Riscrittura di Marcovaldo

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Le classi 1A e 1B della scuola secondaria di primo grado di Valtournenche presentano la...

Riscrittura di

MARCOVALDO ovvero

Le stagioni in cittĂ

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INDICE Primavera Estate Autunno Inverno Primavera Estate Autunno Inverno Primavera Estate Autunno Inverno Primavera

1. Le allucinazioni di Marcovaldo (Atzei Dimitri) ...................................p. 5 2. Gli alieni in attacco (Botticini Gabriele).................................................p.8 3. Le ciocco-sfere (Cazzanelli Silvia)..........................................................p.10 4. Vacanza sulle montagne (Follin Meryl).................................................p.14 5. Ecco come l'uomo cambia il paesaggio (Gorret Sophie).......................p.17 6. Il sogno (Herin Ester)..............................................................................p.22 7. Il carretto dei gelati (Malaquias Milena)...............................................p.26 8. I quattro giorni sfortunati (Menegotto Mattia)....................................p.28 9. Un viaggio in montagna (Meynet Fulvio).............................................p.32 10. Marcovaldo ed il rapimento alieno (Ottin Filippo)..............................p.34 11. Un’avventura in montagna (Perron Julien)..........................................p.37 12. L'internallotto (Pession Giorgia)..........................................................p.39 13. Una gita con la zia (Rocca Michelle)....................................................p.44

Primavera Estate Autunno Inverno Primavera Estate Autunno Inverno Primavera Estate Autunno Inverno Primavera Estate

14. Il sogno di Marcovaldo (Carrel Marilisa)............................................p.48 15. La nuova facciata di Marcovaldo (Faccio Nicolò)............................p.52 16. La gita nel vulcano (Merlo Emilio).....................................................p.55 17. La vacanza di Marcovaldo (Miramonti Alice)....................................p.58 18. In attesa di pubblicazione (Panegos Korinne).......................................p. 19. Una crociera un po' strana (Pastore Carlotta)...................................p.61 20. Un'avventura fantastica (Perrin Sophie)............................................p.65 21. In attesa di pubblicazione (Piantoni Sara)............................................p. 22. In attesa di pubblicazione (Ruta Francesco).........................................p. 23. In attesa di pubblicazione (Scursatone Alessia)....................................p. 24. Halloween (Senn Malena).....................................................................p.68 25. Zanna Bianca e Marcovaldo (Sirigu Gaia).........................................p.72 26. Uno scherzo ben riuscito (Vallet Daniel).............................................p.75 27. Una giornata fortunata (Xeka Hasan)................................................p.78

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Le allucinazioni di Marcovaldo di Dimitri Atzei

Era un giorno di primavera, la stagione che Marcovaldo amava di più, ma non quella. Era dall’oculista, perché Filippetto, Pietruccio e Isolina stavano giocando con una torcia nel buio. Marcovaldo, non vedendoli, andò a cercarli, li trovò sotto il letto e disse loro: “Cosa succede qua?” 5


chinandosi e mettendo la testa sotto il letto matrimoniale. I bambini però, gli puntarono la torcia in faccia. Dal bruciore e dall’agitazione sbattè la testa per terra e sul legno del letto. Poi arrivò il loro amico André, con un pezzo di vetro e lo mostrò agli amici. In seguito sentirono odore di bruciato, poi videro una fiamma e, subito dopo, un incendio!!! Allora i bambini corsero a prendere un secchio pieno d’acqua, mentre Marcovaldo saltava come un canguro con i capelli in fiamme. Arrivarono con il secchio, gli lanciarono l’acqua addosso, ma Isolina aveva messo la crema per le mani. Ben presto il contenitore le scivolò di mano e la testa di Marcovaldo si infilò nel secchio vuoto. Tutti guardarono Pietruccio bagnato che disse.” Avevo sete e molto caldo!” Il secchio soffocò il fuoco. Marcovaldo uscì dallo studio dell’oculista con gli occhiali sul naso. Domitilla lo guidava, perché lui sbatteva contro i pali. Un giorno uscì per camminare, ma vide un liquido rosso e un tale che portò un corpo in un edificio, poi un fantasma. Il giorno dopo comparve un altro fantasma: ora erano due, il giorno dopo tre, ancora e ancora, finchè ne vide mille!!! Stava correndo a casa, quando incontrò il capo della sua azienda in macchina e gli disse: “Domani ti aspettano dei pacchi dall’estero, sai dove vanno?!” Marcovaldo, però, andò a sbattere contro un palo della luce. Allora, dopo che si riprese dal brutto colpo, andò a casa e chiese a sua moglie se fosse normale vedere dei fantasmi. Lei gli disse: “Ma cosa stai dicendo? Ah! Ti intenderai di macchie?!” ”Macchie?” “Si! Quando non pulisci gli occhiali si formano delle macchie!” “ E allora come spieghi l’uccisione, il corpo che portavano nel palazzo e…il 6


sangue?” “Il sangue sarà kecthup e il corpo sarà un manichino!!” “Aaaaaah! ORA SI SPIEGA TUTTO!!” Così finirono le sue allucinazioni e gettò nella spazzatura quegli strani occhiali.

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Gli alieni in attacco di Gabriele Botticini

Era estate, la cittĂ era calda e piena di gente. Di sera i ragazzi andavano in discoteca. Anche di notte la cittĂ era piena di persone; di mattina andavano al lavoro, a scuola o al mare. Marcovaldo stava camminando con Domitilla, Filippetto ed Isolina. 8


Ad un certo punto, videro una luce schiantarsi su di una collina. Allora andarono a vedere: c'era una specie di navicella quadrata con delle luci ai lati. Poi si aprĂŹ una porta e uscirono quattro creature strane,di colore verde. Si avvicinarono a loro, li presero, li portarono nella navicella e volarono via. Quando Marcovaldo sentĂŹ un brusco rumore, i figli guardarono da una specie di oblò vicino a loro; rimasero scioccati: erano sulla Luna! A quel punto, quelle creature verdi li fecero scendere dalla navicella. Marcovaldo, Domitilla ed i figli videro delle case, provarono ad entrare in una di esse, mentre le creature verdi li inseguivano. Fecero il giro della casa e tornarono alla navicella, riuscirono ad avviarla e tornarono sulla terra. Una volta arrivati, andarono a casa a riposare. L’abitazione era piccola, ma bella: dove entrava la luce, c'erano un tavolo e quattro letti, due piccoli e due grandi.

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Le Ciocco-sfere di Silvia Cazzanelli

Era un autunno come tanti altri; le foglie gialle, rosse, marroni ed arancioni cadevano dagli alberi e ricoprivano la cittĂ con un manto eterogeneo. La luce che entrava dalla finestra della casa di Marcovaldo era diversa: era debole e non ne 10


penetrava molta. Marcovaldo, che di solito si svegliava con la luce di prima mattina, quel giorno non si alzò con il chiarore del sole, ma con le urla dei suoi figli. Si sollevò di soprassalto, scatto giù dal letto di corsa e si diresse alla fermata del tram. Era tardi, allora decise di farsi una bella passeggiata fino alla ditta in cui lavorava. Davanti all’azienda c’erano due venditori, uno di palline di zucchero e l’altro di cioccolata calda. Marcovaldo comprò, con gli spiccioli che aveva, una pallina e un bicchierino di cioccolata. Mentre entrava nella ditta, il suo capo si spaventò e lui fece cadere la sfera di zucchero dentro la cioccolata. Il capo di Marcovaldo gli sequestrò il bicchiere, dove c’era la cioccolata con la sua bellissima pallina, per essere arrivato in ritardo al lavoro. All’ora di pranzo andò a mangiare su di una panchina lì vicino, dove pranzava ogni giorno al posto di tornare a casa come tutti gli altri dipendenti. Quando finì di nutrirsi, andò dai venditori e comprò nuovamente una pallina e un bicchiere di cioccolata. Stavolta fece cadere di proposito la dentro la cioccolata e assaggiò la delizia da lui creata e chiamata “CIOCCO-SFERA”. Il suo capo lo vide non fare niente e gli domandò se poteva continuare lavorare per recuperare le ore perse la mattina. Di norma Marcovaldo avrebbe detto che le avrebbe recuperate la sera, ma si sentiva pieno di forze ed allora accettò. Lavorò per due ore da solo, prima che 11


ritornassero gli altri dipendenti. Quando arrivarono, videro Marcovaldo lavorare davvero con molto impegno e si stupirono, perché, di solito, era sempre il dipendente con meno voglia di tutti: sembrava che fosse obbligato da sua moglie! A fine giornata aveva perso tutte le energie e sembrava un orto vivente. Stavolta aveva fatto molta attenzione all’orario, per non perdere il tram un’altra volta. Il mezzo di trasporto da lui preferito era molto silenzioso e Marcovaldo vide cose a cui non aveva mai fatto caso; i sedili, ad esempio gli sembravano molto più comodi, ma magari era un’impressione, perché era stanco. Scese alla sua fermata e, quando entrò in casa, fu una gran festa, ma solamente perché avevano tutti una gran fame. Lo pregarono di prendere loro qualcosa da mangiare, perché Domitilla era stanchissima e non riusciva a cucinare niente. Marcovaldo, saputo questo, tornò di corsa davanti alla ditta e chiese a due venditori otto palline di zucchero e altrettanti bicchieri di cioccolata calda. Riprese il tram e realizzò le sue famose “CIOCO-SFERE”per lui e la sua fantastica famiglia. Arrivato a casa ne diede una a ciascuno di loro; tutti iniziarono a saltare e a rompere tutto, perché le “CIOCCO-SFERE” erano molto energetiche. Marcovaldo cercò una via d’uscita: non voleva stare in una gabbia di matti, ma quando aprì la porta. Paolino, Filippetto, Michelino, Pietruccio, Isolina, 12


Fiordaligi e Domitilla schizzarono fuori e ricoprirono la cittĂ di foglie secche. Non si distingueva niente: era come un bellissimo paesaggio di montagna con prati e collinette, montagne e fiumiciattoli. Per Marcovado quello era un sogno che diventava realtĂ ! Sembrava un fantastico paese di montagna dove avrebbe sempre voluto vivere con i suoi figli e con sua moglie. Marcovaldo si trovava sopra il tetto della sua casa per vedere che cosa facessero i suoi figli. Era davvero sorpreso e stupefatto; quando fece il primo passo in questa radura stupenda, cadde dentro l'immenso mucchio di foglie.

