Architetti Professionisti. Nessuna responsabilità farà capo all’Ordine per eventuali inadempienze e/o violazioni di legge dei propri iscritti durante lo svolgimento del tirocinio. • Art. 15 Per tutto quanto non previsto dalla presente convenzione le parti fanno riferimento alle disposizioni di seguito richiamate: a) D.P.R. n. 382 dell’11 luglio 1980 sul riordino della docenza universitaria, ed in particolare gli artt. 27 e 92 dello stesso; b) L. 341/1990 sulla riforma degli ordinamenti didattici universitari, ed in particolare l’art. 11 al punto 2; c) L. 24 giugno 1997 n. 196, “ Norme in materia di promozione dell’occupazione” , all’art. 18; d) D.M. 25 marzo 1998 n. 142 “ Regolamento recante norme di attuazione dei principi e dei criteri di cui all’art. 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, sui tirocini formativi e di orientamento” . e) D.M. 3 novembre 1999 n. 509 “ Regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli Atenei” . f) D.P.R. 5 giugno 2001 n. 328 “ Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti” . Letto, approvato, sottoscritto (...) Milano, 21 febbraio 2003
A cura di Roberto Gamba
Nuovo Ospedale di Bergamo sempre parte di un tema arduo, sono di grande valore civile e culturale, per la città intera. Ai progettisti nel bando era stata espressamente richiesta una flessibilità dei moduli costruttivi, per una possibile adattabilità ai fabbisogni futuri. La Commissione Giudicatrice era presieduta da Domenico di Gioia e composta da Alessandro Caviglia, Giovanni Iamele, Piergiorgio Tosetti, Vito Sonzogni, Cesare Stevan, Ugo Gaia, Mila Garcia Barbero, Alessandro Signorini, Marco Salmoiraghi, Marco Gaetano Pedrazzi, Carlo Alberto Panizza e Paolo Bosi. Per la realizzazione è stato predisposto un cronigramma dettagliato, che ha fissato i tempi necessari alle varie procedure amministrative e progettuali. Nell’aprile 2000 è stato firmato dalle autorità un accordo di programma per la realizzazione dell’ospedale e degli interventi connessi (viabilità, adeguamento ambientale e risanamento idraulico, parcheggi), con uno stanziamento finanziario di oltre 284 milioni di Euro. Nel dicembre 2000, sono stati scelti i 5 nominativi che hanno avuto accesso alla progettazione di II grado; nel marzo 2002, è stato affidato l’incarico della progettazione esecutiva al raggruppamento vincitore; nel febbraio 2003, è prevista la consegna del progetto definitivo.
1° classificato SCAU Aymeric Zublena, Edoardo Monaco, Alessandro Martini, Pippo Traversi e Ferdinando Traversi, Progettisti Associati, E.T.S., Steam
serita nel verde, che sfrutta le viste panoramiche verso la città Alta ed il sistema dei Colli. È costituita da tre elementi principali: la piastra centrale dei servizi di diagnosi e cura e dei servizi generali, su tre piani; le sette torri di degenza, alte cinque piani, disposte lungo tre lati della piastra, al piede delle quali sono localizzati gli ambulatori per i pazienti esterni; la hospital street, formata da tre rami che connette degenze, ambulatori, servizi e piastra centrale. I corpi delle degenze distribuiti sul perimetro hanno ampie superfici vetrate, con le facciate composte in alluminio e vetro e un sistema di frangisole e passerelle esterne. Si presentano come un sistema di torri quadrangolari di 43 x 43 metri, con chiostrina interna, disposte a distanza regolare su tre lati della piastra; il quarto lato resta li-
L’idea guida del progetto nasce dall’esigenza di porre le parti funzionali dell’ospedale a distanze equivalenti, in orizzontale e in verticale. L’incrocio di queste volontà con le caratteristiche ed i vincoli dell’ area, ha det erminat o uno schema costituito da una corona esterna di sette corpi di degenze, in corrispondenza di aree ambulatoriali attinenti. Questi elementi si dispongono attorno ad un nucleo di diagnosi e cura al quale sono direttamente collegati. Ne è risultata una soluzione volumetrica articolata a sviluppo prevalentemente orizzontale, ben in-
bero di prolungarsi nei corpi dei servizi generali e delle centrali tecnologiche, e di arretrarsi per consentire l’accesso ai servizi d’emergenza (E.A.S.). La piastra, dove si concentrano servizi, prestazioni e tecnologie sofisticate, è un insieme di funzioni articolate e complesse che il progetto distribuisce ordinatamente in una griglia modulare di percorsi e connessioni, intervallata da patii e corti. La grande complessità della struttura viene ricondotta ad un’immagine architettonica unitaria mediante la sovrapposizione di un tetto a tre falde, convergenti con dolce pendenza verso il piazzale del pronto soccorso. La vasta copertura è in rame preossidato verde chiaro, segnata dalle emergenze delle risa-
lite e dalle bucature delle corti. Al secondo livello l’area della piastra si restringe: attorno alla corte centrale si articolano i tre blocchi operatori maggiori e più all’esterno le day-surgeries ed il servizio d’emergenza. Al terzo livello troviamo infine l’area delle degenze intensive. Grandi gallerie vetrate convergono sull’ingresso: sono gli spazi della hospital street pubblica, trattati con cura nei dettagli e nei materiali. Le facciate che vi prospettano saranno di t ipo cont inuo, ma avranno trattamenti diversi: alluminio naturale; vetro per scale ed ascensori; acciaio e vetro serigrafato per i collegamenti a ponte; ancora alluminio, vetro e frangisole esterni per la copertura e le pareti della galleria.
Finalista Groupe 6 Olivier Felix Faure, Norbert Sanchis, Nathalie Pierre, Rosanna Cannito, Giovanni Cucini, Gianbattista Carrara, Cristiano Coltura, Takeshi Sato, Luigi Mora, Cristina Gamberoni, Claudio Fazzini, Ced Ingegneria, Sinbios Ambiente e Biotecnologie
L’impostazione ripartisce il programma in cinque grandi blocchi (degenze a Sud-Est e blocco tecnico a Nord-Ovest) permette di ricercare il giusto equilibrio, tra la tipologia monoblocco e l’ospedale a padiglioni e di proporre un edificio relativamente basso, che presenta una monumentalità discreta, restando a scala d’uomo, in evidente osmosi con la città.
Il progetto interpreta gli elementi riconoscibili della figura urbana, disponendosi come completamento al margine occidentale del sistema di grandi impianti storici edificati nella fase generativa della città contemporanea: il Cimitero Monumentale, l’Ospedale Psichiatrico, il Centro Direzionale, l’Ospedale Maggiore; inoltre conferma il confronto tra città alta e città bassa come relazione forte del paesaggio urbano.
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Concorsi
L’attuale sede ospedaliera (l’ex Ospedale Maggiore, inaugurato nel 1930), nonostante i numerosi interventi di ristrutturazione e ampliamento subìti, risulta obsoleta e ormai non più adeguabile alle nuove esigenze di carattere sanitario, strutturale, tecnologico, normativo e gestionale. L’Azienda ospedaliera ha pertanto chiesto l’inserimento della costruzione di un nuovo ospedale a Bergamo, tra gli interventi del programma pluriennale di investimenti in sanità della Regione Lombardia. Il Comune, con il nuovo P.R.G., ha destinato al nuovo ospedale l’area della “ Trucca” , posta a sudovest della città; tale area è viabilisticamente ben servita dall’asse interurbano, che la collega all’autostrada e al sistema stradale provinciale e in futuro sarà anche raggiungibile con un ramo della tramvia, che avrà qui una stazione di interscambio con la ferrovia Bergamo-Lecco. L’azienda ospedaliera ha voluto adottare, per la progettazione, lo strumento del concorso internazionale, previsto d’altra parte dalla legge; sottolineando così l’importanza che ha attribuito per la nuova impresa agli aspetti di carattere edilizio e architettonico, oltre che quelli territoriali, urbanistici e ambientali; nel senso che le scelte di tipo spaziale e configurativo da compiere, saranno irreversibili e essendo da
Concorsi
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L’edificio di testa si articola sost anzialment e in t re element i: una grande hall d’ingresso coperta e chiusa che connette le due “ spine distributive” orizzontali della rue hall e rue médicale; un corpo ponte con giacitura estovest, in cui sono collocati l’auditorium, le aule didattiche e la biblioteca, che si connette ad un edificio in linea, contenente alcune funzioni pubbliche, la mensa,
nonché gli archivi e l’amministrazione. La grande galleria pubblica (rue hall) congiunge la grande hall d’ingresso, in testa al progetto, con i cinque ingressi di ogni blocco medico. La sua forma triangolare allungata tiene conto, inoltre, di un flusso decrescente e riprende il tracciato regolatore dell’ospedale sul sito, materializzandolo nello spazio urbano.
Finalista Proger Architekturbüro von Gerkan, Marg und Partner, Manens Intertecnica, Studio Altieri, Ettore Fermi, Enrico Fermi, Archema, Glauco von Wunster, Guido Dell’Acqua
nell’interpiano, il percorso dei sistemi di trasporto robotizzato e, alla quota dei servizi di supporto, il percorso del trasporto leggero con teleferica. Il dipartimento deve costituire una grande unità all’interno dell’Ospedale con una sua autonomia funzionale e gestionale. Concentrazione di tutti gli studi medici, aree di riunioni, biblioteca, aree di studio, in un’unica zona volta a favorire una reale attività interdisciplinare, elemento della “ nozione” di dipartimento. Cure graduate: è introdotta una suddivisione della degenza in funzione delle necessità terapeutiche del malato sulla base dello schema di cure “ intensive-intermedie-lungodegenziali” . Il Day-Hospital, che consente l’erogazione “ intensiva” delle necessarie prestazioni diagnostiche e terapeutiche, deve essere progettato e strutturato come un reparto ospedaliero relativamente autonomo. Il progetto concentra i blocchi operatori, le terapie intensive, le aree di day-surgery e le aree diagnostiche, per garantire percorsi protetti e dedicati.
Quattro edifici a “ U” , a corpo quintuplo, con le degenze contrassegnano gli angoli della piazza centrale, in una articolazione che evoca l’idea della fortificazione rurale. La connessione avviene attraverso un percorso ad anello, al piano dei servizi di diagnosi e cura. Identico anello ideale costituisce,
dale. Dalla hall, si accede all’ampio patio centrale, elemento di cerniera a disposizione del pubblico. Ai lati delle gallerie, si affacciano gli ambulatori, i day hospital e sei ampi patii, illuminati dall’alto, che mettono in comunicazione funzionale e visiva, il piano del pubblico col sottostante piano dei servizi di diagnosi e cura. Opportune passerelle attraversano questi patii consentendo ai visitatori di accedere agli elevatori che raggiungono le unità di degenza.
La particolare configurazione tipologica dei due gruppi di torri di degenza, a pianta quadrangolare, articolate su 5 piani, di dimensioni variabili, permette di compattare l’attività infermieristica nella “ piazza sanitaria” ; di razionalizzare e separare i flussi di approvvigionamento orizzontali e verticali; di predisporre l’area, al suo interno, ad eventuali cambi di destinazione; di realizzare, at t raverso il raggruppamento delle tre torri più prossime, veri e propri dipartimenti.
Finalista Vittorio Valletti, Edoardo Comoglio, I.C.I.S., SI.ME.TE., Renato Lazzerini, Metec, Poliedra, Elena Maria Luisa Mincato
acustico” , barriera al rumore del traffico, un muro alto, liscio in mattoni, a forma spezzata, aguzza e nervosa; il cubo medico, cent rale all’ insieme, ove convergono tutte le competenze specialistiche. L’asse portante sta nella piazza coperta: autentico frammento cittadino che coordina tutto il funzionamento dell’ospedale, sinonimo di urbanità, di città, di socialità. Sulla piazza si affacciano tutti i pezzi che compongono il progetto e si ramificano tutti i sistemi di circolazione e comunicazione, che fanno funzionare l’intero organismo. A lato della piazza, si è posto un volume altamente tecnologico, il “ cubo medico” , nel quale convergono tutte le competenze specialistiche.
Il progetto ha scelto una doppia strategia: da un lato ha adottato la grande forma dell’ospedale (più di 160.000 mq di area sanitaria) come vera e propria parte della città, in essa inserita ed articolata. Dall’altro ha fatto suo il concetto di semplicità come processo di adesione all’esigenza dell’uso e rigore espressivo. L’ impiant o è cost it uit o da t re elementi: la piazza coperta, cui si aff acciano t ut t i i pezzi della composizione e si ramif icano circolazioni e comunicazioni; la saetta, che costruisce uno “ schermo Finalista Giuseppe Manara, Pietro Bertini, Cobolli Gigli e Monico, Guareschi, Studio Ro Tre, Studio Solmona e Vitali, Paolo Bertini, Manuela Torti È stata concepita un’ampia piastra di diagnosi e cura seminterrata, forata da alcuni cavedi interni attrezzati a verde e sovrastata da un “ prato pensile” . Al di sopra di questa si ergono i volumi “ fuori terra” , diversificati per altezza, tipologia e trattamento delle superfici verticali esterne. Dalla piastra si elevano 6 torri che accolgono, al piano terreno, gli ambulatori e i day hospital, mentre i piani superiori sono dedicati
alle degenze. La piastra, posizionata su due livelli, è stata ripartita in due blocchi articolati: quello principale ospita i vari servizi di diagnosi e trattamento (blocco operatorio, diagnostica per immagini, radioterapia, EAS); l’altro, connesso al primo mediante adeguato corridoio riservato ai mezzi meccanizzati, contiene i servizi generali e tecnologici. I percorsi sono stati classificati secondo 4 tipologie: il percorso pubblico “ per eccellenza” , che si diparte dal piazzale e si configura quale ampia e luminosa strada, sormontata da una copertura voltata e trasparente, che immette all’ingresso principale dell’ospe-
Nella primavera dello scorso anno il Comune di Giussano aveva bandito questo concorso internazionale di idee per la riqualificazione di tre spazi urbani in altrettanti nuclei del suo territorio, il centro storico della cittadina (3° premio: Antonio Lazzaretto, collaboratori Maurizio Garrasi, Elena Magi); il nucleo della frazione di Robbiano e quello della frazione di Birone (3° premio: Andrea Galbiati, collaboratore Daniela Formenti - segnalati i progetti di Francesco Pasquali, collaboratori Federica Giaume, Francesca Cazzaniga). Era stata indicata, quale presupposto per la progettazione, una particolare attenzione ai temi della razionalizzazione dei percorsi, cercando di perseguire la continuità di quelli pedonali e ciclabili e l’efficienza di quelli automobilistici; all’individuazione di ambiti differenziati per la sosta, l’incontro e lo svago delle persone e per la so-
sta delle auto; allo studio delle pavimentazioni in relazione ai vari ambiti; allo studio dell’illuminazione (punti luce, qualità e resa cromatica). La giuria era composta da Paolo Donà, Marcella Malzanni, Felice Pozzi, Massimiliano Mornati, Boris Podrecca, Giuseppe D’Asaro, Giuseppe Arosio, Vincenzo Montaldo, Dario Vanetti. Ventisette partecipanti alle prove hanno prodotto 33 elaborati: 9 per Giussano, 11 per Robbiano, 13 per Birone. Presentiamo alcuni tra i progetti primi classificati; facendo altresì rilevare che per il nucleo di Robbiano, il primo e il terzo premio non sono stati assegnati; inoltre dei due secondi premi ex aequo attribuiti, viene pubblicato il solo progetto di Letizia Lionello; mentre il progetto di Ida Origgi, pur richiesto con insistenza agli autori, non è pervenuto.
CENTRO STORICO - 2° classificato Paolo Favole collaboratore Marcello Pozzi Il progetto prevede: la costruzione del sagrato mediante una platea pedonale larga quanto il fronte della chiesa, sopraelevato di un gradino rispetto al piano stradale. Nella pavimentazione viene incastonata una pietra di beola che presenta un buco per alloggiare l’asta processionale (elemento della liturgia rilevabile in altre chiese brianzole); due grandi basamenti cilindrici in serizzo ghiandone, posti sull’ingresso del sagrato nella previsione di collocarvi, in futuro, le statue degli intestatari; sono pre-
BIRONE - 1° classificato Tommaso Giudici, Patrik Spreafico, Edoardo Gianni In piazza Carducci si vuole costruire una nuova piazza rialzata ed inclinata che raccordi la via Leopardi con la Via Catalani. Al centro si costituirà una seduta in legno, a
CENTRO STORICO - 1° classificato Sandro Rolla collaboratori: Marta Maria Grandi, Tommaso Tavani Il progetto prevede la realizzazione di un grande spazio pedonale, legato alla chiesa, pressoché vuoto, con pochi elementi che per posizione e significato diventano loro stessi “ architetture” che organizzano e disegnano il luogo. In tale contesto anche i materiali si identificano per la loro essenzialità: la pietra in blocchi per le
panche e i gradoni, il legno per gli alberi esistenti, l’acciaio per i due support i di illuminazione, l’acqua naturale per i canali di scolo. La grande piazza è intesa come un piano orizzontale e quindi leggermente sopraelevato rispetto al contesto. Gli spazi laterali, di collegamento e ingresso alle attività connesse con la chiesa e l’oratorio, è lasciato alla quota attuale ed è pavimentato con cubetti in porfido posti in filari nelle due direzioni prevalenti.
visti dei pali di illuminazione a disegno, tre per lato, di cui, quelli sul lato sud sono collegati ad altri pali a formare una spalliera con panche a disegno; una panca simile è prevista a chiudere il sagrato lungo la strada, interrotta all’ingresso. Per piazza San Giacomo il progetto prevede la realizzazione di una pavimentazione in calcare bianco e in ciottoli intervallati da fasce di biancone; il gradone centrale, già basamento della chiesa, da mantenere, ridisegnando (con Pietra Dacia) la pianta della Chiesa, perimetro, pilastri e campanile; il mantenimento dei principali alberi esistenti, estendendo i filari con un andamento lineare est-ovest.
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Concorsi
Riqualificazione di tre spazi urbani a Giussano
perimetro della fascia di rispetto dell’albero centenario; i cinque elementi luminosi posti ad est, in prossimità della via Catalani, avranno il compito di segnalare la presenza del piccolo centro urbano; uno zoccolo orizzontale invece verrà ricavato sfruttando la naturale conformazione del terreno, gene-
rando una sorta di palchetto che potrà essere utilizzato per svariate attività e piccole manifestazioni. Alla piazza della Chiesa parrocchiale viene donato un nuovo sagrato, un piano inclinato in lastre di granito bianco di Montorfano, che abbraccia il fabbricato, quasi a rappresentare una sua appendice a cielo aperto. Nel parco prospiciente la chiesa, la
creazione di una serie di terrazzamenti che proiettano dolcemente la superficie erbosa verso il cielo, creano una sorta di quinta arborea all’asse prospettico della parrocchia. Tale spazio è confinato da un perimetro in muratura di mattoni che sfocia in piazza della Parrocchia come semplice seduta e verso ovest diviene una scarpa, che dolcemente raccorda la quota del parco al piano stradale.
Concorsi
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BIRONE - 2° classificato Gianluca Erroi Si è previsto per il comparto ad ovest la realizzazione di una serie di aree pedonalizzate mantenendo i flussi di traffico veicolare già esistenti e affiancando ad essi una nuova pista ciclabile. Dalla precisa mole rettangolare
ROBBIANO - 2° classificato Letizia Lionello collaboratori Mario Bonomo, Nicoletta Sparano Il progetto trasforma i due spazi urbani del nucleo storico di Robbiano, oggetti del concorso - ora uno è un luogo indifferente davanti a due chiese, attraversato da strade e appesantito dalla sosta di automobili; l’altro una semplice distesa di prato molto inclinata - in un grande sagrato continuo e in una zona di sosta e gioco piana scavata nel declivio. Il sagrato collega e mette in rilievo le due chiese del paese che così possono emergere come simboli religiosi e valori
della chiesa fuoriesce irrompendo il sagrato: viale alberato che si protrae nello spazio sino ad invadere i giardini pubblici antistanti. Questa rigorosa maglia geometrica organizza i giardini pubblici, che al loro interno lasciano il posto ad una sorta di piazza, con seduta gradonata da destinare ad area giochi per piccoli e ad area relax per grandi. In piazza Carducci si è pensato ad uno slargo attrezzato che, allineandosi con via Leopardi, dà origine ad una importante occasione di socializzazione, una vera piazza impreziosita, o meglio, completata da una fontana che offre l’occasione di una sosta tra piccoli giochi d’acqua. L’intero intervento è realizzato con materiali, alcuni lapidei come il granito ed altri, come il gres (o cotto di varie tipologie) ed il cls, di origine ricercata, materiali comunque già largamente impiegati nel contesto.
architettonici apprezzabili, su una scena aperta che può diventare il polo pubblico e sociale della piccola frazione. La pavimentazione è proposta in cubetti di porfido delimitato da strisce parallele di pietra bianca di Verona poste ad intervalli di 4 metri l’una dall’altra. I confini laterali sono delimitati da due bordi alti e divergenti sempre in pietra bianca utilizzati come panchine. Oltre si apre un giardino percorribile disegnato all’inglese. L’illuminazione notturna pur rispondendo alle necessità di una corretta visibilità propone effetti scenografici senza appesantire gli spazi con sostegni e centri luminosi vistosi.
Progetto agorà a Ceriano Laghetto Negli ultimi decenni Ceriano Laghetto, in provincia di Milano, ha visto impegnate le amministrazioni comunali a mantenere o implementare le infrastrutture per i bisogni prioritari. Recentemente si è poi osservata da parte dei privati una certa volontà a operare per la riqualificazione urbana. Dato questo scenario, attraverso interventi di ristrutturazione urbanistica degli spazi pubblici, l’amministrazione vuole ora raggiungere l’obiettivo di portare il nucleo antico del paese ad essere un centro positivo della vita della comunità. Il concorso bandito nella scorsa primavera (importo dei lavori stimato in Euro 774.685,35) per la sistemazione di piazza Diaz, del parco comunale, delle aree di connessione e del parcheggio antistante l’ingresso Ovest del parco stesso è finalizzato ad una trasformazione che porti alla formazione di un luogo urbano con una valenza analoga all’agorà della civiltà greca, ossia il centro della vita della comunità. Il risultato potrà essere raggiunto attraverso una differente distribuzione degli spazi dedicati alla sosta degli autoveicoli; la formazione
di un’area esclusivamente pedonale; uno studio per una valorizzazione del parco pubblico detto il “ giardinone” , ove dovrà essere realizzata una struttura, anche permanente, per manifestazioni culturali, celebrative o ludiche. La piazza, il parco e il palazzo comunale costituiscono il nucleo originario di Ceriano Laghetto e vivono fra loro in un rapporto molto stretto, complementare e di supporto; la parte edificata del nucleo antico è costituita da fabbricati e complessi edilizi che rivestono una valenza storica, generalmente degradati, privi per lo più di valori architettonici di particolare pregio. Piazza Diaz, di circa 2.350 mq, è interessata nel sottosuolo dalla presenza longitudinale di un tratto tombinato del torrente Guisa; è oggi quasi esclusivamente dedicata al parcheggio. Il palazzo comunale, che vi si affaccia, costruito nel 1570 circa, e oggetto di ristrutturazione agli inizi degli anni ‘80, è sicuramente lo stabile del centro storicamente più interessante. Il quarto premio è stato attribuito ad Andrea Calmieri; il quinto a Elisabetta Maino.
1° premio Remo Dorigati, Massimo Bossaglia, Anna Brizzi, Paolo Menudo
passerella in legno è reso fruibile, con un percorso pedonale, l’invaso del Guisa compreso fra le recinzioni dei muri privati. Il volume dell’acquedotto viene racchiuso da una maglia in lamiera stirata, ricoperta da un rampicante; dietro ad esso, nell’area pattinaggio, vengono collocate delle serre e dei volumi, in vetro e in legno. Anche se non previsto nella prima fase, è fondamentale liberare i vo-
Il progetto prevede la copertura del torrente Guisa nella parte del Giardinone. In aderenza al muro di confine, si propone un canale d’acqua, presenza e memoria dell’antico tracciato, che alla fine scivoli in una piccola vasca, per riemergere più avanti. Tramite una
scambio. La loggia, che chiuderà la piazza, mantenendo il limite di gronda degli edifici a due piani, aiuterà a controllare anche l’edificio di 4 piani, nell’angolo est, che presenta un fuoriscala, responsabile in parte della dissonanza dell’intero spazio. Verso la piazza, la loggia appoggerà con due pilastri in acciaio entro una “ foppa” d’acqua, da cui emergeranno filamenti di fibre ottiche che rinviano ai canneti presenti nei laghetti vicini. La piazza, lastricata in granito bocciardato, sarà delimitata dall’ordine regolare degli alberi dietro cui correranno ampi marciapiedi.
è il percorso principale di accesso alle funzioni pubbliche, che dialoga con il ricreato asse prospettico di via Cadorna, verso sud e quello laterale (est) del Parco, verso nord (orientati sul medesimo asse geometrico); ad esso si appoggiano lo spazio “ rappresentativo” , davanti all’ex Asilo e all’ingresso del Municipio, organizzato su quote diverse, mediante leggera gradonatura, così da formare un piccolo “ spazio teatrale” orientato su un palco basamento per cerimonie pubbliche. Il parco del palazzo municipale, “ Giardinone” , viene riorganizzato, rispettandone e valorizzandone il nucleo storico, come elemento integrante dell’architettura tardo cinquecentesca e allo stesso tempo “ coinvolgendolo” totalmente come fulcro dei percorsi pedonali di connessione urbana. Vengono organizzate al suo interno alcune aree funzionalmente specifiche: il giar-
dino formale del Palazzo (ristrutturazione e ripristino di un grande campo centrale a prato, con demolizione delle strutture temporanee esistenti, attraversato da due soli percorsi lineari trasversali); la giacitura ortogonale al palazzo, nonché la connotazione di “ natura arificializzata” del giardino rinascimentale, tradizionalmente disegnato da riquadrature regolari, da bordature vegetali e lapidee, viene reinterpretata, attraverso il gioco composito di una serie di muretti a secco in blocchi lapidei. In asse con il Palazzo ed a ideale conclusione del giardino formale viene posto un rettangolo pavimentato di m 8x20 (per 165 posti a sedere - spazio cinema all’aperto e per manifestazioni), dotato di plinti perimetrali per posa di strutture temporanee di copertura e di palco per spettacoli e proiezioni estive.
Agrate Brianza: riqualificazione della piazza Sant’Eusebio e delle zone limitrofe
2° premio Pier Alberto Ferrè Il progetto ripropone sulla piazza uno spazio di dimensioni uguali allo spazio aperto interno al Municipio. Viene individuata, in diretta corrispondenza di Municipio e ex-Asilo, un’area “ dura” di forma quadrata, vera e propria piazza, pavimentata in beola bianca e granito rosa di Baveno, in disegni geometrici. Sulla piazza quadrata c’è un elemento di collegamento con il parco: una vasca d’acqua, geometrica, che riprende la giacitura del torrente Guisa. Il quadrato “ duro” della nuova piazza si mette in relazione con il cortile anch’esso quadrato interno al Municipio. Un percorso pedonale, in linea con l’asse principale di progetto che unisce il parco e 3° premio Laura Anna Pezzet t i, Federico Acuto, Stefano Gaudimundo, Chiara Vecchi I principali complessi rappresentativo-funzionali, si articolano at-
la piazza, delimita due fasce, una, sul lato ovest della Piazza, pavimentata in calcestre e illuminata a incasso sui bordi verticali delle sedute di pietra; l’altra, percorribile con un sentiero più “ morbido” , con sedute immerse in siepi arbustive sempreverdi. Dalla piazza si accede direttamente al parco–giardino: a segnare l’ingresso, viene qui ricollocato il monumento ai caduti. L’asse individuato come strutturante del progetto si delinea in un viale alberato con un doppio filare, come un’asse di “ servizi” , che tocca la chiesa, la sede della Asl, la banca, i posteggi, il municipio e la biblioteca, il parco; conduce a una struttura leggera in acciaio, collocata su una piattaforma pavimentata in beola, chiamata rotonda delle rose. torno all’asse urbano di via Cadorna, piazza Diaz, del “ Giardinone” ; a essi si aggiungono il campus scolastico, affacciato sulla via strada Meda e il Laghetto, formando uno schema a “ T” . L’elemento ordinatore del progetto
Si riprende il concorso di Agrate, che si proponeva di qualificare l’assetto “ dell’area centrale” del Comune e offrire una soluzione razionale, sia in grado di valorizzare con la massima espressività architettonica e funzionale, lo spa-
zio racchiuso dalle case che vi si affacciano, contribuendo a definire l’identità del “ centro” del paese. Presentiamo il progetto 4° classificato, aggiudicatario del premio giovani.
