SPECIALE CREMONA - 14 APRILE 2014
LE ROI DU CREMONA TUTTO QUELLO CHE E’ SUCCESSO NELLA PRIMA GARA DI CAMPIONATO ITALIANO QUADCROSS FMI 2014
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SPECIALE CREMONA 2014 - CAMPIONATO ITALIANO QUADCROSS una produzione:
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14.aprile.ventiquattordici
5. ritorni eccellenti, 8. le roi du cremona, 10. campionato euritaliano, 16. italians do it (quasi) better, 23. ciao vale, 25. young guns, 26. sportivi dentro, 29. veterani full gas, 31. cremona tutta la vita, 33. l’ora “h” controcopertina
Nicola Montalbini in lotta contro Romain Couprie: Faenza nuova edizione?
SC SPECIALE CREMONA
SPECIALE CREMONA 2014 - CAMPIONATO ITALIANO QUADCROSS
RITORNI ECCELLENTI Se c’è un filo rosso che collega una ad una tutte le gare che si sono svolte a Cremona, sede della prima di Campionato Italiano Quadcross FMI, quella è la saga del “ritorno”. Ritorno alle gare, ritorno dopo un periodo buio, ritorno dopo un infortunio, ritorno dopo l’inverno: il concetto del tornare a competere è qualcosa che, come il nastro giallo delle serie TV poliziesche, ha circondato tutte le gare una ad una, fondendole in un misto di significati
agonistici e umani. Sì perché alla fine i piloti sono prima di tutto persone, con le loro gioie e i loro dolori, con le loro fatiche. E allora trovi Romain Couprie, il manifesto del quad francese, che ritorna in Italia ed è di nuovo lì a battagliare contro Nicola Montalbini, come in quella Faenza di qualche anno fa che, per chi se la ricorda, tanto fece
RITORNI ECCELLENTI discutere e che sembra ormai roba di ere geologiche remote. C’è il ritorno di Nicola stesso, dopo una settimana da incubo, vissuta tra laser-terapie, ghiaccio e dita incrociate. C’è il ritorno di Christian Pinoli, che ha sbollito l’incazzatura e ha bastonato tutti come sempre. C’è il ritorno di Dino Genitoni: moto preparata QB, come direbbero nei programmi di cucina, con le grafiche ancora da incollare al sabato pomeriggio e tanta voglia di essere ancora nella mischia. C’è l’Uomo Ragno, Alessandro Fontanazzi, che di ritorni ne ha già fatti tanti ma che in cima alla lista ci mette questo: dopo un inferno durato qualche mese, dovuto ad un incidente stradale, Alle è sempre lì, per-
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ché questo è il suo mondo e di stare a casa un Campione come lui non ne ha proprio voglia. C’è il ritorno di Davide Galli, che non si capisce bene cosa voglia fare da grande ma su quel quad, grande lo è per davvero. Così come Davide Sciolfi, bravo fuori ed entusiasmante dentro. C’è Riccardo Varaldo, che cambia casacca e moto ma non la rotazione del polso: quella pare sempre esagerata, così come la sua vittoria in gara due nella Sport. C’è il francese-più-italiano-che-ci-sia Amerigo Ventura, che rientra nelle competizioni italiane che contano e lo fa a modo suo: dalla porta principale, con due partenze brillanti e un risultato che lo tiene subito dietro i tre italiani-simbo-
lo della scena nazionale. C’è poi Joao Vale, che pensavamo di non vedere più, dopo la debacle di inizio anno del team Cozzi, e che invece in qualche modo è stato tirato per i capelli nella mischia. Una gara di ritorni eccellenti, di gente perduta e ritrovata, di uomini che non mollano mai. Né il gas, né nella vita.
Romain Couprie non stravince.
