RELOADER Magazine N.92 ottobre 2015

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Sommario

In Primo Piano

n. 92 - Ottobre 2015

RAEE Pannelli fotovoltaici. Il riciclaggio in Italia

di Vito la Forgia

PFU: un anno di miglioramenti, ma è tempo di un ulteriore salto di maturità di Mirko Turchetti

3 7

E n e r g i e r i n n ova b i l i Riscaldamento ed acqua calda sanitaria: ecco le nuove etichette energetiche

9 di Mirko Turchetti

Come ridurre gli sprechi del riscaldamento domestico

10

5 dicembre 2015: scadenza per le imprese per l’effettuazione dell’Audit energetico

11

Storie di riciclo Fairy Gardens Made From Broken Pots

13

Ambiente e Società Pesci - drone per controllare i fondali e le acque di Venezia di Marina Melissari

15

Il vantaggio competitivo dell’impronta ambientale di Daniele Roscino Avetrani

19

Il WeddingLab in Tenuta San Domenico: originalità ed eleganza in stile green

21

Il Nord Europa sempre più eco

di Nara Di Cecio di Palma Maranò

Gli Speciali Desertificazione: 30 centimetri che cambiano tutto

23

25

Collegato ambientale: le novità La commissione Ambiente del Senato ha approvato il testo che detta disposizioni in materia ambientale per promuovere misu‐ re di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali. Il provvedimento, meglio noto come collega‐ to ambientale alla legge di Stabilità 2014, contiene tra l'altro misure importanti per la mobilità sostenibile nelle città. Si tratta di un pacchetto finalizzato alla promozione dell'uso della bicicletta, dei mezzi pubblici, del car sharing e degli spostamenti a piedi, a vantaggio della salute e dell'ambiente. Il provvedimento stanzia 35 milioni per un programma nazionale sperimentale di mo‐ bilità sostenibile che promuova il noleggio e la condivisone di auto e bici, i percorsi protetti per lo spostamento a piedi casa‐ scuola, interventi di riduzione del traffico e dell'inquinamento, i ‘buoni mobilità’ per i lavoratori che scelgono la bicicletta o i mez‐ zi pubblici. Chi deciderà di andare al lavoro in bici avrà la copertura Inail in caso di inci‐ dente. Viene istituito il circuito Eurovelo 7, per completare i collegamenti di piste cicla‐ bili lungo l'asse ferroviario Bologna‐Verona, agevolando i pendolari ma anche il ciclo‐ turismo verso le città d'arte della Pianura Padana. Alla Regione Emilia Romagna viene riconosciuto un contributo di 5 milioni per il 2016 per riqualificare il vecchio tracciato ferroviario dismesso. Viene infine creata la

figura del mobility manager in tutte le scuo‐ le di ogni ordine e grado, con il compito di organizzare e coordinare gli spostamenti casa‐scuola e ritorno del personale scolasti‐ co, degli alunni e degli studenti, attraverso il collegamento con gli altri istituti scolasti‐ ci, il Comune e le aziende del trasporto pubblico. Un emendamento approvato all'articolo 40 ‐bis, è dedicato inoltre al “Fondo per la pro‐ gettazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico”: viene istituito, presso il ministero dell'Ambiente, il Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico. Infine la commis‐ sione Ambiente del Senato ha dato il suo via libera ad un emendamento al collegato ambientale che consente lo svincolo di 5,667 milioni all'anno destinati alla bonifica dall'amianto. Le risorse sono destinate ai titolari di reddito d'impresa che effettuano nell'anno 2016 interventi di bonifica dell'a‐ mianto su beni e strutture produttive. Il tetto di spesa è stato fissato a 5,667 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, con un credito d'imposta del 50% del‐ le spese sostenute per interventi realizzati nel periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'articolo. Il credito d'imposta non spet‐ ta per gli investimenti di importo unitario inferiore a 20.000 euro.

Annamaria Testa nuovoeutile.it

RELOADER Magazine n. 92 - Ottobre 2015 Via di San Giovanni in Laterano 84 - 00184 Roma Fax: +39 06 62.27.05.44

www.reloaderitalia.it info@reloaderitalia.it Tel: +39 06 7049.5320


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Sommario

In Primo Piano

n. 92 - Ottobre 2015

RAEE Pannelli fotovoltaici. Il riciclaggio in Italia

di Vito la Forgia

PFU: un anno di miglioramenti, ma è tempo di un ulteriore salto di maturità di Mirko Turchetti

3 7

E n e r g i e r i n n ova b i l i Riscaldamento ed acqua calda sanitaria: ecco le nuove etichette energetiche

9 di Mirko Turchetti

Come ridurre gli sprechi del riscaldamento domestico

10

5 dicembre 2015: scadenza per le imprese per l’effettuazione dell’Audit energetico

11

Storie di riciclo Fairy Gardens Made From Broken Pots

13

Ambiente e Società Pesci - drone per controllare i fondali e le acque di Venezia di Marina Melissari

15

Il vantaggio competitivo dell’impronta ambientale di Daniele Roscino Avetrani

19

Il WeddingLab in Tenuta San Domenico: originalità ed eleganza in stile green

21

Il Nord Europa sempre più eco

di Nara Di Cecio di Palma Maranò

Gli Speciali Desertificazione: 30 centimetri che cambiano tutto

23

25

Collegato ambientale: le novità La commissione Ambiente del Senato ha approvato il testo che detta disposizioni in materia ambientale per promuovere misu‐ re di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali. Il provvedimento, meglio noto come collega‐ to ambientale alla legge di Stabilità 2014, contiene tra l'altro misure importanti per la mobilità sostenibile nelle città. Si tratta di un pacchetto finalizzato alla promozione dell'uso della bicicletta, dei mezzi pubblici, del car sharing e degli spostamenti a piedi, a vantaggio della salute e dell'ambiente. Il provvedimento stanzia 35 milioni per un programma nazionale sperimentale di mo‐ bilità sostenibile che promuova il noleggio e la condivisone di auto e bici, i percorsi protetti per lo spostamento a piedi casa‐ scuola, interventi di riduzione del traffico e dell'inquinamento, i ‘buoni mobilità’ per i lavoratori che scelgono la bicicletta o i mez‐ zi pubblici. Chi deciderà di andare al lavoro in bici avrà la copertura Inail in caso di inci‐ dente. Viene istituito il circuito Eurovelo 7, per completare i collegamenti di piste cicla‐ bili lungo l'asse ferroviario Bologna‐Verona, agevolando i pendolari ma anche il ciclo‐ turismo verso le città d'arte della Pianura Padana. Alla Regione Emilia Romagna viene riconosciuto un contributo di 5 milioni per il 2016 per riqualificare il vecchio tracciato ferroviario dismesso. Viene infine creata la

figura del mobility manager in tutte le scuo‐ le di ogni ordine e grado, con il compito di organizzare e coordinare gli spostamenti casa‐scuola e ritorno del personale scolasti‐ co, degli alunni e degli studenti, attraverso il collegamento con gli altri istituti scolasti‐ ci, il Comune e le aziende del trasporto pubblico. Un emendamento approvato all'articolo 40 ‐bis, è dedicato inoltre al “Fondo per la pro‐ gettazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico”: viene istituito, presso il ministero dell'Ambiente, il Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico. Infine la commis‐ sione Ambiente del Senato ha dato il suo via libera ad un emendamento al collegato ambientale che consente lo svincolo di 5,667 milioni all'anno destinati alla bonifica dall'amianto. Le risorse sono destinate ai titolari di reddito d'impresa che effettuano nell'anno 2016 interventi di bonifica dell'a‐ mianto su beni e strutture produttive. Il tetto di spesa è stato fissato a 5,667 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, con un credito d'imposta del 50% del‐ le spese sostenute per interventi realizzati nel periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'articolo. Il credito d'imposta non spet‐ ta per gli investimenti di importo unitario inferiore a 20.000 euro.

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RAEE

Tutto ciò che compone un pannello fotovoltaico può essere recuperato

Pannelli fotovoltaici. Il riciclaggio in Italia Vito la Forgia, Ambiente & Rifiuti Consulenza Tecnica per la gestione dei rifiuti

I pannelli fotovoltaici sono ormai una presenza diffusa nella nostra vita. Capita spesso di gui‐ dare lungo strade secondarie e vedere interi campi, una volta coltivati, ora stracolmi di schiere di pannelli fotovoltaici pronti a racco‐ gliere i raggi solari per trasformarli in energia elettrica. Ma aldilà della loro presenza e forma, ciò che spesso ignoriamo è quali siano i tratta‐ menti che essi devono subire quando giungo‐ no a fine vita. Già perché anche i pannelli foto‐ voltaici ad un certo punto devono essere smantellati. Vuoi perché terminano la loro vita utile (15‐20 anni) vuoi perché eventi atmosferi‐ ci di una certa intensità li danneggiano, arriva un momento in cui devono essere avviati a processi di riciclaggio. Processi di riciclaggio necessari perché quasi tutto ciò che compone un pannello fotovoltai‐ co può essere recuperato. Ignorati dalla normativa fino al 2014, l’entrata in vigore del D.Lgs. 49/2014 che disciplina la gestione dei RAEE li ha considerati alla stregua di RAEE non pericolosi con l’obiettivo di massi‐ mizzarne il riciclaggio. Ciò sta a significare che a partire dalla metà del

2014 in Italia i pannelli fotovoltaici devono es‐ sere obbligatoriamente avviati a processi di trattamento autorizzati ed in grado di garantir‐ ne il massimo riciclo. Così come avviene per tutte le altre tipologie di RAEE, anche per i pannelli fotovoltaici è oggi in vigore un sistema di finanziamento delle o‐ perazioni di trasporto e trattamento. Il funzio‐ namento del sistema di finanziamento e di i‐ scrizione obbligatoria ai sistemi collettivi è or‐ mai cosa nota, per storia ed normativa, e per quanti siano interessati è possibile visionare il sito www.registroaee.it per ulteriori informa‐ zioni. Ciò che è importante comprendere è che i pro‐ duttori (intesi nel senso lato del termine come da definizione normativa) di pannelli fotovol‐ taici sono ora soggetti a tutti gli obblighi a cui devono sottostare i normali produttori di AEE. Se da un punto di vista normativo è semplice comprendere come sia necessario incrementa‐ re il tasso di recupero dei pannelli fotovoltaici, dall’altro lato è importante chiedersi se tutti i pannelli fotovoltaici possono essere riciclati alla stessa maniera e con la medesima tecnolo‐

gia. Purtroppo la risposta a questa domanda è no in quanto la tecnologia costruttiva dei pan‐ nelli fotovoltaici è cambiata molto nel corso del tempo grazie alle continue innovazioni tec‐ nologiche. Per entrare più nel dettaglio esaminiamo più da vicino da cosa sono composti questi pan‐ nelli. La parte più elementare di un modulo fotovol‐ taico è la cella. Normalmente composta da un semiconduttore cristallino è costituita da una sottile lamina di silicio di forma quadrata e con dimensioni che possono variare tra i 100 e i 156 mm. Questa è dotata di tutti i contatti elettrici necessari a raccogliere la corrente elettrica prodotta. Al fine di ottenere energia elettrica, le celle sono connesse elettricamente tra di loro con un collegamento in serie e poi inserite nel laminato fotovoltaico. L’intera superficie del modulo è protetta da un pannello di vetro temperato a basso tenore di ossido di ferro, resistente agli urti ed agli agenti atmosferici

(recenti episodi hanno dimostrato che di fatto non resistono agli eventi atmosferici di mag‐ giore intensità). Il retro del modulo è costituito da un foglio di Tedlar bianco. Una pellicola sigillante di Etil Vinil acetato incapsula tutte le celle isolando così i contatti elettrici. La cornice del pannello, qualora presente è realizzata in alluminio ano‐ dizzato anticorrosione. Il peso complessivo di un pannello fotovoltai‐ co completo di cavi è di circa 15 Kg/mq. A seconda dei processi di produzione adottati, le celle fotovoltaiche realizzate con la tecnolo‐ gia del silicio si distinguono in celle monocri‐ stalline e policristalline. Esistono delle tecnolo‐ gie che utilizzano film sottili di silicio amorfo, diseleniuro di indio rame, di tellururo di cad‐ mio, di solfuro di cadmio che occupano oggi quote di mercato minori ma che sono pur sem‐ pre presenti. La differente tecnologia adottata per la realiz‐ zazione dei pannelli fotovoltaici conduce poi a


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RAEE

Tutto ciò che compone un pannello fotovoltaico può essere recuperato

Pannelli fotovoltaici. Il riciclaggio in Italia Vito la Forgia, Ambiente & Rifiuti Consulenza Tecnica per la gestione dei rifiuti

I pannelli fotovoltaici sono ormai una presenza diffusa nella nostra vita. Capita spesso di gui‐ dare lungo strade secondarie e vedere interi campi, una volta coltivati, ora stracolmi di schiere di pannelli fotovoltaici pronti a racco‐ gliere i raggi solari per trasformarli in energia elettrica. Ma aldilà della loro presenza e forma, ciò che spesso ignoriamo è quali siano i tratta‐ menti che essi devono subire quando giungo‐ no a fine vita. Già perché anche i pannelli foto‐ voltaici ad un certo punto devono essere smantellati. Vuoi perché terminano la loro vita utile (15‐20 anni) vuoi perché eventi atmosferi‐ ci di una certa intensità li danneggiano, arriva un momento in cui devono essere avviati a processi di riciclaggio. Processi di riciclaggio necessari perché quasi tutto ciò che compone un pannello fotovoltai‐ co può essere recuperato. Ignorati dalla normativa fino al 2014, l’entrata in vigore del D.Lgs. 49/2014 che disciplina la gestione dei RAEE li ha considerati alla stregua di RAEE non pericolosi con l’obiettivo di massi‐ mizzarne il riciclaggio. Ciò sta a significare che a partire dalla metà del

2014 in Italia i pannelli fotovoltaici devono es‐ sere obbligatoriamente avviati a processi di trattamento autorizzati ed in grado di garantir‐ ne il massimo riciclo. Così come avviene per tutte le altre tipologie di RAEE, anche per i pannelli fotovoltaici è oggi in vigore un sistema di finanziamento delle o‐ perazioni di trasporto e trattamento. Il funzio‐ namento del sistema di finanziamento e di i‐ scrizione obbligatoria ai sistemi collettivi è or‐ mai cosa nota, per storia ed normativa, e per quanti siano interessati è possibile visionare il sito www.registroaee.it per ulteriori informa‐ zioni. Ciò che è importante comprendere è che i pro‐ duttori (intesi nel senso lato del termine come da definizione normativa) di pannelli fotovol‐ taici sono ora soggetti a tutti gli obblighi a cui devono sottostare i normali produttori di AEE. Se da un punto di vista normativo è semplice comprendere come sia necessario incrementa‐ re il tasso di recupero dei pannelli fotovoltaici, dall’altro lato è importante chiedersi se tutti i pannelli fotovoltaici possono essere riciclati alla stessa maniera e con la medesima tecnolo‐

gia. Purtroppo la risposta a questa domanda è no in quanto la tecnologia costruttiva dei pan‐ nelli fotovoltaici è cambiata molto nel corso del tempo grazie alle continue innovazioni tec‐ nologiche. Per entrare più nel dettaglio esaminiamo più da vicino da cosa sono composti questi pan‐ nelli. La parte più elementare di un modulo fotovol‐ taico è la cella. Normalmente composta da un semiconduttore cristallino è costituita da una sottile lamina di silicio di forma quadrata e con dimensioni che possono variare tra i 100 e i 156 mm. Questa è dotata di tutti i contatti elettrici necessari a raccogliere la corrente elettrica prodotta. Al fine di ottenere energia elettrica, le celle sono connesse elettricamente tra di loro con un collegamento in serie e poi inserite nel laminato fotovoltaico. L’intera superficie del modulo è protetta da un pannello di vetro temperato a basso tenore di ossido di ferro, resistente agli urti ed agli agenti atmosferici

