RELOADER Magazine N.87 aprile 2015

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Sommario

In Primo Piano

n. 87 - Aprile 2015

RAEE Nuova classificazione dei rifiuti: dubbi e perplessità legittimi?

di Vito La Forgia

3

Energie rinnovabili L’Italia tra luci (rinnovabili) e ombre (efficienza energetica) di M. Turchetti

9

Finlandia. Pannelli solari a forma di foglia sulla carta da parati

10

Carburanti alternativi: come ricavare idrogeno dai RAEE

10

Storie di riciclo Glamour e rispetto dell’ambiente: si può! di Francesca Vitelli

11

Ambiente e Società La Giornata della Terra, una riflessione sull’urgenza di assumere stili di vita più rispettosi dell’ambiente ScuolAmbiente. Di nuovo insieme ai ragazzi del Liceo Majorana con un progetto tutto nuovo di Francesca Marasini Edilizia verde a EXPO 2015. Il padiglione Italia “assorbe” lo smog La Biolamp Smog Eats, il lampione cattura CO2 Sette regole indispensabili per le imprese green firmate Terna LE DONNE E LA GREEN ECONOMY Un’azienda agricola su tre è guidata da una donna E’donna il Manager della sostenibilità EnterprisinGirls Crescere insieme premiando il talento di Francesca Vitelli

13 15 17 17 18 19 19 20

Gli Speciali La tecnologia RFId e NFC dalla produzione al punto vendita fino allo smaltimento del prodotto Attilio Casella, General Manager BTG Tecnologie

Una nuova e prestigiosa partnership per RELOADER

21

BIP ‐ Best Ideas & Projects è com‐ posta da un gruppo di professio‐ nisti che nel corso di comuni e‐ sperienze lavorative ha condiviso la stessa visione “INNOVARE, IN‐ NOVARE, INNOVARE”. Nei pros‐ simi dieci anni l’innovazione tec‐ nologica raggiungerà livelli stra‐ ordinari e costituirà il vero volano della rinascita del sistema econo‐ mico mondiale. L’edificio della innovazione come sappiamo poggia su tre colonne fondamentali le idee, il mercato e le competenze specialistiche; af‐ finché questo edificio sia stabile ed in equilibrio nel tempo occor‐ re però bilanciarne le parti che lo compongono. In questo scena‐ rio, da un’idea di un gruppo di amici e professionisti, nell’aprile del 2012 nasce BIP ‐ Best Ideas & Projects, inizialmente come libe‐ ra aggregazione di idee, poi l’11 gennaio 2013 come Associazione Scientifica, che intende assumere il ruolo guida di “integratore tec‐ nologico”, e quello di punto di incontro, di discussione, di pro‐ gettazione e di diffusione tra uni‐

versità, mondo della ricerca, enti, istituzioni, imprese e persone fisi‐ che, interessate allo sviluppo del‐ le conoscenze scientifiche e al trasferimento dei risultati alla società civile in favore del pro‐ gresso tecnologico, industriale, economico e sociale. BIP vuole promuovere, mediante un approccio olistico ed interdi‐ sciplinare, il principio dello svilup‐ po sostenibile nelle sue tre com‐ ponenti fondamentali ambienta‐ le, economico e sociale. L’associazione si propone in par‐ ticolare di elaborare e rappresen‐ tare, in sede nazionale e interna‐ zionale, pareri concernenti la cul‐ tura scientifica e il suo contributo allo sviluppo socio‐culturale, non‐ ché di mantenere rapporti con le organizzazioni nazionali, interna‐ zionali e sopranazionali del setto‐ re tecnico‐scientifico, e di inter‐ venire costruttivamente nei con‐ fronti di istanze individuate nelle ricerche tecniche, scientifiche ed industriali. Augusto Leonida di BIP è entrato nel CTS di RELOADER e Paolo Serra nel CTS di BIP.

RELOADER Magazine n. 87 - Aprile 2015 Via di San Giovanni in Laterano 84 - 00184 Roma Fax: +39 06 62.27.05.44

www.reloaderitalia.it info@reloaderitalia.it Tel: +39 06 7049.5320


Sommario

In Primo Piano

n. 87 - Aprile 2015

RAEE Nuova classificazione dei rifiuti: dubbi e perplessità legittimi?

di Vito La Forgia

3

Energie rinnovabili L’Italia tra luci (rinnovabili) e ombre (efficienza energetica) di M. Turchetti

9

Finlandia. Pannelli solari a forma di foglia sulla carta da parati

10

Carburanti alternativi: come ricavare idrogeno dai RAEE

10

Storie di riciclo Glamour e rispetto dell’ambiente: si può! di Francesca Vitelli

11

Ambiente e Società La Giornata della Terra, una riflessione sull’urgenza di assumere stili di vita più rispettosi dell’ambiente ScuolAmbiente. Di nuovo insieme ai ragazzi del Liceo Majorana con un progetto tutto nuovo di Francesca Marasini Edilizia verde a EXPO 2015. Il padiglione Italia “assorbe” lo smog La Biolamp Smog Eats, il lampione cattura CO2 Sette regole indispensabili per le imprese green firmate Terna LE DONNE E LA GREEN ECONOMY Un’azienda agricola su tre è guidata da una donna E’donna il Manager della sostenibilità EnterprisinGirls Crescere insieme premiando il talento di Francesca Vitelli

13 15 17 17 18 19 19 20

Gli Speciali La tecnologia RFId e NFC dalla produzione al punto vendita fino allo smaltimento del prodotto Attilio Casella, General Manager BTG Tecnologie

Una nuova e prestigiosa partnership per RELOADER

21

BIP ‐ Best Ideas & Projects è com‐ posta da un gruppo di professio‐ nisti che nel corso di comuni e‐ sperienze lavorative ha condiviso la stessa visione “INNOVARE, IN‐ NOVARE, INNOVARE”. Nei pros‐ simi dieci anni l’innovazione tec‐ nologica raggiungerà livelli stra‐ ordinari e costituirà il vero volano della rinascita del sistema econo‐ mico mondiale. L’edificio della innovazione come sappiamo poggia su tre colonne fondamentali le idee, il mercato e le competenze specialistiche; af‐ finché questo edificio sia stabile ed in equilibrio nel tempo occor‐ re però bilanciarne le parti che lo compongono. In questo scena‐ rio, da un’idea di un gruppo di amici e professionisti, nell’aprile del 2012 nasce BIP ‐ Best Ideas & Projects, inizialmente come libe‐ ra aggregazione di idee, poi l’11 gennaio 2013 come Associazione Scientifica, che intende assumere il ruolo guida di “integratore tec‐ nologico”, e quello di punto di incontro, di discussione, di pro‐ gettazione e di diffusione tra uni‐

versità, mondo della ricerca, enti, istituzioni, imprese e persone fisi‐ che, interessate allo sviluppo del‐ le conoscenze scientifiche e al trasferimento dei risultati alla società civile in favore del pro‐ gresso tecnologico, industriale, economico e sociale. BIP vuole promuovere, mediante un approccio olistico ed interdi‐ sciplinare, il principio dello svilup‐ po sostenibile nelle sue tre com‐ ponenti fondamentali ambienta‐ le, economico e sociale. L’associazione si propone in par‐ ticolare di elaborare e rappresen‐ tare, in sede nazionale e interna‐ zionale, pareri concernenti la cul‐ tura scientifica e il suo contributo allo sviluppo socio‐culturale, non‐ ché di mantenere rapporti con le organizzazioni nazionali, interna‐ zionali e sopranazionali del setto‐ re tecnico‐scientifico, e di inter‐ venire costruttivamente nei con‐ fronti di istanze individuate nelle ricerche tecniche, scientifiche ed industriali. Augusto Leonida di BIP è entrato nel CTS di RELOADER e Paolo Serra nel CTS di BIP.

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Nuova classificazione dei rifiuti: dubbi e perplessità legittimi?

di Vito La Forgia - ambiente-rifiuti.com

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norma è entrata in vigore da poco è vero, e quindi di tempo per la speri‐ mentazione non si può dire che ce ne sia stato a sufficienza, di spiegazioni ufficiali ne sono state date poche e quindi spendere due paro‐ le in merito alla norma che ha introdotto una premessa all’allegato D della parte IV del D.Lgs. 152/2006 mi sembrava doveroso anche solo per dare un minimo di chiarezza a chi de‐ ve applicare le regole che andremo qui di se‐ guito ad analizzare per poter procedere con la classificazione dei rifiuti. Premettiamo che quelle che sono state introdotte sono delle regole di classificazione dei rifiuti, seppur di‐ scutibili, che dovrebbero dare un minimo di coerenza al panorama italiano sulla classifica‐ zione dei nostri rifiuti. Ciò che preme sottoli‐ neare però è che queste “regolette” non so‐ no una novità, ma rappresentano una sorta di precisazione e di ordine di azioni da seguire, infatti consulenti e produttori già utilizzavano schemi mentali molto simili per poter proce‐ dere con la classificazione dei propri rifiuti.

Ciò a dimostrazione del fatto che la procedura che conduce alla individuazione del codice CER di un rifiuto non è mera alchimia o un sor‐ teggio di un biglietto contenente un codice a sei cifre da un calderone, ma è di fatto una successione di operazioni che permettono di conoscere per filo e per segno caratteristiche chimico – fisiche del rifiuto, processo tecnolo‐ gico che lo ha prodotto, caratteristiche di pe‐ ricolo eventualmente presenti. Date le richie‐ ste che sono pervenute presso il portale www.ambienterifiuti.wordpress.com, e visti i contributi online e sulla carta stampata che in qualche occasione hanno diffuso un sottile “terrorismo psicologico”, mi sembrava impor‐ tante cercare di approfondire un attimo la questione. Per quanti ancora non abbiano in‐ quadrato di cosa si stia parlando, l’argomento del presente articolo è la norma sulla classifi‐ cazione dei rifiuti che introduce di fatto una sorta di elenco di attività che devono essere svolte al fine di poter classificare un rifiuto e individuare il corretto codice CER dall’elenco

RAEE presente nell’allegato D della parte IV del D.Lgs. 152/2006. Come abbiamo anticipato poc’anzi, fino ad oggi consu‐ lenti e produttori di rifiuti non si sono limitati a indicare ad “occhi chiusi” un codice CER dall’elenco nel momento in cui si voleva classificare un rifiuto, ma adottavano una serie di pra‐ tiche che conducevano ad una conoscenza specifica del rifiuto, delle sue componenti chimiche e della sua pericolosità così da poter essere certi di quale fosse il codice CER corretto. Pertanto non si pensi che da oggi, con l’introduzione di questa nuova premessa consulenti e produt‐ tori si siano svegliati dal loro torpore iniziando a comprende‐ re cosa siano i rifiuti. Probabil‐ mente qualche produttore più distratto lo farà, ma speriamo siano solo pochi casi. Per spie‐ gare un pochino meglio come la classificazione dei rifiuti sia “cambiata”, ci avvarremo in questo articolo del contributo riportato sul portale LexAm‐ biente da Walter Formenton e Mariano Farina. Il loro interven‐ to mi è sembrato molto analiti‐ co, preciso e in grado di dissipa‐ re molti dei dubbi che la lettura di quella famosa premessa sol‐ leva. Riportiamo qui a lato il te‐ sto della premessa all’allegato D, così da permettere ad ogni lettore di aver sottomano rapi‐ damente la nuova parte del te‐

1. La classificazione dei rifiuti è effettuata dal produttore assegnando ad essi il competente codice CER, applican‐ do le disposizioni contenute nella decisione 2000/532/CE. 2. Se un rifiuto è classificato con codice CER pericoloso 'assoluto', esso è pericoloso senza alcuna ulteriore specifica‐ zione. Le proprietà di pericolo, definite da H1 ad H15, pos‐ sedute dal rifiuto, devono essere determinate al fine di procedere alla sua gestione. 3. Se un rifiuto è classificato con codice CER non pericoloso 'assoluto', esso è non pericoloso senza ulteriore specificazio‐ ne. 4. Se un rifiuto è classificato con codici CER speculari, uno pericoloso ed uno non pericoloso, per stabilire se il rifiuto è pericoloso o non pericoloso debbono essere determinate le proprietà di pericolo che esso possiede. Le indagini da svolgere per determinare le proprietà di pericolo che un ri‐ fiuto possiede sono le seguenti: a) individuare i composti presenti nel rifiuto attraverso:  la scheda informativa del produttore;  la conoscenza del processo chimico;  il campionamento e l'analisi del rifiuto; b) determinare i pericoli connessi a tali composti at traverso:  la normativa europea sulla etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi;  le fonti informative europee ed internazionali;  la scheda di sicurezza dei prodotti da cui deriva il rifiuto; c) stabilire se le concentrazioni dei composti contenuti comportino che il rifiuto presenti delle caratteristiche di pericolo mediante comparazione delle concentrazioni rilevate all'analisi chimica con il limite soglia per le frasi di rischio specifiche dei componenti, ovvero effettuazio‐ ne dei test per verificare se il rifiuto ha determinate proprietà di pericolo. 5. Se i componenti di un rifiuto sono rilevati dalle analisi chimiche solo in modo aspecifico, e non sono perciò noti i composti specifici che lo costituiscono, per individuare le ca‐ ratteristiche di pericolo del rifiuto devono essere presi come riferimento i composti peggiori, in applicazione del principio di precauzione. 6. Quando le sostanze presenti in un rifiuto non sono note o non sono determinate con le modalità stabilite nei commi precedenti, ovvero le caratteristiche di pericolo non possono essere determinate, il rifiuto si classifica come pericoloso. 7. La classificazione in ogni caso avviene prima che il rifiuto sia allontanato dal luogo di produzione. 


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Nuova classificazione dei rifiuti: dubbi e perplessità legittimi?

di Vito La Forgia - ambiente-rifiuti.com

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norma è entrata in vigore da poco è vero, e quindi di tempo per la speri‐ mentazione non si può dire che ce ne sia stato a sufficienza, di spiegazioni ufficiali ne sono state date poche e quindi spendere due paro‐ le in merito alla norma che ha introdotto una premessa all’allegato D della parte IV del D.Lgs. 152/2006 mi sembrava doveroso anche solo per dare un minimo di chiarezza a chi de‐ ve applicare le regole che andremo qui di se‐ guito ad analizzare per poter procedere con la classificazione dei rifiuti. Premettiamo che quelle che sono state introdotte sono delle regole di classificazione dei rifiuti, seppur di‐ scutibili, che dovrebbero dare un minimo di coerenza al panorama italiano sulla classifica‐ zione dei nostri rifiuti. Ciò che preme sottoli‐ neare però è che queste “regolette” non so‐ no una novità, ma rappresentano una sorta di precisazione e di ordine di azioni da seguire, infatti consulenti e produttori già utilizzavano schemi mentali molto simili per poter proce‐ dere con la classificazione dei propri rifiuti.