Vince e basta. Non è eccessivo neanche quando c’è da esserlo: Cremona e la sua partenza ad imbuto, Cremona e la sua lotta ruota contro ruota su Nicola Montalbini, Cremona e quella diceria che la vuole così poco incline a fare la differenza e a sorpassare. Qualcuno si chiede come sarebbe andata con un Nicola Montalbini in perfetta forma, certo, ma le gare sono un continuo sali e scendi che trova nella pista stessa la sua declinazione più acuta: si cade, ci si fa male e ci si rialza, non senza fatica. E Romain, in questi ultimi anni, ha assaggiato anche troppo, per la prima volta in carriera, la terra, i lividi e le botte. Le ferite lo hanno fatto crescere: l’Alain Prost del quadcross è sempre il ragionatore perfetto di questo sport ma anche quello che ne trae di più. Vederlo uscire dalla prima curva del tracciato cremonese con un filo
di gas ma facendo più strada di tutti, cronometro alla mano, era qualcosa di esiziale: pulizia allo stato puro, un’enciclopedia contro lo spreco del-
LE ROI DU CREMONA
LE ROI DU CREMONA le forze e dei centimetri. Centimetri che diventavano metri quando vedevi dove si appoggiava dopo un salto - a volte anche un paio di metri dopo gli altri - ma non solo: le linee di Romain erano quelle più lontane dalle buche, tutto studiato per ottimizzare qualsiasi aspetto, a cominciare dalla fatica. Un martello che già dalle prove aveva dimostrato, con la pole position, di avere le idee chiare quanto a risultato finale: di certo non avrebbe mai preso un rischio eccessivo rispetto a qualsiasi altro rivale, ma perché non provare a vincere? La moto di Romain era quella con il setting me-
glio costruito dell’intero pacchetto di piloti di tutto il paddock: un quad sui binari, quella sella immobile anche nelle buche sabbiose, anche quando le ruote sembrano saltellare impazzite, pronte a staccarsi e volare via con tutto il braccetto attaccato, e invece no. Romain che non ama essere inseguito, che nasconde le sue linee migliori in prova se qualcuno gli sta dietro perché le sue carte, sono appunto solo sue. Romain umile, divertito e divertente quando è ora, silenzioso e concentrato quando la mascherina scende per quei venticinque minuti scarsi di apnea, dove il blu non è quello del mare ma solo quello del suo quad
Yamaha: un blu profondo come un’immersione, soprattutto per chi lo vede da dietro, ammesso di riuscire a vederlo.
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Quanto è bello vedere un parter-
CAMPIONATO EURITALIANO
re tanto internazionale come quello che si è visto a Cremona? Da morire. Perché straniero è bello? Certo che no: qui si è solo ed esclusivamente patriottici, il tifo lo si fa per i nostri e a bordo pista si è gridato e urlato solo per loro. Perché anche da questa parte della barricata speravamo che in qualche modo Montalbini estraesse un coniglio dal cilindro e lo mettesse a guardia del suo primo posto in gara due: inutile nascondersi. Ma lo sport, per noi, conta più del tifo. E allora che vinca sempre e comunque il migliore. In una società in cui la meritocrazia va scemando di giorno in giorno, il quadcross ci regala finalmente un po’ di giustizia: Romain Couprie è stato il più forte e ha vinto. Punto. Il resto della truppa straniera ha dato un grandioso spettacolo, a cominciare dai francesi Gillouin, Ciclet, Cheurlin e Sousa-Borges. Più “romaincoupriesco” quanto a stile e tec-