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Vacanze sulle montagne di Meryl Follin

Era un giorno di sole in cittĂ . I raggi rendevano la neve soffice e luccicante. Filipetto era fuori, insieme a dei bambini. Stavano giocando con la neve. Isolina stava aiutando la madre Domitilla a sistemare la casa. Marcovaldo, intanto, stava preparandole valigie. Sarebbero 14


andati in vacanza sulle montagne. Ad un tratto l'orologio della sala attirò l'attenzione di Marcovaldo; era nuovo, appena comprato. Era bianco come la neve, con disegnati dei fulmini gialli come il sole, mentre le lancette erano nere come il carbone. Erano le 9.00 del mattino! Dovevano sbrigarsi, perché alle 9.46 dovevano essere sul treno. Marcovaldo, allora, disse ad Isolina di andare a chiamare Filipetto, perché doveva cambiarsi. Alle 9.40 erano seduti sul treno. Il vagone era azzurro come i cielo, verde come il terreno erboso in primavera e bianco come i prati di questa stagione. Il treno partì; Marcovaldo si affacciò al finestrino e vide un paesaggio povero e bianco. Arrivarono su una montagna e Filippetto chiese: << Papà, ma siamo sull'Everest?! >> Marcovaldo rispose: << No, siamo su una montagna della Valle d'Aosta!>> Domitilla intervenne e disse: << Su, andiamo a prendere gli sci! >> Marcovaldo affittò degli sci blu e verdi. Iniziò la corsa; i bambini, insieme alla madre, andarono a sciare sulla pista più piccola. Marcovaldo, però, si stava annoiando, così decise di andare sulla pista più grande. Alla partenza perse uno sci; dovette fare la discesa seduto. Tornò in pista, ma perse non uno, ma ben due sci e disse: << Se questa non è sfortuna!! >> Andò fino alla seggiovia con gli sci in mano. Si sedette e partì, ma, metà del tragitto, Marcovaldo cadde a testa in giù ed esclamò: << Adesso basta! Me ne vado al bar!>> Si recò nel locale ed ordinò una cioccolata calda. La stanza era accogliente e calda. Era costruita in legno e pietra, con il fuoco ben visibile. I bambini erano 15


ancora fuori a giocare e Marcovaldo si addormentò felice ma stanco.

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Ecco come l'uomo cambia il paesaggio di Sophie Gorret

Un giorno tranquillo di primavera, Marcovaldo, andando al lavoro, si fermò davanti ad una piantina. La osservò bene e, sentendo il suo profumo, pensò ad una vacanza sulle Alpi. Ritornò alla realtà, perché una signora, pulendo i vetri, fece cadere un vaso a pochi passi da lui. Non fu del tutto una cosa

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tremenda, perché doveva andare al lavoro, ma si prese uno spavento. Arrivò e sentì parlare i suoi colleghi di un certo “lago del Dragone”. Si avvicinò ad essi e chiese informazioni: «Scusate se mi intrometto, di che lago state parlando? Dove si trova?» «È situato sulle Alpi, in Piemonte. È un lago molto conosciuto, è quasi perfetto...» dissero gli altri. «Perché quasi?» insistette Marcovaldo. « Perché l’accesso è a pagamento, bisogna avere i biglietti. Io ne ho quattro, ma non so cosa farne...» esclamò un collega. « Puoi darli a me, io in cambio farò il tuo lavoro per oggi!» Marcovaldo ottenne i biglietti, ma dovette lavorare di più per riuscirci. Arrivò a casa e annunciò la notizia ai suoi famigliari. Isolina disse:« Wow! Partiamo domani! Dai, papà, mamma, possiamo?» «Ma certo!» rispose Domitilla «Filippetto, Isolina preparate gli zaini: si parte domani mattina alle sei e mezza. Coraggio, andate a letto e riposate!» Il giorno seguente, come di parola, iniziarono il viaggio. Trovarono il percorso un po' duro, non essendo abituati a camminare, ma arrivarono verso le undici. Il lago era di forma ovale, circondato da un'erba profumata e da fiori di tutti i colori. Le sue acque erano di un azzurro limpido, come un cielo senza nuvole. Era alimentato da un fiume serpeggiante, come le vipere che abitavano sotto le rocce. Le montagne innevate che lo incorniciavano erano marmorizzate: bianche come il latte e grigie. Si udivano cantare le cicale e cinguettare gli uccelli, come ci fosse un direttore d'orchestra. Era presente 18


anche il rilassante rumore della neve o del ghiaccio che si scioglieva. Tutto l'ambiente era fresco e si respirava la pura aria di montagna. Filippetto e Isolina rimasero meravigliati dalla situazione. Subito volevano fare un giro in barca sul lago, ma non si poteva, perché era ancora ghiacciato. L'idea piaceva comunque a Marcovaldo che pensò un modo per realizzare il desiderio dei suoi bambini. Partirono per cercare un tronco largo e robusto. Li fermò un vigile che chiese loro i biglietti; per fortuna superarono il controllo. Fecero una passeggiata e trovarono l'occorrente per fabbricare una zattera. Domitilla, da bambina, costruiva bambole e piccole barchette. Riuscirono nell'impresa grazie alla sua esperienza. Trovarono delle corde negli zaini dei bambini e dei grossi pezzi di stoffa che usarono per fare la vela. Filippetto e Isolina erano eccitati all'idea di navigare su quel lago magnifico. Marcovaldo, anche lui felice, voleva far vedere ai bambini che era un buon comandante. Tirò fuori dal suo zaino un cappello da marinaio e la canna da pesca. Voleva procurarsi la cena da quelle limpide acque cristalline. Gettò l'amo e spiegò ai figli la tecnica di pesca. Una grossa trota abboccò ed iniziò a tirare. La zattera si muoveva alla velocità di un ghepardo, non si fermava più. Preso dal panico, Marcovaldo lasciò la sua lenza ed iniziarono a rallentare. La calma ritornò. Domitilla disse:«Eh bravo! Quella lenza l'hai pagata con tre stipendi mensili! Ecco come buttare i soldi all'aria, anzi, al lago!» Il manovale e i ragazzi rimasero sbalorditi dalle urla della madre, quasi più di quando videro per la prima volta il lago. Marcovaldo aveva paura e si buttò nelle 19


gelide acque appena sciolte dal caldo sole di quei giorni per riprendere la canna da pesca. Non la trovò e andò a denunciarne la scomparsa. «Mi descriva quella lenza, signore» pronunciò il vigile. «È una canna da pesca vecchia, c'è della ruggine qua e là, ma funziona ancora alla perfezione. Ha l'impugnatura di gomma piuma, il mulinello e l'asta di alluminio. La corda è fatta di coda di cavallo e l'amo è di metallo. È di colore azzurro, l'impugnatura nera e la corda bianco-panna. Non è proprio dritta: la cima è un po' ricurva, ma per il resto è perfetta. È molto importante per me, perché me l'ha regalata mio papà quando ero piccolo» spiegò Marcovaldo. «Cercheremo di fare il possibile, signore» lo rassicurò il vigile. Marcovaldo, un po' rassicurato dalle parole dell'autorità, passeggiava avanti e indietro con le mani incrociate. Ora non si vedeva più il paesaggio naturale del lago del Dragone, anzi era un po' modificato dall'uomo. C'era sempre il lago, ma l'acqua era un po' sporca e c'era molto meno ghiaccio. Si vedeva sguazzare una trota qua e là che trascinava il ricordo del padre di Marcovaldo. Sulle bellissime cime marmorizzate non c'era più un bosco omogeneo: mancavano degli alberi. Tutta la natura vivente, ormai, era mezza morta per la realizzazione di quella specie di barca. Ad un tratto si udì un tuffo enorme. Il lago si era completamente dimezzato. Il vigile era partito alla ricerca della lenza di Marcovaldo. Ora, oltre alla trota con la canna da pesca in bocca, c'era un uomo vestito di giallo con le pinne viola che 20


cercava invano manovale.

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di

soddisfare

la

richiesta

del


Il sogno di Ester Herin

Ăˆ una fresca domenica d'estate. Dalla solita soffitta, Marcovaldo guarda fuori dalla finestra. Soffia un lieve venticello, all'orizzonte si intravede il profilo delle montagne e, dietro, il sole sorge. Marcovaldo pensa che sarebbe stata una giornata fortunata. Fa colazione e scende le scale polverose. Sbuca in una viuzza di fronte alla quale ci sono i 22


giardini. All'improvviso gli viene un'idea: cerca una edicola e compra un biglietto della lotteria. Si siede su una panchina sotto ad un pesco. Comincia a grattare una casella... rimane a bocca aperta. Ha vinto dieci miliardi di euro! Corre subito a casa per avvisare la famiglia. Isolina e Filippetto accompagnano il papà a ritirare il premio. La signora consegna loro il pacchetto: una busta bianca con il segno della lotteria. Isolina, Filippetto e Marcovaldo aprono il biglietto, ma non trovano neanche una monetina. Sul fondo c'è una chiave con l'impugnatura a forma di una tartaruga. Non vanno a lamentarsi, perché sono confusi. Tornano a casa tristi; Marcovaldo va nella sua stanza segreta. Per consolarsi prende un libro da un baule un pò ammuffito e comincia a leggerlo. Con grande stupore scopre l'esistenza di una chiave che apre una porta la quale conduce in un luogo misterioso mai scoperto da nessuno. Marcovaldo si domanda dove, quel luogo, possa trovarsi, poi si ricorda della tartaruga disegnata sul porticato del centro storico. Racconta la scoperta a sua moglie, poi lo dice anche ad Isolina e a Filippetto. Decidono di andare a cercare la porta della tartaruga nel centro storico. Scendono le scale e si dirigono verso il luogo dove si trova la porta. Quando raggiungono il porticato, trovano una tartaruga scolpita sulla roccia uguale al disegno della chiave. Sotto l'animale, si trova una porta. È tutta nera, come se qualcuno, per aprirla, dovesse incendiarla ed è ricoperta di graffi. La serratura è tutta arrugginita e, forse, anche forzata. Marcovaldo infila la chiave, la gira infinite volte. La porta si apre con un ”CALCK”. Filippetto la spinge ed entra; dietro di lui avanzano sua sorella e, per 23