4° classificato Paolo Preto
facciata da una sorta di pannelli in continuità, separati tra loro da finestre continue a tutta altezza), sarà sul lato opposto a quello della torre, su quella che potremmo definire una seconda piazza. Viene ristudiato lo spazio prospiciente il nuovo municipio e al tempo stesso legato con la piazza Sant’Eusebio attraverso un filare di alberi alternati a lampioni che si innestano perpendicolarmente alla piazza stessa, tali lampioni saranno realizzati con un piedistallo allungato in laterizio. Sarà proprio questo materiale il principale protagonista della soluzione architettonica dell’intero intervento, diventando l’elemento caratterizzante e unificante tra piazza, chiesa e biblioteca. In piazza Santa Maria, si è pensato ad un muro d’acqua, fondale e quinta scenica, per nascondere sia la rampa che conduce ai nuovi box, che i prospetti degli edifici adiacenti poco decorosi.
Lo scopo del progetto è stato quello di ridefinire il perimetro della piazza Sant’Eusebio, cercando di equilibrare e separare le aree a circolazione ciclo-pedonale da quelle carrabili e al tempo stesso farla divenire l’elemento di ricucitura del tessuto urbano. La nuova piazza ospiterà un nuovo edificio su due piani, più interrato, costruito in sostituzione dell’ex municipio, con funzione di biblioteca e spazi espositivi. Il suo elemento caratterizzante sarà una torre che dialogherà con il campanile della chiesa e al tempo stesso avrà la funzione di contenitore di libri. Una torre scrigno, con il lato verso la chiesa parzialmente sospeso da terra, mentre la struttura portante appoggerà su uno specchio d’acqua il quale evocherà il fossato di una fortezza. L’ingresso della biblioteca (caratterizzato nella
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Concorsi
lumi che hanno aggredito l’antica architettura liberty dell’ex asilo, per aprire al parco lo spazio interno che oggi si presenta come un retro. Vengono proposti due nuovi volumi a “ L” che definiscono una “ stanza” accessibile dalla piazza e aperta al parco. Questo nuovo spazio pubblico funzionerà come un volume destinato a conferenze, incontri, mostre. Nella piazza si prevede di introdurre un dispositivo monumentale che allo stesso tempo riproporzioni a sud i suoi limiti incerti e deboli e int roduca un t ema “ civico” , com’erano le logge degli antichi broletti, luogo di incontro e di
Legislazione a cura di Walter Fumagalli
Professione e Aggiornamento
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Sottotetti: la partita di ping pong si allarga (e si allunga) Forse qualche lettore di buona memoria ricorda che, nel numero 78/2002 di questa rivista, le vicende delle norme regionali sul recupero abitativo dei sottotetti erano state paragonate ad una partita di pingpong in corso tra la Regione Lombardia ed il Tribunale Amministrativo Regionale di Milano. In quella circostanza, in particolare, era stata commentata l’ordinanza n. 24 dell’11 febbraio 2002, mediante la quale il T.A.R. aveva rimesso alla Corte costituzionale il giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 1 e 2 della Legge regionale 23 novembre 2001 n. 18 (riguardanti più specificamente il tema del recupero abitativo dei sottotetti), nonché dell’articolo 4.3 della Legge regionale 19 novembre 1999 n. 22 così come interpretato dall’articolo 3 della medesima Legge n. 18/2001 (riguardante più in generale l’individuazione degli interventi realizzabili mediante denuncia di inizio di attività). Questa partita di ping-pong sta diventando sempre più avvincente, anche perché ora sono scesi in campo due nuovi “ giocatori” : il Parlamento e la Corte Costituzionale. Ma vediamo di capire che cosa è successo, e se possibile di prevedere quello che succederà. Qualche giorno dopo la richiamata ordinanza con cui il T.A.R. Lombardia si era rivolto alla Corte Costituzionale, sono entrate in vigore le disposizioni contenute nell’articolo 1.6 della Legge statale 21 dicembre 2001 n. 443 (la cosiddetta “ Legge Lunardi” ). Tali disposizioni, con il solito pretesto di promuovere il “ rilancio delle attività produttive” , hanno ampliato considerevolmente la gamma degli interventi che, “ in alternativa a concessioni e autorizzazioni edilizie, a scelta dell’interessato, possono essere realizzati, in base a semplice denuncia di inizio attività” . In questa prospettiva, fra l’altro, il citato articolo ha introdotto la facoltà di procedere mediante denuncia di inizio di attività per realizzare:
• “ le ristrutturazioni edilizie, comprensive della demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma” (lettera “ b” ); • “ gli interventi ora sottoposti a concessione, se sono specificamente disciplinati da piani attuativi che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal consiglio comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti” (lettera “ c” ); • “ i sopralzi, le addizioni, gli ampliamenti e le nuove edificazioni in diretta esecuzione di idonei strumenti urbanistici diversi da quelli indicati alla lettera c), ma recanti analoghi previsioni di dettaglio” (lettera “ d” ). Nel suo testo originario, poi, il successivo articolo 6.12 conteneva due norme: anzitutto stabiliva che le disposizioni di cui sopra si sarebbero applicate nelle regioni a statuto ordinario “ a decorrere dal novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge” , dopo di che precisava che “ le regioni a statuto ordinario, con legge, possono individuare quali degli interventi indicati al comma 6 sono assoggettati a concessione edilizia o ad autorizzazione edilizia” . Successivamente peraltro è entrata in vigore la Legge 1° agosto 2002 n. 166, la quale ha modificato come segue l’articolo 6.12 poc’anzi richiamato: “ le disposizioni di cui al comma 6 si applicano alle regioni a statuto ordinario a decorrere dal novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge, salvo che le leggi regionali emanate prima della data di entrata in vigore della presente legge siano già conformi a quanto previsto dalle lettere a), b), c) e d) del medesimo comma 6, anche disponendo eventuali categorie aggiuntive e differenti presupposti urbanistici. Le regioni a statuto ordinario possono ampliare o ridurre l’ambito applicativo delle disposizioni di cui al periodo precedente” . A questo punto la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 516 del 4 dicembre 2002, ha preso in esame l’ordinanza del T.A.R Lombardia n. 24 dell’11 febbraio 2002 e, avendo ritenuto che le disposizioni statali sopravvenute abbiano potuto influire “ sul complessivo quadro normativo di riferimento considerato
dal giudice a quo” , ha restituito gli atti al Tribunale per consentirgli di procedere “ ad un nuovo esame della rilevanza della questione” . Ora la palla è dunque tornata ai giudici di Milano che però, si badi bene, sono stati sollecitati a riconsiderare se, alla luce delle nuove norme statali, la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni regionali sia ancora decisiva al fine di decidere la controversia giudiziaria sottoposta al loro esame; essi non sono stati invece sollecitati a valutare se il nuovo quadro normativo risultante da tali norme statali abbia inciso sull’eventuale “ manifesta infondatezza” dei profili di incostituzionalità evidenziati nell’ordinanza di rimessione. Al di là della concreta decisione che il Tribunale Amministrativo potrà prendere in merito alla “ rilevanza” della questione, si ritiene che nel merito le nuove disposizioni della legge statale possano in qualche misura incidere solo sulla costituzionalità dell’articolo 4.3 della Legge regionale n. 22/1999 il quale, così come interpretato dall’articolo 3 della Legge regionale n. 18/2001, assoggetta alla denuncia di inizio di attività tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia, di ampliamento e di nuova costruzione. Come si è visto, infatti, l’articolo 1 della Legge n. 443/2001, nel testo risultante dalle modifiche introdotte con la Legge n. 166/2002, non solo ammette espressamente la possibilità di ricorrere alla denuncia di inizio di attività per realizzare interventi di ristrutturazione edilizia, ed in certi casi anche di ampliamento e di nuova costruzione (allorquando questi ultimi interventi siano specificamente disciplinati da piani attuativi o da altri idonei strumenti urbanistici, che contengano “ precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive” ), ma fa altresì salve le norme regionali previgenti che abbiano contenuto analogo a quello del citato articolo 1 “ anche disponendo eventuali categorie aggiuntive e differenti presupposti urbanistici” , e per il futuro riconosce alle regioni il potere di “ ampliare o ridurre l’ambito applicativo delle disposizioni di cui al periodo precedente” . Le nuove norme statali hanno quindi ampliato considerevolmente il potere legislativo delle regioni in tema di denuncia di inizio di attività, per cui non è da escludere che esse inducano il T.A.R. a considerare superati i dubbi di costituzionalità delle pregresse disposizioni regionali vigenti in materia. Tali norme, invece, non hanno introdotto novità di sorta nel quadro normativo entro cui sono inserite le disposizioni regionali che permettono di recuperare a fini abitativi i sottotetti, anche in contrasto con le previsioni dei piani regolatori. Appare lecito prevedere, quindi, che almeno per queste ultime di-
sposizioni il Tribunale Amministrativo ribadirà la richiesta di una pronuncia della Corte Costituzionale, che chiarisca la loro conformità o meno ai princìpi sanciti dagli articoli 3, 97, 101, 102, 103, 104, 114 e 117 della Costituzione. Questo, a meno che nel frattempo non intervengano ulteriori modifiche legislative che comportino un aggiornamento del quadro normativo statale o regionale, e che facciano nuovamente slittare nel tempo la conclusione di questa partita di ping-pong. Una partita che certamente non giova ai cittadini che non amano rischiare, ed agli imprenditori che preferiscono operare sulla base di dati certi e consolidati. W. F.
Il recupero abitativo dei sottotetti: quanti problemi! L’applicazione della Legge regionale 15 luglio 1996 n. 15 genera spesso problematiche ed inconvenienti che probabilmente il legislatore non prevedeva, e che il testo normativo non affronta né tanto meno risolve. In proposito, una lettera apparsa sul numero 12/2002 di “ AL” propone alcuni utilissimi spunti di riflessione, dai quali si può partire per tentare di chiarire alcune ombre di tale legge. Le convenzioni “altius non tollendi” Così come in altri comuni, a Milano vige da anni la regola, oggi sancita dall’articolo 51 del regolamento edilizio, secondo cui “ le corti o i cortili sono preordinati alla ventilazione e illuminazione di ambienti abitabili interni al corpo di fabbrica” , e pertanto “ la loro superficie netta minima deve essere non inferiore ad un quarto di quella delle pareti che li delimitano” . Allo scopo di assicurare il rispetto di questa disposizione, in passato i proprietari di terreni confinanti hanno spesso stipulato convenzioni comunemente denominate “ altius non tollendi” , in virtù delle quali le parti hanno individuato uno spazio da adibire a cortile delle costruzioni previste sulle loro aree, si sono impegnate a non realizzare alcuna costruzione su tale cortile, e si sono altresì impegnate a non realizzare intorno ad esso edifici le cui pareti superino determinate altezze. Laddove si sia in presenza di tali convenzioni, si pone il problema di stabilire se la Legge regionale n. 15/1996 consenta di sopraelevare le costruzioni circostanti per recuperare ad uso abitativo i sottotetti in esse esistenti, anche laddove tale recupero imponga di alzare il tetto in misura tale da superare i limiti d’altezza a suo tempo pattuiti dalle parti. In proposito va anzitutto rilevato,
Le distanze tra fabbricati In via generale, la Legge regionale n. 15/1996 non esclude che la modifica dell’altezza del colmo dei tetti e delle gronde, laddove risulti indispensabile per procedere al recupero abitativo dei sottotetti esistenti, sia realizzata in deroga alle norme locali che disciplinano le distanze tra fabbricati. In proposito, la circolare dell’Assessore regionale all’urbanistica 21 aprile 2000 n. 24 sostiene che “ non ricorre l’obbligo di osservare
le distanze dai confini o tra edifici posti dal P.R.G. o dal Regolamento edilizio fatte comunque salve le distanze minime prescritte dal codice civile da cui non è ammessa deroga” . Tuttavia non va dimenticato che, in certi casi, le norme locali regolamentano le distanze tra gli edifici in funzione della loro altezza. A Milano, per esempio, l’articolo 27.2 del regolamento edilizio stabilisce che, “ ove le fronti finestrate o cieche delle nuove costruzioni vengano progettate in maniera tale da fronteggiare, anche parzialmente, fronti finestrate o a loro volta cieche di edifici preesistenti, il corretto rapporto tra fronte della costruzione ed edifici circostanti deve soddisfare la condizione per cui, in sede di verifica grafica una retta, inclinata di 60° sul piano orizzontale del pavimento del locale abitabile ubicato nella posizione più sfavorevole rispetto allo spazio sul quale prospetta, condotta sull’asse della finestra di quest’ultimo a partire dal paramento esterno della fronte stessa, risulti esterna al profilo degli edifici circostanti, anche di terzi, comprese le sporgenze” . Per le costruzioni da realizzare nelle zone “ C” , inoltre, l’articolo 9 del decreto ministeriale 2 aprile 1968 n. 1444 dispone che, oltre alla distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, “ è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto” . E se è vero che questa disposizione va rispettata in sede di redazione delle normative locali, è altrettanto vero che, qualora un regolamento edilizio contenga una norma non rispettosa del riportato articolo, quest’ultimo si sostituisce automaticamente a tale norma e va comunque rispettato in sede di redazione dei progetti edilizi. In questi casi dunque, poiché le norme locali nel regolamentare le distanze in effetti fissano anche limiti d’altezza delle costruzioni, la modifica dell’altezza del colmo dei tetti e delle gronde è ammissibile solamente se dette norme risultino rispettate. Il recupero dei sottotetti di proprietà condominiale Di solito i contratti di compravendita degli appartamenti compresi in un condominio stabiliscono con precisione se gli spazi compresi nel sottotetto siano di proprietà esclusiva dei singoli condomini, oppure rientrino fra le cose di proprietà comune; quando però questo non accade l’articolo 1117 del codice civile non fornisce un grande aiuto, in quanto non menziona il sottotetto fra le parti comuni di un edificio. In questi casi soccorre invece la giurisprudenza, la quale al riguardo ha chiarito che “ il sottotetto di un edificio può considerarsi una pertinenza dell’appartamento sito all’ultimo piano quando assolva all’esclusiva funzione di isolare e pro-
teggere l’appartamento dal caldo, dal freddo o dall’umidità mediante la creazione di una camera d’aria, non anche quando abbia dimensioni e caratteristiche strutturali, tali da consentirne l’utilizzazione da parte di tutti i condomini come vano autonomo (esempio: deposito, stenditoio, ecc.). In quest’ultima ipotesi, poiché il sottotetto non si comprende tra le parti comuni indicate dall’art. 1117 c.c., la sua appartenenza deve essere determinata in base al titolo. In mancanza l’appartenenza comune si presume dall’oggettiva destinazione all’uso comune anche in via soltanto potenziale” (Corte di Cassazione, Sezione II civile, 7 febbraio 1998 n. 1303; Corte di Cassazione, Sezione II civile, 11 maggio 2000 n. 6027). Laddove quindi il sottotetto sia di proprietà comune, il suo recupero a fini abitativi può avvenire solo nel rispetto dell’articolo 1120 del codice civile, il quale da un lato stabilisce che i condomini, con la maggioranza dei due terzi del valore dell’edificio, “ possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o maggior rendimento delle cose comuni” (primo comma), ma dall’altro precisa che “ sono vietate le innovazioni (...) che rendano talune parti comuni inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino” (secondo comma). Salvo casi del tutto eccezionali, trasformare un sottotetto in appartamento significa sottrarlo all’uso (ed in genere anche al godimento) dei condomini, per cui si deve ritenere che tale innovazione non sia possibile se non con l’assenso di tutti i condomini. La modifica delle parti comuni dell’edificio Il recupero abitativo del sottotetto di proprietà esclusiva, allorquando avviene mediante il sopralzo del tetto preesistente, implica inevitabilmente una modifica delle parti comuni dell’edificio (sicuramente il tetto, e spesso anche le pareti perimetrali del fabbricato). In tal caso viene in evidenza l’articolo 1102 del codice civile, il quale dispone che “ ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa” e, a meno che il regolamento condominiale non contenga una deroga espressa a tale facoltà, senza la necessità del preventivo benestare degli altri condomini. In merito al rapporto tra questa norma ed il già richiamato articolo 1120 del codice civile (il quale disciplina invece le “ innovazioni” ), è stato chiarito che “ a differenza delle innovazioni - configurate dalle nuove opere, le quali immutano la sostanza o alterano la destinazione delle parti comuni, in quanto rendono impossibile l’utilizzazione
secondo la funzione originaria, e che debbono essere deliberate dall’assemblea (art. 1120, comma 1, c.c.) nell’interesse di tutti i partecipanti - le modifiche alle parti comuni dell’edificio contemplate dall’art. 1102 c.c., possono essere apportate dal singolo condomino, nel proprio interesse ed a proprie spese, al fine di conseguire un uso più intenso, sempre che non alterino la destinazione e non impediscano l’altrui pari uso” (Corte di Cassazione, Sezione II civile, 20 febbraio 1997 n. 1554; Corte di Cassazione, Sezione II civile, 11 gennaio 1997 n. 240). L’applicazione di questo principio ha portato la giurisprudenza ad affermare che “ il condomino di un edificio, essendo comproprietario dell’intero muro perimetrale e non della sola parte di esso corrispondente alla sua esclusiva proprietà, può apportare a tale muro, senza bisogno del consenso degli altri partecipanti alla comunione, tutte le modifiche che consentono di trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini” (Corte di Cassazione, Sezione II civile, 4 marzo 1983 n. 1637; Corte di Cassazione, Sezione II civile, 25 settembre 1991 n. 10008; Corte di Cassazione, Sezione II civile, 23 luglio 1979 n. 4408; Corte di Cassazione, Sezione II civile, 23 marzo 1979 n. 1675), e che il condomino proprietario del piano sottostante al tetto comune può aprire su di esso abbaini e finestre - non incompatibili con la sua destinazione naturale - per dare aria e luce alla sua proprietà, purché le opere siano a regola d’arte e non ne pregiudichino la funzione di copertura, né ledano i diritti degli altri condomini sul medesimo” (Corte di Cassazione, Sezione II civile, 12 febbraio 1998 n. 1498). La giurisprudenza ha anche affermato che “ alle ‘modificazioni’ consentite al singolo ex art. 1102, comma 1 cod. civ. cit., (...) si applica (...) il divieto di alterare il decoro architettonico del fabbricato, statuito espressamente dall’articolo 1120, comma 2 cod. civ. in tema di innovazioni” (Cassazione Civile, Sezione II, 29 marzo 1994 n. 3084). Stando a queste pronunce, dunque, il condomino che sopralzi il tetto condominiale per procedere al recupero abitativo del proprio sottotetto non è tenuto a munirsi del preventivo benestare del condominio, sempre che tale operazione non alteri la destinazione della cosa comune, non impedisca agli altri condomini di “ farne parimenti uso” e non leda il decoro architettonico del fabbricato. L’indennizzo per le sopraelevazioni L’articolo 1127 del codice civile stabilisce che “ il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo” (primo comma), e quindi dispone che “ chi fa la so-
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in via generale, che la citata legge regionale permette di derogare “ agli indici o parametri urbanistici ed edilizi previsti dagli strumenti urbanistici generali vigenti ed adottati” , (articolo 3.3), ma non consente di derogare agli accordi contrattuali sottoscritti dai privati cittadini. Nel caso in esame, quindi, per sopralzare il tetto al fine di procedere al recupero abitativo del sottotetto occorre, per prima cosa, che le parti interessate modifichino la convenzione a suo tempo stipulata. Ma questo non basta. L’articolo 2 della Legge regionale n. 15/1996, così come sostituito dall’articolo 6 della Legge regionale 19 novembre 1999 n. 22, prevede infatti che, allo scopo di garantire il rispetto dell’altezza media ponderale prescritta dal precedente articolo 1, “ gli interventi edilizi finalizzati al recupero dei sottotetti possono comportare, (...) ove lo strumento urbanistico generale comunale vigente risulti approvato dopo l’entrata in vigore della Legge regionale 15 aprile 1975 n. 51 (...), modificazioni delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde, purché nei limiti di altezza massima degli edifici posti dallo strumento urbanistico” . Il colmo del tetto e la gronda possono quindi essere innalzati, solo se vengano rispettati i limiti d’altezza fissati dalle norme locali. Ciò premesso, non può sfuggire che il citato articolo 51 del regolamento edilizio di Milano, al pari di analoghe disposizioni contenute in altri regolamenti comunali, nel disciplinare la superficie delle pareti degli edifici in funzione dell’estensione dei relativi cortili, di fatto fissa anche limiti d’altezza delle pareti stesse (la superficie della parete di una costruzione è infatti il prodotto della sua base per la sua altezza). Si deve pertanto concludere che tale norma rientra fra quelle che fissano “ limiti di altezza massima degli edifici” , che quindi essa non è derogabile ai sensi della Legge regionale n. 15/1996, e che dunque per sopralzare il tetto al fine di procedere al recupero abitativo di un sottotetto occorre comunque che non vengano violati i limiti d’altezza, desumibili dall’applicazione delle norme locali che fissano la dimensione minima dei cortili in rapporto all’altezza degli edifici circostanti.
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praelevazione deve corrispondere agli altri condomini un’indennità pari al valore attuale dell’area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani (...) e detratto l’importo della quota a lui spettante” (quarto comma). La giurisprudenza ha giustificato quest’ultima disposizione col fatto che “ la colonna d’aria sovrastante l’edificio condominiale appartiene in proprietà a tutti i condomini, in quanto comproprietari del suolo su cui l’edificio sorge, ed è perciò che nel momento in cui essi ne vengano in parte privati, a seguito di sopraelevazione dello stabile anche se eseguita dal proprietario esclusivo dell’ultimo piano o del lastrico solare - sorge in loro favore il diritto ad essere indennizzati della perdita” (Corte di Cassazione, Sezione II civile, 27 dicembre 1975 n. 4233). Però la giurisprudenza ha altresì chiarito che l’obbligo di indennizzare gli altri condomini “ sorge, peraltro, solo se la sopraelevazione venga realizzata con la creazione di nuovi piani o di nuove fabbriche, poiché (...) è solo la creazione di nuovi piani o di nuove fabbriche che determina un più intenso sfruttamento, da parte del condomino che sopraeleva, dell’area comune su cui sorge il fabbricato, rispetto alla quale la colonna d’aria soprastante costituisce solo una proiezione. Sicché (...) la suddetta responsabilità si configura non in ogni caso di sopraelevazione, intesa come pura e semplice costruzione oltre l’altezza precedente del fabbricato, bensì solo nel caso di costruzione di uno o più nuovi piani o di una o più nuove fabbriche sopra l’ultimo piano dell’edificio, quale che sia il rapporto con l’altezza precedente (cfr. Cass., 30 luglio 1981, n. 4861; Cass., 14 novembre 1991, n. 12173)” (Corte di Cassazione, Sezione II civile, 22 maggio 2000 n. 6643). Stando a queste pronunce, pertanto, si deve concludere che nessun indennizzo deve essere corrisposto agli altri condomini da chi, al fine di procedere al recupero abitativo del proprio sottotetto, si limiti a sopralzare il tetto senza creare un nuovo piano. Le zone “Rx” del Comune di Milano Il piano regolatore di Milano individua alcune zone di completamento, nelle quali l’edificazione realizzata negli anni passati presenta caratteristiche meritevoli di particolare salvaguardia. In queste zone la realizzazione dei sopralzi necessari per recuperare a fini abitativi i sottotetti, laddove avvenga in deroga alle norme del piano regolatore, rischia di compromettere le predette caratteristiche, anche perché l’articolo 1.7 della Legge regionale n. 15/1996 consente ai comuni di “ disporre l’esclusione di parti del territorio dall’applicazione delle presenti norme” , ma questo “ limitatamente alle zone C e D di cui al D.M. 2 aprile 1968” , e quindi non per le zone di completamento.
In proposito, però, va rilevato che l’articolo 28 delle norme del piano regolatore di Milano, relativamente ad alcune zone “ Rx” ritenute maggiormente meritevoli di tutela, fissa l’altezza massima degli edifici (10 metri) ed il numero massimo di piani (“ il numero dei piani non deve superare quello prevalente nell’isolato” ), mentre per le altre zone “ Rx” si limita a fissare l’altezza massima (13,50 metri); purché siano rispettati questi limiti, tale articolo non vieta invece di sopralzare gli edifici esistenti. Se l’innalzamento del tetto preordinato al recupero abitativo di un sottotetto eccede i predetti limiti, dunque, non può essere considerato ammissibile in quanto i “ limiti di altezza massima degli edifici posti dallo strumento urbanistico” non sono derogabili; se invece è contenuto entro gli stessi, da questo punto di vista non risulta ipotizzabile alcuna deroga alle previsioni del piano regolatore. Debora Folisi e Rossana Rossi
Normative e tecniche a cura di Emilio Pizzi e Tiziana Poli
Compensi e onorari del C.T.U. Finalmente buone nuove per i compensi dei C.T.U! Gli importi sono stati infatti rivalutati, e non di poco, con un Decreto del Ministero della Giustizia del 30 maggio 2002, che ha adeguato i compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici e traduttori per le operazioni eseguite su disposizione dell’autorità giudiziaria in materia civile e penale. La legge di riferimento (Legge 8 luglio 1980, n. 319), analizzata nel precedente articolo (“ AL” n. 4, 2002), prevede difatti che gli onorari fissi, variabili o a vacazione possano essere adeguati in relazione alla variazione accertata dall’Istat dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatesi nel triennio precedente. Gli adeguamenti, susseguitisi negli ultimi anni, prevedevano solo difatti la rivalutazione dell’onorario a vacazione, ovvero per ogni due ore di attività professionale, mentre per gli onorari a percentuale, utilizzati per gli incarichi in ambito sia di estimo (valutazione e stime immobiliari, cespiti, ecc.), sia di consulenza in materia di costruzioni edili (stima delle opere realizzate, di danni subiti, costi di ripristino dei vizi e difetti, ecc.), le aliquote per scaglione non sono state modificate sino al varo del Decreto Ministeriale del 30 maggio 2002.
L’adeguamento dei compensi a percentuale, veniva automaticamente determinato dall’aumento, anno per anno, dei costi necessari per l’esecuzione delle opere di ripristino, o del valore degli immobili oggetto di stima. Con l’ultimo decreto invece sono stati rideterminati sia gli onorari a vacazione nella misura di € 14,68 per la prima vacazione, e di € 8,15 per ciascuna delle vacazioni successive (con un aumento del 15%), sia le aliquote per scaglione previste per le Consulenze tecniche d’Ufficio, nei casi in cui il Tribunale richieda una stima economica del bene o opera oggetto di causa. Il Legislatore non ha invece previsto di rivalutare anche l’importo massimo a cui va applicata l’aliquot a che è rimast o di € 516.456,90 (pari a Lit . 1.000.000.000). Per stime con importi superiori, che sono frequenti in perizie di danni che interessano interi edifici, o valutazioni di unità immobiliari a destinazione d’uso commerciale e/o terziario o edifici di proprietà di società su quali gravano ipoteche, pignoramenti e/o dichiarazioni di fallimento, ecc., la normativa di fatto impedirebbe di determinare l’onorario del C.T.U. sul valore effettivo accertato o richiesto, ma solo sull’importo massimo consentito di € 516.456,90 (ex art. 11 e 13 D.M. 30 maggio 2002).