nica Yoann Gillouin, che non a caso ha portato a casa il secondo posto finale, più aggressivi gli altri tre, con guide altamente spettacolari e a volte anche un po’ sporche dal punto di vista dell’aggressività e delle scelte di traiettorie e apertura del gas, averli in casa è stato un onore e così va trattata la loro presenza: non sono queste le spine nei fianchi dei piloti di casa nostra, che invece dovrebbero ambire a confrontarsi più spesso con loro e con il loro modo di intendere le competizioni, qualcosa che si capisce certamente quando li si vede in pista ma anche nella rilassatezza a tavola e nella ricercatezza delle loro moto, un po’ meno fighe di tante altre ma, guarda un po’, quelle con i migliori assetti e meglio preparate per la battaglia. Seconda numericamente a quella francese, la piccola pattuglia spagnola ha mostrato solo in parte il suo am-
CAMPIONATO EURITALIANO pio talento. La differenza è che se i cinque piloti francesi con ogni probabilità non li rivedremo più da queste parti, Dani Vilà e Guillem Ullastres faranno parte del nostro circolo ricreativo per amanti del tassello per tutta la stagione. Per entrambi, vale la considerazione che l’asticella dell’Italiano Quadcross - anche in virtù di un tracciato che appiattiva un po’ i valori in campo - non è poi così basso ma anzi, l’esatto opposto. I due spagnoli sono quanto di meglio la loro terra possa offrire in questo momento nel nostro sport e averli accanto a noi è un valore aggiunto per ambo le parti. Dani Vilà è quello che ha capitalizzato meglio, concludendo settimo una due giorni passata un
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po’ sulle uova: il campione in carica spagnolo è stato attentissimo nel regalare al suo team manager Gianluca Rondinini un risultato utile, restando il più possibile lontano dai guai. Era la sua “mission” e ci è riuscito alla grande, lottando nella mischia senza mai mettere a repentaglio la prestazione, cosa non facile quando ci si sente un po’ chiamati a fare grandi risultati per il solo fatto di aver attraversato il confine. Il discorso è molto diverso, invece, per Guillem Ullastres: il suo valore, volente o nolente, lo abbiamo visto in prova, dove ha chiuso terzo. Errori un po’ suoi e un po’ degli altri, soprattutto questi ultimi, hanno condizionato il ragazzo di Girona e le sue due gare,
concluse con un piazzamento fuori dalla top-ten che non cancella la sequela di giri veloci, la tecnica mostrata in gara e quella sensazione che nessuno ci toglierà, se non lui, che il team Galizzi Factory Racer abbia scoperto una perla rara, portandosi in casa un pilota con i contro-razzi. Abbiamo ragione o no? Solo le prossime gare ce lo diranno, anche se noi scommettiamo che il podio non sia lontano dall’arrivare. Un tocco nordeuropeo ed est-europeo lo hanno dato le presenze di Valentijn Rappoldt e Daniil Vlason, il primo in gara con il KTM gestito dall’esperto Claudio Arcangeli e il secondo, giovane russo approdato a Cremona quindici giorni fa, dopo averla consumata per benino, si è ritirato in gara due, conquistando un solo punticino.
A noi tutte queste lingue parlate nel paddock ci hanno fatto un gran piacere. In tanti, in primis media e addetti ai lavori - come si chiama in genere chi è nell’ambiente con molto più di un ruolino tecnico - hanno contribuito a mediare tra piloti e team, creando qualcosa di unico e forse irripetibile. Certo, c’è chi mastica amaro perché non sempre il messaggio della presenza straniera è vissuto positivamente: perché un team italiano si sforza per far correre un
pilota straniero e magari non aiuta i talenti nostrani? La risposta è semplice. O meglio è assente, se la domanda è “voi a chi dareste una moto competitiva per vincere o comunque fare bella figura nella Elite?”. Spesso quel silenzio che segue una simile domanda, che testimonia la
carenza di talenti del nostro scenario più che la tendenza esterofila, è l’unica risposta possibile. E la cosa, pur non facendo piacere, è un fatto incontrovertibile.
