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CHRISTOPHER AL.EXANDER
NOTE
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SULLA SINTESI
DELLA FORMA
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IL ~AGGIATOF
Christopher Alexander
Note sulla sintesi della forma Traduzione di Sergio Las
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",rea S.B.A. Biblioteca Centrale di Ingegneria
Il Saggiatore
© President and Fellow of Harvard College 1964 e Il Saggiatore, Milano 1967 Titolo originale: Notes on the Synthesis 01 Form Il saggio in Appendice 3 è stato pubblicato da « The Architectural Forum» (aprile-maggio 1965) Copertina di Anita Klinz Prima edizione: aprile 1967
Sommario
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Introduzione L'esigenza di razionalità PARTE· PRIMA
23 36
53 61
Corretta rispondenza La base deUa corretta rispondenza Il processo non-autocosciente Il processo autpcosciente PARTE SECONDA
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Il programma
89
L'attuazione del programma
98 118
Le <jo>finizioni La soluzione
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Epilogo APPENDICI
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Appendice 1 Un esempio sviluppato
176
Appendice 2 Trattazione matematica della scomposizione
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Appendice 3 Una città non è un albero
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Note
Note sulla sintesi della forma
Alla mia carissima fan
La prima operazione, per mezzo d'uno sguardo d'insieme, implica la capacità d'addurre a una sola idea l'indefinita dispersa molteplicità; cosi, la singola unità specifica, esattamente definita, potrà dimostrar' chiaro l'argomento sul quale si svolge la dimostrazione. [La seconda è] l'operazione contraria; capacità cioè di poter suddividere per mezzo di specie minori, secondo i punti delle naturali articolazioni. E stare attenti di non spezzar malamente nessuna parte, come farebbe un cuoco inesperto. Platone, Fedro, 265 d-e
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Introduzione L'esigenza di razionalità
Queste note riguarda!l0 il processo della progettazione; ovvero dell'invenzione di oggetti che rivelano un nuovo ordine fisico, una organizzazione, e una forma rispondente alla funzione. Oggi i problemi funzionali stanno diventando sempre meno semplici. Ma raramente il progettista è disposto a riconoscersi impreparato a risolverli, e quando un problema non si presenta con la chiarezza che è necessaria perché risulti evidente quale ordine esso re~lmente esiga, si tende allora a ripiegare su qualche ordine fOrmale scelto arbitrariamente. Il problema, a causa della sua complessità, resta cOSI insoluto. Si consideri un semplice esempio di progettazione, come la scelta dei materiali da usare nella produzione in serie di qualche normale oggetto casalingo: ad esempio, un aspira polvere. Gli studi sui movimenti e i tempi di lavorazione insegnano che, quanto minore è la varietà dei materiali impiegati, tanto l'iu efficiente è il montaggio in fabbrica. L'esigenza di uniformità che ne consegue contrasta però con II fatto che il futuro buon funzionamento del prodotto è in diretto rapporto con una scelta distinta dei materiali piu adatti ad ogni specifico scopo. D'altra parte, la funzionale differenziazione dei materiali comporta la necessità di applicare costosi e complicati giunti fra i vari elementi, capaci di determinare poi particolari problemi di manutenzione. Inoltre, tutti e tre gli obiettivi indicati, semplicità, buon funzionamento ed efficace giunzione, difficilmente riescono a co~ ciliarsi con il proposito di contenere quanto piu è possibile l'incidenza del costo dei mareriali. Se infarri scegliamo il materiale piu economico per ciascuno scopo separato, non otterremo necessariamente una sufficiente semplicità, né un oprimum di esecuzione, né materiali che possano essere uniti in modo preciso e soddisfacente. Scrivendo un segno « meno» di fianco ad ogni linea di conflitto ed un segno 4
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«piu» di fianco ad ogni liOi~a di accordo, vediamo che anche questo semplice problema presenta ben cinque direzioni di conflitto.
..l!.......~~+...~.,.
semplicità
giuntura
basso cosro
Questo è)lo tipico problema di progettazione; esso presenta esigenze çJ1e devono essere soddisfatte; e si presentano interazioni fra tali esigenze che le rendono piu difficili da soddisfare. Si tratta, comunque, di un problema relativamente semplice, dato che può rientrare entro i normali limIti d'intuizione di un solo uomo. Ma cosa capita con un problema piti complicato? Si consideri il compito di progettare un ambiente completo per un milione di persone. L'equilibrio ecologico della vita umana, animale e vegetale, deve essere regolatO con cura, sia internamente che rispetto alle condizioni fisiche esterne date. La gente deve essere posta in grado di vivere la vita individuale che piti dçsidera. Non debbono insorgere condizioni sociali che provochino una generale decadenza fisica o l'infelicità personale, o cause di delinquenza. Il consumo ciclico di alimenti ed altri beni non deve .interferire con i regolari spostamenti degli abita,nti. Le forme economiche che si sviluppano non devono condurre alla speculazione edilizia che distrugge la relazione funzionale fra aree residenziali e aree industriali. Il sisJ:ema dei trasporti non deve essere organizzato in modo tale da intensificare la domanda fino alla congestione. La gente deve essere in qualche modo resa capace di vivere in stretta cooperazione, ma al tempo stesso di ·seguire la piti grande varietà di i{lteressi. Le configurazioni fisiche debbono essere compatibili con i prevedibili futuri sviluppi regionali. Il contrasto tra la crescita della popola-
zione e la diminuzione delle risorse d'acqua, di energia, di zone verdi I deve essere comunque p~eso in considerazione. LJambient~, infirie, deve essere organizzato in modo che la sua propria rigenerazione e ricostruzione:;: non interrompa di continuo il suo sviluppo. Come nell'esempio piu semplice, già considerato, ognuna di queste funzioni interagisce cqn molte delle altre. Ma in questo caso ognuna. rappresenta a sua volta un vasto problema; 'e ne risulta qubdi uno schema di interazioni enormemente complicato. La dilIerenza tra i due casi ipotizzati è in realtà simile a quella che corre fra il problema di sommare due piu due e quello di calcolare la radice settima di un numero di cinquanta cifre. Il primo si può risolvere mentalmente con facilità. Nel secondo saremo bloccati dalla complessità del problema se non troviamo un modo semplice di [[ascriverlo, che ci permetta di scinderlo in problemi piu piccoli. Oggi sempre di piu i problemi di progettazione vanno approssimandosi a insolubili livelli di complessità. Questo è vero non solo per una base lunare, una fabbrica e una stazione radio, la cui complessità è intrinseca, ma anche per il piano di un villaggio e perfino per il disegno di un bricco da tè. Malgrado la loro apparente semplicità, anche questi problemi .han~o una base di esigenze e di attività che sta diventando troppo ,complessa per essere afferrata intuitivamente.
Per affrontare la crescente complessità dei problemi, si dispone di una mole sempre maggiore di informazioni e di esperienze specializzate. Queste informazioni SODO difficili da uti· lizzare; sono sparse, diffuse e disorganizzate. 1 Per di piu non solo la quantità delle informazioni è al di là della portata dei singoli progettisti, ma i vari specialisti che le forniscono sono di vedute ristrette .ed estranei ai problemi specifici dei creatori di forme, cosicché non è possibile stabilire in qual modo il progettista dovrebbe consultarle e utilizzarle,' Co, me risultato, anche se idealmente una forma dovrebbe riflet· tere tutti i fatti noti veramente rilevanti ai fini della sua realizzazione, di fatto il progettista si limita a cogliere qualsiasi informazione gli capiti, o a consultare di quando in quando un esperto per affrontare particolari difficoltà, e infi-
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ne a rivestire queste informazioni scelte arbitrariamente di forme immaginate per altra via nelJo «studio di artista,) che è la sua mente. Le difficoltà tecniche che s'.incontrano nel raccogliere le informazioni effettivamente necessarie alla realizzazione di una forma, sono molto lontane dalle possibilità di un singolo individuo.' I problemi non solo crescono in quantità, complessità e diI· ficoltà; essi anche cambiano piu rapidamente di prima. Nuo· vi materiali si creano continuamente, le strutture sociali si alterano molto presto, la cultura stessa muta piti veloce· mente di quanto non abbia mai fatto in precedenza. Nel passato - anche dopo il rinnovamento intellettuale del Rinascimento - il singolo progettista sarebbe stato in una certa misura aiutato dal suo predecessore. E anche se ci si aspettava'<he egli prendesse le proprie decisioni in modo sempre piu personale, di mano in mano che le tradizioni si andavano dissolvendo, restava tuttavia sempre qualche residuo di tradizione che rendeva piu facili le sue scelte. Ora gli ultimi residui di tradizione gli sono stati strappati e, dato che le forze culmrali cambiano rapidamente, la lenta evoluzione della forma diventa impossibile. Sconcertato, il «creatore di forme» resta solo. Egli deve concepire con chiarezza forme nuove senza tempo per provare e sbagliare. Ora deve inventare radicalmente i limiti del suo impegno, poiché ciò che una volta proveniva da molte generazioni di graduale sviluppo, adesso deve essere compiuto da un solo individuo.' Ma il carico di migliaia di anni pesa, sulle spalle di un solo uomo, e questo carico non è stato ancora materialmente alleggerito. La soluzione intuitiva dei problemi della progettazione contemporanea si trova decisamente oltre le possibilità di una sintesi individuale. Naturalmente non vi sono limiti definiti a queste, possibilità (specialmente nei rari casi in cui un talento eccezionale infrange ogni limite). Ma se noi osserviamo la mancanza di organizzazione e di chiarezza delle forme che ci circondano, è evidente che la loro progettazione ha quasi sempre messo a dura prova la capacità dei progettisti. Dopotutto non è tanto sorprendente che le facoltà inventive dell'uomo siano limitate. In altri campi è stato ampiamente dimostrato
che vi sono limiti alle sue possibilità conoscitive e creative. Vi sono ad esempio limiti di fronte alle difficoltà dei problemi di labotatotio che egli può risolvere; 5 di fronte al numero di conseguenze che può considerare simultaneamen· te; 6 alla complessità di una decisione che può prendere con sicurezza.' Non sono, beninteso, in alcuno di questi casi limiti assoluti e neppure esiste una scala ideale cui possano essere rapportati; eppure è chiaro che in pratica certi limiti esistono. Analogamente il frequenti.ssimo fallimento dei pro· gettisti nel produrre forme ben organizzate, dimostra in modo del tutto inequivocabile che vi sono limiti alla capacità di progettazione individuale. Sappiamo che limiti alla capacità individuale esistono nell'aritmetica. Per risolvere un intricato problema -di calcolo abbiamo bisogno di un metodo di esposizione che lo tenda chiaramente esprimibile. Le ordinarie convenzioni aritmetiche ci offrono questo metodo. Due minuti con la matita sul retro di una busta ci permettono di risolvere problemi che, affrontati mentalmente, rimarrebbero insolubi·li, anche se tentassimo per cento anni. Ma per quanto riguarda i problemi della progettazione non abbiamo ancora un mezzo corrispondente di semplificazione. Queste note propongono appunto un modo di rappresentate i problemi della progettazione, che rende..piu facil,e la soluzione. È un modo pet ridurre la sproporzione fra le limitate capacità del progettista e la grande portata del suo compito. La prima parte condene una relazione generale sulla natura dei problemi della progettazione. Descrive il metodo con il quale sono stati risolti questi problemi nel passato: prima, in culture nelle quali i problemi nuovi sono tanto rari, da non richiedere veri e propri progettisti; poi, viceversa, in culture nelle quali i nuovi problemi si presentano continuamente, per cui debbono essere risolti dai progettisti coscientemente. Dal contrasto fra i due metodi, impareremo come rappresentare un problema di progettazione in modo tale da consentirne la soluzione. La seconda parte descrive la rappresentazione stessa, ed il tipo di analisi che la rappresentazione permette. L'appendi-
Prefigurazione logica delle slrutlure
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ce I mostra con un esempio come il metodo funziona in pratica. Non esistono, si può dire, altri mezzi per analizzare chiaramente i problemi della progettazione. Vi è una buona dose di superstizione fra i progettisti riguardo ad un presunto effetto letale dell'analisi sulle loro intuizioni: con l'infelice risultato che ben pochi progettisti hanno tentato di comprendere analitièamente il processo della progettazione. Per poter ricominciare dal principio, lasciateci innanzi tutto tentare di eliminare gli spettri che assillano i progettisti persuadendoli che l'analisi sia in qualche modo in contrasto con il loro vero problema. Non è difficile spiegare perché l'introduzione della matematica nella progettazione possa irritare i progettisti. La matematica, nella sua accezione popolare, si occupa unicamente di grandezze. I progettisti sanno, a loro volta. che i calcoli delle grandezze hanno una utilità limitatissima nell'invenzione di una forma, e sono quindi piuttosto scettici circa le possibilità di basare un progetto su metodi matematici. 8 Essi però non si rendono conto che la matematica moderna è implicata con questioni di ordine e relazione almeno quan~ te lo è con questioni di grandezza. E benché neppure questo tipo di matematica possa essere considerato uno strumento sufficiente per la prefigurazione della natura fisica delle forme, esso tuttavia può diventare un potentissimo strumento, se è usato per esplorare l'ordine concettuale e la struttura di un problema di progettazione. Anche la logica, come la matematica, è considerata con sospetto da molti progettisti. In buona misura, questo sospetto si fonda su determinati preconcetti circa l'autorità che può avere la logi.ca nei suoi pratici suggerimenti. Innanzi tutto. la parola «logica» che circola fra i progettisti, è riferita ad un certo tipo di formalismo particolarmente sgradito e funzionalmente inefficace. 9 Per esempio, la cosiddetta logica di Jacques François Blondel oppure del Vignola, riferita come è alle regole secondo le quali gli elementi dello stile architettonico possono essere combinati. 1O Come regole esse possono dirsi logiche. Ma questo non conferisce loro alcuna particolare validità se non esiste anche una relazione legit~ tima fra il sistema logico adottato e le esigenze e le forze
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con cui ci scontriamo nel mondo reale. Inoltre, la fredda visione «logica» dello scheletro di acciaio di una costruzione per uffici sembra orribilmente costretta e, se noi seriamente la consideriamo come una manifestazione di logica, certo ci ritiriamo spaventati dai metodi analitici. li Ma in pratica nessuna forma può essere piu delle altre il risultato esclusivo dell'uso della logica ed è un non senso attribuire alla rigidità della logica la rigidità di una forma fisica. Non sarebbe possibile porre premesse, percorrere una sequenza di deduzioni, e approdare infine ad una forma che sia logicamente determinata dalle premesse, se queste non conte· nessero già in se stesse i semi di una particolare intenzione plastica. Non vi è insomma alcun senso legittimo, secondo il quale la logica deduttiva possa prescriverci determinate forme fisiche. Ma parlando di logica non abbiamo bisogno affatto di trattare i processi di inferenza. Mentre è vero che gran parte di ciò che è generalmente noto come logica riguarda la deduzione J la logica nel senso piu ampio si riferisce a qualcosa di molto piti generale. Si riferisce alla configurazione di strut· ture astratte, e viene chiamata in causa nel momento in cui noj, traducendo in immagini la realtà,. cerchiamo di elaborar~ 'queste r~ffigurazioni in modo da poter guardare piu avanti e piti profondamente entro Ia realtà stessa. È compito della logica inventare strutture puramente artificiali di ele· menti e relazioni. Qualche volta una di queste strutture è sufficientemente vicina alla situazione reale da consentirne Ia rappresentazione. E allora, è proprio il rigore raggiunto dal tracciato logico a svelarci una visione approfondita delIa realtà, che prima ci _era preclusaY L'uso di strutture logiche per rappresentare i problemi delIa progettazione ha una conseguenza importante. Esso porta con sé la perdita dell'innocenza. Una configurazione logica è piu assoggettabile a critiche di una immagine vaga, poiché gli assunti su cui si fonda sono del tutto in evidenza. La sua maggior precisione ci dà la possibilità di affinare la nostra concezione di ciò che implica il processo della progettazione. Ma una volta che quanto creiamo intuitivamente può essere
La perdita dell'innoc·enza
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descrino e confrontato con i modi non intuitivi di operare nella stessa direzione, allora non possiamo piti continuare ad accettare il metodo intuitivo innocentemente. Se decidiamo di stare pro o contro la pura intuizione come metodo, dobbiamo farlo per delle ragioni che possano essere apertamente discusse. Per quanto mi riguarda, desidero dichiarare con molta franchezza la mia ferma convinzione circa questa perdita dell'innocenza, perché ci sono troppi progettisti che per quanto mi risulta non sono disposti ad accettare tale perdita. Insistono nel dire che la progettazione deve essere un processo puramente intuitivo e che è inutile tentare di coglierlo con la ragione, perché i suoi problemi sono troppo profondi. In realtà è già accaduto nella recente storia della progettazione. un tipic,9 caso di perdita dell'innocenza con la scoperta di strumenti meccanici sostitutivi del lavoro artigianale. Un secolo fa William Martis, il primo uomo cosciente del cattivo uso delle macchine, si ritra.sse di fronte alla perdila della innocenza. Invece di accettare la macchina e cercare di capi~ re le sue implicazioni nella progettazione, propugnò un ritorno ai raffinati prodotti deU'artigianato.u Fin tanto che Gropius non fondò la Bauhaus, i progettisti non vennero a patti con la macchina e con la perdita dell'innocenza che ne derivava. 14 Ora siamo ad un altro bivio. Questa volta la perdita della innocenza è piu intellettuale che meccanica. Ma di nuovo c'è chi tenta di illudersi che essa non abbia mai avuto luogo. Enormi resistenze all'idea della riproduzione di processi sistematici nella progettazione, vengono da gente che riconosce giustamente l'importanza della intuizione ma poi la trasforma in un feticcio che esclude la possibilità di porre questioni ragionevoli. Vale la pena forse di ricordare che la perdita della innocenz..a intellettuale è già avvenuta un'altra volta. Già nel secolo XVIII, uomini come Carlo Lodoli e Francesco Algarotti in Italia e l'abate Laugier in Francia, non piu soddisfalti di accettare il formalismo delle accademie, cominciarono ad avere seri dubbi su ciò che essi facevano e sollevarono proprio quel genere di questioni che 150 anni piu tardi avrebbero condotto alle moderne idee rivo-
luzionarie sulla forma. 15 Abbastanza stranamente, però, benché questi seri dubbi fossero esplicitamente espressi e conosciuti da molti, l'architettura non si sviluppò nella direzione indicata. I dubbi e le questioni furono dimenticati e nell'Europa del tardo secolo XVIII troviamo testimonianze di tutt'altro sviluppo: gli architetti presero a fondare le loro invenzioni formali su regole derivate da una varietà di maniere e di «stili» precedenti, dando vita a fenomeni come il neotudor, il neoclassico, il neogotico e la chinoiserie. 16 È possibile vedere in questo corso di eventi un tentativo clisperata di tener lontani i dubbi della autocoscienza, per conservare la sicurezza dell'innocenza. Lodoli e Laugier volevano capire cosa stavano facendo come «creatori di forma ». Ma la ricerca di tale comprensione rese solo evidente la difficoltà_ dei loro problemi- Piuttosto che affrontare la responsabilità dei difficili interrogativi, i progettisti preferirono rimettersi alla autorità degli «stili ì> resuscitati. Le decisioni architettoniche prese entro uno stile sono al sicuro <lalle difficoltà assillanti del dubbio, per la stessa ragione per cui è piti facile prendere una decisione sotto l'influenza di tradizioni e tabu, piuttosto che sotto la prg.pria responsabilità. Non è una coincidenza, secondo la mia opinione, che mentre il Rinascimento aveva permesso ricomposizioni libere di elementi classici, il neoclassico che lo sostitul si fermò il piu vicino possibile alla copia esatta della Grecia e di Roma. Appoggiandosi alla correttezza, era possibile alleviare il peso di una indecisione. Per rendere effettivo il distacco dalla responsabilità, la copia deve essere esatta. 17 Adesso pare che un secondo distacco dalle responsabilità sia in atto_ Oggi non è possibile sfuggire alla responsabilità di una azione cosciente operando entro il sicuro riparo fornito dagli stili accademici. Ma il progettista che non è all'altezza del suo lavoro, e non vuole affrontare le difficoltà, cerca di conservare la sua innocenza in altri modi. II progettista moderno si affida sempre piti alla sua posizione di «artista '>, alla suggestione delle parole-chiave, agli idiomi personali e all'intuizione, perché tutto ciò lo libera dal peso della decisione, e rende piu facili i suoi problemi conoscitivi. Spin-
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to dalle sue sole risorse, incapace di adeguarsi alla complessità delle informazioni che dovrebbe ordinare, egli nasconde la sua incompetenza in un delirio di artistica individualità. Mentre la sua capacità di inventare forme chiaramente con~ cepite ed appropriate va progressivamente esaurendosi, sono sempre piu esaltate la intuizione e la individualità. la In questa atmosfera il dono piu grande del progettista, la sua abilità intuitiva di organizzare una forma fisica, mentre sta per essere ridotto a zer0 dalla dimensione del compito che ha davanti a sé, viene frattanto sostituito da contraf~ fatti sforzi d'« artista ». Ciò che è peggio, in un'epoca che ha estremo bisogno di progettisti capaci di inquadrare sinteticamente l'organizzazione del mondo fisico, il vero lavoro deve essere svolto da ingegneri poco dotati, perché i progettisti -Soffocano le loro capacità in una irresponsabile pretesa di genialità. Dobbiamo affrontare la nuova si cuazione e riconoscere che siamo alla vigilia di un'era in cui l'uomo sarà in grado di ingigantire le sue facoltà intellettuali ed inventive, proprio come nel XIX secolo egli aumentò le sue facoltà fisiche con l'uso delle macchine. 19 Ancora, come allora, la nostra innocenza è perduta. E ancora, naturalmente, l'innocenza una volta perduta, non può essere riacquistata. La perdita esige impegno, non rinuncia.
Parte prima
1 I Corretta rispondenza
Oggetto finale della progettazione è la forma. La ragione per c!-li le limatu re di ferro poste in un campo magnetico assumono una configurazione ~ 0, come suoI dir~ si, hanno una forma - è che il campo nel quale si trovane non è omogeneo. Se il mondo fosse interamente regolare ed omogeneo, non vi sarebbero forze, e non vi sarebbero forme. Tutto sarebbe amorfo. Ma un mondo non omogeneo tenta di compensare le sue proprie irregolarità adattandosi ad esse, e in tal modo prend, formaI D'Arcy Thompson è giunto a definire la forma «diagramma delle forze», con riferimento alle irregolarità. 2 Pili comunemente, si parla di queste irregolarità come delle origini funzionali della forma. Quanto segue è basato sulrassunto che la chiarezza fisica non può essere raggiunta, in una forma, se non è stata prima ottenuta una sufficiente chiarezza programmatica nella m~nte e negli atti del progettista; e che per rendere ciò possibile, il progettista, a sua volta, .deve prima di tutto ricondurre il problema di progettazione alle sue origini funzionali ed essere capace di riconoscere in esse una struttura. 3 Tenterò di delineare un modo generale di esporre i problemi· della progettazione che pone l'accento sulle origini funzionali, e rende i loro schemi strutturali ragionevolmente facili da individuare. È basato sull'idea che ogni problema di progettazione inizia con uno sforzo per raggiungere la rispondenza fra due entità: la forma in questione e il suo contesto. 4 La forma è la soluzione del problema; il contesto definisce il problema. In altre parole, quando parliamo di progettazione il vero oggetto della discussione non è solamente la forma, ma l'insieme che cO.Q1prende la forma e il suo contesto. La corretta rispondenza è una proprietà desiderabile di questo insieme che si riferisce a qualche particolare divisione dello stesso in forma e contesto. s
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Vi è una grande varietà di insiemi dei quali possiamo parlare in questo senso. L'insieme biologico formato da un organismo naturale e dal suo ambiente fisico è il piu familiare: in questo caso abbiamo l'abitudine di descrivere la ri;pondenza fra i due come buon ambientamento.6 Ma lo stesso genere di attitudine oggettiva si può trovare in molte altre situazioni. L'insieme formato da un abito e da una cravatta è un caso tipico; una cravatta s'intona perfettamente con un certo abito, un'altra no. 7 Oppure, l'insieme potrebbe essere una partita a scacchi, dove ad un certo punto del gioco determinate mosse risultano preferibili ad altre perché meglio rispondono al contesto delle mosse precedenti.8 L'insieme può consistere in una composizione musicale. Anche le frasi musicali devono infatti adattarsi ai loro conteSti: pensate .alla meditata cura con cui un Mozart decide di collocare proprio quella frase in un determinato punto di una sonata. 9 Se l'insieme è un camionista piu un segnale stradale, la grafica del segnale deve rispondere alle domande che gli pone l'occhio del conducente. Un oggetto comune come una pentola per bollitura deve essere adatto al contesto del suo uso, e al contesto tecnico del suo ciclo di produzione. lO Nella ricerca urbanistica, l'insieme di fronte al quale ci troviamo è la città e le sue consuetudini. Qui la base umana cbe determina"'la necessità di nuovi edi6.ci e l'ambiente fisico costituito dalle aree fabbricabili disponibili, creano un contesto chi: condiziona la forma della crescita della città. In un caso estremo di questo genere, possiamo anche parlare di una' cultura stessa come di un insieme nel quale le varie usanze e i diversi prodotti si sviluppano secondo un lento e continuo adattamento a tutto il resto. ll La esattezza della forma dipende, in ognuno di questi casi, dal grado in cui è rispondente al resto deli 'insiemeY Dobbiamo anche tener presente che in nessun caso la divisione ,dell'insieme in forma e contesto è l'unica possibile. La rispondenza nell'ambito di tale divisione è soltanto un esempio fra i tanti della coerenza interna dell'insieme. Molte altre divisioni dell'insieme saranno ugualmente significative. E veramente, nella gran maggioranza dei casi attuali, è necessario che il progettista consideri tante differenti divisioni
di un Insieme, sovrapposte una all'altra, allo stesso tempo. Consideriamo un insieme formato da un bollitore piu ogni cosa, del mondo fuori del bollitore, che riguardi l'uso e la produzione di utensili casalinghi. Di nuovo qui sembra chiaramente riconoscibile una delimitazione fra il bollitore e il resto dell'insieme, sempre che si avverta l'esigenza di rilevarIa: considerato che il bollitore stesso è un tipo di oggetto chiaramente definito. Ma io posso facilmente operare .variazioni al contorno. Se dico che comunque il bollitore è un mezzo sbagliato per scaldare l'acqua potabile domestica posso rapidamente essere condotto a riprogettare tutta la casa, e poi a continuare, portando indietro il contesto a quelle cose al di fuori della casa che influenzano la forma della casa stessa. Oppure, io posso invece asserire che non _è il bollitore che deve essere riprogettato, ma un certo modo di riscaldare proprio dei bollitori. In questo caso il bollitore diventa parte del contesto, mentre forse è la stufa ad assumere il carattere di forma. Sono due gli aspetti sorto i quali può prendersi eventual- Forma e contesto mente in considerazione una cosiffatta tendenza a cambiare come criteri la .:.e\ef1nizione del problema. Da una parte, abbiamo l'idea- di delimitazione lis~o astratto -di quei progéttisti che vogliono riprogettare intere città e completi processi di fabbricazione quando viene loro richiesto di progettare semplici oggetti: molto spesso non è che un tentativo di uscire da vincoli difficili allargando il limite forma-contesto. D'altra parte, questa tendenza a mutare o estendere i limiti del problema può invece riflettere la coscienza con cui il buon progettista tiene. sempre presenti i possibili cambia~ menti in .ogni punto dell'insieme: in questo caso è veramente. parte del suo compito, poiché, se sa quello che sta facendo, egli è tenuto ad essere consapevole di vari problemi di rispondenza simultaneamente presenti entro l'insieme. Infatti, questa capacità di operare in modo coerente in diversi strati di delimitazione fra forma e contesto è parte in~ tegrante di ciò a cui alludiamo parlando del senso di organizzazione del progettista. La coerenza interna di un insie-' me dipende da tutta una rete di tali rispondenze. In un
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insieme perfettamente coererHe dovremmo aspettarci che le due metà di ogni possibile divisione siano sempre rispondenti una all'altra. . È vero, allora, che essendo in definitiva interessati all'insieme nella sua totalità non vi sarebbe ragione di limitarci ad operare in esso una sola fra le molte possibili suddivisioni. Dovremmo, piuttosto, progettare tenendo sempre presente un gran numero di contorni forma-contesto inseriti uno nell'altro e sovtapposti. In realtà la fotma stessa si affida alla sua propria organizzazione interna ed alla rispondenza interna fra le parti delle quali è composta pet controllare il proprio integrale adattarsi al contesto esterno. Tuttavia, dato che non possiamo sperare di capire questo fenomeno altamente interrelato e complesso prima di aver comprese come raggiungere l'adattamento in un singolo con~ torno scelto arbitrariamente, dobbiamo convenire di trattare per ota solo il ptoblema piu semplice. Decidiamo che, per la durata di ogni discussione, manterremo la stessa singola divisione di un dato insieme in forma e contesto anche se ammettiamo che la divisione è probabilmente scelta a caso. E ricordiamoci pure, come corollario, che per ora non daremo grande peso all'organizzazione interna della forma come tale, ma soltanto alla piu semplice premessa e al piu semplice aspetto di questa organizzazione: vale a dire, quella rispondenza che è residuo dell'adattamento attraverso l'unico limite forma-contesto che scegliamo di esaminareY La forma è una parte del mondo sulla quale abbiamo con· trollo e che decidiamo di plasmare mentre lasciamo il resto del mondo come è. Il contesto è quella parte del mondo nella quale insorge il problema di questa forma; qualsiasi aspetto del mondo che presenti una domanda di forma, è contesto. La rispondenza è una relazione di reciproca accettabilità tra i due termini. In un problema di progettazione dobbiamo tendere a soddisfare le esigenze reciproche che i due termini presentano l'uno nei confronti dell'altro, e a porre il contesto e la forma in un contatto senza sforzo o in una coesistenza senza attrito.