Art. 11 Per la perizia o la consulenza tecnica in materia di costruzioni edilizie, impianti industriali, impianti di servizi generali, impianti elettrici, macchine isolate e loro parti, ferrovie, strade e canali, opere idrauliche, acquedotti e fognature, ponti, manufatti isolati e strutture speciali, progetti di bonifica agraria e simili, spetta al perito o al consulente tecnico un onorario a percentuale calcolato per scaglioni: fino a €
5.164,57
dal 6,5686% al 13,1531%
da
€
5.164,58 fino a € 10.329,14 dal 4,6896% al 9,3951%
da
€ 10.329,15 fino a € 25.822,84 dal 3,7580% al 7,5160%
da
€ 25.822,85 fino a € 51.645,69 dal 2,8106% al 5,6370%
da
€ 51.645,70 fino a € 103.291,38 dal 1,8790% al 3,7580%
da
€ 103.291,39 fino a € 258.228,45 dal 0,9316% al 1,8790%
da
€ 258.228,46 fino e non oltre a € 516.456,90 dal 0,2353% al 0,4705%
È in ogni caso dovuto un compenso non inferiore a € 145,12
valori millesimali da attribuire ad ogni singola unità immobiliare. Impensabile pensare che, a detta degli stessi Giudici, tutte queste attività svolte in parte anche con collaboratori esterni possano determinare, anche un compenso professionale massimo di € 970,42!, il che indica la poca attenzione o comunque la scarsa considerazione che viene data alla professione di C.T.U. che invece ha molte responsabilità (in quanto concorre a determinare l’esito di un processo) che devono essere riconosciute anche dal punto di vista economico. In suddetti casi, tenuto conto delle articolate e differenti attività svolte e sopra descritte, il C.T.U. può richiedere al Giudice di non applicare l’art. 16 relativo alla redazione di tabelle millesimali, ma bensì gli onorari a vacazione (art. 1 D.M. 30 maggio 2002). Negli ultimi anni ho rilevato tra l’altro l’aumento considerevole delle C.T.U. in merito alla valutazione delle attività professionali svolte da colleghi progettisti e o Direttori di Lavori, con successiva determinazione e/o verifica della congruità degli onorari richiesti. Incarico assai gravoso e spesso ingrato, il cui svolgimento comporta la verifica puntuale di tutti gli elaborati predisposti dai tecnici contestati, la valutazione delle opere edili eseguite o previste (in caso di incarichi parziali per progettazione di massima o esecutiva successivamente non realizzata), e infine la determinazione e/o verifica degli onorari richiesti. La determinazione del compenso in qualità di C.T.U. è di difficile individuazione, in quanto non sempre è richiesta la stima degli interventi edili per cui il professionista richiede la determinazione del proprio onorario: difatti l’importo delle opere edili realizzate potrebbe essere già riportato negli atti di causa e comunque desumibile sia dalla contabilità di cantiere sia dalle successive fat-
Art. 13 Per la perizia o la consulenza tecnica in materia di estimo spetta al perito o al consulente tecnico un onorario a percentuale calcolato per scaglioni sull’importo stimato: fino a €
5.164,57
dal 1,0264% al 2,0685%
da
€
5.164,58 fino a € 10.329,14 dal 0,9316% al 1,8790%
da
€ 10.329,15 fino a € 25.822,84 dal 0,8369% al 1,6895%
da
€ 25.822,85 fino a € 51.645,69 dal 0,5684% al 1,1211%
da
€ 51.645,70 fino a € 103.291,38 dal 0,3790% al 0,7579%
da
€ 103.291,39 fino a € 258.228,45 dal 0,2842% al 0,5684%
da
€ 258.228,46 fino e non oltre a € 516.456,90
dal 0,0474% al 0,0947%
Nel caso di stima sommaria spetta al perito o al consulente tecnico un onorario determinato ai sensi del comma precedente e ridotto alla metà; nel caso di semplice giudizio di stima lo stesso è ridotto di due terzi. È in ogni caso dovuto un compenso non inferiore a € 145,12
ture emesse dalle Imprese realizzatrici, ecc. Per cui al C.T.U. viene richiesto di calcolare o verificare l’onorario del Tecnico incaricato secondo la Tariffa professionale in vigore di riferimento. Ne consegue che il C.T.U. non può applicare per il calcolo del proprio onorario né l’art. 11 del D.M. 30 maggio 2002, relativo come abbiamo visto a perizie di valutazione di danni, vizi e difetti in abito edile, né il successivo art. 13 inerente le stime immobiliari. In suddetti casi, previo aver richiesto delle conferme di interpretazione ai G.U. assegnatari delle cause, è stato ritenuto di poter far rientrare suddetti incarichi in quelli previsti dall’art. 2 D.M. 30.5.02, relativi alle perizie in materia amministrativa, contabile, fiscale. L’importo dell’onorario del C.T.U. verrà quindi calcolato a scaglioni, con percentuali fino a € 5.164,57 da 4,6896 a 9,35951% ; e per il massimo consentito di € 516.456,90 da 0,4737 a 0,9474% . Non va comunque dimenticato che la determinazione dell’ onorario del C.T.U. deve essere poi liquidata dal G.U., attraverso un decreto di liquidazione, che indica oltre all’importo determinato dal G.U., sia per l’onorario, sia per le spese sostenute, anche a carico di quale parte deve essere sostenuta la spesa del C.T.U. In ambito penale invece i fondi e spese e il successivo saldo delle compente del C.T.U. vengono anticipate dallo Stato; i tempi dei pagamenti ovviamente si dilatano e quindi occorre munirsi di molta pazienza. Nei casi in cui il C.T.U. riesca ad ottenere una conciliazione tra le parti con la sottoscrizione di un accordo transattivo, l’onorario delle proprie competenze può essere determinato sia sottoponendole al G.U. che provvederà come qui sopra indicato, oppure, essendo comunque un’accordo extra giudiziale, presentando personalmente alle parti la notula proforma per l’incarico svolto. In quest’ultimo caso l’onorario può essere stabilito sia a vacazione in funzione del tempo impiegato, sia a percentuale, applicando le tariffe professionali vigenti (ex D.M. 11 giugno 1987 n.. 233) e non quelle previste per le attività svolte su disposizione dell’autorità giudiziaria in materia penale e civile (ex Legge 8 luglio 1980, n. 319). Vi sono inoltre alcuni incarichi in cui al C.T.U. viene richiesto di svolgere mansioni che non sono completamente affini alle proprie specializzazioni, ma che vengono richieste dalle autorità giudiziarie per tutelare i beni oggetto di causa. Difatti, nel settore delle valutazioni di immobili soggetti a pignoramenti e a successiva vendita all’asta in casi molto specifici e per fortuna rari, il Giudice può affidare al C.T.U. il compito di divenire custode dei beni, soggetto che ha il compito di tutelare il bene immobiliare da eventuali azioni,
promosse spesso da una delle parti in causa, di distruzione o che possano in qualche modo comprometterne la sussistenza. Per detti incarichi la tariffa professionale degli architetti, ingegneri o di altri professionisti nel settore tecnico-edilizio, non prevede specifiche né in ambito giudiziario, né extra giudiziario, per cui nei casi in cui si debbano svolgere mansioni per cui non vi è un riferimento tariffario, il C.T.U. può richiedere che venga applicata la tariffa prevista per altre categorie professionali, che invece di solito svolgono suddette attività, quali ad esempio i dottori commercialisti che fungono spesso la funzione di custodi di beni e/o curatori fallimentari nell’ambito delle cause civili per fallimento di attività, imprese, ecc.
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Margherita Bolchini Consulente Tecnico del Tribunale di Milano
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Caso particolare è quello che riguarda la predisposizione di tabelle millesimali di proprietà (tabella A) per il riparto delle spese condominiali, la determinazione dell’equo canone, la stima dei danni da incendio e grandine per le quali il Legislatore ha indicato un compenso minimo di € 145,12 e massimo di € 970,42! (ex art. 16 D.M. 30 giugno 2002). Ritengo possa essere esempio emblematico di C.T.U. per la predisposizione di nuove tabelle millesimali di proprietà, la relazione che ho recentemente depositato presso una Sezione Civile del Tribunale di Milano che riguardava un Condominio composto da due edifici di 9 piani ciascuno con un totale di circa 80 appartamenti e annesse pertinenze (box, cantine, ecc.), in cui i locali sottotetti erano stati trasformati in 10 appartamenti, con la necessità di aggiornare le tabelle millesimali esistenti. Durante l’incarico, che è durato complessivamente circa 12 mesi, sono stati effettuati i rilievi di tutti gli appartamenti per accertarne la relativa superficie netta, sono stati successivamente individuati i coefficienti particolari e globali per introdurre nel calcolo di ciascuna quota quegli elementi qualitativi e posizionali che concorrono a determinare il valore di ciascuna unità immobiliare. Individuati i valori dei coefficienti di cui sopra, è stato predisposta una scheda di calcolo per ogni unità immobiliare, nella quale sono riportate le superfici rilevate, i coefficienti particolari e globali, e la superficie di calcolo ottenuta. Successivamente è stata elaborata la tabella riepilogativa (tabella millesimale di proprietà generale Tab. A) in cui sono riportati i dati identificativi di ogni unità immobiliare (nominativo del proprietario, piano), la destinazione d’uso (appartamento, cantine, box, laboratori, ecc.), la superficie reale e quella di calcolo precedentemente ottenuta, ed infine i nuovi
Organizzazione professionale a cura di Ilario Boniello
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Progettazione esecutiva Una analisi esaustiva dei processi di progettazione e di costruzione oggi deve necessariamente fare riferimento a una prospettiva ed a un contesto internazionale. Solo così sarà possibile evidenziare le potenzialità e i limiti che si profilano per un costruire che si confronti con questioni connesse a metodi industrializzati di produzione, a concetti uniformati di qualità, a valutazioni di impatto ambientale e a normative comunitarie. In quest’ottica, assunta coscienza del contesto nel quale il progetto si colloca e con il quale si confronta, risulta decisiva la messa a punto degli strumenti e dei metodi con i quali operare. L’attività edificatoria all’interno di sistemi ad alta complessità, richiede capacità di programmazione e assunzione di responsabilità volte a garantire qualità e uniformità a criteri di efficienza ed efficacia, fondate su procedure improntate a tempestività, trasparenza e correttezza, nel rispetto del diritto comunitario e della libera concorrenza tra gli operatori. I soggetti esecutori devono improntare la loro attività ai princìpi della qualità, della professionalità e della correttezza e i prodotti, i processi, i servizi e i sistemi di qualità aziendali impiegati devono periodicamente essere sottoposti a verifica. Ciò per garantire requisiti di ordine generale, tecnico-organizzativi ed economico-finaziari nonché quelli relativi alla regolarità contributiva e contrattuale, in rapporto all’entità e alla tipologia dei lavori. Progetto come processo La costruzione di un organismo edilizio, concepita in termini di processo di progettazione e di produzione, prevede una sequenza di fasi operative, organizzative e gestionali coerenti e coordinate che portano dal rilevamento delle esigenze al loro soddisfacimento in termini di produzione edilizia. La progettazione, nel rispetto dei vincoli esistenti preventivamente accertati e dei limiti di spesa prestabiliti, si articola su tre livelli di successivi approfondimenti tecnici. Nel progetto preliminare vengono definite le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori, il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire. Il progetto de-
finitivo individua compiutamente i lavori da realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto preliminare e contiene tutti gli elementi necessari ai fini del rilascio delle prescritte autorizzazioni e approvazioni. Il progetto esecutivo, infine, redatto in conformità al progetto definitivo, determina, in ogni dettaglio, i lavori da realizzare e il relativo costo previsto e deve essere sviluppato ad un livello di definizione tale da consentire che ogni elemento sia identificabile in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo. In particolare il progetto esecutivo è costituito dall’insieme delle relazioni, dei calcoli esecutivi, delle strutture, degli impianti, degli elaborati grafici, nelle scale adeguate, compresi gli eventuali particolari costruttivi, dal capitolato speciale di appalto, prestazionale o descrittivo, dal computo metrico estimativo e dall’elenco dei prezzi unitari. Il progetto esecutivo, inoltre, deve essere corredato da apposito piano di manutenzione dell’opera e delle sue parti. La sequenza, espressa attraverso la suddivisione di fasi ben distinte del processo di progettazione mette in evidenza la discrasia tra il quadro sopra descritto e la realtà dei fatti. Spesso, infatti, i progettisti delegano al cantiere le scelte tecniche, determinando uno scollamento tra progetto architettonico e progetto esecutivo. La delega alle imprese di ogni decisione operativa, determina una sostanziale irresponsabilità tecnica e una definitiva estraneità del prodotto edilizio alla fase preliminare di progettazione. Questo aspetto ha portato molto spesso a risultati finali lontani, in termini qualitativi, dalle attese del progetto. L’assenza di una fase di progettazione esecutiva e di programmazione operativa fa sì che l’effettiva qualità venga decisa di fatto da chi esegue le parti o l’insieme dell’edificio. Tutto questo risulta in evidente contrasto con l’idea di assicurare il coordinamento di tutte le fasi del processo edificatorio. Per questi motivi è indispensabile che il progettista assuma coscienza e competenza rispetto alle questioni tecniche e tecnologiche, procedurali e normative, affinché il processo di progettazione e di costruzione possa seguire un ordine
razionale e prendere in considerazione ogni aspetto della costruzione senza demandare al cantiere la soluzione di alcun problema. La progettazione dovrebbe intervenire prima, in relazione alle fasi decisionali, effettuando delle scelte preventive, poi attraverso scelte operative definitive e quindi funzionali alle reali condizioni del contesto di intervento in modo da assicurare il coordinamento della esecuzione dei lavori. È tanto più importante acquisire competenza tecnica e operativa nel momento in cui il progettista deve rispondere personalmente dei danni provocati da errori nella progettazione esecutiva, assumendo in prima persona i rischi che la responsabilità comporta. I titolari di incarichi di progettazione, infatti, sono responsabili per i danni subìti dalle stazioni appaltanti in conseguenza di errori o di omissioni della progettazione esecutiva; considerando errore o omissione di progettazione l’inadeguata valutazione dello stato di fatto, la mancata o erronea identificazione della normativa tecnica vincolante per la progettazione, il mancato rispetto dei requisiti funzionali ed economici prestabiliti e risultanti da prova scritta, la violazione delle norme di diligenza nella predisposizione degli elaborati progettuali esecutivi. Naturalmente i progettisti possono munirsi di una polizza di responsabilità civile professionale per i rischi derivanti dallo svolgimento delle attività di propria competenza, tuttavia la migliore precauzione è rappresentata da una adeguata preparazione personale maturata attraverso l’esperienza, l’aggiornamento e la formazione o, in alternativa, attraverso la collaborazione con figure complementari specializzate nella elaborazione e nella stesura dei documenti tecnici esecutivi e nella gestione del processo di progettazione e di costruzione. Progetto esecutivo Il progetto esecutivo costituisce la connessione essenziale tra le fasi decisionali riferite alle caratteristiche funzionali e tecniche della costruzione e le fasi decisionali riferite alle modalità di esecuzione in cantiere. Esso indica le modalità tecniche e produttive di ogni operazione costruttiva, predisponendo gli elementi costruttivi e i materiali necessari, e definisce la programmazione generale e specifica per ogni operazione operativa dell’intero processo di produzione. Il progetto esecutivo si configura come insieme organizzato delle informazioni necessarie per eseguire il processo di produzione e di costruzione, fornendo istruzioni certe e precise a tutti gli operatori della fase esecutiva su tutte le azioni da compiere per la realizzazione dell’organismo edilizio. Condizione necessaria è la messa a punto di uno strumento di comunicazione completo, affidabile e facilmente accessibile per gli operatori di cantiere, basato sulla ste-
sura completa e precisa dei documenti (grafici e descrittivi) finalizzati all’attivazione del processo di costruzione. Gli elaborati grafici tradizionali (piante e sezioni di localizzazione, disegni di elementi tecnici e di assemblaggio) devono essere integrati da disegni di sintesi e da dettagli di interfaccia che permettano di approfondire la coerenza della struttura organizzativa. Questi disegni di esplicitazione della soluzione organizzativa e tecnica, possono essere raccolti in un quaderno di dettagli che illustra in maniera semplice le interfacce tecniche. Esso, dopo la selezione degli operatori, può essere ulteriormente approfondito e aggiornato in funzione delle necessità emerse durante le operazioni di cantiere. I documenti grafici e descrittivi devono poter essere modificati, completati e integrati da piani di esecuzione durante lo svolgimento delle sequenze costruttive, in seguito all’analisi, effettuata “ sul campo” , delle fasi e dei procedimenti costruttivi. In questa fase di adattamento del progetto esecutivo è opportuno che l’analisi e la verifica degli elaborati sia estesa alla gestione delle interfacce con le operazioni relative alle sistemazioni esterne e ai servizi di concessione quali acqua, gas, elettricità, sollecitando l’adesione alla fase esecutiva dei tecnici preposti. In questa fase si predispongono anche i documenti di progetto relativi alle strutture e agli impianti. La specializzazione e la rappresentazione tematica richiesta al progetto esecutivo si strutturano attraverso, disegni di localizzazione, disegni di informazione, disegni di costruzione e/o di assemblaggio, disegni di produzione. In relazione con la complessità tecnica produttiva ed esecutiva riscontrabile all’interno del cantiere, si richiede l’elaborazione di un progetto esecutivo completo che consenta di effettuare: • la suddivisione della fase esecutiva in sottosistemi, in modo che ogni operazione preveda l’assegnazione e, se necessario, l’integrazione delle risorse e dei compiti costruttivi per la realizzazione; • l’analisi delle interfacce di tipo tecnico, all’interno di una preparazione minuziosa dell’esecuzione, da effettuarsi durante la fase che intercorre tra la formalizzazione dell’aggiudicazione dell’appalto e la consegna dei lavori, che coincide con l’avvio del cantiere (sequenza zero); • la verifica dell’attuazione del programma e dell’efficacia delle operazioni di cantiere attraverso procedure di accettazione e di controllo delle sequenze costruttive contigue. Programma operativo L’elaborazione di queste schede, che sono strumenti di gestione della qualità, deve essere effettuata durante la fase di preparazione del cantiere, congiuntamente dai progettisti e dagli operatori di cantiere. La strategia di controllo dei compiti co-
umane e organizzative. In particolare, la fase di progettazione operativa è rivolta a costituire l’insieme di tutte le indicazioni e le precisazioni, espresse in forma descrittiva e/o grafica, riferite ai procedimenti elementari di realizzazione e di messa in opera dei sottosistemi tecnologici e delle loro parti, riguardanti la fabbricazione di elementi e di componenti fuori opera (prefabbricati) e le fasi di lavorazione e di montaggio di cantiere. In ogni intervento edilizio bisogna individuare per le varie parti del sistema tecnologico, le modalità esecutive più idonee al caso in termini di tecniche di realizzazione, uso di attrezzature e mezzi, impiego di manodopera specializzata e non. Il programma operativo si articola in piani operativi riferiti ai vari sottosistemi tecnologici, coordinati tra di loro in base alla complessiva pianificazione operativa dell’intervento. Ogni piano operativo, contenente le istruzioni e le prescrizioni sui procedimenti di esecuzione in opera o in officina e/o di montaggio di componenti prefabbricati, deve essere integrato da indicazioni sulle misure e sui dispositivi in grado di garantire il regolare svolgimento delle varie attività in condizioni di sicurezza. Ogni sottosistema tecnologico sarà oggetto di formulazione di un piano operativo particolare, articolato per piani operativi elementari (di fabbricazione fuori opera, di connessione, di montaggio e di interfaccia tecnica e organizzativa). Si tratta di individuare le modalità di realizzazione capaci di soddisfare le attese qualitative espresse in tutte le precedenti fasi di progettazione, ottimizzando le risorse umane ed economiche. La qualità operativa da un lato riguarda la capacità di un prodotto di soddisfare i livelli attesi di un programma prestazionale riferito alla riduzione delle risorse e dei tempi necessari al suo trattamento (aspetti relativi alla sicurezza degli operatori di cantiere, esprimibili in termini di incolumità, salute, igiene), dall’altro si riferisce alla possibilità di ottemperare ai livelli qualitativi espressi dalle condizioni di accettazione dei vari piani operativi, mediante opportune specificazioni tecniche (congruità rispetto ai livelli qualitativi espressi nelle precedenti fasi di progettazione). La qualità finale reale dipende strettamente dagli aspetti operativi della vicenda edilizia nella misura in cui la progettazione operativa riesce ad incidere positivamente sul divario tra ciò che è stato realizzato e le attese in tutte le precedenti fasi di progettazione. Pianificazione gestionale e manutentiva Il programma operativo, esaurita la sua funzione di strumento di guida e di controllo delle fasi esecutive, diventa anche una “ memoria storica” di tutte le fasi di esecuzione, utilizzabile al momento della gestione e, in particolare, durante le operazioni di manutenzione. La pianificazione gestionale e ma-
nutentiva, così come prevista dalla normativa, di un singolo edificio o di complessi parchi edilizi deve essere intesa come definizione delle risorse (temporali, economiche, operative), in grado di stabilire le procedure di sicurezza per la realizzazione dell’opera e nel contempo come individuazione delle metodologie manutentive. Queste considerazioni dovrebbero “ influenzare” e guidare le scelte progettuali in funzione di una migliorare manutenibilità del complesso edilizio, anche ai fini del miglioramento della salubrità e sicurezza di utilizzo da parte degli utenti e della sicurezza di intervento da parte del personale addetto alla gestione e manutenzione delle strutture. Nel contesto delle fasi di conduzione degli edifici (sia dal punto di vista architettonico che impiantistico) molte delle operazioni di gestione e di manutenzione propongono questioni più o meno evidenti per quanto concerne l’usuale svolgimento delle normali funzioni lavorative degli utenti. La salvaguardia della salute e della sicurezza del lavoratore non deve essere rivolta solamente alle problematiche connesse all’operatore preposto allo svolgimento degli interventi edilizi, bensì anche alla protezione in generale delle persone presenti all’interno delle strutture. L’analisi del dispositivo di legge oggi in vigore mette in luce la necessità di definire ed estendere alle fasi di progettazione e conduzione di un edificio e dei suoi componenti, metodi e strumenti atti a garantire la sicurezza e l’aggiornamento della documentazione connessa all’edificio stesso. Secondo queste disposizioni vengono assegnate precise responsabilità per ognuna delle figure presenti nel contesto del processo edilizio, inoltre vengono definiti strumenti aggiornabili atti a fornire le conoscenze necessarie per la sicurezza degli operatori della manutenzione e gestione oltre che degli utenti delle strutture. Durante la progettazione esecutiva dell’opera il coordinatore per la progettazione predispone un fascicolo contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e protezione dei rischi cui sono esposti i lavoratori, tenendo conto delle specifiche norme di buona tecnica. Tale fascicolo è preso in considerazione all’atto di eventuali lavori successivi sull’opera. Raramente oggi il progettista si fa carico di fornire le informazioni di conduzione connesse alle strutture realizzate, nozioni in gran parte riconducibili alle scelte tecnologiche e progettuali messe in atto durante le fasi di definizione e progettazione dell’opera. La raccolta ordinata di queste informazioni rappresenta un passo avanti verso la regolamentazione dei contenuti progettuali che devono venire forniti al cliente, garantendo quindi un prodotto esaustivo non solo per quanto riguarda la realizzazione dell’opera ma anche la descrizione delle procedure di utilizzo e di manutenzione delle strutture commissio-
nate. Si deve comunque considerare come le operazioni connesse alla conduzione di strutture edilizie, possano presentare problemi di sicurezza assolutamente analoghi alle consuete operazioni di cantiere e in quanto tali abbiano la stessa necessità di essere organizzate in modo corretto e funzionale applicando i normali strumenti di programmazione e controllo disponibili nel campo della produzione edilizia. È quindi doveroso far rientrare nelle misure generali di tutela anche quelle disposizioni di non immediato utilizzo nel cantiere di costruzione ma che serviranno alle proprietà e agli utenti per un corretto agire nel corso di vita utile degli edifici. Questo insieme di nozioni “ operative” devono essere raccordate all’insieme di operazioni contenute in un apposito “ manuale di manutenzione e gestione” (conduzione) da realizzare durante lo svolgimento delle fasi di progettazione ed esecuzione delle opere e da fornire alla proprietà alla consegna delle strutture edificate, in forma di documentazione di accompagnamento al collaudo delle opere. L’insieme delle conoscenze così fornite può garantire, da una parte la completa conoscenza tecnico-architettonica del manufatto edilizio, dall’altra la corretta esecuzione degli interventi manutentivi e gestionali, permettendo un migliore svolgimento della vita utile dell’edificio e delle sue componenti. Si deve quindi prevedere la compilazione, fin dalle prime fasi di realizzazione dell’opera, di opportuni documenti, i primi descrittivi delle opere di manutenzione (ordinaria e straordinaria) previste per l’edificio, i secondi che fungano da “ registro di localizzazione” dell’insieme di informazioni utili allo svolgimento delle funzioni di conduzione previste. I dati raccolti, da mantenere aggiornati, devono riguardare le scelte tecnologiche effettuate in fase di progettazione ed esecuzione delle opere, come pure le informazioni connesse al normale utilizzo e deterioramento dei materiali nel tempo, prendendo in considerazione le future necessità e/o opportunità di ristrutturazione e/o riqualificazione degli edifici. Conclusioni L’analisi dell’intero processo di progettazione e di costruzione evidenzia come il costruire contemporaneo non riguardi più solo le scelte architettoniche o solo le tecniche esecutive, ma debba occuparsi anche della loro organizzazione. Occorre altresì osservare come un effettivo e puntuale coordinamento tra le diverse fasi del processo obblighi a considerare un edificio come un qualsiasi altro prodotto industriale, la cui realizzazione dipende da imprese qualificate, da fornitori di prodotti certificati e, soprattutto, da progettisti portatori di un sapere tecnico effettivo e in grado di proporre soluzioni adeguate. Gabriele Nizzi
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struttivi, a livello progettuale, deve focalizzarsi sulla verifica di tutti i dettagli e sulla verifica di fattibilità sia tecnica che organizzativa, al fine di esaminare e di semplificare le operazioni di cantiere attribuite a ogni operatore edile. La determinazione delle parti e degli elementi costruttivi da assemblare in opera o da montare in modo meccanico, permettono di definire la struttura organizzativa di base e il programma operativo, mentre la scomposizione dell’organismo edilizio in sottosistemi tecnologici consente di effettuare un approfondimento progressivo e una verifica di ciascuna fase di sviluppo del progetto edilizio. La frammentazione in subsistemi funzionali, anche se esasperata, consente il controllo centrale da parte del progettista o del gruppo di progettazione e questa possibilità permette di rispettare i criteri prestazionali stabiliti e contrattati nelle fasi di progettazione precedenti, assicurando la qualità prevista del prodotto finale, il rispetto della programmazione e il controllo dei costi. La suddivisione della costruzione in sistemi tecnologici si basa sulla concezione dell’organismo edilizio sia come insieme di elementi costruttivi che devono essere posti in relazione tra loro in modo coordinato e in dipendenza reciproca, sia come insieme organizzato di elementi spaziali e tecnici di un sistema edilizio, progettati o adottati in modo unitario secondo una specifica funzione. Questa articolazione dell’organismo edilizio comporta anche la suddivisione delle operazioni di cantiere in sottosistemi: si prevede che ciascuna parte della fase esecutiva sia costituita da un sottoinsieme del processo di costruzione coerente e autonomo, sia temporalmente che spazialmente, tale da permettere agli operatori incaricati della sua realizzazione di eseguire tutti i compiti costruttivi assegnati, in modo continuo e senza interdipendenze reciproche con altri operatori. Secondo questa impostazione ciascuna sequenza consente la piena e continua utilizzazione degli operatori (senza tempi “ morti” improduttivi), evitando che si formino interdipendenze reciproche che possono generare disfunzioni organizzative. La fase di progettazione operativa è finalizzata a precisare un insieme di operazioni attraverso le quali si passa dalla elaborazione progettuale degli obiettivi alla loro realizzazione. Consiste nella precisazione di riferimenti per la guida e il controllo delle fasi di esecuzione dell’organismo edilizio, tramite l’applicazione di procedure atte a garantire la rispondenza del costruito al progetto. Questa fase dell’iter progettuale è finalizzata alla realizzazione di un programma che integri razionalmente la disposizione degli operatori edili, dei procedimenti e dei metodi di fabbricazione e al coordinamento sia delle risorse tecniche ed economiche disponibili, sia delle risorse
Strumenti a cura di Manuela Oglialoro e Camillo Onorato
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Leggi G.U. n. 280 del 29.11.2002 - Serie generale Deliberazione 29 settembre 2002 Legge n. 388/2000, art. 109 modificato dall’art. 62 della Legge 488/ 2001 - Fondo per la promozione dello sviluppo sostenibile: modifiche al programma di attività per l’anno finanziario 2001 La misura 3 del programma di attività per l’anno finanziario 2001 del Fondo per la promozione dello sviluppo sostenibile, “ Promozione della ricerca di base applicata, nonché dell’innovazione tecnologica finalizzata alla protezione dell’ambiente, alla riduzione del consumo delle risorse naturali e all’incremento dell’efficienza energetica” è modificata, per un valore pari a 10.329.137,98 Euro. La misura 5, “ Elaborazione di piani di sostenibilità in aree territoriali di particolare interesse dal punto di vista delle relazioni fra i settori economico, sociale e ambientale” è modificata, per un valore pari a 20.658.275,96 Euro. G.U. n. 49 del 7.12.2002 - 3a Serie speciale Disposizioni regolamentari per la prima applicazione in ambito provinciale di norme statali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti, ai sensi dell’art. 55 della Legge provinciale 19 febbraio 2002, n. 1 Il presente regolamento detta le disposizioni nel territorio provinciale delle seguenti norme statali: • decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351 (attuazione della direttiva 96/62 C.E.E. in materia di valutazione e di gestione dell’aria ambiente; • art. 01, comma 3, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235 (norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di energia); • decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepiment o della diret t iva 91/271/C.E.E. concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/C.E.E. re-
lativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole); • decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 (attuazione della direttiva 96/61/C.E.E. relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento). Il presente regolamento contiene inoltre le disposizioni attuative dell’art. 55, comma 3, della Legge provinciale n. 1 del 2002, nonché le norme occorrenti per adeguare la disciplina provinciale concernente le scarico delle acque reflue urbane al decreto legislativo n. 152 del 1999, in conformità alla sentenza della Corte Costituzionale 3-18 dicembre 2001, n. 412. G.U. n. 289 del 10.12.2002 Decreto 30 luglio 2002 Istituzione dei premi “M igliore progetto per una città sostenibile delle bambine e dei bambini 2002” e “Iniziativa più significativa per migliorare l’ambiente urbano con e per i bambini 2002” da assegnarsi ai comuni italiani Il premio “ Migliore progetto per una città sostenibile delle bambine e dei bambini” è assegnabile a tutti i comuni italiani; consiste in una targa riproducente il logo prescelto dal Ministero dell’ambiente, ed è così individuato: 1° premio di Euro 103.291,38; 2° premio di Euro 51.645,69; 3° premio di Euro 25.822,85. I premi sono attribuiti ai comuni che risulteranno al primo, secondo e terzo posto nella graduatoria formata sulla base del punteggio previsto dal presente decreto; sono previste due graduatorie riferite rispettivamente ai comuni con popolazione fino a 50.000 abitanti e ai comuni con popolazione da 50.001 abitanti e oltre. I comuni vincitori utilizzano la somma attribuita dal Ministero dell’ambiente per la prosecuzione o l’attività di iniziative nello stesso ambito tematico. I comuni utilizzano il premio per tutte le funzioni e attività istituzionali di propria competenza. I comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, possono partecipare al premio “ Iniziativa più significativa per migliorare l’ambiente urbano con e per i bambini” . I comuni vincitori formano il “ Coor-
dinamento delle città sostenibili delle bambine e dei bambini. Il coordinamento ha lo scopo di partecipare alla promozione e alla diffusione della conoscenza delle migliori iniziative finora realizzate. G.U. n. 304 del 30.12.2002 -Serie generale Decreto legislativo 6 dicembre 2002, n. 287 Modifiche al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, concernente le strutture organizzative dei Ministeri, nonché i compiti e le funzioni del M inistero dell’ambiente e della tutela del territorio Il presente decreto modifica la struttura organizzativa dei Ministeri. Riguardo il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio vengono attribuite le funzioni relative sulla tutela dell’ambiente, del territorio e dell’ecosistema. G.U. n. 2 del 3.1.2003 - Serie generale Accordo 12 dicembre 2002 Linee guida per la tutela della qualità delle acque destinate al consumo umano e criteri generali per l’individuazione delle aree di salvaguardia delle risorse idriche di cui all’art. 21 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 Il presente accordo reca le linee guida necessarie, ai fini della tutela delle risorse idriche, per la delimitazione delle aree di salvaguardia. In assenza della delimitazione definitiva della zona di rispetto da parte delle Regioni resta ferma l’estensione stabilita ai sensi dell’art. 21, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 1999, pari a 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione. G.U. n. 16 del 21.1.2003 - Serie generale Decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301 M odifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia Il presente decreto apporta modifiche ed integrazioni al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. G.U. n. 17 del 22.1.2003 - Serie generale M odifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, recante testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità Il presente decreto apporta modifiche ed integrazioni al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, ap-
provato con decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327. B.U.R.L. del 17.12.2002 - 1° Suppl. Ordinario al n. 51 Legge regionale 12 dicembre 2002, n. 31 Istituzione del Parco naturale della Valle del Ticino Ai sensi dell’art. 16 ter della Legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 “ Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, di parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale” e successive modifiche e integrazioni, è istituito il Parco naturale lombardo della Valle del Ticino. C. O.