(recenti episodi hanno dimostrato che di fatto non resistono agli eventi atmosferici di mag‐ giore intensità). Il retro del modulo è costituito da un foglio di Tedlar bianco. Una pellicola sigillante di Etil Vinil acetato incapsula tutte le celle isolando così i contatti elettrici. La cornice del pannello, qualora presente è realizzata in alluminio ano‐ dizzato anticorrosione. Il peso complessivo di un pannello fotovoltai‐ co completo di cavi è di circa 15 Kg/mq. A seconda dei processi di produzione adottati, le celle fotovoltaiche realizzate con la tecnolo‐ gia del silicio si distinguono in celle monocri‐ stalline e policristalline. Esistono delle tecnolo‐ gie che utilizzano film sottili di silicio amorfo, diseleniuro di indio rame, di tellururo di cad‐ mio, di solfuro di cadmio che occupano oggi quote di mercato minori ma che sono pur sem‐ pre presenti. La differente tecnologia adottata per la realiz‐ zazione dei pannelli fotovoltaici conduce poi a


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sistemi diversi di trattamento per il loro rici‐ claggio. Affinché il riciclaggio di un pannello fotovoltaico sia conveniente ed economica‐ mente sostenibile ci si chiede se ci siano al suo interno componenti di un certo valore. Questo perché aldilà delle buone intenzioni del legisla‐ tore e del buon senso nell’ambito della tutela ambientale, un impianto di recupero e tratta‐ mento rifiuti è comunque un’impresa e come tale deve trarre profitto dalle proprie attività. Per entrare nel cuore dei pannelli fotovoltaici e capire quali siano i componenti di maggior pre‐ gio, faremo riferimento allo speciale edito dal portale Qualenergia.it. Circa l’80% del peso totale di un pannello foto‐ voltaico è costituito dal vetro frontale a cui segue il 9,8% dell’alluminio della cornice. Via via che si abbassano le percentuali ritroviamo con il 4,7% le celle in silicio e con percentuali ancor più basse tutti gli altri componenti i quali andrebbero rimossi prima della distruzione

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meccanica a causa dell’elevato tenore di rame in essi contenuto. Porsi la domande se in Italia esistono impianti autorizzati che si occupano di riciclare questi RAEE è lecito. Il primo realizzato nel nostro Paese è presente a Siracusa ed è di proprietà del consorzio RAE‐ Cycle di raccolta RAEE. L’impianto, nato dalla collaborazione tra RAECycle, Compton srl, Po‐ litecnico di Milano e Università di Catania, è in grado di trattare fino a 60 moduli l’ora. Come avviene il riciclaggio di un pannello fotovoltaico Un pannello fotovoltaico pesa mediamente intorno ai 20 Kg ed è composto per 1/10 del suo peso dalla cornice di alluminio la quale può essere facilmente asportata anche manual‐ mente. Questa molto spesso, a causa del suo elevato valore sul mercato, viene asportata preventivamente, vale a dire prima che il pan‐ nello stesso raggiunga l’impianto di destinazio‐

RELOADER Magazine - Ottobre 2015

Consorzio RAECycle - Impianto di Siracusa

ne, e ciò determina una riduzione del valore del pannello stesso. L’80% del peso è compo‐ sto dal vetro sul quale vengono poggiate le celle fotovoltaiche ed i contatti elettrici i quali vengono poi sigillati a caldo da un foglio di pla‐ stica. La prima fase del trattamento, prevede quindi che il vetro venga, meccanicamente, staccato dal foglio plastico così da poterlo re‐ cuperare. Le componenti si presentano così attaccate alla plastica. La macchina è in grado di spazzolare via questi componen‐ ti e passa poi a triturare finemente tutto ciò che resta facendo passa‐ re il granulato all’interno di una serie di vagli di diametri diversi, e con l’ausilio di cicloni a soffio di aria, i quali hanno il compito di se‐ parare i vari materiali a seconda della loro densità. Ciò che si ottie‐ ne in uscita è polvere di plastica, rame, argento e contatti elettrici oltre naturalmente al silicio. Essen‐ do questi materiali tutti riutilizzabi‐ li si ottiene una percentuale di re‐ cupero prossima al 95%. Come si

Per maggiori approfondimenti si faccia riferimento alla fonte dei dati: http://www.qualenergia.it/articoli/20140212riciclo-pannelli-fv-siracusa http://www.qualenergia.it/sites/default/files/ articolo-doc/Smaltimento-Riciclo-modulifotovoltaici_qualenergia_lug2013 0.pdf

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può osservare da questa breve descrizione, ovviamente non esauriente ma sufficiente ad innescare quella curiosità insita nel lettore che lo condurrà ad approfondire l’argomento, il trattamento dei pannelli fotovoltaici ha una sua convenienza economica se si riescono a trattare numerosi pannelli fotovoltaici e si han‐ no a disposizione delle ottime vie di uscita per i materiali ottenuti. I costi che i produttori sostengono aderendo ai sistemi collettivi sono però necessari per poter far si che l’intera filiera, dal produttore del rifiuto all’impianto di trattamento, sia ef‐ fettivamente sostenibile. Non si dimentichi infatti che spesso questi pannelli viaggiano su mezzi di grandi dimensioni e che la dismissione di un parco fotovoltaico non è da considerarsi a costo zero. Garantire il recupero dei pannelli fotovoltaici è da oggi un obbligo, sia di legge che morale. A causa delle errate gestioni che si sono avute in passato non possiamo oggi stimare quanti siano i pannelli che sono stati avviati in discari‐ ca dopo essere stati privati del bordo in allumi‐ nio (unico pezzo di valore facilmente asporta‐ bile). Sicuramente poter riciclare tutte le com‐ ponenti di un pannello può garantire, a lungo andare e con i dovuti flussi, la possibilità di re‐ impiegare gli stessi materiali per la produzione di nuovi pannelli FV più performanti grazie alle innovazioni tecnologiche. C’è da chiedersi ora se anche le pale eoliche non debbano rientrare all’interno del circuito RAEE …, ma lasciamo questa domanda aperta al legislatore per il prossimo aggiornamento normativo.


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sistemi diversi di trattamento per il loro rici‐ claggio. Affinché il riciclaggio di un pannello fotovoltaico sia conveniente ed economica‐ mente sostenibile ci si chiede se ci siano al suo interno componenti di un certo valore. Questo perché aldilà delle buone intenzioni del legisla‐ tore e del buon senso nell’ambito della tutela ambientale, un impianto di recupero e tratta‐ mento rifiuti è comunque un’impresa e come tale deve trarre profitto dalle proprie attività. Per entrare nel cuore dei pannelli fotovoltaici e capire quali siano i componenti di maggior pre‐ gio, faremo riferimento allo speciale edito dal portale Qualenergia.it. Circa l’80% del peso totale di un pannello foto‐ voltaico è costituito dal vetro frontale a cui segue il 9,8% dell’alluminio della cornice. Via via che si abbassano le percentuali ritroviamo con il 4,7% le celle in silicio e con percentuali ancor più basse tutti gli altri componenti i quali andrebbero rimossi prima della distruzione

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meccanica a causa dell’elevato tenore di rame in essi contenuto. Porsi la domande se in Italia esistono impianti autorizzati che si occupano di riciclare questi RAEE è lecito. Il primo realizzato nel nostro Paese è presente a Siracusa ed è di proprietà del consorzio RAE‐ Cycle di raccolta RAEE. L’impianto, nato dalla collaborazione tra RAECycle, Compton srl, Po‐ litecnico di Milano e Università di Catania, è in grado di trattare fino a 60 moduli l’ora. Come avviene il riciclaggio di un pannello fotovoltaico Un pannello fotovoltaico pesa mediamente intorno ai 20 Kg ed è composto per 1/10 del suo peso dalla cornice di alluminio la quale può essere facilmente asportata anche manual‐ mente. Questa molto spesso, a causa del suo elevato valore sul mercato, viene asportata preventivamente, vale a dire prima che il pan‐ nello stesso raggiunga l’impianto di destinazio‐

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ne, e ciò determina una riduzione del valore del pannello stesso. L’80% del peso è compo‐ sto dal vetro sul quale vengono poggiate le celle fotovoltaiche ed i contatti elettrici i quali vengono poi sigillati a caldo da un foglio di pla‐ stica. La prima fase del trattamento, prevede quindi che il vetro venga, meccanicamente, staccato dal foglio plastico così da poterlo re‐ cuperare. Le componenti si presentano così attaccate alla plastica. La macchina è in grado di spazzolare via questi componen‐ ti e passa poi a triturare finemente tutto ciò che resta facendo passa‐ re il granulato all’interno di una serie di vagli di diametri diversi, e con l’ausilio di cicloni a soffio di aria, i quali hanno il compito di se‐ parare i vari materiali a seconda della loro densità. Ciò che si ottie‐ ne in uscita è polvere di plastica, rame, argento e contatti elettrici oltre naturalmente al silicio. Essen‐ do questi materiali tutti riutilizzabi‐ li si ottiene una percentuale di re‐ cupero prossima al 95%. Come si

Per maggiori approfondimenti si faccia riferimento alla fonte dei dati: http://www.qualenergia.it/articoli/20140212riciclo-pannelli-fv-siracusa http://www.qualenergia.it/sites/default/files/ articolo-doc/Smaltimento-Riciclo-modulifotovoltaici_qualenergia_lug2013 0.pdf

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può osservare da questa breve descrizione, ovviamente non esauriente ma sufficiente ad innescare quella curiosità insita nel lettore che lo condurrà ad approfondire l’argomento, il trattamento dei pannelli fotovoltaici ha una sua convenienza economica se si riescono a trattare numerosi pannelli fotovoltaici e si han‐ no a disposizione delle ottime vie di uscita per i materiali ottenuti. I costi che i produttori sostengono aderendo ai sistemi collettivi sono però necessari per poter far si che l’intera filiera, dal produttore del rifiuto all’impianto di trattamento, sia ef‐ fettivamente sostenibile. Non si dimentichi infatti che spesso questi pannelli viaggiano su mezzi di grandi dimensioni e che la dismissione di un parco fotovoltaico non è da considerarsi a costo zero. Garantire il recupero dei pannelli fotovoltaici è da oggi un obbligo, sia di legge che morale. A causa delle errate gestioni che si sono avute in passato non possiamo oggi stimare quanti siano i pannelli che sono stati avviati in discari‐ ca dopo essere stati privati del bordo in allumi‐ nio (unico pezzo di valore facilmente asporta‐ bile). Sicuramente poter riciclare tutte le com‐ ponenti di un pannello può garantire, a lungo andare e con i dovuti flussi, la possibilità di re‐ impiegare gli stessi materiali per la produzione di nuovi pannelli FV più performanti grazie alle innovazioni tecnologiche. C’è da chiedersi ora se anche le pale eoliche non debbano rientrare all’interno del circuito RAEE …, ma lasciamo questa domanda aperta al legislatore per il prossimo aggiornamento normativo.


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Mirko Turchetti

Presentati da UNIRIGOM, Unione Recuperatori Italiani della Gomma, i dati 2014 di raccolta e riciclo dei pneumatici fuori uso E' tempo di bilanci per la filiera del riciclo e recupero dei Pneumatici Fuori Uso (PFU). A farli è UNIRIGOM ‐ Unione Recuperatori Ita‐ liani della Gomma, che ha scattato la fotogra‐ fia della situazione del settore. Nel 2014 la raccolta dei Pneumatici dismessi ha subito un incremento di oltre il 2,6% rispetto all'anno precedente, superando le 325.000 tonnellate. Non solo, nel confronto con il 2013 si registra una crescita nel quantitativo dei PFU avviati al riciclo (45%) e un calo per quanto riguarda quelli avviati a recupero energetico (55%). In‐ fine, grazie alle norme introdotte dal D.M.

Ambiente 82/11, il numero di discariche abusi‐ ve di PFU è diminuito. Si tratta di tre impor‐ tanti risultati che sottolineano come, nono‐ stante ci sia ancora da lavorare specialmente per ridurre la mole di PFU avviati a recupero energetico, la direzione presa è quella giusta. Dal riciclo dei PFU oggi si ottiene principal‐ mente gomma vulcanizzata (72,4% del recu‐ pero di materia) da impiegare in diversi cam‐ pi, ma anche acciaio (20,3%) e materiale tessi‐ le (7,3%). Registrate le buone performance è necessario analizzare, come sempre accade, le problematiche che caratterizzano il settore

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al fine di trovare soluzioni che permettano di fare l'ulteriore ‘salto di maturità’ auspicato dal Senatore Fluttero ‐ Presidente UNIRIGOM, se‐ condo il quale è necessario “focalizzarsi su due obiettivi: da una parte, privilegiare la crescita della percentuale di riciclo di materiale a scapi‐ to della quota destinata al recupero energeti‐ co, come ci viene richiesto anche a livello euro‐ peo dalla gerarchia della gestione dei rifiuti; dall’altra, c’è la necessità di ridurre le esporta‐ zioni di questi materiali per evitare che tali flus‐ si vengano portati all’estero (soprattutto Corea e Cina) senza alcun trattamento o con tratta‐ menti solo grossolani, sottraendo quantitativi importanti all’industria del riciclo e ai settori produttivi nazionali”. Lo stesso Presidente ha inoltre sollecitato il Governo all'emanazione di un Decreto che, "tramite una normativa chiara, omogenea, basata su standard adeguati e rico‐ nosciuti", disciplini il passaggio da 'Rifiuto' a 'End of Waste' (quando il granulo/polverino di gomma‐rifiuto cessa di essere tale e diventa materia prima seconda). Un ultimo oggetto di attenzione deve riguarda‐ re il mercato dei materiali ottenuti dal tratta‐ mento dei PFU che appare ancora giovane e non adeguatamente supportato: in passato alcuni settori di impiego (vedi le superfici spor‐

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tive e i campi di calcio) hanno dovuto scontare il freno generato da comunicazioni allarmisti‐ che prive del necessario fondamento scientifi‐ co, in altri (asfalti realizzati con l’impiego di PFU), invece, continuano le positive sperimen‐ tazioni su tratte di strada, ma si fatica a far di‐ ventare di uso comune una tecnica che trova una diffusione ben maggiore in America e in altri Paesi Europei. A preoccupare è soprattut‐ to l'applicazione al settore dei PFU delle norme contenute nel Regolamento REACH (dicembre 2015) che, secondo Giovanni Corbetta ‐ Presi‐ dente ECOPNEUS, potrebbe danneggiare pro‐ prio il mercato dei materiali derivati dal riciclo. Perciò gli operatori del settore richiedono con forza la pubblicazione in tempi brevi, da parte dei Ministeri di Ambiente, Sviluppo Economico e Salute, delle linee guida chiare che interpreti‐ no in maniera univoca il testo del Regolamen‐ to, così da consentire agli operatori della filiera di organizzarsi nel rispetto della norma. Il Senatore Fluttero ha chiuso il convegno con un monito: per migliorare il settore del riciclo e recupero dei PFU e confermarlo quale elemen‐ to importante dell'economia circolare “è ne‐ cessario che tutti gli attori della filiera (aziende, consorzi, enti di ricerca e istituzioni) facciano squadra”. M .T.