Ci proponiamo ora di illustrare, nei suoi caratteri, la rispon- Problemi di denza di forma e contesto. Consideriamo un semplice caso verifica della rispondenza specifico. t pratica abituale, in ingegneria, se desideriamo creare una superficie metallica perfettamente liscia e uniforme, farla aderire alla superficie di un blocco campione in acciaio, già livellata con precisione massima. Dopo avere inchiostrato la superficie di questo blocco campione e strofinato contro la superficie inchiostrata la faccia del metallo che stiamo lavorando, se questa non è veramente piana si macchiano di inchiostro solo i punti piu prominenti. Levighiamo allora questi punti macchiati, e tentiamo ancora di adattate il no~ stra pezzo contro il blocco. La facciata può infine dirsi piana quando aderisce perfettamente al blocco in modo che non vi siano piu punti sporgenti. Queste insieme di due superBci di metallo è tanto semplice che non saremo distratti dalla possibilità di molteplici contorni di forma-contesto entro di esso. Solo uno di tali limiti merita di essere discusso ad un livello macroscopico, quello fra la superficie campione (il contesto) e la superficie che stiamo tentando di livellate (la fOJma). Per di piu, poiché il comesto è fisso, e solo la forma è variabile, il compito di livellare una superficie di metallo serve bene come paradigma del' problema di progettazione. In questo caso noi possiamo distinguere sperimentalmente la buona dalla cattiva rispondenza, inchiostrando il blocco «campione», mettendo la superficie del metallo contro di esso, e controllando i segni che sono stati trasferiti. Volendo si può anche, in questo caso, giudicare la forma senza parla effettivamente a contatto con il suo contesto. Si può definire la levigatezza in termini matematici, come limitazione della varianza che è permessa sulla superficie, e quindi collaudare la forma stessa, senza metterla a confronto col contesto. Consideriamo ora un secondo esempio, un po' piu complesso. Supponiamo di inventare una disposizione di limature di ferro che sia stabile quando è posta in una certa posizione in un dato campo magnetico. È chiaro che si può con· siderare questa ipotesi come un problema di progettazione. Le limature di ferro costituiscono una forma, il campo ma·
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gnetico un contesto. Anche in questo ca::iU, possiamo giudicare facilmente la rispondenza deUa forma ponendo!a nel campo magnetico, ed osservando se qualcuna delle limature si muove sotto la sua influenza. Se esse non si muovono, la forma è rispondente. D'altra parte, se desideriamo giudicare l'idoneità della forma senza ricorrere a questo esperimento, possiamo descrivere le linee di forza del campo magnetico in termini matematici, e calcolare la rispondenza o la mancata rispondenza. Come prima, l'opportunità di valutare la forma quando questa è separata dal suo contesto dipende dal fatto che noi possiamo dare una precisa descrizione mat.ematica del contesto (in questo caso le equazioni del campo magnetico). Sfortunatamente, in genere non possiamo dare una descrizione adeguata del contesto con il quale abbiamo a che fare. I campi dei contesti che troviamo nel mondo reale non p,ossono essere descritti nel modo unitario che abbiamo adottato per la levigatezza e per i campi magnetici. Non esiste tuttora alcuna teoria di insiemi capace di fornire una descrizione unitaria dei vari fenomeni che incontriamo nel contesto urbano di una abitazione, per esempio, o in una sonata, o in un ciclo di produzione. Eppur.e abbiamo certo bisogno di un mezzo per valutare la rispondenza di una forma, che non si basi sull'esperimento di sottoporre effettivamente a prova la forma, nel contesto del mondo reale. Il progettare con prova ed errore è un metodo mirabile. Ma è proprio la prova-ed-errore del mondo reale che noi stiamo tentando di sostituire col metodo simbolico perché la vera prova-ed-errore è un procedimento troppo costoso e troppo lento. L'esperimento di inserire una forma prototipo nel contesto stesso è il miglior criterio per verificare la rispondenza. Una completa descrizione unitaria delle domande poste dal contesto sarebbe a sua volta il solo criterio non sperimpntale pienamente adeguato. Il primo è troppo costoso, il secondo è impossibile: e allora cosa faremo?
Comprendere il campo del contesto
Osserviamo anzitutto, che non dovremmo veramente aspettarci di poter dare una descrizione unitaria del contesto per
i casi complessi; se noi lo potessimo, non vi sarebbero problemi di progettazione. Il contesto e la forma sono complementari. Ecco il fatto che sta dietro l'osservazione di D'Arcy Thompson che la forma è un diagramma di forze." Una volta che noi avremo tracciato il diagramma delle forze nel senso letterale (avremo, cioè, descritto il «campo» del contesto) questo descriverà anche l'elemeqto costitutivo del· la forma in quanto diagramma complementare di forze. Una volta, ad esempio, che avremo descritto la levigatezza del blocco di metallo, o le linee di forza del campo magnetico, non vi saranno difficoltà concettuali, ma solo difficoltà di ordine tecnico nell'ottenere una forma adatta ad essi, perché la descrizione unitaria del contesto è in entrambi i casi anche una descrizione della forma richiesta. I~ tali casi non vi è un vero ,e proprio problema di progettazione. Ciò che rende la progettazione un problema nei casi del mondo reale è che noi tentiamo di tracciare un diagramma di forze il cui campo non comprendiamoY Capire il campo del contesto e inventare una forma adatta ad esso sono in realtà due aspetti dello stesso processo. Proprio per· ché il contesto è oscuro noi non possiamo dare un criterio diretto e completamente coerente per la rispondenza che stiamo te~tando di raggiungere; ed è sempre la sua oscurità che rende del tutto problematico il compito di plasma-re una forma idoneamente rispondente. Cosa facciamo di fronte a questa difficoltà nei casi quotidiani? Idonea rispondenza significa qualcosa, dopotutto, perfino qualora non possiamo disporre di un criterio completamente soddisfacente come quello di «campo ». In che modo si attua la nostra cosciente esperienza di una mancata rispondenza? Se torniamo al procedimento di far collimare le superfici di metallo contro un blocco campione e se pensiamo al modo in cui l'adeguata e~ l'inadeguata rispondenza ci si presentano, ci accorgiamo di una proprietà piuttosto singolare: il pro· cedimento non suggerisce alcun mezzo diretto e pratico per identificare positivamente una idonea rispondenza. Noi riconosciamo infatti un fenomeno di inidoneità ogni volta che vediamo un punto sporgente segnato dall'inchiostro. E in-
Solo i casi di inidoneità sono riconoscibili
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vece percepiamo l'adeguata rispondenza, in. pratica, soltanto da un punto di vista negativo, come nel caso~limite in cui non appaiono macchie. Nella vita stessa, di tutti noi, la distinzione tra la corretta e la mancata attinenza ai modelli del comportamento sociale quotidiano, presenta caratteristiche simili. Se un uomo veste oggi un abito del XVIII secolo, o se porta i capelli giri 6.00 alle spalle, O costruisce un castello gotico, molto probabilmente consideriamo strano il suo comportamento: non si adatta al nostro tempo. Eppure sono questi allontanamenti dalla norma che risaltano nella nostra mente, piuttosto che la norma stessa. La loro erroneità è in un certo qual modo piu evidente che l'esattezza di comportamenti meno eccentrici, e perciò stesso è piti stimolante. In questo modo aache nella vita quotidiana il concetto di corretta rispondenza, malgrado sia positivo nel suo significato, sembra attingere molto largamente a confronti negativi; quelli che attraggono ]a nostra attenzione, nella vita di ognuno, sono proprio gli aspetti obsoleti, incongrui o stonati. Lo stesso accade nella progettazione di una casa. Troveremmo quasi impossibile caratterizzare una casa che si adatti perfettamente al suo contesto. Eppure è la cosa piti facile del mondo nominare i tipi specifici di inidoneità che si oppongono, appunto, a un'idonea rispondenza. Una cucina difficile da pulire, una carenza di spazio per parcheggiare la macchina, il bambino che gioca in un luogo dove può essere investito dalle automobili, l'acqua piovana che entra, il sovraffollamemo e la mancanza di intimità, una graticola al livello degli occhi che spruzza grasso bollente, una maniglia in plastica clorata che delude le mie aspettative e la porta di ingresso che non riesco a trovare, sono tutti casi di mancata rispondenza fra la casa e le abitudini v.itali cui dovrebbe attagliarsi. Queste inidoneità sono le forze che devono plasmarla, e non è possibile cO.Qfonderle. Per il fatto stesso che sono espresse in forma negativa sono specifiche, ed abbastanza tangibili perché si possa parlarne. La stessa cosa accade nella percezione. Supponiamo che ci sia dato un bottone da appaiare, fra un assortimento di bottoni contenuto in una scatola. Come procediamo? Esaminia-
ma i bottoni nella scatola, uno alla volta; ma non cerchiamo immediatamente il bottone che corrisponde al primo. Quello che facciamo, realmente, è di esaminare i bottoni, scartando rutti quelli in cui notiamo qualche differenza (questo è piu grande, questo è piu scuro, questo ha troppi buchi e cosi via) finché non arriviamo ad uno per il quale non riscontriamo alcuna differenza. Allora diciamo che ne abbiamo trovato uno uguale. Notate che anche qui è molto piu facile spiegare l'inidoneità di ogni bottone inadeguato che giustificare la conformità di quello rispondente. Quando noi parliamo di inadeguata rispondenza ci riferiamo ad una singola proprietà identificabile di un insieme, che è di esperienza immediata e descrivi.bile. Dovunque si presenta un caso di inadeguatezza entro un insieme, siamo in grado di indicare in modo spe.cifico ciò che fa difetto e di descriverlo. Si direbbe che in pratica il concetto di idonea rispondenza, descrivendo solo l'assenza di tali difetti e quindi lasciandoci senza nient'altro di concreto a cui riferirei nella spiegazione, possa essere spiegato solo indirettamente; in sostanza, è come se consistesse nello scarto progressivo di tutte le possibili inidoneità. 16 Ciò premesso, vorrei dunque ricordare come dovremmo sempre aspettarci di vedere il processo in cui si raggiunge un buon ad~ttamento tra due entità nei termini di un processo negativo che annulla le incongruenze o le irritazioni, ovvero le forze, che determinano la non rispondenza. l7 Si obietterà che definire l'adeguata rispondenza come assenza di certe qualità negative non è piu chiarificante che indicarla come presenza di particolari qualità positive.1 8 Comunque, sebbene i due modi siano equivalenti da un punto di vista logico, da quello fenomenologico e pratico sono invece molto diversL '9 In pratica, parlare di idonea rispondenza come soddisfazione simultanea di svariati requisiti, non sarà mai altrettanto naturale come identificarlo con il simultaneo non verificarsi di altrettante e corrispondenti disattitudini. Supponiamo di avere veramente tentato di elencare tutte le relazioni possibili tra la forma e il suo contesto, richieste
RispOl1denza com.e assenza di qualità negative
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per un'adeguata rispondenza (un elenco simile sarebbe proprio il tipo di elenco di requisiti che tanto spesso i peoger· tisti tentano di redigere). In teoria, noi potremmo usare ogni requisito esposto nella lista come un criterio indipendente, ed accettare una forma come rispondente solo se soddisfa simultaneamente tutti i criteri. Comunque, pensato a questo modo, un tale elenco di requisiti è potenzialmente senza fine e richiede ancora una descrizione di «campo» per essere tenuto insieme. Pensate, ad esempio, di tentare di specificare tutte le proprierà che un bottone deve avere per essere appaiato con un altro. i\ presèindere dai caratteri che abbiamo già menzionato - misura, colore, numero di buchi, e cosi via - dovremmo anche specificare il suo peso specifico, la sua carica e1ettrostarica, la sua.Niscosità, la sua rigidità, il fatto che dovrebbe essere rotondo. che non dovrebbe essere fatto di carta, ecc. ecc. In altre parole, non dovremmo specificare solo le qualità che lo distinguono da tutti gli altri bottoni, ma anche definire tutte le caratteristiche che lo fanno essere proprio un bottone. Sfortunatamente, l'elenco delle caratteristiche distinguibili che possiamo annotare per i bottoni è in.finita. Esso rimane infinito per tutti gli scopi pratici finché non scopriamo una descrizione di campo del bottone. Senza la descrizione di campo del bottone, non vi è modo di ridurre la lista degli attributi richiesti a termini finiti. Siamo indotti perciò ad economizzare quando tentiamo di specificare la natura del bottone da appaiare, perché noi possiamo afferrare solo un elenco limi taro (e per di piu anche molto ridotto). Naturalmente, scegliamo di specificare quelle caratteristiche che piu facilmente provocano difficoltà nella questione dell'appaiare, e che sono perciò piu utili nello sforzo ·di distin~ guere tra gli oggetti che possiamo incontrare nella nostra ricerca di bottoni. ìvla pet fare ciò, dobbiamo fare assegnamento sul fatto che un gran numero di oggetti non sarà neanche preso in considerazione. Dopotutto si possono can~ cepire oggetti che sono bottoni da ogni punto di vista se si eccettua il fatto che portano una carica elettrica di 1000 cOlilamb, per esempio. Eppure in pratica sarebbe comple~
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tamente superfluo, come anche poco pratico, specificare quale carica elettrostatica dovrebbe avere un bottone ben appaiato. Abbiamo poche probabilità di trovare un bottone che porti proprio quella carica e perciò ne ignoriamo la possibilità. L'unica ragione per la quale abbiamo qualche possibilità di appaiare un oggetto con un altro è che facciamo assegnamento su una grande quantità di informazione non espressa, implicita nell'esposto del computo; e ne diamo senz'altro per scontata una vasta porzione. 20 Nel caso di una questione di progettazione che sia vera· mente problematica incontriamo la stessa situazione. Non abbiamo una descrizione di campo del contesto, e perciò non abbiamo un mezzo intrinseco per ridurre a termini finiti l'insieme potenzialmente infinito dei requisiti. Eppure, per ragioni pratiche, abbiamo bisogno di un mezzo per enucleare un insieme finito dall'insieme infinito degli insiemi possibili. Nel caso dei requisi ti, non si dispone di. alcun mezzo ragionevole per scegliere questo insieme finito. Da un punto di vista puramente descrittivo non abbiamo alcun mezzo per sapere quali delle infinite relazioni tta la forma ed il contesto inductere e quali escludere. Ma se noi pensiamo ai requisiti da un punto di vista negativb, come a potenziali inidoneità, vi è un mezzo s'emplice per scegliere un insieme finito. Poiché attraverso la non rispondenza il problema si impone alla nostra attenzione. Noi consideriamo solamente quelle relazioni tra la forma ed il contesto che si impongono con maggiore violenza, che richiamano nel modo piti evidente l'attenzione, che si appalesano piti clamorosamente come errate. Non possiamo fare meglio di cosi,21 Se vi fosse un mezzo intrinseco per ridurre a poche voci l'elenco dei requisiti, avremmo, in sostanza, la descrizione di campo del contesto; se cosi fosse, il problema ,di creare la rispondenza diverrebbe insignificante, e uscirebbe dall'ambito dei problemi di progettazione. Noi non possiamo possedere una descrizione unitaria o di campo del contesto ed avere ancora un problema di progettazione che meriti la nostra attenzione. Nell'ipotesi di un puro problema di progettazione, persino la convinzione che esista un obiettivo quale il persegui-
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mento della rispondenza, è singolarmente irrilevante e poco sostanziale. Ciò che cerchiamo è qualche tipo di armonia fra due entità inafferrabili: una forma che non abbiamo ancora progettato e un contesto che non possiamo descrivere propriamente. Le uniche ragioni che possiamo avere per presumere che debba esserci qualche tipo di adattamento da realizzare fra queste due entità è in rapporto alla nostra possibHità di percepire in esse incongruenze o fattori negativi. In un insieme, le incongruenze sono i dati primari dell'esperienza. Se ammettiamo di trattare la rispondenza come l'assenza di disatt.itudini, e di usare un elenco di quelle disatti~ tudini potenziali che piu probabilmente incontreremo, come criterio per l'adattamento, la nostra teoria avrà almeno la stessa. natura della nostra convinzione intuitiva che vi sia un problema da risolvere. Uso di variabili binarie
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I risultati di questo capitolo, espreSSI 10 termini formali, sono questi. Se dividiamo un insieme in forma e contesto, la rispondenza reciproca fra di essi potrebbe essere considerata come una condizione ordinaria dell'insieme, soggetta però a perturbazioni di varia natura, ognuna delle quali è una potenziale disattitudine: ne sono esempi casi di mancata ,rispondenza fra una casa e quelli che la usano, citati a pago 28. Possiamo" riassumere lo stato di ogni disattitudine potenziale per mezzo di una variabile binaria. Se si presenta la disattitudine, diciamo che la variabile assume il valore 1. Se essa non si presenta diciamo che la variabile assume il valore O. Ogni variabile binaria rappresenta quindi una possibilità di mancata rispondenza tra la forma ed il contesto.22 Il valore che assume questa variabile, O o 1,' descrive uno stato di cose che non appartiene né alla sola forma né al solo contesto, ma si concreta nell'ambito di una, relazione tra i due. Lo stato di questa relazione,' rispondenza o non-rispondenza, registra uno specifico aspetto dell'intero insieme. Condizione necessaria per l'armonia dell'insieme e il perfetto adattamento entro di esso è che non venga in pratica a verificarsi alcuno dei possibili casi di non~rispondenza. Possiamo rappresentare questa condizio-
ne dicendo che tutte le variabili assumono in ral caso il valore o. Il compito della progettazione non è di creare una forma che soddisfi certe condizioni, ma di creare entro l'insieme un ordine tale che tutte le variabili assumano il valore o. La forma è semplicemente quella parte dell'insieme sulla quale abbiamo controllo. Ă&#x2C6; solo attraverso la forma che possiamo creare ordine nell'insieme.
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2[ La base della corretta rispondenza
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Dobbiamo Ofa scoprire come dovremmo procl'c1<::re per otte· nere un'adeguata rispondenza. Dove trovarla? Quale è la car:~uerjstica dei processi che la perseguono con successo? Si è molto spesso sostenuto (specie nell'ambiente degli architetti) che le abitazioni proprie di civiltà piu semplici delle nostre sono per certi aspetti migliori delle nostre case.! Benché sovente simili affermazioni siano state esagerate, in piu di un caso l'osservazione può dirsi sostanzialmenre giusta. Tenterò di mostrare come i farti che la sostengono, se interpretati correttamente, hanno conseguen:te pratiche importanti per un processo di progettazione intelligentemente concepito. Consideriamo per un momento qualcuna fra le piu famose costruzioni moderne, dal punto di vista della loro idonea rispondenza. La casa Farns\Vorth di Mies Van der Rohe sebbene sia meravigliosamente chiara e 0rganizzata sotto l'impulso di alcune rigorose regole formali, economicamente non è certo un trionfo, né può dirsi tale per quanto riguarda la sua resistenza alle alluvioni dell'Illinois.' Le cupole geodetiche di Buckminster Fuller hanno risolto il grave problema di coprire spazi" ma è molto difficile inserirvi delle porte. Anche la sua casa dymaxion, benché efficiente quanto a imballo, rapida distribuzione e produzione in massa, denuncia tuttavia una mancata considerazione di quale incon· gruenza rappresentino singole case isolate poste di fronte al tumulto acustico ed alla complessità dei servizi di una città moderna. 3 Anche Le Corbusier nella Villa Savoie, per esempio, o negli appartamenti di Marsiglia, raggiunge la sua chiarezza di forma a scapito di certi servizi e comforts del tutto elementari. 4 Al profano piace talvolta accusare questi progettisti di aver sacrificato la funzionalità nella ricerca della chiarezza, semplicemente perché distaccati da questioni pratiche come queI~
le di una massaia, preoccupati come sono unicamente di quanto loro personalmente interessa. Questa accusa è elusiva. È vero che in un programma funzionale i progettisti spesso sviluppano di piu una parte a scapito di un'altra. Ma lo fanno perché l'unico modo in cui sembra' loro possibile di organizzare chiaramente una forma è quello di progettare guidati dalla forza di qualche concetto relativamente semplice. D'altra parte, se i progettisri non .mirano principalmente ad una chiara organizzazione, ma tentano di considerare egualmente importanti tutti i requisiti, insorge allora una certa. anomalia all'estremo opposto. Prendiamo la casa me~ dia costruita da uno speculatore; essa è costruita tenendo conto del mercato, e perciò, in un certo modo, si adatta bene al suo contesto, anche se, superficialmente. Ma in questo caso le varie richieste fatte sulla forma sono soddisfatte separatamente senza nessun significato per l'organizzazione globale di cui la forma necessita per poter contribuire integralmente al funzionamento dell'insieme. Poiché oggigiorno nell'ambiente umano ogni cosa può essere modificata da acquisti convenienti nei grandi magazzini, effettivamente bisogna provvedere a molto poco nell'organizzazione base della casa. Invece di orientare con cura la casa secondo il sole ed il vento, il costruttore concepisce la sua organizzazione senza curarsi dell'orientamento: alla luce, al calore e all'aereazione provvederanno ventilatori, lampade ed altri espedienti estranei. Le camere da letto non sono separate dalle camere di soggiorno nella pianta, ma sono le une accanto alle altre: poi le pareti divisorie vengono ·imbottite di materiali per l'isolamento acustico. La protesta per la mancanza di una chiarezza macroscopica in questi èasi non e··un capriccio estetico. Mentre è vero che un problema individuale può essere .spesso adeguatamente risolto senza riguardo all'ordine. fisico fondamentale che esso implica, non possiamo però risolv'ere casualmente tutta una rete di tali problemi e riuscire a farlo impunemente. È inconcepibile che si possa riuscire ad organizzare un insieme complesso come una città moderna finché non si abbia una veduta abbastanza chiara dei problemi piti sem-
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Le abitazioni dei primitivi sono perfettamente idonee
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plici di progettazione con tutte le loro implicazioni nella produzione di case che siano fisicamente chiare come organizzazioni totali. E tuttavia attualmente, nella nostra civiltà, può dirsi in pratica quasi sconosciuta qualsiasi forma di casa che sia organizzata con chiarezza e al tempo stesso sia soddisfacente da tutti i punti di vista richiesti dal contesto. Se invece guardiamo, per fare un confronto, un'abitazione di contadini o un iglu o una capanna di fango africana, allora è frequente di ritrovare combinati il buon adattamento e la chiarezza. Si consideri ad esempio la capanna mousgoum, costruita dalle tribu africane delle regioni settentrionali del Camerun. 5 A parte le differenze causate da leggeri mutamenti di località e oècupazione, le capanne variano molto poco. Anche un esame superficiale dimostra che esse sono tutte versioni dello stesso unico tipo di forma e comunicano un forte senso della loro adeguatezza e assenza di arbitrarietà. Per coincidenza o no, la forma emisferica della capanna fornisce la superficie piu efficace per contenere in una misura minima il passaggio di calore, e conserva l'interno ragionevolmente ben protetto dai raggi del sole equatoriale. L'emisfero è sostenuto da una serie di costole verticali di irrigidimento. A parte il fatto che esse aiutano a sostenere la struttura principale, queste costole agiscono anche come canali per l'acqua piovana, e sono allo stesso tempo usate dal costruttore della capanna come appigli per arrampicarsi sulla parte superiore dell'esterno durante la costruzione. 6 Invece di usare impalcature asportabili (il legno è molto scarso) egli costruisce l'impalcatura con parte della struttur;]. Questa «impalcatura» è ancora là quando il proprietario ha bisogno di arrampicarsi per le prime riparazioni della capanna. I Mousgoum non possono permettersi, come noi, di considerare la manutenzione come una seccatura che è meglio dimenticare finché non è il momento di chiamare l'idraulico locale. Questa funzione è affidata alle stesse mani di chi ha costruito, e le sue esigenze modellano probabilmente la forma come quelle primarie della costruzione. Inoltre, ogni capanna si annida stupendamente negli avv:l:-
lamenti e negli anfratti del terreno. Essa deve farlo, perché la sua materia è debole strutturalmente come la terra sulla quale poggia, ed ogni estraneità o discontinuità causata da una posizione errata impedirebbe alla costruzione di sopravvivere alle tensioni dell'erosione. Le fondamenta di cemen· to armato che sfidano le condizioni atmosferiche e che permettono l'arbitraria posizione dei nostri edifici. sono sconosciute ai Mousgoum. Il raggrupparsi delle capanne riflerte l'ordinamento sociale dei loro abitanti. La capanna di ogni uomo è contornata dalle capanne delle sue mogli e dei suoi dipendenti come lo richiedono le consuetudini sociali. Inoltre, in tale modo queste capanne sussidiarie formano anche un muro attorno alla capanna del capo e con ciò proteggono questa e loro stessi dagli animali selvatici <: dagli invasori. 7 Questo esempio dimostra come il sistema dell'operazione di costruzione, il sistema di manutenzione della costruzione. i vincoli delle condizioni circostanti ed anche lo schema della vita quotidiana, sono fusi nella forma. La forma ha una duplice coerenza. È coerente in relazione al suo contesto. Ed è fisicamente coerente. Questo genere di duplice coerenza è comune alle culture semplici. Ma nella nostra cuIrura le sole forme che possono essere paragonate a queste forme piu semplici per la chiarezza della concezione, sono quelle che abbiamo già menzionato, progettate sotto l'impulso di preoccupazioni molto patticoIari. E queste forme, appunto perché derivano la loro chiarezza dalla semplificazione del problema, non riescono a soddisfare tutte le richieste del contesto' È vero che i nostri standard funzionali sono superiori a quelli delle situazioni piu semplici. È vero, e importante da ricordare, che le culture semplici non affrontano problemi altrettanto complessi quanto quelli che affrontiamo noi nella progertazione. Ed è vero che se esse li affrontassero probabilmente non dimostrerebbero di essere meglio di noi. 9 Quando ammiriamo le situazioni semplici per le loro buone qualità, non significa che desideriamo regredire ad esse. L'illusione di innocenza è per noi di poco conforto; iI problema di organizzare. la forma sOtto vincoli complessi, è nuovo e tut-
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to nostro. Ma nel loro proprio modo le· culture semplici svolgono il loro compito meglio di quanto noi facciamo col nostro. lo credo che solo un attento esame del loro successo può suggerirei la prospettiva necessaria per risolvere il problema della complessità. Chiediamoci, perciò, donde venga tale successo. Per rispondere a questa domanda tracceremo innanzi tutto una netta e a-rbitraria divisione fra quelle culture che per contrasto vogliaJ1.1o chiamar~ <~ semplici» e quelle che vogliamo classificare come « nostre ». Propongo eJi chiamare certe culture «non autocoscienti» per porle in contrasto con le altre, inclusa la nostra, che propongo di chiamare « autocoscienti ». Naturalmente, il contrasto qualitativo fra le forme prodotte nei due differenti tipi di cultura non è cOSI evidente come io dirò . .E nemmeno i due processi creativi della forma sono distinguibili tanto nettamente quanto pretende questo testo. Ma ho deliberatamente esagerato il contrasto solo per attirare l'attenzione su certi fatti, che sono intrinsecamente importanti ed illuminanti e che perciò dobbiamo sforzarci di capire per arrivare ad affrontare la progettazione in modo nuovo. È di gran lunga piti importante la comprensione del contrasto particolare che sto tentando di mettere in evidenza, che non la descrizione minuziosa e dettagliata dei fatti concernenti una data cultura. Questo non è un trattato di antropologia ed è perciò meglio pensare a quanto segue semplicemente come ad un confronto tra due diversi ordini di per sé eloquenti, la cultura non autocosciente e la cultura autocosciente. lO Le culture che io scelgo di chiamare «non autocoscienti» sono state chiamate, in precedenza, con molti altri nomi ognuno dei quali era stato scelto per chiarire quel particolare aspetto del contrasto fra tipi di cultura che nel caso specifico si voleva maggiormente porre in risalto. Cosi sono state chiamate «primitive », per distinguerle da quelle in cui la parentela agisce in modo meno determinante nella struttura sociale; 11 «popolari», per separarle dalle culture urbane,l2 «chiuse» per attirare l'attenzione sulla responsabilità dell'individuo nella piti aperta situazione odierna; 13 «ano-
nirne» per distinguerle dalle culture in cui esiste ad esempio una professione chiamata «architettura ».14 La particolare distinzione che intendo adottare riguarda solo il metodo di fare oggetti ed edifici. Parlando in generale, possiamo distinguere fra la nostra propria cultura, che è autocosciente délla sua architettura, della sua arre, e della sua ingegneria, e cerri tipi di cultura che invece sono non autocoscienti de.lle loro corrispondenti discipline. 's I fatti principali che distinguono in senso architettonico le culture non autocoscienti da quelle autocoscienti sono facili da descrivere superficialmente. Nella cultura non autocosciente c~ si preoccupa poco di architettura o di progettazione come tali. Vi è un modo giusto di fare edifici ed un modo sbagliato. Ma mentre vi possono essere provvedimenti generalmente accettati per errori specifici, non vi sono principi generali confrontabili a quelli dei trattati dell'Alberti o di Le Corbusier. Poiché la divisione del lavoro è molto limitata, qualsiasi genere di specializzazione è rara, non vi sono architetti ed ogni uomo costruisce la propria casa. 16 La tecnologia della comunicazione è poco sviluppata. Non vi sono testimonianze scritte o disegni architettonici, e lo scambio culturale è minimo, Questa mancanza di testimonianze scri tte e di informazione sulle altre culture e situazioni, significa che la stessa esperienza deve essere conquistata e riconquistata sempre di nuovo da ogni generazione senza possibilità di sviluppo o di cambiamento. Senza varietà di esperienza, le persone non hanno la possibilità di ve· dere le proprie azioni come alternative ad altre possibilità, ed invece di diventare autocoscienti essi ripetono semplice. mente i modelli della tradizione, perché questi sono i soli che essi possono immaginare, In poche parole, le azioni son? governate dal1'abitudine. 17 Le decisioni di progettazione sono p'rese secondo le consuetudini piuttosto che se· condo le nuove idee di qualche individuo. In efletti, poco valore è attribuito alle idee di un individuo e nessuno pagherebbe la sua inventiva. Il rispetto del rito e del tabu scoraggia innovazioni e autocritica. Inoltre, poiché non vi è qualcosa di simile all'architettura o alla progettazione e nessun problema di progettazione è formulato astratta-
Caratteri sociologici delle culture non-autocoscienti
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mente, tipi di concetto necessari per l'auwcritica architettonica sono troppo scarsamente sviluppati per rendere possibile l'autocritica stessa; difatti l'architettura è raramente concepita in modo tanto tangibile da poter venire criticamente esaminata.