ITALIANS DO IT (QUASI) BETTER Dire che a Cremona i piloti italiani
si siano difesi non è vero, perché sarebbe come dire che sono riusciti a ridurre e ridimensionare le prestazioni altrui. Non è così: i nostri ragazzi ci hanno dato dentro di brutto e non sono affatto usciti con le ossa rotte, come un primo sguardo alla classifica potrebbe ingenuamente raccontare. I nostri hanno attaccato per tutto il tempo, partendo dalle prove. Il primo encomio va ad un Nicola Montalbini assolutamente stupendo: impossibile, forse, pensare ad un terzo posto finale, sul podio di Cremona, dopo una settimana passata in mezzo a laser e borse del ghiaccio. Impossibile, per tanti, pensarlo davanti a tutti, chiudendo le porte ad un Romain Couprie astuto e letale come lo sono tutti i campioni: lo squalo francese sentiva l’odore del sangue e in questo caso il sangue c’era davvero e pulsava dolorosamente intorno alla clavicola di Nicola, che però non cedeva un me-
ITALIANS DO IT (QUASI) BETTER seconda manche non è un video ma un manifesto da tatuare per sempre nella memoria e far vedere ai bambini: questa è la tenacia. Parola di Nico. “Stai tranquillo, Andrea, cerca di divertirti e vedrai che i risultati arriveranno. Qui è talmente un terno al lotto che domani puoi fare sesto ed uscire da qui felice perché hai fatto una gara pazzesca, grandiosa”. Sono esattamente le parole che ho rivolto a cena, sabato, ad Andrea Cesari. Che poi Andrea facesse veramente sesto, beh, un po’ è anche sano e proprio “culo”. Ma il concetto era quello e
tro. Il sorpasso era nell’aria e, come è giusto che sia, è avvenuto: ma da lì probabilmente il Toro non avrebbe ceduto se non per tutto l’oro del mondo o forse manco per quello. Giocando, a bordo pista, ci abbiamo scommesso e manco a dirlo, abbiamo vinto a mani basse: Montalbini non molla mai. Finita la gara, quando ci siamo parlati, è bastato uno sguardo: “Quando mi hai detto che saresti venuto per provare, al sabato, ero certo che alla fine saresti stato nella mischia. Per te, NI è uguale a SI e se fosse stato un NO secco, non ti avremmo visto proprio”. “Infatti è proprio così”, ci ha risposto il Toro marchigiano. La sua
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aver azzeccato anche la posizione corretta finale, nonchÊ l’attitudine al vedere il bicchiere mezzo pieno, sono lÏ da raccontare. Andrea Cesari doveva spazzare via la sua insicurezza: un lato oscuro che deve sparire quanto prima e che lo ha visto consumare la pista di casa anche al sabato, dopo tanti allenamenti che onestamente non necessitavano uno sforzo cosÏ elevato il giorno prima della gara. Botte da orbi, contatti, sportellate e altre robe hanno costretto Andrea a due manche fotocopia: retrovie nella prima parte e recupero forsennato. Anzi, a dirla tutta, nella seconda manche i recuperi sono stati ben due. Quarto e sesto alla fine delle due opere
omnie, il pilota bresciano ha buttato il cuore ben oltre l’ostacolo, dimostrando a tutta la platea presente di avere due palle d’acciaio e una tecnica, una rabbia, un’arroganza agonistica senza pari. Forse, però, la persona che più di tutte aveva bisogno di questa dimostrazione era lui stesso e la nostra speranza è che da qui in avanti le cose cambino un po’ in termini di attitudine e consapevolezza: la guida incazzata di Andrea, che si è trovato in alcuni momenti a sverniciare piloti con un un passato ed un presente nel quadcross internazionale degno di nota, è stata tutta lì da vedere. Forse, un terzo posto, maturato dopo una gara passata tutta in testa e due infilate subite nel finale non gli avrebbe regalato la stessa soddisfazione. Emanuele Giovanelli, zitto zitto, si è portato a casa un quarto posto di quelli da leccarsi i baffi e metterci la pista, in virtù anche del terzo posto di