ultimo, il suo papà. Si ritrovano nel buio. Per fortuna, Filippetto è organizzato e si è portato: una corda, una torcia e il libro che ha trovato suo padre. Accendono la torcia e vedono un tunnel che porta chissà dove. Marcovaldo, facendosi luce, si incammina insieme con gli altri. Alla fine del tunnel scorgono un deposito e delle scale che salgono. Un fascio di luce entra da una finestrella; Isolina si affaccia: vede un paesino fortificato e tutt'intorno una foresta. Marcovaldo le domanda dove si trovano, la figlia risponde che non lo sa. Intanto, Filippetto sale le scale ed apre una botola. Tutti si coprono gli occhi, perché la luce del sole illumina interamente la stanza ed essi sono, ormai, abituati al buio. Il gruppetto si incammina verso il paese. È piccolo e circondato da mura; le case sono tutte una vicino all'altra, mentre al centro, si innalza una torre. Arrivati al portone d’ingresso, due guardie sbarrano loro il cammino e chiedono loro chi siano. Marcovaldo risponde dicendo che sono turisti. Le guardie ,però, non li lasciano passare; allora Filippetto, che è furbo, si allontana seguito dai suoi familiari.Insieme aggirano le mura e, quando sono abbastanza lontani dalle guardie, Filippetto lancia la corda sopra le mura e si arrampica. Marcovaldo e Isolina lo seguono. All'interno si trova un paesino,nel quale, ogni casa ha un'insegna, tra cui quella delle terme. Marcovaldo propone di visitare il paese, ma Isolina vuole recarsi alle terme, quindi l’accontentano. Quando ritornano sulle mura, per decidere dove andare, Marcovaldo propone di raggiungere il parco. S’incamminano. Arrivati ai giardini, Isolina si immobilizza: sta fissando un ragazzo. Marcovaldo capisce che si è innamorata. 24


Passeggiano nel parco, poi ritornano sulle mura. La figlia di Marcovaldo chiede di regalarle la chiave, così potrà vedere quel ragazzo ogni volta in cui vorrà. Filippetto si intromette, dicendo che ha fame; allora decidono di tornare a casa, ma quando Marcovaldo scende dalle mura cade... È per terra sul pavimento della solita camera; Marcovaldo capisce che è tutto un sogno. Guarda fuori dalla finestra: è una fresca e fortunata giornata d'estate, gli uccellini cantano e la brezza soffia tra i rami degli alberi del parco.

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Il carretto dei gelati di Milena Malaquias

In cittĂ faceva molto freddo, c'era sempre nebbia e, quando si usciva per strada, si vedevano sempre dei grossi nuvoloni. Se si usciva di casa si dovevano indossare il giaccone, i guanti, il cappello...; se si usciva senza questi indumenti si tornava a casa ricoperti di ghiaccio. Il vento autunnale attraversava le ossa, faceva venire la pelle d'oca. Marcovaldo 26


stava andando al lavoro, alla sua solita ditta. Dietro di lui c'era Domitilla, perché qualcuno le aveva detto che dopo l'ora di pausa pranzo Marcovaldo si comportava in modo strano. Suo marito diceva che questa storia non era vera, ma nessuno gli credeva. Domitilla sentiva Filipetto e Isolina che dicevano a Marcovaldo: "Papà, papà! Portaci il gelato al cioccolato, per favore!" Il marito rispondeva: "Sì" e ogni giorno ne portava una ciotola. Proprio per quello, Domitilla voleva seguirlo: per controllarlo. Alla pausa pranzo vide Marcovaldo che andava verso un carretto ma, visto che non vedeva bene, si avvicinò e vide che era un carretto dei gelati. Domitilla pensò tra sè: "Ma che cosa ci fa un carretto dei gelati in pieno autunno?!" Domitilla si avvicinò a Marcovaldo, ma il carretto non c'era più. Era molto strano: chiese a Marcovaldo che cosa fosse successo ed egli rispose che era andato via con il turbo. Domitilla, curiosa, chiese a Marcovaldo come fosse fatto il carretto ed egli disse:"Sul tetto c'è un gelato di plastica, possiede una lista enorme di gusti, delle ruote nere e molto gonfie e, per finire, è velocissimo. Arriva quando lo si chiama. Domitilla, agitata, avvisò i suoi due figli, perché gli altri erano a scuola e disse loro di venire verso la ditta di loro padre. I figli arrivano correndo e Domitilla chiamò il carretto. Tutti insieme mangiarono il gelato felici. Era una giornata semplice, ma anche bella, con tante emozioni. Come dico io, i gelati riscaldano una mattina d'autunno.

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I quattro giorni sfortunati di Mattia Menegotto

Il cielo era sereno,ma non faceva caldo. Nella casa di Marcovaldo tutto era tranquillo, perché dormivano tutti. Filippetto fu il primo a svegliarsi e, vedendo il cielo, pensò di andare a fare un pic-nic. Svegliò Marcovaldo, Domitilla e Isolina. Poi spiegò la sua idea : tutti erano d’accordo. Marcovaldo che aveva guadagnato più soldi del solito, li nascose per le 28


emergenze. Li mise in una piccola urna. Era blu, con dei filamenti dorati e argentati: sembrava il mare. Lì dentro aveva 500 euro e ne prese 100 per il pic-nic. Quando partirono, Filippetto dimenticò di chiudere la porta a chiave. Si diressero verso una collina a qualche centinaio di metri dalla città. Arrivati lì, stesero per terra la coperta; Marcovaldo e Domitilla iniziarono a preparare il pranzo. Filippetto ed Isolina si arrampicarono sugli alberi. Filippetto faceva finta di essere un grande gorilla, invece Isolina si gustava il meraviglioso paesaggio,ancora senza neve, perché l’inverno era iniziato da poco. Da lassù Isolina vedeva tutta la città, con i parchi e le case. Marcovaldo chiamò i ragazzi. Arrivarono con le mani tutte sporche. Marcovaldo disse loro di andarle a lavarle alla fontana lì vicino. Mangiarono fino a sazietà, poi tutti e quattro si misero a dormire come sassi. Intanto, il tempo passava veloce come il vento. Marcovaldo fu svegliato da una suoneria. Era il suo telefono: era il suo vicino che lo chiamava. Marcovaldo gli rispose e questi gli disse che un uomo mascherato era entrato in casa sua. Lui non ci credette, perché già altre volte gli avevano fatto scherzi simili. Poi svegliò sua moglie ed i figli, perché erano già le sei passate. Dopo dieci minuti di viaggio un’altra chiamata: era la signora del palazzo di fronte che aveva visto uscire un uomo dalla sua casa. Allora Marcovaldo gli credette e andò subito a vedere; trovò la porta aperta. Entrò e non riconobbe più la sua casa, sembrava una discarica. I cassetti della cucina erano 29


aperti, con un miliardo di cocci per terra di piatti e bicchieri. E poi non c’era più l’urna con i soldi!! Tutti i suoi risparmi erano stati portati via. La moglie ed i bambini misero a posto, mentre Marcovaldo andò dalla polizia. Raccontò tutto. Il mattino seguente, nella casa di fronte ci fu un furto e, visto che la polizia controllava la casa di Marcovaldo, riuscirono a prendere il ladro. Era il migliore amico di Marcovaldo. Erano stati compagni di classe alle elementari, alle medie e perfino alle superiori. Era sempre stato il suo migliore amico, ma questa volta l’aveva tradito. Disse di non aver rubato nella casa di Marcovaldo. Lui non gli credette e lo lasciò in mano ai poliziotti. Poi Marcovaldo si ricordò della telecamera. Guardò il filmato e scoprì che non era stato il suo amico, ma un uomo molto più basso di statura. Allora pensò al suo acerrimo nemico: era alto esattamente come il ladro. Marcovaldo lo fece arrestare e lui confessò che l’aveva fatto per invidia. Quella notte Marcovaldo dormì sereno. Il mattino seguente, andò sul balcone e, mentre aprì la porta, gli cadde un vaso in testa e si mise ad urlare . Domitilla accorse e vide il suo vaso preferito rotto e Marcovaldo tutto bagnato. Poi notò che sul balcone superiore c’era un gatto nero che, per sbaglio, aveva buttato giù il vaso. Gli inquilini , sentendo quel rumore, andarono a vedere e videro dei cocci sparsi su tutto il balcone di sotto. Domitilla spiegò che cos’era successo. Poi gli inquilini se ne andarono scusandosi. Marcovaldo, che era in ritardo, andò subito a prendere l’auto, ma,quando arrivò, trovò due ruote a terra. Si mise a 30


correre il più velocemente possibile, ma, giunto sul posto di lavoro, capì che la ditta era andata in fallimento. Marcovaldo, che era molto superstizioso, disse che la nuvola della sfortuna l’aveva colpito. Tornò a casa piangendo e disse a Domitilla ed ai figli che erano spacciati, perché non aveva più il lavoro. Quella sera furono tutti depressi. Marcovaldo si ricordò che c’era la luna nuova e, secondo i suoi calcoli, ci sarebbe stato un solo giorno di sfortuna. Il mattino seguente la corrente saltò in tutto l’edificio per tutto il giorno. Marcovaldo si svegliò e scivolò su di un calzino, sbatté contro la libreria ed un libro gli cadde in testa. Era il suo preferito: aveva la copertina in pelle verde, con le bordature dorate, con inciso sopra: “Da tua mamma, per te″. Quando si rialzò era sera: era svenuto e nessuno se n’era accorto, siccome pensavano che dormisse. Andò a mangiare cena, ma tutti riposavano. Allora si mise a dormire. Il mattino seguente si ricordò che era finito il suo ultimo giorno di sfortuna ed, infatti, acquistò il giornale e lesse che la sua ditta aveva ripreso a lavorare. Era felicissimo. Poi guardò fuori: stava nevicando!!!!! Era tornata la fortuna!! Tutti si svegliarono. Era tranquillo ed il paesaggio era innevato, sembrava di ghiaccio: era incantato.