Due criteri di apprendimento radicalmente diversi
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Per essere sicuri che una tale distinzione tra culture non autocoscienti e autocoscienti sia ammissibile, occorre una definizione che ci dica' se dobbiamo definire non·cosciente o autocosciente una cultura sulla base dei soli fatti visibili e riferibili. Troviamo una distinzione chiaramente visibile quando osserviamo il modo con cui sono insegnate e imparate le arti della costruzione della forma, le istituzioni per mezzo delle quali il mestiere passa da una generazione alla sUG(essiva. Poiché i modi in cui l'educazione può operare sono soltanto due, essi possono essere distinti senza difficoltà. Da una parte abbiamo un tipo di insegnamento basato sul· l'esposizione graduale del mestiete, sulla abilità del novizio di imitare attraverso ]a pratica, sulla sua reazione alle sanzioni, alle penalità. o allo stimolo dei sorrisi e delle minacce. Chiaro esempio di questo modo di imparare è il bambino che apprende pratiche elementari. come quella di andare in bicicletta. All'inizio cade goffamente. ma ogni volta che fa una cosa in modo sbagliato. è riprovato; quando accade che la faccia bene, il suo successo ed il fatto che que· sto sia riconosciuto rendono piu probabile una ripetizione giusta. 18 Un esteso sistema di apprendimento di questo tipo gli dà una sensibilità «totale» per la cosa imparata: si tratti di andare in bicicletta o di nuotare, di costruire una casa o di tessere. La caratteristica piu importante di questo tipo di sapere è che le regole non sono esplicite, ma si rivelano, praticamente, attraverso la correzione degli errori. 19 Il secondo tipo di insegnamento tenta, in qualche grado, di rendere esplicite le regole. In questo caso il novizio impara molto piti rapidamente, sulla .base· di «principi» generali. L'educazione diventa formale; fa assegnamento sull'istruzione e sugli insegnanti che istruiscono i loro allievi, non 50]tanto indicando gli errori, ma inculcando regole positive
ed esplicite. Un buon esempio è il salvataggio deUa vita, dove la gente ha raramente la possibilità di imparare per mezzo della prova ed errore. Nella situazione non formale non vi sono «insegnanti» I poiché gli errori del novizio saranno corretti da chiunq"ue ne sappia piu di lui. Ma nella situazione formale, dove l'imparare è un'attività specializ. zata e non avviene piu automaticamente, vi sono «insegnanti» specifici dai quali si impara il mestiere?) Questi insegnanti, o istruttori, devono condensare la conoscenza che una volta era stata faticosamente acquisita dall'esperienza, perché senza tale condensazione il problema dell'insegnare sarebbe pesante ed intrattabile. L'insegnante non può riferirsi esplici tamen te ad ogni singolo errore possibile, poiché se anche vi fosse il tempo di fado, lo stesso elenco non potrebbe essere imparato. Un elenco necessita di una struttura per essere ricordato. 21 Cosi l'insegnante inventa regole che si insegnano facilmente entro le quali adatta quanto può del suo ammaestramento inconscio: un insieme di principi stenografici. Nella cultura non autocosciente la stessa forma è ripetuta sempre di nuovo; per imparare a creare forma la gente ha bisogno solo di imparare a ripetere un singolo modello fisico famigliare. Nella cultura autocosciente si presentano continuamente nuovi propositi; le persone che creano forme devono costantemente trattare problemi che sono completamente nuovi 0, nel caso migliore, modifìcazioni di vecchi problemi. In queste circostanze non è sufficiente copiare vecchi modelli fisici. Petché la gente abbia la possibilità di fare innovazioni e modificazioni secondo le necessità, si
devono introdurre idee sul come e sul perché le cose hanno una loro forma. L'insegnamento deve essere basato su espliciti principi generali riferiti alla funzione, piuttosto che impliciti e specifici principi di model1azione. Chiamerò una cultura «non autocosciente» se la creazione di forma è imparata senza regole, attraverso Fimitazione e la correzione. E chiamerò una cultura « autocosciente» se la creazione di forma è insegnata accademicamente, secondo tegole esplicite."
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Ora, perché le forme, neJJa cultura autocosciente, non sono plasmate in modo altrettanto idoneo e chiaro quanto lo sono quelle deIJa cultura non autocosciente? Nel primo caso il processo del creare forma lo consideriamo buono, nell'al· tro lo consideriamo cattivo. Ma cos'è che rende buono O cattivo un processo creativo di forma? Nei tentativi di spiegare perché il processo non autocosciente è valido, quasi nessuno si era dato la pena, praticamente fino ad oggi, di porre in dubbio il mito del genio primitivo, presumente che l'artigiano non sofisticato sia enormemente piu dotato della sua controparre sofisticata." Il mito del darwinismo architettonico ha ora preso il posto di quello.2~ Eppure, sebbene questo nuovo mitO sia piti accettabile, nella sua forma consueta non è realmente piu informativo del·
l'ahro. '"
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Esso-dice, press'a.poco, che le forme primitive sono buone in quanto sono un risultato di un processo di adattamento graduale, in base al quale attraverso i secoli tali forme- sono state gradualmente rese adeguate alle loro culture da serie di cortezioni intermittenti ma persistenti. Ma questa spiegazione è solo UI) vago cenno. 2S Non ci dice infatti cosa impedisce che tali adàttamenti avvengano con successo nella cultura autocosciente, mentre invece è proprio questo che vogliamo sapere con la massima urgenza. E dopotutto, come spiegazione dell'adeguata rispondenza riscontrata nella cultura non autocosciente, il concetto grezzo di adattamento non è affatto soddisfacente. Se le forme in una cultura non autocosciente rispondono idoneamente ora, è probabile che .10 abbiano sempre fatto. Non conosciamo nessuna differenza notevole fra lo stato presente e gli stati passati delle culture non autocoscienti; e questo assunto, che l'adattamento delle forme in tali culture sia il risultato di 'aggiustamento graduale (cioè, miglioramento) attraverso il tempo, non fa luce su quale dovrebbe essere attualmente un processo dinamico nel quale forma e contesto cambiano entrambi di continuo, pur rimanendo sempre mutualmente equilibrati. 26 Per cogliere nella sua natura il processo creativo della forma, non è sufficiente rimettersi a quella conCisa, monover-
baIe, significazione del suo meccanismo che si raccoglie nella parola «adattamento». Dovremo invece confrontare nei suoi dettagli il funzionamento interno del processo formativo non autocosciente, con quello del processo autocosciente, chiedendoci per qual motivo l'uno funziona e l'altro no. In prima approssimazione, dirò che il processo non autocosciente possiede una struttura che lo rende orneostatico (vale a dire: organizzante sé medesimo), e che esso perciò produce, in modo coerente forme sempre idoneamente rispondenti, anche in presenza di qualsivoglia mutamento. E dirò che invece, nella cultura autocosciente la struttura omeostatica del processo è infranta, di modo che la produzione di forme non adatte al loro contesto è non solo possibile, ma addirittura probabile." Abbiamo stabilito nel capitolo precedente che pet descri- Funzionamento vere la rispondenza e la non-rispondenza fra forma e conte- di un sistema sto, dobbiamo compilare un elenco di variabiJi binarie, ognu- di variabili na delle quali designa una potenziale disattitudine. Nello sfondo del processo formativo, sia autocosciente che non autocosciente, queste variabili di non-rispondenza sono costantemente presenti: siano esse pensieri nella mente di un progettista, o siano azioni, critiche, fallimenti, dubbi. Solo il pensiero e l'esperienza di un possibile fallimento forniscono l'impulso a creare una forma nuova. In qualsiasi momento di questo processo creativo, che la forma sia in uso, o sia invece un prototipo, o anche soltanto un abbozzo, oppure sia caduta nell'obsolescenza, per ognuna delle variabili si verifica comunque l'alternativa della rispondenza o quella deJla mancata rispondenza. Possiamo descrivere lo stato di tutte le variabili insieme per mezzo di una fila di uno e di zero, una per ogni variabile: per esempio, per 20 variabili, 00100110101110110000, sarebbe uno stato. Ogni possibile fila di l e di O è un possibile stato dell'insieme. Mentre procede la creazione di forma, anche il sistema delle variabili cambia di stato. Una disattitudine è rimossa, ne interviene un'altra, e questi mutamenti a loro volta provocano entro il sistema reazioni che influiscono sugli stati di
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altre variabili. Mentre la forma e la cultura cambiano, a uno stato ne segue un altro. La successione degli stati attra~ verso i quali passa il sistema è una registrazione o storia dell'adattamento fra la forma e il contesto. La storia del sistema mostra il processo formativo al lavoro. Per porre a confronto i processi non autocoscienti con quetli autocoscienti, non abbiamo che da esaminare il genere di storhr che il sistema di variabili può presentare nei due distinti tipi. Come vedremo, la storia del sistema nei processi non autocoscienti e in quelli autocoscienti rivela profonde differenze. Forse capiremo. meglio l'idea della storia di un sistema tracciandone un semplice quadro. 1S ( Immaginiamo un sistema di 100 fonti luminose. Ogni fonte può troyarsi in uno di due stati possibili. In uno stato è accesa. Le fonti sono collegate in modo tale che qualsiasi fonte ha sempre il 50 % di probabilità di spegnersi il secondo' dopo. Nell'altro stato la 'fonte luminosa è spenta. I collegamenti fra le fonti sono costituiti in modo che qualsiasi luce spenta ha il 50 % di probabilità di accendersi nuovamente nel secondo successivo, a condizione che almeno una delle fonti alle quali è collegata, in quell'istante sia accesa. Se le fonti luminose alle quali è direttamente collegata sono spente, non ha nessuna possibilità di accendersi, e resta spenta. Se le fonti luminose sono tutte spente simultaneamente, allora resteranno spente definitivamente, poiché quando non vi è una fonte accesa, nessuna fonte ha qualche probabilità di essere riattivata. Questo è uno stato di equilibrio. Prima o poi il sistema di fonti luminose raggiungerà que'sto stato di equilibrio. L'esempio delle fonti luminose ~i aiuta a capire la storia del processo creativo della forma. Ogni fonte è una variabile binaria, e come tale può essere considerata come una variabile di disattitudine. Lo ~tato dell'essere spenta equivale all'attitudine, o rispondenza; lo stato dell'essere accesa equivale alla non-rispondenza. Il fatto, infine, che una fonte accesa abbia la probabilità del 50 % di spegnersi ogni secondo, trova una sua corrispondenza nel fatto che ogniqualvolta sopravvenga una disattitudine, ci si' adopera per cor-
reggerla. Il fatto che le fonti già spente possono essere riac· cese da fonti ad esse collegate, corrisponde al fatto che perfino aspetti già ben adatti di una forma possono essere nuovamente sconvolti da mutamenti che erano iniziati per coro reggere qualche altra disattitudine, e ciò a causa dei collegamenti che esistono fra le variabili. Lo stato di equilibrio, quando tutte le fonti sono spente, corrisponde alla perfetta rispondenza, o adattomento. È l'equilibrio nel quale tutte le variabili di non rispondenza prendono il valore O. Prima o poi il sistema delle fonti luminose finirà sempre per rag~ giungere questo equilibrio. L'unica domanda che resta è: quanto tempo ci vorrà perché questo succeda? Non è difficile vedere che, a parte l'incidenza del caso, la risposta dipende solamente dallo schema delle interconnessioni fra le fonti. Consideriamo due circostanze estreme. 29 Interrelazione 1. Da una parte, supponiamo che non vi sia alcuna inter- e adattamento connessione fra le fonti luminose. In questo caso non vi è nulla che impedisca a qualsiasi fonte di restare spenta definitivamente, appena si spegne. La media del tempo necessario perché si spengano tutte le fonti è perciò solo un poco superiore alla media di tempo necessaria perché si spenga una fonte sola, precisamente 2' secondi ovvero 2 secondi. 2. D'altra parte, immaginiamo che esistano fra le fonti interconnessioni tanto ricche che qualsiasi fonte ancora accesa possa riattivare rapidamente tutte le altre accendendole di nuovo. Il solo modo in cui questo sistema può raggiungere l'adattamento dipende dalla pura possibilità che tutte le 100 fonti si spengano, per un ca"so, allo stesso momento. Il tempo medio che deve passare prima che questo avvenga sarà dell'ordine di 2 100 secondi, ovvero 10 22 anni. Il secondo caso è privo di significato. L'età dell'universo è solo di circa 1010 anni. Per qualsiasi scopo e proposito il sistema non sarà mai adatto. Ma neanche la prima ipotesi ha praticamente senso. In qualsiasi sistema reale infatti vi è sempre fra le variabili qualche interconnessione che rende impossibile ad ogni singola variabile di adattarsi in COffi-
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pleto isolamento. Costruiamo dunque una terza ipotesi. 3. Supponiamo in questo caso che vi siano di nuovo interconnessioni fra le 100 fonti luminose, ma che sia possibile discernere nel sistema delle interconnessioni, una decina di sottosistemi principali, ognuno dei quali contiene lO fonti luminose. 3D Le fonti comprese in ogni sottosistema sono collegate cOSI strettamente che, di nuovo lO devono spegnersi simultaneamente perché restino tutte spente; eppure, allo stesso tempo, i sottosistemi stessi sono reciprocamente indi pendenti a loro volta, in quanto entità unitarie, di modo che le fonti di un sottosistema possono essere spente senza essere riattivate da altre accese in altri sottosistemi. Il tempo medio che ci vorrà per spegnere tutte le 100 fonti è press'a poco lo stesso che ci vuole per spegnere un sottosistema, precisamente 2 10 secondi, vale a dire circa un quarto d'ora. w
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Naturalmente, i sistemi reali non SI comportano In modo cosi semplice. Ma 15 minuti non è un tempo molto superiore ai 2 secondi che occorrono per adattare una variabile isolata, e l'enorme divario fra questa grandezza e i 10 22 anni ci fornisce una lezione essenziale. Nessun sistema complesso adattabile riuscirà praticamente ad adattarsi in una quantità di tempo ragionevole, a meno che l'adattamento possa procedere per sottosistemi, essendo ogni sottosistema relativamente indipendente dagli altri. 31 Questa è una situazione familiare e trova analogia diretta nelle scatolette puzzles dei bambini, cosi divertenti e tanto esasperanti. Il problema, in questi puz1.les, è di riuscire 3 formare certe configurazioni dentro la scatola, dando lievi colpetti al perimetro deUa scatola. Pensiamo al piu semplice di questi puz1.tes dove sei palline variamente colorate devono essere -collocate ciascuna in un foro di colore corrispondente. Un modo di affrontare questo problema può essete quello di sollevare il giocattolo, dargli una energica scossa, C metterlo giu di nuovo, con la speranza che per caso la configurazione corretta si formi. Questo metodo del tutto-a-niente può essere ripetuto parecchie migliaia di volte, ma è chiaro
che le possibilità di successo sono trascurabili. Il bambino che non capisce quale è il migliore metodo per giocare segue in genere questa tecnica. Ma il modo di gran lunga piu faci· le - ed è infatti il modo che si adotta ragionevolmente - è' di manovrare una pallina alla volta. La pallina una volta che è nel foro vi resta inserita definitivamente, purché si perqlOta con delicatezza; allora si comincia a manovrare la -seconda e via di seguito lino ad arrivare alla configurazione finale, passo per passo. Se trattiamo ogni pallina come un sottosistema isolabile, e trattiamo i sottosistemi in maniera indipendente, possiamo risolvere il puzzle. Se ora consideriamo il.processo creativo della forma, scorgiamo, alla luce di questi esempi, un modo semplice di rendere esplicita la distinzione fra i processi che fUDzionan.o e quelli che non funzionano. Qobbiamo ricordarci in quale senso preciso vi può essere un sistema attivo in un processo creativo di forma. Si tratta di un sistema puramente fittizio. Le sue variabili sono le condizioni che devono essere soddisfatte da un buon adattamento fra la forma e il contesto. Le sue interazioni sono i collegamenti causali che con· nettano le variabili una all'altra. Se in una casa non vi è abbastanza luce, si possono aggiungere altre finestre: il cam· biamento può migliorare la luce, ma può .compromettere l'intimità. Un altro modo per aumentare la luce può essere quello di allargare le finestre ma con questo si potrebbe far crollare la casa. Questi sono esempi di collegamenti intervariabili. Se rap· presentiamo questo sistema disegnando un punto per ogni variabile di non-rispondenza e un legame fra due punti per ciascuno dei collegamenti causali, otteniamo una struttura che è press'a poco cOSI:
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Adesso torniamo indietro alla questione dell'adattamento. Ă&#x2C6; chiaro che le variabili di non-rispondenza, essendo interconnesse, non possono essere risolte indipendentemente, una per una. D'altra parte, poichĂŠ Don tutte le variabili sono connesse in modo ugualmente stretto (in altre parole non vi sono solamente dipendenze fra le variabili, ma anche indipendenze) vi saranno sempre dei sottosistemi come quelli contornati qua sotto, che possono, in linea di principio, operare con una certa autonomiaY J
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Di conseguenza, possiamo rappresentare il processo creativo di forma come l'azione di una serie di sottosistemi, tutti concatenati, eppure abbastanza liberi l'uno dall'altro per adattarsi indipendentemente in un periodo di tempo conveniente. Questa funziona, perchÊ i cicIi di correzione e di ricorrezione, che avvengono durante l'adattamento, sono circoscritti ad un sottosistema alla volta. In modo diretto, non saremmo capaci di vedere se i processi creativi di forma, non autocoscienti e autocoscienti, operano o meno attraverso sottosistemi. Dedurremo invece i~direttamente i loro modi di operare. Il maggiore indizio della struttura interna di qualsiasi processo dinamico sta nella sua. reazione al mutamento. Una cultura, naturalmente, non passa da un mutamento al successivo con netti spostamenti. Si intessono continuamente nuovi fili, che rendòno i mutamenti continui e uniformi. Ma dal punto di vista del suo effetto su una forma, il mutamento diventa significativo nel momento in cui un faIli-
mento o una non-rispondenza raggiunge una importanza critica: nel momento. cioè, in cui questa disattitudine è palesemente riconoscibile e la gente sente che la forma ha qualcosa di sbagliato in se stessa. È perciò legittimo, per il nostro scopo. considerare una cultura come soggetta a mutare attraverso passaggi netti ed evidenti. 33 Desideriamo sapere, ora. come reagisce il processo creativo della forma a un tale mutamento. Sia che sopravvenga un disadattamento nuovo, prima sconosciuto, sia che uno già noto torni a presentarsi, in ambedue i casi, dal nostro punto di vista, qualche singola variabile cambia valore da O a 1. Precisamente, cosa accade quando una variabile di disattitudine assume il valore l? Come si comporta il processo sotto questo stimolo? Torniamo indietro per un mOf!lento al nostro sistema delle 100 Ionti luminose. Supponiamo che il sistema sia in uno stato di adattamento: che, cioè, tutte le fonti siano spente. Immaginiamo ora che ogni tanto una fonte venga accesa da un agente esterno, anche se nessuna delle altre è accesa per attivarla. Aspettando di vedere cosa avviene dopo, possiamo molto facilmente dedurre la struttura int~rna del sistema, anche se non possiamo vederla direttamente. Se la fonte luminosa lampeggia sempre una volta, e poi si spegne ancora e resta spenta, ne deduciamo che le fonti possono adattarsi indipendentemente, e perciò non vi sono interconnessioni fra le fonti. Se la fonte invece ne attiva qualche altra ed esse lampeggiano insieme per un po', e poi si spengono, deduciamo che stanno agendo dei sottosistemi di fonti interconnesse. Se la fonte lampeggia e poi attiva altre fonti finché tutte lampeggiano, e non si assestano mai piu, ne deduciamo che il sistema è incapace di adattarsi, sottosistema per sottosistema, perché le interconnessioni sono troppo ricche. La fonte luminosa solitaria accesa da un agente esterno è un caso di disadattamento occasionale. La re~zione del sistema a questo « disturbo» corrisponde alla reazione del processo creativo della forma a quella mancata rispondenza. Se noi rileviamo la presenza attiva di sottosistemi in un processo, possiamo allora arguire (come se fosse per induzione)
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che questa è pienamente responsabile della buona rIspundenza deUe forme che sono prodotte dal processo. Poiché se le buone forme possono sempre essere adattate correttamente ogni qualvolta intervenga un lieve disadattamento, allora nessuna sequenza di mutamenti distruggerà mai il buon adattamento (almeno finch~ il processo mantiene questo carattere); e purché vi sia stato buon adattamento in qualche periodo del passato, non importa quanto remoto (il primo termine dell'induzione) esso avrà persistito, perché vi è una stabilità attiva in azione.3~ Se, d'altra parte, il processo formativo è tale che un cambiamento minore di culwra può rovesciare il buon adattamento delle forme che produce, allora qualsiasi forma ben adatta che possiamo os· servare in un periodo o in un altro è solo per caso rispon. dente; e. la prossima deviazione culwrale potrebbe condurre ancora una volta alla produzione di forme inadatte. È la natura interna del processo che conta. Il punto essenziale che sta alla base della discussione seguente è che nelle culrure non autocoscienti i costruttori di forma reagiscono ai. piccoli cambiamenti in un mudo che permette praticameme ai sottosistemi del sistema di non-rispondenza di operare indipendentemente; mentre, poiché la reazione autocosciente al cambiail lento non può avvenire sottosistema per sottosistema, le forme che ne scaturiscono sono arbitrarie.