gara uno. Ha lasciato che i topi ballassero il loro gioco al massacro, li ha pedinati ed infilzati, cucinando un piatto dolce e saporito come il podio. Ormai non gli crediamo più quando ci dice che no, lui non si è allenato abbastanza per essere competitive: se vi dice “Mi sono allenato
solo tre volte!” rispondetegli un simpatico “Sì... tre volte... al giorno!” e lui riderà sotto quei baffi leccati poco fa, perché un po’ di verità e un po’ di pretattica fanno sempre comunella in casa Giovanelli. D’altronde, una vita passata in mezzo alle piste lascia malizie non solo tra le curve ma
ITALIANS DO IT (QUASI) BETTER anche fuori dai paddock e non solo nei giorni di gara ma anche nei mesi prima. Come un piedino maligno sotto-porta, il Giova ha segnato un bel goal in quel di Cremona: leggere i fior di nomi che gli stanno dietro a fine giornata fa piacere, a maggior ragione perché qui si parla con un pilota che gli anta li ha superati da tre anni. Tanta roba. Lo spartiacque tra i piloti italiani di altissima classifica e quelli finiti più indietro è il ruolo, scomodo, assegnato ad Amerigo Ventura: tanto bravo a tappare i buchi e a scattare al cancelletto nella prima manche quanto sfigato nella seconda, dove ha pure bucato. Dietro, il piemontese madein-quaddy, si è preso la briga di mettersi alle spalle i nazionali Mastronardi e Perazzolo, l’ex compagno di squadra Nicola Ciceri, i neo-arrivati Cinotti e Marchionni e il sempre-verde Sergio Gilli. Se Mario Cinotti e Fabietto
Marchionni hanno dovuto fare i conti con la loro prima volta nel quadcross che conta, scontando la pena come è giusto che sia per tutti gli esordienti, Simone, Mauro e Nicola hanno avuto il loro bel da fare in una classe spinta
veramente all’inverosimile da un livello continuamente crescente. Ciceri e Perazzolo sono emersi alla distanza, correndo la loro migliore manche nella seconda frazione, mentre per Mastronardi l’epilogo è stato contra-
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rio, visto il mezzo cappottone tirato al via di gara due e il conseguente recupero che lo ha visto risalire la china con la rabbia e aggressività di chi sa che poteva venire fuori qualcosa di meglio. Ultimo degli italiani, Sergio Gilli merita comunque la considerazione di chi ci ha provato fino all’ultimo: Sergio non ha tutti i venticinque minuti di gara a fuoco nelle braccia ma la sua tecnica di guida è probabilmente una delle più belle, anche a distanza di qualche anno dai suoi più alti risultati in carriera. Meglio, sempre e comunque, averlo mischia che non averlo.
ARMATA GIOVANELLI Alla fine della fiera, il team più corposo del paddock è quello di Emanuele Giovanelli, per tutti solo e sempre il “Giova”. Quantità e qualità, visto che tra le sue file – oltre al team manager più veloce del quadcross – c’è gente come Simone Mastronardi, Mattia Papa e Riccardo Varaldo, ultima aggiunta ma non per questo meno tosta delle altre. In pista, nella Sport, era un continuo veder passare moto bianche e blu con la solita scritta: RZ Motors – SM Action. Bravi, veloci, tutti con lo stesso spirito goliardico del loro capoccia, i piloti errezetavestiti sono un’infinità!