La nuova vita dei PFU: al trotto sulla gomma A Todi è stato inaugurato lo scorso 30 set‐

pulizia e manutenzione. Realizzatori di que‐

tembre il centro ippico 'Tashunka', il primo

sto progetto sono stati l'UISP ‐ Unione Italia‐

in Italia ad utilizzare la gomma da riciclo dei

na Sport Per tutti ed il consorzio ECOPNEUS,

PFU per la realizzazione di oltre 500 metri

mentre l'Università di Perugia ha avviato u‐

quadri di pavimentazione. Per fare questo

no specifico progetto di ricerca che ha come

sono state impiegate circa 15 tonnellate di

finalità quella di analizzare i benefici delle

gomma riciclata, l’equivalente in peso di ol‐

pavimentazioni in gomma da riciclo per la

tre 1.600 pneumatici da autovettura: una

salute degli animali e, nello specifico, la mi‐

quantità di materiale utile per realizzare su‐

nore incidenza delle patologie connesse alla

perfici in grado di garantire il benessere dei

silicosi e i miglioramenti nei disturbi alle arti‐

cavalli e una migliore gestione legata a costi,

colazioni del cavallo.


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Mirko Turchetti

Presentati da UNIRIGOM, Unione Recuperatori Italiani della Gomma, i dati 2014 di raccolta e riciclo dei pneumatici fuori uso E' tempo di bilanci per la filiera del riciclo e recupero dei Pneumatici Fuori Uso (PFU). A farli è UNIRIGOM ‐ Unione Recuperatori Ita‐ liani della Gomma, che ha scattato la fotogra‐ fia della situazione del settore. Nel 2014 la raccolta dei Pneumatici dismessi ha subito un incremento di oltre il 2,6% rispetto all'anno precedente, superando le 325.000 tonnellate. Non solo, nel confronto con il 2013 si registra una crescita nel quantitativo dei PFU avviati al riciclo (45%) e un calo per quanto riguarda quelli avviati a recupero energetico (55%). In‐ fine, grazie alle norme introdotte dal D.M.

Ambiente 82/11, il numero di discariche abusi‐ ve di PFU è diminuito. Si tratta di tre impor‐ tanti risultati che sottolineano come, nono‐ stante ci sia ancora da lavorare specialmente per ridurre la mole di PFU avviati a recupero energetico, la direzione presa è quella giusta. Dal riciclo dei PFU oggi si ottiene principal‐ mente gomma vulcanizzata (72,4% del recu‐ pero di materia) da impiegare in diversi cam‐ pi, ma anche acciaio (20,3%) e materiale tessi‐ le (7,3%). Registrate le buone performance è necessario analizzare, come sempre accade, le problematiche che caratterizzano il settore

RELOADER Magazine - Ottobre 2015

al fine di trovare soluzioni che permettano di fare l'ulteriore ‘salto di maturità’ auspicato dal Senatore Fluttero ‐ Presidente UNIRIGOM, se‐ condo il quale è necessario “focalizzarsi su due obiettivi: da una parte, privilegiare la crescita della percentuale di riciclo di materiale a scapi‐ to della quota destinata al recupero energeti‐ co, come ci viene richiesto anche a livello euro‐ peo dalla gerarchia della gestione dei rifiuti; dall’altra, c’è la necessità di ridurre le esporta‐ zioni di questi materiali per evitare che tali flus‐ si vengano portati all’estero (soprattutto Corea e Cina) senza alcun trattamento o con tratta‐ menti solo grossolani, sottraendo quantitativi importanti all’industria del riciclo e ai settori produttivi nazionali”. Lo stesso Presidente ha inoltre sollecitato il Governo all'emanazione di un Decreto che, "tramite una normativa chiara, omogenea, basata su standard adeguati e rico‐ nosciuti", disciplini il passaggio da 'Rifiuto' a 'End of Waste' (quando il granulo/polverino di gomma‐rifiuto cessa di essere tale e diventa materia prima seconda). Un ultimo oggetto di attenzione deve riguarda‐ re il mercato dei materiali ottenuti dal tratta‐ mento dei PFU che appare ancora giovane e non adeguatamente supportato: in passato alcuni settori di impiego (vedi le superfici spor‐

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tive e i campi di calcio) hanno dovuto scontare il freno generato da comunicazioni allarmisti‐ che prive del necessario fondamento scientifi‐ co, in altri (asfalti realizzati con l’impiego di PFU), invece, continuano le positive sperimen‐ tazioni su tratte di strada, ma si fatica a far di‐ ventare di uso comune una tecnica che trova una diffusione ben maggiore in America e in altri Paesi Europei. A preoccupare è soprattut‐ to l'applicazione al settore dei PFU delle norme contenute nel Regolamento REACH (dicembre 2015) che, secondo Giovanni Corbetta ‐ Presi‐ dente ECOPNEUS, potrebbe danneggiare pro‐ prio il mercato dei materiali derivati dal riciclo. Perciò gli operatori del settore richiedono con forza la pubblicazione in tempi brevi, da parte dei Ministeri di Ambiente, Sviluppo Economico e Salute, delle linee guida chiare che interpreti‐ no in maniera univoca il testo del Regolamen‐ to, così da consentire agli operatori della filiera di organizzarsi nel rispetto della norma. Il Senatore Fluttero ha chiuso il convegno con un monito: per migliorare il settore del riciclo e recupero dei PFU e confermarlo quale elemen‐ to importante dell'economia circolare “è ne‐ cessario che tutti gli attori della filiera (aziende, consorzi, enti di ricerca e istituzioni) facciano squadra”. M .T.

La nuova vita dei PFU: al trotto sulla gomma A Todi è stato inaugurato lo scorso 30 set‐

pulizia e manutenzione. Realizzatori di que‐

tembre il centro ippico 'Tashunka', il primo

sto progetto sono stati l'UISP ‐ Unione Italia‐

in Italia ad utilizzare la gomma da riciclo dei

na Sport Per tutti ed il consorzio ECOPNEUS,

PFU per la realizzazione di oltre 500 metri

mentre l'Università di Perugia ha avviato u‐

quadri di pavimentazione. Per fare questo

no specifico progetto di ricerca che ha come

sono state impiegate circa 15 tonnellate di

finalità quella di analizzare i benefici delle

gomma riciclata, l’equivalente in peso di ol‐

pavimentazioni in gomma da riciclo per la

tre 1.600 pneumatici da autovettura: una

salute degli animali e, nello specifico, la mi‐

quantità di materiale utile per realizzare su‐

nore incidenza delle patologie connesse alla

perfici in grado di garantire il benessere dei

silicosi e i miglioramenti nei disturbi alle arti‐

cavalli e una migliore gestione legata a costi,

colazioni del cavallo.


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Energie rinnovabili Riscaldamento ed acqua calda sanitaria: ecco le nuove etichette energetiche Dallo scorso 26 settembre in tutti gli Stati membri dell'UE, grazie alle nuove regole in materia di efficienza energetica, produttori, rivenditori ed installatori di sistemi termici di riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria hanno l’obbligo di esporre le nuove etichette energetiche. Nello specifico la normativa ha stabilito 2 dif‐ ferenti topologie di etichette. La prima deve essere applicata dal produttore su tutti gli apparecchi destinati alla produzione di calore (e.g. caldaie) e acqua calda sanitaria (e.g. scaldabagno), esclusi quelli a biomassa, con potenza inferiore ai 70 Kw. L'obbligo si esten‐ de anche ai pannelli solari dotati di serbatoi con capacità inferiore ai 500 lt. La seconda, invece, deve essere applicata dall'installatore ed ha lo scopo di certifica l'impatto ambienta‐ le complessivo dell'impianto realizzato. Il si‐

stema di classificazione dell'impatto energeti‐ co richiama quello già noto dell'efficienza e‐ nergetica domestica, con una scala che va dalla classe G per gli impianti meno efficienti e più inquinanti, fino ad A+++ per i prodotti e gli impianti più performanti. Al fine di forma‐ re produttori, rivenditori e installatori, con particolare attenzione a queste ultime due categorie in quanto identificate dalla Diretti‐ va UE come soggetti chiamati a calcolare e rilasciare l’etichetta energetica di sistema, è nato 'LabelPackA+', un progetto sviluppato nell’ambito del programma 'Horizon 2020'. Ulteriore obiettivo di questa iniziativa è infor‐ mare i consumatori, mediante una campagna di comunicazione ad hoc, al fine di affiancarli nella scelta consapevole di prodotti e impian‐ ti. A livello italiano le attività di formazione e informazione saranno svolte da Assoterm e Legambiente. E' la stessa Associazione ambientalista a sottolineare l'importanza dell'applicazione della nuo‐ va etichettatura, attraverso le parole di Davide Sabbadin ‐ responsabile efficienza e‐ nergetica, che ha spiegato come solo in Italia “il merca‐ to delle caldaie è molto rile‐ vante; su 19 milioni, una gran parte ha più di 15 anni e la percentuale di caldaie effi‐ cienti a condensazione che si installano ogni anno in Italia

non raggiunge il 50%. Ecco perché i risparmi energetici ottenuti da questa misura normati‐ va sono enormi. Nel 2020, quando solo una parte delle attuali caldaie saranno state cam‐ biate, il risparmio energetico in tutta l’Europa

sarà equivalente all’energia prodotta da 47 reattori nucleari del tipo di Fukushima, ovvero a 56 milioni di Tep, che si tradurranno in 400 euro l’anno mediamente risparmiati per le fa‐ miglie”. Mirko Turchetti

Come ridurre gli sprechi del riscaldamento domestico Il sito greenstyle.it pubblica una serie di sugge‐ rimenti per ridurre gli sprechi degli impianti di riscaldamento e migliorare la qualità dell’aria in casa. A stilarli è stato Cesare Sperone, membro del comitato tecnico del SIE, il Salone della In‐ novazione impiantistica per gli edifici. Si tratta di semplici accortezze che richiedono poco tempo per essere applicate, ma consentono di risparmiare in termini economici e ambientali. Li riportiamo qui per favorire un corretto uso dell'impianto di riscaldamento:  utilizzare l’apposita valvola per spurgare i termosifoni e i radiatori;  permettere all’aria calda di circolare libera‐ mente eliminando tutti gli ostacoli: dai co‐ pritermosifoni ai mobiletti a incasso;  pulire accuratamente i termosifoni e rimuo‐ vere ogni residuo di polvere dalle colonne;  mantenere il giusto livello di umidità dell’aria grazie ai deumidificatori ;

 per evitare di disperdere il calore è bene









chiudere tutte le finestre e non prolungare il ricambio dell’aria oltre i 10 minuti al mattino; la temperatura non deve superare i 20°C per evitare bollette esose e scongiurare rischi per la salute. Il termostato va programmato in base alle proprie abitudini per trovare la casa calda al rientro e non consumare ener‐ gia inutilmente quando ci si assenta; installare valvole termostatiche su tutti i ter‐ mosifoni per regolare la temperatura in ogni stanza, spegnendo il riscaldamento nei loca‐ li inutilizzati; controllare la temperatura dell’acqua della caldaia e regolarla su un valore inferiore ai 45°C per tagliare i consumi fino all’8%; contattare periodicamente un manutentore professionista per il controllo dei fumi della caldaia e per eseguire le altre verifiche previ‐ ste dalla legge.


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Energie rinnovabili Riscaldamento ed acqua calda sanitaria: ecco le nuove etichette energetiche Dallo scorso 26 settembre in tutti gli Stati membri dell'UE, grazie alle nuove regole in materia di efficienza energetica, produttori, rivenditori ed installatori di sistemi termici di riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria hanno l’obbligo di esporre le nuove etichette energetiche. Nello specifico la normativa ha stabilito 2 dif‐ ferenti topologie di etichette. La prima deve essere applicata dal produttore su tutti gli apparecchi destinati alla produzione di calore (e.g. caldaie) e acqua calda sanitaria (e.g. scaldabagno), esclusi quelli a biomassa, con potenza inferiore ai 70 Kw. L'obbligo si esten‐ de anche ai pannelli solari dotati di serbatoi con capacità inferiore ai 500 lt. La seconda, invece, deve essere applicata dall'installatore ed ha lo scopo di certifica l'impatto ambienta‐ le complessivo dell'impianto realizzato. Il si‐

stema di classificazione dell'impatto energeti‐ co richiama quello già noto dell'efficienza e‐ nergetica domestica, con una scala che va dalla classe G per gli impianti meno efficienti e più inquinanti, fino ad A+++ per i prodotti e gli impianti più performanti. Al fine di forma‐ re produttori, rivenditori e installatori, con particolare attenzione a queste ultime due categorie in quanto identificate dalla Diretti‐ va UE come soggetti chiamati a calcolare e rilasciare l’etichetta energetica di sistema, è nato 'LabelPackA+', un progetto sviluppato nell’ambito del programma 'Horizon 2020'. Ulteriore obiettivo di questa iniziativa è infor‐ mare i consumatori, mediante una campagna di comunicazione ad hoc, al fine di affiancarli nella scelta consapevole di prodotti e impian‐ ti. A livello italiano le attività di formazione e informazione saranno svolte da Assoterm e Legambiente. E' la stessa Associazione ambientalista a sottolineare l'importanza dell'applicazione della nuo‐ va etichettatura, attraverso le parole di Davide Sabbadin ‐ responsabile efficienza e‐ nergetica, che ha spiegato come solo in Italia “il merca‐ to delle caldaie è molto rile‐ vante; su 19 milioni, una gran parte ha più di 15 anni e la percentuale di caldaie effi‐ cienti a condensazione che si installano ogni anno in Italia

non raggiunge il 50%. Ecco perché i risparmi energetici ottenuti da questa misura normati‐ va sono enormi. Nel 2020, quando solo una parte delle attuali caldaie saranno state cam‐ biate, il risparmio energetico in tutta l’Europa

sarà equivalente all’energia prodotta da 47 reattori nucleari del tipo di Fukushima, ovvero a 56 milioni di Tep, che si tradurranno in 400 euro l’anno mediamente risparmiati per le fa‐ miglie”. Mirko Turchetti

Come ridurre gli sprechi del riscaldamento domestico Il sito greenstyle.it pubblica una serie di sugge‐ rimenti per ridurre gli sprechi degli impianti di riscaldamento e migliorare la qualità dell’aria in casa. A stilarli è stato Cesare Sperone, membro del comitato tecnico del SIE, il Salone della In‐ novazione impiantistica per gli edifici. Si tratta di semplici accortezze che richiedono poco tempo per essere applicate, ma consentono di risparmiare in termini economici e ambientali. Li riportiamo qui per favorire un corretto uso dell'impianto di riscaldamento:  utilizzare l’apposita valvola per spurgare i termosifoni e i radiatori;  permettere all’aria calda di circolare libera‐ mente eliminando tutti gli ostacoli: dai co‐ pritermosifoni ai mobiletti a incasso;  pulire accuratamente i termosifoni e rimuo‐ vere ogni residuo di polvere dalle colonne;  mantenere il giusto livello di umidità dell’aria grazie ai deumidificatori ;

 per evitare di disperdere il calore è bene

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chiudere tutte le finestre e non prolungare il ricambio dell’aria oltre i 10 minuti al mattino; la temperatura non deve superare i 20°C per evitare bollette esose e scongiurare rischi per la salute. Il termostato va programmato in base alle proprie abitudini per trovare la casa calda al rientro e non consumare ener‐ gia inutilmente quando ci si assenta; installare valvole termostatiche su tutti i ter‐ mosifoni per regolare la temperatura in ogni stanza, spegnendo il riscaldamento nei loca‐ li inutilizzati; controllare la temperatura dell’acqua della caldaia e regolarla su un valore inferiore ai 45°C per tagliare i consumi fino all’8%; contattare periodicamente un manutentore professionista per il controllo dei fumi della caldaia e per eseguire le altre verifiche previ‐ ste dalla legge.