3111 processo non autocosciente
Rivolgiamo la nostra attenzione, innanzi tutto, alle culture non autocoscienti. Sarà prima necessario delineare le condizioni che influenzano la produzione delle forme nelle culture non autocoscienti. Noi sappiamo per definizione che l'esperienza costruttiva viene acquisita senza formalità e in assenza di regole codificate.! Malgrado questa assenza (ma forse in realtà, come vedremo piu tardi, proprio per quest'assenza), le regole no~ espresse sono molto complesse e restano rigorosamente conservate. È stabilito con precisione un modo di fare le cose, e un modo di non farle. Esiste una tradizione .fermamente determinata, accettata senza discussione da tutti i costruttori di forma, e questa tradizione resiste con forza al mutamento. L'esistenza di tradizioni cosi forti e l'evidenza della loro rigidità si. manifestano già ad un certo livello in quegli aspetti delle culture non autocoscienti che sono stati trattati. È chiaro, per esempio, che le forme non restano inalterate per secoli senza diventare tradizione. Se le case egiziane del Nilo hanno oggi la stessa pianta delle case rappresentate nei geroglifìci,2 possiamo essere abbastanza certi che i loro costruttori agiscono nella morsa di una tradizione. In qualsiasi luogo ave le forme sono virtualmente le stesse oggi come migUaia di anni fa, i legami devono essere estremamente potenti. Nell'Italia meridionale, né i trulli della Puglia, né le capanne dei carbonai di Anzio vicino a Roma sono cambiati dai ter,ppi preistorici. 3 Lo stesso è stato accertato per le case nere delle Ebridi Esterne e per gli hogans dei Navaho' La caratteristica piti evidente della tradizione architettonica nelle culture non autocoscienti è la ricchezza di mito e di leggenda che si ritrova nell'uso del costruire. Le storie di rado si occupano esclusivamente di abitazioni, tuttavia de-
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scrizioni della casa, della sua forma, delle sue ortglnl, ricorrono nei principali miti globali che si trovano proprio alle radici della ctÙtura. Tutte le volte che questo accade, non solo la tradizione architettonica diventa inattaccabile, ma è sicura la sua costante ripetizione. Le tende nere, usate dai nomadi dalla Tunisia all'Afghanistan, ricorrono piu di una volta nell'Antico Testamento' E i racconti popolari della antica Irlanda e delle Ebridi Esterne sono pieni di- riferimenti indiretti alla forma delle càse.6 L'età di questi esempi ci dà un'idea di come siano forti e antiche le tradizioni che agiscono nel modello non autocosciente delle forme di abitazione. Ogni volta che la casa compare in un mito, essa diventa subito parte di un ordine superiore, ineffabile, immutabile, che non si deve cambiare. Se certi indiani delle Amazzoni credono che dopo la morte l'anima si ritiri in una casa posta alla sorgente di un fiume misterioso,' il solo fatto che la casa sia associata ad una storia di questo genere elimina ogni possibiJità di critica meditata alla sua form.l standard e pone fuori questione il problema dei limiti della sua «esattezza ». I riti e i tabu legati all'abitazione sono ancora piu forti. In tutta la Polinesia, la resistenza al cambiamento si fa sentire in modo assolutamente inequivocabile nel fatto che la costruzione di una casa è una occasione di cerimonia.! Le fun zioni dei sacerdoti e quelle dei costruttori, malgrado presentino diversità da un'isola all'altra, sono sempre specificate con chiarezza; e la rigidità dei modelli di comportamentq, ancorati a una persistenza delle tecniche, conserva le forme stesse e rende estremamente difficile il cambiamento. Quan· to agli indiani navaho, essi pure fanno dei loro hogans l'Og4 getto di una esecuzione fra le piu elaborate. 9 Anche qui l'importanza dei rituali, e la loro rigidezza, rende impossibile il minimo cambiamento nelle forme. La rigidità della tradizione agisce in modo ancora plU evidente quando i costruttori della forma sono obbligati a lavorare con limitazioni inequivocabili. Il samoano, se deve fare una buona casa, deve usare il legno dell'albero dei pane. IO Il contadino italiano che costruisce un trullo a Alberobello può permettersi una certa libertà di espressione personale 4
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solo nel blocco di stucco che corona il cono del tettoY Il Wanoe ha un canto che gli prescrive minuziosamente la se~ quenza delle operazioni cui deve attenersi mentre costruisce la sua casa." Il gallese deve fare i cruks che sopportano il tetto ·seguendo precisamente lo schema della tradiiioneY La forma dei tetti dei costruttori di Sumatra non deriva da una esigenza strettamente strutturale, ma solo dal fatto che quello è il modo di fare i tetti a Sumatra. 14 Ciascuno di questi casi è un esempio dello stesso fenomeno. Le culture non autocoscienti contengono, come caratteristica dei loro sistemi di produzione della forma, una certa intrinseca fissità, dovuta ai modelli del mito, della tradizione e del tabu, resistenti ad ogni cambiamento volontaristico. I costruttori di forma si concedono la libertà di una modifica soltanto in presenza di una ,forte costrizione, ave sopravvengano disturbi tanto potenti (e palesi), a carico delle forme esistenti, da imporne la correzione. Ora si tratta di stabilire quando insorgano tali perturba~ menti, e con quale rapidità la disattitudine della forma conduca all'intervento che la modifica. Forse dobbiamo prima considerare quale sia la vicinanza dell'uomo alla terra in ogni cultura non autocosciente, e pensare ai materiali che usa quando costruisce la sua casa. L'affittuario di un piccolo podere delle Ebridi usa pietra ed argilla e zolle di erba e paglia, perché trova questi materiali nell'ambiente circosta'nte. 15 La tenda degli indiani era fatta con il cuoio del bisonte mangiato. '6 Il pugliese usa come pietre da costruzione i sassi che ha tolto dalla terra per renderla coltivabileY Questi uomini rivelano estrema perizia nel valorizzare gli alberi, le pietre e gli animali che forniscono i mezzi per .la loro sopravvivenza, il loro nutrimento, le loro medicine, i loro mobili, i loro attrezzi. Per il membro di una tribu africana, i materiali disponibili non sono semplicemente oggetti, ma sono pieni di vita. 18 Li conosce completamente dal principio alla fine; ed essi sono sempre a portata di mano. Strettamente associato con questa immediatezza sta il fatto che il costruttore è proprietario della casa che si costruisce, che non soltanto ha creato la forro"a, ma ci vive dentro, sta-
Agevole intervento e rapido adattamento
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bilendo con essa un contatto particolarmente stretto, che conduce ad un costante riordinamento del dettaglio insod· disfacente, a un costante miglioramento. L'uomo, già responsabile dell'originario configurarsi della forma, ne avver~ te costantemente ogni esigenza mentre l'abita. 19 E, ovunque si richieda una modifica, l'intervento è immediato. L'Abipon, che aveva una abitazione pitl semplice di una tenda perché era formata da due pali e una stuoia, scavava una trincea per eliminare la pioggia se questa gli dava fastidio?) L'eschimese reagisce costantemente a ogni cambiamento di tempetatura dentto \'iglu aptendo buchi e cbiudendoli con tappi di neve. 21 L'immediatezza molto particolare di queste azioni può essere chiarita forse come segue. Pensiamo al momento in cui la neve comincia a sciogliersi e gocciola dal soffitto ..divenendo insopportabile. L'uomo deve rimediare subitO all'inconveniente. Un provvedimento fra i piti probabili ed immediati è allota quello di ptaticate un foto che lasci entrare aria fredda. L'uomo si rende conto che deve intervenire, e interviene; ma non lo fa perché ricorda una regola generale e la applica (( quando la neve incomincia a· scioglietsi, vuoI dite che fa ttOppO caldo ndl'iglu e petciò è ala di ... »): semplicemente lo fa. E anche se le patOle possono accompagnare l'azione, esse non hanno un ruolo essenziale. Questo~.è il punto importante. La deficienza o l'inadeguatezza della forma conduce direttamente all'azione. L'immediatezza è dunque la seconda caratteristica cruciale della produzione di forma del sistema non autocosciente. Disattitudine e rimedio procedono fianco a fianco. Non esiste riflessione tra il riconoscimento di una inidonehà e la reazione ad essa. 21 L'immediatezza è anche accentuata tal~ volta dal fatto che il costruire e il riparare sono fatti di tutti i giorni. L'eschimese, durante le cacce invernali, costruisce un nuovo iglu ogni notte. 23 La copertura della tenda degli indiani dura raramente piti di una stagione. 24 Le pateti di fango della capanna dei Tallensi hanno bisogno di frequemi impiastrature. 25 Perfino le elaborate abitazioni comuni delle tribti amazzoniche sono abbandonate ogni due o tre anni e vengono costruite di nuovo.~ Materiali non permanenti e modi di vivere poco stabili richiedono costanti
ricostruzioni e riparazioni e questo fa si che il plasmare forma divenga un compito perennemente presente agli occhi e alle mani dell'abitante. Se una forma viene ripetuta nello stesso modo parecchie volte o addirittura lasciata semplicemente immutata, possiamo essere quasi certi che il suo utente ha trovato poco da obiettare in essa. Poiché i suoi materiali sono a portata di mano, e il loro uso è sotto la sua unica responsabilità, non esiterà certo ad agire appena insorga la necessità di cambiamenti anche lievi. Torniamo ora alla questione dell'adattamento. Il principio fondamentale dell'adattamento dipende dal semplice fatto che il processo verso l'equilibrio è irreversibile. La disatti~ tudine provoca sempre uno stimolo verso il cambiamento; l'idoneità invece non lo provoca mai. In teoria il processo è orientato verso il finale raggiungimento di ùn equilibrio di forme perfettamente rispondenti. Comunque, perché l'adattamento praticamente avvenga, deve essere soddisfatta una condizione essenziale. Deve av~re . il tempo di avvenire. Il processo deve essere capace di raggiungere il suo equilibrio prima che un ulteriore cambiamento di cultura nuovamente lo turbi. Esso deve realmente avere tempo per raggiungere il suo equilibrio ogni qual volta questo è perturbato; o, se consideriamo il processo come continuo piuttosto che come intermittente, l'adattamento delle forme deve procedere piu rapidamente dell'evoluzione del contesto culturale. Se non si verifica questa condizione, il sistema non può mai produrre forme idoneamente rispondenti, poiché altrimenti l'equilibrio dell'adattamento non sarà mantenuto. Come abbiamo visto nel capitolo 3, la velocità dell'adattamento dipende essenzialmente dal fatto che l'adattamento possa o meno aver luogo in sottosistemi indipendenti e ristretti. Malgrado non sia possibile discernere realmente e direttamente questi sottosistemi nel processo non autocosciente, si può però dedurre la loro attività proprio dalle due caratteristiche del processo che abbiamo discusso: l'immediatezza e la tradizione. La reazione immediata è la retroazione del processo.27 Se il
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processo deve conservare la buona risponèlenza delle forme delle abitazioni, mentte lo sviluppo della cultura segue il suo corso, esso ha bisogno di una retroazione abbastanza sensibile per agire nel momento in cui si manifesta una delle potenziali deficienze. La caratteristica essenziale della retroazione è la sua immediatezza. Perché solo attraverso un'azione pronta essa può prevenire l'accumularsi di una serie di deficienze che richiederebbero allora correzioni simultanee: un compito che p.otrebbe, come abbiamo visto, occupare troppo tempo per essere assolvibile in pratica. Comunque, la sensibilità deIla retroazione non è sufficiente di per sé per condurre all'equilibrio. La retro3iione deve essere controllata, e in certo modo contenuta,28 Un simile controllo è fornilO dalla resistenza al cambiamento che la cultura non autocosciente ha incorporato nelle sue tradizio~ ni. Forse potremmo dire, a proposito di queste tradizioni, che esse rendono viscoso il sistema. Questa viscosità atte· nua i cambiamenti fatti, e impedisce la loro estensione ad altri aspetti della forma. Ne risulta che sono permessi solo cambiamenti urgenti. Una volta che una forma risponda idoneamente non si fanno piu cambiamenti finché essa non venga nuovamente meno alla sua idoneità. Senza questo freno della tradizione, le ripercussioni di un intervento provocato, inizialment~, dalla piu piccola deficienza, potrebbero ampliarsi sempre piu e finirebbero con il propagarsi trOppo rapidamente per essere corrette. Da una parte l'immediatezza della reazione alla disattitudine assicura che ogni deficienza sia corretta non appena si manifesti, e con ciò restringe il cambiamento ad un sottosistema alla volta. E d'altra parte la forza della tradizione, opponendo resistenza ai cambiamenti inutili, mantiene ferme tutte le. variabili estranee al sottosistema in causa, e impedisce che quei lievi disturbi fuori del sotlOsistema abbiano presa. La tradizione rigida e l'azione immediata possono sembrare contraddittorie. Ma è proprio il contrasto tra queste due forze che rende il processo autoregolato. È proprio la reazione rapida alle singole deficienze, completata dalla resistenza a tutti gli altri cambiamenti, che permette al processo di assumere serie di assestamenti minori, anziché intra-
prenderne di globali e spasmodici: si rende cosi possibile operare su un sottosistema alla volta, consentendo che il processo di assestamento si mantenga agile e piu rapido del ritmo con cui si evolve la culturaj l'equilibrio sarà sicuramente ristabilito ogni qual volta avvengano lievi perturbazioni; e le forme non SODO semplicemente adatte al loro contesto culturale, ma sono con esso altresl in un rapporto di equilibrio attivo. 29 L'azione di un tale processo non grava quasi per niente Semplice correzione sull'abilirà dell'artigiano individuale. L'uomo che crea la delle deficienze forma è semplicemente un operatore, e molto poco è ri.chiesto a lui durante l'evoluzione della forma. Anche i cambiamenti piu involontari condurranno alla fine a forme idoneamente rispondenti, perché la tendenza all'equilibrio è inerente all'organizzazione del processo. Tutto ciò di cui ha bisogno un operatore è di riconoscere le deficienze quando si presentano, e di reagire ad esse. E questo può farlo anche l'uomo piu semplice. Poiché, mentre solo pochi uomini han· no una capacità integrativa sufficiente per inventare forme dotate di chiarezza, tutti invece sono capaci di criticare le forme già esistenti,30 È importante comprendere e stabilire che in un processo non autocosciente l'operatore non ha alcun bisogno di forza creativa. Non ha bisogno di saper' migliorare la forma, ma soltanto di introdurre qualche cam~ biamento quando rileva una deficienza. I cambiamenti possono non essere sempre per il meglio; ma non è necessario che lo siano, poiché l'azione del processo assimila solo i mi· ' glioramenti. Per rendere veramente chiara l'analisi precedente, la userò per illuminare un fenomeno piuttosto curiosoY I contadini slovacchi erano una volta famosi per la loro maestria nel tessere scialli meravigliosi per colori e disegni, con filati che erano stati immersi in tinture fatte in casa. All'inizio del XX secolo, cominciarono a utilizzare tinture all'anilina e su~ bito la qualità estetica degli scialli decadde; non erano piu tenui e delicati, ma grossolani. Questo cambiamento non può essere attribuibile al fatto che le nuove tinture fossero in qualche modo peggiori perché erano brillanti come le
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altre e perfino superiori per varietà di colori. Eppure i nuovi scialli finirono per risultare volgari e privi d'interesse. Ora se, come sarebbe tanto piacevole supporre, coloro che face~ano.gli scialli avessero posseduto un'abilità artistica in· nata, se fossero stati -tanto dotati da essere assolutamente «capaci» di creare comunque bellissimi scialli, sarebbe qua· si impossibile spiegare la loro successiva goffaggine. Ma se consideriamo la situazione in modo differente, è molto facile spiegarla. Gli autori degli scialli erano solo capaci - come lo sarebbero molti di noi - di distinguere gli scialli ma]. riusciti e di correggere i propri errori. Indubbiamente; nel corso delle generazioni, gli scialli erano riusciti spessò molto male. Ma ogni volta che se ne faceva uno scadente lo si riconosceva come tale, e perciò non lo si ripete:va. E sebbene nulla potesse garantire che il cambiamento sarebbe stato per il meglio, si trattava comunque di un cambiamento. Quando poi i risultati. erano ancora insoddisfacenti, si provve;deva ad ulteriori modifiche che potevano continuare finché gli scialli non avessero riacquistato la loro bellezza, facendo cosi venir meno lo stimolo a rielaborare il modellp. Non oc<;orre dunque riconoscere a quegli artigiani doti di straordinaria abilità. Facevano magnifici scialli rimanendo entro una lunga tradizione, e operando lievi modifiche ogni volta che qualcosa sembrava richiedere un miglioramento. Ma quando si presentarono scelte piti complicate, la loro apparente maestria e la loro stessa facoltà di giudizio scampar· vero. Fallirono di fronte al compito complesso e poco fami· liare di inventare forme dal nulla.
4111 processo autocosciente
Dall'analisi della cultura non autocosciente emerge uno schema chiaro: essendo autoregolata, la sua azione permette la produzione di forme capaci di ben adattarsi e di restare in equilibrio attivo col sistema. Del tutto divetso è il modo di creazione delle forme nella cultura autocosciente. Proverò a dimostrare che, proprio come è una proprietà. del sistema non autocosciente quella di produrre forme perfettamente adatte, C051 è una caratteristica del sistema autocosciente che le sue forme non rispondano in modo idoneo. È abbastanza facile immaginare che cosa comincia ad andar male col manifestarsi della autocoscienza: le stesse caratteristiche che abbiamo riconosciuto come responsabili della stabilità del processo non autocosciente cominciano a sparire. La reazione alla deficienza, una volta cOSI immediata, ora lo diventa sempre meno. I materiali non sono piu a portata di mano. Gli edi6.ci permangono piu a lungo; le riparazioni sono meno frequenti e i riattamenti meno comuni di una, volta. La costruzione non è plu nelle mani degli abitanti; quando si presentano deficienze, devono essere varie volte rifp.rite e descritte prima che lo specialista le riconosca e faccia qualche accomodamento stabile. In tal modo la deli· cata sensibilità della reazione alle deficienze che è tipica del processo non autocosciente, in quello autocosciente risulta decisamente attenuata e gli inconvenienti debbono essere piuttosto considerevoli per provocare un intervento correttivo. Ma anche la resistenza opposta dalla tradizione tende a sua volta a dissolversi. La resistenza al çambiamento intenzionale diventa piu debole, e il cambiamento in se stesso, una volta deciso, è accettatO senza riserve. Le forme non si mano tengono -costanti sotto ogni aspetto salvo uno, in modo che la correzione possa essere immediatamente efficace, e il gio-
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co reciproco dei cambiamenti simultanei è ora senza controllo. La viscosi tà che induceva il processo non autocosciente a fermarsi quando non vi erano piu deficienze, è sciolta ora dall'alta temperatura dell'autocoscienza. E, come risultato di ciò. la spinta del sistema verso l'equilibrio non è pitl irreversibile; qualsiasi equilibrio trovi il sistema, ormai non sarà piu permanente; quegli aspetti del processo che potevano conservarlo sono stati perduti. E d'altra parte il procedere della cultura è divenuto cosi rapido da non concedere all'adattamento quel tempo che una volta lo rendeva possibile. Non appena un assestamento è cominciato, la cultura con una nuova svolta impone una nuova direzione. Nessun assestamento riesce mai a concludersi. E la condizione ess~nziale del processo - che esso abbia il tempo di raggiungete il suo equilibrio - è violata. Tutto questo accade nella realtà, oggi. Nella nostra civiltà, il processo di adattamento e di selezione che agisce nelle culture non autocoscienti è chiaramente scomparso. Ma questo, di per sé, non basta a spiegare il fatto che la cultura autocosciente non riesca a produrre nel suo proprio modo forme idoneamente rispondenti e organizzate con chiarezza. Anche se può essere genericamente ragionevole il rendere responsabile la nostra autocoscienza del presente insuccesso, dobbiamo tuttavia scoprire quale male aflligga la produzione di forma autocosciente. La patologia della cultura autocosciente è di per sé problematica e non può essere spiegata semplicemente con il tramonto del processo non autocosciente. Qui non si vuole sottintendere che vi sia senz'altro un determinato, unico processo di sviluppo in virru del quale le culture autocoscienti possono farsi derivare da quelle non autocoscienti. Ricordiamoci comunque che la distinzione fra i due tipi è artificiale. E, per di piu, i fatti della storia suggeriscono che l'eventuale sviluppo dall'una all'altra può av~ venire in vari modi. 1 Dal punto di vista di questa specifica argomentazione, è indifferente il modo in cui avviene lo sviluppo. Ciò che conta, attualmente, è che prima o poi quel fenomeno evolutivo che è il maestro artigiano comincia ad assumere il controllo delle attività creative di forma.
Un esempio antico dell'autocoscienza in evoluzione si trova a Samoa. Mentre le case dei samoani sono costruite dai loro stessi abitanti, la tradizione esige che le cas~ per gli ospiti siano costruite da carpentierLl Poiché questi carpentieri hanno bisogno di trovare clienti, essi si offrono in qualità di artisti; e cominciano a introdurre innovazioni personali e cambiamenti col solo scopo di fatsi eventuali clienti che possano giudicare il loro lavoro per la sua fantasia. 3 L'affermazione deUa propria individualità perseguita dal Individualismo creatore di forma è un caratteristico fenomeno della cultura e architettura autocosciente. Pensate alle forme premeditate dei nostri a.rchitetti che operano alla luce della ribalta. L'individuo, la cui esistenza dipende dalla fama che raggiunge, è ansiose di distinguersi dai suoi colleghi architetti, di introdurre in· novazioni, e di diventare celebre. 4 Lo sviluppo dell'individualismò architettonico è la manifestazione piu evidente della fase in cui l'architetto si volge per la prima volra verso una disciplina autocosciente. E l'individualismo dell'architetto autocosciente non è neanche completamente voluto. È una naturale conseguenza della decisione di un uomo di dedicare la sua vita esclusivamente alla specifica attività chiamata «architettura ».5 È chiaro che in questo momento per la prima volta l'attività diventa ma· tura per la ,teoria e per il pensiero impegnato. Poi, quando l'architettura si propone come disciplina e l'architetto individuale si afferma, intere istituzioni -si formano per dedicarsi esclusivamente allo studio e allo sviluppo deUa progettazione. Si istituiscono le accademie; e mentre esse si sviluppano, i precetti non formulati della tradizione cedono il campo a concetti chiaramente formulati, le cui stesse formulazioni stimolano la critica e il dibattito. 6 Gli interrogativi conducono al dubbio, la libertà architettonica a ulteriori prese di coscienza, finché risulta che (almeno finora) la libertà del creatore di forma è stata pagata a caro prezzo. La scoperta dell'architettura in quanto disciplina indipen. dente, costa molti cambiamenti fondamentali al processo creativo della forma. E in realtà, nel senso che mi propongo di descrivere, l'architettura può dirsi fallita nel momento stesso del suo inizio. Con l'invenzione di una disciplina che
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si può insegnare, chiamata «architettura », l'antico processo del creare forma è stato adulterato e le sue possibilità di successo distrutte. La radice di questo male sta nell'individuo. Nel sistema non autocosciente l'individuo è solo un semplice agente.7 Fa ciò che s? fare come meglio può, gli si domanda molto poco e non ha alcun bisogno di inventare forme. Tutto ciò che si esige da. lui è che sappia riconoscere i disadattamenti e reagire ad essi operando piccoli cambiamenti; e neppure si richiede che si tratti di cambiamenti per il meglio. Come abbiamo visto, poiché il sistema è capace di autoregolarsi, trova il proprio equilibrio, alla sola condizione che ogni disadattamento stimoli una qualsiasi reazione nell'operatore. Le forme prodotte all'interno di questo sistema non sono il lavoro -di individui. e il .loro successo non dipende dalPabilità artistica di un qllalsiasi singolo uomo. ma solo dal posto che' occupa Fartista dentro il processo. 8 Il processo autocosciente è dìverso. Il riconoscimento autdcosciente della propria individualità da parte dell'artista ha un effetto profondo sul processo del creare forma. Ogni forma è veduta ora come Papera di un solo uomo e il suo successo avvantaggia "solo !ui. L·autocosdenza porta con sé il desiderio di liberarsi. il gusto per l'espressione ind1vidua· le. l'evasione dall.a tradizione e dai tabu. la volontà di autodeterminazione. ~a lo slancio del desiderio è temperato dai limiti dell'inventiva umana. Per compiere in poche ore al tavolo da disegno ciò che una volta avveniva in secoli di adattamento e sviluppo. per inventare improvvisam"ente una forma che si adatti con chiarezza al suo contesto, la misura dell·invenzione necessaria supera le possibilità di un proget· . tis ta medio. Un uomo che si impegna a compiere questo adattamento in un solo balzo non è dissimile dal bambino che scuote irritato il suo puzzle illudendosi di poter con un sol colpo sistemare correttamente i pezzetti all'interno della scato1a.9 Il tentativo del progettista non è allidato al caso come quello del bambino, ma le dillicoltà sono le stesse. Le sue possibilità di successQ sono scarse perché è enorme il numero dei fattori ch~ devono andare simultaneamente a posto.
Ora, in un certo senso, la capacità limitata del progeuista individuale rende superflua ogni ulteriore trattazione circa ·le deficienze dell'autocoscienza. Se la cultura autocosciente conta sull'individuo per produrre le sue forme, e l'individuo non ne è all'altezza, pare che non vi sia altro da dire. Ma la cosa non è cosi semplice. L'individuo non è soltanto de" bole. Nel momento in cui, di fronte all'enotme sfida di un nuovo problema di progettazione, si rende conto della sua debolezza, fa dei passi per superarla; e, piuttosto stranamente, proprio questi passi esercitano· un'influenza negativa sul modo in cui sviluppa le forme. Vedremo, infatti, come il mancato successo del sistema autocosciente non sia attribuibile tanto alla scatsa capacità dell'individuo in generale, quanto al tipo di sforzi che egli fa, quando è autocosciente, per superare la sua incapacità.. Esaminiamo meglio quale genere di difficoltà deve fronteg- Classificazione giare il progettista. Prendiamo, per esempio, il ptogetto di dei requisiti un semplice bollitore, Deve uscirne un bollitore che si adat· ti al contesto del suo uso. Non deve essere troppo piccolo. Non deve essete difficile da maneggiate quando è caldo. Non deve essere facile lasciarlo cadere pet sbaglio. Non deve ess~re difficile sistemarIo in cucina. Non deve essere difficile farne uscire l'acqua, Deve consentire un agevole versamento. Non deve permettere che l'acqua si raffreddi troppo presto. I! materiale di cui è fatto non deve essere. troppo costoso. Deve poter sopportate il calore dell'acqua bollente. Non deve essere difficile pulirlo ~sternamente. Non deve avere una forma difficile da fabbricare. Non deve avete una forma inadatta al materiale che si sceglie per costruirlo, qualunque esso sia. Non deve essere difficile fionrarlo, poiché questo aggrava il costo delle ore lavorative. Non deve facilmente corrodersi nei vapùri delle cucine. Il suo interno deve conservarsi libero da incrostazioni. Non deve essere difficile riempirlo d'acqua'. Non deve essere poco economico scaIdarvi, all'occorrenza, piccole quantità d'acqua che non lo riempiano interamente. Non deve interessare soltanto una minoranza tanto esigua da non poter essere appropriatamente fabbricato a motivo di una insufficiente richiesta. Non
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deve essere COSI complicato da far temere che provochi incidenti quando è adoperato da bambini o da invalidi. Non deve far evaporare completamente l'acqua e arroventarsi senza dare un segnale. Non deve essere poco stabile sul fornello mentre bolle. Ho deliberatamente riempito una pagina con l'elenco di questi ventuno requisiti o variabili di non-rispondenza lO modo da precisare la natura amorfa dei problemi di progettazione che si presentano al progettista. Naturalmente il progetto di un oggetto complesso, come è un'automobile, è molto piu difficile e richiede un elenco molto piu lungo. E non mi sembra necessario entrare ora nel merito della lunghezza e deU'apparente disordine riscontrabile in un elenco atto "a definire adeguatamente il problema del progettare un ambiente urbano. In che modo può un progettista operare in presenza di coo- . dizioni tanto disperse e amorfe, quando affronta il problema? Cosa farebbe uno di noi? Poiché non possiamo riferirei alla lista completa ogni volta che pensiamo al problema, inventiamo una notazione «stenografica». Classifichiamo le voci, e poi pensiamo ai nomi delle classi: poiché esse sono ovviamente meno numerose delle voci, possiamo pensare ad esse molto piu facilmente. Per usare un linguaggio psicologico, vi sono limiti al numero di concetti distinti che possiamo trattare in una sola volta in modo cognitivo, e perciò siamo costretti, se desideriamo avere una visione dell'intero problema, a ricodificare queste voci. IO E cosI, nel caso del bollitore, potremmo classificare i requisiti che derivano dal processo di fabbricazione, quelli relativi alla sua capienza, quelli che garantiscono la sua sicurezza, quelli che permettono un'economia nel riscaldamento dell'acqua e quelli relativi al suo buon aspetto. Ognuno di questi concetti fornisce un termine generale per un certo numero di requisiti specifici. Se avessimo 0101ra fretta (o se per qualche altra ragione fossimo obbligati a semplificaro ulteriormente il problema) potremmo anche
classificare questi concetti a loro volta e trattare il problema semplicemente in termini di (l) funzione e (2) economia. In questo caso avremmo eretto un sistema gerarchico a 4 livelli sovrapposti, come nel diagramma seguente.