Ciò a dimostrazione del fatto che la procedura che conduce alla individuazione del codice CER di un rifiuto non è mera alchimia o un sor‐ teggio di un biglietto contenente un codice a sei cifre da un calderone, ma è di fatto una successione di operazioni che permettono di conoscere per filo e per segno caratteristiche chimico – fisiche del rifiuto, processo tecnolo‐ gico che lo ha prodotto, caratteristiche di pe‐ ricolo eventualmente presenti. Date le richie‐ ste che sono pervenute presso il portale www.ambienterifiuti.wordpress.com, e visti i contributi online e sulla carta stampata che in qualche occasione hanno diffuso un sottile “terrorismo psicologico”, mi sembrava impor‐ tante cercare di approfondire un attimo la questione. Per quanti ancora non abbiano in‐ quadrato di cosa si stia parlando, l’argomento del presente articolo è la norma sulla classifi‐ cazione dei rifiuti che introduce di fatto una sorta di elenco di attività che devono essere svolte al fine di poter classificare un rifiuto e individuare il corretto codice CER dall’elenco

RAEE presente nell’allegato D della parte IV del D.Lgs. 152/2006. Come abbiamo anticipato poc’anzi, fino ad oggi consu‐ lenti e produttori di rifiuti non si sono limitati a indicare ad “occhi chiusi” un codice CER dall’elenco nel momento in cui si voleva classificare un rifiuto, ma adottavano una serie di pra‐ tiche che conducevano ad una conoscenza specifica del rifiuto, delle sue componenti chimiche e della sua pericolosità così da poter essere certi di quale fosse il codice CER corretto. Pertanto non si pensi che da oggi, con l’introduzione di questa nuova premessa consulenti e produt‐ tori si siano svegliati dal loro torpore iniziando a comprende‐ re cosa siano i rifiuti. Probabil‐ mente qualche produttore più distratto lo farà, ma speriamo siano solo pochi casi. Per spie‐ gare un pochino meglio come la classificazione dei rifiuti sia “cambiata”, ci avvarremo in questo articolo del contributo riportato sul portale LexAm‐ biente da Walter Formenton e Mariano Farina. Il loro interven‐ to mi è sembrato molto analiti‐ co, preciso e in grado di dissipa‐ re molti dei dubbi che la lettura di quella famosa premessa sol‐ leva. Riportiamo qui a lato il te‐ sto della premessa all’allegato D, così da permettere ad ogni lettore di aver sottomano rapi‐ damente la nuova parte del te‐

1. La classificazione dei rifiuti è effettuata dal produttore assegnando ad essi il competente codice CER, applican‐ do le disposizioni contenute nella decisione 2000/532/CE. 2. Se un rifiuto è classificato con codice CER pericoloso 'assoluto', esso è pericoloso senza alcuna ulteriore specifica‐ zione. Le proprietà di pericolo, definite da H1 ad H15, pos‐ sedute dal rifiuto, devono essere determinate al fine di procedere alla sua gestione. 3. Se un rifiuto è classificato con codice CER non pericoloso 'assoluto', esso è non pericoloso senza ulteriore specificazio‐ ne. 4. Se un rifiuto è classificato con codici CER speculari, uno pericoloso ed uno non pericoloso, per stabilire se il rifiuto è pericoloso o non pericoloso debbono essere determinate le proprietà di pericolo che esso possiede. Le indagini da svolgere per determinare le proprietà di pericolo che un ri‐ fiuto possiede sono le seguenti: a) individuare i composti presenti nel rifiuto attraverso:  la scheda informativa del produttore;  la conoscenza del processo chimico;  il campionamento e l'analisi del rifiuto; b) determinare i pericoli connessi a tali composti at traverso:  la normativa europea sulla etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi;  le fonti informative europee ed internazionali;  la scheda di sicurezza dei prodotti da cui deriva il rifiuto; c) stabilire se le concentrazioni dei composti contenuti comportino che il rifiuto presenti delle caratteristiche di pericolo mediante comparazione delle concentrazioni rilevate all'analisi chimica con il limite soglia per le frasi di rischio specifiche dei componenti, ovvero effettuazio‐ ne dei test per verificare se il rifiuto ha determinate proprietà di pericolo. 5. Se i componenti di un rifiuto sono rilevati dalle analisi chimiche solo in modo aspecifico, e non sono perciò noti i composti specifici che lo costituiscono, per individuare le ca‐ ratteristiche di pericolo del rifiuto devono essere presi come riferimento i composti peggiori, in applicazione del principio di precauzione. 6. Quando le sostanze presenti in un rifiuto non sono note o non sono determinate con le modalità stabilite nei commi precedenti, ovvero le caratteristiche di pericolo non possono essere determinate, il rifiuto si classifica come pericoloso. 7. La classificazione in ogni caso avviene prima che il rifiuto sia allontanato dal luogo di produzione. 


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sto normativo. Cerchiamo di analizzare i punti salienti di questa “premessa”. Il primo punto attribuisce al produttore la responsabilità di classificare il rifiuto individuando il relativo codice CER. Il periodo è ovviamente condivisi‐ bile, ma ci si chiede se c’era bisogno di ribadi‐ re quanto già stabilito a suo tempo dalla nor‐ mativa. Non è una novità che le responsabilità sulla classificazione dei rifiuti e di corretta ge‐ stione degli stessi siano in capo ai produttori di rifiuti, i quali però molto spesso sembrano dimenticare questo piccolo, ma sanzionabile aspetto, affidandolo in toto a trasportatori ed impianti. Non che questi soggetti non siano professionali e magari preposti a farlo, ma è troppo semplice scaricare delle responsabilità ad altri soggetti, ignorando che in caso di con‐ trollo il produttore è l’unico soggetto che ver‐ rà sanzionato (almeno per questa parte della gestione dei rifiuti). I punti 2 e 3 vertono sulla pericolosità di un rifiuto una volta individuato il suo codice CER. La premessa stabilisce che se un rifiuto è clas‐ sificato come pericoloso quest’ultimo è tale e non vi devono essere ulteriori specificazioni. Ciò significa semplicemente che individuato il codice CER corretto del rifiuto e convalidata la sua pericolosità è necessario determinare le sue caratteristiche di pericolo senza inoltrarsi lungo la strada della ricerca delle sua eventua‐ le non pericolosità. Idem dicasi nel caso in cui il rifiuto risulti non pericoloso. In quest’ultimo caso il rifiuto sarà tale e non sarà necessario

5

indagare oltre. In realtà la questione è ben più complessa in quanto per poter determinare il codice CER del rifiuto sarà sempre necessario operare un minimo di ricerca sui processi che hanno condotto alla generazione di quel rifiu‐ to. Certo vi saranno dei rifiuti per i quali i codi‐ ci CER sono immediati e non richiedono ulte‐ riori specifiche, ma in tutti gli altri casi è op‐ portuno indagare. Per quelli che masticano poco la classificazione dei rifiuti potremmo semplificare le cose facendo un esempio. Se ci si trova dinanzi a degli imballaggi in carta e cartone il cui codice CER è 15.01.01 e, qualora siamo certi che essi non siano contaminati da altre sostanze, si può ragionevolmente dedur‐ re che il rifiuto è non pericoloso in assoluto e non occorrono ulteriori specificazioni. Se ci limitassimo a vedere degli imballaggi in carta e cartone attribuendo loro semplicemente il codice CER 15.01.01, nulla vieta che si possa trattare anche di un imballaggio contaminato. Certo i casi sono sporadici e l’esempio è bana‐ le, ma utile per poter chiarire bene quale sia la filosofia di base di queste indicazioni. Pertan‐ to chi scrive è poco incline ad essere d’accordo con i punti 2 e 3 che stabiliscono che sia sufficiente individuare un codice peri‐ coloso o non pericoloso per un rifiuto senza dover indagare oltre. Allo stesso modo, se si ha a che fare con batterie al piombo il cui co‐ dice CER è 16.06.01, non potremo far altro che dedurre che si tratti di un rifiuto pericoloso senza addurre altre specificazioni. E’ chiaro

RELOADER Magazine - Aprile 2015

che se in questi casi la cosa è abba‐ stanza immediata, in altri la ricerca del codice CER richiederà analisi più dettagliate. Il problema che personalmente sol‐ levo, e che è stato sollevato da al‐ cuni operatori in altre sedi, riguarda invece il caso in cui si classifichi un rifiuto con un codice CER di compe‐ tenza dei rifiuti pericolosi ed il rifiu‐ to magari non presenti alcuna ca‐ ratteristica di pericolo. A questo punto sarà lecito scegliere un codice CER magari meno appropriato, ma non pericoloso? O potremo attribuire il codice CER pericoloso ad un rifiu‐ to senza poi doverne indicare le caratteristi‐ che di pericolo nei formulari? Chi effettuerà i controlli potrà contestare? A questo pensiero lasciamo che sia il legislato‐ re a dare delle risposte, poiché nulla vieta che si inneschi un ciclo con il quale ai rifiuti classifi‐ cati come pericolosi vengano poi attribuite caratteristiche di pericolo “Jolly”, un po’ co‐ me accadeva con l’ormai tristemente famoso H14 tanto adorato da alcuni trasportatori e produttori prima della modifica introdotta con il D.Lgs. 205/2010. Subito dopo i rifiuti pericolosi e non pericolosi individuabili immediatamente, si entra nel comparto dei rifiuti classificati con codici CER a specchio. I codici CER a specchio individua‐ no dei rifiuti che, a seconda delle percentuali di alcune sostanze pericolose contenute al loro interno, possono essere pericolosi o non pericolosi. Ciò significa che a differenza, ad esempio, delle batterie al piombo le quali so‐ no sempre considerate pericolose, ci si po‐ trebbe trovare dinanzi ad alcuni rifiuti che po‐ trebbero o non potrebbero essere pericolosi. Questo aspetto viene introdotto con il punto 4. Innanzitutto qualora ci si trovi di fronte ad un codice a specchio è sempre necessario porsi la domanda: Cosa contiene al suo interno

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che potrebbe determinarne la pericolosità o non pericolosità? Non è sufficiente lanciare una moneta e fare testa o croce (cosa che spesso accade) per poter dare una risposta, ma è necessario affrontare una serie di pas‐ saggi, che normalmente sono già seguiti nelle imprese che adottano un sistema di gestione dei rifiuti che permette loro di caratterizzare tutti i rifiuti provenienti dalla produzione. Questi passaggi, fino a ieri comunque adottati dai consulenti, responsabili di gestione ed im‐ prenditori (non tutti purtroppo), oggi sono stati sintetizzati nella premessa. La premessa introdotta con la recente norma‐ tiva si divide in due parti. La prima è dedicata alla conoscenza del rifiuto e stabilisce che per prima cosa sia necessario: leggere la scheda informativa del produttore; conoscere il processo chimico; effettuare il campionamento e l'analisi del rifiuto. Quello che manca, a parere di chi scrive, è la lettura delle schede di sicurezza delle materie prime coinvolte nel processo produttori. Que‐ sto aspetto viene invece riportato nella se‐ conda parte come vedremo più avanti. Si ritie‐ ne però che se le schede di sicurezza (che rap‐ presentano la prima parte della documenta‐ zione più facilmente reperibile) fossero state riportate nella prima parte di questo elenco si sarebbe data una lettura più esaustiva delle caratteristiche del rifiuto che si è generato.


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sto normativo. Cerchiamo di analizzare i punti salienti di questa “premessa”. Il primo punto attribuisce al produttore la responsabilità di classificare il rifiuto individuando il relativo codice CER. Il periodo è ovviamente condivisi‐ bile, ma ci si chiede se c’era bisogno di ribadi‐ re quanto già stabilito a suo tempo dalla nor‐ mativa. Non è una novità che le responsabilità sulla classificazione dei rifiuti e di corretta ge‐ stione degli stessi siano in capo ai produttori di rifiuti, i quali però molto spesso sembrano dimenticare questo piccolo, ma sanzionabile aspetto, affidandolo in toto a trasportatori ed impianti. Non che questi soggetti non siano professionali e magari preposti a farlo, ma è troppo semplice scaricare delle responsabilità ad altri soggetti, ignorando che in caso di con‐ trollo il produttore è l’unico soggetto che ver‐ rà sanzionato (almeno per questa parte della gestione dei rifiuti). I punti 2 e 3 vertono sulla pericolosità di un rifiuto una volta individuato il suo codice CER. La premessa stabilisce che se un rifiuto è clas‐ sificato come pericoloso quest’ultimo è tale e non vi devono essere ulteriori specificazioni. Ciò significa semplicemente che individuato il codice CER corretto del rifiuto e convalidata la sua pericolosità è necessario determinare le sue caratteristiche di pericolo senza inoltrarsi lungo la strada della ricerca delle sua eventua‐ le non pericolosità. Idem dicasi nel caso in cui il rifiuto risulti non pericoloso. In quest’ultimo caso il rifiuto sarà tale e non sarà necessario

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indagare oltre. In realtà la questione è ben più complessa in quanto per poter determinare il codice CER del rifiuto sarà sempre necessario operare un minimo di ricerca sui processi che hanno condotto alla generazione di quel rifiu‐ to. Certo vi saranno dei rifiuti per i quali i codi‐ ci CER sono immediati e non richiedono ulte‐ riori specifiche, ma in tutti gli altri casi è op‐ portuno indagare. Per quelli che masticano poco la classificazione dei rifiuti potremmo semplificare le cose facendo un esempio. Se ci si trova dinanzi a degli imballaggi in carta e cartone il cui codice CER è 15.01.01 e, qualora siamo certi che essi non siano contaminati da altre sostanze, si può ragionevolmente dedur‐ re che il rifiuto è non pericoloso in assoluto e non occorrono ulteriori specificazioni. Se ci limitassimo a vedere degli imballaggi in carta e cartone attribuendo loro semplicemente il codice CER 15.01.01, nulla vieta che si possa trattare anche di un imballaggio contaminato. Certo i casi sono sporadici e l’esempio è bana‐ le, ma utile per poter chiarire bene quale sia la filosofia di base di queste indicazioni. Pertan‐ to chi scrive è poco incline ad essere d’accordo con i punti 2 e 3 che stabiliscono che sia sufficiente individuare un codice peri‐ coloso o non pericoloso per un rifiuto senza dover indagare oltre. Allo stesso modo, se si ha a che fare con batterie al piombo il cui co‐ dice CER è 16.06.01, non potremo far altro che dedurre che si tratti di un rifiuto pericoloso senza addurre altre specificazioni. E’ chiaro