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5 dicembre 2015: scadenza per le imprese per l’effettuazione dell’Audit energetico Pubblicate le Linee Guida dal Ministero dello Sviluppo Economico

5 dicembre 2015 scade il termi‐ ne entro cui tutte le grandi im‐ prese nonché le imprese di qualsiasi dimensione a forte consumo di energi‐ a (cosiddette energivore) dovranno effettuare per la prima volta la diagno‐ si energetica (o audit energetico) che consiste nella valutazione del profilo di consumo energetico dell’impresa e nell’individuazione di interventi di ri‐ sparmio (art. 8 D.L.vo n.102/2014). Il Ministero dello Sviluppo Economico, con il supporto di ENEA (Agenzia na‐ zionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico e sostenibile), ha fornito Linee guida sul nuovo adempimento precisando in particolare che:  sono qualificabili come grandi im‐ prese quelle che occupano almeno 250 persone indipendentemente dal fatturato e dal bilancio, ovvero quelle anche di dimensione inferio‐ re ma con un fatturato annuo supe‐ riore a 50 milioni di euro e un totale di bilancio annuo superiore a 43 mi‐

Il



lioni di euro; l’obbligo di diagnosi scatta solo se le imprese posseggo‐ no i predetti requisiti per almeno due esercizi consecutivi precedenti la ricorrenza del nuovo obbligo; so‐ no invece qualificabili come imprese energivore quelle aventi le caratte‐ ristiche fissate dal DM 5 aprile 2013 ed iscritte nell’apposito elenco isti‐ tuito presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico pubblicato sul si‐ to http://energivori.ccse.cc/; la pre‐ detta definizione di grande impresa fornita dal Ministero dello Sviluppo Economico é più ampia di quella in‐ dicata dal citato D.L.vo 102 che inve‐ ce richiede, oltre al requisito di al‐ meno 250 dipendenti, anche uno dei due requisiti finanziari previsti per le imprese più piccole; l’ENEA, per le vie brevi, ha confermato che la definizione di grande impresa cui fare riferimento sia quella prevista dalle Linee guida in quanto più ade‐ rente agli orientamenti europei; non sono tenute ad effettuare la



diagnosi le imprese che hanno adot‐ tato sistemi di gestione volontari dell’energia conformi al Regola‐ mento comunitario EMAS (Reg. UE n. 1221/2009) e alle norme ISO 50001 o EN ISO 14001, purché il sistema includa l’effettuazione di un Audit energetico; tali imprese sono co‐ munque tenute a comunicare all’ENEA l’esito della diagnosi effet‐ tuata nell’ambito di questo sistema alternativo; la diagnosi deve essere effettuata ogni 4 anni nei siti produttivi dell’impresa, ossia nei luoghi dove viene prodotto un bene o fornito un servizio e dove l’uso dell’energia sia sotto il controllo dell’impresa; in particolare, per le grandi imprese di trasporto sono considerati siti pro‐ duttivi sia i luoghi dove si svolgono attività complementari al trasporto (depositi, uffici, officine, ecc.) sia il trasporto stesso considerato come unico sito virtuale anche se diffuso sul territorio nazionale ed estero;









ai fini del primo adempimento del nuovo obbligo, per la valutazione dei consumi energetici si dovrà con‐ siderare l’anno solare precedente a quello in cui il soggetto risulta obbli‐ gato; fino al 19 luglio 2016 l’Audit energe‐ tico potrà essere eseguito dai sog‐ getti indicati all’art. 8 del sopra cita‐ to decreto 102 (società di servizi e‐ nergetici, esperti in gestione dell’energia o auditor energetici) anche se non in possesso delle cer‐ tificazioni rilasciate da organismi ac‐ creditati ai sensi del Regolamento UE n. 765/2008; i risultati della diagnosi dovranno essere comunicati all’ENEA secondo modalità ancora da stabilirsi; in caso di mancata effettuazione della diagnosi si applicherà una san‐ zione amministrativa compresa tra un minimo di 4 mila ed un massimo di 40 mila euro, fermo restando che la stessa dovrà comunque essere effettuata entro sei mesi.


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5 dicembre 2015: scadenza per le imprese per l’effettuazione dell’Audit energetico Pubblicate le Linee Guida dal Ministero dello Sviluppo Economico

5 dicembre 2015 scade il termi‐ ne entro cui tutte le grandi im‐ prese nonché le imprese di qualsiasi dimensione a forte consumo di energi‐ a (cosiddette energivore) dovranno effettuare per la prima volta la diagno‐ si energetica (o audit energetico) che consiste nella valutazione del profilo di consumo energetico dell’impresa e nell’individuazione di interventi di ri‐ sparmio (art. 8 D.L.vo n.102/2014). Il Ministero dello Sviluppo Economico, con il supporto di ENEA (Agenzia na‐ zionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico e sostenibile), ha fornito Linee guida sul nuovo adempimento precisando in particolare che:  sono qualificabili come grandi im‐ prese quelle che occupano almeno 250 persone indipendentemente dal fatturato e dal bilancio, ovvero quelle anche di dimensione inferio‐ re ma con un fatturato annuo supe‐ riore a 50 milioni di euro e un totale di bilancio annuo superiore a 43 mi‐

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lioni di euro; l’obbligo di diagnosi scatta solo se le imprese posseggo‐ no i predetti requisiti per almeno due esercizi consecutivi precedenti la ricorrenza del nuovo obbligo; so‐ no invece qualificabili come imprese energivore quelle aventi le caratte‐ ristiche fissate dal DM 5 aprile 2013 ed iscritte nell’apposito elenco isti‐ tuito presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico pubblicato sul si‐ to http://energivori.ccse.cc/; la pre‐ detta definizione di grande impresa fornita dal Ministero dello Sviluppo Economico é più ampia di quella in‐ dicata dal citato D.L.vo 102 che inve‐ ce richiede, oltre al requisito di al‐ meno 250 dipendenti, anche uno dei due requisiti finanziari previsti per le imprese più piccole; l’ENEA, per le vie brevi, ha confermato che la definizione di grande impresa cui fare riferimento sia quella prevista dalle Linee guida in quanto più ade‐ rente agli orientamenti europei; non sono tenute ad effettuare la

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diagnosi le imprese che hanno adot‐ tato sistemi di gestione volontari dell’energia conformi al Regola‐ mento comunitario EMAS (Reg. UE n. 1221/2009) e alle norme ISO 50001 o EN ISO 14001, purché il sistema includa l’effettuazione di un Audit energetico; tali imprese sono co‐ munque tenute a comunicare all’ENEA l’esito della diagnosi effet‐ tuata nell’ambito di questo sistema alternativo; la diagnosi deve essere effettuata ogni 4 anni nei siti produttivi dell’impresa, ossia nei luoghi dove viene prodotto un bene o fornito un servizio e dove l’uso dell’energia sia sotto il controllo dell’impresa; in particolare, per le grandi imprese di trasporto sono considerati siti pro‐ duttivi sia i luoghi dove si svolgono attività complementari al trasporto (depositi, uffici, officine, ecc.) sia il trasporto stesso considerato come unico sito virtuale anche se diffuso sul territorio nazionale ed estero;

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ai fini del primo adempimento del nuovo obbligo, per la valutazione dei consumi energetici si dovrà con‐ siderare l’anno solare precedente a quello in cui il soggetto risulta obbli‐ gato; fino al 19 luglio 2016 l’Audit energe‐ tico potrà essere eseguito dai sog‐ getti indicati all’art. 8 del sopra cita‐ to decreto 102 (società di servizi e‐ nergetici, esperti in gestione dell’energia o auditor energetici) anche se non in possesso delle cer‐ tificazioni rilasciate da organismi ac‐ creditati ai sensi del Regolamento UE n. 765/2008; i risultati della diagnosi dovranno essere comunicati all’ENEA secondo modalità ancora da stabilirsi; in caso di mancata effettuazione della diagnosi si applicherà una san‐ zione amministrativa compresa tra un minimo di 4 mila ed un massimo di 40 mila euro, fermo restando che la stessa dovrà comunque essere effettuata entro sei mesi.


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RELOADER Magazine - Ottobre 2015

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Un nuovo trend si sta affer-

Storie di Riciclo

mando nel mondo del giardinaggio: i “fairy gardens”. I giardini fatati portano su balconi e terrazze

i

sogni

incantati

dell'infanzia: servono cocci di vasi,

piccole piante, elementi

decorativi, un po' di pollice ver-

Fairy Gardens

de e tanta fantasia. Per quest'ultima basta guardare la natura con gli occhi dei figli più gio-

Made From

vani o ricordare come vedeva-

Broken Pots

colte dal sito Demilked, che

mo il mondo a quell'età. Ecco alcune composizioni, racpossono essere un ottimo suggerimento per i piccoli lavori di giardinaggio e per costruire dei complementi d'arredo green decisamente originali.

Credit photos: Sue Matyszak


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Un nuovo trend si sta affer-

Storie di Riciclo

mando nel mondo del giardinaggio: i “fairy gardens”. I giardini fatati portano su balconi e terrazze

i

sogni

incantati

dell'infanzia: servono cocci di vasi,

piccole piante, elementi

decorativi, un po' di pollice ver-

Fairy Gardens

de e tanta fantasia. Per quest'ultima basta guardare la natura con gli occhi dei figli più gio-

Made From

vani o ricordare come vedeva-

Broken Pots

colte dal sito Demilked, che

mo il mondo a quell'età. Ecco alcune composizioni, racpossono essere un ottimo suggerimento per i piccoli lavori di giardinaggio e per costruire dei complementi d'arredo green decisamente originali.

Credit photos: Sue Matyszak


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L’INNOVAZIONE MADE IN ITALY Pesci - drone per controllare i fondali e le acque di Venezia di Marina Melissari Scrive Il Gazzettino: “Venezia ha tre ‘nemici’, il mare che si riversa in laguna col fenomeno dell'acqua alta, lo sciabordio provocato dai mezzi acquatici, ossia il famigerato moto ondo‐ so, ed il più subdolo di cui nessuno parla, l'in‐ quinamento. A salvare Venezia dall'acqua alta dovrebbe pensarci il Mose; per i motoscafi si attende la buona volontà degli amministratori; per quanto riguarda l'inquinamento, invece, ci sta pensando l'ENEA in collaborazione con l'U‐ niversità di Roma di Tor Vergata.” Infatti i due enti si sono mobilitati per la difesa di Venezia con il progetto Venus ed hanno realizzato una rete di droni sottomarini, una sorta di sciame

di pesci robotici, che permetterà di tenere sotto controllo l'intera laguna veneta. “Venus è l’elemento base di un sistema a sciame com‐ posto da più veicoli cooperanti e coordinati ed è il risultato di anni di studi dei laboratori di Robotica ‐ ha commentato Vincenzo Nanni dell’ENEA ‐ una linea di ricerca che prende spunto dall’imitazione delle forme di aggrega‐ zione animale e dell’intelligenza di gruppo”. Questo tipo di formazione robotica a “sciame denso” utilizza decine di droni a distanza di pochi metri tra loro, a differenza delle attuali applicazioni in cui ogni dispositivo naviga a centinaia di metri l’uno dall’altro. I singoli ro‐

RELOADER Magazine - Ottobre 2015

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Ambiente e società bot, detti anche nodi di rete, costituiscono un sistema wireless sottomarino che utilizza suo‐ no e luce per comunicare: il sistema ottico per‐ mette di trasmettere rapidamente una grande quantità di informazioni, ma solo in acque molto pulite e a brevi distanze, mentre il siste‐ ma acustico, anch’esso riprogettato specifica‐ mente per questa speciale configurazione, ha minori prestazioni, ma è utilizzabile in acque ‘sporche’ e a brevi distanze. La scopo è moni‐ torare l'intero fondale e la superficie della la‐ guna segnalando ad un centro di controllo tut‐ te le anomalie riguardanti le condotte sotto‐ marine, siano esse di gas, petrolio o fognarie, l'ispezione delle coste e la segnalazione di e‐ ventuali anomalie contenute nell'acqua. Una mole di dati importanti che potrebbero trova‐ re impiego oltre che nell'area lacustre anche in tutti quegli ambiti che richiedono la salva‐

guardia ambientale. Per gli sciami si prefigura uno scenario di lavoro intenso. Si parte con la sorveglianza delle strutture in mare come piat‐ taforme petrolifere, gasdotti e porti che po‐ trebbero essere bersaglio di sabotaggi e attac‐ chi terroristici. L’accesso ai porti attualmente viene controllato solo dalla superficie. La nuo‐ va formazione robotica dell’ENEA invece è in grado di individuare l’eventuale attacco dai fondali. Anche i soccorsi potrebbero contare sulla squadra di robot pinnati per la gestione dei flussi migratori in mare. Ma non solo, per‐ ché che la flotta di pesci ipertecnologici bio‐ inspired potrebbe essere utilizzata anche per la salvaguardia di fauna e flora sottomarine, per il controllo dell’inquinamento e per il rile‐ vamento di reperti archeologici sui fondali. ENEA e Università Tor Vergata stanno inoltre lavorando ad una proposta di progetto euro‐