bollilOre
funzionalità
economia
~f'à
produzione sicurezza
uso
costo
manutenzione
~A\A\'~~ 21 requisiti specifici
Costruendo una tale gerarchia concettuale per proprio uso, il progettista è in grado di aver di fronte il problema tutto in una volta. Egli raggiunge cosi una grande economia di pensiero, e può con questi strumenti trovare una propria strada attraverso problemi complessi che altrimenti non potrebbe affrontare. Se si pensa che la sistematizzazione posta non sia tanto frequente in pratica, basta pensare a qualsiasi manuale di ingegneria o catalogo di architettura; la gerarchia dei titoli e dei sottotitoli dei capitoli è organizzata come è, proprio per comodità di comprensione. Il Per superare le difficoltà ç1ella complessità, il progettista tenta di organizzare il suo problema. Egli ne classifica i vari aspetti: e con ciò gli dà forma e lo rende piu facile da ma· neggiare. Ciò che piu lo disturba non è neppure la difficoltà del problema. La maggior fatica è dovuta al peso costante delia decisione: la responsabilità di cui si grava, una volta liberato dalla tradizione, egli la evita dove può usando regole (o principi generali), che formula in termini concettuali di Sua invenzione. Questi principi sono alla radice di tutte le cosiddette «teorie» della progettazione architettonica,ll
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Si tratta di prescrizioni che alleviano il peso dell'autocoscienza e della eccessiva responsabilità. È avventato, forse, considerare l'invenzione dei concetti e delle prescrizioni come un tentativo cosciente di semplifi. ,care i problemi. In pratica essi si sviluppano come naturale risultato della discussione critica sulla progettazione. In altre parole, l'invenzione di concetti verbali e di regole non deve essere vista in astratto come il presunto risultato di un'attitudine categoriale individuale, ma può essere riscontrata ovunque si incontri il tipo di educazione formale che abbiamo' chiamato autocosciente. Un novizio, nella situazione non autocosciente, impara venendo corretto ogni volta che sbaglia: «No, non in quel modo, in questo modo.» Nessun tentativo è fatto per formulare astrattamente quanto implica il «modo giusto ». Il modo giusto è ciò che resta quando tutti i modi sbagliati sono stati eliminati. Ma in un'atmosfera intellettuale libera dalle inibizioni della tradizione, il quadro cambia. Dal momento che lo studente è libero di discutere ciò che gli viène detto, e il valore è posto sulla spiegazione, diventa importante decidere perché «que· sto» piuttosto che «quello» sia il modo giusto, e cercare ragioni generali. Si fanno tentativi per racchiudere in prin· cipi gli specifici fallimenti e gli specifici successi che si sono verificati. Ed ogni principio generale ora prende il posto di molte ammonizioni specifiche e distinte. Esso ci dice in so~ 'stanza di evitare questo tipo di forma, di preferire quell'altro. Una volta definito ciò che rappresenta un errore e ciò che rappresenta un successo, il tirocinÌo dell'architetto si sviluppa rapidamente. L'enorme elenco di possibili inidoneità o disattitudini, troppo complesso per essere assorbito astrattamente dallo stude'lte, e per questa ragione afferrato di solito solo attraver· so l èsperienza diretta, come avviene nella cultura non autocosciente, può ora essere imparato perché gli è stata data una forma. Le variabili di disadattamento sono schematiz· zate in categorie (come ad esempio «economia» o «acustica >.\) e, condensate in questo modo, possono essere insegnate, discusse, e criticate. È a questo punto - quando cioè
si delineano nell'istruzione, e prendono corpo neIl'esercizio deila professione, principi concettualmente determinati che comincia a manifestarsi l'effetto nocivo dell'autocoscienza sulla forma. Tenterò ora di richiamare l'attenzione sulla particolare, e Sistemazione in tanto dannosa, arbitrarietà dei concetti che vengono inven- un ordine di concetti verbali che sono tati. Ricordiamoci che iJ sistema di requisiti interdipendenti arbitrari o variabili di disattittldine, attivo nell'insieme non autocoI sciente, è tuttora presente sotto la superficie. Supponiamo, come prima, di raffigurare grossolanamente j1 sistema disegnando un collegamento fra ogni coppia di reqaisiti interdipendentij otteniamo qualcosa che ha fondamentalmente questo aspetto.
Come abbiamo visto prima, le variabili di un tale sistema possono essere ardi nate in modo da soddisfare le condizioni stabilite in un tempo ragionevole, solamente se i suoi sottosistemi sono ordinati indipendentemente uno dall'altro. Un sottosistema, parlando approssimativamente, è una delle ovvie componenti del sistema, come le parti raffigurate con un cerchio attorno ad esse. Se tentiamo di ordinare un insieme di variabili che non costituiscono un vero sottosistema, le ripercussioni di quest'operazione di ordinamento interesseranno altre variabili o gruppi di variabili esterni all'insieme, per il semplice fatto che quest'ultimo non è abbastanza indipendente. Abbiamo visto, nel cap.itolo 4, come il proce·
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dimento del sistema non autocosciente sia organizzato in mo~ do che l'operazione di ordinamento può aver luogo indipendentemente in ognuno di questi sottosistemi. Questa è la ragione del suo successo. Nella situazione autocosciente, d'altra parte, il progettista si trova di fronte simultaneamente tutte le variabili. Sappiamo già dal semplice calcolo della pagina 40 che se egli tenta di maneggiarle tutte in una volta non riuscirà a trovare una forma adatta in un periodo di tempo ragionevole. Allora, quando ptende coscienza di questa difficoltà, tenta di suddividere il problema, e cOSI inventa concetti per aiutare se stesso a decidere quali sotto-insiemi di requisiti deve affrontare indipendentemente. Ora cosa sono questi concetti, nei termini del sistema di variabili? Ogni concetto identifica una certa collezione di variabili. L'« economia» identifica una parte del sistema, la «sicurezza» un'altra, 1'« acustica» un'al· tra, e COS1 via. L'obiezione che insorge a questo punto è la seguente. Tali concetti non aiuteranno il progettista a trovare una soluzione adatta a meno che non accada che essi vengano a corrispondere ai sottosistemi del sistema. Ma poiché i concetti sono nel complesso il risultato di arbitrari accidenti storici, non vi è alcuna ragione di aspettarsi che essi corrispondano ai sottosistemi. Possono altrettanto bene identificarsi con qualsiasi altra parte del sistema, come in questo esempio:
Naturalmente questo dimostra solo che i concetti possono facilmente essere arbitr~ri. Non mostra che i concetti ado~ perati in pratica sono sempre effettivamente tali. Invero, è chiaro che la loro arbitrarietà può essere accertata solo in casi individuali e specifici. Un'analisi dettagliata del proble. ma di progettare case urbané famigliari, per esempio, ha dimostrato che le categorie funzionali usualmente accettate, come l'acustica, la circolazione e la comodità, sono inappropriate a questo problemaY In modo simile il principio del «vicinato », uno dei vecchi caposaldi della teoria urbanisti" ca, si è dimostrato un'inadeguata componente ideologica del problema della pianificazione residenziale." Ma poiché tali dimostrazioni possono essere fatte solo in casi speciali, si tratta di cercare una ragione piti generale, che dimostri come questi concetti verbali abbiano sempre un carattere arbitrario. Ogni concetto può essere definito e inteso in due modi com· plementari. Possiamo considerarlo come nome unitario dato ad una classe di oggetti o di altri concetti sussunti; oppure possiamo mirare a ciò che esso significa. Noi definiamo un concetto per denotazione quando specifichiamo tlltti gli elementi della classe alla quale si ri!eriscè. E definiamo un concetto per connotazione quando tentiamo di illuminare il significato analiticamente e ne indichiamo le proprietà e gli attributi ricorrendo a termini di altri concetti d~llo stesso livello." Per lo scopo dell'argomento ho trattato fino ad ora termini qua.li « acustica ~> come nomi di classe, come un mezzo collettivo per discutere un numero di requisiti piu specifici.
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Lo stesso «vicinato », sebbene sia meno astratto e piti fisico, è ancora un concetto' che riassume mentalmente tutti quei requisiti specifici, come le scuole primarie, la sicurezza dei pedoni, e la comunità, che un vicinato fisico si suppone dovrebbe soddisfare. In altre parole ognuno dei concetti « acustica» e «vicinato» ~ è una variaoile la cui estensione di valore è uguale a quella data dalla congiunzione di tutte le estensioni di valore rispettivamente delle variabili specifiche dell'acustica, o delle variabili specifiche della vita comunitaria. 16 Questa visione estensiva o denotativa del concetto è opportuna per ragioni di chiarezza matematica. Ma in pratica, i concetti non sono inventati e definiti per denotazione; sono generati per connotazione. Si adattano, cioè, concetti nuovi allo schema del linguaggio quotidiano mettendo in -<elazione i loro significati con quelli di altre parole attualmente disponibili nella lingua che parliamo. Eppure questo ruolo assunto dal linguaggio nell'invenzione di con· cetti nuovi, malgrado sia molto importante dal punto di vista della comunicazione e della comprensione, è quasi completamente irrilevante dal punto di vista della struttura di un problema. n L'esigenza che un nuovo concetto sia definibile e comprensibile è importante dal punto di vista dell'insegnamento e della progettaziòne autocosciente. Prendiamo, per esempio, il concetto di «sicurezza». La sua esistenza come parola comune è conveniente e aiuta a insistere sull'importanza veramente generale di introdurre nei proget· ti la difesa dai pericoli. Ma è usata nell'esposizione di problemi fra loro totalmente differenti C'0me la progettazione di un bollitore per il té o quella di un raccordo autostradale. Il suo ~igniiìcato è pertinente ad ambedue. Ma in quanto all'andamento della struttura individuale dei due problemi, sembra improbabile che una parola possa identifica~e con successo un sottosistema componente principale in ognuno di questi due problemi tanto differenti. Sfortunatamente, malgrado ogni problema abbia la sua propria struttura e vi siano molti problemi differenti, le parole che sono disponibili per descrivere le componenti dei problemi sono generate da componenti del linguaggio, e non dai problemi stes-
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si; sono perciò piuttosto limitate in numero e solo in pochi casi possono fornire una descrizione corretta. 18 l'rendiamo ancora l'esempio del bollitore. Ho fatto un elenco di 21 requisiti che devono riscontrarsi, entro limiti specifici, in un bollitore progettato in modo accettabile. Dato un insieme di n cose, vi sono 2n sottoinsiemi diversi di queste cose. Ciò vuoi dire che vi sono 221 sottoinsiemi differenti di variabili, ognuna delle quali potrebbe essere probabilmente un importante sottosistema componente del problema del bollitore. Per dare un nome solo ad ognuna di queste componenti ci accorrerebbero piu di un milione di parole diverse - piu di quelle che esistono, poniamo, nella lingua inglese. Un progettista può obiettare che il suo modo di pe1nsare non è mai verbale come io ho insinuato, e che, invece di usare concetti verbali, affronta il problema complicato diagrammandolo nei suoi vari aspetti. Questo è vero. Ricordiamoci, tuttavia cosa esattamente il progettista tenta di diagrammare. Configurazioni fijiche quali quelle del «vicinato» o dello «sc:bema- di circolazione» non hanno u!la validità piu universale di quella dei concetti verbali. Esse sono altrettanto limitate dai condizionamenti ideologici di chi traccia il diagramma. Una tipica sequenza di diagrammi che precede un problema architettonico includerà un diagramma di circolazione, un diagramma di acustica, un diagramma sta~ tico della struttura, forse un diagramma per il sole ed il vento, un diagramma dell'ambiente sociale. lo sostengo che questi diagrammi sono adoperati solo perché i principi che" li definiscono - l'acustica, la circolazione, la condizione del tempo, il vicinato - fanno parte dell'uso architettonico corrente, non perché essi abbiano una relazione fondamentale e ben capita con ogni problema particolare indagato. 19 Cosi come stanno le cose, il procedimento della progettazione autocQsciente non fornisce alcuna corrispondenza strutturale fra il problema ed i mezzi concepiti per risolverlo. La complessità del problema non è mai del tutto districata, e le forme prodotte non solo non riescono a soddisfare le loro specificazioni come dovrebbero ma mancano anche del-
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Rigidità dei concelli e loro influenza
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la chiarezza formale di cui godrebbero se l'organizzazione del problema al quale esse sono adattate fosse capito meglio. Forse vale la pena di aggiungere, come nota a margine, un punto di vista leggermente differente sulla stessa difficoltà. L'arbitrarietà dei concetti verbali esistenti non è il loro solo svantaggio, perché una volta inventati, i concetti verbali hanno ulteriori cattivi effetti su di noi. Perdiamo infatti la capacIta di modificarli. Nella situazione non autocosciente l'azione della cultura sulla forma è una questione molto delicata, costituita da parecchie minute influenze concrete. Ma una volta che queste influenze concrete sono rappresentate simbolicam~nte in termini verbali, e queste rappresen~ tazioni simboliche o nomi sono compresi sotto categorie piti vaste e ancora piti astratte per renderle trattabili dal pensiero, esse ç,ominciano a menomare seriamente la nostra abilità di vedete al di là di esse.» Quando molte questioni sono prese in considerazione in una decisione di progettazione, inevitabilmente quelle che possono essere espresse con maggior chiarezza hanno il maggior peso, e si riflettono meglio nella forma. Altri fattori, anche importanti ma espressi con minor chiarezza, non si riflettono altrettanto bene. Imbrigliati in una rete di parole da noi inventata, noi sopravvalutiamo l'imparzialità del linguaggio. Ogni concetto, che al momento della sua invenzione è solo un modo conciso per afferrare parecchi problemi, finisce col diventare rapidamente un precetto. Facciamo troppo facilmente il passo dalla descrizione al criterio, trasformando in una preoccupazione bigotta ciò che dapprima è uno strumento utile. L'attitudine dei romani verso la funzionalità e l'ingegneria, non raggiunse il suo apice fino a che Vitruvio non ebbe formulata la dottrina funzionalista. 2l Il Partenone poté essere creato solo durante un periodo di preoccupazione per i problemi estetici, dopo !'invenzione del concetto di «bellezza» dei greci antichi. Gli slums a basso costo dell'In· ghiltetra del XIX secolo futono concepiti solo quando ai valori 'monetari fu data, esplicitamente, una grande importanza attraverso il concetto «economia» inventato non molto prima. 22
In questo modo la comprensione dei problemi da parre del· l'individuo auwcosciente è costantemente sviata. I suoi concetti e le sue categorie, oltre ad essere arbitrari e inadatti, sono resi auto-perpetuantesi. Sotto l'influenza dei concetti, egli non solo costruisce oggetti da un punto di vista preconcetto ma li vede, anche, in modo preconcetto. I concetti hanno il controllo della sua percezione di ciò che è adatto e disadatto - finché alla fine egli non vede altro che deviazioni dai suoi dogmi concettuali, e perde non solo lo slancio ma perfino la responsabilità mentale necessari a inquadrare i problemi in maniera piu appropriata.
Parte seconda
1 III programma
Ecco il problema. Desideriamo progettare forme chiaramente concepite, che siano pienamente rispondenti a un dato contesto. Abbiamo visto che perché ciò sia p~ssibile, l'adattamento deve aver luogo indipendentemente, entro sottosisterni indipendenti di variabili. Nella situazione non autocosciente questo avviene automaticamente, perché il singolo artigiano ha troppo poco controllo sul processo per sconvolgere lo schema di adattamento implicito nell'insieme. Sfortunatamente questa situazione non esiste piu; iI numero delle variabili è aumentato, l'informazione che ci si presenta è diffusa e confusa, e i nostri tentativi di ricalcare l'organizzazione naturale del processo non autocosciente in modo autocosciente sono ostacolati, perché proprio i pensieri che abbiamo, quando tentiamo di aiutare noi stessi, distorcono il problema e lo rendono troppo oscuro per po· terlo risolvere. I! dilemma è semplice. Con il passare del tempo il progettista raggiunge un controllo sempre maggiore sul processo della progettazione. Ma cOSI facendo, i suoi sforzi per occuparsi dei crescenti oneri conoscitivi rendono sempre piu difficile che la reale struttura causale del problema si esprima nel processo. Cosa possiamo fare per vincere questa difficoltà? È difficile immaginare come qualsiasi teoria sistematica possa in qualche modo alleviarla. Vi sono problemi, come alcuni di quelli che si presentano in economia, nel gioco degli scacchi, nella logica, o nell'amministrazione, che possono essere chiariti e risolti meccanicamente.' Questo è possibile perché sono compresi in misura sufficiente per venir trasformati in problemi di selezione.' Per risolvere un problema attraverso la selezione sono necessarie due cose: 1. deve essere possibile esprimere per mezzo di simboli
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una serie abbastanza ampia di possibili soluzioni alternative; 2. deve essere possibile esprimere tutti i criteri- risolutivi nei termini dello stesso sistema semiologico. Quando sono soddisfatte queste due condizioni, possiamo confrontare l'una con l'altra, le alternative già ottenute tramite il predetco ricorso a un codice di simboli, sperimen~ tandane l'efficacia in rapporto ai rispettivi criteri risolutivi, finché ci appaghiamo di trovarne una che sia soddisfacente, o ci spingiamo a raggiungere la migliore. È subito evidente che dovunque sia possibile tale tipo di processo, non abbiamo bisogno di «progettare» una soluzione. Difatti perrerolno quasi dichiarare che un problema ha bisogno di una progettazione (nel senso piu vasto della parola) solamente quando la selezione non può essere usata per risolverlo. Sia che accertiamo questo o no, l'opposto è vero in ogni caso. Quei problemi della creazione di forme che sono tradizionalmente chiamati «problemi di progettazione» esigono tut· ti un'attività inventiva. Vediamo perché è cosi. Prima di tutto, per quanto riguarda le forme fisiche, non conosciamo alcuna via simbologica generale realmente utile al fine di proliferare nuove alterna· tive; o, piuttosto, quelle alternative che possiamo COS1 generare limitandoci a variare i tipi esistenti, non riflettono l'or· ganizzazione radicalmente nuova che la soluzione di ciascun nuovo problema di progettazione richiede. Questa può dunque essere conseguita solamente' attraverso l'invenzione. In secondo luogo, ciò che è probabilmente pili importante, non sappiamo come esprimere con sicurezza i criteri per conseguire il successo, nei termini di una qualsivoglia descri· zione simbologica della forma. In altre parole, dato un nuovo progetto, quasi sempre non esiste alcun mezzo per indur· re meccanicamente, a partire dai puri e semplici disegni che lo descrivono, un esatto giudizio sulla sua rispondenza o meno ai requisiti. O dobbiamo .collocare l'oggetto finito nel suo contesto reale del mondo fisico e verificare sperimentaI. mente se in pratica funziona, o dobbiamo usare la nostra immaginazione e la nostra esperienza del mondo per pre· dire dai disegni se sarà in grado, o meno, di funzionare. Non esiste un rapporto traducibile in simboli, fra i requisiti
e la descrizione della forma, che sia in grado di fornire un appropriato criterio; e pertanto manca una via di verifica della forma mediante linguaggio simbolico.' In terzo luogo, anche se queste prime due obiezioni potessero essere in qual· che modo superate, vi è una difficoltà realmente decisiva. È la stessa difficoltà, precisamente, che incontriamo tentando di costruire ipotesi scientifiche manipolando un determi· nato numero di dati. I soli dati non sono sufficienti per definire un'ipotesi; la costruzione di ipotesi richiede l'ulte· riore introduzione di principi come la semplicità (il rasoio di Occarn), la non arbitrarietà e la chiara organizzazione. 4 La costruzione della forma richiede anch'essa questi principi. Al presente non v'è alcuna prospettiva di introdurre questi principi meccanicamente vuoi. nella scienza, vuoi nella pro· gettazione. Essi richiedono ancora invenzione. È perciò impossibile sostituire le azioni di un progettista esperto, con decisioni calcolate meccanicamente. E, nello stesso tempo, la capacità inventiva di un progettista individuale è troppo limitata perché risolva con successo da solo i problemi della progettazione. Se non ci si può aspettare che la teoria da sola inventi la forma, com'è possibile far SI che essa, invece, sia utile al progettista? l
Incominciamo con lo stabilire in modo piu esplicito qual è Processo della esattamente la funzione del progettista nel processo della progettazione progettazione. Confronterò, schematicamente, tre possibili tipi del processo di progettazione. Il primo schema rappresenta la situazione non autocosciente descritta nel capitolo 4. Qui il processo che plasma la forma è una complessa interazione nelle due direzioni fra il contesto C, e la forma F I , nel mondo stesso. L'essere umano è presente solo come un agente in questo processo. Reagisce alle disattitudini operando cambiamenti; ma è poco probabile che imponga qualsiasi concezione «progettata» alla forma.