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che se in questi casi la cosa è abba‐ stanza immediata, in altri la ricerca del codice CER richiederà analisi più dettagliate. Il problema che personalmente sol‐ levo, e che è stato sollevato da al‐ cuni operatori in altre sedi, riguarda invece il caso in cui si classifichi un rifiuto con un codice CER di compe‐ tenza dei rifiuti pericolosi ed il rifiu‐ to magari non presenti alcuna ca‐ ratteristica di pericolo. A questo punto sarà lecito scegliere un codice CER magari meno appropriato, ma non pericoloso? O potremo attribuire il codice CER pericoloso ad un rifiu‐ to senza poi doverne indicare le caratteristi‐ che di pericolo nei formulari? Chi effettuerà i controlli potrà contestare? A questo pensiero lasciamo che sia il legislato‐ re a dare delle risposte, poiché nulla vieta che si inneschi un ciclo con il quale ai rifiuti classifi‐ cati come pericolosi vengano poi attribuite caratteristiche di pericolo “Jolly”, un po’ co‐ me accadeva con l’ormai tristemente famoso H14 tanto adorato da alcuni trasportatori e produttori prima della modifica introdotta con il D.Lgs. 205/2010. Subito dopo i rifiuti pericolosi e non pericolosi individuabili immediatamente, si entra nel comparto dei rifiuti classificati con codici CER a specchio. I codici CER a specchio individua‐ no dei rifiuti che, a seconda delle percentuali di alcune sostanze pericolose contenute al loro interno, possono essere pericolosi o non pericolosi. Ciò significa che a differenza, ad esempio, delle batterie al piombo le quali so‐ no sempre considerate pericolose, ci si po‐ trebbe trovare dinanzi ad alcuni rifiuti che po‐ trebbero o non potrebbero essere pericolosi. Questo aspetto viene introdotto con il punto 4. Innanzitutto qualora ci si trovi di fronte ad un codice a specchio è sempre necessario porsi la domanda: Cosa contiene al suo interno

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che potrebbe determinarne la pericolosità o non pericolosità? Non è sufficiente lanciare una moneta e fare testa o croce (cosa che spesso accade) per poter dare una risposta, ma è necessario affrontare una serie di pas‐ saggi, che normalmente sono già seguiti nelle imprese che adottano un sistema di gestione dei rifiuti che permette loro di caratterizzare tutti i rifiuti provenienti dalla produzione. Questi passaggi, fino a ieri comunque adottati dai consulenti, responsabili di gestione ed im‐ prenditori (non tutti purtroppo), oggi sono stati sintetizzati nella premessa. La premessa introdotta con la recente norma‐ tiva si divide in due parti. La prima è dedicata alla conoscenza del rifiuto e stabilisce che per prima cosa sia necessario: leggere la scheda informativa del produttore; conoscere il processo chimico; effettuare il campionamento e l'analisi del rifiuto. Quello che manca, a parere di chi scrive, è la lettura delle schede di sicurezza delle materie prime coinvolte nel processo produttori. Que‐ sto aspetto viene invece riportato nella se‐ conda parte come vedremo più avanti. Si ritie‐ ne però che se le schede di sicurezza (che rap‐ presentano la prima parte della documenta‐ zione più facilmente reperibile) fossero state riportate nella prima parte di questo elenco si sarebbe data una lettura più esaustiva delle caratteristiche del rifiuto che si è generato.


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La seconda parte del punto 4 è riferita alla conoscenza specifica dei pericoli connessi con i rifiuti e, tra le azioni da intraprendere, ven‐ gono indicate la conoscenza delle normative inerenti la corretta etichettatura delle sostan‐ ze e dei preparati pericolosi, nonché le fonti normative europee ed internazionali. Non si può non essere d’accordo ed anzi sarebbe stato opportuno sottolineare l’importanza della conoscenza delle norme italiane in meri‐ to alla corretta gestione dei rifiuti, poiché solo partendo da questa base è poi possibile pro‐ cedere con la classificazione e corretta gestio‐ ne del deposito temporaneo e dell’avvio agli impianti di recupero/smaltimento. Molto spesso purtroppo ci si dimentica di come tut‐ te le azioni inerenti la gestione dei rifiuti siano

interconnesse tra di loro. Il punto 5 è a parere di molti quello che ha sollevato più obiezioni. Per poter dare una spiegazione logica del punto 5, che sembra aver dato notevoli pro‐ blemi nella sua lettura, per il quale si auspica il legislatore decida di dare una più chiara visio‐ ne del suo pensiero, riprendiamo il contributo di Walter Formenton e Mariano Farina che hanno bene illustrato come andrebbe letto per intero il punto in questione. (il loro artico‐ lo può essere letto visitando il sito web: www.lexambiente.it). Secondo la loro visione, condivisa da chi scri‐ ve, il punto 5 andrebbe letto sotto questa for‐ ma: Se i componenti di un rifiuto sono rilevati dalle analisi chimiche solo in modo aspecifico, e non sono perciò noti i composti specifici che lo

Ambiente & Rifiuti Consulenza per la corretta gestione dei rifiuti

Ing. Vito La Forgia – v.laforgia@ambiente‐rifiuti.com

RELOADER Magazine - Aprile 2015

costituiscono, per individuare le caratteristiche di pericolo del rifiuto devono essere presi come riferimento i composti peggiori, in applicazione del principio di precauzione. Occorre però sot‐ tolineare che i composti specifici del rifiuto che lo compongono possono essere noti non solo sulla base dell’analisi chimica, ma anche conoscendo il ciclo di produzione, la scheda informativa del produttore, le caratteristiche chimico fisiche delle materie prime coinvolte nel processo di produzione ecc.. Ossia le anali‐ si chimiche sui rifiuti non risolvono ogni pro‐ blema come se fossero una bacchetta magica, ma fanno parte di quel kit di strumenti che chi gestisce i rifiuti ha a sua disposizione per po‐ ter conoscere nel dettaglio il rifiuto che deve essere avviato a recupero/smaltimento. Il punto 6 rappresenta invece quella che mol‐ to spesso è considerata la “soluzione per tutti i mali” in quanto laddove le sostanze presenti in un rifiuto non sono determinate con le mo‐ dalità stabilite nell’intera premessa allora il rifiuto è da considerarsi pericoloso. Qualcuno potrebbe anche interpretarlo come: “nel caso in cui non si avesse voglia di analizzare il rifiu‐ to è sufficiente classificarlo come pericoloso”. Certo le conseguenze sono onerose per le im‐ prese in quanto sappiamo che gestire rifiuti pericolosi è generalmente più costoso che gestire rifiuti non pericolosi in termini di smal‐ timento, ma non dovrebbe rappresentare questa la scelta preferenziale per quei produt‐ tori che non hanno intenzione di procedere con la corretta classificazione dei rifiuti. Sicu‐ ramente vi saranno casi in cui pur seguendo tutto il normale iter non sarà possibile deter‐ minare tutte le caratteristiche del rifiuto e quindi ci si pone per precauzione nella condi‐ zione peggiore ed assume quindi un senso logico l’applicazione del punto 6. Certo, il pun‐ to 6 è applicabile seriamente in pochi casi ec‐ cezionali, ma è chiaro a tutti anche che per passare dalla teoria alla pratica il passo da fa‐

8

re è piuttosto grande e il verificarsi di casi a‐ nomali potrebbe non essere poi così assurdo. Come si può osservare la premessa introdotta per quanto considerata “rivoluzionaria” stabi‐ lisce delle modalità di analisi del rifiuto che erano già in uso e che permettevano di carat‐ terizzare un rifiuto ottenendo così il corretto codice CER e la sua corretta gestione. Certo alcuni punti della premessa potevano essere spiegati meglio e auspichiamo che il Ministero intervenga in tal senso poiché non è corretto lasciare in balia delle onde i produttori di rifiu‐ ti i quali richiedono che le norme ci siano, ma che siano “poche” e chiare. Purtroppo molto spesso le normative con cui ci confrontiamo soffrono di continui rinvii ad altre leggi e sono oggetto di formulazioni sadiche che inducono il lettore a contorsionismi mentali per poterne comprendere il significato con il risultato che le norme sembra debbano essere interpretate e non applicate. Prima di concludere è doveroso riflettere sul fatto che se questa premessa ha scatenato il panico allora c’è da chiedersi cosa accadrà il 1° Giugno del 2015 quando entrerà in vigore il regolamento UE 1457/2014 che richiederà una completa revisione delle classificazioni dei rifiuti. Probabilmente si verificheranno casi in cui alcuni rifiuti pericolosi diventeranno non pericolosi e viceversa e in molti altri casi nulla cambierà, ma è necessario affrontare la que‐ stione con occhio attento, critico e soprattut‐ to informato ed aggiornato. Ciò che lascia perplessi invece è stata proprio la decisione del Ministero di voler introdurre questa pre‐ messa proprio pochi mesi prima dell’entrata in vigore del nuovo regolamento UE. Sarebbe stato forse opportuno integrare il tutto con un'unica modifica normativa dando anche del‐ le linee guida agli utenti su come affrontare il cambiamento. A quanto pare in altri stati Eu‐ ropei ciò sta avvenendo mentre da noi tutto tace. V. L.


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La seconda parte del punto 4 è riferita alla conoscenza specifica dei pericoli connessi con i rifiuti e, tra le azioni da intraprendere, ven‐ gono indicate la conoscenza delle normative inerenti la corretta etichettatura delle sostan‐ ze e dei preparati pericolosi, nonché le fonti normative europee ed internazionali. Non si può non essere d’accordo ed anzi sarebbe stato opportuno sottolineare l’importanza della conoscenza delle norme italiane in meri‐ to alla corretta gestione dei rifiuti, poiché solo partendo da questa base è poi possibile pro‐ cedere con la classificazione e corretta gestio‐ ne del deposito temporaneo e dell’avvio agli impianti di recupero/smaltimento. Molto spesso purtroppo ci si dimentica di come tut‐ te le azioni inerenti la gestione dei rifiuti siano

interconnesse tra di loro. Il punto 5 è a parere di molti quello che ha sollevato più obiezioni. Per poter dare una spiegazione logica del punto 5, che sembra aver dato notevoli pro‐ blemi nella sua lettura, per il quale si auspica il legislatore decida di dare una più chiara visio‐ ne del suo pensiero, riprendiamo il contributo di Walter Formenton e Mariano Farina che hanno bene illustrato come andrebbe letto per intero il punto in questione. (il loro artico‐ lo può essere letto visitando il sito web: www.lexambiente.it). Secondo la loro visione, condivisa da chi scri‐ ve, il punto 5 andrebbe letto sotto questa for‐ ma: Se i componenti di un rifiuto sono rilevati dalle analisi chimiche solo in modo aspecifico, e non sono perciò noti i composti specifici che lo

Ambiente & Rifiuti Consulenza per la corretta gestione dei rifiuti

Ing. Vito La Forgia – v.laforgia@ambiente‐rifiuti.com

RELOADER Magazine - Aprile 2015

costituiscono, per individuare le caratteristiche di pericolo del rifiuto devono essere presi come riferimento i composti peggiori, in applicazione del principio di precauzione. Occorre però sot‐ tolineare che i composti specifici del rifiuto che lo compongono possono essere noti non solo sulla base dell’analisi chimica, ma anche conoscendo il ciclo di produzione, la scheda informativa del produttore, le caratteristiche chimico fisiche delle materie prime coinvolte nel processo di produzione ecc.. Ossia le anali‐ si chimiche sui rifiuti non risolvono ogni pro‐ blema come se fossero una bacchetta magica, ma fanno parte di quel kit di strumenti che chi gestisce i rifiuti ha a sua disposizione per po‐ ter conoscere nel dettaglio il rifiuto che deve essere avviato a recupero/smaltimento. Il punto 6 rappresenta invece quella che mol‐ to spesso è considerata la “soluzione per tutti i mali” in quanto laddove le sostanze presenti in un rifiuto non sono determinate con le mo‐ dalità stabilite nell’intera premessa allora il rifiuto è da considerarsi pericoloso. Qualcuno potrebbe anche interpretarlo come: “nel caso in cui non si avesse voglia di analizzare il rifiu‐ to è sufficiente classificarlo come pericoloso”. Certo le conseguenze sono onerose per le im‐ prese in quanto sappiamo che gestire rifiuti pericolosi è generalmente più costoso che gestire rifiuti non pericolosi in termini di smal‐ timento, ma non dovrebbe rappresentare questa la scelta preferenziale per quei produt‐ tori che non hanno intenzione di procedere con la corretta classificazione dei rifiuti. Sicu‐ ramente vi saranno casi in cui pur seguendo tutto il normale iter non sarà possibile deter‐ minare tutte le caratteristiche del rifiuto e quindi ci si pone per precauzione nella condi‐ zione peggiore ed assume quindi un senso logico l’applicazione del punto 6. Certo, il pun‐ to 6 è applicabile seriamente in pochi casi ec‐ cezionali, ma è chiaro a tutti anche che per passare dalla teoria alla pratica il passo da fa‐

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re è piuttosto grande e il verificarsi di casi a‐ nomali potrebbe non essere poi così assurdo. Come si può osservare la premessa introdotta per quanto considerata “rivoluzionaria” stabi‐ lisce delle modalità di analisi del rifiuto che erano già in uso e che permettevano di carat‐ terizzare un rifiuto ottenendo così il corretto codice CER e la sua corretta gestione. Certo alcuni punti della premessa potevano essere spiegati meglio e auspichiamo che il Ministero intervenga in tal senso poiché non è corretto lasciare in balia delle onde i produttori di rifiu‐ ti i quali richiedono che le norme ci siano, ma che siano “poche” e chiare. Purtroppo molto spesso le normative con cui ci confrontiamo soffrono di continui rinvii ad altre leggi e sono oggetto di formulazioni sadiche che inducono il lettore a contorsionismi mentali per poterne comprendere il significato con il risultato che le norme sembra debbano essere interpretate e non applicate. Prima di concludere è doveroso riflettere sul fatto che se questa premessa ha scatenato il panico allora c’è da chiedersi cosa accadrà il 1° Giugno del 2015 quando entrerà in vigore il regolamento UE 1457/2014 che richiederà una completa revisione delle classificazioni dei rifiuti. Probabilmente si verificheranno casi in cui alcuni rifiuti pericolosi diventeranno non pericolosi e viceversa e in molti altri casi nulla cambierà, ma è necessario affrontare la que‐ stione con occhio attento, critico e soprattut‐ to informato ed aggiornato. Ciò che lascia perplessi invece è stata proprio la decisione del Ministero di voler introdurre questa pre‐ messa proprio pochi mesi prima dell’entrata in vigore del nuovo regolamento UE. Sarebbe stato forse opportuno integrare il tutto con un'unica modifica normativa dando anche del‐ le linee guida agli utenti su come affrontare il cambiamento. A quanto pare in altri stati Eu‐ ropei ciò sta avvenendo mentre da noi tutto tace. V. L.