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L’INNOVAZIONE MADE IN ITALY Pesci - drone per controllare i fondali e le acque di Venezia di Marina Melissari Scrive Il Gazzettino: “Venezia ha tre ‘nemici’, il mare che si riversa in laguna col fenomeno dell'acqua alta, lo sciabordio provocato dai mezzi acquatici, ossia il famigerato moto ondo‐ so, ed il più subdolo di cui nessuno parla, l'in‐ quinamento. A salvare Venezia dall'acqua alta dovrebbe pensarci il Mose; per i motoscafi si attende la buona volontà degli amministratori; per quanto riguarda l'inquinamento, invece, ci sta pensando l'ENEA in collaborazione con l'U‐ niversità di Roma di Tor Vergata.” Infatti i due enti si sono mobilitati per la difesa di Venezia con il progetto Venus ed hanno realizzato una rete di droni sottomarini, una sorta di sciame

di pesci robotici, che permetterà di tenere sotto controllo l'intera laguna veneta. “Venus è l’elemento base di un sistema a sciame com‐ posto da più veicoli cooperanti e coordinati ed è il risultato di anni di studi dei laboratori di Robotica ‐ ha commentato Vincenzo Nanni dell’ENEA ‐ una linea di ricerca che prende spunto dall’imitazione delle forme di aggrega‐ zione animale e dell’intelligenza di gruppo”. Questo tipo di formazione robotica a “sciame denso” utilizza decine di droni a distanza di pochi metri tra loro, a differenza delle attuali applicazioni in cui ogni dispositivo naviga a centinaia di metri l’uno dall’altro. I singoli ro‐

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Ambiente e società bot, detti anche nodi di rete, costituiscono un sistema wireless sottomarino che utilizza suo‐ no e luce per comunicare: il sistema ottico per‐ mette di trasmettere rapidamente una grande quantità di informazioni, ma solo in acque molto pulite e a brevi distanze, mentre il siste‐ ma acustico, anch’esso riprogettato specifica‐ mente per questa speciale configurazione, ha minori prestazioni, ma è utilizzabile in acque ‘sporche’ e a brevi distanze. La scopo è moni‐ torare l'intero fondale e la superficie della la‐ guna segnalando ad un centro di controllo tut‐ te le anomalie riguardanti le condotte sotto‐ marine, siano esse di gas, petrolio o fognarie, l'ispezione delle coste e la segnalazione di e‐ ventuali anomalie contenute nell'acqua. Una mole di dati importanti che potrebbero trova‐ re impiego oltre che nell'area lacustre anche in tutti quegli ambiti che richiedono la salva‐

guardia ambientale. Per gli sciami si prefigura uno scenario di lavoro intenso. Si parte con la sorveglianza delle strutture in mare come piat‐ taforme petrolifere, gasdotti e porti che po‐ trebbero essere bersaglio di sabotaggi e attac‐ chi terroristici. L’accesso ai porti attualmente viene controllato solo dalla superficie. La nuo‐ va formazione robotica dell’ENEA invece è in grado di individuare l’eventuale attacco dai fondali. Anche i soccorsi potrebbero contare sulla squadra di robot pinnati per la gestione dei flussi migratori in mare. Ma non solo, per‐ ché che la flotta di pesci ipertecnologici bio‐ inspired potrebbe essere utilizzata anche per la salvaguardia di fauna e flora sottomarine, per il controllo dell’inquinamento e per il rile‐ vamento di reperti archeologici sui fondali. ENEA e Università Tor Vergata stanno inoltre lavorando ad una proposta di progetto euro‐


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peo su vita marina e alimentazione umana, che si basa sullo studio dell’interazione tra sistemi robotici e banchi di pesci per migliorare le con‐ dizioni di salute e di benessere generale degli allevamenti di ittiocoltura. Per il futuro, la collaborazione ENEA ‐ Tor Ver‐ gata punta alla realizzazione di una vera e pro‐ pria autostrada digitale sottomarina con l’implementazione di un sistema di comunica‐ zione ibrido: su Venus Swarm sarà installato un modem innovativo e multicanale ottico‐ acustico, che sfrutta la stretta sinergia tra i ca‐ nali utilizzati e la ridotta distanza. Grazie all’impiego della tecnologia ibrida il “dialogo” tra robot e lo scambio di informazioni verso la superficie, raggiungeranno valori di megabit al secondo con straordinari miglioramenti rispet‐ to alle attuali possibilità. E’ facilmente intuibile come l’impiego dei pesci robot nel controllo e nell’ispezione dei fondali di zone costiere e di acque oceaniche offra grandissimi vantaggi per il monitoraggio dei relativi ecosistemi, e costituisca un vero passo in avanti per la salva‐ guardia delle acque.

Come lavora la rete di pesci‐robot in ‘sciame’ Silvello Betti di Tor Vergata e Claudio Moriconi dell’ENEA spiegano sull’e‐magazine dell’Università come deve essere disegnata una rete di sensori subacquei mobili di conce‐

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zione avanzata. I sensori sono installati a bor‐ do di veicoli subacquei dotati individualmente di capacità di navigazione autonoma, ma coor‐ dinati complessivamente in modo tale da ma‐ nifestare un comportamento organizzato in “sciame” (swarm). Una tale “rete mobile” di robot subacquei richiede un’infrastruttura di comunicazione che permetta ai robot di tra‐ sferire a) i dati acquisiti dai sensori in fase di rilevamento ambientale; e b) le informazioni di segnalazione e controllo relative al coordi‐ namento delle attività tra i robot ‐ nodi della rete “a sciame”. Insomma, i piccoli rover sot‐ tomarini come i Venus creati dall’ENEA devono lavorare come un gruppo di pesci azzurri o u‐ no sciame di api. Per questo è necessario far comunicare i robot, e farlo in modo veloce e ‘potente’. Per questo i ricercatori hanno deci‐ so di ibridare le due tecnologie, al fine di unire la ‘forza’ di luce e suono: la prima permette di trasmettere un gran quantità di informazione molto rapidamente ma solo con acqua molto pulita e a brevi distanze, la seconda ha presta‐ zioni minori ma è utilizzabile anche in acqua sporca e a grandi distanze. Uno sciame per‐ mette di realizzare operazioni complesse in modo molto più rapido di un singolo rover sot‐ tomarino, consentendo anche un importante risparmio, rispetto all’impiego di singoli droni. L’Università di Tor vergata ha avviato una li‐

nea di ricerca che ha prodotto un modem acustico di sciame che ha aperto il percorso di integrazione tra le tecnologie ottiche e quelle acustiche. L’impiego di comunicazio‐ ni acustiche, caratterizzate da un canale a tratti non lineare e/o non stazionario, si è rivelato adeguato per le estensioni delle reti di sensori consentendo velocità di tra‐ smissione dell’ordine di diverse decine di kbit/s (fino a circa 100 kbit/s), accettabili per le applicazioni previste dal progetto di implementazione dello ‘sciame’. Le prestazioni di un sistema di comunicazio‐ ne acustico subacqueo sono limitate dalle caratteristiche del canale e dall’autonomia energetica dei robot‐nodi della rete. Que‐ ste condizioni al contorno rappresentano i principali vincoli per la progettazione del modem acustico. Le scelte attualmente i‐ dentificate sono finalizzate alla realizzazio‐ ne di una rOpticalSwarmCommete “ibrida” ottico‐acustica con tecnologie esistenti e relativamente semplici. In particolare, si è scelto di far operare i primi prototipi in ac‐ qua limpida, impiegando sorgenti LED a lunghezza d’onda nell’intervallo 470‐475 nm, disponibili con elevate potenze di emis‐ sione. La più semplice funzione che il siste‐

ma ottico può svolgere in interazione con la rete acustica è quella di sincronizzare il si‐ stema acustico per mezzo di impulsi estre‐ mamente brevi e di elevata potenza. Que‐ sta funzione fornisce alla rete nel suo com‐ plesso diversi vantaggi che permettono di aumentarne in maniera sensibile le presta‐ zioni:  eliminazione virtuale dei tempi di guar‐

dia dei protocolli di trasmissione acusti‐ ca, sostituiti da “semafori digitali” rap‐ presentati dalla trasmissione del segnale di “canale libero” effettuata nel dominio ottico;  possibilità di utilizzare bande acustiche differenziate su diverse aree dello scia‐ me di robot‐nodi, sincronizzando sia la comunicazione omnidirezionale che quella direttiva per mezzo di “marker” ottici specifici per ogni area e di “marker” globali validi per l’intero scia‐ me;  possibilità di richiesta di “canale acustico libero” tramite semplici segnali ottici con conseguente drastica riduzione de‐ gli intervalli di latenza tipici della comuni‐ cazione acustica. M. M.


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peo su vita marina e alimentazione umana, che si basa sullo studio dell’interazione tra sistemi robotici e banchi di pesci per migliorare le con‐ dizioni di salute e di benessere generale degli allevamenti di ittiocoltura. Per il futuro, la collaborazione ENEA ‐ Tor Ver‐ gata punta alla realizzazione di una vera e pro‐ pria autostrada digitale sottomarina con l’implementazione di un sistema di comunica‐ zione ibrido: su Venus Swarm sarà installato un modem innovativo e multicanale ottico‐ acustico, che sfrutta la stretta sinergia tra i ca‐ nali utilizzati e la ridotta distanza. Grazie all’impiego della tecnologia ibrida il “dialogo” tra robot e lo scambio di informazioni verso la superficie, raggiungeranno valori di megabit al secondo con straordinari miglioramenti rispet‐ to alle attuali possibilità. E’ facilmente intuibile come l’impiego dei pesci robot nel controllo e nell’ispezione dei fondali di zone costiere e di acque oceaniche offra grandissimi vantaggi per il monitoraggio dei relativi ecosistemi, e costituisca un vero passo in avanti per la salva‐ guardia delle acque.

Come lavora la rete di pesci‐robot in ‘sciame’ Silvello Betti di Tor Vergata e Claudio Moriconi dell’ENEA spiegano sull’e‐magazine dell’Università come deve essere disegnata una rete di sensori subacquei mobili di conce‐

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zione avanzata. I sensori sono installati a bor‐ do di veicoli subacquei dotati individualmente di capacità di navigazione autonoma, ma coor‐ dinati complessivamente in modo tale da ma‐ nifestare un comportamento organizzato in “sciame” (swarm). Una tale “rete mobile” di robot subacquei richiede un’infrastruttura di comunicazione che permetta ai robot di tra‐ sferire a) i dati acquisiti dai sensori in fase di rilevamento ambientale; e b) le informazioni di segnalazione e controllo relative al coordi‐ namento delle attività tra i robot ‐ nodi della rete “a sciame”. Insomma, i piccoli rover sot‐ tomarini come i Venus creati dall’ENEA devono lavorare come un gruppo di pesci azzurri o u‐ no sciame di api. Per questo è necessario far comunicare i robot, e farlo in modo veloce e ‘potente’. Per questo i ricercatori hanno deci‐ so di ibridare le due tecnologie, al fine di unire la ‘forza’ di luce e suono: la prima permette di trasmettere un gran quantità di informazione molto rapidamente ma solo con acqua molto pulita e a brevi distanze, la seconda ha presta‐ zioni minori ma è utilizzabile anche in acqua sporca e a grandi distanze. Uno sciame per‐ mette di realizzare operazioni complesse in modo molto più rapido di un singolo rover sot‐ tomarino, consentendo anche un importante risparmio, rispetto all’impiego di singoli droni. L’Università di Tor vergata ha avviato una li‐

nea di ricerca che ha prodotto un modem acustico di sciame che ha aperto il percorso di integrazione tra le tecnologie ottiche e quelle acustiche. L’impiego di comunicazio‐ ni acustiche, caratterizzate da un canale a tratti non lineare e/o non stazionario, si è rivelato adeguato per le estensioni delle reti di sensori consentendo velocità di tra‐ smissione dell’ordine di diverse decine di kbit/s (fino a circa 100 kbit/s), accettabili per le applicazioni previste dal progetto di implementazione dello ‘sciame’. Le prestazioni di un sistema di comunicazio‐ ne acustico subacqueo sono limitate dalle caratteristiche del canale e dall’autonomia energetica dei robot‐nodi della rete. Que‐ ste condizioni al contorno rappresentano i principali vincoli per la progettazione del modem acustico. Le scelte attualmente i‐ dentificate sono finalizzate alla realizzazio‐ ne di una rOpticalSwarmCommete “ibrida” ottico‐acustica con tecnologie esistenti e relativamente semplici. In particolare, si è scelto di far operare i primi prototipi in ac‐ qua limpida, impiegando sorgenti LED a lunghezza d’onda nell’intervallo 470‐475 nm, disponibili con elevate potenze di emis‐ sione. La più semplice funzione che il siste‐

ma ottico può svolgere in interazione con la rete acustica è quella di sincronizzare il si‐ stema acustico per mezzo di impulsi estre‐ mamente brevi e di elevata potenza. Que‐ sta funzione fornisce alla rete nel suo com‐ plesso diversi vantaggi che permettono di aumentarne in maniera sensibile le presta‐ zioni:  eliminazione virtuale dei tempi di guar‐

dia dei protocolli di trasmissione acusti‐ ca, sostituiti da “semafori digitali” rap‐ presentati dalla trasmissione del segnale di “canale libero” effettuata nel dominio ottico;  possibilità di utilizzare bande acustiche differenziate su diverse aree dello scia‐ me di robot‐nodi, sincronizzando sia la comunicazione omnidirezionale che quella direttiva per mezzo di “marker” ottici specifici per ogni area e di “marker” globali validi per l’intero scia‐ me;  possibilità di richiesta di “canale acustico libero” tramite semplici segnali ottici con conseguente drastica riduzione de‐ gli intervalli di latenza tipici della comuni‐ cazione acustica. M. M.