contesto
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contesto
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realtà oggettiva
raffigurazione mentale
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espressione formale della raffigurazione mentale
Il secondo schema rappresenta la situazione autocosciente descritta nel capitolo 5. Qui il processo di progettazione è lontano dallo stesso insieme; la forma è plasmata non dall'interazione tra le effettive richieste del contesto e l'effettiva inadeguatezza della forma, ma da una interazione concettuale fra l'immagine psichica del contesto, appresa o inventata dal progettista, da una parte, e dall'altra le idee,
i diagrammi e i disegni .significanti la forma. Questa interazione contiene tanto le prove con cui il progettista tenta di far scaturire dal problema i suoi «risultati» piu importanti, quanto lo sviluppo di fotme che a lotO volta li soddisfino; ma la sua esatta natura non è chiara. s Nella pratica attuale della progettazione, questo passo critico, durante il quale il ptOblema è pteparato e tradottO in ptOgetlo, clipende sempre da qualche specie cli intuizione. Sebbene la progettazione sia per sua natura immaginativa ed intuitiva, tanto che potremmo facilmente credere in essa se l'intuizione del progettista fosse degna di fede, tuttavia, cosi com'è, essa ispira ben scarso affidamento. Nel processo non autocosciente non vi è la possibilità di mal rappresentare la situazione: nessuno crea un'immagine del contesto, e quindi l'imma~ine non può essere sbagliata; ma il progettista autocosciente lavora completamente attraverso l'immagine che è nella sua mente, e questa immagine è quasi sempre sbagliata. II modo per migliorare questa condizione consiste nel creare un'ulteriore immagine astratta della prima immagine del problema, che elimini l'influenza di questa e ne trattenga solo le astratte caratteristiche strutturali; la seconda immagine può essere allora esaminata secondo operazioni precisamente definite, in modo che non sia soggetta all'influenza del linguaggio e dell'esperienza' Il terzo schema del diagramma rappresenta appunto un terzo processo, basato sull'uso di tale configurazione. La vaga ed insoddisfacente immagine delle esigenze del contesto, C" che all'inizio si sviluppa nella mente del progettista, è seguita da questa immagine matematica, Cl. In modo simile, ma contrario, il progetto F1 è preceduto da un complesso ordinato di diagrammi Fl . La derivazione dei diagrammi Fl da Cl, malgrado sia ancora intuitiva, può essere chiaramente capita. La forma è ora effettivamente modellata da un processo al terzo livello, distante da C, e F,. È esplicita, e perciò sotto controllo. Questa terza immagine Cl è costituita da entità matematL- L'insieme e i :he chiamate «insiemi». Un insieme, proprio come sugge· suoi elem~nti
risce il nome, è una qualsiasi raccolta di cose qualsiasi, seo· za riguardo alle proprietà comuni, e non ha nessuna struttura interna finché non se ne dà ad esso una. 7 Una raccolta di indovinelli in un libro costituisce un insieme; un limone, un arancio e una mela costituiscono un insieme di tre frutti; una raccolta di relazioni come la paternità, la maternità, la parentela di fratelli e sorelle costituisce un insieme (in questo caso un insieme di quattro elementi). Gli elementi di un insieme possono essere astratti o concreti, come si desi· dera. Deve essere solo possibile identificarli in modo unico e distinguerli uno dall'altro' I concetti principali della teoria degli insiemi sono questi: 1. Si dice che un elemento x di un insieme S, appartiene a quell'insieme. Questo si scrive x E S. Un insieme è definito unicamente dalla identificazione dei suoi elementi. 2. Si dice che un insieme SI è un sottoinsieme di un altro insieme 52, se e solo se, ogni elemento di SI appartiene ad 52. Questo si scrive SI C 52. Se 52 contiene anche elementi che non sono elementi di SI, in modo che 52 è «piu ampio» di SI, allora si dice che SI è un sottoinsieme proprio di 52, e scriviamo SI C 52. 3. L'unione di due insiemi SI e 52 è l'insieme di quegli elementi che appartengono a SI o a S, (o ad ambedue, nel caso che SI e 52 abbiano elementi in comune). Scriviamo questo S, U S,. 4. L'intersezione di due insiemi SI e 52 è l'insieme di quegli elementi che appartengono ad entrambi, SI e 52. Scrivia· ma SI n 52. Se SI e 52 non hanno elementi in comune questa intersezione è vuota, e chiamiamo gli insiemi disgiunti. Specifichiamo l'uso della teoria degli insiemi per rappresentare i problemi della progettazione. Sappiamo già, dal capitolo 2, a che cosa somiglia la concezione di un problema deI progettista. Il problema si presenta come il compito di affrontare un numero di potenziali mancate rispondenze spe~ cifiche tra la forma e qualche contesto dato. Supponiamo che vi siano m variabili di tali non-rispondenze: XI'" x m . Queste variabili di disattitudine formano un insieme. Chia· miamo l'insieme di queste m disattitudini M, COSt che pos· siamo scrivere Xi E M (per ogni i, i = 1· .. m).9
La grande forza e bellezza dell'insieme, come strumento Utile impiego analitico per i problemi della progettazione, è nel fatto che della teoria degli Insiemi i suoi elementi possono essere vari quanto necessario, e non devono essere limitati solo ai requisiti che possono essere espressi in forma quantificabile. In tal modo nel progetto di una casa, l'insieme M può contenere l'esigenza della privacy, la necessità di una rapida costruzione, la necessità del comfort familiare e la necessità di una manutenzione facile, ma anche requisiti facilmente quantificabili come l'esi· genza di un prezzo di vendita basso e l'efficienza dell'operazione finanziaria. In effetti, M può contenere qualsiasi requisito. Questi requisiti sono le condizioni individuali che devono essere soddisfatte nel contorno forma-contesto, per prevenire la non rispondenza. La- struttura del campo formacontesto, non è neanche molto difficile da descrivere, dal momento che il progettista ne è cosciente. Egli sa che le disattitudini interferiscono una con l'altra quando tenta di risolverIe, e cioè sono in contrasto; che altre hanno implicazioni fisiche comuni, e cioè concorrono; e che altre ancora non imeragiscono affatto. È la presenza e l'assenza di queste interazioni che dà all'insieme M quel carattere di sistema che è stato precisato nei capitoli 3, 4 e 5. 10 Noi rappresentiamo le interazioni associando con M un secondo insieme L di elementi unidimensionali, senza direzione e contrassegnati, chiamati legami, dove ogni legame unisce, due elementi di M e non contiene altri elementi di M. Come ve· drerno nel capitolo 8, i legami portano un segno negativo se indicano contrasto, e un segno positivo se indicano concorrenza, e possono anche essere segnati in modo da indicare la forza dell'interazione. I due insiemi M ed L, unitamente, definiscono una struttura conosciuta come un grafo lineare o topologico l-complesso, al quale ci riferiremo come G(M, L), o semplicemente G, per brevità. lI Ecco un grafo tipico. Questo grafo serve come immagine di quella visione che ha il progettista di uno specifico problema. È un'immagine piuttosto buona, nel senso che i suoi costituenti, gli insie-
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mi M ed L, sono accessibili introspettivamente senza troppa difficoltà; e anche perché concentra la nostra attenzione, in modo nitido ed astratto, sul fatto che l'insieme di mancate rispondenze ha una struttura, o ~ come abbiamo detto nel capitolo 2 - un campoY Dobbiamo ora esplorare la struttura di questo campo. La caratteristica strutturale piu importante e piu ovvia di qualsiasi entità complessa è la sua articolazione - cioè, la densità relativa Q l'aggrupparsi e il riunirsi dei suoi elementi componenti. Potremo fare questa precisazione attraverso il concetto di partizione o scomposizione. In breve, la partizione di un insieme M nei suoi insiemi sussidiari o sottosistemi è un intreccio gerarchico di insiemi entro insi"emi, come è mostrato nel diagramma a lato, Un diagramma piu usuale, che evidenzia il carattere ramificato - come un albero - della partizione, è mostrato in basso, Si riferisce precisamente alla stessa struttura rappresentata dall'altro. Ogni elemento della scomposizione è un sottoinsieme di quei sottoinsiemi che nella gerarchia stanno sopra di esso,
Formalmente definisco una partizione di un insieme di disat~ titudini M, come un albero (o un insieme parzialmente ordi~ nato) di insiemi, nei quali una relazione di immediata subordinazione è definita come segue, e nella quale soddisfa le seguenti ulteriori condizioni: 13
Un insieme SI, è immediatamente subordinato a un altro insieme 52 se, e solo se,52 sussume propriamente SI (SI C 52) e l'albero non contiene altro insieme 53, tale che SI C 53 C 52. Inoltre l'albero deve soddisfare le seguenti quattro condizioni: 1. Se Si ed Si sono due immediate subordinate di un insieme S, allora Si n Si = O. 2. Ogni insieme che ha insiemi immediati subordinati, è l'unione di tutti questi insiemi. 3. C'è un solo insieme che non sia l'immediato subordinato di qualche altro insieme. Questo è l'insieme M. 4. Ci sono solo m insiemi che non hanno alcun immediato ~ubordinato. Questi sono gli insiemi di un solo elemento, ognuno dei quali contiene un elemento di M. Cosi, una tale partizione si riferisce solo all'insieme 'M. L, l'insieme dei legami, non ha ruolo alcuno in esso. Ma è facile vedere che l'esistenza di questi legami rende alcune delle possibili decomposizioni molto piu ragionevoli di altre. Qualunque grafo del tipo G (M, L) tende a riunire insieme gli elementi di M in raggruppamenti naturali. Il nostro obiettivo nel prossimo capitolo è di mettere a punto questa precisazione, e decidere quale partizione di M- abbia piu senso, una volta che si abbia un dato insieme L associato con esso. Ogni sottoinsieme dell'insieme M che appare nell'albero definirà allora un sottoproblema del problema M. Ogni sottoproblema avrà la sua propria integrità, e sarà indipendente dagli altri sottoproblemi, tanto da poter essere risolto indipendentemente. È molto probabile, ed anche verosimile, che il modo con il quale il progettista vede inizialmente il problema, già si fondi su una gerarchia concettuale non molto diversa in linea generale da una partizione. 14 Tentando di mostrare che i legami di L favoriscono una particolare partizione, cercherò di dimostrare che per ogni problema c'è una partizione o decomposizione particolarmente adatta, e che questa è generalmente diversa da quella mentale del progetti,ta. Per questa ragione ci riferiremo a tale partizione come al programma per il problema rappresentato da G(M, L). Lo chiamiamo programma perché fornisce direzioni o istruzioni al
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progettista indicando, per esempio, a quali sottoinsiemi di M si riferiscono le parti significative di M stesso, e a quali aspetti maggiori del problema il progettista dovrebbe applicarsi. Il programma, in definitiva, è una riorganizzazione del modo con il quale il progeuista pensa al problema. 15
~
21 L'attuazione \ del programma
La prima fase del processo di progettazione sta nel trovare per un dato problema il giusto programma di' progettazione. Si tratta, se vogliamo, 'della fase analitica del processo, Da essa segue la fase sintetica, nella quale dal programma deriva la forma. Noi chiameremo questa fase sintetica la attuazione del programma.! Sebbene queste note siano dedicate soprattutto alla fase analitica del processo e all'invenzione di programmi che possano rendere ragionevole la sintesi della forma, dobbiamo ora softermarci per un poco sul modo in cui funziona la sintesi o attuazione. Altrimenti non potremmo sapere come sviluppare i .dettagli deI programma. I! punto di partenza dell'analisi è nei requisiti. I! prodotto finale dell'analisi è un programma, che è un albero di insiemi di requisiti. Il punto di partenza della sintesi è un diagramma, il prodotto finale della sintesi è la attuazione del problema, che è u~ albero di diagr~mmi. Il programma è formato dalla partizione di un insieme di requisiti in sottoinsiemi progressivamente piu piccoli. La attuazione si ottiene costruendo piccoli diagrammi e unendoli insieme come indica il programma, per ottenere diagrammi sempre piu complessi. Per fare questo dobbiamo imparare ad accoppiare ogni insieme di requisiti nel programma con un diagramma corri'spondente. L'invenzione di diagrammi è familiare ad ogni progettista. Qualsiasi schema che, essendo astratto da una situazion~ reale comunica l'influenza fisica di certe esigenze o forze, è un diagramma, La famosa fotografia stroboscopica dello spruzzo di una goccia di latte è, per certi fini, un diagramma dell'ordine secondo cui vanno le forze al momento dell'urto. A chi voglia studiare quelle forze la fotografia dice molto perché astrae le. loro conseguenze fisiche immediate dalla confusione "di ciò che normalmente si vede quando cade una goccia di latte. 2
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La Ville Radieuse di Le Corbusier è un diag,ramma che esprime le conseguenze fisiche di due fondamentali e ass~i semplici requisiti: quello di alloggiare gente ad un alto livello di densità, e quello di assicurare a tutti un'uguale e massiw ma possibilità di godere l'aria e la luce del sole.' La sfera è un diagramma. Essa esprime, fra le altre cose, le implicazioni fisiche dell'esigenza di richiudere il volume massimo entro la minima superficie. Esprime anche le implica zio01 del requisito che un numero di cose siano equidistanti da un punto. 4 La distribuzione dei bagnanti sulla spiaggia è un diagramma. L'uniformità della distribuzione rivela l'esistenza di forze che tendono a localizzare i gruppi familiari il piu lontano possibile uno dall'altro, e a distanze uguali tra loro, invece di favori-Fe una sistemazione casuale. Una freccia è un diagramma, naturalmente, che comunica la direzione. Molti problemi di correnti contengono requisiti che possono essere riassunti per mezzo di frecce. s Solo occasionalmente la figura cercata assume un aspetto fisico a far· ma di freccia; come nel caso di un veloce aeroplano in cui le esigenze aerodinamiche sono espresse in un progetto ad ali slanciate. La rappresentazione di Kekulé della molecola di benzene (come atomi uniti da legami lineari) è ancora un diagramma. Date le forze di valenza rappresentate dai legami, il diagramma esprime l'ordinamento fisico degli atomi, nella reciproca relazione che ad essi risulta dall'interazione delle valenze stesse. 6 I disegni "De Stij1» di Van Doesburg, anche se fatti per altre ragioni, potrebbero essere interpretati come diagrammi che rappresentano le conseguenze rettilinee della esigenza di strumenti meccanici e di un rapido montaggio di elementi prefabbricati.' L'appunto preliminare dell'ingegnere per la struttura di un ponte è un diagramma. Dopo aver fatto i calcoli iniziali, l'ingegnere traccia alcune linee a ma tita per verificare in prima approssimazione come le principali membrature del ponte potrebbero rispondere in rapporto all'influenza della w
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gravità, alla luce richiesta, alla resistenza a trazione dell'ac· ciaio che si vuole usare, e cOSI via.8 Rileviamo che questi diagrammi potrebbero avere due distinte qualità oppure averle entrambe con diverso rilievo. Da un lato, essi potrebbero riassumere aspetti di una struttura fisica, presentando uno degli schemi costituenti la sua organizzazione (come nel caso della fotografia di uno schizzo di latte, o dei disegni pet la Ville Radieuse). Anche se è spesso possibile dedurre una gran parte di ciò che riguarda le richieste responsabili dello schema particolare che il diagramma manifesta, esso resta soprattutto una descrizione di caratteristiche formali. Chiameremo i diagrammi di questo tipo, diagrammi di forma. Da un altro lato, si può intendere che il diagramma riassuma un insieme di proprietà funzionali o vincoli, come la frecçia, o la carta della densità di popolazione. Questo tipo di diagramma è una annotazione piu pertinente al problema, che alla forma. Chiameremo i diagrammi di questi tipo, diagrammi eli requisiti. Consideriamo gli esempi estremi di un diagramma di requisiti e di un diagramma di forma per un semplice oggetto,. La proporzione matematica F = kv2 esprime il fatto che in certe condizioni l'energia perduta per l'attrito da un corpo in movimento dipende dal quadrato della sua velocirà. Nella progettazione di una macchina da corsa, è ovviamente importante ridurre questo effetto il piu possibile; in questo senso la proporzione maternat~ca è un diagramma di requisiti. All'altrb estremo una veduta prospettica ad acquarello di una macchina da corsa è anche un diagramma. Essa rias· sume certi aspetti fisici dell'organizzazione della macchina ed è perciò un legittimo diagramma di forma. Eppure è chiaro che né l'equazione né l'acquarello sono molto utili in loro stessi nella ricerca della forma. Per essere utile, l'equazione deve essere interpretata, di modo che si possano comprendere le sue conseguenze fisiche. Similmente il disegno deve essere fatto in modo tale che le conseguenze funzionali della forma dell'automobile siano chiaramente comprensibili. Consideriamo la question-e in modo diverso. Un diagramma di requisiti diventa utile solo se contiene implicazioni fisiche, cioè se ha in se stesso
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gli elementi di un diagramma di forma. Un diagramma di forma diventa utile soltanto se le sue conseguenze funzionali sono prevedibili, cioè, se ha in sé gli elementi di un diagramma di requisiti. Un diagramma che esprime i soli requisiti o la sola forma non è di nessun aiuto nel realizzare la trasformazione dei requisiti in forma, e non avrà alcun posto costruttivo nella ricerca di una forma. Diremo che un diagramma è «costruttivo» se, e solo se, è tutte e due le cose in una volta: se, e solo se, è un diagramma di requisiti e un diagramma di forma allo stesso tempo. Consideriamo un esempio. _ Supponiamo che. due strade del centro di una città esistente debbano essere allargate nel loro punto di intersezione e intorno ad esso, per diminuire la congestione. Supponiamo che l'uniJ:o requisito sia che il traHico attuale possa fluire senza congestione. Il diagramma di requisiti consiste perciò in questo caso nella informazione circa la quantità di traffico che fluisce nelle ·varie direzioni, in ore diverse del giorr~o. È possibile presentare tale informazione in un diagramma non costruttivo semplicemente tabulando numericamente il flusso per ciascuno dei 12 passaggi possibili, nelle diverse ore del giorno. È anche possibile, tuttavia, presentare questa stessa informazione in forma condensata nel seguente gra.fico. Qui abbiamo una carta stradale con frecce di vario spessore che rappresentano il numero dei veicoli all'ora che fluiscono nelle varie direzioni nelle ore di punta. In questo modo il diagramma indica direttamente quale forma debba assumere il nuovo incrocio. È chiaro che una freccia di rilevante spessore richiede una strada larga) cosi che tutto il tracciato richiesto emerge direttamente dal diagramma. 9 Si tratta quindi allo stesso tempo di un diagramma di requisiti e di forma, cioè di un diagramma costruttivo. Il diagramma costruttivo è il ponte tra i requisiti e la forma. Ma la sua grande bellezza è che va molto piu in fondo. La stessa dualità fra il requisito e la forma che il diagramma costruttivo è capace di esprimere ed unificare, si rivela aJ un secondo livello: la dualità è essa stessa caratteristica della nostra conoscenza della forma. Ogni forma può essere descritta in due modi: dal punro di
vista di quello che è e dal punto di vista di quello che fa. Quello che è viene chiamato talvolta descrizione formale. Quello che fa, quando è messa a contatto con altre cose, è talvolta chiamato descrizione funzionale. Ecco alcune descrizioni formali. Un impermeabile è lungo 3 piedi, fatto di politene dello spessore di mezzo millimetro, le maniche sono tagliate in questo e questo modo, e cosi via. Un cubo di sale è una sistemazione cubica di ioni alternati di sadia e cloro. Un corpo umano contiene un cuore di questa e questa dimensione, in questa posizione del torace, un paio di reni piu in basso e piu indietro, e cOSI via. Queste descrizioni specificano la dimensione, la posizione, la distri· buzione, il materiale. La corrispondente descrizione funzionale vi dice che cosa succede quando questi oggetti ~ono posti in vari contesti nel mondo. L'impermeabile resiste alla pioggia e si scioglie ad alta temperatura. Il cristallo di sale è trasparente, conduce poco l'elettricità, si scioglie nell'acqua ma non nell'olio, si frantuma se picchiato con forza da un martello. e cosi via. Il cuore batte piu forte a grandi altitudini, i reni funzio· nano quando il corpo è nutrito. In molti di questi casi troviamo difficile mettere in relazione tra loro le due descrizioni, perché non comprendiamo gli oggetti in modo abbastanza completo e non sappiamo, per esempio. come la sistemazione degli atomi in un cristallo si metta in relazione con la soluhilità dello stesso nei diversi liquidi. Tuttavia, per qualche oggetto molto semplice, non c'è virtualmente discrepanza alcuna fra le descrizioni funzionali e quelle formali. Si prenda per esempio una bolla di sapone, o una pellicola di sapone su una lamina. di metallo. Il comportamento delle pellicole di sapone è cOSI pienamente capito che conosciamo le proprietà funzionali di qualsiasi data sistemazione,' e sappiamo a quale forma e dimensione delle bolle portano le diverse condizioni esterne. 1O In questo caso le descrizioni formali. e le descrizioni funzionali, sono solo diversi modi di dire la stessa cosa; possiamo dire, se vogliamo, che abbiamo una descrizione unificata della bolla di sapone. Questa descrizione unificata è l'equivalente astratto del diagramma costruttivo; è scopo
Descrizione formale e descrizione funzionale
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della scienza dare una tale descrizione unitaria per ogni fenomeno ed oggetto che conosciamo. Il compito della chimica (ed ha avuto un notevole successo in questo) è di mettere in relazione fra loro le descrizioni funzionali e formali dei composti chimici, in modo che si possa passare dall'una all'altra, senza perdere in comprensione. Il compito della fisiologia è stato quello di mettere in relazione il comportamento funzionale del corpo con gli organi che si osservano nell'anatomia. Anch'essa ha avuto un notevole successo. La soluzione di un problema di progettazione è in effetti solo un altro sforzo per trovare una descrizione unitaria. La ricerca per la realizzazione attraverso diagrammi costruttivi è uno sforzo per comprendere la forma richiesta tanto pienamente da eliminare ogni discrepanza tra la sua specificazione funzionale e la sua configurazione.t' In altre parole, un diagramma costruttivo, se è buono, contribuisce alla conoscenza della specificazione funzionale che lo origina. Abbiamo già visto nel capitolo 2, che in effetti il progettista non comprende mai completamen~e il qmtesto. Può conoscere, gradatamente, quello che il contesto chiede per la forma. Ma non vede il contesto come un unico schema, un campo unitario di forze. Se è un buon progettista la forma che egli inventa penetrerà il problema tanto profondamente non solo da risolverlo, ma da illuminarlo. Una casa bene progettata, non solo si adatta bene al suo contesto ma illumina anche il problema su ciò che è il contesto, e cOSI chiarisce la vita che essa rende confortevole. Le invenzioni che Le Corbusier ha prodotto nel 1920 per nuove forme di abitazioni, rappresentano veramente una parte del tentativo moderno di capire il nuovo modo di· vivere del XX secolo." La sezione a lama sottile dell'ala che permette agli aeropIalli di volare è stata inventata al tempo nel quale era stato appena « provato» che nessuna macchina piu pesante dell'aria può volare. Le sue proprietà aerodinamiche non furono capite se non qualche tempo dopo che era stata messa in uso. In realtà l'invenzione e l'uso della lama sottile
ha contribuito fortemente allo sviluppo della teoria aerodinamica, piuttosto che ·viceversaY Al tempo della sua invenzione la cupola geodetica non poteva essere calcolata con i sistemi di calcolo tradizionali. La sua invenzione non solo ha risolto un problema specifico, ma ha portato l'attenzione verso un nuovo modo di pensare le strutture portanti. 14 In tutti questi casi, l'invenzione è b-asata su un'idea che rende piu facile la comprensione del problema. Allo stesso modo, un diagramma costruttivo può spesso precedere la conoscenza precisa che potrebbe derivare da una sua espressione in termini razionali. Perciò è molto ragionevole pensare alla attuazione come ad un modo di verificare la natura del contesto; oltre il programma, ma parallelamente aq esso. E questo forse deriva dalla recente tendenza dei progettisti a pensare i loro progetti come ipotesi. 15 Ogni diagramma costruttivo è un assunto sperimentale circa "la natura del contesto. Nella sua qualità di ipotesi, mette concettualmente in relazione fra loro forze componenti un insieme poco chiaro, ed è in genere migliorato dalla chiarezza e dall'economia della notazione. 16 Come ipotesi inoltre, non può essere ottenufo attraverso metodi deduttivi, ma solo per mezzo della astrazione e dell'invenzione. E, ancora come ipotesi, è scartato quando presenta discrepanze. e mostra di non tener conto di qualche nuova forza del contesto. Il diagramma costruttivo può descrivere il contesto e può descrivere la forma. Ci offre un mezzo per verificare il contesto, e un mezzo per ricercare la forma. Poiché tentà di perseguire questi due obiettivi contemporaneamente, ci offre un ponte fra i requisiti e la forma, e perciò è uno stru~ mento molto importante nel processo della progettazione. In tutti i compiti della progettazione, il progettista deve tra·durre ..gruppi di requisiti in diagrammi che sintetizzino le loro implicazioni fisiche. In senso letterale questi dia~rammi sono semplici stadi sulla via della specificazione di una forma, come il diagramma della circolazione in un edificio, o la carta della densità di popolazione prevista per qualche
Uso dei diagrammi per organizzare la progettazione
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regione di sviluppo. Essi specificano solo grossolani aspetti schematici della forma. Ma la strada che da questi diagrammi conduce al progetto finale è questione di specifici particolari. L'organizzazione fondamentale della forma è origin3l:a proprio nei diagrammi costruttivi che precedono la sua progettazione. Dobbiamo ora considerare come il diagramma costruttivo non sia soltanto utile per verificare gli aspetti piu avvii e risaputi di un problema noto - come, ad esempio, la circolazione - ma possa anche essere usato per esprimere le nuo-· ve implicazioni che un problema nuovo ha appena rivelato. Abbiamo vis~o che la estensione o denotazione di qualsiasi problema può essere raccolta in un insieme generale di re· quisiti, e che, a conferma di quanto affermato, qualsiasi nuovo insieme di requisiti può essere viceversa riguardato come"'}'evidenziazione di un nuovo problema. Andando un passo piu avanti, vediamo che la connotazione (intesa come significazione delle note fisiche) di un problema già cono· sciuto può essere compresa entro un diagramma;·e - sempre a conferma di quanto inizialmente detto - anche la connotazione (quale determinazione intensionale) di qualsiasi, finora sconnesso, insieme di requisiti, può essere a sua volta sintetizzata attrav.erso un nuovo diagrammaY Il problema è definito per mezzo di un insieme di requisiti chiamato M. La soluzione di questo problema sarà una forma che con successo soddisfa tutti questi requisiti. Tale forma potrebbe essere sviluppata in tutti i suoi dettagli importanti, come un unico diagramma costruttivo per l'insieme M, se non fosse per la complessità delle interazioni interne di M (rappresentate da L) che rende impossibile trovare tale dia· gramma direttamente. Possiamo trovarlo indirettamente? Ci sono dei diagrammi piu semplici che il progettista può costruire, e che contribuirebbero sostanzialmente alla sua abilità di trovare un diagramma per M? Ci sono, e il programma ci dice come trovarli. Il programma è una gerarchia dei sottoinsiemi piu signi6cativi di M. Ogni sottoinsieme è un sottoprohlema con la sua propria integrità. Nel program· ma, gli in~iemi piu piccoli si riuniscono in insiemi piu grandi; e questi a loro vblta in insiemi piu grandi ancora. Ogni
sottoinsieme può essere trasformato in un diagramma costruttivo. E ognuno di questi sottoinsiemi di M (poiché contiene un numero minore di requisiti di quanti /ne contiene M stesso, e un numero minore di interazioni fra i requisiti stessi) è piu facile da trasformare in diagramma di quanto non lo sia M. È perciò naturale cominciare dai diagrammi costruttivi per gli insiemi piu piccoli prescritti dal programma. Se, in accordo con la struttura del programma, costruiamo dei diagrammi composti da questi diagrammi piu seo:'plici, e componendo questi costruiamo ulteriori diagrammi,
J.
otteniamo un albero di diagrammi. Questo albero di diagrammi contiene esattamente un diagramma per ciascun insieme di requisiti che figura nell'albero del programma. Perciò lo chiamiamo attuazione del programma. È facile· rilevare il contrasto fra la natura agalitica del programma· e la natura sintetica della sua realizzazione. Come vediamo l'albe-
Pro~ramma,
composto di insiemi
Realizzazione, composta di diagrammi
ro degli insiemi a sinistra è formato da successive divisioni e partizioni. L'albero dei diagrammi a destra è formato da successive composizioni e fusioni. Al suo apice è l'ultimo diagramma che sintetizza tutte le implicazioni dell'intero ptoblema ed è perciò il diagramma completo per la forma richiesta_ Esempi dei due alberi sono dati nell'appendice l.
I
31 Le
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definizioni
Abbiamo visto, di massima, come sia possibile rappresentare un problema di progettazione per mezzo di un grafo. G (M, L); come per avere un programma sia necessario scomporre il gruppo. M j e come infine il programma possa essere usato come base per la costruzione di diagrammi dai quali sia possibile sviluppare una forma. Esaminiamo ora nei particolari i termini dell'analisi che determina il programma e cominciamo, in questo capitolo, con lo stabilire l'esatto..carattere dei gruppi M ed L che. insieme, ci forniscono il grafo G(M,L). Il problema si presenta, all'origine, quando l'insieme è dato, e quando è stato sce1ro iJ proposto limite tra contesto e forma, nell'ambito di quell'insieme. A questo punto il prQ· blema è definito solo entro limiti piuttosto ampi. Ecco alcuni tipici esempi. Supponiamo di progettate un sistema di strade principali per la città di New York; un bollitore da usare nell'ambito tecnologico e socio-culturale metropolitano degli Stati Uniti d'America nel 1965; una nuova città, per 30.000 abitanti, a 40 miglia da Londra. Il contesto, in questi casi, è fisso, e testerà costante per la durata del problema; può dunque essere descritto nel modo piu dettagliato possibile. D'altro canto, la natura della forma richiesta è indeterminata. Si può magari darle un nome, come « bollitore» o «città», per rendere specifico il problema; ma uno dei primi compiti del progettista sarà di spogliare il problema dai preconcetti che ogni nome introduce. Ora, come già sappiamo, il gruppo M consta di tutti quei possibili ·tipi di disadattamento, che possono verificarsi tra la forma e il contesto; nel caso dell'insieme costituito dal rapporto fra il bollitore e il contesto sociologico metropolitano degli U.S.A., questo gruppo include specifici limiti economici, requisiti tecnici di produzione, srandard di efficienza funzionale, questioni di sicurezza e di morfologia, e COSI via.'
Per essere esatti, ogni elemento di M è una variabile e può Interazione di trovarsi in uno dei due stati: essere adatto o disadatto. 2 È forma e contesto importante ricordare che lo stato di queste variabili dipende dall'intero insieme. Non possiamo decidere se un disadattamento si è verificato guardando alla sola forma o al solo contesto. Il disadattamento è una condizione dell'insieme quale totalità, e nasce dalla insoddisfacente interazione della forma e del contesto. Si prenda il costo in denaro. l'due stati della variabile sono: «troppo costoso », e ciò rappresenta la disattitudine, e «o.k. », che rappresenta la piena rispondenza. Se un bollitore è troppo costoso, ciò descrive una proprietà del bollitore piu il suo contesto, e ci<?è, il suo insieme. Fuori del contesto, il prezzo del bollitore può superare o no una cifra che abbiamo stabilito; nulla di piti. Solo la sua relazione con il resto dell'insieme lo rende «troppo costoso» o «o.k. ». In altre parole tutto dipende da quanto possiamo permetterei. Si consideri ora la capacità del bollitore. Se consideriamo il bollitore per se stesso, tutto quello che possiamo dire è che contiene una certa quantità di acqua. Non possiamo dire se sia abbastanza, finché non vediamo cosa richiede il contesto. Anche questa volta, il fatto che .il .bollitore non contenga abbastanza acqua, -o che la contenga, è una proprietà della forma piu il contesto, presi come un tutto. Que~ sto fatto, che la variabile si riferisce all'insieme nella sua int,egrità, e mai alla forma soltanto, conduce al seguente importante principio. In linea di principio, per decidere. se la forma soddisfi o no un dato requisito, dobbiamo costruirla, metterla in rapporto con il contesto in questione e osserva're l'insieme cosi formatò per vedere se si verifica in esso un disadattamento oppure no. Solamente sollevandolo, potrete dire se un bollitore è abbastanza comodo da tenersi in mano. E, come principio generale, potrete decidere se una strada è abbastanza larga per guidare, soltanto quando l'avrete costruita e avrete tentato di percorrerla in macchina nèlle condizioni medie prefigurabili. Naturalmente non ci atteniamo, nei fatti, a questo principio, , poiché sarebbe tanto poco conveniente da riuscire praticamente impossibile. Se conosciamo in partenza la massima
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Precostitulre uno standard di funzionalità
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larghezza dei veicoli che verranno usati nell'autostrada e sappiamo anche che, al fine di ottenere una guida confortevole e uno spazio adeguato per frenare a una certa velocità, occorrono 2? e 6" in piu dall'una e dall'altra parte, possiamo dire subito se nell'autostrada si determinerà o meno un disadattamento ai predetti requisiti. Possiamo fare questo perché il carattere misurabile della proprietà «larghezza » ci permette di stabilire una connessione tra la larghezza della strada e la probabilità di cattivo funzionamento nell'insieme. Ciò che facciamo in tal caso, per semplificate il compito della progettazione, è di stabilire uno standard di funzionalità, specifì.canclo che tutte le carreggiate devono avere almeno un passaggio largo circa Il '0" poiché le grandi automobili sono larghe 6'. Possiamo allora dire, con un ragionevole grado di sicurezza, che ogni strada conforme a gue· sto standard non provocherà alcun disadattamento dell'insieme. Possiamo istituire uno standard di funzionalità per. ogni variabi.le di disadattamento che presenti variazioni continue lungo una graduatoria ben definita. Altri esempi tipici sono l'isolamento acustico delle stanze (la sopportabilità del rumore può essere espressa in decibel), l'illuminazione per una lettura confortevole (espressa in lumen per metro quadrato), la capacità di sostenere carichi richiesta a una struttura come garanzia ad un suo possibile cedimento (coefficienti di sicu~ rezza sono applicati ai massimi carichi previsti), ragionevoli costi di manutenzione (espressi in dollari per anno). Una volta che, per un requisito, è stata trovata una graduatoria, numericamente controllabile, è quasi sempre possibile trovare una connessione tra la graduatoria stessa e qualche intrinseca proprietà della forma. l Per cui, dato il progetto di un edificio sul tavolo da disegno, è possibile calcolare i probabili costi di manutenzione, la trasmissione di rumore fra le stanze e cosi via. Naturalmente, allora, non è piti necessario scoprire attraverso il procedimento per tentativo ed errore se la forma mancherà di adattarsi al suo contesto. Può essere stabilito in anticipo uno standard di funzionalità determinato dal contesto per ciascun requisito considerato ed ogni standard può essere usato come criterio di adattamento.