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L’Italia tra luci (rinnovabili) e ombre (efficienza energetica) Le luci: l’impiego delle fonti rinnovabili per l’approvvigionamento energetico nel nostro Pae‐ se supera i target europei e nazionali. La foto‐ grafia di un Italia per una volta virtuosa è stata scattata da “in Italia – 2013”, il rapporto del GSE presentato nella seconda metà di marzo, che per la prima volta oltre alla consueta inda‐ gine sul settore Elettrico, si estende anche al settore Termico (riscaldamento) e a quello dei Trasporti (autotrazione). Ne emerge che sul totale dell’energia rinnovabile consumata (20,7 Mtep), più della metà cioè il 51% è imputa‐ bile al Termico, oltre un terzo (il 43%) è da attri‐ buirsi al settore Elettrico, mentre la rimanenza corrispondente al 6% spetta ai Trasporti. L’impiego delle rinnovabili costituisce nel 2013 il 16,7% del totale dell’energia consumata in Italia, quota ben superiore rispetto al target del 9,9% fissato dall’EU per il 2013 e che anzi sfiora con oltre un quinquennio di anticipo l’overall target dell’UE del 17% al 2020 e si avvi‐ cina anche ai valori del 19‐20% prefigurati dalla Strategia Energetica Nazionale. Due dati inte‐ ressanti: 1) con 1,25 Mtep consumati, il settore dei trasporti sostenibili vede il primato del bio‐ diesel, che con il 94% di impiego ha costituto la quasi totalità dell’utilizzo di biocarburanti; 2) anche per quanto riguarda la generazione elet‐

trica da fonti rinnovabili, si assiste ad un’Italia a tre velocità con il Nord che ha contribuito con il 53,9%, il Centro con il 14,9% e il Sud (Isole comprese) con il 31,2%.” Le ombre: peccato che quasi contemporanea‐ mente alla pubblicazione del rapporto GSE, così positivo per il nostro Paese, siano invece arrivate le critiche puntuali della Commissione Europea in merito a “Ritardi e contraddizioni nel recepimento della Direttiva europea 2012/27 sull’efficienza energetica”. Il recepi‐ mento è avvenuto mediante DLgs del 4 luglio 2014, n. 102. Le critiche rispetto al mancato o non corretto recepimento vanno dagli audit per capire lo stato di salute energetico delle abitazioni ai sistemi di trasmissione dell’energia, fino alla tutela della corretta in‐ formazione dei cittadini sui consumi e i rispar‐ mi alla distribuzione di energia. Nel mirino an‐ che le misure volte ad eliminare gli ostacoli di ordine regolamentare e non regolamentare all’efficienza energetica e le misure per agevo‐ lare, attraverso strumenti finanziari, gli inter‐ venti di efficienza energetica: sono ben 35 i punti problematici riscontrati dagli uffici della Commissione rispetto ai quali il Governo dovrà rispondere entro la fine di maggio allo scadere dei 60 giorni. Mirko Turchetti

Grado di raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Direttiva 2009/28CE

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Energie rinnovabili Finlandia. Pannelli solari a forma di foglia sulla carta da parati Gli scienziati finlandesi del VTT Technical Re‐ search Centre of Finland (uno dei più grandi enti di ricerca tecnologica del Nord Europa) hanno messo a punto un pannello solare fles‐ sibile e riciclabile a forma di foglia. Hanno poi stampato questi pannelli su una pellicola mol‐ to sottile (circa 2 millimetri), in grado di esse‐ re applicata come una carta da parati e di ge‐ nerare corrente elettrica sfruttando l'illumina‐ zione interna o la luce proveniente dall'ester‐ no. Oltre agli elettrodi ed agli strati polimerici necessari per raccogliere energia dalla luce, le "foglie" possono essere decorate per rendere al meglio come carta da parati. Ad ogni modo, questo è soltanto uno dei possibili utilizzi di questa tecnologia, che può essere sfruttata anche su finestre o cartelloni pubblicitari. La superficie attiva di una singola foglia solare è di 0,0144 metri quadri e di conseguenza un foglio con 200 di questi mini‐ pannelli fotovoltaici organici potrebbe essere in grado di generare, secondo quanto dichiarato dagli ingegneri di VTT, 10,4 watt di potenza se posti a latitudini mediterranee. L'ente finlandese sta ora passando dalla fase‐pilota al tentativo di commercializzazione. Come riporta Scientist America, que‐ sta è la prima volta che pannelli fotovoltaici biologici (OPV ‐ fotovoltaico organico) vengono realizza‐ ti in forma di strisce grazie a un metodo di stampa che consente una rapida produzione di massa, an‐ che economica grazie alla limitata quantità di scarti di lavorazione ed alla possibilità di riciclare le fo‐ glie quando queste hanno esaurito il proprio ciclo di vita. M.T.

Carburanti alternativi: come ricavare idrogeno dai RAEE Che i RAEE siano una vera miniera a cielo aper‐ to di metalli preziosi è ormai noto. In pochi pe‐ rò sanno che dai rifiuti tecnologici è possibile anche ricavare energia. Andoni Salbidegoitia, ricercatore del Chemical Technologies for Envi‐ ronmental Sustainability (TQSA) ‐ il Diparti‐ mento di Ingegneria Chimica della Facoltà di Scienze e Tecnologie dell’Università dei Paesi Baschi, ha scoperto e brevettato un procedi‐ mento che consente la produzione di idrogeno pulito, utilizzabile come carburante, partendo dalla plastica ricavata dai rifiuti Hi‐Tech. La ricerca si è svolta nell’Istituto Nazionale dell’Advanced Industrial Science in Giappone, dove Salbidegoitia ha partecipato ad un lavoro di sperimentazione con l’obiettivo di trovare nuovi metodi per il trattamento dei materiali plastici derivanti dai RAEE, scomponendoli dal‐ le altre sostanze con cui sono miscelati. Opera‐

zione che risulta essere piuttosto complessa e costosa. Si è deciso di trattare le parti plasti‐ che con il vapore: grazie all'azione catalizzan‐ te, svolta dai metalli pesanti miscelati alla pla‐ stica, si è generata una reazione chimica dalla quale è stato prodotto idrogeno allo stato gas‐ soso. La scoperta è molto promettente, anche se rimane ancora un problema da risolvere, vale a dire lo stoccaggio dell'idrogeno che de‐ ve avvenire ad alte pressioni. Nonostante que‐ sto, Salbidegoitia si è detto fiducioso e ha ri‐ cordato che: “La gassificazione dei rifiuti di plastica è già stata diffusa a livello industriale”. Il ricercatore ha lanciato un monito sottoline‐ ando che per l’applicazione della scoperta è necessario, oltre ad un investimento economi‐ co, esaminare come e, soprattutto, dove sia possibile utilizzare il combustibile ottenuto che ad oggi non è ancora impiegato. M.T.


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L’Italia tra luci (rinnovabili) e ombre (efficienza energetica) Le luci: l’impiego delle fonti rinnovabili per l’approvvigionamento energetico nel nostro Pae‐ se supera i target europei e nazionali. La foto‐ grafia di un Italia per una volta virtuosa è stata scattata da “in Italia – 2013”, il rapporto del GSE presentato nella seconda metà di marzo, che per la prima volta oltre alla consueta inda‐ gine sul settore Elettrico, si estende anche al settore Termico (riscaldamento) e a quello dei Trasporti (autotrazione). Ne emerge che sul totale dell’energia rinnovabile consumata (20,7 Mtep), più della metà cioè il 51% è imputa‐ bile al Termico, oltre un terzo (il 43%) è da attri‐ buirsi al settore Elettrico, mentre la rimanenza corrispondente al 6% spetta ai Trasporti. L’impiego delle rinnovabili costituisce nel 2013 il 16,7% del totale dell’energia consumata in Italia, quota ben superiore rispetto al target del 9,9% fissato dall’EU per il 2013 e che anzi sfiora con oltre un quinquennio di anticipo l’overall target dell’UE del 17% al 2020 e si avvi‐ cina anche ai valori del 19‐20% prefigurati dalla Strategia Energetica Nazionale. Due dati inte‐ ressanti: 1) con 1,25 Mtep consumati, il settore dei trasporti sostenibili vede il primato del bio‐ diesel, che con il 94% di impiego ha costituto la quasi totalità dell’utilizzo di biocarburanti; 2) anche per quanto riguarda la generazione elet‐

trica da fonti rinnovabili, si assiste ad un’Italia a tre velocità con il Nord che ha contribuito con il 53,9%, il Centro con il 14,9% e il Sud (Isole comprese) con il 31,2%.” Le ombre: peccato che quasi contemporanea‐ mente alla pubblicazione del rapporto GSE, così positivo per il nostro Paese, siano invece arrivate le critiche puntuali della Commissione Europea in merito a “Ritardi e contraddizioni nel recepimento della Direttiva europea 2012/27 sull’efficienza energetica”. Il recepi‐ mento è avvenuto mediante DLgs del 4 luglio 2014, n. 102. Le critiche rispetto al mancato o non corretto recepimento vanno dagli audit per capire lo stato di salute energetico delle abitazioni ai sistemi di trasmissione dell’energia, fino alla tutela della corretta in‐ formazione dei cittadini sui consumi e i rispar‐ mi alla distribuzione di energia. Nel mirino an‐ che le misure volte ad eliminare gli ostacoli di ordine regolamentare e non regolamentare all’efficienza energetica e le misure per agevo‐ lare, attraverso strumenti finanziari, gli inter‐ venti di efficienza energetica: sono ben 35 i punti problematici riscontrati dagli uffici della Commissione rispetto ai quali il Governo dovrà rispondere entro la fine di maggio allo scadere dei 60 giorni. Mirko Turchetti

Grado di raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Direttiva 2009/28CE

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Energie rinnovabili Finlandia. Pannelli solari a forma di foglia sulla carta da parati Gli scienziati finlandesi del VTT Technical Re‐ search Centre of Finland (uno dei più grandi enti di ricerca tecnologica del Nord Europa) hanno messo a punto un pannello solare fles‐ sibile e riciclabile a forma di foglia. Hanno poi stampato questi pannelli su una pellicola mol‐ to sottile (circa 2 millimetri), in grado di esse‐ re applicata come una carta da parati e di ge‐ nerare corrente elettrica sfruttando l'illumina‐ zione interna o la luce proveniente dall'ester‐ no. Oltre agli elettrodi ed agli strati polimerici necessari per raccogliere energia dalla luce, le "foglie" possono essere decorate per rendere al meglio come carta da parati. Ad ogni modo, questo è soltanto uno dei possibili utilizzi di questa tecnologia, che può essere sfruttata anche su finestre o cartelloni pubblicitari. La superficie attiva di una singola foglia solare è di 0,0144 metri quadri e di conseguenza un foglio con 200 di questi mini‐ pannelli fotovoltaici organici potrebbe essere in grado di generare, secondo quanto dichiarato dagli ingegneri di VTT, 10,4 watt di potenza se posti a latitudini mediterranee. L'ente finlandese sta ora passando dalla fase‐pilota al tentativo di commercializzazione. Come riporta Scientist America, que‐ sta è la prima volta che pannelli fotovoltaici biologici (OPV ‐ fotovoltaico organico) vengono realizza‐ ti in forma di strisce grazie a un metodo di stampa che consente una rapida produzione di massa, an‐ che economica grazie alla limitata quantità di scarti di lavorazione ed alla possibilità di riciclare le fo‐ glie quando queste hanno esaurito il proprio ciclo di vita. M.T.

Carburanti alternativi: come ricavare idrogeno dai RAEE Che i RAEE siano una vera miniera a cielo aper‐ to di metalli preziosi è ormai noto. In pochi pe‐ rò sanno che dai rifiuti tecnologici è possibile anche ricavare energia. Andoni Salbidegoitia, ricercatore del Chemical Technologies for Envi‐ ronmental Sustainability (TQSA) ‐ il Diparti‐ mento di Ingegneria Chimica della Facoltà di Scienze e Tecnologie dell’Università dei Paesi Baschi, ha scoperto e brevettato un procedi‐ mento che consente la produzione di idrogeno pulito, utilizzabile come carburante, partendo dalla plastica ricavata dai rifiuti Hi‐Tech. La ricerca si è svolta nell’Istituto Nazionale dell’Advanced Industrial Science in Giappone, dove Salbidegoitia ha partecipato ad un lavoro di sperimentazione con l’obiettivo di trovare nuovi metodi per il trattamento dei materiali plastici derivanti dai RAEE, scomponendoli dal‐ le altre sostanze con cui sono miscelati. Opera‐

zione che risulta essere piuttosto complessa e costosa. Si è deciso di trattare le parti plasti‐ che con il vapore: grazie all'azione catalizzan‐ te, svolta dai metalli pesanti miscelati alla pla‐ stica, si è generata una reazione chimica dalla quale è stato prodotto idrogeno allo stato gas‐ soso. La scoperta è molto promettente, anche se rimane ancora un problema da risolvere, vale a dire lo stoccaggio dell'idrogeno che de‐ ve avvenire ad alte pressioni. Nonostante que‐ sto, Salbidegoitia si è detto fiducioso e ha ri‐ cordato che: “La gassificazione dei rifiuti di plastica è già stata diffusa a livello industriale”. Il ricercatore ha lanciato un monito sottoline‐ ando che per l’applicazione della scoperta è necessario, oltre ad un investimento economi‐ co, esaminare come e, soprattutto, dove sia possibile utilizzare il combustibile ottenuto che ad oggi non è ancora impiegato. M.T.