CIAO VALE
Joao Vale sì, Joao Vale no. Burrascosa, piena di buchi
di sceneggiatura e un po’ caotica, la sequela di informazioni, falsi scoop e rumors che da ormai tre anni invade l’etere quando si parla del fenomeno portoghese, è giunta ad un epilogo che non avremmo sinceramente voluto vedere. A Cremona JV è stato l’ombra di se stesso: decimo alla fine della giornata, il pilota del team Yamaha Jet
Immagine ha compiuto un autentico miracolo, facendo sicuramente meglio di quanto possibile ad un umano meno marziano di lui. Palesemente in crisi dal punto di vista tecnico motoristico, il portoghese ha già concluso la sua esperienza con quello che ormai, di fatto, è il suo ex-team: Ettore Merenda, che di Jet Immagine è il team manager, sostiene che il pilota e il suo entourage sapevano benissimo che, avendo concluso l’accordo solo pochi
CIAO VALE giorni dalla domenica di Cremona, la moto non sarebbe stata preparata quanto a propulsore, anche se l’incazzatura di Joao stesso e di chi gli è stato accanto, sembrerebbero dire il contrario. Chissenefrega, aggiungiamo: non sono fatti nostri. I fatti sono che la guida di Joao Vale non è assolutamente in discussione e questo ci siamo premurati di comunicarlo in tutte le lingue: chiunque capisca un minimo di questo sport non può che valutare iper-positivamente quanto fatto vedere dal numero 111 in quel di Cremona. Spettacolare, a suo agio, sciolto, tecnico, eccellente in ogni frangente, JV ha mostrato di essere completamente guarito dall’infortunio che lo ha tediato lo scorso anno: la sua guida è stata qualcosa di sublime, a dispetto del risultato. Stop alla mula: il portoghese torna a casa e chiude l’accordo, stracciandolo. Non è uno che viene per correre, ma uno che viene per vincere, solo ed esclusivamente vincere. Lo scorso anno, alla prima domanda fatta appena atterrato all’areoporto, gli abbiamo chiesto se fosse pronto o meno per finire sul podio già alla prima gara: “Second is not an option”, ci rispose, tagliandoci le gambe quanto a consapevolezza nei propri mezzi e sicurezza. Può un pilota del genere accettare un accordo in cui sa che non può combattere per il primo posto? Secondo noi, no. 24
YOUNG GUNS Le
nuove leve del quadcross sono appena cinque. Lo dice Cremona, lo dice un cancelletto che mostra più ferro che ruote. Una desolazione che mette il magone perché significa che il ricambio generazionale, in questo momento, non esiste. I giovani non ci sono e mentre i vecchi - che non significa per forza piloti sopra gli anta - per mille motivi, si ritrovano a dover o voler mollare la presa, la nuova linfa vitale stenta a ricaricarsi. Per quanto la Elite e le altre classi in gara attirino gli occhi di tutti, davanti a cinque piloti al via non ci si può e non si deve girarsi dall’altra parte. Al contrario. La classe Junior deve essere quella più importante di tutte, proprio ora che appare denutrita come un neonato nel terzo mondo. Le nuove leve del quadcross sono appena cinque. Lo dice Cremona, lo dice un cancelletto che mostra più ferro che ruote. Una desolazione che mette il magone perché significa che il ricambio generazionale, in questo momento, non esiste. I giovani non ci sono e mentre i vecchi - che non significa per forza piloti sopra gli anta - per mille motivi, si ritrovano a dover o voler mollare la presa, la nuova linfa vitale stenta a ricaricarsi. Per quanto la Elite e le altre classi in gara attirino gli occhi di tutti, davanti a cinque piloti al via non ci si può e non si deve girarsi dall’altra parte. Al contrario. La classe Junior deve essere quella più im-
portante di tutte, proprio ora che appare denutrita come un neonato nel terzo mondo.
SPORTIVI, DENTRO Combattuta, soprattutto nelle sezioni centrali della