opere da realizzare non siano in contrasto con norme e regolamenti. Bioedilizia
Ambiente Macchine e attrezzature da cantiere, guida alla misurazione del rumore. Negli allegati del D.Lgs 262/ 2002 i criteri per valutare le emissioni (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 16-21 dicembre 2002) Il D.Lgs 262/2002 è chiamato a recepire la direttiva europea sul contenimento del rumore emesso dalle macchine e dalle attrezzature impiegate all’aperto, tra cui un lungo elenco di mezzi impiegati nelle costruzioni. Il decreto fissa al primo gennaio 2003 il limite oltre il quale non potranno più essere commercializzate macchine non conformi alle nuove regole, che impongono un taglio al rumore di circa tre decibel.
Energia, operativi i “paletti” della U.E. per limitare gli sprechi negli edifici (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 20-25 gennaio 2003) I nuovi edifici di oltre mille metri quadrati e gli edifici oggetto di una ristrutturazione di edifici esistenti di più del 25% del valore dello stabile sono interessati da una direttiva comunitaria contro gli sprechi d’energia. In base a precisi parametri, gli Stati membri dovranno elaborare una metodologia per calcolare il rendimento energetico degli edifici e indicare i requisiti minimi da rispettare. La direttiva va recepita dagli Stati membri entro il 4 gennaio 2004. Brevetti
Cambia look il ministero. In G.U. il decreto che definisce le nuove funzioni (da “ Italia Oggi” del 8.1.03) Nuove competenze per il ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio. Il dicastero avrà una struttura più semplice e diretta, di facile accesso ai cittadini e in grado di elaborare efficacemente i programmi governativi e gli indirizzi comunitari così da garantire una corretta gestione dei nuovi compiti assegnati in materia ambientale. Autorizzazioni edilizie Consulenti tecnici d’ufficio per il Tar. Verifica delle autorizzazioni edili (da “ Italia Oggi” del 29.1.03) Il giudice amministrativo può utilizzare lo strumento della consulenza tecnica d’ufficio, al fine di verificare, in sede giurisdizionale, se sia legittimo o meno un provvedimento di diniego di autorizzazione edilizia che il Comune ha emanato nei confronti di un privato. È questo l’interessante principio interpretativo sancito dal Tribunale amministrativo regionale di Napoli, sezione sesta, con ordinanza del 17 gennaio 2003, n. 277. “Zurigo” assicura il rischio super-Dia. Una polizza ad hoc per i professionisti che devono controllare il rispetto di leggi e regolamenti (da “ Edilizia e Territorio” del 13-18 gennaio 2003) Arriva sul mercato una proposta nuova del gruppo assicurativo Zurich con la polizza Merloni per inserire una maggiore tutela giudiziaria del progettista alla luce degli ultimi provvedimenti in materia di edilizia e l’introduzione della copertura per la responsabilità del progettista legato all’utilizzo della super-Dia. La legge 443/2001 (Legge obiettivo) ha semplificato le procedure burocratiche e abbreviato i tempi di rilascio delle autorizzazioni, ma ha accresciuto la responsabilità del progettista al quale spetta di controllare e certificare che gli interventi indicati nella denuncia delle
In arrivo il brevetto europeo. Cinque tasse per la tutela di disegni e modelli (da ” Italia Oggi” del 18.12.02) Operativo il nuovo regime europeo per la tutela di design e modelli. Dal 24 novembre le imprese possono salvaguardare le opere in tutta Europa, ma sono soggette a tasse di registrazione e pubblicazione. Con una sola domanda, presentabile anche da più persone, possono essere tutelati più brevetti. Definite inoltre le modalità di trasferimento delle licenze e le procedure per eventuali contenziosi. In arrivo un registro europeo per disegni e modelli, un certificato di garanzia e un bollettino ufficiale dei brevetti U.E. Edilizia Testo unico, confermate per la Dia tutte le sanzioni penali preesistenti. Guida alle modifiche introdotte con D.Lgs per adeguarlo alla 443/ 2001 (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 23-28 dicembre 2002) Il decreto legislativo è stato elaborato per adeguare il testo unico dell’edilizia alle modifiche introdotte dalla legge obiettivo, in particolare la super-Dia. Tra le novità del testo approvato vi è il fatto che nel caso di interventi in diretta attuazione del P.R.G., la Dia è ammessa anche solo in presenza di indicazioni “ planovolumetriche” e non anche tipologiche, formali e costruttive. T.U. edilizia-espropri. Si definitivo del Cdm (da “ Edilizia e Territorio” del 13-18 gennaio 2003) Entreranno in vigore il 30 giugno 2003 i due testi unici in materia di edilizia approvati definitivamente dal Consiglio dei ministri, in attesa di essere pubblicati in G.U. Poche le novità rispetto alla scorsa versione. Nel caso degli espropri sono state accolte alcune modifiche presentate in Conferenza Stato Regioni, Immodificato invece il D.Lgs sull’edilizia. I due decreti nascono dall’esigenza di adeguare i testi unici sull’edilizia privata e sugli
espropri per pubblica utilità alle novità introdotte dalla Legge obiettivo: l’introduzione della super Dia e il general contractor nelle opere strategiche nazionali. Fisco Arriva l’ondata dei condoni: sanabili le imposte di registro e catastali (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 13-18 gennaio 2003) Arriva una raffica di sanatorie. Gli articoli da 6 a 16 della Finanziaria 2003 prevedono una serie di disposizioni che consentiranno ai contribuenti di regolarizzare la propria posizione con il fisco e di chiudere le liti pendenti. Prevista anche la definizione agevolata delle imposte di registro, ipotecarie, catastali, sulle successioni e donazioni e sull’incremento del valore degli immobili. Viene inoltre istituito il concordato triennale preventivo per le imprese e i professionisti con ricavi o compensi inferiori a cinque milioni di Euro. Lavori pubblici Sette obiezioni U.E. alla nuova M erloni. Proroga di due mesi per rispondere a Bruxelles (da “ Il Sole 24 Ore” del 29.1.03) L’Italia potrà godere di una proroga di due mesi per rispondere alle osservazioni della commissione U.E. sulla riforma della legge quadro in materia di lavori pubblici, la cosiddetta Legge Merloni (109/94). È quanto emerso dalla “ riunione pacchetto” tra i rappresentanti della commissione e quelli del dicastero delle politiche comunitarie. Oltre alla norma sugli affidamenti di incarichi di progettazione senza gara sotto la soglia dei centomila Euro, i rilievi toccano una delle norme fondamentali della riforma: il diritto di prelazione per il promotore in base agli articoli 37-bis e seguenti. Appalti pubblici, il governo varerà una nuova M erloni. Annuncio del viceministro delle infrastrutture, M artinat (da “ Italia Oggi” del 22.1.03) Dopo lo scontro tra Legambiente, Verdi e il governo sulla normativa che regola gli appalti pubblici, il viceministro delle Infrastrutture, Ugo Martinat, ha confermato che il governo intende riscrivere ex novo la Merloni. Peraltro il testo della Merloni è stato già abbastanza modificato nella sostanza dalla Legge Obiettivo e dal Collegato Infrastrutture con i decreti attuativi. Il presidente nazionale di Legambiente, Ermete Realacci, ha comunicato che il ricorso presentato da Legambiente è stato accolto dalla Commissione U.E. Tale ricorso si riferisce sia alla Legge Obiettivo che al Collegato Infrastrutture e riguarda il capitolo degli affidamenti fiduciari di progettazione, in contrasto con i princìpi del trattato europeo sulla libera prestazione di servizi e sulla non discriminazione.
Professione Servizi di ingegneria e architettura: il vademecum per calcolare le tariffe. I chiarimenti forniti dall’Autorità di vigilanza sui compensi dei tecnici (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 16-21 dicembre 2002) L’Autorità di vigilanza ha pubblicato una determinazione con cui spiega le nuove regole sull’aggiudicazione dei servizi di architettura e di ingegneria introdotte dalla Legge 166/2002. I chiarimenti si riferiscono soprattutto al calcolo delle tariffe dei tecnici (architetti, ingegneri, geometri, geologi e periti industriali). I corrispettivi per le prestazioni sono inderogabili. Il ribasso dovrà essere effettuato sulle prestazioni speciali e su quelle accessorie.
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Servizi Edilizia scolastica, entro il 31 marzo il piano per la messa in sicurezza. Assegnati 24 milioni a Milano per la riqualificazione urbana e mobilità (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 13-18 gennaio 2003) Il ministero delle Infrastrutture, di concerto con quello dell’Istruzione, dovrà mettere a punto un piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici, con particolare riguardo per quelli in zone sismiche. Per raggiungere il più ampio consenso sul territorio relativamente alle valorizzazioni immobiliari da realizzare attraverso Pat rimonio Spa, l’ Economia promuoverà conferenze di servizi aperte agli enti locali che hanno interessi su tali beni dello Stato. Urbanistica Urbanistica, consulenze in pericolo. Nella Finanziaria obbligo di gara per la fornitura di servizi (da “ Italia Oggi” del 22.1.03) Servizi di urbanistica affidabili senza gara soltanto per importi inferiori alle 50mila Euro. È questa una delle conseguenze dell’entrata in vigore della Legge Finanziaria per il 2003 che rischia di mettere in crisi un mercato di consulenze fino ad oggi florido e scarsamente soggetto alle regole di evidenza pubblica. L’art. 24 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289 ha infatti introdotto novità. Le norme di maggiore impatto riguardano i comuni con popolazione superiore a 5mila abitanti e amministrazioni che non ricorrono alle convenzioni con Consip spa (sono escluse le cooperative sociali) che adesso sono tenute, “ per ragioni di trasparenza e concorrenza” , quando devono aggiudicare appalti di forniture e servizi di importo superiore a 50mila Euro, ad applicare il pubblico incanto (procedura aperta) o la licitazione privata (procedura ristretta) secondo le modalità previste dalla normativa comunitaria (il D.Lgs 157/95 e 358/92). M. O.
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Milano Deliberazioni della 122a seduta di Consiglio del 16.12.2002 Cancellazioni e movimenti nell’Albo: 11 Cancellazioni su richiesta: Pierluigi Acchiappati (* ); Gianfranco Aguzzi (* ); Claudio Ammendola; Stefania Goglia; Gianni LAvacchini; Ruggero Leccese; Giovanni Loi; Glauco Pazzaglini; Laura Petermaier; Giancarlo Sgarella (* ); Stefania Verrienti. Cancellazione per decesso: Achille Castiglioni (dec. il 2.12.02). Cancellazioni per trasferimento ad altro Albo: Vito Giuseppe Buoio ad Avellino (2.12.02); Michela Pina a Bergamo (5.12.02); Silvia Simoni a Lucca (2.12.02). Inoltre, rilascio n. 3 nulla osta per trasferimento ad altro Albo: Maurizio Antonietti a Como; Giovanni Marin a Verona; Leonardo Reani a Pavia. Inserimento nell’Albo d’Onore: Pierluigi Acchiappatti; Gianfranco Aguzzi; Giancarlo Sgarella Deliberazioni della 124a seduta di Consiglio del 27.1.2003 Domande di prima iscrizione presentate nei mesi di novembre e dicembre 2002 (n. 73, di cui 52 architetti unicamente l.p. e 21 architetti che svolgono altra professione): 13401, Airaghi, Andrea Marco, 13.2.1973, Milano; 13377, Amadesi, Davide, 22.11.1971, Bollate; 13367, Ammerata, Maria Carmela, 1.10.1968, Lecco; 13418, Azzinari, Giuliano, 16.2.1968, Corigliano Calabro; 13404, Besana, Helga, 30.1.1973, Vimercate; 13379, Bestetti, Antonella, 26.9.1972, Milano; 13436, Bianchi, Alessandro, 25.10.1969, Rimini; 13376, Bonecco, Alberto, 1.7.1972, Legnano; 13422, Bonfiglio, Silvia, 29.10.1975, Milano; 13412, Braga, Samanta Maria, 29.9.1972, Rho; 13427, Cabanillas, Diana Veronica, 20.12.1963, Cordoba; 2253, Cappello, Nunzio Luigi, 28.7.1936, Comiso; 13415, Caratti, Francesca, 18.1.1975, Milano; 13421, Casagrande, Valentina, 27.1.1975, Bollate; 13397, Cazzaniga, Luca, 18.10.1975, Carate Brianza; 13435, Celada, Marta, 5.1.1966, Milano; 13395, Cleva, Enrico Glauco, 19.3.1973, Milano; 13383, Colombo (AJ), Paolo, 29.1.1975, Carate Brianza; 13378, Crimella, Francesco, 10.2.1974, Milano; 13434, David, Martina Antonella Micaela, 18.11.1968, Milano; 13369, Degani, Stefania, 24.7.1969, Legnago; 13409, Deluca, Corrado, 21.8.1959, Milano; 13437, Di Guida, Salvatore, 6.8.1967, Napoli; 13441, Donini, Matteo, 8.6.1970, Cesena; 13416, Doniselli, Fabio, 19.1.1970, Bollate; 13438, Dukic, Zdravko, 12.9.1960, Sarajevo; 13406, Ercoli, Graziella, 18.5.1973, Ancona; 13363, Ferrario (PT), Renat o Angelo, 30.1.1976, Milano; 13429, Formenti, Laura, 5.12.1973, Melzo; 13380, Freggia, Cristina, 2.5.1973, Milano; 13398, Gaeta, Valentina Maria, 15.6.1974, Castellammare Di Stabia; 13387, Gajo, Francesca
Simona, 8.6.1974, Milano; 13428, Galanti, Angela, 9.1.1975, Monza; 13405, Gardella, Paolo, 7.4.1970, Milano; 13390, Gariboldi, Giovanna, 1.5.1973, Monza; 13408, Gecchelin, Sara, 20.9.1974, Milano; 6308, Genolini, Luciana, 30.5.1939, Torino; 13431, Gerrat ana, Daniela, 11.2.1971, Milano; 13433, Ghezzi, Matteo Mario, 30.9.1971, Carate Brianza; 13396, Inglima Modica, Fabio, 27.9.1974, Milano; 13423, Levo, Alessandra, 12.10.1975, Milano; 13393, Locatelli, Stefania, 1.6.1972, Milano; 13371, Loglio, Lorenzo, 12.8.1972, Monza; 13420, Longoni, Irene, 21.9.1976, Milano; 13364, Lorenzelli (PT), Valeria, 21.12.1976, Milano; 13392, Maggi, Irene, 29.6.1976, Pietrasanta; 13391, Magnini, Beatrice Lidia, 25.8.1974, Milano; 13386, Marconi, Valentina, 23.4.1972, Brescia; 13382, Marelli, Diego, 2.7.1969, Milano; 13407, Marlia, Andrea Louis, 9.6.1971, Versailles; 13385, Misurelli, Antonella, 20.3.1971, Milano; 13399, Monteverdi, Manuela, 17.10.1969, Milano; 13384, M osca, Andrea, 30.10.1969, Monza; 13424, Nebbioso, Pierluigi, 21.4.1971, Napoli; 13442, Nini, Andrea, 31.1.1964, Roma; 13375, Osculat i, Silvia, 12.5.1977, Monza; 13439, Palezza, Pietro, 24.6.1963, Napoli; 13410, Parini, Matteo Cesare, 17.8.1975, Magenta; 13374, Parma, Giuseppe, 26.1.1968, Desio; 13389, Parma, Tanja Samantha, 15.11.1971, Milano; 13414, Pavese, Mauro Giuseppe Carlo, 18.3.1962, Asti; 13381, Perego, Paola, 19.1.1975, Milano; 13426, Pisanello, Cristina Mariarosa, 23.4.1972, Milano; 13370, Ratti, Luca, 1.6.1967, Vaprio D’Adda; 13372, Reggiani, Raff aella, 21.6.1976, Milano; 13413, Rurali, Teresa, 14.6.1973, Monza; 13417, Sacchi, Tania, 31.7.1973, Lodi; 13373, Salvatores, Paola, 11.2.1975, Varese; 13411, Scaccabarozzi, Chiara, 5.9.1977, Milano; 13400, Schilling, Federico Bernardo, 31.7.1973, Milano; 13368, Spagnuolo, Antonio, 21.11.1969, Avellino; 13365, Suigo (PT), Francesca, 15.3.1977, Legnano; 13388, Torlaschi, Donat ella, 24.3.1973, Milano; 13403, Valente, Oscar Luigi, 22.2.1972, Milano; 13425, Venturelli, Devis, 1.6.1974, Faenza; 13440, Viel, Pat ricia, 29.12.1962, Milano; 13419, Viganò, Annadori, 14.7.1970, Milano; 13432, Villa, Matteo Pietro, 26.5.1973, Busto Arsizio; 13394, Vit ale, Carola Enrica Giuseppina,23.5.1975, Milano; 13430, Yaghoub Racht yan, M onica, 16.6.1973, Milano; 13402, Zanoccoli, Stefania, 11.9.1967, Milano; 13366, Zucchi, Pat rizia, 5.3.1968, Milano; (Legenda: PT Pianificatore territoriale; AJ Architetto junior). Reiscrizione all’Albo: Luciana Genolini. Iscrizioni per trasferimento da altro Albo: Alessandro Bianchi da Pesaro-Urbino; Nunzio Luigi Cappello da Ragusa; Salvatore Di Guida e Pietro Palezza da Napoli; Matteo Donini e Patricia Viel da Varese; Zdravko Dukic da Mantova; Andrea Nini da Roma.
Cancellazioni su richiesta: Enzoaugusto Cefis; Fabrizio Crippa; Nicola Gattia; Paola Ghislanzoni; Giorgio Riva (* ); Luigi Salatino; Francesco Sassu (* ). Cancellazione per decesso: Guido Nardi (dec. il 20.12.02) Cancellazione per trasferimento ad altro Albo: Maurizio Antonietti a Como (8.1.03). Rilascio n. 5 nulla osta per trasferimento ad altro Albo: Emanuela Capuzzo in Fioravanti a Prato; Laura Cazzaniga a Como; Simona Gentili a Roma; Valentina Giannini a La Spezia; Michele Lovotti a Sassari. Inserimento nell’Albo d’Onore: (* ) Giorgio Riva; (* ) Francesco Sassu. Designazioni (Sedute di ottobre, novembre e dicembre 2002) • Commissione Tributaria Regionale della Lombardia. Commissione per il Patrocinio a spese dello Stato presso le Commissioni Tributarie, DPR 115 del 30.5.2002. Sono stati nominati: Davide ASNI, Alberto CIVETTA, Alberto PAVAN, Silvano BENEGGI, Roberto GALBIATI, Mario TAGLIAPIETRA, Sandro BRAMBILLA, Marco MUTTI, Gaetano TRANCHINO, Marco BRISCHETTO, Luca G. PADOVANO • COMUNEDI VIMODRONE. Bando per la presentazione delle candidature per la nomina dei componenti della Commissione Edilizia. Tutela paesistico-ambientale: Giorgio CASATI, Matteo P. CASATI, Rodolfo GUARNASCHELLI; Progettazione architettonica: Antonio Mario AQUINO, Stefano G. ARTIOLI, Stefano ASCORTI; Urbanistica e viabilità: Carlo GIANOTTI. • Procedimento arbitrale tra gli architetti Mario TAGLIAPIETRA - Marco TAGLIAPIETRA e l’Impresa IL PALAZZO S.r.l. È stato nominato l’architetto Piero DE AMICIS quale terzo arbitro con funzioni di Presidente del Collegio Arbitrale. • COMUNE DI SAN DONATO MILANESE. Bando per la presentazione delle candidature per la nomina dei componenti la Commissione Edilizia Progettazione Architettonica: Giandomenico BELOTTI, Paolo Renato MAZZON, Maurizio Camillo SALA; Esperto in Tecnologie Edilizie: Claudio IANNOTTI, Marco SCAMPORRINO; Storia dell’Architettura Urbana Contemporanea: Alberto CARUSO, Eugenio PAOLETTO; Abolizione delle Barriere Architettoniche: Beatrice BONGIOVANNI; Tutela Paesistico-Ambientale: Guido FOCHI, Enrico MERCATALI, Enrica RABUFFETTI. • POLITECNICO DI MILANO, Facoltà di Architettura Campus Leonardo. Richiesta di nominativi dei rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Architettura nei giorni 19-20 dicembre 2002. Sono stati nominati: Ia Commissione: Franco GALAVOTTI; IIa Commissione: Chiara Maria FREYRIE; IIIa Commissione: Luigi CAREGNATO; IVa Commissione: Silvana CAFFARO RORE; Va Commissione: Marco VI-
Nuovo modulo ASL per progetti edilizi Il Dipartimento di Prevenzione della Unità Operativa Dipartimentale Igiene Edilizia ha comunicato all’Ordine degli Architetti di Milano l’adozione di un nuovo modulo ASL per progetti edilizi e la modifica della tariffe per le prestazioni richieste da terzi per pareri igienico sanitari edilizi. La modifica fa seguito alla delibera 1803 del 24/12/02 della ASL Città di Milano. Dal 1 Febbraio il nuovo modulo con indicazione delle tariffe per l’esame dei progetti edilizi è reperibile presso gli uff ici compet ent i e sul sit o http://www.asl.milano.it
Dalla Consulta
Il nuovo sito della Consulta: www.consultalombardia. archiworld.it
Il Consiglio direttivo della Consulta ha deliberato di voler perseguire una politica di valorizzazione e di rilancio della propria immagine, e della propria attività sulle pagine web e sulla rete in generale, impegnando mezzi e persone alla diffusione del sistema ed evidenziandone le risorse e le potenzialità. Tale decisione scaturisce dalla volontà di voler perseguire una triplice finalità: dare maggiore visibilità all’immagine “ istituzionale” della Consulta, valorizzare e migliorare la divulgazione del lavoro delle commissioni ed infine fornire servizi all’interno e agli ordini associati. Tali servizi sono resi al fine di alleggerire la massa burocratica, di aumentare la tempestività, la qualità e l’efficienza dell’informazione e di creare servizi di primaria utilità rivolti non solo alla categoria, ma anche alla società, agli enti pubblici e alle istituzioni al fine di rimarcare con forza la presenza dell’architetto in rapporto alla collettività. Lo standard elevato di fornitura di servizi, di informazioni e di immagine, è fondamentale per la presenza e il presidio del territorio regionale da parte degli architetti. Al tempo stesso, la nascita di una comunità virtuale di architetti in ambito regionale consente di provare l’efficacia di un modello associativo più solido e maggiormente identificativo nel senso dell’appartenenza alla categoria con il fine di aumentare sia l’importanza della figura dell’architetto nella cultura e nella società civile sia per rinnovare l’idea di etica nel mercato delle prestazioni d’opera intellettuali.