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Storie di Riciclo Può la moda essere glamour e rispettare l’ambiente? La risposta è nelle borse proposte da Bianca Imbembo, imprenditrice casertana, con il suo brand Kilesa. Feltro ottenuto dal riciclo del Pet e tinto con colori naturali diventa la materia prima per

borse originali. Il brand nato da poco e già conosciuto anche all’estero, si presenta dichiarando attenzione per una produzione ecosostenibile che si coniuga con lo stile made in Italy famoso per la cura dei dettagli. Tante bottiglie di plastica

Bianca Imbembo

vuote diventano accessori moda di nuova generazione. Le certificazioni ISO 14001 e ISO 9001 unite a quella del 100% Made in Italy testimoniano l’impegno di una donna che investe nella realizzazione di un prodotto d’eccellenza. L’idea le è nata seguendo una passione. Dopo aver cresciuto due figli voleva tornare a lavorare e ha deciso di farlo dando la forma di una impresa a un interesse di sempre: la moda. Guardandosi intorno

alla ricerca di un’idea nuova si è domandata come avviare una produzione in armonia con l’ambiente. Come produrre riutilizzando qualcosa. Ma per farlo che materiali prendere in considerazione? Il feltro poco esplorato ma ricco di possibilità ha dato il via alla fantasia, che si è messa in movimento… modelli classici, per giovanissime, glitterati e declinati in diversi colori. Dopo aver fatto conoscere il feltro nelle sue possibili declinazioni, il mercato

RELOADER Magazine - Aprile 2015

affezionato al brand le ha chiesto nuove collezioni in pelle e Bianca, interessata alla ricerca e sensibile al tema proposto per Expo 2015, ha presentato nuovi modelli realizzati in collaborazione con i laboratori di fisica gastronomica e di fisica delle strutture tessili dell’Università di Parma. Dal progetto di spin off nascono le borse ispirate all’appuntamento di Milano con il mondo: moda, scienza, design, ma soprattutto, un messaggio per le generazioni future. Borse di pelle con patta frontale in tessuto ottenuto dal PET riciclato sulla quale è stampata l’immagine di molecole di gel di amido alimentare: ecco il modo in cui la natura diventa stile e design creando accessori originali. Le stampe per tessuti Microfood sono la fusione di scienza e creatività artistica. Immagini di alimenti catturate dal microscopio ed elaborate cromaticamente in modo da metterne in luce le caratteristiche morfologiche più affascinanti. Geometrie microscopiche sorprendenti e originali. Bianca Imbembo, quando gira il mondo, oltre allo stile italiano della moda porta un messaggio: produrre rispettando l’ambiente si può e si deve! Francesca Vitelli

12

Bianca Imbembo è socia di EnterprinGirls

Le collezioni di Bianca Imbembo sono all’indirizzo www.kilesaitalia.it


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Storie di Riciclo Può la moda essere glamour e rispettare l’ambiente? La risposta è nelle borse proposte da Bianca Imbembo, imprenditrice casertana, con il suo brand Kilesa. Feltro ottenuto dal riciclo del Pet e tinto con colori naturali diventa la materia prima per

borse originali. Il brand nato da poco e già conosciuto anche all’estero, si presenta dichiarando attenzione per una produzione ecosostenibile che si coniuga con lo stile made in Italy famoso per la cura dei dettagli. Tante bottiglie di plastica

Bianca Imbembo

vuote diventano accessori moda di nuova generazione. Le certificazioni ISO 14001 e ISO 9001 unite a quella del 100% Made in Italy testimoniano l’impegno di una donna che investe nella realizzazione di un prodotto d’eccellenza. L’idea le è nata seguendo una passione. Dopo aver cresciuto due figli voleva tornare a lavorare e ha deciso di farlo dando la forma di una impresa a un interesse di sempre: la moda. Guardandosi intorno

alla ricerca di un’idea nuova si è domandata come avviare una produzione in armonia con l’ambiente. Come produrre riutilizzando qualcosa. Ma per farlo che materiali prendere in considerazione? Il feltro poco esplorato ma ricco di possibilità ha dato il via alla fantasia, che si è messa in movimento… modelli classici, per giovanissime, glitterati e declinati in diversi colori. Dopo aver fatto conoscere il feltro nelle sue possibili declinazioni, il mercato

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affezionato al brand le ha chiesto nuove collezioni in pelle e Bianca, interessata alla ricerca e sensibile al tema proposto per Expo 2015, ha presentato nuovi modelli realizzati in collaborazione con i laboratori di fisica gastronomica e di fisica delle strutture tessili dell’Università di Parma. Dal progetto di spin off nascono le borse ispirate all’appuntamento di Milano con il mondo: moda, scienza, design, ma soprattutto, un messaggio per le generazioni future. Borse di pelle con patta frontale in tessuto ottenuto dal PET riciclato sulla quale è stampata l’immagine di molecole di gel di amido alimentare: ecco il modo in cui la natura diventa stile e design creando accessori originali. Le stampe per tessuti Microfood sono la fusione di scienza e creatività artistica. Immagini di alimenti catturate dal microscopio ed elaborate cromaticamente in modo da metterne in luce le caratteristiche morfologiche più affascinanti. Geometrie microscopiche sorprendenti e originali. Bianca Imbembo, quando gira il mondo, oltre allo stile italiano della moda porta un messaggio: produrre rispettando l’ambiente si può e si deve! Francesca Vitelli

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Bianca Imbembo è socia di EnterprinGirls

Le collezioni di Bianca Imbembo sono all’indirizzo www.kilesaitalia.it


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Ambiente e società

La Giornata della Terra, una riflessione sull’urgenza di assumere stili di vita più rispettosi dell’ambiente Anche RELOADER contribuisce all’Earth Day, la più grande manifestazione ambientale del pianeta.

In contemporanea con Washington dove sa‐

rappresentante

rà allestito un grande villaggio di fronte alla

Network e Presidente di Earth Day Italia. “A

Casa Bianca, Earth Day Italia sabato 18 e do‐

New York, nel mese di settembre, verranno

menica 19 aprile celebra la 45a Giornata Mon‐

rivisti gli obiettivi del millennio ed è urgente

diale della Terra delle Nazioni Unite in uno

che si decida di contrastare la fame e la miseria

dei luoghi più belli della Città Eterna. Al Ga‐

che in un modo o nell’altro sono sempre legate

loppatoio di Villa Borghese prenderà vita, in‐

all’iniquo sfruttamento delle risorse naturali. A

fatti, un villaggio che ospiterà una due giorni

Parigi, poi, nel mese di dicembre ci sarà la con‐

ricca di eventi all’insegna dello sport, della

ferenza delle Nazioni Unite sul Clima: se le

musica e del divertimento, ma anche e so‐

grandi economie degli Stati Uniti e della Cina

prattutto di approfondimento sulle emergen‐

non si decideranno a prendere impegni vinco‐

ze ambientali e di incontri per promuovere

lanti per ridurre le emissioni di CO2 rischiamo

l’adozione di comportamenti più consoni alla

seriamente che i cambiamenti climatici a cui

preservazione della terra e delle sue risorse.

tutti assistiamo diventino irreversibili”.

“Il 2015 è un anno di straordinaria importanza

Il Villaggio per la Terra sarà una grande “piazza green” aperta a tutti (l’ingresso è

per il nostro Pianeta” – dichiara Pierluigi Sassi

italiano

dell’Earth

Day

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gratuito) con un ricco programma di eventi: L'EARTH DAY RUN una gara podistica ‐ orga‐ nizzata con CSI dal Roma Road Runners Club ‐ strutturata in 2 percorsi, uno competitivo di 6km e uno non competitivo di 3km ideale per famiglie e amici a 4 zampe.

all’ambiente. E poi tutti con la testa all’insù grazie agli esperti dell’Istituto Nazionale di Astrofisica che ci guideranno alla scoperta del cielo con i loro potenti telescopi per l’osservazione diurna e notturna e con un bellissimo planetario digitale.

Un'area spettacoli e un palco per la musica dal vivo sul quale, a partire dal primo pome‐ riggio di sabato e di domenica, si alterneran‐ no grandi artisti della musica e dello spetta‐ colo sia italiani che internazionali. Previste anche proiezioni per grandi e bambini.

Un villaggio animato in cui l’allegria sarà as‐ sicurata dal piacere dello street food e da tanta divertente animazione con le perfor‐ mance di artisti di strada, l’allegria della sve‐ glia francescana, e da EDI la simpatica ma‐ scotte di Earth Day Italia.

Un'area divertimenti per i più piccoli che vedrà all’opera tante associazioni con inizia‐ tive ludiche per grandi e piccoli, mentre at‐ traverso dei laboratori didattici scuole e fa‐ miglie potranno divertirsi imparando come giocare insieme senza provocare danni

Alcuni interessanti dibattiti accompagneran‐ no la due giorni di Earth Day Italia arrivata quest’anno all’appuntamento della Giornata Mondiale con tre importanti campagne di sensibilizzazione: Abitare sostenibile, Sport4Earth e Alimentazione Sostenibile.

"Il nostro Villaggio vuole testimoniare l’impegno di tanti importanti partner affinché il tema della sostenibilità non venga trattato come una moda passeggera, ma come una grande questione umanitaria". Pierluigi Sassi, Presidente di Earth Day Italia

Il Villaggio della Terra è in collaborazione con Roma Capitale e Officine Farneto e si avvale della partecipa‐ zione di: ATAC Roma, CSI Comitato di Roma, INAF ‐ Osservatorio Astronomico di Roma, Cibo per tutti, Ma‐ cron, Roma Road Runners Club, Cittadinanzattiva, LUISS Creative Business Center, RELOADER onlus, Cam‐ pagna Amica, Mo.fra Lazio, Upter, , Future Build, E‐ xplora, UIL, CDO Roma e Lazio, UCID, Anev, Istituto Nazionale Bioarchitettura, Walt Disney, Ass. Volontari Canile di Porta Portese, YogaFestival, , LIPU, Guten‐ berg#Lab, ASD Pro Roma Baseball Softball, Hockey Club Roma, BikebyBus, Tara Green World, Mela Music, Percorsi zebrati, The Hive, Elfoodz.


RELOADER Magazine - Aprile 2015

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RELOADER Magazine - Aprile 2015

Ambiente e società

La Giornata della Terra, una riflessione sull’urgenza di assumere stili di vita più rispettosi dell’ambiente Anche RELOADER contribuisce all’Earth Day, la più grande manifestazione ambientale del pianeta.

In contemporanea con Washington dove sa‐

rappresentante

rà allestito un grande villaggio di fronte alla

Network e Presidente di Earth Day Italia. “A

Casa Bianca, Earth Day Italia sabato 18 e do‐

New York, nel mese di settembre, verranno

menica 19 aprile celebra la 45a Giornata Mon‐

rivisti gli obiettivi del millennio ed è urgente

diale della Terra delle Nazioni Unite in uno

che si decida di contrastare la fame e la miseria

dei luoghi più belli della Città Eterna. Al Ga‐

che in un modo o nell’altro sono sempre legate

loppatoio di Villa Borghese prenderà vita, in‐

all’iniquo sfruttamento delle risorse naturali. A

fatti, un villaggio che ospiterà una due giorni

Parigi, poi, nel mese di dicembre ci sarà la con‐

ricca di eventi all’insegna dello sport, della

ferenza delle Nazioni Unite sul Clima: se le

musica e del divertimento, ma anche e so‐

grandi economie degli Stati Uniti e della Cina

prattutto di approfondimento sulle emergen‐

non si decideranno a prendere impegni vinco‐

ze ambientali e di incontri per promuovere

lanti per ridurre le emissioni di CO2 rischiamo

l’adozione di comportamenti più consoni alla

seriamente che i cambiamenti climatici a cui

preservazione della terra e delle sue risorse.

tutti assistiamo diventino irreversibili”.

“Il 2015 è un anno di straordinaria importanza

Il Villaggio per la Terra sarà una grande “piazza green” aperta a tutti (l’ingresso è

per il nostro Pianeta” – dichiara Pierluigi Sassi

italiano

dell’Earth

Day

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gratuito) con un ricco programma di eventi: L'EARTH DAY RUN una gara podistica ‐ orga‐ nizzata con CSI dal Roma Road Runners Club ‐ strutturata in 2 percorsi, uno competitivo di 6km e uno non competitivo di 3km ideale per famiglie e amici a 4 zampe.

all’ambiente. E poi tutti con la testa all’insù grazie agli esperti dell’Istituto Nazionale di Astrofisica che ci guideranno alla scoperta del cielo con i loro potenti telescopi per l’osservazione diurna e notturna e con un bellissimo planetario digitale.

Un'area spettacoli e un palco per la musica dal vivo sul quale, a partire dal primo pome‐ riggio di sabato e di domenica, si alterneran‐ no grandi artisti della musica e dello spetta‐ colo sia italiani che internazionali. Previste anche proiezioni per grandi e bambini.

Un villaggio animato in cui l’allegria sarà as‐ sicurata dal piacere dello street food e da tanta divertente animazione con le perfor‐ mance di artisti di strada, l’allegria della sve‐ glia francescana, e da EDI la simpatica ma‐ scotte di Earth Day Italia.

Un'area divertimenti per i più piccoli che vedrà all’opera tante associazioni con inizia‐ tive ludiche per grandi e piccoli, mentre at‐ traverso dei laboratori didattici scuole e fa‐ miglie potranno divertirsi imparando come giocare insieme senza provocare danni

Alcuni interessanti dibattiti accompagneran‐ no la due giorni di Earth Day Italia arrivata quest’anno all’appuntamento della Giornata Mondiale con tre importanti campagne di sensibilizzazione: Abitare sostenibile, Sport4Earth e Alimentazione Sostenibile.

"Il nostro Villaggio vuole testimoniare l’impegno di tanti importanti partner affinché il tema della sostenibilità non venga trattato come una moda passeggera, ma come una grande questione umanitaria". Pierluigi Sassi, Presidente di Earth Day Italia

Il Villaggio della Terra è in collaborazione con Roma Capitale e Officine Farneto e si avvale della partecipa‐ zione di: ATAC Roma, CSI Comitato di Roma, INAF ‐ Osservatorio Astronomico di Roma, Cibo per tutti, Ma‐ cron, Roma Road Runners Club, Cittadinanzattiva, LUISS Creative Business Center, RELOADER onlus, Cam‐ pagna Amica, Mo.fra Lazio, Upter, , Future Build, E‐ xplora, UIL, CDO Roma e Lazio, UCID, Anev, Istituto Nazionale Bioarchitettura, Walt Disney, Ass. Volontari Canile di Porta Portese, YogaFestival, , LIPU, Guten‐ berg#Lab, ASD Pro Roma Baseball Softball, Hockey Club Roma, BikebyBus, Tara Green World, Mela Music, Percorsi zebrati, The Hive, Elfoodz.