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Un viaggio in montagna di Fulvio Meynet

Un bel giorno di primavera, Macovaldo pensò di fare una bella gita in montagna. C’era ancora un po' di neve, ma Filippetto ed Isolina insistevano lo stesso. I gentori approvarono; Filippetto, Isolina, Domitilla e Marcovaldo partirono dopo un’ora. Quest'ultimo aveva con sè il suo zaino rosso e nero, grande, un po' vecchio e mal tenuto. Marcovaldo passò lo zaino 32


a Domitilla; questa lo prese e seguì il sentiero che portava sotto la montagna. Dopo dieci minuti, però, Domitilla cadde e si fece male alla spalla sinistra. Filippetto, un po' preoccupato, corse da lei e le disse: “Dammi lo zaino!”. Arrivati, finalmente, sotto la montagna Altissimus, Filippetto ed Isolina iniziarono ad inseguire stambecchi e camosci: erano sulla punta del monte a mangiare l'erba. I quattro cercarono di scalare la montagna, ma, neanche a metá, videro quattro volpi, dieci stambecchi, otto camosci e tante marmotte. Filippetto ne scorse una, ma cadde a terra dalla paura. Isolina, appena dieci metri dopo, volle toccare le corna di uno stambecco, ma questo iniziò ad inseguirla. Arrivati, finalmente, in vetta, dopo quasi due ore, scesero dalla montagna e montarono la tenda spaziosa. Filippetto ed Isolina costruirono una mangiatoia in legno per camosci e stambecchi e la riempirono di erba. Poco dopo, Domitilla chiamò i due bambini per mangiare un panino. Arrivò la sera; si avvicinarono tanti camosci, stambecchi, alcune marmotte e tante volpi. Domitilla preparò un bel piatto di minestra, l’arrosto e la torta; quando finirono di mangiare, scattarono qualche foto agli animali. Ad un certo punto, arrivò un branco di lupi. Scapparono al riparo ed, alle undici e mezza di sera, andarono a dormire tranquilli. La tenda era montata ai piedi della montagna ed era circondata dai boschi.

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Marcovaldo ed il rapimento alieno di Filippo Ottin

Era un caldo giovedĂŹ di agosto. Il sole splendeva nel cielo blu e chiaro. In cittĂ non c'era anima viva. La gente era in casa per ripararsi dal sole cocente. A Marcovaldo venne un'idea: accompagnare i suoi figli in campagna dai parenti. Marcovaldo partĂŹ con Filippetto, Isolina e Domitilla. Passarono davanti a un enorme campo di grano. Appena 34


arrivati, i figli criticarono la casa di campagna:”E' bruttissima, sarà piena di topi”, ma a Marcovaldo piaceva l'idea di dormire in quella casa. I parenti avevano un cane molto vivace, e così, Filippetto e Isolina lo portarono fuori a giocare. Mentre Marcovaldo stava sistemando le sue cose, si sentì stanco, così fece un pisolino. Quando si svegliò era notte fonda, ma dopo qualche secondo si accorse che fluttuava. Così emise un urlo! Arrivarono i figli e i parenti che dissero:”Papà stai volando! Ti rapiscono gli alieni!” Marcovaldo sparì in un disco viola fosforescente che emanava una luce forte e produceva un rumore strano; sembrava avesse una superficie liscia. In un lampo il disco sparì. Marcovaldo si alzò: era dentro una stanza di metallo. “A quanto pare non c'è nessuno.” disse tra sé, ma poi sentì dei passi e arrivò un alieno: era alto, con la pelle grigia e con grandi occhi. Marcovaldo scappò il più velocemente possibile, ma non si accorse che il disco era rotondo e che così correva in cerchio. La creatura era sempre lì, ma a lui pareva che ce ne fosse più di una. Se avesse continuato in quel modo il pavimento dell'ufo si sarebbe consumato. Ad un certo punto, ci fu un flash accecante. Marcovaldo aprì gli occhi. Era in pieno giorno e si accorse che fluttuava sopra una fontana; poi il disco sparì e Marcovaldo cadde dentro. Arrivarono i figli e i parenti e gli domandarono che cosa avesse visto, ma Marcovaldo non ricordava niente dell'incontro con la creatura extraterrestre e della caduta nella fontana. Era vicino alla casa di campagna; tutto era tranquillo 35


e sereno, c'erano anche i campi con i mulini! Doveva essere stato via per delle ore e le gambe gli facevano male, come se avesse corso in tondo per molto tempo. Ora,però, gli mancavano la città , con i suoi grattacieli, le persone in strada e le metro affollate. Nonostante l'odore di smog e il caldo afoso, almeno in città non c'erano alieni e fontane.

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Un’avventura in montagna di Julien Perron

Un giorno, Marcovaldo, Filippetto ed Isolina decisero di trascorrere una notte in tenda ai piedi della Grande Montagna. Ormai era autunno: le giornate diventavano corte e le temperature erano scese di molti gradi. Prepararono lo zaino con tutto l'occorrente ed, al mattino presto, si incamminarono per il sentiero che sale nella valle. Dopo alcune ore 37


di cammino, trovarono un posto magnifico dove potersi accampare: era un prato immenso con, al centro, un limpido torrente dove si potevano vedere anche i pesci. Dietro, alle loro spalle, ammirarono il bosco che ormai stava diventando giallo e rosso e le montagne già imbiancate. Non si sentiva nessun rumore: era il posto giusto dove dormire. Dopo aver piantato la tenda, accesero un fuoco, su cui cucinarono i pesci pescati poco prima; terminata la cena, Marcovaldo raccontò alcune storie divertenti e poi andarono tutti a dormire. Durante la notte, però, si scatenò un terribile temporale e una forte folata di vento portò via la loro tenda. Decisero, così, di andare nel bosco, per cercare una grotta dove rifugiarsi; si sentivano mille rumori, versi di animali ed, intorno, si vedevano tanti occhi. Avevano paura! Finalmente, tra gli alberi, videro una grotta e, subito, corsero dentro ma...lì viveva anche una famiglia di volpi! Così, spaventati, corsero fuori, sotto la pioggia. Decisero di realizzare un rifugio con rami e foglie: iniziarono a costruire il loro riparo sotto un grande albero. Dopo alcune ore di lavoro, il nascondiglio era finito; mangiarono alcuni biscotti, bevvero dei succhi e poi si addormentarono, perché erano sfiniti.

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L'internallotto di Giorgia Pession

Era un giorno di nebbia fitta fitta; anche con una torcia accesa non si vedeva niente. I pali della luce illuminavano poco: il giusto indispensabile per gli autisti del tram. Le strade erano cupe e grigie. Tutti erano tristi, persino i grattacieli! Il firmamento era pieno di nuvole e nuvoloni che facevano cadere tantissime goccioline di diverse dimensioni che, 39


mano a mano, diventavano sempre più fitte e numerose: era una vera e propria tempesta! Il sole non si decideva a sovrastare le nuvole: era ancora addormentato dietro le bianche montagne innevate della città! Effettivamente, era l'unico luogo dove s'intravedeva un po' di luce. Sfortunate erano le persone costrette a passeggiare nella via per andare a lavorare; le altre erano ancora a dormire, aspettando il suono della sveglia. Tra queste c'erano Marcovaldo ed i suoi figli. Erano tutti a letto, tranne Domitilla e Filippetto. Quest'ultimo era ricoverato all'ospedale a causa di una grave malattia: aveva una broncopolmonite e sua madre decise che, quella notte, sarebbe restata a dormire con lui. Alle sette in punto, nella camera di Marcovaldo, suonò la sveglia: egli si alzò di colpo pensando di essere in ritardo, visto che, la sera precedente, era andato a letto molto presto. Poi andò a lavarsi e a vestirsi, ma non fece colazione. Uscito di casa controllò l'orologio per sapere che ora fosse: erano solamente le sette e mezza, doveva andare al lavoro alle otto! A quel punto gli venne in mente una fantastica idea: «Vado a mangiare una bella colazione nel mio bar preferito!» Incamminatosi, arrivò alla caffetteria, dove bevve un cappuccino e gustò una grande brioche alla marmellata di albicocche. Mentre mangiava, notò che in televisione era trasmessa una partita di calcio e si fermò a vederla, senza più guardare che ora fosse. Quando questa finì, si accorse che era estremamente in ritardo. Si mise la giacca, il cappello ed iniziò a correre velocemente verso il cantiere. Quando arrivò, tutti i suoi colleghi erano già al lavoro. Marcovaldo pensava che il capo fosse molto arrabbiato, ma, invece, gli disse: «Anche 40


se sei arrivato in ritardo, non importa, visto che sei l'unico operaio che lavora tutto l'anno, senza interruzione; la prossima volta, però, fa' più attenzione!» La mattina trascorse benissimo, fino a quando il telefono di Marcovaldo incominciò a suonare un'allegra musichetta. Egli rispose senza esitare: era sua moglie Domitilla. Lo avvisava che Isolina era ammalata e non poteva andare a trovare suo fratello Filippetto all'ospedale, quindi doveva andare lui durante la pausa pranzo. Arrivò molto velocemente l'ora dell'intervallo e Marcovaldo iniziò subito a correre verso l'ospedale; intanto mangiava il suo duro e vecchio panino al prosciutto, preparato la sera prima da sua moglie. In pochi minuti arrivò a destinazione: quell'edificio aveva un'aria veramente triste, perché a causa dei dottori, che avevano un muso lungo e dei malati, che non stavano bene, sembrava proprio un cimitero! Arrivò davanti all'ascensore e premette il pulsante per aprire la porta. Dopo essere giunto al terzo piano, girò a sinistra e trovò la stanza dove giaceva suo figlio Filippetto il quale, vedendo il padre, esclamò: «Papà!! Che cosa fai qui? Non doveva venire quell'antipatica di mia sorella Isolina?» A questo punto, Marcovaldo gli spiegò tutta la situazione ed in seguito iniziarono a chiacchierare. Ad un certo punto, il protagonista si ricordò che si trovava nella pausa pranzo e che, quindi, aveva solo due ore per vedere suo figlio. Filippetto, allora, gli chiese di comprare un giornalino, così, nei momenti di solitudine, lo avrebbe sfogliato. A questo punto, Marcovaldo corse fino al primo piano dove vi era l'edicola dell'ospedale. Prese un settimanale a caso e si recò alla cassa. Dietro l'edicolante si intravedeva 41