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Il vantaggio competitivo dell’impronta ambientale di Daniele Roscino Avetrani, Managing Partner ‐ ecosostenibile.eu

I cambiamenti climatici costituiscono un tema di grande interesse a livello istituzionale, scientifico e del mondo ambientalista e per questo sono oggetto di ampio dibattito in se‐ de mondiale. La decisione conseguente, in am‐ bito locale, nazionale ed internazionale di a‐ dottare provvedimenti per limitare le emissio‐ ni di gas ad effetto serra, richiede strumenti idonei per valutare, monitorare e verificare in modo oggettivo i programmi di riduzione del‐ le emissioni. Chi scrive è fondatore e Managing Partner di ecosostenibile.eu e decisamente uno dei più accreditati nemici dei gas climalteranti ad ef‐ fetto serra (Green House Gases). Negli ultimi dieci anni, nella Segreteria Tecnica di numerosi Ministri dell’Ambiente, ha diretto lo sviluppo di progetti in tutto il mondo per la riduzione dei gas serra. In realtà, nel nostro Paese i progetti relativi al Protocollo di Kyoto sono esclusivamente noti a coloro che si occupano di energia, in partico‐ lare all’estero, nei paesi eleggibili in cui sono realizzati i cosiddetti Clean Development Me‐ chanism projects o Joint Implementation pro‐ jects (Protocollo di Kyoto). L’ intuizione fu appunto “importare” standard internazionali maggiormente noti in Francia e nel Regno Unito al fine di promuovere proget‐ ti virtuosi per la riduzione delle emissioni di gas serra nell’ottica del Protocollo di Kyoto in primis ma anche della Direttiva EU 20.20.20, i cosiddetti progetti Carbon Footprint. L’impronta di carbonio o Carbon Footprint di un prodotto/servizio individua la quantità di

gas serra generata nell’insieme dei processi fisici necessari alla produzione stessa, per e‐ sempio, nel caso dell’erogazione di un servizio sanitario è necessario considerare in termini di gas serra, tutte le attività a monte ed a valle del ciclo di vita dello stesso servizio (energia elettrica, refrigerazione, lavaggio biancheria, trasporti, pulizie, trattamento rifiuti speciali, etc). Il Ministero dell’Ambiente ha sottoscritto numerosi accordi volontari con grandi imprese italiane per la realizzazione dei primi progetti di Carbon Footprint nel nostro Paese; in que‐ sto modo le aziende, oltre al trasferimento di know‐how da parte della Segreteria Tecnica del Ministro, hanno ottenuto l’inventario della filiera produttiva in termini di gas serra (Life Cycle Assessment) e la possibilità di utilizzare il progetto come leva di “green marketing”, una volta certificate esternamente e neutraliz‐ zate (offsetting) le emissioni di CO2 equivalen‐ te. Le stesse aziende, oltre ad analizzare e contabilizzare le emissioni, si sono impe‐ gnate a definire un sistema di “Carbon Management” finalizzato all'identificazio‐ ne e realizzazione di quegli interventi, econo‐ micamente efficienti, che utilizzano tecnolo‐ gie a basso contenuto di carbonio. Gli esperti di ecosostenibile.eu hanno un curri‐ culum internazionale maturato principalmente su progetti relativi al Protocollo di Kyoto. So‐ no esperti di cooperazione bilaterale e nego‐ ziazione istituzionale, ma sono stati impegnati “sul campo” in diverse aree nel mondo (Africa, Balcani, Russia, Cina, etc) per progetti Joint Implementation e Clean Development

Il Protocollo di Kyoto La "Convenzione‐quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici", approvata a New York il 9 maggio 1992, costituisce il primo trattato internazionale riferito specificamente ai cambiamenti climatici. Lo strumento attuativo della Convenzione è il Protocollo di Kyoto, che stabilisce per i Paesi industrializzati e per i Paesi con economie in transizione obiettivi di riduzione delle emissioni dei gas‐ serra attraverso i meccanismi flessibili (art. 12) che consentono ad entità private/pubbliche di paesi aventi vincoli di emissione, di ottenere quote utili per rispettare il proprio obiettivo nazionale, realizzando progetti attraverso meccanismi per lo sviluppo pulito.

Mechanism (efficienza energetica, energie rinno‐ vabili, biomasse, forestazione, gas capturing, etc). L’obiettivo nel breve è quello di realizzare ed ac‐ creditare standard nei più importanti settori di mercato in Italia, mentre la strategia di più ampio respiro è di disseminazione del know‐how attra‐ verso un volano che auto alimenti il mercato vo‐ lontario del Carbon Footprint: se il leader di mer‐ cato stabilisce una “best practice” il follower non può che muoversi nella stessa direzione a tutto vantaggio dell’ambiente e di tutti gli indicatori socio‐economici che ne gioveranno (sostenibilità, salute, occupazione, etc). Non serve sottolineare quanto il mercato pubbli‐ citario si sia occupato di soluzioni per l’ambiente nell’ultimo periodo oppure quanto i focus group delle multinazionali riflettano un’attenzione all’ambiente in termini di “fattore rilevante per l’acquisto” di un bene o servizio. I progetti di Car‐ bon Footprint in un mercato volontario sono un


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Il vantaggio competitivo dell’impronta ambientale di Daniele Roscino Avetrani, Managing Partner ‐ ecosostenibile.eu

I cambiamenti climatici costituiscono un tema di grande interesse a livello istituzionale, scientifico e del mondo ambientalista e per questo sono oggetto di ampio dibattito in se‐ de mondiale. La decisione conseguente, in am‐ bito locale, nazionale ed internazionale di a‐ dottare provvedimenti per limitare le emissio‐ ni di gas ad effetto serra, richiede strumenti idonei per valutare, monitorare e verificare in modo oggettivo i programmi di riduzione del‐ le emissioni. Chi scrive è fondatore e Managing Partner di ecosostenibile.eu e decisamente uno dei più accreditati nemici dei gas climalteranti ad ef‐ fetto serra (Green House Gases). Negli ultimi dieci anni, nella Segreteria Tecnica di numerosi Ministri dell’Ambiente, ha diretto lo sviluppo di progetti in tutto il mondo per la riduzione dei gas serra. In realtà, nel nostro Paese i progetti relativi al Protocollo di Kyoto sono esclusivamente noti a coloro che si occupano di energia, in partico‐ lare all’estero, nei paesi eleggibili in cui sono realizzati i cosiddetti Clean Development Me‐ chanism projects o Joint Implementation pro‐ jects (Protocollo di Kyoto). L’ intuizione fu appunto “importare” standard internazionali maggiormente noti in Francia e nel Regno Unito al fine di promuovere proget‐ ti virtuosi per la riduzione delle emissioni di gas serra nell’ottica del Protocollo di Kyoto in primis ma anche della Direttiva EU 20.20.20, i cosiddetti progetti Carbon Footprint. L’impronta di carbonio o Carbon Footprint di un prodotto/servizio individua la quantità di

gas serra generata nell’insieme dei processi fisici necessari alla produzione stessa, per e‐ sempio, nel caso dell’erogazione di un servizio sanitario è necessario considerare in termini di gas serra, tutte le attività a monte ed a valle del ciclo di vita dello stesso servizio (energia elettrica, refrigerazione, lavaggio biancheria, trasporti, pulizie, trattamento rifiuti speciali, etc). Il Ministero dell’Ambiente ha sottoscritto numerosi accordi volontari con grandi imprese italiane per la realizzazione dei primi progetti di Carbon Footprint nel nostro Paese; in que‐ sto modo le aziende, oltre al trasferimento di know‐how da parte della Segreteria Tecnica del Ministro, hanno ottenuto l’inventario della filiera produttiva in termini di gas serra (Life Cycle Assessment) e la possibilità di utilizzare il progetto come leva di “green marketing”, una volta certificate esternamente e neutraliz‐ zate (offsetting) le emissioni di CO2 equivalen‐ te. Le stesse aziende, oltre ad analizzare e contabilizzare le emissioni, si sono impe‐ gnate a definire un sistema di “Carbon Management” finalizzato all'identificazio‐ ne e realizzazione di quegli interventi, econo‐ micamente efficienti, che utilizzano tecnolo‐ gie a basso contenuto di carbonio. Gli esperti di ecosostenibile.eu hanno un curri‐ culum internazionale maturato principalmente su progetti relativi al Protocollo di Kyoto. So‐ no esperti di cooperazione bilaterale e nego‐ ziazione istituzionale, ma sono stati impegnati “sul campo” in diverse aree nel mondo (Africa, Balcani, Russia, Cina, etc) per progetti Joint Implementation e Clean Development

Il Protocollo di Kyoto La "Convenzione‐quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici", approvata a New York il 9 maggio 1992, costituisce il primo trattato internazionale riferito specificamente ai cambiamenti climatici. Lo strumento attuativo della Convenzione è il Protocollo di Kyoto, che stabilisce per i Paesi industrializzati e per i Paesi con economie in transizione obiettivi di riduzione delle emissioni dei gas‐ serra attraverso i meccanismi flessibili (art. 12) che consentono ad entità private/pubbliche di paesi aventi vincoli di emissione, di ottenere quote utili per rispettare il proprio obiettivo nazionale, realizzando progetti attraverso meccanismi per lo sviluppo pulito.

Mechanism (efficienza energetica, energie rinno‐ vabili, biomasse, forestazione, gas capturing, etc). L’obiettivo nel breve è quello di realizzare ed ac‐ creditare standard nei più importanti settori di mercato in Italia, mentre la strategia di più ampio respiro è di disseminazione del know‐how attra‐ verso un volano che auto alimenti il mercato vo‐ lontario del Carbon Footprint: se il leader di mer‐ cato stabilisce una “best practice” il follower non può che muoversi nella stessa direzione a tutto vantaggio dell’ambiente e di tutti gli indicatori socio‐economici che ne gioveranno (sostenibilità, salute, occupazione, etc). Non serve sottolineare quanto il mercato pubbli‐ citario si sia occupato di soluzioni per l’ambiente nell’ultimo periodo oppure quanto i focus group delle multinazionali riflettano un’attenzione all’ambiente in termini di “fattore rilevante per l’acquisto” di un bene o servizio. I progetti di Car‐ bon Footprint in un mercato volontario sono un


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segnale dell'importanza che la qualificazione ambientale delle produzioni sta assumendo anche nel nostro Paese e del valore che l'im‐ prenditoria più lungimirante dà alla connota‐ zione “verde” del proprio marchio. Il corollario di tutto il programma è chiara‐ mente la diffusione e la sensibilizzazione. Og‐ gi acquistando una busta di patatine non leg‐ giamo sull’involucro che 75g di GHG sono rila‐ sciati nell’atmosfera a causa loro, essere in‐ formati significherebbe poter scegliere ed attivare comportamenti virtuosi anche dal lato consumatore. D. R. A.

è un’iniziativa di DRAP Inter‐ national, una start‐up in‐ novativa na‐ ta come spin‐off del Ministero dell’Ambiente Italianodagli inizi del 2015 opera dalla sede di Roma e dal competence center di Belgrado. Gli esperti di ecosostenibile.eu hanno curato l’analisi dell’impronta ambientale di prodotti/ servizi e value chain in organizzazioni comples‐ se nei settori del turismo (Le Fay, Orascom in Egitto, Viareggio Super Yachts), dello sport (Fluminense in Brasile), del tessile (Benetton in Algeria, Osklen in Brasile, Brunello Cucinelli, Gucci), dell’industria (Pirelli in Brasile, L’Oreal, Mapei), dell’agroalimentare (Eataly, Coop, Val‐ frutta, Venchi, Eridania), delle acque (San Be‐ nedetto, PepsiCo, Carlsberg, Lurisia), del vitivi‐ nicolo (Antinori, Masi, Tasca d’Almerita, Veni‐ ca & Venica), dell’energia (Enel, Angelantoni Industries, Maccaferri in Serbia), delle banche (Unicredit, Intesa Sanpaolo, BCC), delle auto‐ mobili (Lamborghini, Dallara), dei trasporti (Autostrade per l’Italia, Autovie Venete, Auto‐ dromo di Monza), delle ICT (Telecom Italia, SAP), del farmaceutico (Sanofi‐Aventis), del caffè (Illy, Lavazza), della gestione dei rifiuti (Gruppo Veritas Venezia), della grande distri‐ buzione (Dico, Auchan, Chep, Carrefour) oltre‐ ché nel settore pubblico (Comune de Venezia, Università Ca’ Foscari di Venezia, Tor Vergata di Roma, della Calabria).

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C

reatività, passione, stile, ricercatezza e mani abili e operose per realizzare capo‐ lavori d’arte campana che rendono unico il WeddingDay di ogni coppia: così si celebra l’Amore alla Tenuta San Domenico di Capua. Ognuno ha una storia da raccontare da prota‐ gonista, perciò ogni WeddingDay deve essere personalizzato, esclusivo e unico. Come raccontare storie sempre diverse con egual passione? Con il WeddingLab della Te‐ nuta. Un laboratorio d’artigianalità locale de‐ dicato solo a creazioni romantiche. Qui ogni fantasia può essere realizzata con la capacità di interpretare oltre le aspettative gusti, sen‐ sazioni e desideri di ogni coppia. Costante‐ mente alla ricerca di particolari originali il WeddingLab propone allestimenti curati fino all’ultimo dettaglio. L’artigianato è esploso con confezioni che valorizzano prodotti di gastronomia locale e manufatti con il coinvolgimento di maestri che coniugano talento e fantasia. L’idea del WeddingLab nasce dal desiderio di far cono‐ scere la ricchezza dell’artigianato locale: co‐ ralli e cammei, ceramiche di Capodimonte, sete pregiate di San Leucio, e specialità ali‐ mentari.

Il WeddingLab in Tenuta San Domenico: originalità ed eleganza in stile green di Nara Di Cecio

Cinque linee: Pietre, coralli e bijoux, Sete e stoffe pregiate, bomboniere gastronomi‐ che, ceramiche di Capodimonte, gessetti profumati e le Dolly, tenere bamboline re‐ alizzate in tessuto. Tutto senza mai perde‐ re di vista la sostenibilità e il riutilizzo. Si preferisce selezionare fornitori del territo‐ rio e proporre oggetti e accessori creati riciclando tessuti, è il caso della Eco Shop‐ per, una bag di juta, ricavata da un sempli‐ ce sacco di patate. Una delle più richieste wedding bag. È possibile fare scelte consa‐ pevoli e responsabili senza rinunciare al buon gusto. N. DC.

Nara Di Cecio è socia di EnterprisinGirls


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segnale dell'importanza che la qualificazione ambientale delle produzioni sta assumendo anche nel nostro Paese e del valore che l'im‐ prenditoria più lungimirante dà alla connota‐ zione “verde” del proprio marchio. Il corollario di tutto il programma è chiara‐ mente la diffusione e la sensibilizzazione. Og‐ gi acquistando una busta di patatine non leg‐ giamo sull’involucro che 75g di GHG sono rila‐ sciati nell’atmosfera a causa loro, essere in‐ formati significherebbe poter scegliere ed attivare comportamenti virtuosi anche dal lato consumatore. D. R. A.

è un’iniziativa di DRAP Inter‐ national, una start‐up in‐ novativa na‐ ta come spin‐off del Ministero dell’Ambiente Italianodagli inizi del 2015 opera dalla sede di Roma e dal competence center di Belgrado. Gli esperti di ecosostenibile.eu hanno curato l’analisi dell’impronta ambientale di prodotti/ servizi e value chain in organizzazioni comples‐ se nei settori del turismo (Le Fay, Orascom in Egitto, Viareggio Super Yachts), dello sport (Fluminense in Brasile), del tessile (Benetton in Algeria, Osklen in Brasile, Brunello Cucinelli, Gucci), dell’industria (Pirelli in Brasile, L’Oreal, Mapei), dell’agroalimentare (Eataly, Coop, Val‐ frutta, Venchi, Eridania), delle acque (San Be‐ nedetto, PepsiCo, Carlsberg, Lurisia), del vitivi‐ nicolo (Antinori, Masi, Tasca d’Almerita, Veni‐ ca & Venica), dell’energia (Enel, Angelantoni Industries, Maccaferri in Serbia), delle banche (Unicredit, Intesa Sanpaolo, BCC), delle auto‐ mobili (Lamborghini, Dallara), dei trasporti (Autostrade per l’Italia, Autovie Venete, Auto‐ dromo di Monza), delle ICT (Telecom Italia, SAP), del farmaceutico (Sanofi‐Aventis), del caffè (Illy, Lavazza), della gestione dei rifiuti (Gruppo Veritas Venezia), della grande distri‐ buzione (Dico, Auchan, Chep, Carrefour) oltre‐ ché nel settore pubblico (Comune de Venezia, Università Ca’ Foscari di Venezia, Tor Vergata di Roma, della Calabria).