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SCUOLAMBIENTE

Di nuovo insieme ai ragazzi del Liceo Majorana con un progetto tutto nuovo di Francesca Marasini Dopo 2 anni di apparente inattività ci siamo ritrovati il 31 marzo scorso alla festa di prima‐ vera al liceo Majorana per riprendere il percor‐ so che ci ha visto impegnati fin dal 2011. La giornata è stata l’occasione per la raccolta di RAEE con la collaborazione dei comitati di quartiere. E’ incredibile quanti rifiuti elettrici ed elettronici si sono accumulati in questi 2 anni nelle case e nei garage di Spinaceto, il quartiere dove sorge il mitico liceo Ettore Ma‐ jorana. Circa 2 tonnellate di RAEE ritirate dall’AMA. Ma questa volta abbiamo fatto di più! Con la collaborazione di ZEROWASTE LA‐ ZIO abbiamo allestito un’area per il baratto, 1 contro 1 e 1 contro 0; vale a dire che si poteva‐ no lasciare oggetti in buone condizioni pren‐ dendo qualcosa che ci interessava, o lasciare solamente il nostro oggetto se nulla ci attira‐

va. E poi con il CONTESTECO i ragazzi, divisi in 6 equipaggi, hanno cominciando a disegnare le loro barche riciclate, le ReBoat, che navighe‐ ranno sul laghetto dell’EUR a settembre. Vi chiederete che cosa sia il CONTESTECO. Ebbe‐ ne CONTESTECO è un progetto dedicato alle scuole superiori di Roma e del Lazio, sostenu‐ to dalla Regione Lazio Direzione Regionale Formazione, Ricerca e Innovazione, per la co‐ struzione di un’imbarcazione con un sistema di propulsione ecologico, a “impatto zero”, che dovrà essere realizzata con almeno il 90% di materiale di recupero, riuso e riciclo. L’obiettivo è realizzare una vera opera d’arte, d’ingegno e design e partecipare a Settembre 2015 alla VI° edizione della Re Boat Race, la re‐ gata più pazza e colorata d’Italia, a Roma, al Parco Centrale del Lago dell’ EUR e, soprattut‐

RELOADER Magazine - Aprile 2015

to, sensibilizzare i giovani sui temi del recupe‐ ro, riuso e riciclo, nel pieno rispetto dell'am‐ biente, facendogli conoscere e scoprire fonti d'energia pulite e rinnovabili e concetti di "smart city e sviluppo sostenibile del piane‐ ta". I ragazzi come sempre hanno risposto alle iniziative proposte da RELOADER con grande disponibilità ed entusiasmo. Muniti di cacciavite, smontavano dai computer dismes‐ si quelle parti che loro sanno potranno anco‐ ra utilizzare per incredibili “fai da te” elettro‐ nici. Ancora più entusiasmante vederli impe‐ gnati nell’ambizioso progetto di realizzazio‐ ne di una barca capace di sorreggere il loro peso e quindi di galleggiare perfettamente utilizzando solo, ripeto solo, materiale ricicla‐ to. So che questi intrepidi costruttori, come novelli Thor Heyerdahl, vanno a recuperare copertoni, polistirolo e bottiglie di plastica anche nelle discariche comunali. Avremo un nuovo Kon‐Tiki? O forse sarà un nuovo Plas‐ Tiki, la barca che da San Francisco ha raggiun‐ to Sydney nel 2010? I green team hanno di‐ mostrato di prendere molto seriamente la sfida che l'Associazione Sportiva Dilettantisti‐ ca SUNRISE1 e la Società di Design Sostenibi‐ le RIKREA hanno lanciato loro con il CONTE‐ STECO. Alla presenza dei tutor Matteo Carbo‐ noli e David Cultrera, i ragazzi hanno presen‐ tato con slide e modellini i progetti delle re‐ cycled boat , la cui realizzazione è partita su‐ bito dopo Pasqua. Entrambi i tutor si sono dichiarati molto soddisfatti della presentazio‐ ne e delle idee proposte. I Green School Team hanno tutti passato la prima difficile prova: la progettazione. Ora viene il meglio. E qui lo staff di CONTESTECO sarà a disposizio‐ ne delle ragazze e dei ragazzi che hanno vo‐ luto sperimentare la loro creatività, via e‐mail o su Facebook, per dare consigli nella scelta degli oggetti da usare e indicare eventuali migliorie sul modo in cui trasformare le idee in azioni e applicazioni concrete. Alla progettazione e costruzione delle imbar‐ cazioni hanno aderito un gran numero di ra‐

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gazze. Questo dato mi ha molto colpito, in quanto, curiosamente, non me l’aspettavo. E con queste piacevoli sorprese continua l’opera di educazione ambientale. F. M.


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SCUOLAMBIENTE

Di nuovo insieme ai ragazzi del Liceo Majorana con un progetto tutto nuovo di Francesca Marasini Dopo 2 anni di apparente inattività ci siamo ritrovati il 31 marzo scorso alla festa di prima‐ vera al liceo Majorana per riprendere il percor‐ so che ci ha visto impegnati fin dal 2011. La giornata è stata l’occasione per la raccolta di RAEE con la collaborazione dei comitati di quartiere. E’ incredibile quanti rifiuti elettrici ed elettronici si sono accumulati in questi 2 anni nelle case e nei garage di Spinaceto, il quartiere dove sorge il mitico liceo Ettore Ma‐ jorana. Circa 2 tonnellate di RAEE ritirate dall’AMA. Ma questa volta abbiamo fatto di più! Con la collaborazione di ZEROWASTE LA‐ ZIO abbiamo allestito un’area per il baratto, 1 contro 1 e 1 contro 0; vale a dire che si poteva‐ no lasciare oggetti in buone condizioni pren‐ dendo qualcosa che ci interessava, o lasciare solamente il nostro oggetto se nulla ci attira‐

va. E poi con il CONTESTECO i ragazzi, divisi in 6 equipaggi, hanno cominciando a disegnare le loro barche riciclate, le ReBoat, che navighe‐ ranno sul laghetto dell’EUR a settembre. Vi chiederete che cosa sia il CONTESTECO. Ebbe‐ ne CONTESTECO è un progetto dedicato alle scuole superiori di Roma e del Lazio, sostenu‐ to dalla Regione Lazio Direzione Regionale Formazione, Ricerca e Innovazione, per la co‐ struzione di un’imbarcazione con un sistema di propulsione ecologico, a “impatto zero”, che dovrà essere realizzata con almeno il 90% di materiale di recupero, riuso e riciclo. L’obiettivo è realizzare una vera opera d’arte, d’ingegno e design e partecipare a Settembre 2015 alla VI° edizione della Re Boat Race, la re‐ gata più pazza e colorata d’Italia, a Roma, al Parco Centrale del Lago dell’ EUR e, soprattut‐

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to, sensibilizzare i giovani sui temi del recupe‐ ro, riuso e riciclo, nel pieno rispetto dell'am‐ biente, facendogli conoscere e scoprire fonti d'energia pulite e rinnovabili e concetti di "smart city e sviluppo sostenibile del piane‐ ta". I ragazzi come sempre hanno risposto alle iniziative proposte da RELOADER con grande disponibilità ed entusiasmo. Muniti di cacciavite, smontavano dai computer dismes‐ si quelle parti che loro sanno potranno anco‐ ra utilizzare per incredibili “fai da te” elettro‐ nici. Ancora più entusiasmante vederli impe‐ gnati nell’ambizioso progetto di realizzazio‐ ne di una barca capace di sorreggere il loro peso e quindi di galleggiare perfettamente utilizzando solo, ripeto solo, materiale ricicla‐ to. So che questi intrepidi costruttori, come novelli Thor Heyerdahl, vanno a recuperare copertoni, polistirolo e bottiglie di plastica anche nelle discariche comunali. Avremo un nuovo Kon‐Tiki? O forse sarà un nuovo Plas‐ Tiki, la barca che da San Francisco ha raggiun‐ to Sydney nel 2010? I green team hanno di‐ mostrato di prendere molto seriamente la sfida che l'Associazione Sportiva Dilettantisti‐ ca SUNRISE1 e la Società di Design Sostenibi‐ le RIKREA hanno lanciato loro con il CONTE‐ STECO. Alla presenza dei tutor Matteo Carbo‐ noli e David Cultrera, i ragazzi hanno presen‐ tato con slide e modellini i progetti delle re‐ cycled boat , la cui realizzazione è partita su‐ bito dopo Pasqua. Entrambi i tutor si sono dichiarati molto soddisfatti della presentazio‐ ne e delle idee proposte. I Green School Team hanno tutti passato la prima difficile prova: la progettazione. Ora viene il meglio. E qui lo staff di CONTESTECO sarà a disposizio‐ ne delle ragazze e dei ragazzi che hanno vo‐ luto sperimentare la loro creatività, via e‐mail o su Facebook, per dare consigli nella scelta degli oggetti da usare e indicare eventuali migliorie sul modo in cui trasformare le idee in azioni e applicazioni concrete. Alla progettazione e costruzione delle imbar‐ cazioni hanno aderito un gran numero di ra‐

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gazze. Questo dato mi ha molto colpito, in quanto, curiosamente, non me l’aspettavo. E con queste piacevoli sorprese continua l’opera di educazione ambientale. F. M.


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La Biolamp Smog Eats, il lampione cattura CO2

Edilizia verde a EXPO 2015

Il padiglione Italia “assorbe” lo smog La struttura del padiglione (9.000 metri qua‐ dri) è avvolta da 900 pannelli di cemento tutti differenti, realizzati con la tecnologia Styl‐ Comp che li rende somiglianti a sottili fila‐ menti avvolgenti l’edificio. La malta del rive‐ stimento è costituita per l’80% da materiale riciclato proveniente dai materiali di scarto della lavorazione del marmo di Carrara e re‐ gala ai pannelli una lucentezza superiore ai cementi bianchi tradizionali. La particolarità della struttura sta nell’applicazione di una tecnologia che sfrutta il biossido di titanio per purificare l’aria cittadina da batteri e par‐ ticolato. Questo risultato viene raggiunto grazie ad un nuovo materiale, il TX Active, brevettato da Italcementi. La tecnologia che utilizza si basa sul processo della fotocatalisi: l’interazione fra luce e biossido di titanio (TO2) produce delle reazioni chimiche attra‐

A proposito di strutture e arredi urbani capa‐ ci di combattere l’inquinamento, l’ungherese Peter Horvath, ha progettato un nuovo tipo di lampione, ecofriendly a molti livelli. La “Biolamp Smog Eats” (foto nella pagina a lato) mentre illumina le strade con lampadi‐ ne LED a risparmio energetico, assorbe l’anidride carbonica circostante. Grazie alle alghe ed all’acqua poste al suo interno, opera come fosse una pianta assorbendo la CO2 presente in atmosfera e restituendo ossige‐ no alle vie della città. La Biolamp ha un tubo di cattura del carbonio posizionato sulla par‐ te superiore che risucchia l'anidride carboni‐ ca (CO2). Il tubo ha una forma a spirale che aiuta le alghe ad operare la fotosintesi. In un secondo tubo, dove le alghe e il carbonio fini‐ scono la loro danza, l’ossigeno creato nel processo di fotosintesi è liberato nell'aria. La biomassa risultante dal processo invece po‐ trebbe essere convogliata, grazie ad una pompa e mediante una rete di collegamento, alle vicine stazioni di servizio per rifornire di biocarburante le vetture.

abbattono le polveri sottili. Questa tipologia di materiali, detti fotocatalitici è in costante diffusione, in particolare per quegli ambienti in cui si richiede una elevata qualità dell’aria. Architetti ed urbanisti stanno infatti pensan‐ do a come poter sfruttare questa tecnologia per la creazione di edifici mangia smog che siano in grado di purificare costantemente l’aria dal particolato, migliorando così l’ambiente cittadino e rendendo più sana la vita nelle città.

RELOADER Magazine - Aprile 2015

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Sette regole indispensabili per le imprese green firmate Terna Terna ha lanciato le linee guida per rendere so‐ stenibili le aziende. Sì, perché la sostenibilità a‐ ziendale sta diventando un must, dal momento che la crescita economica delle imprese si va fa‐ cendo direttamente proporzionale al loro impe‐ gno nella sicurezza ambientale. Il buon esempio viene proprio dal grande operatore italiano di reti per la trasmissione dell'energia, il quale ha di‐ smesso 1.700 vecchi tralicci sostituendoli con 800 sostegni ‘monostelo’ ‐ che hanno un ingombro sul terreno 15 volte inferiore rispetto ai tralicci tradizionali ‐ e ha investito 80 milioni di euro, nel‐ la costruzione di linee elettriche eco‐sostenibili. Dunque bisogna rinnovare la visione imprendito‐ riale secondo questi indirizzi: 1) considerare l'ambiente come una risorsa azien‐ dale, in grado di favorire e non ostacolare la com‐ petitività. Un'impresa sostenibile oltre ad ottene‐ re uno sviluppo economico maggiore, genera anche ricadute positive per la società. 2) investire oggi nella tutela dell'ambiente per esser competitivi domani. Solo imparando a guar‐ dare a lungo termine, le aziende potranno au‐ mentare i loro profitti. 3) dotarsi di una governance ambientale, che in‐ dichi chiaramente all'interno dell'organizzazione figure e ruoli, meglio ancora se integrata con quella della sicurezza del lavoro. 4) investire nella formazione del personale in ma‐ teria ambientale. Diviene sempre più importante creare una cultura condivisa sulla protezione am‐ bientale, rendendo ciascun dipendente responsa‐ bile in prima persona. 5) dotarsi di uno strumento di risk management ambientale ‐ completamente integrato con gli altri sistemi di risk management ‐ in grado di te‐ nere sotto controllo i potenziali rischi ambientali con un approccio preventivo. 6) controllare a 360° la sicurezza nei cantieri du‐ rante tutte le fasi di progettazione, affidamento lavori, esecuzione. 7) dotarsi di un sistema di qualificazione ‐ di tipo integrato ‐ mediante il quale selezionare le impre‐ se fornitrici più virtuose e rispettose dell'ambien‐ te, inserendo tra i requisiti necessari la certifica‐ zione ambientale.


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La Biolamp Smog Eats, il lampione cattura CO2

Edilizia verde a EXPO 2015

Il padiglione Italia “assorbe” lo smog La struttura del padiglione (9.000 metri qua‐ dri) è avvolta da 900 pannelli di cemento tutti differenti, realizzati con la tecnologia Styl‐ Comp che li rende somiglianti a sottili fila‐ menti avvolgenti l’edificio. La malta del rive‐ stimento è costituita per l’80% da materiale riciclato proveniente dai materiali di scarto della lavorazione del marmo di Carrara e re‐ gala ai pannelli una lucentezza superiore ai cementi bianchi tradizionali. La particolarità della struttura sta nell’applicazione di una tecnologia che sfrutta il biossido di titanio per purificare l’aria cittadina da batteri e par‐ ticolato. Questo risultato viene raggiunto grazie ad un nuovo materiale, il TX Active, brevettato da Italcementi. La tecnologia che utilizza si basa sul processo della fotocatalisi: l’interazione fra luce e biossido di titanio (TO2) produce delle reazioni chimiche attra‐

A proposito di strutture e arredi urbani capa‐ ci di combattere l’inquinamento, l’ungherese Peter Horvath, ha progettato un nuovo tipo di lampione, ecofriendly a molti livelli. La “Biolamp Smog Eats” (foto nella pagina a lato) mentre illumina le strade con lampadi‐ ne LED a risparmio energetico, assorbe l’anidride carbonica circostante. Grazie alle alghe ed all’acqua poste al suo interno, opera come fosse una pianta assorbendo la CO2 presente in atmosfera e restituendo ossige‐ no alle vie della città. La Biolamp ha un tubo di cattura del carbonio posizionato sulla par‐ te superiore che risucchia l'anidride carboni‐ ca (CO2). Il tubo ha una forma a spirale che aiuta le alghe ad operare la fotosintesi. In un secondo tubo, dove le alghe e il carbonio fini‐ scono la loro danza, l’ossigeno creato nel processo di fotosintesi è liberato nell'aria. La biomassa risultante dal processo invece po‐ trebbe essere convogliata, grazie ad una pompa e mediante una rete di collegamento, alle vicine stazioni di servizio per rifornire di biocarburante le vetture.

abbattono le polveri sottili. Questa tipologia di materiali, detti fotocatalitici è in costante diffusione, in particolare per quegli ambienti in cui si richiede una elevata qualità dell’aria. Architetti ed urbanisti stanno infatti pensan‐ do a come poter sfruttare questa tecnologia per la creazione di edifici mangia smog che siano in grado di purificare costantemente l’aria dal particolato, migliorando così l’ambiente cittadino e rendendo più sana la vita nelle città.