un biglietto dell'Internallotto e decise di comperare pure quello. Scelse a caso sette numeri e ritornò da suo figlio per salutarlo educatamente e per dargli il giornalino; poi si incamminò per rientrare al lavoro. La sera, quando tornò a casa, diede a Domitilla il biglietto con i sette numeri magici e le disse:«Cara moglie, anche se siamo molto sfortunati, domani mattina, ascolta bene la radio, perché, magari, potremmo vincere ben un milione di euro!» Il giorno seguente, Marcovaldo si alzò di buon'ora per andare al lavoro, mentre Domitilla si svegliò verso le otto. La prima azione che compì fu quella di accendere la radio. Passarono un'ora, due ore, tre ore quando, finalmente, verso le undici, una voce iniziò ad elencare tutti i numeri vincenti. C'era un problema: Domitilla era in bagno a stendere i panni, ma, per fortuna, le porte erano aperte; riuscì a sentirli tutti: erano quelli scritti sul biglietto! In realtà, però, non ne capì uno e proprio quello era sbagliato. La sera, quando Marcovaldo tornò a casa dal lavoro sua moglie gli disse: «Carissimo, hai azzeccato proprio ogni numero magico che ci farà vincere un milione di euro!» Egli, molto entusiasta e contento, uscì di casa e sfrecciò verso il palazzo dove vi era il direttore dell'Internallotto. Arrivò in pochi minuti, perché non distava molto dal condominio dove risiedeva con la sua famiglia. Trovò davanti a sé un imponente e altissimo grattacielo blu, con un miliardo di finestre; sul tetto vi era una scritta luminosa e gialla:”L'INTERNALLOTTO”. Marcovaldo non esitò ad entrare, e, appena salito sull'ascensore, si accorse che c'erano ben dieci piani e l'ultimo era proprio il suo. Arrivato a destinazione, vide davanti a sé una grandissima porta, la aprì ed entrò in un'enorme 42


stanza. Dentro stava un uomo con aria molto seria: Marcovaldo gli mostrò il biglietto ed egli controllò scrupolosamente ogni numero. Dopo qualche secondo disse allo sfortunato protagonista:«Mi dispiace per lei, ma un numero è errato e quindi ha perso. Arrivederci!» Marcovaldo, con aria molto triste, ritornò a casa, come una nuvola nera che minaccia pioggia o addirittura grandine. La sua vita, che sembrava diventare ricca, improvvisamente ritornò povera come uno straccio tutto bucato e pieno di strappi. Uscito dall'imponente palazzo, il protagonista s'incamminò per ritornare a casa. Intanto il cielo diventò cupo, il sole scomparve ed i lampioni incominciarono ad accendersi. Marcovaldo iniziò a sentire i “cic e ciac” delle piccole goccioline di acqua. Poco dopo si scatenò una vera e propria tempesta! Arrivò l'inverno e tutto ritornò come prima. Marcovaldo continuò a trascorrere semplici serate riscaldate dai pochi e vecchi termosifoni dell'appartamento.

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Una gita con la zia di Michelle Rocca

In una giornata di primavera, Marcovaldo, Domitilla, Isolina e Filippetto decisero di andare a trovare la zia Filomena. Presero il pullman numero 3. Era molto carino, rosso fuoco e con delle scritte originali. Non era molto lungo, ma largo. Salirono a bordo e partirono. Un'ora dopo Isolina chiese: ”Che ore sono? Ho fame!” Marcovaldo rispose: ”La casa della zia è 44


lontana. Intanto potete osservare il paesaggio.” Isolina e Filippetto ascoltarono quello che disse il padre. Videro dal finestrino alberi di pesco, fiori di mille colori e tanti alberi, tutti molto vicini. Filippetto domandò: ”Mamma che cosa sono tutti quegli alberi?” Domitilla rispose: ”Caro Filippetto quella è una foresta dove vivono tanti animali!” Trascorsero altre due ore e finalmente arrivarono. Dovettero camminare ancora un po', perchè Filomena non era andata ad aspettarli. Era una sorpresa. Dopo due ore di cammino, arrivarono davanti alla casa. Suonarono il campanello e uscì Filomena. Era una donnina piccolina, con la carnagione rosa come quella di un bambino, aveva i capelli neri, gli occhi marroni e portava degli occhiali rettangolari e verdi. Quando la donnina li vide fu felicissima e disse: ”Ciao! Da quanto tempo non vi vedo! Quanto siete cresciuti! Venite dentro. Fuori c'è un'arietta gelida.” La casa era bellissima: era una villa, con tappeti, scale, letti a baldacchino, quadri e tante stanze. I due bambini rimasero a bocca aperta per lo stupore. La zia li chiamò dicendo: ”Din, din! Il pranzo è pronto! Venite su!” I bambini corsero per la grande fame. C'era un banchetto bellissimo: torte salate, pizze, pizzette, frutta, verdura e dolciumi. Si abbuffarono come se non avessero mai mangiato. Nel primo pomeriggio la zia volle fare dei regali a Filippetto e Isolina. Al primogenito diede un trenino molto bello, giallo, verde, blu, marrone e rosso. Invece alla secondogenita regalò un peluche. Isolina gli diede subito il nome: Koalito. Decisero che il koala dovesse salire sul trenino e viaggiare per il mondo. Il loro pianeta si chiamava “Contrario”, perché 45


parlavano e lavoravano al contrario. Intanto la zia parlava con Marcovaldo e Domitilla. Ad un certo punto,le venne un'idea: ”Perchè non portiamo i fanciulli allo zoo? Si divertiranno!” Li chiamò. I bimbi domandarono:”Ma che cos'è uno zoo?” Il padre disse: ”Lo vedrete quando saremo arrivati. È qui vicino, non impiegheremo molto tempo.” Arrivati alla meta, entrarono ed ammirarono rapaci e tanti altri animali. Filippetto disse: ”A me piace di più questa giraffa, perché ha il collo più lungo di tutte le altre” “Io invece adoro questo koala, perché è uguale al mio peluche!” disse Isolina. Quando uscirono dal parco, videro tanti oggetti esposti per essere acquistati dai visitatori. Ne vollero comperare uno. Isolina prese una penna con attaccato un corallo e Filippetto un libro sulle foreste. Domitilla disse:” È stata una giornata bellissima. Domani dove andremo?” Marcovaldo rispose: ”In piscina così i bimbetti impareranno a nuotare.” Arrivati a casa, cenarono con pollo, mais e tiramisù. Dopo il pasto serale, andarono tutti quanti a dormire, eccetto Marcovaldo che, in giro per la città, cercò dei costumi per i piccoletti. Li trovò e tornò a casa. Il mattino seguente i due fratelli videro sul proprio letto i costumi da bagno e li indossarono. Fecero colazione in costume, ma non andarono subito in piscina. Restarono a casa a giocare. Prepararono il pranzo e mangiarono, poi uscirono e si incamminarono. Arrivati, Marcovaldo si buttò in acqua. Aiutò i suoi figlioletti ad entrare in piscina. Nuotarono così tanto che non vollero più uscire 46


dall'acqua. Più tardi i bambini cominciarono ad avere fame. Andarono in un ristorante bellissimo chiamato ''La villa del paradiso''. Mangiarono primo, secondo, contorno e dolce. Fecero ritorno alla villa. La mattina seguente dovettero partire per tornare a casa. Salutarono la zia e se ne andarono. La loro dimora era piccolina, un po' squallida, aveva delle scale che scricchiolavano, però era piena di colore. Isolina e Filippetto, in coro, dissero: ”Ci è piaciuta tanto questa gita! Siete i genitori più bravi del mondo!” Padre e madre si commossero e vissero per sempre con il cuore pieno di felicità.

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Il sogno di Marcovaldo di Marilisa Carrel

Marcovaldo stava guardando fuori dalla finestra ma, nel suo quartiere, non sembrava fosse primavera. Di fronte alla sua casa c’era una vecchina che era seduta su una panca. Al centro della via c’erano due alberi, uno di fronte all’altro; erano ancora secchi, ma con qualche foglia che dava un po’ di colore al quartiere grigio. Marcovaldo si voltò e disse: 48