. Questa è la ragione per cui è crescente la tendenza a stabilire scale e standard di funzionalità per il maggior numero di requisiti possibile' Tuttavia, l'esistenza di uno standard di funzionalità e l'as~ sociazione di una scala numerica con una variabile di disattitudine non significa' che la disattitudine sia piti intensamente avvertita nell'insieme quando essa si presenta. Nat':l~ 'ralmente vi sono moltissime disattitudini o mancate rispondenze per le quali non esistono scale. Alcuni esempi tipici sono «la noia in una mostra », «l'impraticità di un manico di bollitore », «l'insicurezza di; un catenaccio o di una ser-' ratura », «l'insufficiente calore umano in un soggiorno », «la mancanza di varietà in un parco ». Nessuno ha ancora inven. tato una scala per l'infelicità o la scomodità o l'inquietudine, e non è perciò possibile isti~uire standard di funzionalità per queste condizioni. Eppure sono queste mancate rispondenze quelle piÙ critiche in un problema di progettazione. L'importanza delle' variabili non quantiflcabili è talvolta perduta nello sforzo di essere «scientifici ». Una variabile che presenta variazioni continue è piti facile da trattare in tet~ mini m:;ttematici, e perciò sembra piÙ adatta per una trattazione scie;ntifica. Ma anche se è vero che l'uso di standard di funzio~alità rende me~o necessario al progettista di confidare sull'esperienza personale, accade anche che il tipo di ottimizzazione matematica che le variabili quantificabili ren~ dono possibile sta largamente irrilevante per il problema della progettazione, Un problema di progettazione non è un problema di ottimizzazione.' In altre parole non è il problema di soddisfare qualsiasi requisito, qualsiasi funzione di diversi requisiti, ne! modo migliore possibile (sebbene talvolta si possa dire con leggerezza che si tratta di Ottimizzare uno o due fattori, come il costo o il tempo di costruzione). Per la maggior parte dei requisiti è importante soltanto che essi siano soddisfatti ad un livello sufficiente a prevenire la mancata rispondenza fra forma e contesto, e che questo avvenga nel modo meno arbitrario possibile. 6 La situazione è strettamente "binaria, L'obiettivo è di portare ogni variabile binaria al valore O (per variabili continue il valore O corrisponde all'intera
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gamma di valori positivi dello standard' di funzionalità richiesto). È perciò importanre soltanto che ogni variabile sia specifica e definita, al punto che ogni progetto possa es· sere classificato senza ambiguità, come un adattamento o un disadattamento. Per le variabili quanti6cabili questo è facile. Un esempio ovvio, nel caso del bollitore, è l'esigenza di una capacità adeguata. Dato che la capacità di un bollitore può essere descritta quantitativamente, è possibile stabilire facilmente"una capacità standard che riteniamo soddisfacen- te per i bollitori, per cui sia possibile considerare come disattitudine una capacità minore di quella. Allora diremo che la variabile .assume il valore O per i bollitori che hanno capacità maggiore o uguale alla capacità critica, e il valore 1 per i bollitori che hanno capacità minore. La scala delle misure c;li capacità fornisce la base oggettiva per dividere i bollitori in due categorie: compatibili col contesto e incompatibili ceD esso in rapporto alla variabile considerata. Per le variabili non quanti6cabili, la questione diventa me· no facile. Prendiamo, ancora per il bollitore, la proprietà dell'essere «co~odo da prendere ». Non vi è nessuna pro.prietà oggettivamente misurabile che si possa realmente mettere in relazione con il comfort nel servire, secondo una scala di «comodità». Tuttavia una variabile di disattitudine come questa può ancora essere definita abbastanza bene. È sempre possibile stabilire alcuni limiti comunicabili sui quali un gruppo di esperti possa trovare un accordo. Si può certo spiegare abbastanza chiaramente cosa si intenda per comfort, nel linguaggio del senso comune, secondo l'accor· do di un gruppo di persone che decidano quali bollitori sono comodi da prendere e quali no. Questo permette alla variabile comodità di divenire accetrabile per lo scopo della nostra analisi. Considereremo una proprietà dell'insieme (quantificabile o no) come una variabile di disattitudine accettabile, purché sia possibile associare ad essa un modo non ambiguo di sele· zionare tutte le possibili forme in due classi: quelle per le quali riconosciamo che si adattano a soddisfare il requisita - nel quale caso diciamo che le variabili assumono il valore O-, e quelle per le quali riconosciamo che non si adattano 102
a soddisfare il requisito - nel qual caso diciamo che le variabili assumono il valore 1. Questo ci porta a tre serie di dO,mande, alle quali può sembrare difficile rispondere: 1. Come possiamo ottenere un insieme esauriente di variabili M per un dato problema; in altre parole come possiamo essere certi di non aver tralasciato qualcosa di importante? 2. Come possiamo essere certi che tutte le variabili incluse nella lista M siano rilevanti per il problema? 3. Per qualunque variabile specifica, come decidiamo a quale punto viene meno la rispondenza? o, se essa è una variabile continua, come sappiamo quale valore attribuire allo standard di funzionalità? In altre parole, in che modo la condizione fin qui descritta'la riconosciamo come disattitudine? A queste domande è già stato risposto sostanzialmente nel capitolo 2. Ricordiamoci del seguente principio fondamentale. Qualsiasi stato c/.i cose ne!finsieme) che derivi da!finterazione fra la forma e il contesto e causi stress ne!finsieme) è una disattitudine. Questo concerto di stress o non rispondenza o disattitudine Naturale è primario. Procederemo senza definirlo. Possiamo trovare intollerabilità precedenti per questo nella pratica del diritto comune, della dello stress psichiatria, della medicina, nell'ingegneria, dell'antropologia, dove esso serve anche come un concetto primario non definito.? In tutti q~esti casi, si dice che si presenta stress dovunque si possa dimostrare secondo il senso comune che alcuni stati di cose sono in qualche modo dannosi all'unità e al benessere dell'intero insieme. Anche nella progettazione, benché sembri difficile definire il concetto di stress in teoria, in pratica è facile farlo. In architettura, per esempio, quando il contesto è definito dal cliente, egli dirà in termini non incerti quello che non vuole tollerare. Ed è pure ovvio che un bollitore scomodo da prendere lcausa stress, poiGhé il contesto richiede che esso sia comodo da prendere. Del resto appartiene al senso comune il fatto che un bollitore
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debba essere usato comodamente da mani umane. All'estremo opposto se qualcuno afferma che l'insieme è sottoposto a uno stress quando il bollitore non riflette radiazioni ultraviolette, sarà ancora il senso comune a farci respingere l'affermazione, a meno che non siano espresse in termini piu precisi le ragioni che dimostrano i danni derivanti dall'assorbimento dell'ultravioletto.
Ogni insieme di inidoneità è incompleto e relativo
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Il principio che lo stress o il disadattamento sia un concetto primario ha le seguenti c0nseguenze. Prima di tutto è chiaramente impossibile elencare esaurientemente tutti i tipi di stress che P9ssono presentarsi in un insieme, e perciò impossibile sperare che M possa fornire una descrizione completa di un problema. Un istante di riflessione ci convincerà ç,he non siamo mai capaci di esporre un problema di progettazione se non in termini di errori osservati nelle precedenti soluzioni di precedenti problemi. Anche se tentiamo di progettare qualcosa per uno scopo del tutto nuovo, mai prima affrontato, il meglio che possiamo fare per esporre il problema è di prevedere come potrebbe probabilmente andare male, esaminando mentalmente tutti i modi in cui altre cose sono andate male nel. passato. Il meglio cbe possiamo fare è, in altre parole, di includere in M tutti quei tipi di stress che possiamo immaginare. L'insieme M non può mai propriamente essere chiamato completo. Il processo della progettazione, anche quando è diventato autocosciente, resta un processo di riduzione' di. errori, e l'insieme M resta un elenco·' provvisorio di quegli errori che sembrano esigere correzione. I! fatto che il processo della progettazione debba essere visto come un processo di correzione di errore ha un'ulteriore conseguenza. Gli errori che sembrano piu critici non' sono mai gli stessi per persone diverse. Qualsiasi serie di errori o disattitudini da eliminare include perciò necessariamen~e una certa componente di un gusto personale. Se chiediamo a diversi progettisti di esporre un problema quale può essere quello di un abitato urbano, troveremo difficile anche raggiungere l'accordo i.otorno all'indicazione degli elementi realmente importanti. Probabilmente ogni pro-
geuista ha il suo personale insieme di idee in merito alla scelta di tali elementi, e in effetti è pienamente libero di guardare al problema nella prospettiva che preferisce; rutro ciò che possiamo sperare di ottenere è di inquadrare la sua concezione secondo una struttura feconda. È per questa ra· gione che M non può essere pensato come obbiettivamente completo, ed è stato invece presentato nd capitolo 6 come una possibile immagine della concezione che il progettista ha di un problema. Comunque, bisognerebbe porre anche in evidenza come, malgrado la naturale prefigurazione inevitabilmente portata con sé da qualunque esposizione di un problema ad opera deI progettista, sia tuttavia non meno vero che l'uso dell'insie~ me M quale strumento di rappresentazione ha in sé un rile· vante potere di richiamo verso la neutralità. L'unico punto sul quale i progetristi potrebbero trovarsi fra loro dissen· zienti si riduce, in linea di massima, all'importanza rispettiva dei diversi requisiti. Nella presente teoria, questo dettaglio, qualora fosse stato preso in considerazione, avrebbe potuto essere espresso mediante l'assegnazione di uno spe~ cifico, quantificabile valore alle divers~ variabili. Ad ogni modo, saranno pochi i progettisti che all'atto pratico ·non si troveranno concordi sulle variabili stesse; quanto meno, sulla loro elencazione. Mentre infatti la relativa importanza dei diversi requisiti è, eventualmente, questione opinabile, la decisione invece se un requisito sia, o no, realmente tale, è assai meno personale. Uno stress generato da un'inidonea rispondenza (o disattitudine), leggera o no, ha semplici tan~ gibili conseguenze che possono essere obiettivamente determinate. Lasciando poi che il progettista calcoli la rispettiva importanza dei diversi requisiti, a sua decisione e discrezione durante la fase diagrammatica del processo, si per~ mette cosi ai progettisti di accordarsi intorno al contenuto dell'insieme M, siano essi d'accordo o no sulla loro relativa importanza, poiché la sola inclusione di un requisito in M, come tale, non attribuisce ad esso alcuno spedfico peso. Prima di dire di piu intorno alle precise proprietà logiche che le variabili di disattitudine devono avere, definiremo
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ora le interazioni tra le variabili. Per fare questo dobbiamo introdurre un nuovo elemento concettuale: e cioè il campo specifico, o dominio, delle forme per le quali queste varia~ bili sono state precisate. Conveniamo di chiamarlo D; e precisiamo subito che deve essere concepito, approssimatamente, come il complesso di tutte quelle "forme discriminabili (buone e cattive) aventi la possibilità di venir poste in rapporto con il contesto dato, per completare l'insieme. I contenuti di questo dominio non possono essere specificati in modo preciso (se lo potessero, il problema della progettazione diventerebbe un problema di selezione); il dominio in sé è immaginario, ma serve per fissare l'idea delle connessioni intervariabili. Dovremmo pensarlo come la totalità dell~ forme possibili entro le capacità conoscitive del progettista. In altre parole, si tratta di un modo abbreviato per parlare di tutte quelle forme discriminabili che un progettista può immaginare e progettare. 8 Ora, sappiamo per postulato che possiamo in linea di principio decidere, per ognuna delle forme in D, quali requisiti essa soddisfa e quali no. Questo significa che ogni variabile di disattitudine x; taglia il dominio D in due: il gruppo delle forme adatte, e il gruppo di quelle che non lo sono. Schematicamente, li rappresentiamo cosi:
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Da due variabili otteniamo 4 insiemi, nel quali le forme prendono i valori mostrati qui sotto.
Se sovrapponiamo tutte le m variabili, otteniamo una divi· sione del dominio D in 2 m classi reciprocamente esclusive, ~gnuna contrassegnata da un ~ifIerente schema di valori per Xl' .• x m • Chiameremo il quoziente di forme in D che non soddisfa il requisito x, la probabilità del presentarsi della disattitudine Xi. Scriviamo questo P(Xi = 1). (Naturalmente O';; p(x; = l) ,;; 1.) Allo stesso modo definiamo la probabilità di evitare la disattitudine Xi come p( Xi = O); e la probabilità di evitare entrambe Xi e Xi simultaneamente come P(Xi = 0, Xi = O), e cosi via. Se le variabili Xl' . . X m sono tutte a due a due indipendenti, allora per un assioma della teoria della probabilità possiamo scrivere p(x; O, Xj O) p(x; O) . p(Xj O) per tutti gli i e j. E similmente se le variabili sono indipendenti a tre a tre, a 4 a 4, a n a n, allora queste relazioni di indipendenza vengono considerate come probabilità con~ dizionali, e scriviamo, ad esempio, P(Xi = O, Xi = O I Xk = l) p(x; O I Xk l) . p(Xj O I x, l) condizionale su Xk = 1 e cosi via. 9 Dovunque le variabili non sono indipendenti, le relazioni precedenti vengono a mancare. Es· senzialmente, allora, parliamo di una dipendenza tra due variabili dovunque P(Xi = O, Xi = O) sia notevolmente diverso da p (x; = O) . p (Xj = O) e analogamente per piu di due variabili. Formalmente descriviamo queste dipendenze per mezzo dei coefficienti di correlazione. 1O Il piti semplice coefficiente di correlazione è quello per due variabili: 11
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P(Xi=O,Xj=O) . p(xi=1,xj= 1) Cij
Rapporti funzionali reciproci
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P(Xi=O,Xj= 1) . P(Xi= 1,xj=O)
[P(Xi=O)P(Xj=O)P(Xi= 1 )p(Xj= 1))' . Per qualunque coppia di variabili Xi e Xi, poi, possiamo distinguere le tre seguenti possibilità: 1. Se Cij è notevolmente miJ.?ore di 0, Xi e Xi contrastano; come «l'essere, il bollitore, troppo piccolo» e «l'occupate, II bollitore, troppo spazio ». Quando cerchiamo una forma che annulla XI diminuiscono le nostre probabilità di annullare Xl. 2. Se Cii è notevolmente maggiore di O, Xi e Xi concorrono; come <d'essere, il bollitore, incapace di resistere alla temperatura dell'acqua bollente» e «l'essere, il bollitore, soggetto a corrodersi in cucine piene di vapore ». Quando cerchiamo materiali che evitino una di queste difficoltà, aumentiamo l" probabilità di evitare l'altra. 3. Se Cij non è lontano da 0, Xi e Xi non mostrano interazioni di alcun tipo degne di nota.
Nel primo caso dovremmo scrivere un legame negativo tra le variabili, nel secondo caso dovremmo scrivere _tra esse un legame positivo, e nel terzo caso non dovremmo scrivere nessun legame tra loro. Parlando grossolanamente: due requisiti interagiscono e sono perciò legati se, in un progetto, quel che si fa ìn funzione di uno di essi rende piu diflicik o piu facile il fare qualcosa in funzione dell'altro." Quest' suggerisce un modo semplice per valutare i legami, fondato su un esame diretto delle forme esistenti conosciute. Supponiamo di raccogliere un campione di tutti i bollitori recentemente prodotti e di esaminarlo dal punto di vista delle disattitudini Xi e Xi. Poiché abbiamo definito ogni varia~ bile di disattitudine i~ un modo tale che possiamo sempre decidere quale valore essa prende (O o 1) in un progetto dato, è facile ottenere il numero dei bollitori dove si è pre~ sentata solo Xi(Xi.-= 1, Xi = O), dove si è presentata so~ lo X;(Xi = O, Xi = 1) dove si sono presentate entrambe (Xj = 1; Xi = 1) e dove né l'una né l'altra si sono presentate (Xi = O, Xi = O). Se i campioni sono stati scelti atten~ tamente, quest'i numeri ci danno una buona valutazione delle probabilità che Xi, che Xj, che entrambe, che nessuna, ha
di presentarsi m un bollitore moderno scelto a caso. Da queste valutazioni di probabilità associate a due variabili potremmo calcolare la correlazione Cii e scrivere un legame tra ogni coppia di variabili la cui correlazione fosse statisticamente significativa. Potremmo usare lo stesso procedimento per decidere delle correlazioni a piti variabili. Però questo metodo, che è ba.sato su un campione dei bollitori esistenti, non serve pienamente ai nostri scopi. Se riflettiamo attentamente, ci accorgiamo che le correlazioni trovate empiricamente, hanno differenti gradi di validità. Alcune sono quasi logicamente necessarie, come il contra· st? tra l'esigenza di una sufficiente capacità del bollitore e l'esigenza di una economia di spazio. Il primo richiede un grande volume, il secondo uno piccolo. Questo CQntrasto esiste quasi per definizione, almeno finché non si pensi a modi di scaldare l'acqua assai -differenti da quelli consentiti dai bollitori B Altre correlazioni dipendono da leggi fisiche - come il contrasto tra l'esigenza di un materiale che trattenga il calore dopo che nel bollitore l'acqua ba raggiunto il punto di ebollizione e l'esigenza di un materiale che permetta di scaldare economicamente l'acqua del bollitore. È difficile immaginare un materiale la cui conduttività termica sia differente in direzioni opposte; cosi ancora, sebbene vi siano modi per aggirarlo, il contrasto esiste per la maggior parte dei bollitori che si possono immaginare. Ma altre correlazioni dipendono solamente da contingenze del gusto e del costume. Se guardiamo i bollitori nei negozi di oggi, possiam~· osservare che quelli economici hanno manici di stagno, e potremmo c?ncludere che l'esigenza di sicurezza nel sollevare un hollitore caldo (l'esigenza, cioè, di avere un manico che non scotti) contrasta con l'economia della produzione e con la necessità di tenere basso il prezzo di vendita. Però, questa conclusione, che è basata su un campione dei bollitori attualmente disponibili, cambierà appena cominceremo a pensare ad altri materiali e progetti. Questo contrasto infatti, non sarà certo presente in tutti i bollitori immaginabili. Deliberatamente vogliamo evitare di mescolare questo ulti-
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ma caso con gli altri due. Se dovessimo accettare il legame che esso parrebbe suggerire, allora, con la logica essenziale· dell'insieme, dovremmo anche congelare la ricerca entro i limiti delle sue contingenze momentanee. Siamo invece interessati a quei legami fra le variabili che valgono per tutte le forme che possiamo concepire (cioè per la totalità D). Purtroppo qu~lsiasi campione basato sulle possibili soluzioni che sono già state realizzate è notevolmente influenzato dal passato. Per superare questa tendenza, dovremmo esaminare in modo totalmente esauriente tutti i fattori di D, oppure trovare una teoria che ci offra un criterio statistico imparziale di campi9namemo di D. Nulla di questo è possibile oggi. Tuttavia, potremmo vincere questo stato di cose con altri mezzi. Jnvece di cercare solo collegamenti statistici tra le variabili, potremmo tentare di trovare le relazioni causali fra esse. Ora, una fede cieca basata esclusivamente su una regolari tà di frequenza osservata non può essere mai piena ed appagante, perché non risulta da una connessione causale verificata. Ma se riusciamo a trovare una spiegazione della correlazione fra le variabili, riferita a qualche sicura matrice concettuale, possiamo essere piu facilmente disposti a credere nel valore probatorio della frequenza e della regolarità, perché in t-al caso sappiamo anche quali tipi di circostanze estranee hanno la probabilità di sconvolgere la regolarità e quali no. In questo secondo caso chiamiamo «causale» una correlazione, posto, appunto, che possediamo qualche criterio di razionalizzazione o schema, le cui regole· rendano conto di essa. Per esempio, la conoscenza sicura della struttura molecolare e cristallina dei materiali ci dà una buona ragione per credere che la conduttività termica di un materiale sia la stessa in due direzioni opposte qualsiasi, e di qui che la necessità di scaldare un bollitore in poco tempo contrasta con la necessità di mantenere calda l'acqua una volta che abbia bollito. In questo caso poiché comprendiamo la connessione fra le due variabili la chiamiamo causale e le diamo un peso molto maggiore perché siamo convinti che essa rende conto di quasi tutte le possibilità concepibili.
La ricerca di relazioni causali di questo tipo non può essere meccanicamente sperimentale o statistica, ma richiede una interpretazione; per perseguir1a, dobbiamo adottare lo stesso tipo di ragionamento comune di cui siamo tenuti a far uso continuamente nella parte induttiva della scienza. I puri dati del metodo scienti6co non vanno mai oltre l'esposizione delle regolarità. Noi immettiamo in queste una struttura solo per- inferenza e interpretazione. 14 Proprio nello stesso modo, i fatti strutturali relativi. a un sistema di variabili in un insieme, verranno solo da una meditata interpretazione delle osservazioni. Diremo che due variabili interagiscono se e solamente se il progettista può trovare una ragione (o' un modello concettuaie) che abbia senso per iui e gli dica perché esse interagiscono. 15 Anche qui, come nella definizione delle variabili, ci imbattiamo nell'intervento di una componente personale e siamo tenuti a ricordare che L, come M, è una rappresentazione del modo in cui il progettista vede il problema, non una descrizione' oggettiva del problema stesso. Se il progettista vede un contrasto fra la necessità di avere allo stesso tempo in un bollitore una sufIìcient~ capacità e la necessità di economizzare lo' spazio, egli lo fa perché ha alcuni preconcetti intorno ai tipi di bollitore possibili. Infatti sono concepibili espedienti, non ancora inventati, per far bollire l'acgua mentre esce dal rubinetto, e ottenendo quindi una occupazione di spazio molto limitata. Ma finché il progettista non assume questa possibilità, non serve dirgli che il contrasto è spurio; il contrasto, per quanto lo riguarda, esiste realmente, e occorre risolverlo, e deve quindi essere incluso in L e proprio nell'atto in cui si chiede se le due variabili interagiscono realmente e perché lo fanno, il progettista vede le possibilità di evitare il contrasto e cioè, vede il problema piu a fondo. Il lettore può ben chiedersi come un tale processo - in cui i requisiti e i legami tra i requisiti sono definiti dal progettista sulla base di cose già presenti nel suo pensiero possa giungere a un risultato che non è già presente nel
Oggettività e soggettività nel processo di definizione
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pensIero del progettista. In altre parole, come può essere realmente di aiuto questo procedimento? La risposta è che poiché esso concentra l'attenzione sulla struttura, il processo è capace di ricavare una totalità coerente, e quindi nuova, da pa.rti incoerenti. È vero che il progettista deve fin dall'inizio avere in mente alcune idee fisiche, relarive al problema. Per definire i requisiti, egli deve essere cosciente delle implicazioni fisiche specifiche di ciascuno di essi. Per definire i legami fra i requisiti, egli deve essere cosciente dei molti modi in cui le implicazioni fisiche hanno probabilità di essere in contrasto o viceversa di concorrere. Ma le molte implicazioni frammentarie di cui il progettista è cosciente non arrivano di per se stesse alla forma. Egli è capace di definire la forma solranto nel momento in cui le implicazioni fisiche si compongono nella sua mente e assumono un aspetto organizzato. Il processo che sto descrivendo, come vedremo, è di aiuto precisamente in quanto provoca l'organizzazione, entro particolari specifici finora non organizzati, nel pensiero del progettista. Esigenza di specificazione e dettaglio
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Indubbiamente lo schema di interazione in qualsiasi problema reale presenterà una grande varietà di forze diverse. Può succedere che due variabili -contrastino cosi fortemente da escludersi reciprocamente e da non poter mai assumere contemporaneamente gli stessi valo;ti. Può anche succedere che le due variabili presentino una tendenza a concorrere, appena percettibile. Ma, mentre una prova esplicitamente statistica dà alle interazioni una gamma continua.. di valori, i metodi ad hoc del pratico senso comune difficilmente ci permettono di assegnare loro una continua gamma scalata in modo percettibile - questo soprattutto per il fatto che i diversi individui che giudicano possono avere scale personali di valutazione incommensurabili e per il fatto che le interazioni che scaturiscono da diversi tipi di sorgenti possono essere difficili da comparare. In pratica, nel migliore dei casi, è possibile distinguere due o tre intensità di interazione. Sarà possibile, allora, dare a ciascuna coppia di. variabili
(Xi. Xi) un piccolo indice integr.ale. Vi;' uguale a O se non c'è interazione. positivo se c'è accordo, e negativo in caso di contrasto. Sarà ugualmente conveniente mantenere il valore assoluto di Vii minore o uguale a un numero intero fissato v. Al fine di una interpretazione fedele, assumiamo che !'indice di legame Vij indichi una correlazione di SVii, dove è una costante arbitraria tale che :<:: 1. I valori del Vii possono essere esposti in forma di matrice. La casella alla coincidenza della i-esima riga j-esima colonna contiene il valore Vii- La casella della prima riga e della seconda colonna (i = 1, i = 2) contiene vu. La matrice è simmetrica. In questo modo:
ov
o
x,
x,
o
2
O
x,
2
O
-1
x,
O
-1
O
x,
Da questa matrice si arriva a definire l'insieme L come un insieme di legami associati alle variabili di M, come segue. 16 Per ogni coppia di variabili Xi e X;' ci sono I Vii l elementi distinti di L che uniscono Xi a Xj. Questi elementi portano lo stesso segno dell'indice Vii, negativo per il contrasto e positivo per l'accordoY Gli insiemi M ed L congiuntamente definiscono in modo completo il grafo G (M, L).18 .Le definizioni che abbiamo dato lasciano ancora senza ti· sposta alcune questioni pratiche relative agli insiemi M ed L. Ha qualche importanza, per esempio, il fatto. che due variabili abbiano un significato molto vicino anche se leg· germente differente? Quanto specifiche o quanto generali devono essere? Come ci comportiamo in un caso di intera· zione a tre variabili? Le risposte a qU(~ste domande dipendono da tre importanti proprietà formali del sistema C(M, L), che ora esamineremo.