Il portale nasce utilizzando le risorse stanziate dal C.N.A.P.P.C. nel corso degli ultimi sei anni per agevolare l’acquisizione da parte degli Ordini, delle Federazioni e delle Consulte di hardware, software e corsi di formazione con l’obiettivo di adeguare le esigenze della Consulta alle culture e necessità operative rese dalle innovazioni tecnologiche nel campo della telematica. Tale impiego di energie e di mezzi erano già stati ufficializzati nelle raccomandazioni e negli indirizzi emersi nel corso del seminario dei Webmaster Archiworld tenutosi a Torino in occasione del 5° Congresso Nazionale degli Architetti del 1999, ma si può sostenere che alla espansione veloce di questo fenomeno ha certamente contribuito la naturale propensione degli architetti alla sperimentazione ed all’utilizzo di nuove tecnologie, anche informatiche e telematiche, nelle tipiche attività professionali di programmazione e progettazione. Il portale della Consulta regionale lombarda nasce all’interno di AWN perché è generato e vive con la stessa energia che caratterizza il network e cioè risorse e mezzi provenienti dagli Ordini Provinciali raggruppati in Consulte e Federazioni. AWN, infatti, si configura ormai come una “ comunità virtuale” degli architetti italiani che gestisce i suoi sistemi con risorse ed intellettualità proprie. In questo quadro allora può essere determinante il ruolo della Consulta, la cui forza non risiede sulla sommatoria di energie prodotta dai singoli Ordini provinciali, ma sul valore aggiunto che tale massa critica determina, sulla sua capacità di mobilitare risorse, favorendo la nascita di nuove professionalità di architetti che hanno dedicato tempo ed energie nel proporre i contenuti in un progetto di gestione che conferisca massima utilità e spessore alle pagine del portale. Questo è ancor più vero nell’attuale fase istituzionale del nostro Paese caratterizzata da un forte decentramento ed un rafforzamento di poteri a livello locale. Il sito è strutturato attraverso sette settori tecnici, professionali, culturali e di informazioni istituzionali così suddivisi: • 1. settore “ AWN” con collegamenti ai servizi del C.N.A.P.P.C; • 2. settore “ ISTITUZIONI” : con informazioni sugli organi della Consulta, sugli Ordini Provinciali, sull’archivio Storico della Consulta e sulle altre Consulte in Italia; • 3. settore “ SERVIZI” con form per censimento e mail, cerco/offro collaborazione, link a siti di interesse della categoria, pubblicazione di curricula on line (AWN), pubblicazione di concorsi di architettura (AWN), mostra architettura on line e tesi di laurea (AWN); • 4. settore “ DOCUMENTI” , con pubblicazione di documenti ufficiali, circolari, rassegna Stampa, rassegna Legislativa e comunicati Stampa; • 5. settore “ NEWS” con archivio
delle News, segnalazioni ed eventi; • 6. settore “ CONCORSI” , con la pubblicazione di concorsi e Bandi di interesse e regionale e problematiche sulle gare di progettazione o concorsi banditi dalla P.A.; • 7, settore “ AL” con la pubblicazione on line di AL e relativo archivio. La definizione attuale dei vari settori e delle aree interne in cui questi sono articolati, offre un’ampia panoramica dei servizi legati alla professione di architetto; ma tali ambiti dovranno naturalmente evolversi, ampliarsi o comprimersi, in relazione alle richieste indicate dagli utenti.
41 Gli architetti iscritti negli Ordini Provinciali della Lombardia, lasciando il loro indirizzo di posta elettronica nell’apposita form per il “ censimento e mail” alla quale si accede dalla home page del sito, potranno ricevere gratuitamente una newsletter contenente le notizie pubblicate sul portale con le importanti iniziative organizzate dalla Consulta a livello regionale, i link selezionati fra quelli di interesse della nostra cat egoria e le richiest e di “ cerco/offro collaborazione” da parte di iscritti, Studi di architettura o Aziende collegate con l’attività professionale dell’architetto. In part icolare il servizio del “ Cerco/offro collaborazione” con gestione automatica mediante database e accessibile anch’esso dalla home, risulta efficace per migliorare l’incontro tra la domanda e l’offerta nel mercato della professione di architetto. La struttura generale è stata pensata come un “ sistema aperto” , al cui costante incremento e definizione sono chiamati tutti gli Ordini provinciali. Il sito diventerà lo strumento attraverso il quale è possibile la strutturazione e lo sviluppo di servizi e strumenti di lavoro tecnici, scientifici, culturali, informativi e di mercato che saranno gestiti in forma autonoma da parte degli architetti lombardi. Consentirà di attivare sia le politiche di sviluppo della conoscenza non solo per gli iscritti ma anche per altre realtà istituzionali a livello regionale ed infine l’attivazione di iniziative di formazione e di apprendimento per l’utilizzo degli strumenti di comunicazione in ambito telematico a livello regionale. Al fine di rendere immediatamente efficace il funzionamento e la gestione del sito è stato necessario istituire una “ Commissione Internet” i cui membri sono stati scelti tra i responsabili tecnici dei domini internet degli Ordini Provinciali della Lombardia o da loro delegati. Il campo di attività della Commissione è riferito principalmente alla consultazione intorno alle politi-
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STARINI; VIa Commissione: Sandro PINNA; VIIIa Commissione: Giovanna PEREGO; IXa Commissione: Claudio MADESANI; Xa Commissione: Giampaolo ARTONI; XIa Commissione: Daniele MARICONTI; XIIa Commissione: il 19/12 Caterina VARANO, il 20/12 Mario AIRAGHI; XIIIa Commissione: Ilva ZIMMARO; XIVa Commissione: Gianluigi REGGIO; XVa Commissione: Erminio D’ORSI; XVIa Commissione: Tiziana Maria DE PAOLI • POLITECNICO DI MILANO, Facoltà di Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale (PTUA). Richiesta di nominativi dei rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in PTUA nel giorno 20 dicembre 2002. Sono stati nominati: Ia Commissione: Angela LATOCCA; IIa Commissione: Francesco Pasquale PARAVATI • POLITECNICO DI MILANO, Facoltà di Architettura Civile. Richiesta di nominativi dei rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Architettura nei giorni 19-20 dicembre 2002. Sono stati nominati: Ia Commissione: Manuela MANDELLI; IIa Commissione: Bianca Maria ZIRULIA; IIIa Commissione: Flavio LAZZATI; IVa Commissione: Egidio PORTA • POLITECNICO DI MILANO, Facoltà del Design (III Facoltà di Architettura). Richiesta di nominativi dei rappresentanti dell’Ordine per la sessione degli esami di Laurea in Disegno Industriale nel giorno 20 dicembre 2002. Sono stati nominati gli architetti Francesco Vittorio CASTIGLIONI, Claudio SALOCCHI, Laura Valeria NAJ, Letizia LIONELLO, Enrico CHIAPPETTI, Silvano BENEGGI e Nicola BERSANI. • Impresa EDILBRENTANA S.N.C. Richiesta di terna per collaudo di opere in c.a. relative alla trasformazione di rustici in edifici di civile abitazione in Comune di Sulbiate – Via Valfredda. Sono stati nominati gli architetti Sergio Roberto COLAUTTI, Giuseppe DE MARTINO, Piero DIAMANTE. • Procedimento arbitrale tra il Condominio di Viale Isonzo 21 e la Società Edilmal s.n.c. Il Consiglio dell’Ordine ha nominato quale “ terzo arbitro” con funzioni di Presidente del Collegio Arbitrale il dr. Mariella FANTONI.
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che di sviluppo e all’attività di promozione dello stesso presso i rispettivi Ordini Provinciali ed Enti locali e la collaborazione allo sviluppo di progetti speciali e/o di progetti tematici. La commissione è composta da un coordinatore che fa riferimento direttamente ad un Consigliere delegato dallo stesso Consiglio Direttivo, e da un delegato per ogni Ordine Provinciale ed è presente, altresì, un responsabile di AL. Si sono create di conseguenza delle sinergie di gruppi di studio e lavoro tematici per elaborare progetti per servizi di portata ed interesse regionale. Fanno attualmente parte della commissione i seguenti delegati: • Responsabile per il Consiglio: Arch. Sergio Cavalieri (Mantova) s.cavalieri@awn.it • Coordinatore - Arch. Annaloro Michele (Mantova) m.annaloro@awn.it • Arch. Calvi Matteo (Bergamo) mat.calvi@awn.it • Arch. Mori Marcello (Brescia) mori@datatronics.it • Arch. Mazzotta Gianfredo (Como) mazzotta_ge@tin.it • Arch. Gozzi Bruna (Cremona) bruna.gozzi@libero.it • Arch. Ferrario Gerolamo (Lecco) archiferge@libero.it • Arch. Uggetti Sergio (Lodi) s.uggetti@awn.it • Arch. Cosmelli Valeria (Milano) studioarchitettura@valeriacosmelli.com • Arch. Papalia Domenico (Pavia) webmasterpavia@awn.it • Arch. Lazzari Francesco (Sondrio) f.lazzari@awn.it • Arch. Gianetti Laura (Varese) arch.lauragianetti@libero.it • Arch. Maglica Igor (responsabile AL - Milano) redazione.al@flashnet.it L’organo operativo del portale è in pratica una “ redazione virtuale” che ha la missione di garantire l’aggiornamento continuo dei flussi di informazione istituzionale e del rapporto con gli Ordini Provinciali nonché alla pubblicazione on line di AL principale organo di informazione della Consulta. All’interno della redazione opera altresì un addetto o responsabile della segreteria al fine di garantire la pubblicazione dei suddetto flusso informativo istituzionale. La redazione si sta organizzando al proprio interno per favorire il trasferimento in rete dei servizi principali, delle circolari, dell’agenda, dei notiziari e di quant’altro in questi termini si vorrà rendere accessibile dalle pagine web, ai fini della creazione di un sistema gestionale/comunicativo snello efficace e tempestivo. Per quanto riguarda la programmazione sono in itinere i seguenti progetti tematici: • Banca dati legislazione nazionale e regionale; • Elaborati prodotti dalla Commissione Professione della Consulta (onorari non contemplati, disciplinari d’incarico, criteri inter-
pretativi e applicativi; bandi tipo per appalti di servizi di progettazione; competenze professionali); • Elaborati prodotti dalla Commissione Urbanistica; • Elaborati prodotti dall’Osservatorio LL.PP. In un futuro prossimo potrà essere attivato un progetto speciale in materia di “ Formazione a distanza” . Infine, per quanto riguarda la struttura del sito, si ritiene opportuno precisare che si tratta di un sistema tecnologicamente avanzato che consente di gestire con continuità la connettività per la fornitura di servizi on line agli Ordini Provinciali che promuove al tempo stesso la realtà della Consulta. La struttura e il design utilizzata è tipica del “ portale” , con preponderanza degli elementi testuali/informativi su quelli grafici multimediali. Ciò per porre l’accento sui contenuti, consentendo rapido accesso e velocità di caricamento. La struttura grafica prende spunto dall’attuale presenza grafica studiata e realizzata recentemente in ambito cartaceo con il nuovo logo della Consulta. In relazione alla diversità delle fonti informative che alimenteranno il sito, è stato progettato un layout grafico in grado di offrire il massimo dell’omogeneità visuale ed operativa con l’utilizzo di interfaccia a frame, che da unità grafica e cromatica al portale attraverso le barre di navigazione e le barre di banner/info rapida. È stata riservato un quadro principale alla visualizzazione dei contenuti provenienti da AWN che risulta un’importante risorsa di “ content providing” dato che attraverso il database di AWN è possibile dialogare ed accedere ad importanti contenuti informativi attivati a livello nazionale. I gestori del portale, che risiederanno presso le segreterie ed i webmaster degli Ordini provinciali, oltre ovviamente alla stessa segreteria della Consulta, da qualsiasi postazione internet potranno inserire news e allegare immagini, l’URL parametrizzati di collegamento e file. Ciò consente una grande flessibilità di amministrazione e consente altresì a più persone, da luoghi diversi, di intervenire nell’inserimento, nell’integrazione e nella correzione delle pagine.
Lettere redazione.al@flashnet.it
Ancora sulla Fallingwater Ho letto con interesse la lettera di Enrico Bertè pubblicata sul numero 10/2002 di “ AL” relativa ai lavori in corso presso la Fallingwater di F. L. Wright. Ho avuto modo di visitare la scorsa estate questa spettacolare costruzione e di rendermi conto degli interventi effettuati per il consolidamento della terrazza a sbalzo sulla cascata. Quelle che dalle foto di Bertè sembravano opere provvisorie, consistenti in travature e pilastri in ferro che con il loro basamento in cemento armato appoggiano sul letto dell’acqua, pare siano invece definitive. Proprio così, la Casa sulla Cascata, realizzata fra il 1934 e il 1937, eletta dall’Associazione degli architetti americani l’edificio più
bello del ‘900 e il migliore mai progettato da un americano, si presenta ora alle decine di migliaia di visitatori che da tutte le parti del mondo raggiungono Bear Run, piccolo centro fra le colline della Pennsylvania, sostenuta da banalissimi puntelli in acciaio. L’edificio è verticalmente distribuito su tre livelli, al piano terreno si trovano il terrazzo con la scala sospesa sull’acqua, la cucina e un ampio soggiorno, al primo piano la zona notte con tre camere con bagno e un terrazzo sovrapposto in modo ortogonale a quello sottostante, mentre al secondo un’altra camera, un bagno e una grande veranda aperta sulla natura circostante. Ciascun piano è costituito da una lastra in cemento armato che si incastra nel grande pilastro centrale, a costituire dei solai disposti uno sull’altro in modo che nessuno coincida con quello sottostante. Come scrisse Edgar Kaufmann jr., allievo del maestro e figlio del committente, che ebbe modo di seguire quotidianamente la realizzazione dell’opera: “ Wrigth concepì l’edificio come una serie di vassoi distanziati da brevi massi di pietra e irrigiditi nei bordi. Fissò la massa del camino direttamente su un grosso macigno, e intorno ad esso proiettò gli spazi” . Lo sbalzo di circa 5 metri e mezzo proiettato sul ciglio dell’acqua ha conferito a quello che Bruno Zevi ha definito il monumento supremo dell’architettura di tutti i tempi, “ una leggerezza che gli permette di dialogare in perfetta sintonia con l’acqua, le pietre e gli alberi che lo
Michele Annaloro
Offerta di stage Si informa che presso l’Ufficio Stage del Politecnico di Milano è stata presentata da parte della Consulta una offerta di stage per un posto di collaboratore alla Redazione di “ AL” . L’offerta è rivolta a laureandi e laureati (al massimo da 18 mesi). Per informazioni consultare il sito dell’Ufficio Stage del Politecnico (http://www.polimi.it/stage) oppure telefonare in Redazione. F. L. Wright, Casa sulla Cascata, viste.
Ferruccio Favaron Lecco, gennaio 2003
Conservare il Moderno. La Maison Carré di Alvar Aalto Il 9-10-11 dicembre 2002 sarà messa in vendita la “succession” Olga Carré, e più precisamente le 400 opere del collezionista Louis Carré, compresa la casa a Bazoches progettata da Alvar Aalto tra il 1956 e il 1959. Desidero attirare l’attenzione in quanto la casa Carré sarà completamente svuotata delle opere che Louis Carré aveva pensato di inserirvi. Carré chiese, infatti, all’architetto finlandese di costruire la casa per accogliere una precisa raccolta di opere d’arte contemporanea. Per fare un solo esempio, il quadro dal titolo “ Marie l’acrobate” , che appare in primo piano nelle numerose famose foto che descrivono l’interno della casa, l’ingresso, è di Fernand Léger, e sarà posto in vendita a Parigi all’Hotel Dassault, così come gli arredi di Aalto. Verrà così a compiersi un tragico misfatto per la storia dell’architettura contemporanea; non possiamo infatti dimenticare che Alvar Aalto e Elissa hanno progettato la Maison Carré come opera globale. La Maison Carré è in vendita e non possiamo conoscerne ancora il destino. Nonostante sia stata dichiarata dal governo francese monumento storico, nel 1996, gli eredi hanno avuto la facoltà di svuotarla da tutti gli arredi: oggi la scatola è vuota. In un articolo per la rivista “Spazio e Società” avevo avuto modo di scrivere, in occasione della mostra su Aalto a Mantova, di come sia fondamentale seguire il cammino delle opere di Aalto, come quelle di altri architetti del Moderno, alcune seriamente danneggiate. Oggi purtroppo, e non avrei mai potuto immaginarlo, mi trovo a lanciare l’allarme per la salvaguardia della Maison Carré. Ringrazio per l’ospitalità e invito a far circolare la notizia e a scrivere al Ministero della Cultura francese per sensibilizzare i responsabili. La notizia della vendita all’asta può essere consultata sul sito: www.figaroscope.fr oppure sul sito ufficiale della casa d’aste www.gazettedrouot.com Nell’anno 1956 Alvar Aalto è incaricato dal Governo finlandese di progettare il nuovo Padiglione della Finlandia ai Giardini della Biennale di Venezia, una semplice struttura in legno che ancora oggi possiamo ammirare nel parco. È in occasione di quella Biennale che il collezionista d’arte contemporanea Louis Carré (1897-1977) ha la possibilità di incontrare l’architetto finlandese, di cui conosceva già l’opera costruita. Infatti aveva avuto modo, durante un suo viaggio nei Paesi Scandinavi, di visitare le realizzazioni di Aalto, e in particolare Louis Carré rimase affascinato dalla Villa Mairea, realizzata per la famiglia Gullichsen a Noormarkku, progetto risalente al 1938.
Louis Carré apre la sua prima galleria d’arte a Parigi nel 1935 e inizia l’attività esponendo le opere di Picasso, Léger, e di molti altri pittori. Come collezionista è anzitutto un pioniere, è il fondatore di una raccolta unica nel suo genere per la storia dell’arte; ciò che lo rese collezionista fu la sua sensibilità per la situazione storica in cui viveva. Nel 1956 Louis Carré insieme alla seconda moglie Olga Burel decidono di raccogliere la loro collezione personale in uno spazio appositamente costruito, e a questo proposito acquistano un grande terreno posto in collina, in un piccolo villaggio, Bazoches-Sur-Guyonne, a circa 40 kilometri da Parigi e decidono di affidarne il progetto ad Alvar Aalto ed Elissa Mäkiniemi. Il progetto è concepito non solo per ospitare la collezione ma anche per vivere con essa e avere la possibilità di ricevere e ospitare. Il progetto è di volta in volta confrontato con i clienti, accuratamente valutato in ogni singolo dettaglio, e il fatto particolare è che il progetto è stato concepito pensando già alle opere pittoriche e scultoree che lì sarebbero state raccolte, quasi come in un museo vivente. La particolarità morfologica della villa Carré è quella di trovarsi su una collina e di rispettarne armoniosamente l’ondularità, elemento che viene sottolineato da Aalto mediante la demarcazione e la messa in evidenza delle curve di livello, tramite gradoni in cemento di contenimento del prato antistante l’ingresso della casa. L’edificio è ricoperto da mattoni in terra cotta dipinti di bianco e la copertura del tetto, a una sola pendenza lunga 25 metri, è realizzata con tegole in ardesia blu scuro della Normandia. L’interno è caratterizzato da un grande spazio centrale intorno al quale si organizzano gli altri spazi di vita; l’ingresso è costituito da un ambiente ricoperto da una grande volta in lamelle di pino finlandese, illuminato da una grande vetrata posta al disopra del vestibolo, che ospitava importantissime opere di Fernand Léger, le quali erano esposte non di-
rettamente sui muri della casa ma su interposti semi-muri più bassi, ideati appositamente per dare una maggiore profondità ai dipinti esposti. Dalla grande hall mediante alcuni ampi gradini si accede al soggiorno ove le opere sono illuminate con un sistema di proiettori orientabili sospesi al soffitto, che possono essere spostati mediante un sistema a rotaia. Le camere da letto si trovano al piano terreno, esposte verso sud, e ognuna ha un accesso diretto al giardino retrostante la casa dal quale è possibile accedere alla piscina. L’architetto francese Guy Derevoge collabora con Alvar Aalto ed Elissa Mäkiniemi per la direzioni del cantiere i cui lavori vengono affidati a imprese finlandesi. Con la morte di Olga Carré, avvenuta il 27 maggio del 2002, la collezione, gli arredi e la casa di Bazoches sono stati messi in vendita dagli eredi; la collezione è stata dispersa all’asta a Parigi lo scorso dicembre, mentre per quanto concerne la “ Maison Carré” , ormai svuotata, sono in corso le trattative con potenziali acquirenti. L’edificio è vincolato dal 1996 dal Ministero della Cultura, ma il vincolo monumentale è uno strumento giuridico obsoleto, infatti non prende in considerazione l’architettura come opera globale, considerando cioè gli arredi, le finiture, insomma il design interno. Il problema si pone anche in Italia, infatti come recentemente mi informava Giancarlo De Carlo in occasione della proposta di protezione mediante vincolo delle opere da lui realizzate ad Urbino, la Soprintendenza non ha preso in considerazione la globalità dell’opera di De Carlo, ma solo alcuni episodi architettonici. Le opere di Alvar Aalto, come quella di molti altri architetti contemporanei, devono essere considerate non come dei capolavori individuali isolati, ma appartenenti a un continuum, senza il quale si rischia di perdere il significato complessivo dell’opera. Enrico Maria Ferrari Parigi, gennaio 2003
A. Aalto, Maison Carré, vista esterna e degli interni.
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circondano, costituendo uno dei pochi esempi di simbiosi fra la natura e l’opera dell’uomo” . Soluzione strutturale al limite delle possibilità del cemento armato, tanto che gli strutturisti che collaboravano alla costruzione ebbero non poche difficoltà nel realizzarla e di fronte alle prime crepe di assestamento lo stesso Wright si rese conto di quanto i solai fossero troppo pesanti. Ciò nonostante, per ridurre il carico a sbalzo, sono state posate le lastre di pietra della pavimentazione delle terrazze direttamente su pannelli di gesso posati tra le travature trasversali del solaio. La conservazione dell’architettura del secolo appena trascorso è una questione di grande attualità. Non a caso gli oppositori del Movimento moderno hanno duramente criticato la deperibilità delle opere realizzate, dovuta all’uso di materiali della cui resistenza poco si conosceva. Per intervenire mantenendo la continuità nel tempo di un’opera oltre alla indispensabile conoscenza storica occorre un grande impegno creativo. Come sono applicabili le contrapposte teorie di Ruskin e di Violletle-Duc? Le prime, più attente alla storia che non all’estetica, contrarie agli interventi che per prolungare artificialmente la vita di un monumento possano modificarlo in modo arbitrario, mentre le seconde tendenti a riportare l’opera alla sua condizione iniziale, a costo di completarla con parti storicamente mai esistite ma che la rendano più compiuta. E come utilizzare gli intelligenti apporti di Boito e Beltrami, più vicini alla nostra cultura? È corretto che l’intervento di restauro metta in evidenza presunti errori o difetti costruttivi travisando completamente le intenzioni del progettista? In un paese, quello nordamericano, caratterizzato da una grande pratica tecnologica, dove però non esiste rapporto diretto con l’architettura del passato, invece di ricorrere a metodologie normalmente utilizzate per la conservazione delle vestigia dell’antichità, non sarebbe stato più opportuno far tesoro della conoscenza tecnica acquisita? A meno che, quanto realizzato sia da considerarsi non un’intervento di restauro ma soltanto un’operazione manutentiva o di ripristino funzionale, atta, pur modificando visibilmente la forma con puntellature provvisionali, a rallentare e impedire il processo di degrado nell’attesa di un più appropriato intervento definitivo che, integrato con moderne tecniche le modalità costruttive originarie, possa salvaguardare l’organismo statico e strutturale di Fallingwater, senza compromettere quella fantastica immagine di piani sospesi nello spazio conosciuta in tutto il mondo.
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Rassegna a cura di Manuela Oglialoro
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Ambiente Interventi di ingegneria naturalistica per tutelare e qualificare l’ambiente. La disciplina esaminata al convegno organizzato nell’ambito dell’ottava edizione del campionato di sci (da “ Italia Oggi” del 29.1.03) Nei giorni precedent i la manifestazione sportiva, è stato organizzato dal Consiglio Nazionale Geometri il convegno “ Ingegneria naturalistica” . Il tema è di grande attualità. Sono stati illustrati i vari campi di applicazione che spaziano dall’erosione dei versanti, frane sistemazioni idrauliche in zona montana e difesa del suolo in genere, a quelli del reinserimento ambientale delle infrastrutture viarie (scarpate stradali e ferroviarie) delle cave e discariche, delle sponde dei corsi d’acqua, consolidamenti costieri. Quello che contraddistingue un progetto di ingegneria naturalistica da quello tradizionale è l’esame delle caratteristiche topoclimatiche e microclimatiche di ogni superficie di intervento, l’analisi del substrato pedologico con riferimento alle caratteristiche chimico fisiche, organiche e idrologiche del suolo. Difesa del suolo più unitaria. La tutela del territorio senza una visione globale (da “ Italia Oggi” del 4.12.03) Secondo il presidente della Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, occorre che la gestione del territorio venga ricondotta ad unità, infatti afferma che: “ i dissesti, gli allagamenti e in generale gli sconvolgimenti di questi giorni nelle regioni settentrionali devono far riflettere sul ruolo dei consorzi di bonifica, che tendono peraltro costantemente ad ampliare le loro funzioni arrogandosi compiti di difesa del suolo istituzionalmente spettanti a tutt’altri, in primo luogo lo stato” . Il presidente di Confededilizia ha dichiarato che: “ oggi manca completamente una visione globale della tutela del territorio, tutela che viene frammentata anche a vantaggio dei consorzi di bonifica, cui le regioni consapevolmente affidano compiti invece propri” .