classifica, con continui cambi di fronte e piena di spettacolo ed imprevisti, la classe Sport ha emesso un verdetto e tante sentenze. Prima di queste, la bella favola di Riccardo Varaldo: il numero 98 è passato dal rosso Honda-Cozzi al bianco e blu Yamaha-RZ e dopo appena tre test veri e propri sulla moto costruita nella factory di Emanuele Giovanelli, ha già vinto la prima dell’anno, sfruttando un sapiente mix di capacità e fortuna. La capacità è quella che gli ha permesso di guidare lontano dai guai, di tenere costantemente distanti gli avversari, di non farsi infilare da nessuno. La fortuna è invece arrivata quando gli avversari diretti si sono auto-eliminati: il motorsport non è solo velocità ma anche arrivare alla fine integri, cosa che Riccardo sembra aver imparato e digerito. Tra le sentenze sputate da Cremona, ce ne sono due che sono evidenti per chi ha visto le due manche e nascoste per chi si limita a guardare le classifiche. Riguardano Davide Galli e Mattia Papa. Il primo è assolutamente un astronauta. Un marziano, sceso per noi ad illuminarci: emblematica la prima manche, in cui la sua guida assolutamente perfetta gli ha permesso di staccare il secondo, il migliorato Christopher Fulgeri, di ben mezza pista. Un adulto tra i bambini che invece è un bambino tra gli
adulti, visto il divario di età con tanti altri protagonisti: veramente magico vederlo andare. E lasciatelo dire da qualcuno che lo ha visto dall’interno, ruota contro ruota. L’altro mancato protagonista, che però aspettiamo al varco, è Mattia Papa: la sua gara è stata l’esatto contrario di quella del compagno di squadra Varaldo. Se qualcosa gli po-
SPORTIVI, DENTRO teva capitare, tra sabato, domenica, prove e gare, beh, di sicuro gli è capitata! L’unica speranza, per lui, è che il credito con la dea del quadcross sia ampio e che da Passo Corese in avanti la dea bendata si giri un po’ di più dalla sua parte. Un altro che ha di che rammaricarsi è Nicolò Ruggeri: il pilota del team Galizzi Factory Racer ha concluso ultimo una giornata storta, chiusa con un ritiro in gara due e una mancata partenza per problemi tecnici in gara uno. Merce rara, avere problemi, nella factory bergamasca, che dal punto di vista dei guai tecnici è sempre stata ben lontana. Nicolò, a precisa
domanda, ci ha detto che è sceso nella Sport perché quest’anno non ha avuto il tempo necessario per allenarsi a dovere per com-
petere nella Elite: segno di saggezza, dato che quando i minuti diventano tanti, la mancanza di allenamento può trasformarsi
in una guida che mette a repentaglio la sicurezza. Nicolò va forte, ha rotto in gara due quando era davanti e sappiamo che
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SPORTIVI, DENTRO Sciolfi. Il suo Honda è stato portato in gara di nuovo dopo tanto tempo e onestamente non ci aspettavamo un livello così elevato dal maschietto di casa Sciolfi, cresciuto in tutto: dalla guida al fisico, dalla maturità tecnica alla sicurezza di guida, fino all’agonismo. Una maturità che nella seconda manche gli ha consigliato di non rischiare il sorpasso contro il bravissimo Matteo Migliori - Yamaha RZ anche lui - onde evitare rischi inutili che avrebbero compromesso la gara tutta.
se la può giocare per un podio ad ogni gara, rendendo divertente e appassionante un campionato che pare veramente in bilico. Chi ha capitalizzato tantissimo, oltre a Varaldo, è stato Matteo Delbono, che ha portato a casa un secondo posto maturato dalla somma di un quarto e un secondo piazzamento: zitto, zitto, “Teo” ha definitivamente voltato pagina rispetto alla guida irruenta e piena di rischio di un tempo e ora è veramente un gran pilota, maturo per fare veramente bene in questa classe di giovanotti incazzati. Chi è giovanotto e pure un po’ incazzato, è il terzo possessore di un gradino del podio cremonese: Davide 28
VETERANI FULL GAS
Ventidue capitani coraggiosi hanno alimentato la su-
per-classe composta dai Veteran e dai piloti del Trofeo Elite Nord Italia: undici per parte, per un plotone d’esecuzione che ha fatto vedere tanta bella merce. Negli over quaranta, il successo di Cristian Pinoli è apparso scontato ma altrettanto gradito: doppietta perentoria, per lui, e un
VETERANI FULL GAS regalo di bentornato fatto a se stesso, dopo l’adieux rivolto alla federazione motociclistica lo scorso anno, dopo Castellarano. Denis Rossetto, secondo a fine giornata, ha dovuto vedersela con Pinoli e anche con un altro rientrante eccellente: Alessandro Fontanazzi, che ha concluso terzo di giornata in virtù di un quarto e di un secondo posto nelle due manche. Belle e combattute le due gare, con le prestazioni di Stefano Dalla Valle, Beppe Donati, Fabrizio Godino, Davide Gigli, Marco Giusti, Gilberto Tacconi, Massimo Gamboni e Giovanni Ferretti a completare lo schieramento finale della classifica.