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Sette regole indispensabili per le imprese green firmate Terna Terna ha lanciato le linee guida per rendere so‐ stenibili le aziende. Sì, perché la sostenibilità a‐ ziendale sta diventando un must, dal momento che la crescita economica delle imprese si va fa‐ cendo direttamente proporzionale al loro impe‐ gno nella sicurezza ambientale. Il buon esempio viene proprio dal grande operatore italiano di reti per la trasmissione dell'energia, il quale ha di‐ smesso 1.700 vecchi tralicci sostituendoli con 800 sostegni ‘monostelo’ ‐ che hanno un ingombro sul terreno 15 volte inferiore rispetto ai tralicci tradizionali ‐ e ha investito 80 milioni di euro, nel‐ la costruzione di linee elettriche eco‐sostenibili. Dunque bisogna rinnovare la visione imprendito‐ riale secondo questi indirizzi: 1) considerare l'ambiente come una risorsa azien‐ dale, in grado di favorire e non ostacolare la com‐ petitività. Un'impresa sostenibile oltre ad ottene‐ re uno sviluppo economico maggiore, genera anche ricadute positive per la società. 2) investire oggi nella tutela dell'ambiente per esser competitivi domani. Solo imparando a guar‐ dare a lungo termine, le aziende potranno au‐ mentare i loro profitti. 3) dotarsi di una governance ambientale, che in‐ dichi chiaramente all'interno dell'organizzazione figure e ruoli, meglio ancora se integrata con quella della sicurezza del lavoro. 4) investire nella formazione del personale in ma‐ teria ambientale. Diviene sempre più importante creare una cultura condivisa sulla protezione am‐ bientale, rendendo ciascun dipendente responsa‐ bile in prima persona. 5) dotarsi di uno strumento di risk management ambientale ‐ completamente integrato con gli altri sistemi di risk management ‐ in grado di te‐ nere sotto controllo i potenziali rischi ambientali con un approccio preventivo. 6) controllare a 360° la sicurezza nei cantieri du‐ rante tutte le fasi di progettazione, affidamento lavori, esecuzione. 7) dotarsi di un sistema di qualificazione ‐ di tipo integrato ‐ mediante il quale selezionare le impre‐ se fornitrici più virtuose e rispettose dell'ambien‐ te, inserendo tra i requisiti necessari la certifica‐ zione ambientale.


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Un’azienda agricola su tre è guidata da una donna ono 218.446 le imprese agricole guida‐ S te da donne in Italia, dove ormai nelle

campagne quasi una azienda su tre (29 per cento) è rosa a seguito del progressivo au‐ mento della loro presenza in termini percen‐ tuali sul totale. E’ quanto emerge da una ana‐ lisi della Coldiretti elaborata in occasione della Giornata internazionale della donna dedicata quest’anno al tema ‘Donne per la Terra’. La presenza delle donne nell’agricoltura italia‐ na ha certamente dato un forte impulso all’innovazione che ha caratterizzato il setto‐ re con una crescente attenzione al rispetto dell’ambiente e della sicurezza alimentare. Questa multifunzionalità è la caratteristica principale delle aziende agricole condotte da donne e genera più occupazione, perché svi‐ luppa attività particolari che si affiancano a quella principale per fornire un prodotto o un servizio particolare come la trasformazione dei prodotti, la nascita del settore dell’agribenessere, il recupero di antiche va‐ rietà, le fattorie didattiche, gli agriasilo, la pet‐ therapy, l’adozione di piante e animali on line e tante altre innovazioni. La capacità di coniu‐ gare la sfida con il mercato, il rispetto dell’ambiente e la qualità della vita a contatto con la natura sembra essere una delle princi‐ pali ragioni della presenza femminile nelle campagne. “Bellezza, benessere e buonumo‐ re: questo è il particolare connubio che fa del‐ la donna in agricoltura una donna speciale, mediatrice di un patto che passa attraverso una continua alleanza tra cibo, cultura e cura del territorio. La sua passione ed autorevolez‐ za, doti che ben si coniugano con il suo modo di vivere tra famiglia e lavoro, rende la sua attività imprenditoriale un contesto partico‐ larmente favorevole alla diffusione di inter‐ venti produttivi ed innovativi, che determina‐ no quel valore aggiunto per lo sviluppo dell’imprenditorialità femminile in agricoltura e dell’economia del nostro Paese.

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RELOADER Magazine - Aprile 2015

E’donna il Manager della sostenibilità Nel campo della sostenibilità si contano molte donne alla guida dei team e dei dipartimenti di Corporate Social Responsibility . Hanno un ele‐ vato livello di formazione e guadagnano tra i 70 mila e gli 80 mila euro all’anno. A fare un punto della situazione della professione è il CSR Manager Network, l’associazione che riunisce i responsabili delle politiche di sostenibilità), in collaborazione con Altis (Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica di Milano) e Isvi (Istituto per i valori d’impresa). L’indagine dun‐ que rileva una prevalenza di donne tra i profes‐

Crescere insieme premiando il talento di Francesca Vitelli, Presidente EnterprisinGirls

Le donne e la Green Economy sionisti della CSR: su 116 iscritti 63 sono donne, più del 54%. E’ di sesso femminile anche la mag‐ gior parte dei collaboratori della CSR (62,5%) e il 34,4% ha un’età compresa trai 31 e 40 anni. Si tratta di professioniste che mostrano un curricu‐ lum studiorum molto elevato, con la maggior parte che ha conseguito una laurea specialistica (54,1%) o un master (29,7%). Dal punto di vista retributivo, la gestione degli aspetti sociali e am‐ bientali all’interno di un’azienda è in linea con i ruoli manageriali delle più tradizionali funzioni aziendali: le retribuzioni annuali lorde e variabili dei professionisti della CSR paiono allineate. I responsabili della sostenibilità raggiungono nel 45,9% dei casi il livello di dirigente. Le responsa‐ bilità attribuite ai CSR manager portano alla ge‐ stione di un budget medio annuale di 192.720 euro e il coordinamento di un’unità organizzati‐ va in media è composta da 3,9 persone.

In una serata calda, come solo in una città me‐ ridionale che affaccia sul mare può accadere, un gruppo di donne ha condiviso un progetto partito da lontano… due anni prima la consu‐ lente aziendale Francesca Vitelli che aveva co‐ niugato alcune fra le sue passioni: la costruzio‐ ne delle reti, l’interesse per la cultura di genere e la scrittura, decise di intervistare e racconta‐ re le storie delle donne che muovono l’economia. Passioni, progetti, delusioni e pau‐ re di chi negli anni ha contribuito in modo signi‐ ficativo allo sviluppo locale hanno trovato spa‐ zio in una incredibile galleria di ritratti. Da que‐ sti incontri è emersa una forte volontà di fare rete che ha gettato il seme di uno stare insie‐ me che andasse oltre la pagina scritta, per con‐ frontarsi, crescere, portare un cambiamento positivo nella vita di altre donne e migliorare le condizioni economiche e sociali all’interno del‐ le comunità in cui operano; un cambiamento già in atto sia tra le donne che partecipano al network sia in termini di ricaduta sociale, gra‐ zie ai progetti di sensibilizzazione alla cultura di genere e di promozione delle eccellenze dei territori. Da quella sera molte cose sono acca‐ dute e altre ancora ne stanno accadendo. Le donne che fanno parte di EnterprisinGirls sono

sempre di più. Le connessioni sono quotidiane. Il modello di network proposto si basa su due canali: on line e off line. Il primo si concretizza grazie a una piattaforma ad accesso riser‐ vato dove le associate si incontrano, si scambiano informazioni e creano connes‐ sioni mentre il secondo opera attraverso l’organizzazione di incontri, iniziative pro‐ mozionali e week end di lavoro nei diversi territori. Il sito così concepito ha vinto il pre‐ mio eContent Award Italy 2014 nella categoria E‐inclusion and Empowerment. Il secondo im‐ portante riconoscimento è arrivato con la sele‐ zione tra i vincitori per il progetto presentato rispondendo al bando “Women for Expo”. An‐ dremo all’Expo ma non da sole, vogliamo an‐ darci con altre donne perciò, a breve, dal sito lanceremo una call generale per invitare tutte coloro che vorranno partecipare ed essere con noi in settembre. Prossimi appuntamenti? A breve uscirà il libro che racconta l’avventura costruita attraverso la ricerca di donne comuni fuori dall’ordinarietà. Per unirsi all’avventura basta visitare il sito www.enterprisingirls.it e sinto‐ nizzarsi sui social: Facebook, Linkedin, goo‐ gle+, storify. Le Egirls vi aspettano!


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Un’azienda agricola su tre è guidata da una donna ono 218.446 le imprese agricole guida‐ S te da donne in Italia, dove ormai nelle

campagne quasi una azienda su tre (29 per cento) è rosa a seguito del progressivo au‐ mento della loro presenza in termini percen‐ tuali sul totale. E’ quanto emerge da una ana‐ lisi della Coldiretti elaborata in occasione della Giornata internazionale della donna dedicata quest’anno al tema ‘Donne per la Terra’. La presenza delle donne nell’agricoltura italia‐ na ha certamente dato un forte impulso all’innovazione che ha caratterizzato il setto‐ re con una crescente attenzione al rispetto dell’ambiente e della sicurezza alimentare. Questa multifunzionalità è la caratteristica principale delle aziende agricole condotte da donne e genera più occupazione, perché svi‐ luppa attività particolari che si affiancano a quella principale per fornire un prodotto o un servizio particolare come la trasformazione dei prodotti, la nascita del settore dell’agribenessere, il recupero di antiche va‐ rietà, le fattorie didattiche, gli agriasilo, la pet‐ therapy, l’adozione di piante e animali on line e tante altre innovazioni. La capacità di coniu‐ gare la sfida con il mercato, il rispetto dell’ambiente e la qualità della vita a contatto con la natura sembra essere una delle princi‐ pali ragioni della presenza femminile nelle campagne. “Bellezza, benessere e buonumo‐ re: questo è il particolare connubio che fa del‐ la donna in agricoltura una donna speciale, mediatrice di un patto che passa attraverso una continua alleanza tra cibo, cultura e cura del territorio. La sua passione ed autorevolez‐ za, doti che ben si coniugano con il suo modo di vivere tra famiglia e lavoro, rende la sua attività imprenditoriale un contesto partico‐ larmente favorevole alla diffusione di inter‐ venti produttivi ed innovativi, che determina‐ no quel valore aggiunto per lo sviluppo dell’imprenditorialità femminile in agricoltura e dell’economia del nostro Paese.

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E’donna il Manager della sostenibilità Nel campo della sostenibilità si contano molte donne alla guida dei team e dei dipartimenti di Corporate Social Responsibility . Hanno un ele‐ vato livello di formazione e guadagnano tra i 70 mila e gli 80 mila euro all’anno. A fare un punto della situazione della professione è il CSR Manager Network, l’associazione che riunisce i responsabili delle politiche di sostenibilità), in collaborazione con Altis (Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica di Milano) e Isvi (Istituto per i valori d’impresa). L’indagine dun‐ que rileva una prevalenza di donne tra i profes‐

Crescere insieme premiando il talento di Francesca Vitelli, Presidente EnterprisinGirls

Le donne e la Green Economy sionisti della CSR: su 116 iscritti 63 sono donne, più del 54%. E’ di sesso femminile anche la mag‐ gior parte dei collaboratori della CSR (62,5%) e il 34,4% ha un’età compresa trai 31 e 40 anni. Si tratta di professioniste che mostrano un curricu‐ lum studiorum molto elevato, con la maggior parte che ha conseguito una laurea specialistica (54,1%) o un master (29,7%). Dal punto di vista retributivo, la gestione degli aspetti sociali e am‐ bientali all’interno di un’azienda è in linea con i ruoli manageriali delle più tradizionali funzioni aziendali: le retribuzioni annuali lorde e variabili dei professionisti della CSR paiono allineate. I responsabili della sostenibilità raggiungono nel 45,9% dei casi il livello di dirigente. Le responsa‐ bilità attribuite ai CSR manager portano alla ge‐ stione di un budget medio annuale di 192.720 euro e il coordinamento di un’unità organizzati‐ va in media è composta da 3,9 persone.

In una serata calda, come solo in una città me‐ ridionale che affaccia sul mare può accadere, un gruppo di donne ha condiviso un progetto partito da lontano… due anni prima la consu‐ lente aziendale Francesca Vitelli che aveva co‐ niugato alcune fra le sue passioni: la costruzio‐ ne delle reti, l’interesse per la cultura di genere e la scrittura, decise di intervistare e racconta‐ re le storie delle donne che muovono l’economia. Passioni, progetti, delusioni e pau‐ re di chi negli anni ha contribuito in modo signi‐ ficativo allo sviluppo locale hanno trovato spa‐ zio in una incredibile galleria di ritratti. Da que‐ sti incontri è emersa una forte volontà di fare rete che ha gettato il seme di uno stare insie‐ me che andasse oltre la pagina scritta, per con‐ frontarsi, crescere, portare un cambiamento positivo nella vita di altre donne e migliorare le condizioni economiche e sociali all’interno del‐ le comunità in cui operano; un cambiamento già in atto sia tra le donne che partecipano al network sia in termini di ricaduta sociale, gra‐ zie ai progetti di sensibilizzazione alla cultura di genere e di promozione delle eccellenze dei territori. Da quella sera molte cose sono acca‐ dute e altre ancora ne stanno accadendo. Le donne che fanno parte di EnterprisinGirls sono

sempre di più. Le connessioni sono quotidiane. Il modello di network proposto si basa su due canali: on line e off line. Il primo si concretizza grazie a una piattaforma ad accesso riser‐ vato dove le associate si incontrano, si scambiano informazioni e creano connes‐ sioni mentre il secondo opera attraverso l’organizzazione di incontri, iniziative pro‐ mozionali e week end di lavoro nei diversi territori. Il sito così concepito ha vinto il pre‐ mio eContent Award Italy 2014 nella categoria E‐inclusion and Empowerment. Il secondo im‐ portante riconoscimento è arrivato con la sele‐ zione tra i vincitori per il progetto presentato rispondendo al bando “Women for Expo”. An‐ dremo all’Expo ma non da sole, vogliamo an‐ darci con altre donne perciò, a breve, dal sito lanceremo una call generale per invitare tutte coloro che vorranno partecipare ed essere con noi in settembre. Prossimi appuntamenti? A breve uscirà il libro che racconta l’avventura costruita attraverso la ricerca di donne comuni fuori dall’ordinarietà. Per unirsi all’avventura basta visitare il sito www.enterprisingirls.it e sinto‐ nizzarsi sui social: Facebook, Linkedin, goo‐ gle+, storify. Le Egirls vi aspettano!