Elettrodotti, campagna per il referendum. Nasce il primo comitato per il voto che sarà in primavera (dal “ Corriere della Sera” del 8.2.03) “ Di questo referendum – dicono i promotori – anche dopo che la corte Costituzionale lo ha accolto, finora non si è mai parlato. Invece, se gli italiani a primavera voteranno ‘sì’ comporterà una vera rivoluzione benefica per tutti” . Il referendum in questione è quello sulla “ servitù coatta di elettrodotto” e sulla proposta di abrogare una norma che risale a 70 anni fa. Si tratta dell’articolo 119 del Testo unico in materia di acque e impianti elettrici, approvato con Regio Decreto 1775 del 1933. Allora si trattava di estendere l’elettrificazione in tutto il paese, oggi lo scenario è cambiato. Sui grandi elettrodotti è esplosa una polemica su due fronti: i danni conseguenti all’esposizione ai campi elettromagnetici e la deturpazione dell’ambiente. Bioarchitettura Master per progetti ecologici (da “ Italia Oggi” del 29.1.03) Il Master di progettazione in bioarchitettura è l’unico in Italia. Il laboratorio progettuale in bioarchitettura è organizzato dall’Istituto nazionale di bioarchitettura, in convenzione con il Dipartimento di Architettura e Pianificazione Territoriale della facoltà di Ingegneria di Bologna. È pensato espressamente per i professionisti attivi che hanno poco tempo per l’aggiornamento ma in compenso hanno pratica di progettazione. Per l’anno accademico 2002/03 sarà Lucien Kroll a guidare i 40 professionisti, selezionati sulla base del curriculum.
shman & Wakefield, sottolinea come gli interessi degli investitori internazionali siano puntati sui centri commerciali italiani e le operazioni di acquisizione sono destinate a proseguire. L’indagine rileva che sono numerosi gli investitori stranieri ma che anche alcuni investitori italiani hanno cominciato a mostrato grande interesse. Si rileva però che il mercato italiano è ancora molto particolare: lo sviluppo degli shopping center finora non è stato omogeneo. La grande maggioranza si trova nel Centro-Nord, mentre il Sud resta ancora piuttosto sguarnito. Energia L’ex discarica raddoppia la produzione di energia. Sarà potenziata a Vizzolo la centrale alimentata dal biogas (dal “ Corriere della Sera” del 2.2.03) Una fonte di energia a tempo, da sfruttare in un arco di dieci, quindici anni al massimo. Ma capace di fornire non solo elettricità in quantità elevate (12,5 milioni di Kwatt solo nell’ultimo anno, valore circa 2 milioni di euro) ma anche riscaldare o raffreddare un ospedale. Eper la quale adesso si sta per decidere un potenziamento. Inaugurata a fine ’97, la centrale di co-generazione della discarica di Vizzolo Predabissi (che usa il biogas frutto della decomposizione dei rifiuti per produrre energia) passerà dagli attuali 1,9 a 3,7 Kwatt di potenza, in grado di sfruttare al meglio quel 50% di metano contenuto negli oltre 17 milioni di metri cubi di biogas estratti ogni anno dalla montagna di rifiuti cresciuta negli anni dal 1989 al 1999. M ilano
Design M onza congela l’università del design. Stop al “campus dell’arte”, rimane senza sede anche la facoltà dell’Accademia di Brera (dal “ Corriere della Sera” del 21.1.03) Il direttore dell’Accademia di Brera, Fernando De Filippi, sta organizzando l’innovativo corso che decollerà a novembre e che può già contare su un centinaio di richieste di iscrizione: un triennio di tipo formativo, con la possibilità di conseguire la cosiddetta laurea breve, e un biennio di specializzazione in settori come il light, il landscape, il product e il fashion design. Il problema è che manca la sede. La precedente amministrazione aveva inserito la scuola di design in un “ Master Plan” portato a termine dal Dipartimento di Architettura e Pianificazione del Politecnico di Milano. Invece le elezioni amministrative hanno cambiato lo scenario. La giunta ha congelato tutte le “ cittadelle” e ha rimesso in gioco le aree dismesse sulle quali dovevano sorgere. Edilizia Shopping center, L’Italia è preda. Gli operatori stranieri investono in massa nelle grandi strutture (da “ Il Sole“ 24 Ore “ del 27.1.03) Un recente studio sul settore degli shopping center, realizzato dalla Cu-
Un grande parco al posto della fiera. Il progetto prevede anche case, uffici, musei e tremila posti auto (dal “ Corriere della Sera” del 16.1.03) Un parco grande come i giardini di Porta Venezia sorgerà nel centro di Milano, nell’attuale area Fiera. Lo ha deciso il Collegio di vigilanza di Fiera Milano. Accanto a 130 mila metri quadrati riservati al verde, troveranno spazio anche uffici e abitazioni per altri 130 mila metri quadrati. Complessivamente, quindi, l’area interessata alla riqualificazione è di 260 mila metri quadrati. Uno spazio oggi occupato da padiglioni espositivi, ma non solo: il piano va oltre il “ recinto” della Fiera per coinvolgere anche il complesso scolastico di Gattamelata e il velodromo Vigorelli. L’albergo M undial, ecomostro fermo da 13 anni. L’edificio in zona Ponte Lambro non è mai stato ultimato (dal “ Corriere della Sera” del 22.1.03) Grazie a un finanziamento ministeriale in questa zona sarebbe stato costruito un albergo per i tifosi che da tutto il mondo arrivavano a Milano. I Mondiali sono stati archiviati e l’albergo non è mai stato completato. A metà degli anni ’90 si sono studiate alcune ipotesi per riconvertire quegli spazi inutilizzati: ampliamento
dell’Istituto neurologico Besta, alloggi per le forze dell’ordine. Ma i progetti si arenano. Adesso non si può più fare nulla perché questa zona, dopo l’ultima esondazione del Lambro è stata considerata golenale. Prima di ogni intervento occorrerà elaborare un piano con il Magistrato del Po e la Regione. Ponte Lambro, a rischio il piano da 912 milioni su 31 km quadrati (da “ Edilizia e Territorio” del 2025.12.03) Potrebbe morire sul nascere il progetto di una Stu che operi nella zona sud orientale di Milano, precisamente lungo il corso del Lambro. Il progetto era arrivato secondo nella graduatoria nazionale, il taglio dei fondi potrebbe dare il colpo definitivo all’intera operazione. La Stu del fiume Lambro ha un territorio di riferimento più vasto e obiettivi più ambiziosi della prima Stu programmata dal Comune di Milano. L’obiettivo dichiarato dalla società è quello di restituire una connessione urbana a un’area strategica dal punto di vista della comunicazione e dei trasporti ma del tutto frammentata e disomogenea. Comune senza fondi, monumenti con lo sponsor. De Corato: restauriamo l’arte in cambio della pubblicità sul cantiere (dal “ Corriere della Sera” del 8.2.03) Il comune lancia una iniziativa nuova nel suo genere per ristrutturare statue, lapidi e sculture. Cinque giorni fa è stato pubblicato su alcuni quotidiani il primo bando che cerca sponsor per sei monumenti. La proposta è la seguente: l’amministrazione, insieme con la soprintendenza, definisce il progetto di recupero, i costi di realizzazione e i tempi per l’esecuzione dei lavori. Lo sponsor si fa carico del progetto e della spesa conseguente ottenendo la possibilità di utilizzare spazi pubblicitari sui ponteggi per i lavori. Si comincia con la fontana del Piermarini in piazza Fontana, il pozzo e le lapidi di bronzo della Loggia dei Mercanti, il monumento dedicato a Carlo Cattaneo, in via Santa Margherita, quello a Giuseppe Parini in piazza Cordusio e la Colonna del Verziere in largo Augusto. Riqualificazione Abusivismo: “abbellire, non abbattere”. Piano del premier per i centri urbani: nessun condono né sanatoria (dal “ Corriere della Sera” del 23.1.03) Parla di giardini, opere d’arte e centri storici il presidente del Consiglio. Il progetto è di riqualificare i comuni più piccoli, quelli con meno di cinquemila abitanti. Ed è a questo punto che il presidente tira fuori un’altra idea, quasi fosse per caso: il condono “ in positivo “ , la sua ricetta per combattere l’abusivismo edilizio. Tradotto, non verranno abbattuti muretti o verande tirate su in maniera abusiva, ma si chiederà al proprietario dell’immobile di impegnarsi per migliorarlo e per migliorare l’ambiente circostante. “ Un condono innovativo” : no alle ruspe, si ai giardinieri.
a cura di Antonio Borghi La Bocconi a M ilano, Luigi Caccia Dominioni, l’Archicultura, e i Piani Integrati d’Intervento In occasione della mostra “ Il mondo nuovo” sono stati pubblicati diversi interventi a proposito della Milano del secolo scorso e della Bocconi in particolare. Tra questi riportiamo l’editoriale di Marco Vitale, “ Cent’anni di Bocconi - Milano, l’università e la mostra” , apparso il 9 novembre sulla cronaca di Milano del “ Corriere della Sera” . “ Ma, assessore, Lei vuole veramente il raddoppio di questa università per ricchi?. Questa fu l’ultima disperata difesa del dirigente comunale, dopo essere stato sgominato su tutti gli altri fronti, nel suo tentativo di tenere ancora insabbiato il progetto di ampliamento della Bocconi, che girava sui tavoli del Comune da 10-15 anni. Gli sibilai di sì e gli dissi che questa era anche la volontà del sindaco e della giunta tutta. Sapevo infatti che la Bocconi non era una università per ricchi ma era una grande università che stava realizzando la missione che, nel 1902, gli fu affidata da un ex povero ragazzo di Lodi con la terza elementare, che aveva iniziato vendendo tessuti sulle bancarelle ed era diventato ricco solo grazie alle sue straordinarie capacità, Ferdinando Bocconi: L’Università Commerciale Luigi Bocconi intende appunto fornire quell’alto grado di cultura economica che i tempi nuovi richiedono. E oggi la Bocconi è una grande e importantissima università europea, di massa e di qualità, che onora Milano e il Paese, con i suoi oltre 12.400 studenti (dei quali solo
3.157 fuori corso), con i suoi oltre 1.000 docenti, con i suoi oltre 130 milioni di euro di investimenti negli ultimi quattro anni, con quasi il 60% degli iscritti provenienti da fuori Lombardia, con il 12% delle matricole 2002-2003 provenienti dall’estero, con quasi il 20% degli studenti in regola con il curriculum degli studi esonerato dalle tasse scolastiche, con i suoi oltre 40.000 laureati totali e con 2.160 laureati nel solo anno accademico 2000-2001. Sono passati 100 anni da quando Ferdinando Bocconi, grande innovatore, e Leopoldo Sabbatini, lucida intelligenza anticonformista, fondarono la Bocconi, superando le ostilità dei retrogradi bottegai milanesi. Cento anni bene impiegati. Per festeggiare questo anniversario la Bocconi dona a Milano una mostra di grande interesse, che sarà inaugurata oggi: Il Mondo Nuovo. Non è una mostra sulla Bocconi, la cui presenza è, anzi, forse, eccessivamente discreta e riservata, ma una mostra su Milano e sul suo incontro con la modernità negli anni cruciali 1890-1915. È una mostra affascinante, difficile, rischiosa. Chi volesse divertirsi a sottolineare le mancanze della, pur ricchissima, esposizione avrebbe solo l’imbarazzo della scelta. Ma non è questo un metodo accettabile nei confronti di una mostra di questo tipo che non può che essere anche il risultato di una serie di scelte. La grandezza di questa mostra consiste proprio nel fatto che fa pensare. Che documenta il gioioso fervore di quegli anni, ma, al contempo, ci aiuta a capire che la modernità è anche un fatto drammatico. E giustifica appieno la domanda centrale che si pone Giorgio Rumi: Perché la città di Verri e Beccaria, di Confalonieri e di Manzoni, dopo aver tenacemente voluto l’indipendenza e libere e pro-
Grafton Architects, progetto per l’ampliamento della Bocconi: modello.
gredite istituzioni, a cinquant’anni dal Risorgimento ha voltato le spalle allo Statuto, ha rinnegato le idealità dei padri, e si è data al fascismo? Ma soprattutto questa mostra ci fa capire che quella modernità è antica, che il ‘900 è davvero finito e che dobbiamo rimetterci in moto, con più determinazione, come i nostri nonni seppero fare in quegli anni, per ricercare e trovare la nostra modernità. Questa mostra aiuta a capire la necessità di nuovi percorsi o, come dice uno dei bravi curatori, Stefano Baia Curioni, di nuovi pensieri. Ma alcuni dei valori fondanti della vecchia modernità restano fondamentali e anzi devono essere rivitalizzati: la libertà, lo spi-
rito di ricerca, lo spirito innovativo, il coraggio morale dell’innovazione” . A proposito dell’ampliamento della Bocconi, ci auguriamo di vedere presto realizzato la sua seconda tranche, l’ambizioso progetto dello studio Grafton Architects di Dublino che abbiamo avuto occasione di vedere all’Urban Center e alla Biennale di Venezia. Un progetto di sapore strutturalista che assieme alla Grande Biblioteca di Porta Vittoria, al Museo sull’area ex-Ansaldo e a quello dell’Arengario potrebbero dare a Milano un nuovo impulso e farla ricomparire nel panorama architettonico contemporaneo. Tra i personaggi che nel dopo-
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guerra hanno plasmato il volto di Milano, pochi hanno lo spessore e la classe di Luigi Caccia Dominioni al quale è stata finalmente dedicata una mostra personale corredata di un adeguato catalogo delle opere. Diversi articoli ne hanno tessuto l’elogio in questa occasione e tra questi riportiamo il servizio a cura di Fulvio Irace su “ Abitare” di dicembre. “ Giunto all’età dei grandi saggi, Luigi Caccia Dominioni festeggia il suo ottantanovesimo compleanno con una mostra a Verona nel Museo di Castelvecchio: accanto alla testimonianza delle opere storiche, nuovi lavori aprono uno squarcio significativo sullo sbocco verso l’informale di uno dei maestri dell’architettura italiana contemporanea. Presente nel panorama architettonico italiano da tre quarti di secolo, Luigi Caccia Dominioni appartiene a quell’industriosa razza di architetti lombardi come Ponti, Muzio, Gardella o Magistretti, la cui opera è imprescindibile dal rapporto con la città d’adozione. Nato a Milano il 7 dicembre 1913, il giorno di Sant’Ambrogio, Caccia è stato da sempre il simbolo indiscutibile di una milanesità raffinata e reticente, aperta al nuovo e al tempo stesso avida di radici, desiderosa del nuovo ma anche bisognosa di una forma d’ambiente apparentemente senza tempo e fuori moda. Laureato al Politecnico di Milano nel 1936, esordisce con Livio e Piergiacomo Castiglioni nel campo dell’arredamento e del design, suscitando l’interesse e l’ammirazione di un maestro come Giò Ponti che nel 1941 lo presenta ai lettori di Stile come un esempio di naturale superamento del razionalismo attraverso il carattere evocativo delle sue architetture d’interni: fattosi regista – scrive Ponti – l’architetto interpreta ed esprime il personaggio. Resi ineguagliabili per la raffinatezza dell’esecuzione, i materiali poveri – iuta, fustagno, vimini, eccetera – cui spesso ricorre nelle ristrettezze dell’autarchia, cosituiscono una convincente anticipazione di quell’idea di design come valore aggiunto che contraddistinguerà la stagione d’oro del design italiano degli anni Cinquanta. Nascerà da questo stretto legame con l’architettura l’avventura di Azucena, la società per la produzione di oggetti di arredo, fondata nel 1947 con l’obiettivo di garantire i necessari complementi ad ambienti già arredati dei palazzi delle antiche famiglie milanesi che non si ponessero con le preesistenze in polemico contrasto. Come architetto Caccia esordisce nello stesso anno, con la ricostruzione della casa di famiglia in piazza Sant’Ambrogio dove tuttora vive e lavora: un saggio anticipatore di quella poetica delle preesistenze ambientali teorizzata più tardi da Rogers su Casabella. Da allora la sua produzione riceve un’accelerazione che ha del miracoloso: i condomini ceramici di via Ippolito Nievo, la casa di Piazza Carbonari, la fabbrica Loro&Pari-
sini, l’istituto di via Calatafimi e il convento di via Maroncelli, i palazzi per uffici di corso Europa e le ville appartate di via Cavalieri di San Sepolcro e via Gesù, le costruzioni intensive di via Massena e di via Vigoni, la ristrutturazione dell’Ambrosiana, la chiesa di San Biagio a Monza e le cartiere Binda sotto la Torre Velasca. Un carnet de travail intenso e frenetico, che la ritrosia dell’architetto alla storicizzazione sfuma nel mito del repertorio sterminato. Ma naturalmente non si tratta di un problema di quantità, ma di qualità e non solo perché tutti gli edifici citati sono landmark della Milano moderna, ma per lo straordinario ruolo di inventore, oltre che di regista, che Caccia assolve nella costruzione di una identità milanese. Nella Milano incerta e rampante del dopoguerra e del miracolo economico, Caccia dominioni mette a punto un’idea di abitare che diventa il tratto contraddistintivo di una borghesia in cerca d’autore. Rinnovando l’iconografia del contenitore domestico e del luogo di lavoro, progetta con successo il tipo stesso del nuovo condominio milanese, costruendo edifici che si inseriscono nel contesto urbano senza usare violenza. Ma lo stile di Caccia non sta solo nella nota ricerca di un equilibrio in punta di piedi: la sua attitudine a un’architettura modellata sui modi della vita si è spinta infatti dalle più conosciute prove di illusionismo spaziale a una vera e propria strada organica alla rappresentazione dell’abitare. Attraverso l’abolizione della legge dell’angolo retto, Caccia è arrivato a una visionarietà temperata dal suo consolidato pragmatismo, ma forte di tutte le sue ragioni, soprattutto negli squarci preparatori dei grandi disegni dove le linee pastose delle matite e dei colori aprono a una concezione quasi animistica dello spazio” . Commemorando Leonardo Mondadori a pochi giorni dalla sua scomparsa – sul supplemento domenicale del “ Sole 24ore” del 15 dicembre – Giuseppe Pontiggia parlava della sua “ consapevolezza lungimirante della funzione civile della cultura, non a caso svalutata da chi persegue la meta opposta, ovvero un abbassamento della soglia critica e una progressiva adesione all’istupidimento collettivo” . Di questo stesso pericolo ci avverte un protagonista della scena architettonica contemporanea, Boris Podrecca in una conversazione intitolata “ Archicultura” apparsa sul numero 166 del Mensile del CNAPPC “ L’Architetto” . “ In Austria, paese dove vivo e lavoro, l’architettura è molto presente sui quotidiani e nei programmi televisivi. Quando ho cominciato a costruire, i problemi della nostra professione erano in ottava pagina, oggi invece sono in terza, se non in prima. Anche in altri paesi europei, vedi la Francia, l’architettura è molto presente in televisione. Trovo invece che la televisione italiana sia una delle
più brutte in Europa, con i giochetti, quelle donne mezze nude e le interviste a signore dipinte, pitturate, climatizzate, con le ciglia finte, operate. Tutto questo è una cosa orrenda e se si vede un po’ di cultura, la si vede alle due di notte. Sulle televisioni austriache abbiamo due trasmissioni settimanali, con un’ottima redazione dove si parla di architettura con la stessa attenzione con cui si parla di arte, di spettacolo, di opera, di musica e di teatro. L’architettura oggi riempie le sale molto più di un’esposizione d’arte. È comunque necessario fisicizzare la comunicazione in qualche modo e non lasciarla solo a momenti eccezionali. Gli Urban Center hanno questo compito all’interno della città. A Vienna abbiamo l’Architektur Zentrum per le mostre colte e la Planungwerkstadt, che è un organismo anche di promozione della città, uno spazio dove si fanno grandi mostre per tutti, si finanziano e realizzano esposizioni itineranti in tutta Europa. Questo viene fatto per dialogare con tutti. È importante tendersi una mano, non solo prendere, ma saper anche dare. Equesto accade a Vienna, la capitale, ma anche nelle piccole città come per esempio Graz (…). Graz è presente in tutte le esposizioni mondiali, è una città che fa una politica culturale, fa più archicultura che architettura. Penso che tutta l’Europa senta il bisogno dicotomico di identificarsi in un linguaggio e un’impostazione mentale comune, ma, dall’altro lato, di essere un insieme di personality. È un dialogo d’amore, ma anche un po’ di odio. È comunque necessario saper rivalutare le proprie origini, un po’ quello che i francesi chiamano retour a l’origine, che parafrasando significa più ti amo, più devo essere io. Questo in architettura significa la fine del razzismo degli stili: io sono decostruttivista, tu sei minimalista, tu sei postmodernista. Di questo non parliamone più, sono le riviste a parlarne, perché devono vendere, ma questo non fa parte del discorso europeo. Da un lato bisogna trovare degli elementi, delle configurazioni, dei simboli, un’emblematica dove sia riconoscibile un luogo specifico. Dall’altra avere la presenza di altri elementi che la legano a questo grande campo europeo: esiste una contestualità, ma deve esistere anche una posizione sovversiva. Questo vale per l’architettura, l’arte invece è un’altra cosa: un artista deve odiare il mondo per poterlo cambiare, l’artista che va al compromesso non è un artista, ma è un poveraccio. L’architettura no, perché è l’arte del compromesso. Per esempio come architetto mi vedo venire addosso tutti questi nuovi mercanti, come gli investitori che vogliono fare i mall, i grandi centri commerciali. So che devo rispondere con il mio sapere a quella che per me è una provocazione, devo rispondere a una concezione di vita che non mi piace
con la forza quasi animale delle mie convinzioni per immettere il concetto di etica in quella cornice mercantile. Qui sta il gioco. A volte un gioco di grandi furberie.” Un ulteriore sintomo ” della progressiva adesione all’instupidimento collettivo” è purtroppo offerto dai progetti presentati nell’ambito dei Piani Integrati d’Intervento, come rilevava Giacomo Borella sul “ Corriere della Sera” del 24 novembre nel Sopralluogo metropolitano intitolato “ Che delusione quei 70 progetti” . “ La mostra Progetti per Milano i programmi Integrati d’intervento che l’assessore Verga ha inaugurato lunedì scorso all’Urban center è importante e formativa: tutti i cittadini interessati al destino della loro città dovrebbero visitarla, gli studenti di architettura in particolare. Per capire il perché, bisogna fare un passo indietro: i Programmi Integrati d’Intervento (P.I.I.) sono strumenti urbanistici istituiti dalla legge regionale 9/99 per sbloccare il recupero di aree dismesse di proprietà privata, attraverso una procedura speciale e veloce che consente ampie deroghe rispetto al piano regolatore, sotto il controllo dell’Amministrazione pubblica. Dopo l’infornata dei P.R.U., i settanta P.I.I. approvati o in fase di approvazione rappresentano le principali occasioni di trasformazione della città, forse le ultime disponibili, almeno all’interno del perimetro della città compatta. Essi costituiscono l’asse portante del Documento d’inquadramento Ricostruire la Grande Milano varato dalla Giunta due anni fa: la mostra che espone i primi venti P.I.I. è anche l’occasione per valutare i primi risultati di quel documento. L’esito è semplicemente sconfortante: tranne che per il progetto di Montecity – Rogoredo e per parte di quello Marelli – Adriano – per i quali, per quanto ampiamente discutibili e criticabili, si può parlare di architettura, la mostra offre un panorama a dir poco indecoroso, più simile a una televendita immobiliare che a un laboratorio progettuale di una metropoli europea, e testimonia il profondo baratro esistente nel nostro paese fra la committenza, e l’architettura intesa come cultura, servizio, ricerca. E i committenti sono i più svariati: si va dalla piccola propriet à al mondo cooperativo, dai grandi raggruppamenti finanziari alle Ferrovie Nord Milano, (che presentano una proposta tragicomica per Affori). L’incredibile povertà architettonica di questa mostra e i cliché a buon mercato che questi progetti ci propinano gettano una luce beffarda e paradossale sul Documento di inquadramento, che a pag. 144, al punto 9 (promuovere e controllare la qualità architettonica degli spazi pubblici) raccomandava a proposito dei P.I.I.: negli interventi di trasformazione urbana e di riqualificazione la qualità architettonica deve essere un elemento di primaria importanza” .
Libri, riviste e media a cura della Redazione
Franco Purini, Livio Sacchi (a cura di) Dal Futurismo al futuro possibile nell’architettura italiana contemporanea Skira, Milano, 2002 pp. 352, € 55,00 Fredi Drugman, Luca Basso Peressut, Mariella Brenna (a cura di) Il museo della cultura politecnica. Luoghi del sapere, spazi dell’esporre Unicopli, Milano, 2002 pp. 319, € 30,00 Gian Paolo Corda (a cura di) La città policentrica lombarda. Correlazione tra sviluppo urbano e reti di trasporto dal 1888 ad oggi Franco Angeli, Milano, 2003 pp. 128, € 15,50 Provincia di Milano, Claudio Febelli (a cura di) Il paesaggio agrario Franco Angeli, Milano, 2003 pp. 128, € 22,50 Matteo Bolocan Goldstein (a cura di) Trasformazioni a Milano. Pirelli Bicocca, direttrice nord-est Franco Angeli, Milano, 2003 pp. 192, € 19,00 Emanuele Severino Tecnica e architettura Raffaello Cortina, Milano, 2003 pp. 126, € 8,50 Luca Monica (a cura di) La critica operativa. Il suo contributo alla costruzione di un linguaggio dell’architettura Unicopli, Milano, 2003 pp. 204, € 18,00 Giacomo De Amicis Giulio Minoletti. Mensa impiegati alla Bicocca Unicopli, Milano, 2003 pp. 80, € 10,00 Augusto Morello Le Marche, i Guzzini e il design Electa, Milano, 2003 pp. 128, € 25,00
Tutto sulle parcelle
Archivi storici milanesi
Alle volte capita
L’opera è intesa come un manuale che guida alla (difficile) comprensione delle regole di stesura delle parcelle professionali e del calcolo degli onorari, per le diverse tipologie di incarico: nuova edificazione, ristrutturazione, direzione lavori, progetti d’arredo, progetti integrali e coordinati, prestazioni in campo urbanistico, sicurezza cantieri, consulenze, per committenze sia private che pubbliche. Fornisce inoltre delle esemplificazioni realizzate con una versione di valutazione su Cd Rom del programma Edilbit. Gli schemi sono aggiornati secondo le ultime tariffe approvate per gli incarichi di committenza pubblica ed espressi in Euro. Innanzi tutto il libro distingue tra le competenze proprie degli architetti, degli ingegneri e dei geometri, quindi propone un capitolo – da leggere attentamente – che rende esplicito il carattere e la speciale mansione a cui è destinato un professionista – rispetto alla legislazione – anche elencando le voci prestazionali che vanno a comporre un lavoro pubblico, di progettazione edilizia, di urbanistica, per la sicurezza, ecc. Con i “ criteri di calcolo degli onorari” si spiega la formula di “ interpolazione lineare” da applicare alle percentuali; il diritto alle maggiorazioni e alle spese sostenute; quindi il metodo da applicare per gli incarichi di variante, le perizie, i progetti stralcio, la contabilità, la direzione artistica. Ci sono poi esempi di parcelle; le modalità per redarre e sostenere le proprie richieste di pagamento; mentre in appendice sono riportate le normative di riferimento.
Il volume presenta i documenti esistenti presso l’Archivio Storico Diocesano di Milano. La raccolta di documenti della Chiesa Milanese inizia ai primi secoli, ma solo nel XVI secolo, con la riforma dell’intera struttura religiosa voluta dal Cardinale Carlo Borromeo, si pongono le basi per una vera raccolta archivistica. Si tratta di un ricchissimo fondo contenente disegni di architettura e mappe cartografiche, diviso in diverse sezioni con documenti che arrivano fino al primo ‘900. La sezione che conserva la maggior parte di disegni d’architettura e territorio è quella delle “ Visite Pastorali” . Essa consta di qualche migliaio di disegni distribuiti in 2.600 volumi. I disegni d’architettura, nell’insieme quasi tutti rilievi di edifici sacri esistenti, erano redatti per presentare chiese da visitare, oratori da modificare o da rinnovare secondo le nuove norme liturgiche. Un altro documento che accompagnava la preparazione delle Visite Pastorali, compiute dall’arcivescovo, era costituito da materiale cartografico. Le mappe riguardano i territori delle pievi che dovevano venire attraversati; esse indicano la presenza di strade, corsi d’acqua, ponti, distanze fra i borghi e le loro chiese. Entrambi i documenti, sia i disegni che le mappe, sono realizzati con varie tecniche di rappresentazione grafica, dalle proiezioni ortogonali alle prospettive a volo d’uccello. Anche le altre sezioni archivistiche contengono materiale di altissimo interesse per lo storico del territorio. Esse consentono di ricostruire la situazione della campagna milanese, dal XVI secolo fino ai giorni nostri, con descrizioni accurate non solo dell’organizzazione degli edifici religiosi ma anche dell’insieme degli insediamenti, dei borghi, della realtà agricola e delle infrastrutture.