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TROFEISTI AGGUERRITI CERCASI L’invenzione del Trofeo, se tra i piccoli non ha portato dentro quanto sperato, ha invece raccolto parecchio nella classe Elite, dove in cima alla classifica di giornata si è issato un Dino Genitoni che sembra aver definitivamente lasciato nell’armadietto scheletri e ombre che hanno minato, nel corso degli anni, la sua sicurezza. Con un mezzo praticamente di serie, Dino si è messo dietro piloti arrembanti come Daniel Zanon e Nicholas Angeli, ma anche vecchie volpi come Silvano Grola, che di presentazioni non ha certo bisogno.
Critiche. Ci sono sempre. Una ha riguardato anche la pista di Cremona: troppo semplice secondo alcuni, per essere incastonata nel calendario di un Campionato Italiano che si rispetti. La nostra idea? Niente di più sbagliato. Abbassare il livello tecnico delle piste ha un senso: porta dentro gente nuova, che si permette di correre il rischio del debutto pro-
prio in virtù dell’assenza di pericoli estremi. A Cremona ci girano tutti ma non tutti girano veloci: la differenza, i campioni, sanno farla e nella Elite lo hanno dimostrato. Per tutti gli altri, si è trattato di un vero e proprio regalo. Se il campionato vede al via Chad Wienen e Joe Byrd, forse allora meglio andare tutti in piste da quinta piena e trenta metri in aria: dato che qui il livello non è quello, spaventare e allontanare non fa bene a nessuno. Cremona non è una pista che può fare la differenza? I campioni si vedono anche nel
CREMONA TUTTA LA VITA
CREMONA TUTTA LA VITA
DAVIDE NON CI ABBANDONARE Quali parole servono per far sì che Davide Galli corra ancora nel Campionato di quadcross nostrano? Noi non le conosciamo. Le conosce la sua famiglia, forse. Più probabilmente, le conosce di certo lui. Se la passione non c’è, semplicemente non la si può inventare. O forse no. Quello offerto da Davide nella prima manche della classe Sport è stata una roba fenomenale: epico. Un talento del genere non può che essere destinato a raccogliere tanti successi in questo piccolo mondo del quad e non ci va un genio per vederci lungo. Davide, non mollare!
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giardino di casa, punto primo. Punto secondo, il problema sarà magari per loro, non per tutti gli altri, cinquanta, presenti. Bagnata sempre al momento giusto, ripassata nei momenti e nei posti migliori, piena di segnalatori che hanno fatto ottimamente il loro lavoro, genuina e piacevole con il commento in diretta, la pista cremonese si è dimostrata pronta ad un evento simile. La Direzione di gara, affidata a Federica Mottin, ci ha messo del suo, compattando quello che a volte è un disordinato gruppo di appassionati. Insomma, Cremona è stata quello che doveva essere: praticamente perfetta.
Perdonateci un pizzico di autoreferenza. A
L’ORA “H”
Cremona, per la prima volta in una gara in una pista di motocross, c’era pure un disabile. Non facciamo nomi perché tanto sappiamo di chi stiamo parlando, ovvero di noi stessi. La cosa è stata apprezzata dai presenti e quello che ci ha fatto piacere è che i complimenti siano arrivati non solo dagli addetti ai lavori ma anche e soprattutto da tanta gente che il quad lo vedeva per la prima volta. Questo avvicina in qualche modo al quad rendendolo meno strano? Bene. Fa sì che la gente si porti a casa un’esperienza legata alla forza di volontà che magari può migliorare l’impatto con il quotidiano? Bene. Dimostra ancora una volta che è solo ed esclusivamente il quad, il mezzo che permette - in totale autonomia - di vivere una manifestazione sportiva motoristica per un disabile. Autonomia significa libertà dall’aiuto di chiunque, indipendenza dal bisogno di essere assistiti da una, due, tre o dieci persone: per salire, scendere, caricare, scaricare, correre, partire. Il quad è tutto questo, ergo, viva il quad. Lascetecelo dire.