-Domitilla, prepara le valigie: andiamo in vacanza! La moglie, agitata, chiamò due dei sei figli, Michelino e Pietruccio e disse loro: -Dai preparatevi, andiamo in vacanza!I due bambini iniziarono subito a fare domande: -Dove andiamo? Cosa facciamo? Quanti giorni stiamo?– Marcovaldo aveva pensato di fermarsi due notti. Gli altri figli sarebbero rimasti a casa, perché non avevano abbastanza soldi per portarli tutti, allora facevano a turni. Marcovaldo prese uno zaino marrone, con una corda per chiuderlo. Aveva una toppa sul fondo color verdastro, cucita male con un filo rosso; la fibbia usata per chiudere lo zaino era blu con una macchiolina bianca. Partirono e, ad un certo punto, si fermarono vicino ad un boschetto di pini. Il posto era abbastanza tranquillo, c’erano ancora gli ultimi spiragli di sole che attraversavano gli aghi degli alberi. Vicino al bosco c’era una casetta vecchia che cadeva a pezzi. Piantarono la tenda e misero dentro due coperte. Si fece buio; Domitilla tirò fuori dallo zaino un thermos con dentro del tè caldo ed un contenitore con della pasta fredda. Mangiarono, poi entrarono nella tenda e dormirono. Il giorno seguente, i bambini si svegliarono presto e, così, Marcovaldo e Domitilla non dormirono molto. Pietruccio e Michelino andarono ad esplorare il territorio ed entrarono nella casa. Trovarono gioielli, soldi e pietre preziose; i due bambini portarono tutto 49


alla tenda e, quando Marcovaldo vide tutto quel luccichio, gli si illuminarono gli occhi. Quella sera, Marcovaldo non riuscì a prendere sonno, allora uscì dalla tenda e vide che nella casa c’era la luce accesa. Subito corse verso l’abitazione, aprì la porta e vide degli uomini. Due di loro lo presero e lo portarono nel seminterrato, lo legarono con il nastro adesivo alla maniglia della porta e lui, cercando di liberarsi, sbatté la testa e svenne. La mattina dopo, si svegliò ancora legato; gli uomini non c’erano più. Si guardò intorno: la stanza era luminosa, nonostante fosse un seminterrato; non riuscì a liberarsi. Sentiva che i suoi figli lo stavano cercando, ma lui non poteva rispondere, perché aveva il nastro adesivo anche sulla bocca. Calò la sera e ritornarono quegli uomini; entrarono tutti e sette nella stanza dove era imprigionato. Li sentiva parlare, parlare di soldi, di gioielli, di rapine e di molte altre cose. Presto capì che erano camorristi. Il giorno dopo, Marcovaldo si liberò, corse subito alla tenda e… si svegliò, si ritrovò nella mansarda, si girò tutto sudato. Domitilla si alzò e la routine riprese normalmente; Marcovaldo capì che era un sogno o meglio un incubo… e si girò dall’altra parte. Fissò un fiore che era fuori dalla finestra, bianco come la neve: era l’unica cosa che desse una sensazione di freschezza. Aveva un buon profumo, che si diffondeva in tutta la stanza. Vicino a lui, c’era 50


Michelino che dormiva; Pietruccio si alzò proprio in quel momento. Marcovaldo riguardò il fiore e, fissandolo, si riaddormentò. Con l’immagine della mansarda piccola, buia e cupa riprese a sognare…

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La nuova facciata di Marcovaldo di Nicolò Faccio

Tutto iniziò in bella giornata di pioggia. La mansarda era grigia, brutta e sporca. Avrebbe potuto essere la casa delle streghe: piccola e scomoda, aveva solo tre abbaini. In cucina, l’odore di cibo marcio era così fastidioso da far svenire. Marcovaldo e Domitilla si svegliarono e cominciarono a litigare. Iniziò Marcovaldo dicendo: “Insomma! Ti lamenti per 52


tutto! Non c’è questo, non c’è quello, per ogni cosa ti lamenti!”. Continuò Domitilla: ”È normale, non trovi un vero lavoro: prendi una paga misera!”. Dopo arrivò Michelino. Marcovaldo si rivolse a Domitilla tutto arrabbiato: ”Vado a caccia di funghi!” Michelino domandò: ”Posso venire anch’io?”. Marcovaldo rispose: ”No! No!” Domitilla disse a Marcovaldo: ”Ecco perché ho trovato il gatto morto della mia vicina sul mio balconcino!”. Michelino si mise in ginocchio e lo pregò. Alla fine Marcovaldo approvò e andarono nel bosco; iniziarono a cercare i funghi che in quella zona abbondavano, ma più salivano e meno ne trovavano. Michelino trovò una cosa straordinaria e chiese al papa che cosa fosse: ”Papà, che cos’è questo calice?” Marcovaldo era stupito, senza fiato e diceva a Michelino: ”Figliolo, hai trovato il Santo Graal!”. Allora suo figlio rispose: ”Siamo ricchi sfondati!” Marcovaldo chiese: ”Perché?” Rispose Michelino: ”Perché?! Ne ho trovati almeno altri venti dentro una scatola, con le istruzioni per l’uso scritte sul retro.” Allora Marcovaldo andò a prenderli e scovò anche dell’oro, dei diamanti e un cristallo alto venti centimetri e largo trenta; andarono a casa, fecero vedere tutto il bottino alla famiglia e vendettero tutto. Comprarono una villa con ottanta camerieri, cuochi e servitori. Il letto matrimoniale era di oro puro ventiquattro carati; le coperte erano di seta, la più costosa, lavorata a 53


mano. Il materasso emanava un profumo di rosa appena sbocciata. La villa in cui vivevano, invece, era la più grande mai costruita: c’erano ottanta camere ed all’interno era tutto in marmo. Era costruita su un terreno di novanta chilometri quadrati. Ogni figlio si vestì solo di pura seta. Vissero tutti felici e contenti.

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La gita nel vulcano di Emilio Merlo

Marcovaldo era nella sua camera da letto, buia e umida, piena di ragnatele. I muri erano cosparsi di crepe e da essi scendevano pezzetti di cemento. Marcovaldo chiese a Domitilla ed ai figli:<< Volete andare a fare una passeggiata ai piedi del vulcano? >> Domitilla accettò, ma solo due dei suoi figli volevano partire. Gli altri bambini volevano restare a casa. 55


Marcovaldo, allora, partì con Domitilla ed i suoi due figli Pietruccio e Michelino per andare a passeggiare. Si incamminarono su di un sentiero stretto e scosceso. Stavano marciando, quando Michelino scorse una figura in lontananza. Era un signore, un vecchietto, che camminava nei prati. Michelino chiese a Marcovaldo: << Cosa fa lì quel signore?>> Marcovaldo gli rispose: << Andiamo a vedere!>> Arrivati vicino al vecchietto, gli dissero:<<Chi è lei? >> Il vecchietto rispose loro: << Sono il saggio del vulcano, mi chiamo … Ugo Fantozzi; volete visitare il vulcano?>> Domitilla rispose per tutta la famiglia: << Certo, sarà bellissimo!>> Tutta la famiglia partì seguendo il vecchietto; aveva un cappello strano a forma di piatto rovesciato, come quello dei cinesi. Era fatto di paglia, con una piuma rossa come quelle delle fenici. Pietruccio chiese a Ugo: << Quanti anni ha?>> Il vecchietto rispose: << Ho centoquindici anni, giovanotto!>> L’anziano sembrava orgoglioso dell’età che aveva, forse perché era ancora in gran forma. Stavano ancora marciando, il terreno diventava sempre più caldo e non si vedeva più vegetazione: era diventato tutto roccioso. C’erano circa cinquanta gradi! Marcovaldo stava per chiedere di tornare indietro, quando il vecchietto disse: <<Siamo arrivati!>>

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Domitilla chiese al saggio: << Ma come arriviamo dentro il vulcano?>> Non aveva neanche finito la frase quando Ugo premette una pietra di color oro, un’altra roccia si aprì e lasciò lo spazio ad un ascensore costruito interamente in vetro, in modo da vedere tutta la lava del vulcano. Marcovaldo era contentissimo di osservare il cratere, ma ancora più felice di stare in quell'ascensore, perché c’era l’aria condizionata. Quel vulcano era pieno di lava, con un’apertura in alto a forma di cerchio. C’erano delle rocce che sporgevano dalla lava. Il vulcano si preparava ad eruttare, infatti, poco dopo, un getto di lava si alzò ed uscì dalla bocca del vulcano. Tutta la famiglia di Marcovaldo era felice, tranne i quattro figli di Marcovaldo che erano rimasti a casa.

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La vacanza di Marcovaldo di Alice Miramonti

La camera di Marcovaldo è molto piccola, buia e paurosa. La sua stanza è formata da un letto matrimoniale per Marcovaldo e sua moglie Domitilla. Il loro giaciglio è in legno vecchio con un materasso, la coperta e due morbidi cuscini. Di fianco al letto, ci sono due comodini in legno scuro un po' rovinati con, al di sopra, due lampade nuove che producono moltissima luce. 58


Nella stanza ci sono due piccolissime finestre di forma ovale, dalle quali si vede un bellissimo paesaggio innevato, con delle stupende piste da sci. Nella camera di Marcovaldo si trovano anche due armadi a specchio in legno chiaro e un po' scuro; il vetro, a volte, è sporco. Marcovaldo, eccitato per la voglia di andare a sciare con sua moglie e i suoi due figli Pietruccio e Michelino domanda loro: " Andiamo a sciare?" I figli urlano dalla gioia ma, subito, la madre Domitilla dice :"Ragazzi! Non possiamo andare a sciare: non abbiamo sci, racchette e casco!" Marcovaldo, Pietruccio e Michelino sono molto delusi. All'ora di cena, i figli si recano nelle loro stanze. Piu' tardi, anche Domitilla va a letto, invece Marcovaldo rimane in salotto, davanti al suo computer che il capo gli ha regalato per il compleanno. A Marcovaldo viene un'idea geniale: decide di chiamare il postino e gli chiede di portargli quattro paia di sci per lui, per sua moglie e per i suoi bambini. La mattina seguente, Marcovaldo dice alla sua famiglia : "Dai, oggi noi andremo a sciare!" e da dietro alla sua schiena tira fuori di tutto: sci, scarponi, caschi e racchette‌ 59


Tutti urlano di gioia e si preparano per uscire di casa. Marcovaldo ha degli sci molto belli, scuro,con gli attacchi di tutti i colori.

in

legno

Le sue racchette hanno la punta in ferro, i copripunta in accaio molto duro, il bastone in legno chiaro con delle macchie scure. Al loro ritorno tutti sono molto felici della gita . Pietruccio esclama :"Papà, dobbiamo ritornarci, è stata una bellissima gita! Grazie!" La famiglia di Marcovaldo per queste vacanze si trova in un bellisimo paese di montagna molto innevato. Marcovaldo annuncia alla sua famiglia purtroppo, è arrivato il momento di partire.

che,

Tutti sono molto tristi, però sanno che nel loro cuore rimarrà impresso il bellissimo paesaggio con fiori colorati e animali di tutti i tipi. Si ricorderanno di questa divertente vancanza in montagna.