Alle volte, capita, curiosando tra le cose che ci sembra ci appartengano già, di trovarne invece alcune come difficili da ricondurre a qualcosa che conosciamo. Esercizio all’osservazione, pratica di mestiere, deformazione. Tuttavia sono le differenze, o forse il bilico tra noto e ignoto, ciò che ci sorprende sempre; ciò che ci dà il senso della scoperta e con essa il senso stesso del nostro mestiere, misura lenta ma fluente della vita che scorre e dei suoi modi più o meno consolidati, un mestiere dove l’innovazione è lenta. Il non-finito di palazzo Farnese affascina Lecis e noi mentre ferma, come in una istantanea, la vita dell’opera – come un momento interrotto del tempo – ma, superato lo stupore, vorremmo andare avanti noi, capire come si fa, continuare a fluire nel tempo della costruzione con i costruttori che ci hanno preceduto. Non è un caso, credo, che il primo numero di “ Aión, rivista quadrimestrale di architettura che affronta i temi cruciali della cultura contemporanea” , tratti del tempo del mito, dell’aión appunto, del tempo di ciò che “ è sempre senza divenire” opposto (o sottoposto) dal direttore Massimo Fagioli, al kronos, il tempo che passa. Sono la storia, la città, la casa, la materia e la vita dell’architettura che si nutre di se stessa? La questione è posta. Non si tratta di una domanda retorica, né di una nostalgia romantica, forse di un’assenza, manifestata, ribadita, attraverso le scelte, grafiche ed editoriali di una redazione piccola, fuori dai grandi cori, e forse per questo, fortunatamente, dalle “ grandi opere” . L’affezione per Krier, suo il primo progetto in ordine di pagine, fa venire in mente l’esperienza degli Archive d’Architecture Moderne; il dado è tratto, il prossimo numero “ Tecnica e/o architettura” , ci dirà di più.
Roberto Gamba
Carlo Lanza Le parcelle degli architetti e degli ingegneri. M anuale per il calcolo degli onorari e per la compilazione delle parcelle Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2002 pp. 178 + Cd Rom, € 52,00
Manuela Oglialoro
Giuseppe Mazzeo
Adele Buratti Mazzotta (a cura di) I Disegni dell’Archivio Storico Diocesano di Milano Biblioteca di via Senato, M ilano, 2002 pp.168, volume fuori commercio
Aión rivista quadrimestrale di architettura diretta da Massimo Fagioli Aión, Firenze, € 18,00
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Spazio e tecnologia nell’architettura
I quartieri milanesi del dopoguerra
Comporre il silenzio
“Maestri americani”
Catia non è una musa ispiratrice e probabilmente pochi di noi la conoscono: è l’innovazione che rende possibile l’architettura di Gehry. Attraverso il racconto in prima persona dell’architetto nord-americano arricchito da aneddoti e annotazioni del team progettuale questo libro ci svela, sin dalle prime pagine, il segreto di 23 progetti sviluppati, costruiti e proposti dal 1985 ad oggi. Arte e architettura si fondono sin dall’inizio con le collaborazioni con artisti come Claes e Coosie van Brugger per la realizzazione di “ luoghi urbani” ; non spazi monumentali astratti e monocentrici ma spazi fortemente relazionati con il contesto. Dall’architettura di Frank O. Gehry, sin dalle prime abitazioni californiane è comune recepire la forza plastica, l’originalità della forma senza attendersi altro, ma la ricerca dell’architetto sullo spazio costruito e sulla sua rappresentazione o “ anticipazione” è continua e incessante con una maniacale produzione di riduzioni modellistiche sia fisiche che digitali. In questo contesto si inserisce Catia, un programma di modellazione delle forme adattato all’architettura a cui, secondo l’architetto, va parte del merito dell’attuabilità delle sue scelte. Il testo interessante e divertente racconta l’esperienza dello studio Gehry e il rapporto con i committenti di queste opere che possono solo sperare di incontrare un colto e paziente cliente che sappia capire l’uso innovativo delle forme, dei materiali e delle tecnologie sviluppato nel processo progettuale. La monografia è corredata di un apparato iconografico importante con splendide immagini delle opere realizzate anche in fase di costruzione, dei plastici di studio con dettagli raccontati da coloro che hanno diretto il team progettuale, il quale riceve così un ruolo e una visibilità spesso negata da molti maestri dell’architettura: anche in questo Gehry mostra la forte originalità.
Il “ progetto” (mostra+catalogo), si propone di analizzare le trasformazioni (fisiche e dei modi d’uso) della città contemporanea, a partire dal caso concreto di alcuni quartieri milanesi del secondo dopoguerra. Quei quartieri nati per volontà pubblica, come manifesto della nuova democrazia e di una nuova idea di città, che hanno rappresentato uno dei momenti più alti della riflessione della cultura milanese e italiana sul tema dell’abitazione, e che rappresentano ancora, in quanto elementi fisici, costruiti, che si confrontano con la città di oggi, dei modelli discussi ma insuperati. Un obiettivo importante, ambizioso, se si pensa alla crisi dell’architettura contemporanea e all’inadeguatezza dei suoi strumenti progettuali e espressivi, che merita attenzione, ma anche qualche osservazione. Se il libro, infatti, presenta un’analisi storico-critica attenta e ragionata (contributi di P. di Biagi, P. Fareri, F. Infussi, C. Zucchi), la rassegna iconografica sceglie, invece, un approccio “ visibilista” , in cui osservazione e descrizione sono i principali elementi critici, fotografia e video gli strumenti di ricognizione, e si concreta in una sorta di documentario che raccoglie una molteplicità di dati e di informazioni, spesso contraddittori (il rilevamento delle superfetazioni, per esempio, fastidiose all’occhio, ma assolutamente innocue, o del degrado materiale e sociale che è ormai prerogativa di tutta la città), perdendo di vista proprio i valori più importanti di quei progetti, quelli che li rendono attuali e esemplari: la chiarezza dell’impianto, formalmente compiuto e riconoscibile, frutto dello studio delle unità abitative e dei loro sistemi di aggregazione, il rapporto tra edifici residenziali, servizi collettivi e spazi verdi, la struttura e la distribuzione degli alloggi. Valori “ tecnici” , difficili da descrivere senza l’aiuto di una pianta.
Carlos Martí Arís dedica il secondo saggio di questo suo bel volume all’analisi del termine “ avanguardia” . A questo proposito scrive che: “ l’avanguardia in quanto tale, non può continuare in eterno (…) ciò che caratterizza l’avanguardia e nello stesso tempo la distingue da una semplice moda o dall’effimera esaltazione dell’inedito, è proprio la sua capacità di instaurare una tradizione” . Alla fine degli anni ’30 alcuni artisti comprendono che “ l’innovazione in sé non è più garanzia di legittimità artistica, e che la ricerca del nuovo e dell’insolito non rappresenta necessariamente un passo avanti nella conoscenza” . Ciò cui si deve aspirare è il “ superamento degli aspetti meramente individuali” per raggiungere una dimensione espressiva sovrapersonale, da chiunque intellegibile. Il libro ha come obiettivo quello di verificare come alcuni artisti del Ventesimo secolo abbiano costruito la loro opera a partire da questa considerazione. Il “ silenzio” è il fine a cui essi hanno teso. Raggiungere il silenzio significa arrivare a quel punto in cui all’opera non è più possibile aggiungere nulla, giungere cioè alla conclusione della ricerca. Lo strumento mediante il quale è possibile compiere questa operazione è l’astrazione, un processo conoscitivo che permette di “ separare gli aspetti accidentali da quelli essenziali” , che aspira cioè alla rappresentazione dell’essenza dell’oggetto. Senza astrazione non sarà possibile raggiungere il silenzio, non sarà possibile arrivare “ all’affermazione dell’arte come contemplazione, introspezione destinata a svelare il mistero del mondo” . Il libro, composto da una serie di brevi saggi relativi ad alcuni fra i maggiori artisti del Ventesimo secolo, come scrive la curatrice Simona Pierini “ è un libro anche di architettura, non solo di architettura” .
“ Quando si osserva la Natura attraverso le pareti di vetro della Farnsworth House, essa assume un significato più profondo rispetto a quando si sta fuori. La Natura trova così un’espressione più piena, essa diventa parte di un tutto più grande” . Con queste parole Mies van der Rhoe riassume il tema della sua ricerca sulla casa isolata: la volontà di definire un luogo attraverso i possibili modi del rapporto tra architettura e natura. Più o meno consciamente tutte le architetture presentate nel libro sono costrette ad affrontare questo punto, intrinsecamente legato al tema stesso. È il rapporto con il contesto naturale ad essere il motivo primo della costruzione della casa unifamiliare sia urbana che extraurbana. A questo proposito Frampton scrive: “ esiste un genere particolare di edificio che si può classificare come la tipica abitazione americana e di cui si possono trovare numerosi esempi, con piccole variazioni, in tutto il paese” . Apparentemente di questa ricerca poco traspare dagli esempi scelti, di cui è messa in evidenza più la particolarità della singola esperienza che la generalità dell’idea che ne sta alla base. Ne risulta un bel catalogo di esperienze in cui la variante risulta essere il linguaggio, la somma dei punti di vista sul tema della casa isolata nel XX secolo. Ma per riconoscere se è possibile ritrovare in questa esperienza una conoscenza trasmissibile, necessaria a chi progetta, il linguaggio non è che una variabile secondaria. Sotto questo aspetto il libro si astiene dal confronto dei singoli progetti, presentati come esperienze uniche e come tali valutabili nella particolarità della soluzione adottata. Ne risulta così che il concetto di “ modernità” , di cui parla Frampton si riduce all’elencazione dei casi più che nella generalità dei modi dell’operare. Ilario Boniello
Martina Landsberger Silvia Malcovati
Alessandro Trivelli
Gehry Partners, Milfred Friedman (a cura di) Gehry architettura + sviluppo Skira, Milano, 2002 pp. 240, € 24,00
AA. VV. Quartieri M ilano. Un progetto di gruppo A12 + Stephen Waddell Comune di Milano, 2002 pp.162, volume fuori commercio
Carlos Martí Arís Silenzi eloquenti. Borges, Mies van der Rohe, Ozu, Rothko, Oteiza Christian Martinotti, Milano 2002 pp. 174, € 13,00
Kenneth Frampton Capolavori dell’architettura americana. La casa del XX secolo Skira Rizzoli, Milano, 2002 pp. 234, € 24,00
Ricordando Achille Castiglioni Architettura degli allestimenti. Omaggio ad Achille Castiglioni mostra didattica dei modelli realizzati dagli studenti del Laboratorio di Progettazione Architettonica IV Milano, Facoltà di Architettura Civile via Durando 10 23-30 gennaio 2003
a cura di Ilario Boniello e Martina Landsberger
Rassegna mostre
Rassegna seminari
Carlo Mollino. Fiabe per i grandi (1936-1943) Torino, Fondazione italiana per la fotografia e Museo Casa Mollino via Avogadro 4 29 gennaio - 23 marzo 2003
Landscape design Accademia di Belle Arti di Brera via Brera 28 3 febbraio - 24 settembre 2003 www.accademiadibrera.milano.it
Gio Ponti: A World Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6 15 febbraio - 27 aprile 2003 Il novecento milanese. Da Sironi ad Arturo Martini Milano, Spazio Oberdan viale Vittorio Veneto 2 19 febbraio - 5 maggio 2003 Architetture ticinesi nel mondo. Capisaldi e protagonisti Milano, Centro Culturale Svizzero via Vecchio Politecnico 1/3 27 febbraio - 26 marzo 2003 Brixia. Brescia romana. Le Domus dell’Ortaglia. L’Afrodite ritrovata Brescia, Museo di Santa Giulia 1 marzo - 29 giugno 2003 Asfalto. Il carattere della città Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6 4 marzo - 27 luglio 2003 L’immagine della città. Il Novecento architettonico a Bergamo Bergamo, Ex ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Bergamo Alta Biblioteca Angelo Mai, piazza Vecchia 4-30 marzo 2003 Mario Ridolfi. Sessant’anni di architetture in sessanta disegni Roma, Palazzo Carpegna Piazza dell’Accademia di San Luca 77 13 marzo - 19 aprile 2003 Giorgio Grassi. Progetti recenti Milano, Facoltà di Architettura Civile, Milano Bovisa via Durando 10 3-30 aprile 2003 Primo Festival internazionale del Trompe l’oeil Lodi, mostra itinerante 30 maggio - 1 giugno 2003
Il progettista degli spazi del sapere. Metodi, tecniche ed esperienze applicative a Verano Brianza Milano, Politecnico di Milano via Durando 10 6 febbraio - 11 aprile 2003 tel. 0332 235561 La conservazione delle superfici nei Beni Culturali: degrado, materiali e tecniche Milano, Politecnico di Milano piazza Leonardo da Vinci 32 14 febbraio - 20 giugno 2003 tel. 02 23993230 I materiali lapidei ornamentali Ordine degli Architetti di Bergamo e Camera di Commercio di Bergamo Seriate, Sala Edilforum, via A. Locatelli 15 21 febbraio - 4 aprile 2003 tel. 035 297671 Archeologia industriale: aree dismesse e progettazione sostenibile dello spazio pubblico Ordini professionali della provincia di Bergamo marzo - giugno 2003 tel. 329 7257778 La lettura operante del paesaggio Ordine degli architetti di Lecco Lecco, sala Ticozzi via Ongania 4 7 aprile 2003, ore 21: Paesaggio, sviluppo sostenibile e pianificazione territoriale Attraversamenti impiantistici e resistenza al fuoco dei divisori leggeri. Tecnologie disponibili e responsabilità Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano Milano, Palazzo Serbelloni corso Venezia 16 8 aprile 2003, ore 15,30 tel. 02 76003509 Fai-rivivere il paesaggio FAI, Fondo Ambiente Italiano Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6 10 maggio 2003, ore 14 Giulia Alberio: lo spazio pubblico di Sào Paolo Milano, via Confalonieri 10, ore 21
Provo a ricordare Achille Castiglioni. Ho parlato con Achille nel luglio del 2002; volevamo invitarlo ad una delle serate organizzate dall’Ordine degli architetti di Milano sul mestiere di progettista. Non rifiutò, ma disse che preferiva di no, e, come sempre scherzosamente, aggiunse che non c’era niente da dire o da mostrare; il mestiere è mestiere, i risultati sono lì da vedere e poi gli avevano già dato la laurea Honoris Causa al Politecnico e dal punto di vista dei riconoscimenti gli sembrava sufficente. In effetti Achille non era uomo da conferenze o da serate “ culturali” , semmai prediligeva gli incontri casuali, sul lavoro o quelli con i giovani ai quali cercava di comunicare attraverso una didattica scenografica e scoppiettante la sua non-teoria del progetto. Agli elogi postumi preferisco, ora che è scomparso, ripubblicare un breve testo introduttivo ad un colloquio/intervista che gli feci dieci anni fa e che mi appare ancora attuale nel cogliere quei tratti che hanno fatto fino all’ultimo di Achille Castiglioni un maestro. Il giovane Achille “ C’è una cosa nel comportamento di Achille Castiglioni che disarma e anche indebolisce l’interlocutore: la continua sistematica raffinata opera di scherzosa demitizzazione che egli, con “ pensieri parole ed opere” , fa del design: italiano e suo. Devo dire a tutto vantaggio di quest’ultimo. Se lo devo qualificare nel panorama teorico/religioso che la cultura del nostro design ha offerto dal ‘60 ad oggi, Achille è un pragmatico/laico che affronta il design
senza enfasi, senza retorica. Per Achille (e credo anche per i fratelli che purtroppo non ho conosciuto) il progettare è un atto cultural-naturale, a metà tra una felice spontaneità creativa e un raffinato e disincantato esercizio della ragione. Ma prima di tutto ciò la insistente e silenziosa osservazione che il design non è (solo) un problema di linguaggio. Il linguaggio di Castiglioni infatti è fatto di metodo più che di forme. Metodo di accostamento dell’esistente per far scaturire il nuovo con piccoli imprevisti interventi. Metodo di ironica deformazione e straniamento che sposta forme abitudinarie in nuovi luoghi per nuovi significati. Metodo nell’osservazione dell’intelligenza umile e folgorante del design anonimo, grande serbatoio di piccola cultura progettuale. È come se prima di decidere una forma Castiglioni si guardasse sempre attorno per vedere se mai il problema non sia già stato risolto “ altrove” . Così un paralume può ricordare la visiera da linotipista, una lampada il faro di un’auto, un reggivasi un albero, una minicamera tascabile un ciottolo, una lampada una nuvola ... I procedimenti compositivi di Castiglioni sono quelli dell’analogia da una parte e della geometria generativa dall’altra. Il primo concreto quasi teso verso una antropologia del design, il secondo astratto e immateriale raggiunge l’essenzialità del meccanismo come puro segno. Non a caso nell’allestire la mostra su se stesso, Castiglioni ha fatto della geometria analogica usando come materia prima il suo stesso design; come a dire che in fondo gli oggetti se hanno una forma è quasi un accidente e che esporla può essere addirittura sconveniente. Meglio giocarci a fare altre cose, come il bambino che con i cuscini di un divano e due sedie fa una automobile in salotto. Mica male per essere uno nato nel 1918” . Cit. da: “FLARE” n. 7, ottobre 1992 Franco Raggi
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In quale stile dobbiamo costruire? Nuova architettura tedesca. Per una modernità riflessiva Triennale di Milano, viale Alemagna 6 14 gennaio - 14 marzo 2003
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Quello che si chiedevano i tedeschi due secoli fa, sembra lecito domandarselo anche a proposito di questa mostra in arrivo dalla Germania, che si pone l’obbiettivo di presentare i capisaldi della recente architettura tedesca (1996-2002) attraverso 25 opere selezionate da due giurie, una locale e una internazionale. Il catalogo si completa con l’analisi dell’opera di dieci maestri delle generazioni precedenti (tra cui Ungers, Kleihues e Boehm), tentando un’analisi generazionale, da cui non emergono chiari criteri di selezione delle opere. Una mostra di prototipi emblematici, forse, comparabili per la loro qualità superiore a quelli dell’industria automobilistica, come sottolinea il curatore, che, nella perfezione esecutiva del dettaglio, esprimono di fatto le difficoltà di una generazione in cerca di una propria identità, sostenitrice di un pluralismo linguistico contrapposto a una comune ricerca di contenuti. La sfiducia nella dimensione urbana e nelle ricostruzioni critiche della città storica, la riduzione alla scala architettonica, l’interesse esclusivo per le opere realizzate o in fase di costruzione, contraddistinguono un’architettura, che volutamente non crede nell’invenzione, ma nella rielaborazione di esempi già visti: dagli aspetti citazionisti delle architetture berlinesi (il grattacielo espressionista di Kollhof, i caratteri industriali dei completamenti urbani dei Kahlfeldt, l’impianto razionalista della scuola di Dudler), al virtuosismo monumentale alla francese dei progetti di Dresda (la biblioteca degli Ortner e la sinagoga); dal riuso di tecniche costruttive tradizionali in legno e nuovi sistemi ecologici, sulla falsa riga di esempi svizzeri e austriaci (quartieri residenziali di Bamberga, Neuenbürg e Weimar), ai riferimenti internazionali ad alto contenuto tecnologico (le macchinose architetture di Monaco e Amburgo). Nonostante il dichiarato rifiuto di ogni intento stilistico resta il dubbio se la mostra non intenda di fatto promuovere un campionario di nuovi modelli formali nel nome di una Germania più riflessiva e anti-ideologica. Michele Caja
Obiettivo kARTell
Agricoltura e pianificazione
Un concorso per Brescia
kARTell - 150 items, 150 artworks Triennale di Milano, viale Alemagna 6 31 ottobre 2002 - 5 gennaio 2003
Funzioni e pianificazione del territorio rurale convegno organizzato dalla Regione Lombardia e dal Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura via Bonardi 3 16 dicembre 2002
Abitare a Brescia Brescia, Istituto tecnico per geometri “ N.Tartaglia” via Oberdan 12/e 3 - 15 febbraio 2003
In occasione della presentazione del libro kARTell, che raccoglie 150 fotografie di prodotti dell’omonima azienda realizzate da artisti di fama internazionale, F. Laviani cura un allestimento di notevole impatto ed interesse, che supera la consueta esposizione delle mostre fotografiche per praticare una “ messa in scena” del libro, del leggere e del vedere. Laviani non espone le foto, ma i 150 libri che le contengono (aperti ogni volta su una pagina differente secondo ordine progressivo e poggiati su altrettanti leggii), e lo fa in modo tale che essi traccino materialmente un percorso visivo che riproduce l’andamento sequenziale dello scrivere-leggere. Ma seguire l’itinerario espositivo significa, in realtà, evadere dalla secca linearità della scrittura e dalle rette regole imposte dalla logica razionale per esplorare altre direzioni. Così, passo dopo passo, fotografia dopo fotografia, il filo del racconto si aggroviglia e la trama (la rete di leggii che ordina i libri) viene a coincidere con la mappa di un mondo dalla geografia paradossale dove gli oggetti sconfinano oltre i bordi della pagina, oltre i limiti della propria ragione d’uso, guadagnando vie di fuga dal reale. Secondo l’interpretazione degli artisti, l’oggetto comune viene dislocato dal proprio contesto abituale per riapparire ad altra, inaspettata, latitudine semantica, in virtù di sorprendenti relazioni associative. La strategia di straniamento ricercata è declinata quasi sempre nella direzione di un effetto ironico. È un gioco, ma è un gioco d’azzardo che osa sovvertire abitudini e convenzioni d’uso del quotidiano e della sua fenomenologia. Ne risulta un’enciclopedia dell’immaginario, dei modi e dei mondi possibili con cui ripensare l’esperienza della nostra realtà industrializzata. Sonia Milone
“ Funzioni e pianificazione del territorio rurale” è il titolo del convegno svoltosi presso il Politecnico di Milano, organizzato dalla Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia in collaborazione con il Dipartimento di Architettura e Pianificazione del Politecnico di Milano per illustrare i risultati di un lavoro avviato nel 1998 e per avviare una riflessione sui temi della salvaguardia delle aree agricole e sui relativi strumenti di analisi e intervento. Nel corso dell’incontro sono stati presentati i progetti sviluppati in questi anni: il documento metodologico Sal.Va.Te.R (Salvaguardia e Valorizzazione del Territorio Rurale), il progetto Osserva.Te.R. (Osservatorio del Territorio Rurale) e le Linee di pianificazione per un uso sostenibile del territorio rurale. L’intento è quello di arrivare alla definizione di indirizzi “ per la pianificazione ed il controllo delle trasformazioni del territorio rurale nonché instaurare un nuovo rapporto tra agricoltura, conservazione del paesaggio e dell’ambiente e le nuove esigenze del tempo libero” . Uno degli obiettivi del Piano Regionale di Sviluppo della Regione Lombardia, “ Nuovi strumenti di governo del territorio” , stabilisce come, presupposto fondamentale per la pianificazione, sia la conoscenza del territorio agricolo. A tal fine è stato predisposto uno strumento fondamentale per la lettura delle forme dello spazio regionale: l’Atlante dei caratteri del territorio rurale lombardo attraverso cui si definiscono le specificità e le vocazioni delle diverse situazioni territoriali. Tra i vari interventi, al convegno sono state illustrate anche alcune esperienze di pianificazione delle aree rurali svolte all’estero e in Italia, in particolare nel nord-ovest europeo e in Veneto. Manuela Oglialoro
Abitare a Brescia è il titolo dell’esposizione inaugurata sabato 1 febbraio 2003. Il titolo è affiancato da un significativo sottotitolo: Le nuove forme dell’abitare. L’esposizione illustra ed introduce il visitatore al tema degli interventi di edilizia residenziale pubblica previsti nei nuovi quartieri di San Polo e Violino promossi dal Comune di Brescia, Settore Interventi Speciali sul Territorio. Oggetto della mostra sono i progetti preliminari elaborati da gruppi di professionisti in associazione temporanea, espressamente incaricati dalle cooperative edilizie e dalle imprese di costruzione che hanno partecipato al bando per l’assegnazione delle aree edificabili. Tre potrebbero essere le parole chiave per spiegare il carattere dell’iniziativa rappresentata nella mostra. Il quartiere urbano, è inteso come la città di fondazione, compiuta, sia a livello formale degli spazi che a livello prestazionale, in termini qualitativi, degli standards urbanistici e dello spazio pubblico. La centralità del progetto architettonico, come interprete principale dell’idea di città, formalizzata nel disegno urbano del quartiere predisposto nello strumento d’attuazione del P.R.G. La qualità, come il presupposto centrale dell’iniziativa che trova nelle risposte progettuali riscontri nella qualità edilizia, tipologica e costruttiva, e infine nel carattere di sostenibilità delle soluzioni architettoniche proposte, tesi tutti a garantire la qualità complessiva dell’ambiente urbano e sociale. In conclusione, la qualità alta e l’attualità delle risposte progettuali presente nella mostra – considerata la condizione disciplinare dell’architettura in Italia – può testimoniare la responsabilità e la dimensione sociale dell’intesa multipla tra gli ambiti amministrativo, progettuale ed operativo sul piano della cultura del progetto urbano e della gestione del territorio a Brescia. a cura del Settore Interventi Speciali sul Territorio del Comune di Brescia
Le città in/visibili Triennale di Milano, viale Alemagna 6 5 novembre 2002 - 9 marzo 2003 Il massimo splendore della polis greca venne raggiunto allorché, tramite un processo di “ visibilizzazione” , la vita sociale e il dinamismo urbano all’interno di essa si svolsero sotto forme visibili e rapporti diretti. La stessa nascita della tipologia del tempio, o meglio, di certa musealità templare, viene fatta risalire a quel processo di democratizzazione grazie al quale i simboli religiosi, i sacra e gli idoli della casa, proiettati oltre le mura domestiche e collocati negli spazi del tempio, divengono appunto oggetto dei nuovi culti ufficiali e pubblici della città dove, come voleva Aristotele, “ tutto è a portata di sguardo” . Ma seguendo la storia dello sviluppo della città, parallelamente a tale istituzionalizzazione collettiva del culto degli dei e dell’assetto morfologico della polis ellenistica si formano, a partire dal VI sec., movimenti e raggruppamenti spirituali alternativi; i culti e le religioni misteriche che, rinnegando il potere civilizzato aspiravano ad una polis altra, vasta, diffusa e senza alcun limite geografico. Una polis che Lewis Mumford ha def init o come “ non di quest o mondo” ma con una pluralità di sedi fisiche sparse tra Oriente ed Occidente, accomunate dal rifiuto del potere e delle religioni ufficiali. Civiltà marginali dunque ma per ironia della sorte, premonitrici di quel destino che l’urbe romana, trasformandosi prima in megalopoli e poi, al crollo dell’impero, in
necropoli di se stessa, riserverà all’ideale di democrazia della civiltà ellenica. Sulle ceneri di un impero o meglio, di un assetto urbanistico universalmente valido, prendono forma a loro modo le “ città invisibili” di Calvino il quale, sezionando come in un opera di scavo l’idea stessa di città e della sua rovina riesce, con lucida ironia a tracciare un nuovo destino o quantomeno una nuova lettura di quella grande invenzione umana che è la città. Per lavorare scientificamente su ciò che non è a portata di sguardo, Calvino fa sua una tecnica della rappresentazione grafica: la sezione, o meglio lo spaccato urbano. Tecnica questa che fa sì che le città fantasticate ed almanaccate da Calvino, pur facendo a pezzi l’unità originaria dell’organismo urbano da cui derivano, mostrino ancora i segni stravolti o fluttuanti ma inaspettatamente leggibili di usanze urbane e valori civici ormai perduti e lontani nel tempo. Se dunque Calvino per mezzo di una scrittura grafica riesce a visitare le parti più inaccessibili di un ordine ormai perduto, a Gianni Canova e agli allestitori della mostra Le città in/visibili spetta il merito, coraggiosissimo, d’aver messo in mostra l’inafferrabile. La città post-antropica, la città idraulica, la città razionale, la città immondezzaio, la città degli sguardi, la città del ritorno, la città acustica, la città gomitolo, la città virtuale, la città sospesa, la città delle illusioni ottiche, ognuna ritratta da uno specifico allestimento tematico, hanno trovato sede nei locali della Triennale, metterle a fuoco non è impresa facile; la città, si sa, anche scattando a 1/1000 di secondo, viene mossa. Matteo Baborsky
“Mi piace questo mestiere” Luigi Caccia Dominioni. Case e cose da abitare. Stile di Caccia Verona, Museo di Castelvecchio 7 dicembre 2002 - 9 marzo 2003 La mostra sul lavoro di Luigi Caccia Dominioni, curata da Fulvio Irace e Paola Marini, è allestita a Verona al Museo di Castelvecchio, in una contiguità spaziale che propone un ideale dialogo fra l’architettura dell’architetto milanese e l’opera del grande “ antiaccademico” Carlo Scarpa. Il quale, come Caccia, ha anch’egli messo al centro della sua attività il “ mestiere” piuttosto che la partecipazione al “ circuito mediatico” dell’architettura. Una mostra il cui particolare valore è quindi innanzitutto quello di proporre all’attenzione l’operosa attività di Caccia che non è stata spesso oggetto di interpretazioni critiche, per una certa dichiarata e ricercata eccentricità rispetto al dibattito accademico e per la stessa ritrosia dell’architetto ad esporre sé ed il suo lavoro. La trattazione dell’opera di Caccia è stata infatti sino ad ora episodica, pur se ha visto nel corso del tempo susseguirsi autorevoli contributi, dagli articoli di Ponti – la mostra si intitola Stile di Caccia, riprendendo il titolo di uno dei famosi articoli di Ponti sulla rivista “ Stile” – agli articoli di Rogers, Gentili Tedeschi, Patetta, Vercelloni, sino ai più recenti saggi dello stesso Irace e di M. A. Crippa. L’architettura di Caccia si è quindi sempre rappresentata soprattutto nella stessa costruzione della città, in particolare quella di Milano, e lo studio degli edifici costruiti è ancora forse il migliore modo di confrontarsi con essa (si veda a questo proposito l’itinerario pubblicato da “ Domus” qualche anno fa). In questo senso la mostra rimane, nonostante la sua qualità e le belle fotografie di Gabriele Basilico, lontana dalla forza urbana e costruttiva di quegli edifici. Essa riesce invece ad essere più efficace nell’esposizione degli oggetti, degli ar-
redi, degli elementi costruttivi, come esemplificativa rappresentazione di una attenzione al dettaglio, allo stesso tempo semplice e innovativo, che nelle architetture si traduce a volte nello studio della posa del serramento rispetto alla facciata oppure nell’attenzione al disegno di un parapetto o nell’esatta collocazione di un pluviale. L’allestimento della mostra propone inoltre una interessante ricognizione sui progetti di Caccia attraverso ingrandimenti di disegni planimetrici che illustrano il tema dell’architetto “ piantista” , sottolineato da Caccia stesso in una nota intervista che gli fece Eugenio Gentili Tedeschi nel 1963 su “ Abitare” . L’esposizione di queste planimetrie è organizzata attraverso l’individuazione di una serie di modalità compositive che strutturano la presentazione degli stessi materiali anche nel ricco catalogo edito da Marsilio. L’intendere il disegno di pianta come soluzione – non solo funzionale ma anche decorativa e di rappresentazione sociale – alle particolari esigenze di chi abita ogni singolo “ appartamento” , tema caratteristico del progetto dell’edificio a “ condominio” , manifesta anche l’importanza nel lavoro di Caccia Dominioni del rapporto con il committente. Questione che affiora a più riprese nel bel colloquio fra l’architetto e Fulvio Irace pubblicato sul catalogo. “ Chi ha bisogno di avere una casa fatta su misura, a misura del luogo e della famiglia. Quello per me è il committente ideale: più ha esigenze e più sono motivato, perché più informazioni mi trasmette e meglio lavoro. Io cerco di fare la casa come uno sente di averne bisogno; siccome il mio è un servizio, conoscere le motivazioni del committente mi aiuta a svolgere il mio compito al meglio” . Una bella lezione sul “ mestiere” che indica, con esemplare semplicità, come questo lavoro abbia sempre al suo centro il progetto, risposta tecnica e disciplinare a problemi precisi. Maurizio Carones
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Al di sotto della superficie urbana
Carlo Morandotti e Pavia di Vittorio Prina
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L’opera di Carlo Morandotti è limitata all’ambito della città di Pavia ove negli anni Trenta diventa uno dei principali progettisti di opere pubbliche. Negli anni Venti i suoi progetti sono caratterizzati da una cifra stilistica affine al classicismo e all’eclettismo e solo successivamente, negli anni Trenta, si converte al razionalismo, anche se il suo linguaggio è spesso appesantito da stilemi mutuati da un novecentismo storicistico tipico dell’architettura di regime e affine all’opera del Piacentini bresciano. Durante gli anni Trenta riceve gli incarichi più prestigiosi per la progettazione degli edifici cittadini di maggior importanza, quali la sede dei Nuovi Uffici Comunali, del Palazzo del Governo e dell’Amministrazione Provinciale; i suoi interventi
non sono caratterizzati da una particolare attenzione per la conservazione di edifici storici anche di pregio, spesso eliminati, ma hanno la peculiarità di proporre soluzioni che interessano parti intere di città che vengono ripensate al fine di dare loro una nuova conformazione. Nel 1933 vince il concorso per il Piano Regolatore, caratterizzato da alcune buone soluzioni ma anche da una previsione di sviluppo urbano ipertrofica e da una eccessiva pratica di sventramenti motivata da esigenze di risanamento e di valorizzazione dei principali edifici monumentali. In seguito ad alcune controversie il Morandotti rinuncia successivamente all’incarico e il progetto viene utilizzato e modificato dall’Ufficio Tecnico Comunale per la redazione di nuovo piano. Al Mo-
randotti sono in seguito affidati incarichi per la progettazione urbanistica di quartieri di nuova formazione e per la sistemazione di alcuni spazi urbani. Biografia Poche sono le informazioni relative alla vita di Carlo Morandotti. Nasce nel 1895. Opera soprattutto a Pavia dove è presidente della Commissione edilizia. Vince nel 1934 il Concorso per il Piano Regolatore di Pavia. Muore nel 1940. Altre realizzazioni non comprese nell’itinerario sono: • casa Storti in via Menocchio del 1923, • casa Varesi in via Trento del 1923, • Palazzina Necchi in corso Matteotti del 1924-29 (demolita), • il Campo Sportivo Comunale
lungo l’alzaia del Naviglio in frazione San Giuseppe del 1928-29, • il Rione Castello – stralcio di P.R.G. – a Città Giardino (con l’Ufficio Tecnico Comunale) del 1935, • il quartiere sud-ovest – stralcio di P.R.G. – (con l’Ufficio Tecnico Comunale) del 1935-36, • la sistemazione di piazza del Municipio e della via Scopoli del 1936, • gli studi per la strada congiungente piazza del Municipio con piazza Ghislieri del 1937. Bibliografia Carlo Morandotti, Piano Regolatore di Pavia, Soc. An. Arti Grafiche, Alfieri e Lacroix, Milano 1934; Donata Vicini, Pavia Materiali di storia urbana. Il progetto edilizio 1840-1940, E.M.I., Pavia, 1988.