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reatività, passione, stile, ricercatezza e mani abili e operose per realizzare capo‐ lavori d’arte campana che rendono unico il WeddingDay di ogni coppia: così si celebra l’Amore alla Tenuta San Domenico di Capua. Ognuno ha una storia da raccontare da prota‐ gonista, perciò ogni WeddingDay deve essere personalizzato, esclusivo e unico. Come raccontare storie sempre diverse con egual passione? Con il WeddingLab della Te‐ nuta. Un laboratorio d’artigianalità locale de‐ dicato solo a creazioni romantiche. Qui ogni fantasia può essere realizzata con la capacità di interpretare oltre le aspettative gusti, sen‐ sazioni e desideri di ogni coppia. Costante‐ mente alla ricerca di particolari originali il WeddingLab propone allestimenti curati fino all’ultimo dettaglio. L’artigianato è esploso con confezioni che valorizzano prodotti di gastronomia locale e manufatti con il coinvolgimento di maestri che coniugano talento e fantasia. L’idea del WeddingLab nasce dal desiderio di far cono‐ scere la ricchezza dell’artigianato locale: co‐ ralli e cammei, ceramiche di Capodimonte, sete pregiate di San Leucio, e specialità ali‐ mentari.

Il WeddingLab in Tenuta San Domenico: originalità ed eleganza in stile green di Nara Di Cecio

Cinque linee: Pietre, coralli e bijoux, Sete e stoffe pregiate, bomboniere gastronomi‐ che, ceramiche di Capodimonte, gessetti profumati e le Dolly, tenere bamboline re‐ alizzate in tessuto. Tutto senza mai perde‐ re di vista la sostenibilità e il riutilizzo. Si preferisce selezionare fornitori del territo‐ rio e proporre oggetti e accessori creati riciclando tessuti, è il caso della Eco Shop‐ per, una bag di juta, ricavata da un sempli‐ ce sacco di patate. Una delle più richieste wedding bag. È possibile fare scelte consa‐ pevoli e responsabili senza rinunciare al buon gusto. N. DC.

Nara Di Cecio è socia di EnterprisinGirls


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Primo Ministro Svedese Lofven ha an‐

ne attuale del 66% dell’energia da fonti rinno‐

attenzione, il cui obiettivo è costruire la prima

ne che ogni giorno si muovono utilizzando le

nunciato all’assemblea dell’Onu, svol‐

vabili, Il Governo ha iscritto 4,5 miliardi di co‐

rete ferroviaria alimentata esclusivamente a

ferrovie dei Paesi Bassi, si sposteranno in ma‐

tasi di recente, l’addio al carbone da parte del‐

rone, pari a 484 milioni di euro, alla voce

energia eolica entro i prossimi 3 anni, riducen‐

niera 'green', risparmiando CO2. “La mobilità

la Svezia e l’ingresso, insieme alla Costarica,

“investimenti in infrastrutture verdi”, a parti‐

do così le emissioni di CO2 del 20%. Il proget‐

è responsabile del 20% delle emissioni di CO2 nei

nella lista dei Paesi verdi del globo terrestre.

re dai pannelli solari passando per le turbine

to promosso dalla compagnia energetica Ene‐

Paesi Bassi, e se vogliamo continuare a viaggia‐

Preoccupato per la salute delle nuove genera‐

eoliche e per il trasporto ecologico a reti ener‐

co, in collaborazione con la joint venture Vi‐

re è importante che lo facciamo senza gravare

zioni, ha dichiarato a sostegno della decisio‐

getiche più intelligenti. In ricerca e sviluppo

vens di cui fanno parte anche le ferrovie olan‐

sull'ambiente con CO2 e particolato. Questo

ne: “Combattere le sostanze nocive e far paga‐

per lo stoccaggio dell’elettricità verranno spe‐

desi. Attualmente, in Olanda gli impianti eolici

contratto offre a tutti i cittadini olandesi la

re chi inquina è alla base del nostro modo di

si altri 50 milioni di corone, ed un miliardo di

già attivi forniscono la metà dell'energia elet‐

possibilità di fare un viaggio che non grava sul

Il

IL NORD EUROPA SEMPRE PIÙ ECO

fare politica”. Una strategia che non è poi una

corone verrà sborsato per migliorare le abita‐

trica richiesta dalla rete ferroviaria. La transi‐

clima, indipendentemente dalla distanza” ha

grande novità da parte dei Paesi più a nord

zioni residenziali e renderle più efficienti. La

zione ad un sistema di alimentazione comple‐

detto Michel Kerkhof, direttore di Eneco. “Ciò

dell’Europa: la Danimarca produce, in una nor‐

Svezia, però, guarda anche fuori dai suoi con‐

tamente rinnovabile si compierà nel giro di tre

che rende questo contratto e la partnership

male giornata, il 140% del fabbisogno energe‐

fini nazionali. Infatti, 500 milioni di corone

anni. L'energia arriverà dagli impianti olande‐

unica è che un intero settore diminuirà la sua

tico nazionale attraverso le pale eoliche, e‐

all’anno saranno investite nella realizzazione

si, ma anche dal Belgio e dai Paesi scandinavi.

impronta di CO2 enormemente e sarà un esem‐

sportando poi la quantità in eccesso in Ger‐

di infrastrutture green nei Paesi in via di svi‐

Secondo i termini dell'accordo tra Eneco e

pio per altri settori”. La compagnia Eneco,

mania, Svezia e Norvegia. Più veloce di tutti,

luppo, con l’obiettivo di dare un segnale im‐

Vivens, la metà della flotta di treni elettrici già

principale fornitore di elettricità olandese, ha

l’Islanda ha già investito sull’energia idroelet‐

portante all’Occidente in vista della conferen‐

nel 2015 funzionerà usando energia rinnovabi‐

siglato infatti di recente un contratto di dieci

trica e geotermica, arrivando a coprire la qua‐

za dell’Onu sui cambiamenti climatici, che a‐

le, quota che salirà al 70% nel 2016 e al 95% nel

anni con Google per alimentare il centro dati,

si totalità del fabbisogno interno. Tornando

vrà luogo a Parigi nel mese di dicembre.

2017, con l'obiettivo del 100% entro il 2018. In

situato nella parte settentrionale del Paese, al

alla Svezia, ritenuta insufficiente la produzio‐

È nato in Olanda un altro progetto che merita

questo modo, ben 1 milione e 200 mila perso‐

100% con energia eolica. P. M.


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Primo Ministro Svedese Lofven ha an‐

ne attuale del 66% dell’energia da fonti rinno‐

attenzione, il cui obiettivo è costruire la prima

ne che ogni giorno si muovono utilizzando le

nunciato all’assemblea dell’Onu, svol‐

vabili, Il Governo ha iscritto 4,5 miliardi di co‐

rete ferroviaria alimentata esclusivamente a

ferrovie dei Paesi Bassi, si sposteranno in ma‐

tasi di recente, l’addio al carbone da parte del‐

rone, pari a 484 milioni di euro, alla voce

energia eolica entro i prossimi 3 anni, riducen‐

niera 'green', risparmiando CO2. “La mobilità

la Svezia e l’ingresso, insieme alla Costarica,

“investimenti in infrastrutture verdi”, a parti‐

do così le emissioni di CO2 del 20%. Il proget‐

è responsabile del 20% delle emissioni di CO2 nei

nella lista dei Paesi verdi del globo terrestre.

re dai pannelli solari passando per le turbine

to promosso dalla compagnia energetica Ene‐

Paesi Bassi, e se vogliamo continuare a viaggia‐

Preoccupato per la salute delle nuove genera‐

eoliche e per il trasporto ecologico a reti ener‐

co, in collaborazione con la joint venture Vi‐

re è importante che lo facciamo senza gravare

zioni, ha dichiarato a sostegno della decisio‐

getiche più intelligenti. In ricerca e sviluppo

vens di cui fanno parte anche le ferrovie olan‐

sull'ambiente con CO2 e particolato. Questo

ne: “Combattere le sostanze nocive e far paga‐

per lo stoccaggio dell’elettricità verranno spe‐

desi. Attualmente, in Olanda gli impianti eolici

contratto offre a tutti i cittadini olandesi la

re chi inquina è alla base del nostro modo di

si altri 50 milioni di corone, ed un miliardo di

già attivi forniscono la metà dell'energia elet‐

possibilità di fare un viaggio che non grava sul

Il

IL NORD EUROPA SEMPRE PIÙ ECO

fare politica”. Una strategia che non è poi una

corone verrà sborsato per migliorare le abita‐

trica richiesta dalla rete ferroviaria. La transi‐

clima, indipendentemente dalla distanza” ha

grande novità da parte dei Paesi più a nord

zioni residenziali e renderle più efficienti. La

zione ad un sistema di alimentazione comple‐

detto Michel Kerkhof, direttore di Eneco. “Ciò

dell’Europa: la Danimarca produce, in una nor‐

Svezia, però, guarda anche fuori dai suoi con‐

tamente rinnovabile si compierà nel giro di tre

che rende questo contratto e la partnership

male giornata, il 140% del fabbisogno energe‐

fini nazionali. Infatti, 500 milioni di corone

anni. L'energia arriverà dagli impianti olande‐

unica è che un intero settore diminuirà la sua

tico nazionale attraverso le pale eoliche, e‐

all’anno saranno investite nella realizzazione

si, ma anche dal Belgio e dai Paesi scandinavi.

impronta di CO2 enormemente e sarà un esem‐

sportando poi la quantità in eccesso in Ger‐

di infrastrutture green nei Paesi in via di svi‐

Secondo i termini dell'accordo tra Eneco e

pio per altri settori”. La compagnia Eneco,

mania, Svezia e Norvegia. Più veloce di tutti,

luppo, con l’obiettivo di dare un segnale im‐

Vivens, la metà della flotta di treni elettrici già

principale fornitore di elettricità olandese, ha

l’Islanda ha già investito sull’energia idroelet‐

portante all’Occidente in vista della conferen‐

nel 2015 funzionerà usando energia rinnovabi‐

siglato infatti di recente un contratto di dieci

trica e geotermica, arrivando a coprire la qua‐

za dell’Onu sui cambiamenti climatici, che a‐

le, quota che salirà al 70% nel 2016 e al 95% nel

anni con Google per alimentare il centro dati,

si totalità del fabbisogno interno. Tornando

vrà luogo a Parigi nel mese di dicembre.

2017, con l'obiettivo del 100% entro il 2018. In

situato nella parte settentrionale del Paese, al

alla Svezia, ritenuta insufficiente la produzio‐

È nato in Olanda un altro progetto che merita

questo modo, ben 1 milione e 200 mila perso‐

100% con energia eolica. P. M.


RELOADER Magazine - Gli Speciali, Ottobre 2015

26

25

Africa: la sabbia del deserto ha ormai invaso tutta la savana, sopravvivono solo poche acacie e qualche stentato cespuglio. (meteomontagna.com)

Desertificazione: 30 centimetri che cambiano tutto di Annamaria Testa ‐ nuovoeutile.it

RELOADER Magazine Inserto n.9/2015

dono, solo i deserti, ma i territori ferti‐

sulle comunità perché ne scardina i

li che perdono la loro produttività bio‐

valori. Da noi, molti territori hanno

logica e diventano inadeguati a soste‐

grande rilievo non religioso ma socio‐

nere la vita e a far crescere prodotti

culturale:

agricoli.

l’impatto può risultare ugualmente

Quali sono le conseguenze?

grave.

La desertificazione fa perdere ad am‐ valore economico, estetico, sociocul‐

A che cosa serve studiare la desertificazione? Dobbiamo capire come conservare

turale e religioso.

l’equilibrio degli ecosistemi. Se questo viene pregiudicato, la qualità della vi‐

plissime porzioni di territorio il loro

se

vengono

distrutti,

Anna Louise ha gli occhi azzurri dietro

ra per I’ISPRA. Ce l’ho di fronte, la sto

gli occhiali con un tocco di azzurro e lo

intervistando e, facendolo, scopro

Un territorio può avere un valore religioso? Il caso tipico è quello dell’Ayers Rock

sguardo franco. È napoletana e, nono‐

molte cose che non sapevo.

in Australia. Ma anche nelle religioni

fenomeni: gestione non sostenibile

stante viva a Roma, quando si accalora

Di che cosa si occupa esattamente?

animiste africane molti territori ven‐

del suolo e cambiamenti climatici. Lot‐

il suo accento rotondo viene fuori.

Mi occupo di lotta alla desertificazio‐

gono considerati aree sacre e la loro

tare contro la desertificazione vuol

È un’esperta di desertificazione e lavo‐

ne. Che non riguarda, come molti cre‐

distruzione ha ricadute drammatiche

dire promuovere pratiche agricole so‐

ta di tutti noi peggiora. La desertifica‐ zione è provocata da due categorie di


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Africa: la sabbia del deserto ha ormai invaso tutta la savana, sopravvivono solo poche acacie e qualche stentato cespuglio. (meteomontagna.com)

Desertificazione: 30 centimetri che cambiano tutto di Annamaria Testa ‐ nuovoeutile.it

RELOADER Magazine Inserto n.9/2015

dono, solo i deserti, ma i territori ferti‐

sulle comunità perché ne scardina i

li che perdono la loro produttività bio‐

valori. Da noi, molti territori hanno

logica e diventano inadeguati a soste‐

grande rilievo non religioso ma socio‐

nere la vita e a far crescere prodotti

culturale:

agricoli.

l’impatto può risultare ugualmente

Quali sono le conseguenze?

grave.

La desertificazione fa perdere ad am‐ valore economico, estetico, sociocul‐

A che cosa serve studiare la desertificazione? Dobbiamo capire come conservare

turale e religioso.

l’equilibrio degli ecosistemi. Se questo viene pregiudicato, la qualità della vi‐

plissime porzioni di territorio il loro

se

vengono

distrutti,

Anna Louise ha gli occhi azzurri dietro

ra per I’ISPRA. Ce l’ho di fronte, la sto

gli occhiali con un tocco di azzurro e lo

intervistando e, facendolo, scopro

Un territorio può avere un valore religioso? Il caso tipico è quello dell’Ayers Rock

sguardo franco. È napoletana e, nono‐

molte cose che non sapevo.

in Australia. Ma anche nelle religioni

fenomeni: gestione non sostenibile

stante viva a Roma, quando si accalora

Di che cosa si occupa esattamente?

animiste africane molti territori ven‐

del suolo e cambiamenti climatici. Lot‐

il suo accento rotondo viene fuori.

