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Osservatorio Permanente sull'Architettura Italiana
di Luigi Prestinenza Puglisi
Le mostre di architettura si inaugurano, rimangono aperte alcune settimane ed eventualmente, per un certo periodo di tempo, girano. Alla fine si esauriscono e di loro non rimane che un ricordo e un catalogo. Ancora oggi, per esempio, ci rammentiamo della Strada Novissima alla Biennale di Architettura di Venezia del 1980. Per quanto rilevante, la mostra non ha avuto seguito, non ha prodotto altre iniziative, altre strade di eguale rinomanza. Supermostra, curata da Ilaria Olivieri e dal sottoscritto e, via via che si svilupperà, da altri co-curatori, si propone un compito insieme più modesto e più ambizioso: girare su un circuito meno eclatante di quello dei grandi musei e istituzioni, che da sempre snobbano iniziative mirate alla valorizzazione di ciò che ancora non è di moda, e di operare sul versante della continuità. Non un evento una tantum ma un insieme di attività che si svilupperanno nel tempo di almeno un decennio e con diversi media, tra cui IoArch.
A chi si occupa di architettura non sfugge che il titolo richiama una altra mostra, Superarchitettura, svoltasi nel 1966 e nella quale si presentava il lavoro di Archizoom e Superstudio. In effetti, vi è un simile desiderio di presentare quanto di nuovo si muove nel panorama nazionale. Anche a costo di forzare i termini e i toni della comunicazione per sottolineare che in architettura non è mai lecita la posizione di chi sta fermo a guardare solo al passato e che occorre sempre superarsi. Supermostra, come accennavamo, vuole durare. E per farlo, evitando il rischio della ripetizione, ha un progetto di trasformazione nel tempo: diventare un osservatorio. Non è, insomma, limitata ai 22 progettisti che compongono il primo evento che da un anno sta girando per l’Italia e non solo. Supermostra’22 ha, infatti, sinora fatto tappa a Roma, Piombino, Camerino, Tirana e andrà a Lecce, Catania, Monza, Venezia, Milano. Il suo svolgimento può essere seguito su una pagina Instagram dedicata e c’è anche un eccellente catalogo edito da LetteraVentidue.
Durante ogni tappa, Supermostra diventa un pretesto per attivare il dialogo con i progettisti locali, di regola selezionati attraverso call aperte, invitandoli a presentare i loro lavori.
Un osservatorio infatti è tale solo se è curioso e aperto agli stimoli e se viene costantemente alimentato, in maniera informale, da nuovi input ed energie.
Supermostra ha in programma di attivare una serie di appuntamenti biennali. Ai progettisti del 2022 se ne sostituiranno altri, con il fine di fornire un quadro, se non esaustivo, abbastanza ampio delle ricerche in atto. Ecco il motivo per il quale al nome è stato aggiunto il numero 22. Numero che ci ricorda che ci sarà una Supermostra’24 nel 1924 e via di seguito (ci sarà anche una Supermostra’23 dedicata ai progettisti albanesi).
Le mostre, pur non avendo restrizioni di alcun tipo, puntano e punteranno a coinvolgere i talenti più giovani e meno noti, evitando ogni barriera di genere.
L’intenzione è cercare di individuare, attraverso sensori selezionati nel panorama architettonico, cosa sta covando sotto la cenere, in un periodo come questo che non è certamente caratterizzato da accelerazione delle ricerche, anzi spesso da un bisogno di fare i conti con una realtà che, rispetto per esempio ai velocissimi anni Novanta, preesenta atteggiamenti molto più prudenti e riflessivi. Ad un osservatore distratto potrebbe sembrare che oggi tutto sia fermo ma, come ci dimostrano le cronache del passato, è proprio in questi momenti che fa capolino il cambiamento. Un po’ come successe nella prima citata Strada Novissima di Portoghesi dove esordivano Frank O. Gehry e Rem Koolhaas e quasi nessuno se ne accorse.
Ritornando a Supermostra’22, è interessante esaminare le parole chiave attraverso le quali i gruppi di progettazione coinvolti hanno descritto il proprio lavoro. Assente la parola Spazio, citata quasi da tutti la parola Materia. Citate anche le parole Benessere, Equilibrio, Felicità. Segno che stiamo vivendo proprio in un’epoca di scarsa felicità, trascinati da forze e flussi immateriali di cui non abbiamo il controllo.
Così, se gli anni Novanta furono il periodo dell’esaltazione del movimento, della dissonanza e della teatralità spaziale, oggi si cerca un centro di gravità. Ci si muove, in altre parole, alla ricerca di un nuovo paradigma che non può essere risolto dando forma al disordine e nemmeno puntando alla sostenibilità o a una fantomatica resilienza, tappezzando di verde strade e palazzi.
L’architettura, ecco un messaggio certo di questa Supermostra’22, non può dissolversi nelle sole linee di forza o scomparire dietro le foglie ■