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Una crociera un po' strana di Carlotta Pastore

Un giorno d’estate Marcovaldo, tornando dal lavoro, con la sua bicicletta color rosso acceso, incontra un signore che lo invita a partecipare ad un concorso. Come premio è in palio un viaggio di dieci gironi in crociera nel mar Mediterraneo. Marcovaldo accetta e va nel suo posto preferito per mangiare: sulla sua panchina prediletta. Questa si trova nel luogo piĂš 61


bello della città: nel giardino davanti alla piazza. Questo posto è pieno di fiori, ha un laghetto colmo di pesciolini, rane con tante farfalle che ci svolazzano sopra. Marcovaldo, quando torna a casa, vede sua moglie Domitilla ed i suoi figli, Pietruccio e Michelino, saltare felici per tutta la mansarda. Domanda,allora, a sua moglie, perché siano così contenti. essi Lei gli risponde che un signore l’ha chiamata dicendole che hanno vinto una crociera. Marcovaldo inizia a sorridere e a saltare anche lui. Due giorni dopo, la famiglia arriva al porto per imbarcarsi. Quando essi vedono la loro nave, spalancano la bocca per lo stupore ed iniziano ad ammirare quell’imbarcazione. E’ blu e bianca, con alcune piscine e gli scivoli d’acqua. Quando entrano, ammirano le loro camere. Sono bellissime, soprattutto confrontate con la loro mansarda. Hanno due letti a castello e l’oblò per vedere fuori, il bagno gigante con una vasca da bagno, la doccia, il water, il lavandino e, vicino alla porta, un armadio. Quando si recano al ristorante sono tutti emozionati, perché non hanno mai visto tanto cibo. Assaggiano quasi tutto. Quando terminano di mangiare, vanno sul ponte a vedere la nave che parte. In seguito, Marcovaldo e la sua famiglia vanno in camera a riposare e poi a dormire. Il primo giorno Marcovaldo conosce un club di pescatori e incomincia a stare con i suoi nuovi amici. Domitilla sta sempre sulle sdraio a prendere il sole, ma, qualche volta, va al bar a bere qualche cocktail. I bambini giocano con altri ragazzi, in piscina e sugli scivoli. Quando Marcovaldo lascia gli amici, va con 62


loro a divertirsi. Nei primi giorni non succede nulla di particolare. Il quinto giorno, mentre Pietruccio e Michelino stanno giocando con la palla, notano, in lontananza, una luce strana. Si recano, allora, sul luogo per esplorare e scorgono una signora particolare. E' una maga che invita ognuno di loro ad esprimere un desiderio. Pietruccio chiede che i suoi genitori non si siano mai conosciuti e che quindi non litighino più. Tornano in camera e vedono Domitilla che prepara le valigie perché vuole andarsene. Appena Marcovaldo entra nella stanza trova Pietruccio e Michelino, ma non li riconosce e li caccia. I ragazzi escono piangendo, perché non sanno dove andare. Fortunatamente trovano un posticino in cui rifugiarsi. Il sesto giorno sperano che sia stato tutto solo uno scherzo. Quando, però, incontrano la mamma che non li riconosce, comprendono che tutto è reale. Pietruccio piange e sostiene che sia tutta colpa sua, ma Michelino gli risponde che risistemeranno tutto. Passa il tempo e i bambini sono sempre più tristi e preoccupati. L’ultimo giorno cercano un modo per ritornare come prima. Michelino si ricorda della maga; allora decidono di tornare sul luogo dove l’avevano incontrata. Arrivati lì ritrovano quella signora e le chiedono di togliere l’incantesimo. La maga dice che per levarlo, dovranno portare da lei i loro genitori. Pietruccio e Michelino decidono di provare. Il primo va da Domitilla: incredula vuole vedere se sia vero e lo segue. Il secondo si reca da Marcovaldo, il quale, però, non si lascia convincere facilmente. Infine lo 63


segue. Arrivati dalla maga, i due adulti sono molto spaventati. Passano dieci minuti e non succede niente. Trascorre mezz’ora e, ad un certo punto, Marcovaldo e Domitilla cadono a terra. Dopo cinque minuti si rialzano ed iniziano a ridere, perché era uno scherzo: la maga non era una stregona e loro si erano sempre conosciuti! Questa è stata una “lezione” per Pietruccio e Michelino, per far capire loro che i ragazzi non devono ascoltare le conversazioni degli adulti. Così i quattro ringraziano la signora e se ne vanno ridendo felici. Tutta la famiglia è contenta di tornare nella sporca, polverosa, un po’ puzzolente e piccola mansarda; la vita riprende come sempre.

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Un’avventura fantastica di Sophie Perren

Erano le sei meno un quarto, quando Marcovaldo si svegliò per andare al lavoro. Dalla finestrella penetrava un raggio di sole e questi si affacciò. Si vedevano bellissimi alberi di mille colori e splendeva un bel sole caldo. Si sentiva un buon profumo di autunno. Arrivò l’ora di andare al lavoro. Quando iniziò ad avviarsi, trovò per terra un bel braccialetto 65


che avrebbe regalato a Pietruccio. Arrivato alla fermata del tram, si accorse che era in ritardo. Allora tornò a casa, prese la bicicletta e iniziò a pedalare verso la fabbrica dove lavorava. Quando arrivò, vide il capo Viligelmo che piangeva, seduto in mezzo al parcheggio. Gli andò incontro e capì che la fabbrica aveva chiuso per colpa della crisi. Marcovaldo lo salutò, prese la bici e si diresse a casa. Appena giunto, andò con la moglie ed i figli alla fermata del tram: questo non tardò ad arrivare ed essi salirono, pagarono il biglietto e si sedettero sui comodi sedili in pelle. Dopo un lungo tragitto arrivarono davanti alla fattoria di Gianberto e Gianmarino, gli amici di Fiordaligi. Scesi dal tram, i genitori andarono a fare i biglietti per entrare nella fattoria, mentre i bambini si diressero al chiosco dei gelati. Pietruccio e Filippetto entrarono nel bar ed aprirono tutti i rubinetti delle granite. In un batter d’occhio il chiosco era pieno di bevande! Quando arrivarono i genitori, non credettero ai propri occhi ed urlarono: – Un chiosco di granita!! WOW, è un sogno!! – I bimbi, tutti appiccicosi, presero i biglietti e si fiondarono dentro, nel recinto dei conigli. Appena messo un piede all’interno, tutti i conigli li accerchiarono ed iniziarono a leccare le loro mani con gusto. Michelino, il più piccolino, aveva paura dei conigli. Allora prese un aggeggio: un bastone di legno con attaccato al fondo un pezzo di ferro che assomigliava ad un pettine senza qualche dente,con il quale scacciò tutti i conigli facendoli scappare. Poi la truppa di bambini entrò nel recinto dei maiali, ma 66


Isolina si dimenticò di chiudere il cancello. Gli animali scapparono in tutte le direzioni. Dalla paura di essere sgridati, i sei bambini corsero fino al pollaio dove si chiusero dentro. Si sedettero, però, sulle uova appena covate e Fiordaligi strappò tutte le piume e le penne degli animali. Trascorsi alcuni secondi, arrivarono i genitori dei bambini e li portarono nella biglietteria. Marcovaldo e la moglie Domitilla andarono a porgere le scuse ai gestori della fattoria. Per catturare tutti gli animali, chiamarono il vigile Astolfo, ma, dato che non vedeva bene, Domitilla gli regalò venti paia di occhiali, con lenti super potenti. Allora il vigile partì e trovò tutti gli animali, tranne uno. Era un bellissimo coniglietto, morbido come un batuffolo di cotone. Sembrava affettuoso, ma appena si avvicinava un solo dito, lo squartava. Allora Isolina, la più amante degli animali, lo prese per le orecchie e lo mise nel recinto. La famiglia iniziò ad incamminarsi verso casa. Ritornati, Pietruccio pensò alla fantastica avventura e la raccontò a tutte le persone del piccolo e desolato quartiere in cui abitava. Le case erano ammassate una sull’altra ed i bambini non compravano i giochi, ma li inventavano con quello che trovavano.

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Halloween di Malena Senn

Era una fredda mattina d'autunno e la città era piena di gente che correva di qua e di là , entrava nei negozi disperatamente e sembrava che volesse comprare tutto quello che c'era in vendita. All'improvviso Michelino, Pietruccio, Isolina, Filippetto ed i loro fratelli saltarono sul letto di Domitilla e Marcovaldo urlando in coro: -Svegliatevi, è

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Halloween! Svegliatevi, dobbiamo travestirci! Vi preghiamo, svegliatevi!Allora, dopo tutte queste urla, Marcovaldo disse ai figli: -Cosa? Costumi? Halwn?- I figli lo corressero: -Halloween, papà!Domitilla, confusa e un po' addormentata, domandò: -E che cos'è?- Allora i bambini risposero: -E' una festa dove si celebra la mort...-; -Ma no, è una festa dove si mangiano tantissimi dolci!- Interruppe Filipetto; poi Michelino aggiunse: -Buoni!Dopo un po' di discussioni, Marcovaldo cominciò a capire un po' di più. Rispose che non avevano tanti soldi per comprare i costumi, ma i bambini insistettero tanto. Alla fine Marcovaldo accettò, ma non sapeva come procurarseli. Allora, proprio alle cinque del mattino scese le scale del condominio e, con molta cautela, rubò sei vestiti scuri alla signora Carrel. Quest'ultima aveva i capelli color marrone chiaro ed una bocca grande grande che usava per sgridare tutti, sempre con una scusa. "Mi hai pestato il tappeto che ho appena pulito! Bambini, non correte sulle scale, altrimenti si consumano! Non bussate così forte! Si saluta la gente!" diceva sempre. Marcovaldo corse velocemente a casa sua. Li misurò ai figli ma, ai bambini, erano grandi. Allora 69


Marcovaldo con forbici e ago li adattò ai bambini che, felici, gridarono: -Evviva! Ora possiamo festeggiare Halloween!Marcovaldo, guardando orgogliosamente i suoi figli, disse: -Bene, adesso andate a chiedere dei dolci ai vicini, così mi lasciate dormire tranquillo!I bambini si avviarono verso l'uscita e, correndo di qua e di là, chiedevano ai vicini dolci e caramelle. Erano così contenti che non si accorsero della signora Carrel che li seguiva. Quest'ultima vedendo che quei bambini indossavano i suoi vestiti, corse loro incontro arrabbiata e intimò loro di ridarglieli immediatamente; affermò che erano dei ladri e avrebbe chiamato la polizia. I bambini, spaventati, corsero via. La signora Carrel li inseguiva disperatamente. Essi corsero velocemente a casa raccontando tutto al papà. Lui, svelto, tolse i vestiti ai figli, scese le scale e collocò i vestiti strappati nella porta di casa della signora Carrel. Sapevano che lei si sarebbe precipitata a casa loro, per domandare loro informazioni sui suoi vestiti: perché li avevano presi, tagliati, indossati e tante altre informazioni. Allora chiusero la porta a chiave e vi attaccarono un biglietto che riportava queste parole: "Siamo andati a pescare e saremo assenti per una settimana". Così, quando la signora Carrel arrivò lì 70


arrabbiatissima, pur bussando fortemente al la porta e strillando con tutte le sue forse, nessuno aprĂŹ. Tutte le sue azioni furono inutili e non le rimase che fare ritorno a casa sua. Marcovaldo e i suoi famigliari assaggiarono alcune caramelle e quindi andarono a dormire nella unica cameretta dove erano sistemati tre letti a castello a sinistra per i maschi e tre a destra per le femmine. Al centro troneggiava il letto matrimoniale di Marcovaldo e di Domitilla. Il silenzio profondo della notte era interrotto dal rumore delle gocce d'acqua che, dal soffitto, cadevano nei barattoli e contemporaneamente dalle parolacce provenienti dal piano inferiore.