Mi occupo di lotta alla desertificazio‐

gono considerati aree sacre e la loro

tare contro la desertificazione vuol

È un’esperta di desertificazione e lavo‐

ne. Che non riguarda, come molti cre‐

distruzione ha ricadute drammatiche

dire promuovere pratiche agricole so‐

ta di tutti noi peggiora. La desertifica‐ zione è provocata da due categorie di


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dei tre grandi fattori di rischio di rottu‐

trattenuta, se ne scivola via. Così il

sertificazione, e quando a cercare di contrastarla? La desertificazione è un fenomeno len‐

tenere sotto controllo l’erosione eoli‐

suolo smette di essere produttivo.

to e non sappiamo bene quando è co‐

do si rompe un equilibrio così comples‐

ca e idrica: la forza del vento e

Quindi la sopravvivenza alimentare del genere umano è legata a una buccia di terra della giusta consistenza e pro‐ fonda trenta centimetri?

minciata. Se ne è parlato per la prima

so, mica lo sappiamo quali possono es‐

volta nel corso della conferenza di

sere le conseguenze: le variabili sono

Stoccolma del 1972, che ha lanciato

talmente tante che, come si dice in fisi‐

l’idea di sviluppo sostenibile, cioè di

ca, il sistema diventa caotico e del tut‐ to incontrollabile.

stenibili, che impediscano per esem‐

messo che piova, non riesce a bagnar‐

pio al suolo di compattarsi o di avere

si a sufficienza perché l’acqua, non

tassi di salinità troppo alti e aiutino a

dell’acqua che dilava lo strato superio‐ re fertile del terreno. Cioè, è tutto un problema di suolo troppo duro? O troppo duro, o troppo fragile e non

La profondità può variare, ma la me‐

equilibrio tra società, economia e am‐

dia è questa. È abbastanza impressio‐

biente. La prima decisione politica‐

coeso. Il suolo reso fertile dai microor‐

nante. Il suolo è stato definito “la pel‐

mente importante è stata presa nel

ganismi è profondo in media trenta

le della nostra terra”: è il luogo dove

1992 a Rio de Janeiro, con una Conven‐

co e alla perdita di biodiversità, uno ra dell’equilibrio ecosistemico. E quan‐

zione delle Nazioni Unite (UNCCD) en‐

Qui in Italia abbiamo rischi seri di de‐ sertificazione, o possiamo preoccuparci solo del cambiamento climatico? Il cambiamento climatico va a esacer‐

trata in vigore nel 1996, fortemente

bare la desertificazione perché fa cre‐

volute dai paesi africani soprattutto

scere le temperature e altera il regime

dell’area maghrebina e sub sahariana

delle acque: teniamo a mente che il

per cui la desertificazione è una diretta

Mediterraneo è considerate un “hot

minaccia alla sopravvivenza. L’Italia ha

spot”, cioè un punto di particolare in‐

aderito nel 1997. Oggi aderiscono 198

tensità dei cambiamenti climatici.

Paesi.

Circa il 20% del nostro territorio nazio‐

Quanto pesa globalmente il rischio di desertificazione?

nale è già stato riconosciuto come in‐ teressato da fenomeni di desertifica‐

Diciamo che nel mondo il suolo fertile

zione tra il 1961 e il 2000, e un altro 20%

è il 75% delle terre emerse. Di questo

è a rischio di desertificazione nel giro

75%, almeno il 40% è variamente degra‐

dei prossimi venti o trent’anni. Nelle

dato, anche perché inquinato o conta‐

nostre regioni meridionali, ma anche in

minato, e si trova in gran parte nelle

aree dell’Emilia Romagna, delle Mar‐

zone aride o semiaride: non stiamo, lo

che o del Molise, i segni di desertifica‐

ripeto, parlando di deserti, ma di zone

zione sono già visivamente evidenti. E

in cui l’acqua c’è ma è scarsa.

non dimentichiamo che nel suolo

centimetri. Se diventa duro come il

si verificano gli scambi biochimici che

La desertificazione è definita come il

“sano” è conservato il carbonio orga‐

cemento o se, al contrario, si sgretola

permettono alle colture di crescere.

livello estremo del degrado del suolo,

nico.

e diventa polvere, quando piove, am‐

Quando si è cominciato a parlare di de‐

ed è, insieme al cambiamento climati‐

… cioè?


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dei tre grandi fattori di rischio di rottu‐

trattenuta, se ne scivola via. Così il

sertificazione, e quando a cercare di contrastarla? La desertificazione è un fenomeno len‐

tenere sotto controllo l’erosione eoli‐

suolo smette di essere produttivo.

to e non sappiamo bene quando è co‐

do si rompe un equilibrio così comples‐

ca e idrica: la forza del vento e

Quindi la sopravvivenza alimentare del genere umano è legata a una buccia di terra della giusta consistenza e pro‐ fonda trenta centimetri?

minciata. Se ne è parlato per la prima

so, mica lo sappiamo quali possono es‐

volta nel corso della conferenza di

sere le conseguenze: le variabili sono

Stoccolma del 1972, che ha lanciato

talmente tante che, come si dice in fisi‐

l’idea di sviluppo sostenibile, cioè di

ca, il sistema diventa caotico e del tut‐ to incontrollabile.

stenibili, che impediscano per esem‐

messo che piova, non riesce a bagnar‐

pio al suolo di compattarsi o di avere

si a sufficienza perché l’acqua, non

tassi di salinità troppo alti e aiutino a

dell’acqua che dilava lo strato superio‐ re fertile del terreno. Cioè, è tutto un problema di suolo troppo duro? O troppo duro, o troppo fragile e non

La profondità può variare, ma la me‐

equilibrio tra società, economia e am‐

dia è questa. È abbastanza impressio‐

biente. La prima decisione politica‐

coeso. Il suolo reso fertile dai microor‐

nante. Il suolo è stato definito “la pel‐

mente importante è stata presa nel

ganismi è profondo in media trenta

le della nostra terra”: è il luogo dove

1992 a Rio de Janeiro, con una Conven‐

co e alla perdita di biodiversità, uno ra dell’equilibrio ecosistemico. E quan‐

zione delle Nazioni Unite (UNCCD) en‐

Qui in Italia abbiamo rischi seri di de‐ sertificazione, o possiamo preoccuparci solo del cambiamento climatico? Il cambiamento climatico va a esacer‐

trata in vigore nel 1996, fortemente

bare la desertificazione perché fa cre‐

volute dai paesi africani soprattutto

scere le temperature e altera il regime

dell’area maghrebina e sub sahariana

delle acque: teniamo a mente che il

per cui la desertificazione è una diretta

Mediterraneo è considerate un “hot

minaccia alla sopravvivenza. L’Italia ha

spot”, cioè un punto di particolare in‐

aderito nel 1997. Oggi aderiscono 198

tensità dei cambiamenti climatici.

Paesi.

Circa il 20% del nostro territorio nazio‐

Quanto pesa globalmente il rischio di desertificazione?

nale è già stato riconosciuto come in‐ teressato da fenomeni di desertifica‐

Diciamo che nel mondo il suolo fertile

zione tra il 1961 e il 2000, e un altro 20%

è il 75% delle terre emerse. Di questo

è a rischio di desertificazione nel giro

75%, almeno il 40% è variamente degra‐

dei prossimi venti o trent’anni. Nelle

dato, anche perché inquinato o conta‐

nostre regioni meridionali, ma anche in

minato, e si trova in gran parte nelle

aree dell’Emilia Romagna, delle Mar‐

zone aride o semiaride: non stiamo, lo

che o del Molise, i segni di desertifica‐

ripeto, parlando di deserti, ma di zone

zione sono già visivamente evidenti. E

in cui l’acqua c’è ma è scarsa.

non dimentichiamo che nel suolo

centimetri. Se diventa duro come il

si verificano gli scambi biochimici che

La desertificazione è definita come il

“sano” è conservato il carbonio orga‐

cemento o se, al contrario, si sgretola

permettono alle colture di crescere.

livello estremo del degrado del suolo,

nico.

e diventa polvere, quando piove, am‐

Quando si è cominciato a parlare di de‐

ed è, insieme al cambiamento climati‐

… cioè?


RELOADER Magazine - Gli Speciali, Ottobre 2015

29

Il suolo contiene il doppio del carbo‐

tazione ed educazione ambientale. At‐

nio che troviamo nell’atmosfera, il tri‐

tivando politiche locali, regionali e na‐

plo di quello che troviamo nei vegeta‐

zionali: vuol dire, per esempio, razio‐

li. Il carbonio che viene assorbito

nalizzare l’uso delle risorse idriche, op‐

dall’atmosfera, il cosiddetto SOC (Soil

pure ri‐forestare. Oggi stiamo andan‐

Organic Carbon), potrebbe mitigare i

do nella direzione dell’agroecologia:

cambiamenti climatici dovuti all’eccesso

un’agricoltura che esercita meno pres‐

di emissioni di anidride carbonica seque‐

sione sul suolo impiegando meno fer‐

strandola. Ma questo avviene, appun‐

tilizzanti e passando, per esempio, da

to, se il suolo è “sano” e non eccessi‐

cinque a due raccolti di grano all’anno.

vamente sfruttato da una agricoltura

Tra l’altro, qui in Italia avremmo

intensiva.

mille buoni motivi per passare da una

Come se ne esce?

agricoltura di quantità a una agricoltu‐

Se ne esce facendo ricerca, sperimen‐

ra di qualità.

RELOADER Magazine - Gli Speciali, Ottobre 2015

Una best practice per il contrasto dell’erosione e la rinaturalizzazione è una innovativa tecnologia verde, (PRATI ARMATI ®) che impiega sementi di parti‐ colari piante erbacee (graminacee) pe‐ renni dotate di singolari caratteristiche fisiologiche e di un apparato radicale profondo e resistente. Tale tecnologia serve per contrastare l’erosione su ver‐ santi, scarpate stradali, autostradali e ferroviarie, sponde di fiumi e torrenti e

30

per il recupero e la rinaturalizzazione di zone degradate come cave, miniere e discariche. L’aspetto più interessan‐ te dell’impiego di queste piante è che, grazie alla loro rusticità e capacità di adattamento, è possibile utilizzarle da sole per bloccare l’erosione, senza terre‐ no vegetale di riporto, né materiali o manufatti plastici, etc. L’impianto erba‐ ceo che ne deriva è naturale e non ne‐ cessita di rifacimenti e manutenzione.

Cosa può fare un singolo cittadino che si preoccupa per la desertificazione?

territorio vengano coperte da serre, in cui si usano troppi fertilizzanti e il ter‐

Non dimentichiamo che i singoli indivi‐

reno viene supersfruttato e danneg‐

dui indirizzano il mercato, per esem‐

giato. E poi non bisogna stancarsi di

pio comprando prodotti di stagione e

fare opera di divulgazione e sensibiliz‐

prodotti locali: non pretendere di

zazione: è quello che stiamo facendo

mangiare i peperoni a Natale è già

proprio adesso. A.T.

qualcosa, perché evita che porzioni di

www.nuovoeutile.it


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Il suolo contiene il doppio del carbo‐

tazione ed educazione ambientale. At‐

nio che troviamo nell’atmosfera, il tri‐

tivando politiche locali, regionali e na‐

plo di quello che troviamo nei vegeta‐

zionali: vuol dire, per esempio, razio‐

li. Il carbonio che viene assorbito

nalizzare l’uso delle risorse idriche, op‐

dall’atmosfera, il cosiddetto SOC (Soil

pure ri‐forestare. Oggi stiamo andan‐

Organic Carbon), potrebbe mitigare i

do nella direzione dell’agroecologia:

cambiamenti climatici dovuti all’eccesso

un’agricoltura che esercita meno pres‐

di emissioni di anidride carbonica seque‐

sione sul suolo impiegando meno fer‐

strandola. Ma questo avviene, appun‐

tilizzanti e passando, per esempio, da

to, se il suolo è “sano” e non eccessi‐

cinque a due raccolti di grano all’anno.

vamente sfruttato da una agricoltura

Tra l’altro, qui in Italia avremmo

intensiva.

mille buoni motivi per passare da una

Come se ne esce?

agricoltura di quantità a una agricoltu‐

Se ne esce facendo ricerca, sperimen‐

ra di qualità.

RELOADER Magazine - Gli Speciali, Ottobre 2015

Una best practice per il contrasto dell’erosione e la rinaturalizzazione è una innovativa tecnologia verde, (PRATI ARMATI ®) che impiega sementi di parti‐ colari piante erbacee (graminacee) pe‐ renni dotate di singolari caratteristiche fisiologiche e di un apparato radicale profondo e resistente. Tale tecnologia serve per contrastare l’erosione su ver‐ santi, scarpate stradali, autostradali e ferroviarie, sponde di fiumi e torrenti e

30

per il recupero e la rinaturalizzazione di zone degradate come cave, miniere e discariche. L’aspetto più interessan‐ te dell’impiego di queste piante è che, grazie alla loro rusticità e capacità di adattamento, è possibile utilizzarle da sole per bloccare l’erosione, senza terre‐ no vegetale di riporto, né materiali o manufatti plastici, etc. L’impianto erba‐ ceo che ne deriva è naturale e non ne‐ cessita di rifacimenti e manutenzione.

Cosa può fare un singolo cittadino che si preoccupa per la desertificazione?

territorio vengano coperte da serre, in cui si usano troppi fertilizzanti e il ter‐

Non dimentichiamo che i singoli indivi‐

reno viene supersfruttato e danneg‐

dui indirizzano il mercato, per esem‐

giato. E poi non bisogna stancarsi di

pio comprando prodotti di stagione e

fare opera di divulgazione e sensibiliz‐

prodotti locali: non pretendere di

zazione: è quello che stiamo facendo

mangiare i peperoni a Natale è già

proprio adesso. A.T.

qualcosa, perché evita che porzioni di

www.nuovoeutile.it


IEEE International Conference on Industrial Technology (ICIT2016) Special Session on “Sea, Sun and Wind: new perspectives for the renewable energy and their integration with the smart grids” organized by Principal Organizer: Giambattista Gruosso, giambattista.gruosso@polimi.it Dipartimento di Elettronica Informazione e Bioingegneria Politecnico di Milano Italy

Call for Papers The use of renewable energy systems is becoming increasingly widespread and the challenges that this brings are really fascinated. First of all the issue of forecasting and integration of production with smart grids. At the same time the development of new devices for generation of energy conversion systems and mechanisms for capturing energy is the field in which the battle of efficiency is fought. Last but not least is the need to interact with storage systems and supervision. This session will be an opportunity for discussion in order to stimulate further research in the field. Topics of interest include, but are not limited to:  Wind, solar, and wave energy systems  integrated renewable systems  energy storage devices and systems  offshore underwater converters  power management, modeling, simulation  grid interconnection  Mechatronics systems  supervision and control system

Submissions Procedure: All the instructions for paper submission are included in the conference website http://www.icit2016.org Deadlines: Reception of full paper: Paper acceptance notification: Camera ready paper reception: 1

September 30, 2015 December 1, 2015 January 10, 2016

A good quality paper may be considered for publication in IEEE Transactions on Industrial Informatics subjects to further rounds of review

RELOADER Magazine n.92 Ottobre 2015


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