RELOADER Magazine - Gli Speciali, Aprile 2015

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RELOADER Magazine Inserto n.4/2015

Attilio Casella General Manager BTG Tecnologie - RFID Solutions Provider RFId e NFC: molti pensano che le due sigle rappresentino tecnologie diverse mentre in realtà stiamo parlando sem‐ pre di lettura in radio frequenza della memoria di un chip. RFId sta per Radio Frequency Identifi‐ cation, ovvero sia identificazione in ra‐ dio frequenza e cioè lettura della me‐ moria di un chip attraverso un segnale radio; NFC sta per Near Field Communi‐ cation, ovvero sia comunicazione di prossimità: la tecnologia è stata messa a punto per leggere lo stesso contenu‐ to di memoria del chip, ma solo da mol‐

to vicino; quindi si potrebbe dire che la NFC è un sotto insieme della tecnologia RFId . Le due sigle sono nate invece per di‐ stinguere al meglio i campi di applica‐ zione che in effetti sono piuttosto di‐ versi. Il campo di applicazione della RFId è molto ampio e trasversale: la troviamo nel controllo accesso (badge, ticketing), nell’industria, per il controllo di avanzamento produzione, nella logi‐ stica di magazzino dei trasporti, nei ser‐ vizi per la raccolta dei rifiuti e in molti altri impieghi in cui l’identificazione a

distanza di un oggetto è un valo‐ re aggiunto. La NFC nasce più re‐ centemente con l’obiettivo prin‐ cipale di realizzare carte di paga‐ mento sicure, che possano esse‐ re lette solo con un atto volonta‐ rio di chi le possiede, posizionan‐ dole a contatto con un lettore. Questa esigenza ha finalmente spinto i produttori di smartphone a mettere in commercio apparec‐ chi dotati della tecnologia di let‐ tura NFC, ora reso finalmente di‐ sponibile anche da Apple, che

con l’iPhone 6 ha aperto definiti‐ vamente la strada al suo impiego. Con la lettura NFC, oltre ai paga‐ menti, si apre un mondo di op‐ portunità per far parlare gli og‐ getti con i propri smartphone. Oggi con una semplice APP sul nostro smartphone possiamo co‐ noscere leggendo i tag NFC la provenienza di un prodotto, la sua originalità e la sua data di sca‐ denza, possiamo veicolare un messaggio promozionale mirato, possiamo comunicare le istruzio‐


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Attilio Casella General Manager BTG Tecnologie - RFID Solutions Provider RFId e NFC: molti pensano che le due sigle rappresentino tecnologie diverse mentre in realtà stiamo parlando sem‐ pre di lettura in radio frequenza della memoria di un chip. RFId sta per Radio Frequency Identifi‐ cation, ovvero sia identificazione in ra‐ dio frequenza e cioè lettura della me‐ moria di un chip attraverso un segnale radio; NFC sta per Near Field Communi‐ cation, ovvero sia comunicazione di prossimità: la tecnologia è stata messa a punto per leggere lo stesso contenu‐ to di memoria del chip, ma solo da mol‐

to vicino; quindi si potrebbe dire che la NFC è un sotto insieme della tecnologia RFId . Le due sigle sono nate invece per di‐ stinguere al meglio i campi di applica‐ zione che in effetti sono piuttosto di‐ versi. Il campo di applicazione della RFId è molto ampio e trasversale: la troviamo nel controllo accesso (badge, ticketing), nell’industria, per il controllo di avanzamento produzione, nella logi‐ stica di magazzino dei trasporti, nei ser‐ vizi per la raccolta dei rifiuti e in molti altri impieghi in cui l’identificazione a

distanza di un oggetto è un valo‐ re aggiunto. La NFC nasce più re‐ centemente con l’obiettivo prin‐ cipale di realizzare carte di paga‐ mento sicure, che possano esse‐ re lette solo con un atto volonta‐ rio di chi le possiede, posizionan‐ dole a contatto con un lettore. Questa esigenza ha finalmente spinto i produttori di smartphone a mettere in commercio apparec‐ chi dotati della tecnologia di let‐ tura NFC, ora reso finalmente di‐ sponibile anche da Apple, che

con l’iPhone 6 ha aperto definiti‐ vamente la strada al suo impiego. Con la lettura NFC, oltre ai paga‐ menti, si apre un mondo di op‐ portunità per far parlare gli og‐ getti con i propri smartphone. Oggi con una semplice APP sul nostro smartphone possiamo co‐ noscere leggendo i tag NFC la provenienza di un prodotto, la sua originalità e la sua data di sca‐ denza, possiamo veicolare un messaggio promozionale mirato, possiamo comunicare le istruzio‐


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ni per il suo smaltimento corretto e molte altre informazioni ancora. Fat‐ ta questa lunga premessa possiamo finalmente capire l’importanza di tale tecnologia e le opportunità che essa offre lungo tutta la filiera di un pro‐ dotto. BTG Tecnologie è una società nata nel 2007 esclusivamente per svi‐ luppare soluzioni progettate su misu‐ ra del cliente con la tecnologia RFId/ NFC e, grazie alla partnership con pro‐ duttori di tag RFID/NFC e produttori di apparecchi per la loro lettura, ha realizzato alcuni sistemi di automazio‐ ne che dopo anni di efficace attività possono ormai fare scuola. Un caso è quello del creatore e pro‐ duttore di abbigliamento femminile Maliparmi che nel 2009 ha deciso di automatizzare il proprio flusso di ma‐

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gazzino mediante l’introduzione della RFId. Oggi un vestito viene identifica‐ to con un tag RFId fin dalle prime fasi di produzione ed è tracciato, median‐ te un serial number scritto nella me‐ moria del chip, fino al punto vendita. L’introduzione del tag RFId ha per‐ messo di organizzare il ricevimento merce con dei varchi che sono in gra‐ do di leggere in modo automatico e quasi istantaneo tutto il contenuto dei cartoni ancora impilati su bancali, senza bisogno di aprirli come avveni‐ va prima per poter leggere il codice a barre; ha permesso anche, con gli stessi varchi, di controllare le spedi‐ zioni ai clienti finali mediante un con‐ trollo automatico del contenuto e della corretta destinazione al momen‐ to del carico del bancale sul camion. I

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tempi operativi si sono ridotti dra‐ sticamente e con essi i costi per la movimentazione, mentre è aumen‐ tata l’accuratezza di tutto il proces‐ so che ha ormai superato il 98% di

precisione. E’ poi di non trascurabile valore aggiunto il fatto che l’attuale tecnologia RFId permette di traccia‐ re la vita utile del capo o di qualsiasi prodotto anche dopo la vendita. La


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ni per il suo smaltimento corretto e molte altre informazioni ancora. Fat‐ ta questa lunga premessa possiamo finalmente capire l’importanza di tale tecnologia e le opportunità che essa offre lungo tutta la filiera di un pro‐ dotto. BTG Tecnologie è una società nata nel 2007 esclusivamente per svi‐ luppare soluzioni progettate su misu‐ ra del cliente con la tecnologia RFId/ NFC e, grazie alla partnership con pro‐ duttori di tag RFID/NFC e produttori di apparecchi per la loro lettura, ha realizzato alcuni sistemi di automazio‐ ne che dopo anni di efficace attività possono ormai fare scuola. Un caso è quello del creatore e pro‐ duttore di abbigliamento femminile Maliparmi che nel 2009 ha deciso di automatizzare il proprio flusso di ma‐

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gazzino mediante l’introduzione della RFId. Oggi un vestito viene identifica‐ to con un tag RFId fin dalle prime fasi di produzione ed è tracciato, median‐ te un serial number scritto nella me‐ moria del chip, fino al punto vendita. L’introduzione del tag RFId ha per‐ messo di organizzare il ricevimento merce con dei varchi che sono in gra‐ do di leggere in modo automatico e quasi istantaneo tutto il contenuto dei cartoni ancora impilati su bancali, senza bisogno di aprirli come avveni‐ va prima per poter leggere il codice a barre; ha permesso anche, con gli stessi varchi, di controllare le spedi‐ zioni ai clienti finali mediante un con‐ trollo automatico del contenuto e della corretta destinazione al momen‐ to del carico del bancale sul camion. I

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tempi operativi si sono ridotti dra‐ sticamente e con essi i costi per la movimentazione, mentre è aumen‐ tata l’accuratezza di tutto il proces‐ so che ha ormai superato il 98% di

precisione. E’ poi di non trascurabile valore aggiunto il fatto che l’attuale tecnologia RFId permette di traccia‐ re la vita utile del capo o di qualsiasi prodotto anche dopo la vendita. La


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nuova frontiera aperta dal NFC ora ci chiede di integrare le due tipologie di tag in una sola etichetta per soddisfa‐ re due diverse esigenze: quella logisti‐ ca che richiede letture massive da lon‐ tano, come oggi avviene ad esempio in Maliparmi, e quella di comunicazio‐ ne al cliente, possibile, se voluta, me‐ diante una lettura singola e ravvicinata fatta con lo smartphone. Un’etichetta come quella sopra descritta è già tec‐ nicamente possibile, ed ora il mercato sta sperimentando come muoversi. Vi sono settori in cui la gestione dei pro‐ dotti a fine ciclo è un aspetto molto importante dove l’introduzione di tag RFId/NFC misti sarebbe estremamente funzionale ed utile. BTG Tecnologie ha

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eseguito un test pilota su una linea di produzione di frigoriferi di marca; il produttore chiedeva di poter identifi‐ care a distanza in magazzino i propri prodotti per facilitare il processo di spedizione e ridurre gli errori di cari‐ co.; in definitiva lo stesso processo che BTG Tecnologie aveva già implementa‐ to con successo in altre realtà. E’ stato in quell’occasione verificato come lo stesso tag RFId integrato con NFC po‐ trebbe essere molto efficacemente u‐ tilizzato dallo stesso produttore per sapere dove e quando lo specifico fri‐ go viene smaltito. Facilmente i centri di raccolta specializzati potrebbero at‐ trezzarsi con appositi lettori RFId, co‐ me inizia ad avvenire nella raccolta dif‐

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ferenziata dei rifiuti urbani, ma soprat‐ tutto i consumatori, leggendo il tag NFC, potrebbero sapere come smaltire correttamente il rifiuto (RAEE e solido urbano) e comunicare direttamente al produttore l’avvenuta dismissione, magari convalidata dallo stesso centro di raccolta. Il motivo ispiratore che ha spinto BTG Tecnologie ad accettare volentieri l’iscrizione all’Associazione RELOADER sta proprio nella consape‐

Alcune attuali applicazioni dei Tag RFId

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volezza che è giunto i momento di af‐ frontare il tema della tracciabilità dei beni di consumo in modo ampio, sfrut‐ tando in parallelo RFID ed NFC. Noi di BTG Tecnologie ci auguriamo che con l’aiuto delle diverse associazioni coin‐ volte si possa iniziare un processo di integrazione fra produttori, consuma‐ tori e operatori di raccolta e recupero, sfruttando le già esistenti piattaforme di raccolta dati disponibili.


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nuova frontiera aperta dal NFC ora ci chiede di integrare le due tipologie di tag in una sola etichetta per soddisfa‐ re due diverse esigenze: quella logisti‐ ca che richiede letture massive da lon‐ tano, come oggi avviene ad esempio in Maliparmi, e quella di comunicazio‐ ne al cliente, possibile, se voluta, me‐ diante una lettura singola e ravvicinata fatta con lo smartphone. Un’etichetta come quella sopra descritta è già tec‐ nicamente possibile, ed ora il mercato sta sperimentando come muoversi. Vi sono settori in cui la gestione dei pro‐ dotti a fine ciclo è un aspetto molto importante dove l’introduzione di tag RFId/NFC misti sarebbe estremamente funzionale ed utile. BTG Tecnologie ha

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eseguito un test pilota su una linea di produzione di frigoriferi di marca; il produttore chiedeva di poter identifi‐ care a distanza in magazzino i propri prodotti per facilitare il processo di spedizione e ridurre gli errori di cari‐ co.; in definitiva lo stesso processo che BTG Tecnologie aveva già implementa‐ to con successo in altre realtà. E’ stato in quell’occasione verificato come lo stesso tag RFId integrato con NFC po‐ trebbe essere molto efficacemente u‐ tilizzato dallo stesso produttore per sapere dove e quando lo specifico fri‐ go viene smaltito. Facilmente i centri di raccolta specializzati potrebbero at‐ trezzarsi con appositi lettori RFId, co‐ me inizia ad avvenire nella raccolta dif‐

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ferenziata dei rifiuti urbani, ma soprat‐ tutto i consumatori, leggendo il tag NFC, potrebbero sapere come smaltire correttamente il rifiuto (RAEE e solido urbano) e comunicare direttamente al produttore l’avvenuta dismissione, magari convalidata dallo stesso centro di raccolta. Il motivo ispiratore che ha spinto BTG Tecnologie ad accettare volentieri l’iscrizione all’Associazione RELOADER sta proprio nella consape‐

Alcune attuali applicazioni dei Tag RFId

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volezza che è giunto i momento di af‐ frontare il tema della tracciabilità dei beni di consumo in modo ampio, sfrut‐ tando in parallelo RFID ed NFC. Noi di BTG Tecnologie ci auguriamo che con l’aiuto delle diverse associazioni coin‐ volte si possa iniziare un processo di integrazione fra produttori, consuma‐ tori e operatori di raccolta e recupero, sfruttando le già esistenti piattaforme di raccolta dati disponibili.



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