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Zanna Bianca e Marcovaldo di Gaia Sirigu

Era inverno, Marcovaldo stava andando a lavorare in bicicletta contento e soddisfatto, perchĂŠ sapeva che gli avrebbero dato le ferie invernali. La cittĂ era ricoperta da un manto bianco e freddo e, dai tetti delle case, scendevano dei pezzi di ghiaccio. I bambini della famiglie ricche giocavano con la neve e gli adulti giravano in limousine. Michelino e 72


Pietruccio’ invece, stavano alla finestra insieme a Domitilla ad ammirare tali ricchezze. I bambini chiesero alla madre: << Perché non possiamo uscire anche noi a giocare? >>. La mamma rispose: << Mi dispiace, ma non possiamo permetterci gli abiti adeguati!>>. Domitilla, però; era contenta, perché sapeva che suo marito avrebbe finito di lavorare e avrebbero potuto andare in montagna. Marcovaldo stava tornando a casa con la sua bicicletta, quando vide un cucciolo di cane. Era bianco, con il pelo folto e due occhi azzurri che riflettevano la luce del sole. Il cagnolino si avvicinò a Marcovaldo. Egli lo legò alla bicicletta e lo portò a casa con lui. Domitilla, appena vide il cane, si arrabbiò e disse: <<Come facciamo a curarlo e a nutrirlo se non abbiamo nemmeno il cibo per noi? >>. Suo marito le rispose: <<Non dobbiamo curarlo, lo terremo solo fin quando il suo padrone lo verrà a prendere! >>. Passarono due settimane, ma nessuno domandò notizie del cane. I bambini, pertanto, erano molto contenti di avere un cucciolo, saltavano e giocavano con lui e tutti i giorni lo conducevano a passeggio. Domitilla, un giorno, disse a Marcovaldo: <<Portiamo il cagnolino in montagna? Se è necessario vendiamo la nostra casa, almeno avremo i soldi per il viaggio! >> <<Allora facciamo le valigie e partiamo!>> rispose il protagonista. Pietruccio andò a comprare i biglietti 73


del pullman e Michelino aiutò la madre a preparare i bagagli, mentre Marcovaldo metteva il guinzaglio al cucciolo. Terminati preparativi, partirono. Arrivarono al pullman: era sporco e malmesso: aveva i sedili pieni di toppe ed emanava un odore sgradevole. Lo guidava un autista ubriaco. Pietruccio esclamò, allora: << Non è proprio di prima classe, ma ci porterà a destinazione >>. Marcovaldo e la sua famiglia erano i soli passeggeri del pulman. Michelino e suoi fratelli cercarono un nome per il cucciolo che se ne stava seduto sul sedile a scodinzolare. Dopo un’oretta arrivarono al paese: era costituito da molte case di montagna costruite in legno massiccio o in pietra. Il cucciolo sembrava veramente contento, come fosse tornato a casa. Comprarono un’abitazione piccolina, ma, di certo più bella della mansarda in città. Finalmente erano felici. Il paesaggio che si vedeva dalla camera del secondo piano era bellissimo: si scorgevano le montagne alte e rocciose, tutte innevate e, ai piedi dei rilievi, dei pianori coperti di neve. In lontananza si sentiva lo scroscio di un ruscelletto alimentato dalla fusione della neve. Marcovaldo e la sua famiglia chiamarono il cucciolo Zanna Bianca. Pietruccio andò a comprare un collare per il cagnolino e vi scrisse: “IO SONO ZANNA BIANCA E IL MIO PADRONE È MARCOVALDO”. I figli del protagonista misero il collare al cane perché, se si fosse perso, qualcuno lo avrebbe riportato al padrone.

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Uno scherzo ben riuscito di Daniel Vallet

Da una casa diroccata e abbandonata da tanto tempo si sentivano provenire rumori misteriosi, come urla e risate malefiche. Un giorno, Marcovaldo, Domitilla, Pietruccio e Michelino decisero di entrare: la struttura era tutta in ordine: le pareti erano belle, ma schizzate del sangue delle vittime accatastate a piramide. Quando entrarono in una delle stanze, il 75


pavimento cigolò e poi si ruppe. Marcovaldo e la famiglia precipitarono e si trovarono in una camera piena di armi provenienti dalla fabbrica nella quale lavorava Marcovaldo. Le pareti erano di cartongesso e, su una, stava un uomo appeso ad un grande chiodo curvo, con un paletto nel cuore e con la testa conficcata in una falce. Quando si avvicinarono alla parete, videro per terra del fieno e delle grandi ossa di animali: capirono di essere in una fattoria abbandonata. Se ne andarono spaventati, ma Domitilla e Marcovaldo si accorsero di aver dimenticato i figli dentro la stanza. Li andarono a chiamare e li trovarono intenti a giocare con Scream, un uomo che indossava una tunica scura e portava una maschera bianca con la bocca nera. Quando questi si girò disse:”Bellaaaaaaa!”. I genitori si meravigliarono e gli domandarono:”Ci ridai i nostri figli, per favore?”. Lui non rispose, lasciò i bambini e sparì. Confusi se ne andarono e, davanti alla casa, trovarono Fiordaligi impiccato con un paletto nel cuore e con tutte le ossa e gli organi a terra sotto di lui. Tutti si spaventarono, si misero a piangere, ricomposero il corpo e dopo tre giorni gli fecero il funerale. Il giorno dopo, morì Filippetto. Al posto del cervello aveva il cuore e al posto del cuore il cervello, aveva i piedi all’incontrario e la testa in mano, incollata. Il giorno dopo morirono Isolina, Michelino e Pietruccio: i primi due come i fratelli, ma 76


Pietruccio con la testa conficcata in un macete, con un bicchiere di spremuta di cervello e di cuore nella sua bocca. A Scream non rimaneva che uccidere Domitilla, Marcovaldo e Paolino e lo fece nello stesso modo crudele adoperato per i figli. Scream riuscì ad uccidere tutti, ma una nuova inquietante presenza terrorizzava anche lui: Slanderman, il giustiziere della notte. Appena calò il buio, Scream si trovò faccia a faccia con lui e non riuscì a sfuggirgli: gli toccò una morte lenta e dolorosa. La casa era rossa e blu non per il sangue, ma a causa di un incidente con la vernice… Tutto era una messa in scena realistica e spaventosa per terrorizzare la città… un gioco ben riuscito!!!!!!!

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Una giornata fortunata di Hasan Xeka

Un giorno Marcovaldo si alzò dal letto in una giornata d'estate molto calda. Uscì dalla sua mansarda e disse: << La città è piena di edifici, non c'è neanche un po' di verde!>> Ad un certo punto vide due dei suoi figli, Pietruccio e Michelino, che erano entrati in una botola. Marcovaldo li seguì di nascosto ed infilando la testa 78


in essa, perché il corpo non passava, scorse una miniera grandissima e due uomini che trasportavano pepite. Marcovaldo pensò che le stessero rubando; più lontano notò i suoi figli che stavano giocando con le pepite. Marcovaldo cercò l'entrata della miniera e, nelle vicinanze, vide un furgone carico di pepite che si stava allontanando con i due malviventi. Marcovaldo si rivolse ai suoi figli dicendo: << Dove avete trovato le pepite?>> Pietruccio e Michelino indicarono un'altra caverna; Marcovaldo entrò: era piena di pepite e di pietre preziose! Felice, si tuffò sulle pepite e disse ai suoi figli:<< Prendetene il più possibile!>> I figli ne raccolsero più di cinquanta. Ad un certo punto, però, tornarono i due malviventi: videro che anche Marcovaldo si stava impadronendo delle pepite, allora presero due bastoni: Marcovaldo si spaventò e si rifugiò in una caverna vicina. I malviventi, però non la videro, perché era completamente buia. Marcovaldo dalla sua tasca estrasse un cerino e lo accese. Davanti a lui comparve un baule e lo aprì. Dentro scorse un rubino rosso, grande come una mela, lo prese e se lo mise nella tasca della giacca. Quando uscì dalla caverna, l'ingresso della miniera era bloccato dalle auto della polizia ed i malviventi erano chiusi dentro una di quelle. I figli di Marcovaldo, nel frattempo, erano riusciti ad uscire dalla caverna ed insieme al papà tornarono a casa. Domitilla li stava aspettando e subito chiese a Marcovaldo che cosa avesse nella tasca. Marcovaldo rispose:<<Ho un grande rubino rosso luccicante da regalarti!>> Era il rubino più bello che Domitilla avesse mai visto. Consigliò al marito di venderlo. Marcovaldo lo fece 79


subito ed intascò 100.000 euro. Con questo denaro comprò una casa al mare, un'auto ed una fattoria. La casa era bianca ed era circondata da un giardino abbellito da palme. Tutte le camere da letto avevano una TV ed un bagno. La vista mare era fantastica!

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