1. Quartiere “Villetta”, 1922 Pavia viale Trieste
2. Edificio per I.N.C.I.S., 1930 (con ing. Angella) Pavia viale XI Febbraio
3. Sistemazione della piazza Leonardo da Vinci e Nuovo Istituto per Cure Ambulatoriali, 1932-34 Pavia
4. Piano Regolatore di Pavia, 1933-37 (progetto vincitore del concorso-motto: “ Regisole” )
1. Le prime proposte per il quartiere risalgono al 1911; solo nel 1922 viene realizzato il progetto del Morandotti che compone quattro blocchi a tre piani a delimitare una corte aperta interna. Una semplicità morfologica, distributiva e compositiva caratterizza l’intervento che denota una cifra stilistica eclettica non ancora interessata dalla successiva adesione del Morandotti al razionalismo. I prospetti sono caratterizzati da un doppio zoccolo, da un primo livello a bugnato costituito da fasce parallele in intonaco, da una gronda aggettante e da cornici decorate alle finestre.
2. La costruzione dell’edificio I.N.C.I.S. prevede l’abbattimento del salone visconteo per il gioco della palla; viene edificato a fianco dell’edificio costruito dallo I.A.C.P., del quale riprende alcuni caratteri stilistici, completando la cortina edilizia lungo il viale e lasciando uno spazio per la formazione di una nuova strada in direzione della piazza San Pietro in Ciel d’Oro. L’edificio è costituito da un corpo centrale a cinque piani e da due ali laterali simmetriche a quattro piani; il prospetto principale è caratterizzato da un grande basamento a bugnato che riveste i primi due piani, da un portone centrale d’ingresso sormontato da un loggiato con balcone e bucature ad arco con motivi ornamentali affini al manierismo e da un coronamento costituito da una fascia ornamentale corrispondente all’ultimo piano. La distribuzione degli alloggi è convenzionale e non innovativa. Le caratteristiche progettuali e di linguaggio corrispondono al periodo in cui il Morandotti non si è ancora convertito alla corrente razionalista.
3. L’edificio che ospita l’Istituto completa ad angolo la cortina edilizia prospiciente la piazza; i prospetti sono caratterizzati da una fascia centrale ritmata da finestre con cornice e sfondati di due dimensioni ad ornamento; un cornicione aggettante conclude l’episodio ed è sormontato da una sopraelevazione con finestrelle e gronda sporgente. Il progetto di sistemazione della piazza prevede l’acquisizione del giardino del palazzo del Majno, la demolizione del muro di cinta, l’isolamento dell’antica torre e l’ampliamento e riordino della piazza con il disegno di aiuole a connessione delle preesistenze architettoniche quali le torri, alcuni reperti e la cripta di Sant’Eusebio.
4. “ Il progetto ha studiato le divisioni in zone tenendo a base i seguenti concetti: scegliere per ogni destinazione i terreni più adatti allo scopo (...); non sconvolgere l’attuale embrionale divisione della Città; porre le zone industriali in vicinanza della ferrovia; dare buon sviluppo alle zone del verde sfruttando le sedi dei due Colatori Navigliaccio e Vernavola che circondano la città e le sponde del Ticino (...). Creare (...) tre parchi verso l’esterno distribuiti con equidistanza; prevedere la creazione di nuclei urbani satelliti in seno ai nuovi Quartieri; prevedere nella zona piana a Nord del Castello lo sviluppo di un nucleo di edifici pubblici; raggruppare le zone degli sport e dei divertimenti in prossimità del Ticino; mantenere (...) una proporzione pressoché costante nell’aumento delle superfici per gli ampliamenti. Il Progetto evita le demolizioni intese al solo scopo di isolare i monumenti. Per contro ha cura di lasciare integro l’ambiente circondante i più caratteristici monumenti dell’arte romanica (...). Si considera invece l’opportunità di creare una larga visione panoramica del Castello, del Duomo e del Collegio Borromeo. (…) Il Progetto ha seguito il principio di mutare il meno possibile l’antico centro” (da: C. Morandotti, Piano Regolatore di Pavia, Alfieri e Lacroix, Milano 1934). “ Il progetto Regisole senza dubbio è superiore a tutti per l’imponenza del materiale raccolto (...). Veramente eccezionale è la mole degli studi fatti (...). E ne risulta, pertanto, utilissimo contributo recato alla soluzione del grande tema del piano regolatore. Per questo la Commissione ha ritenuto di assegnare a tale progetto il primo premio, anche (...) rilevando nella concezione generale una certa megalomania nell’eccessivo sviluppo dato all’ampliamento della città (...). E (...) l’inopportunità di alcuni tracciati diagonali di nuove strade che violentano l’attuale ordinato andamento ortogonale della rete viaria” (dalla relazione della Comm. Giudicatrice).
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5. Nuovi Uffici Comunali, 1934-38 Pavia piazza del Municipio
6. Convento dei frati minori di Santa Maria in Canepanova, 1935-36 Pavia via A. Negri via Foro Magno
7. Primo progetto per la Cassa Edile, 1936 Pavia viale N. Sauro
8. Sistemazione e ampliamento delle sedi della R. Prefettura, Amministrazione Provinciale, R. Questura, Caserma Agenti di P.S., 1936-39 Pavia piazza Italia piazza Guicciardi
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5. Il progetto prevede la sistemazione del settecentesco palazzo Mezzabarba e degli edifici retrostanti, la realizzazione di un nuovo complesso ad est, demolendo alcuni edifici addossati all’oratorio dei SS. Quirico e Giuditta, e la creazione di una nuova piazza retrostante al palazzo; di tutto questo sarà realizzato solo un primo lotto. Due corpi principali, il più interno affiancato al palazzo Mezzabarba, il secondo inclinato a seguire la giacitura di via Scopoli – che presenta un volume semicilindrico per la scalinata principale – posto in tangenza all’altro volume dell’abside dell’oratorio, sono incastrati tra loro; nel punto di unione una scala a chiocciola, con torrino superiore, serve tutti i piani. Al centro di questi corpi vi sono saloni con sportelli per il pubblico, lucernai in vetro mediati da una soletta piana in vetrocemento e grande profusione di rivestimenti marmorei. La testata del corpo che affianca via Scopoli, in cui c’è l’ingresso principale, presenta un magniloquente volume rivestito in ceppo con lesene e inserti con bassorilievi, con monumentale scalone, portale e atrio. Elemento di mediazione tra il nuovo volume e l’oratorio è un arengo in forma di torre stretta con alta base in ceppo – unico elemento realizzato – e sottile corpo conclusivo in bugnato con finestre circolari e pennone. Il prospetto su via Scopoli, che prolunga la testata monumentale, ha un basamento in pietra bianca, una parte mediana con fasce verticali a sfondato in ceppo inglobanti le finestre con cornice, e un coronamento in intonaco con bucature orizzontali. Il progetto denota abilità nel comporre volumi e spazi e nel presentare soluzioni distributive soprattutto nei corpi interni che mostrano un linguaggio semplificato, al limite tra razionalismo e novecentismo, mentre i prospetti più rappresentativi mostrano l’adozione di un pesante “ stile littorio” .
6. L’ampliamento è costituito dall’accostamento di volumi differenti che si rapportano in altezza al contesto, realizzati in mattoni a vista la cui tessitura è variamente elaborata. Un pilastro con statua in sommità ed un basso volume sporgente con fronte curvo segnano l’angolo con la via secondaria. Il linguaggio adottato si distacca dagli edifici antichi contigui, anche se è caratterizzato dall’uso di stilemi affini allo storicismo.
7. Il Morandotti redige due proposte alternative. La prima, non realizzata, è posta lungo il dislivello tra viale Nazario Sauro e la Roggia Carona deve essere realizzata in due lotti successivi. Un corpo regolare, che dal primo piano forma una C in pianta, aperta verso il viale, presenta un portico al piano terra – elemento addossato al fronte principale – e una propaggine semicilindrica sull’angolo a nord-est. I fronti che prospettano sul viale hanno un basamento in lastre di ceppo e un rivestimento in mattoni a vista con una particolare lavorazione degli sfondati attorno alle finestre; i prospetti secondari sono finiti ad intonaco e presentano bucature regolari. Il piano seminterrato è destinato ad ambulatori per le visite e locali per le terapie; al piano terra l’atrio, con vano scala interno al centro del primo lotto, distribuisce all’alloggio per il custode e agli uffici con sportelli per il pubblico; il primo piano è destinato ad uffici e il secondo ad alloggi.
8. Il complesso occupa un intero isolato grazie alla demolizione del convento dei Gesuiti, della Casa dello Studente e di alcuni edifici; definisce un nuovo assetto urbano con l’apertura di una via e di una piazza; s’affaccia al Palazzo Malaspina ricostruendone un’ala, e ingloba il monastero del Gesù, destinato a sede della Questura. Il Palazzo del Governo è di nuova costruzione unitamente alla torre littoria; la sede dell’Amministrazione provinciale prevede la modifica del prospetto e l’ampliamento con due corpi. L’intero complesso è reso unitario dal rivestimento delle facciate in mattoni, adottato sia per i corpi nuovi che per quelli esistenti. Il rivestimento in lastre di marmo è adottato per il prospetto principale dell’Amministrazione provinciale, con l’ingresso e sovrastante affaccio unificati in un unico episodio. “ La nuova torre è stata adottata per ovviare all’inconveniente derivante dal fatto che il nuovo Palazzo del Governo sarebbe risultato troppo poco visibile dalla Piazza d’Italia e dal Corso Vittorio Emanuele, principale Via cittadina. Sfruttando con la creazione della torre un elemento tipicamente pavese si è poi voluto (...) conferire al Palazzo del Governo quel tono di monumentalità che appare opportuno perché regga il confronto con altri edifici pubblici locali (...) e che non si sarebbe potuto ottenere con la fronte del nuovo edificio perché troppo costretta in un ambiente chiuso e troppo vincolato alla sistemazione viaria ed al carattere modesto delle vicine costruzioni. Nei riguardi dello stile, pur non rinunciando a dare (...) una impronta dei nostri giorni, si è procurato di ricreare una intonazione che si accordi con l’ambient e prevalent ement e classicheggiante” (dalla relazione di progetto).
9. Cassa Edile per le Assicurazioni Sociali e successivo ampliamento, 1937-40 Pavia viale Damiano Chiesa viale Nazario Sauro
10. Progetto delle Scuole Professionali Consiglio Provinciale dell’Economia Corporativa, 1938-39 Pavia via San Martino
11. Scuole Professionali Necchi (ora Istituto I.P.S.I.A. L. Cremona), 1938-41 Pavia via Lodovico il Moro piazza Marconi
12. Piano Edilizio di viale dell’Impero (ora viale della Libertà), 1939-40 (con l’Ufficio Tecnico Comunale) Pavia
9. La seconda proposta, realizzata tra il viale Damiano Chiesa e il viale Nazario Sauro in un’area poco distante, è composta da un volume prismatico principale a quattro piani al quale sono addossati sul retro volumi minori che digradano verso il giardino e composti simmetricamente in pianta rispetto all’asse centrale. Il fronte principale presenta un basamento in ceppo al piano terra, due piani rivestiti in mattoni e l’ultimo livello, di poco arretrato dal filo di facciata, in intonaco come il resto dell’edificio; le bucature sono regolari e accoppiate in verticale a due a due in un disegno che compone un episodio posto al centro del prospetto stesso. Il fronte secondario è caratterizzato dall’elemento verticale sporgente del vano scala con finestra a nastro, posto centralmente, al quale si agganciano i balconi degli ultimi livelli, dalle lesene dei corpi minori e dal portico centrale con terrazzo e pergola superiori. Al piano seminterrato troviamo i locali di servizio ed un’ampia sala riunioni, al piano terra uffici, gli ingressi centrali che distribuiscono ai tre vani scala e un androne che conduce al loggiato sul retro con ponticello che continua con una rampa circolare che compensa la differenza di quota; uffici al primo piano dotato di terrazze con pergola e tre alloggi per piano – uno dei quali mono affaccio – agli ultimi livelli, alloggi distribuiti da lunghi corridoi paralleli al muro di spina centrale. Nel 1940 il Morandotti realizza un ampliamento costituito da un corpo basso con testata semicilindrica posto asimmetricamente a prolungamento di una delle due appendici del fronte retrostante. Il linguaggio adottato per questi progetti è affine ad un novecentismo mutuato da Muzio, con squilibrio tra i fronti maggiormente rappresentativi e le parti retrostanti peraltro composte con maggiore leggerezza.
10. Il progetto, non realizzato, verrà ripreso dal Morandotti nell’edificazione delle scuole Necchi. “ L’area posta a disposizione non è sufficiente per assegnare alla Scuola dei cortili o delle aree scoperte come sarebbe desiderabile (…) Si tratta poi di località che sta per essere completamente sistemata, acquistando una notevole importanza nel quadro cittadino. Nei riguardi della scarsità di cortili, bisogna poi tener conto che la località è circondata da vaste aree pubbliche sistemate a verde che le assicurano un ottimo respiro, ed inoltre che un cortile d’ampiezza regolamentare non sarebbe ottenibile in Città se non col mezzo di demolizioni costosissime e perciò irrealizzabili.(…) La costruzione è prevista con muratura prevalentemente di mattoni di cotto legati con calce idraulica, con solai di tipo misto cemento armato e cotto, con camera d’aria e con pochissime strutture verticali in cemento armato, limitate, queste al corpo di fabbrica contenente le Officine. I pavimenti saranno in cotto greificato, tranne quelli delle Officine che saranno in asfalto, e quelli dei magazzini che saranno in battuto di cemento. I prospetti saranno in parte rivestiti in litoceramica ed in parte saranno ultimati ad intonaco colorato speciale, lamato. (…) Nel cortile saranno costruite pensiline per il ricovero di circa 100 biciclette. La pavimentazione del cortile, oltre le banchine che saranno in gettata di calcestruzzo di cemento, sarà in ciottoli, tranne per una parte a Nord che rimarrà senza pavimento per consentire l’esecuzione di scavi per le esercitazioni della Scuola d’Arte Edile.
11. Il complesso scolastico è composto, con pianta ad L, da un corpo principale a quattro piani e bucature regolari e da un corpo secondario a tre piani – destinato all’officina – con fascia basamentale e testata rivestite in mattoni; la testata è caratterizzata dalla presenza dell’atrio d’ingresso con gradonata d’accesso esterna. I due volumi sono raccordati da un elemento verticale in mattoni a vista, con ampia vetrata a nastro verticale, corrispondente al vano scala. Il prospetto principale è rivestito con intonaco e con un episodio a fasce in mattoni che lo raccorda visivamente agli altri elementi compositivi. Un corpo semicilindrico conclude il volume minore verso l’interno. La distribuzione alle aule, nel corpo principale, è costituita da un lungo corridoio che corre longitudinalmente lungo l’affaccio interno. L’edificio non presenta particolari innovazioni tipologiche e adotta un linguaggio moderatamente razionalista e caratterizzato da correttezza nell’accostamento dei volumi, nella soluzione di aspetti compositivi e nell’uso dei materiali. L’edificio delle scuole Necchi ricalca quasi completamente il progetto non realizzato per le Scuole Professionali in via S. Martino.
12. Il piano prevede la formazione di un piazzale, a ridosso del ponte sul Ticino, che rispetta i limiti di altezza dei fabbricati imposti dalla cortina edilizia del viale Lungoticino; la sezione del viale si restringe dopo il piazzale in direzione di piazza Minerva, mentre è previsto un innalzamento della quota degli edifici rapportata alla scala dimensionale del grande viale. L’Ufficio Tecnico, all’insaputa del Morandotti, apporta consistenti modifiche in fase attuativa; durante il corso della realizzazione molte deroghe sono concesse anche a causa degli errori in fase di rilievo altimetrico del suolo – in forte pendenza lungo il viale – e delle difficoltà di eseguire le fondazioni. La costruzione degli edifici lungo il viale è stata avviata negli anni Quaranta e completata nel dopoguerra.
Itinerari
55
A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)
Variazione Indice Istat per l'adeguamento dei compensi 1) Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell'indice - novembre 1969:100 Anno
Gennaio Febbraio
2000
1387,59 1430 1430,28 1460 1462,93 1500 1501,86
2001 2002 2003
Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto 1390 1400 1410 1393,87 1397,63 1398,89 1402,66 1407,68 1410,19 1410,19 1440 1435,31 1436,56 1441,59 1445,35 1446,61 1447,86 1447,86 1470 1480 1467,96 1471,72 1475,49 1478 1480,51 1481,77 1484,28
2) Tariffa P.P.A. (in vigore dal novembre 1978) Anno
Indici e tassi
56
novembre 1978: base 100
2002
Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto 480 480,23 482,40 483,70 484,14 485,44 487,18 488,05 488,05 500 495,00 496,74 497,18 498,91 500,22 500,65 501,09 501,09 510 506,30 508,04 509,35 510,65 511,52 512,39 512,82 513,69
2003
519,78
2000 2001
3.1) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Milano)
anno 1995: base 100
Anno
Gennaio Febbraio
Giugno
2001 2002 2003
109,30 109,69 111,80 112,18 114,77
Marzo
Aprile
Maggio
Settembre Ottobre Novembre Dicembre 1420 1412,70 1416,47 1422,75 1424,01 1450 1449,12 1452,89 1455,4 1456,65 1490 1486,79 1490,56 1494,33 1495,58
Luglio
dicembre 1978:100,72
Settembre Ottobre Novembre Dicembre 490 488,92 490,22 492,40 492,83 501,52 502,83 503,70 504,13 514,56 515,86 517,17 517,6
giugno 1996: 104,2
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
109,78 110,17 110,46 110,55 110,65 110,65 110,74 111,03 111,22 111,32 112,47 112,76 112,95 113,14 113,24 113,43 113,62 113,91 114,2 114,29
3.2) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) anno 2000: base 100 Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno 2001 2002 2003
Gennaio Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
dicembre 2000: 113,4
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
100,44 100,79 100,88 101,23 101,49 101,58 101,67 101,67 101,76 102,02 102,20 102,29 102,73 103,08 103,35 103,61 103,79 103,96 104,05 104,23 104,4 104,67 104,93 105,02 105,46
4) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
gennaio 1999: 108,2
Anno
Gennaio Febbraio
2001 2002 2003
105,26 105,63 105,73 106,09 106,37 106,46 106,56 106,56 106,65 106,93 107,11 107,20 107,67 108,04 108,31 108,59 108,78 108,96 109,05 109,24 109,42 109,7 109,98 110,07 110,53
5) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno
Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
anno 2001: base 100
gennaio 2001: 110,5
2001 2002 2003 103,07 105,42 108,23
6) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno
Luglio
anno 1999: base 100
anno 1995: base 100
1996 1997 1998 105,55 108,33 110,08
7) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno
1998 1999 2000 101,81 103,04 105,51
novembre 1995: 110,6
1999 2000 2001 2002 2003 111,52 113,89 117,39 120,07 123,27 anno 1997: base 100
2001 2002 108,65 111,12
febbraio 1997: 105,2
2003
Interessi per ritardato pagamento Con riferimento all'art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l'elenco, a partire dal 1994, dei Provvedimenti della Banca d'Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa.
Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv.
della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U.
14.4.1999 n° 86) dal 14.4.1999 10.11.1999 n° 264) dal 10.11.1999 8.2.2000 n° 31) dal 9.2.2000 3.5.2000 n° 101) dal 4.5.2000 14.6.2000 n° 137) dal 15.6.2000 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001 6.12.2002 n° 290) dal 11.12.2002
2,50% 3,00% 3,25% 3,75% 4,25% 4,50% 4,75% 4,50% 4,25% 3,75% 3,25% 2,75%
Con riferimento all'art. 5, comma 2 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, pubblichiamo i Provvedimenti del Ministro dell’Economia che fissano il “ Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali” al quale devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato Decreto.
Comunicato (G.U. 10.2.2003 n° 33) dal 1.7.2002 al 31.12.2002 dal 1.1.2003 al 30.6.2003
3,35% +7 2,85% +7
10,35% 9,85%
Per valori precedenti, consultare il sito internet o richiederli alla segreteria del proprio Ordine.
Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10% . Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato) G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, re-lativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione per-centuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove).
Applicazione Legge 415/ 98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.