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Innanzi tutto, se il grafo G(M, L) deve fornirci una rappresentazione accurata del comportamento delle variabili, è necessario che l'insieme L descriva tutte le interazioni esi-
stenti fra le variabili. Dal momento che gli elementi di L sono legami che rappresentano la correlazione a due varia-
bili, questo significa che le variabili devono essere scelte in modo da essere libere da correlazioni a tre o piu variabili. La trattazione matematica dell'appendice 2 è basata sulla
assunzione che le correlazioni di ordine superiore si annuI· Iino. t9 Se non fosse cosi. un'analisi basata su L e M soltanto, . darebbe certo risultati fuorvianti. In secondo luogo, anche la correlazione a due variabili SVii deve essere piccola per ciascuna coppia di variabili. Specifi. camente, per quanto riguarda la trattazione matematica del-
j'appert"dice 2, dobbiamo avere /0 ~ l, dove / è il numero totale dei legami in Terzo, l'analisi dell'appendice 2 è basata anche sull'assunzione di una certa simmetria semplice fra le variabili di M. Essa richiede che p( Xi = O) sia la stessa per tutti gli i. 21
L'"
Ancora una volta, se non fosse cosl, l'analisi non sarebbe
valida. Consideriamo ora le implicazioni pratiche di queste tre pro~
prietà formali che il sistema G(M, L) deve avere. Prendiamo per prima l'ultima. Essa richiede che P(Xi = O) sia la stessa per tutti gli i, ovvero che la proporzione di tutte le forme pensabili che soddisfano un requisito sia press'a poco la stessa per ciascun requisito. Ciò signiEca, nel linguaggio comune, che tutte le variabili debbono essere grosso mo-
do comparabili per quanto riguarda la loro pottata e il loro significato. Non possiamo ammettere che «economicamente soddisfacente» sia un requisito e «mantenimento dei costi abbastanza bassi» sia un altro. Chiaramente questi requisiti hanno dif-
ferenti gradi di significato poiché il secondo è parte del primo mentre il primo non è parte del secondo. Ogni progettazione economicamente soddisfacente deve a fortiori contenere i costi a un livello accettabile. Ma non è vero l'in114
verso. I progetti possibili che soddisfano il primo requisito sono molti di piu di quelli che soddisfano il secondo, perché
il primo ha una portata e un signrncato molto pio ampi. Le loro probabilità sono molto diseguali. In questo caso l'ineguaglianza è particolarmente chiara poiché il secondo requisito è contenuto nel primo. Ma la differenza sarebbe parimenti grande se sostituissimo il primo con «funzionalmente soddisfacente ». Questo nuovo requisito ha una portata ed un significato ancora pio ampi del «mantenimento dei costi abbastanza bassi» anche se ess~ non lo contiene. Se vogliamo usare «mantenimento dei costi abbastanza bassi» come requisito, allora dobbiamo suddividere «funzionalmente soddisfacente» in requisiti piti piccoli e piu specifici, comparabili ad esso. II primo passo nella costruzione dell'insieme M è di rendere tutte le sue variabili approssimativamente uguali in «dimensione» o portata. 22 Consideriamo ora la seconda delle tre proprietà formali. In pratica, naturalmente, la precisione di questa espressione matematica è Senza senso, dal momento che noi giudichiamo le correlazioni «ad occhio» e non le ordiniamo numericamente. Essa significa tuttavia, praticamente, che dobbiamo essere soddisfatti di ottenere che tutte le variabili siano tanto indipendenti quanto riusciamo a renderle tali. Un esempio può servire a chiarire meglio. Supponiamo che le seguenti due variabili appaiano nella nostra lista per il problema del bollitore: 1. «il bollitore deve riscaldare l'acqua abbastanza in fretta»; 2. «il bollitore deve conservare calda l'acqua una volta che essa ha bollito ». Queste due variabili sono chiaramente nient'affatto indipendenti. Tuttavia esistono, nascosti dietro di esse, due aspetti abbastanza indipendenti e basta solo trovarli. Un modo per riuscirci consisterebbe nella seguente rielaborazione che copre piu o meno lo stesso campo della prima coppia, ma consta di due variabili fra loro piu indipendenti; 3. «il bollitore deve permettere una trasmissione di calore solo unidirezionale»; 4. «il bollitore deve avere una bassa capacità termica ». Una notevole quantità di energia deve essere spesa nelle fasi preliminari manipolando e rimaneggiando le variabili
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in questo modo fino a che esse non divengano indipendenti quanto piu è possibile. D Dopo la terza e la seconda delle proprietà formali, veniamo ora alla prima e piu difficile da ottenere: che le correlazio· ni a tre o piu variabili fra gli elementi di M sia trascurabili. Essa significa che la correlazione a due variabili per ogni coppia di variabili deve essere indipendente dagli sta· ti di tutte le altre variabili. Dal momento che lo stato di una variabile con tanto maggiore probabilità influisce sulla correlazione fra le altre variabili, q'uanto piu ampia è
la sua portata, la cosa migliore da fare è quella di rendere tutte le singole variabili quanto piu è possibile specifiche e minute.
Questo metodo del rendere tutte le variabili altamente spe· cifiche"'è importante per un'altra ragione. Per quanto si
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cerchi di evitare le categorie esistenti, in pratica si debbono sempre creare le variabili specifiche di M, attraverso fasi intermedie. Il cervello non è fatto per pensare in modo amorfo liste dettagliate. Ci piaccia o no, se pensiamo a una variabile che ha a che fare con l'acustica, inevitabilmente penseremo alle altre che Ci sembrano appartenere allo stesso titolo o rientrare nella stessa area concettuale. È quindi per una questione di psicologia pratica che noi non possiamo evitare di -usare concetti di ordine superiore come «economia» e «acustica », quali passaggi intermedi nel compito di elencare le variabili di disattitudine. Nel migliore dei casi possiamo trattare questi intermediari concettuali come parole.chiave, come etichette liberamente concepite per i principali argomenti del problema, che do· vremo poi suddividere ulteriormente in parti pili piccole per ottenete un insieme di variabili M. Pili le nostre variabili sono vicine a queste parole-chiave astratte e generali, piu il nostro problema rimane suscettibile di quel tipo di distar· sioni discusse nel capitolo 5. Quanto piu rendiamo spedii· che e dettagliate le variabili, tanto meno C(M, L) sarà co~ stretto dalle precedenti concezioni, e tanto piu esso sarà aperto a un esame dettagliato ed imparziale della sua struttura causale.
Riassumiamo quindi le proprietà che gli elementi di M devono avere. Essi devono essere scelti in modo da (1) avere un'uguale portata, (2) essere tanto indipendenti l'uno dall'altro quanto è ragionevolmente possibile, e (3) avere una portata tanto piccola, e quindi essere tanto specifici e dettagliati e numerosi, quanto è possibile. 24 Un esempio di un insieme M' è dato nell'appendice 1 unitamente al suo insieme associato L.
41 La
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soluzione
Abbiamo ora un grafo G (M, L) che rappresenta il problema della progettazione. Come abbiamo visto nel capitolo 6, per risolvere il problema, tenteremo di scomporre l'insieme M in modo tale che ci dia un programma utile per la progettazione. Considereremo ora quale criterio -ysare come base per la scomposizione. Come abbiamo osservato nel capitolo 6, un programma ci fornisce una serie di sottoproblemi piti semplici, e ci dice in che erdine risolverli. Prima di tentare di definire un criterio di scomposizione possiamo discutere l'assunto che una tale partizione possa essere di qualsiasi aiuto al progettista. Il progettista come creatore di forma sta ricercando l'integrità (nel senso della singolarità) j desidera formare una uni~ tà, sintetizzare, raccogliere insieme elementi. L'origine di un programma di progettazione, d'altra parte, è analitica, e il suo effetto è di frammentare il problema. Il contrasto fra questi due scopi, l'analisi e la sintesi, ha condotto qualche volta a sostenere che nella progettazione l'intelletto e l'arte sono incompatibili, e che nessun processo analitico può aiutare un progettista a comporre progetti unitari e ben organizzati. Consideriamo piu attentamente questa obiezione. È comune esperienza che i tentativi per risolvere prima ùna parte di un problema poi altre, e cosI via,porta a" involuzioni senza fine. Non si è ancora risolto un aspetto di un problema che un altro diviene. oscuro. E quando si torna indietro per correggere, va storta qualche altra cosa. Gira e rigira non si arriva mai a produrre una forma che sia completamente giusta, perché non c'è nessun modo di integrare le parti raccolte separatamente. Questa è la grande argomentazione contro i tentativi di risolvere i problemi della progettazione per scomposizione. Si dice inoltre che poiché nessuna analisi per quanto acuta può mai risolvere queste difficoltà,
il progettista deve contare su di una forza creativa subconscia che gli consenta di destreggiarsi con successo. In altre parole, la mano e l'occhio devono essere tanto sicuri, da condurlo al risultato piu rapidamente di quanto non possa l'intelligenza. Se i problemi della progettazione fossero omogenei, questa raccomandazione avrebbe una sicura importanza perché allora qualsiasi suddivisione analitica agirebbe, per cOSI dire, come elemento di rottura e ne sarebbe distrutta l'unità. Ma in pratica i problemi sono tutt'altro che omogenei. Sono pieni di nodi e fratture che rivelano una struttura definita. Se si riuscisse a imparare a tracciare le principali componenti strutturali del problema dal grafo G(M, L) che lo rappresenta, le difficoltà scomparirebbero. Ma come si possono riconoscere le componenti strutturali separabili di un problema? Affrontiamo ogni giorno questo tipo di compito, costantemente; anche quando non vediamo .niente di piu complicato di un paio di arance su un tavolo, una accanto all'altra e non un'arancia e mezza vicino a mezza 'arancia, identifichiamo correttamente le componenti strutturali. (Correttamente, e in modo praticamente verifi~ cabile, perché mentre possiamo raccogliere un'arancia e la~ ~ciare l'alt~a dov'è, non possiamo raccogliere un'arancia e mezza è lasciare mezza arancia dove ·sta.) Kohler e Werthei~ mer diressero l'attenzione sul fatto che anche un atto conoscitivo apparentemente semplice come questo, in effetti richiede un'operazione percettiva molto complicata. 1 Non dovremo sorprenderci constatando, nel simile ma piu astratto compito di riconoscere le appropriate componenti strutturali del sistema M, che la nostra istintiva percezione ed intuizione ci tradiscono. La traduzione in termini matematici di questa intuizione è stata cercata in molti modi. 2 È importante esaminarne alcuni se non altro per la bu"ona ragione che essi illustreranno e approfondiranno la concezione dei nostri obiettivi. Qualcuno, che forse si avvicina a quello che vogliamo, divide sem· plicemente M in una serie di sottoinsiemi collegati dal minot numero possibile di legami L, lasciando cOSI il maggior numero possibile di legami entro i sottosistemi. 3 Tuttavia, nemmeno questo né qualsiasi altro dei metodi esistenti si
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adana esattamente alle condizioni che si presentano nel nostro caso. Proverò ora a dimostrare come si possa sviluppare un criterio ben definito di scomposizione, pensando semplicemente con cura alle relazioni tra il programma di progettazione e la sua attuazione.
as,
Nel diagramma hanno rilevanza gli aspetti fisici del problema
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Riflettiamo a ciò che la giusta attuazione del programma richiede. Fondamentalmente, richiede che gli insiemi ne] programma abbiano due tipi di proprietà, che possono essere illustrati prendendo la tipica parte di programma mostrata sotto. SI ed 52 sono due diversi insiemi di requisiti. 53 contiene tutti i requisiti di 51 e 52_ Prima dobbiamo essere in grado di trovare i diagrammi costruttivi per SI e 52 separatamente. Questo significa che le disattitudini che SI contiene devono in qualche modo essere coerenti, e suggerire un aspetto fisico o una componente della forma desiderata. Lo stesso vale per S, In secondo lu~go, se la scomposizione deve servire a qualche utile proposito, non deve essere necessario costruire il diagramma per S, fin dall'inizio. Invece deve essere possibile dedurre un diagramma costruttivo per S" in qualche semplice modo, dai diagrammi già costruiti separatamente per S, ed S,. Per semplificare, la prima di queste condizioni dipende dalla struttura interna degli insiemi SI ed 52. mentre la seconda riguarda le relazioni fra questi due insiemi. Consideriamo, in quest'ordine, le due condizioni. Quale peculiarità della strutrura interna di qualsiasi problema lo rende difficile da risaIvere? I n nove casi su dieci. non si può risolverlo perché non si può afferrarlo; non si riesce a vedere. «a cosa conduce» la struttura interna. Lo dimostrano chiaramente i sotto-problemi che stiamo consi~ derando, e che sono costituiti. dagli insiemi di requisiti isolati dal resto del problema di progettazione cui appartengono. Prendiamo a caso due problemi di rispondenza, «il bollitore deve essere pratico da maneggiare» e «il bollitore deve essere economico da scaldare)}. che noi dovremmo probabilmente considerare come non interagenti. I due proble-
mi definiscono un sottoinsieme, a due elementi, di M per il problema del bollitore. È difficile vedere, tuttavia, che cosa hanno in comune questi due elementi o, piu esattamente, se questo insieme, preso da solo, significa qualcosa. Se l'insieme M contiene m disattitudini, ci sono 2m pqssibili sottoinsiemi di" M e cosi 2m problemi supplementari. Qual~ siasi problema di progettazione di pratico interesse e di nor~ male complessità conterrà probabilmente almeno 100 varia~ bili, e varrà perciò 2 100 , cioè, approssimativamente, 103:) . (1,000;000,000,000,000,000,000,000,000,000) diversi sottoinsiemi di variabili. Quasi ciascuno di questi sottoinsiemi sarà difficile da afferrare, dal momento che già nell'esempio del "sottoinsieme a due elementi appena dato, non è chiaro che cosa «abbiano in comune» le sue piuttosto disparate variabili. La nostra prima, naturale reazione è di cercare l'integrità di quei rarissimi insiemi di variabili nei quali le variabili «han~ no qualcosa in comune» in modo che gli insiemi acquistino un senso. L'uso di concetti verbali rappresenta un efficace mezzo artiH ficiale per trovare gli insiemi che hanno qualcosa in comu~ ne. Succede infatti che certi risultati,' che appaiono nella nostra analisi come sottoinsiemi di M, siano legati da parole familiari. Chiunque diventi capace di manipolare questi insiemi, può capire di che cosa si sta occupando, e può per~ ciò affrontare i significati che l'insieme rappresenta. Sfortu~ natamente però, gli insiemi di disattit~dini identificate attraverso concetti verbali non hanno alcuno speciale significato funzionale, e non si prestano di solito ad una interpreta zione per mezzo di diagrammi costruttivi. Un diagramma costruttivo richiede che i requisiti che esso rappresenta abbiano in comune qualche implicazione fisica. È facile quindi costatare come non tutti i possibili sottoinsiemi di M siano ugualmente facili da diagrammare costruttivamente. Possiamo forse esporre ciò in altri termini, dicendo cioè che certi sottoinsiemi aprono delle possibilità fisiche piu facilmente di altri. Alcuni insiemi di disadattamenti, considerando le loro interazioni, sembrano appartenersi naturalmente; e presi co~ me unità, suggeriscono con molta evidenza una forma fisica. H
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Altri sembreranno non avere alcuna speciale ragione per essere considerati insiemi, non sono particolarmente facili da diagrammare, e veramente non «appartengono» al problema. Per rendere sensibili i sottoinsiemi in questo programma, dobbiamo ora chiederci esattamente quali insiemi di punti possiamo considerare come i piu «diagrammabili ». Questo dipende dallo schema di interazioni. Dov'è che, a conti fatti, 'si manifesta l.'interazione fra i requisiti? Essa scaturisce dalla natura diilicilmente trattabile dei materiali da utilizzare e dalle condizioni che governano la creazione della forma. Due disattitudini sono considerate come interagenti solo perché, almeno in un certo senso, riguardano lo stesso genere di considerazione fisica. Se riguardassero aspetti completamente diversi, non ci potrebbe essere alcuna base né per un contrasto né per una unione. Nel costruire, la necessità di un isolamento acustico contrasta con la necessità di utilizzare materiali prefabbricati facilmente trasportabili. Queste due esigenze contrastano perché la prima richiede massicci spessori di materiale inerte, mentre la seconda richiede muri leggeri. La caratteristica fisica reale dalla quale dipendono le loro interazioni è la massa. Ancora: in una superstrada la necessità di sicurezza nelle curve contrasta con la necessità di mantenere bassa l'incidenza del costo del terreno, perché quanto piti larghe devono essere le curve per ragioni di sicurezza, tanto maggiore è l'area che si deve occupare. In questo caso l'interazione fra i due requisiti dipende dal raggio della curva. È proprio questo centro fisico di implicazioni - se posso cOSI chiamarlo - che il p.t;"ogettista trova facile da afferrare. Po'iché esso si riferisce ad una proprietà o entità fisica distinguibile, può essere facilmente diagrammato, e può quindi fornire un possibile punto di attacco non verbale al problema. Se possiamo trovare insiemi di variabili nei quali le interazioni sono particolarmente dense, possiamo presumere, che la densità dell'interazione risiede in un aspetto fisico chiaramente identificabile. Gli insiemi di questo tipo saranno i piu facili da afferrare costruttivamente. Come a lato. Perciò se spezziamo il problema in modo tale che i suoi gruppi di variabili siano interamente collegati nel modo piu
ricco, avremo il filo conduttore per quegli aspetti fisici del problema che hanno il ruolo funzionale piu importante e che perciò molto probabilmente forniscono una opportunità di comprensione al progettista. Sono questi gli insiemi piu facili da diagrammare. Se dobbiamo risolvere il problema M aprendoci la strada Ricorso alla attraverso il programma, risolvendo separatamente i diversi scomposizione sottoproblemi, deve essere ovviamente possibile mettere in~ sieme in qualche modo i diagrammi risultanti quando li abbiamo. Questa è la seconda condizione che un programma favorevole deve soddisfare. Ma sarà possibile fondete due diagrammi solo in particolari circostanze. Perché, per esempio, non possiamo semplicemente comporre un diagramma' per ogni singola vari!lbile, in modo da ottenere m diagrammi, e poi sovrapporli tutti? La ragione è evidente. Le cara~teristiche fisiche richieste da un requisito contrasta~ no con le caratteristiche fisiche richieste da un altro. Questo è, in effetti, esattamente ciò che intendiamo dicendo che due variabili di disattitudine contrastano. Lo stesso vale per diagrammi piu complessi. Abbiamo già concentrato l'atten~ zione sul fatto che un sottoinsieme che contenesse tutte le variabili economiche, e nessun'altra, sarebbe relativamente inutile, perché le sue implicazioni economiche contrasterebbero troppo fortemente con le altre implicazioni del problema. Naturalmente se il diagramma per i requisiti economici non fosse compatibile con quello dei requisiti di comodità, non avrebbe senso costruire i due diagrammi indipendentemente. Come affronteremo allora questa difficoltà? Non è possibile evitare di incontrare contrasti in qualche parte nel program· ma. Indipendentemente dall'ordine in cui vengono considerati i requisiti, se si vuole trovare una forma che li soddisfi tutti, si deve in qualche fase risolvere ognuno dei contrasti. Ma se ci pensiamo, vediamo che la difficoltà di risolverli è diversa nelle diverse fasi del processo di attuazione. All'inizio del processo, gli insiemi di requisiti sui quali ci appli~ chiamo sono ancora sufficientemente ristretti perché le loro implicazioni siano afferrate intuitivamente; e queste impli~
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cazioni non sono perciò ancora irrigidite in alcuna esplicita forma diagrammatica; sono ancora sufficientemente flessibili per essere integrate con successo malgrado i contrasti. Piu procediamQ nel processo, piu· i nostri pensieri sulle implicazioni sono forzati dalia loro complessità a diventare con· creÙ, sia diagrarnmaticamente che concettualmente; piu la loro rigidità si oppone ad ulteriori modifiche. Come risultato, quanto piu. tardi i diagrammi in contrasto debbono essere integrati nel processo, tanto piu difficile è l'integraZIOne. Ne risulta che, siccome i contrasti prima o poi debbono essere risolti, sarà opportuno affrontarli il piu presto possibile nel corso del processo di attuazione, quando le idee sono ancora flessibili. Da questo punto di vista, quanto minore è.oil numero dei legami tra i sottoinsiemi maggiori della decomposizione, tanto meglio è. La situazione ideale, che . generalmente non esiste in pratica, è quella di trovare una prima divisione di M, come quella qui illustrata, nella quale nessun legame è tagliato dalle scomposizionL4
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La necessità di sottoinsiemi che si possano esprimere diagrammaticamente richiede insiemi di variabili dotati di interazioni interne molto ricche. La necessità di risolvere i con· trasti fra i diagrammi che da essi si ottengono, richiede il numero piu piccolo possibile di interazioni tra i sottoinsiemi. È chiaro che questi due fatti sono compatibili; in realtà, possono essere espressi unitamente nel modo seguente. Consideriamo proprio quel livello della scomposizione nella quale qualche in~ieme S deve essere diviso in sottoinsiemi separati (5\, S" So· . ·5.). Vogliamo scegliere questi S. in
modo tale da poter trovare un diagramma costruttivo per SI le cui implicazioni piu tardi non risultino contraddette da un diagramma concepito indipendentemente per 'uno degli altri S.. Lo sresso per S" S, ecc. Perché è difficile fare questo in termini di comportamento delle variabili? t diflicile perché qualsiasi variabile legata ad altte esercita una mutua costrizione sulle loro reciproche condizioni. Se fissiamo i valori delle variabili di S" i valori che le variabili di Sg, possono assumere sono già vincolati in qualche modo dai vincoli di probabilità che le legano a S,. In altre parole, i valori che le variabili di S, assumono, dicono già qualcosa intorno ai valori che possono assumere le variàbili di S'l; essi forniscono una informazione. Quanto piu radi sono i legami fra gli S. ranro meno i valori delle variabili in S, possono dirci circa i valori in 52, ecc.; quanto minore è l'informazione che i .legami portano attraverso la partizione, tanto piu liberi siamo nel costruire un diagramma per S2, una volta fissata la soluzione di S, nella nostra mente. Se desideriamo prima costruire un diagramma per S" e poi indipendentemente un diagramma compatibile per 52, vogliamo essere liberi di manipolare i valori delle variabili in 52 senza che questa manipolazione sia vincolata dal fatto che le variabili di SI sono state fissate nella nostra mente dall'espressione diagrammatica inventata per esse. Per ottenere quesro, dobbiamo scegliere le S. in modo tale che le variabili nei diversi sottoinsiemi della partizione, esercitino la minor possibile costrizione reciproca di informazione. Come si dimostra nell'appendice 2, le condizioni specificare 'nel capitolo 8 definiscono un'unica distribuzione di probabilità p(),,) sulle condizioni di qualsiasi insieme di variabili.' L'appendice 2 dimosrra inoltre che, data qualsiasi divisione 7t di un insieme 5 in sottoinsiemi, 7t{ 51' .. 51l } si può sta· bilire una misura della trasmissione di informazione, o della dipendenza informazionale, fra questi sottoinsiemi chiamara R(7t)' Poiché R(7t) è definita per turte le possibili parrizioni di qualsiasi S, possiamo ottenere la scomposizio· ne desiderata dell'insieme M attraverso la minimizzazione di R( 7t) per partizioni successive di M e dei s~oi derivati, Troviamo dunqu~ prima di tutto quella divisione di M,
125
la quale R ( n) è mmima. Questo stabilisce il primo livello della scomposizione, secondo la seguente rap-
n (M), per
A
M
S,
S3
Aderenza a finalità fisiche, e funzionali
126
s,
presentazione. Applichiamo poi lo stesso metodo agli insiemi 511.: cerchiamo quella clivisione n(5 1 ) di SI, per la quale R(n) è minima, e similmente per S2' . " ottenendo cosi il secondo li· vello della scomposizione. Continuiamo con questo procedimento iterativamente, finché raggiungiamo un livello di scomposizione al qual€ tutti gli insiemi contengono unA sola variabile. (Condizione 4 del cap. 1, parte II, pag, 82.) L'albero degli. insiemi dato dalla scomposizione è, entro i limiti di questo libro, una completa decomposizione sttut· turale del problema di progettazione definito da M; perciò serve ç.ome programma per la sintesi di una forma che risolva questo problema. Ricordiamo ora le proprietà del programma: 1. L'albero, nella sua struttura gerarchica, corrisponde a qualsiasi altra gerarchia di concetti - salvo che i concetti sono qui definiti per denotazione" come insiemi di variabili, piuttosto che per connotazione attraverso il significato. 2. L'albero particolare al quale siamo arrivati con il metodo descritto) dà una rappresentazione esplicita della struttura implicitamente responsabile del successo e della stabilità del processo l!0n autocosciente del creare forme. 3. L'albero dà la piti ampia scomposizione possibile del problema senza interferire con l'obiettivo di sintetizzare le diverse parti unificandole. Ogni problema accessorio che esso definisce ha la sua propria integrità, ed è il piu indipendente possibile dal resto del problema. 4, Dobbiamo ricordarei che la gerarchia degli insiemi definiti dall'albero non sarà sempre facile da capire. Perfino negli insiemi piu piccoli che contengono solo una mezza dozzina di variabili, queste sovente sembreranno disparate, e la loro giustapposizione risulterà strana. L'importanza di ogni variaQile si può comprendere propriamente solo dopo un esame accurato della sua relazione funzionale con le altre variabili nell'insieme. Poiché la potenziale coerenza di questo insieme di variabili deriva dalle sue implicazioni fisiche,
essa può essere afferrata solo graficamente, per mezzo di un diagramma costruttivo che riveli proprio le implicazioni. Ogni diagramma per un insieme S deve soddisfare due esigenze. Come diagramma di requisiti: a. deve rivelare proprio quegli aspetti del problema che sono importanti per l'insieme dei requisiti; b. non deve includere alcuna informazione che non sia esplicitamente richiesta dai requisiti. Come diagramma èli forma: a. deve essere tanto specifico da possedere tutte le carat· teristiche fisiche richieste dai requisiti di 5; b. allo stesso tempo deve essere tanto generale da non contenere alcuna caratteristica arbitraria, e riassumere cosi, astrattamente, la natura. di og,ni forma che potrebbe soddisfare S. Il progettista, prima di tutto, deve resistere alla tentazione di riassumere i contenuti dell'albero in termini di concetti verbali noti. Non deve aspettarsi di poter rintracciare per ogni S qualche paradigma verbale come «questo concerne gli aspetti acustici delIa forma >}. Se tenta di farlo, e permette ai preconcetti verbali di interferire nello schema che il programma gli presenta, nega tutto il fine delI'analisi. Il fine del programma di progettazione è nel fatto che ogni insieme di requisiti si orienta verso un unico importante risultato fisico e funzionale, piuttosto che verso qualche risultato precostituito o verbale. In questo modo il progettista è portato a consolidare le idee concrete appena germoglianti nella sua mente e a trasformarle in un ordine fisico.
Per finire questo capitolo, darò un esempio del modo in Una nuova idea cui un insieme di requisiti, presi insieme, crea una nuova della. forma idea di quelIo che dovrebbe essere la caratteristica princi'pale di una forma fisica. Prendiamo ancora in considerazio-ne il progetto delI'ormai familiare bollitore a un becco. Il becco singolo, largo e corto, corrisponde a un certo numero di requisiti: tutti quelIi che si concentrano nel problema di mettere e togliere acqua dal bollitore, di farlo con sicurezza senza che cada il coperchio, di rendere la produzione piti
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semplice possibile, di fornire un avvertimento quando il bollitore bolle, e di consentire una facile pulizia dell'interno. Nei vecchi. bollitori questi requisiti erano soddisfatti separatamente da tre componenti: un becco per versare, un buco in alto per riempire e pulire, e un coperchio che tratteneva il vapore e si 'agitava quando l'acqua bolliva. 1m· provvisamente, quando divenne possibile mettere sul mercato metalli incorruttibili e poco costosi e di piu efficace disincrostazione, per cui non era piu necessario raggiungere l'in_ terno del bollitore per disincrostarlo, divenne chiaro che i requisiti avevano in realtà un unico centro di implicazioni fisiche e n~n· tre. Il becco largo può essere usato per riempire, per versare, e come fischio, e non c'è piu bisogno di coperchio, che può sempre cadere fuori e versare l'acqua bolleRte sulle mani di chi usa il bollitore. L'insieme di requisiti, una volta riconosciuta la sua unità, conduce ad una singola componente fisica del bollitore. L'attuazione del programma definirà fisicamente la forma
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Il programma che rappresenta una scomposizione funzionale del problema, è un ìnezzo per identificarne gli aspetti funzionali piu importanti. Ma quale specie di forma .fisica può veramente cercare di conseguire un progettista con l'aiuto di tale programma? Consideriamo il problema della fotma fin dalla sua origine. L'organizzazione di qualsiasi oggetto fisico complesso, è di tipo gerarchico. È verO che,'se vogliamo, possiamo rifiutare questa· osservazione considerandola come un'allucinazione del cervello umano, sempre propenso a percepire il mondo in termini di articolazioni e gerarchie. Vi sono ruttavia buo-. ne ragioni per credere alla suddivisione gerarchica del mondo come a u'n carattere og"gettivo della realtà. Infatti, molti scienziati, nello sfol'zo di comprendere il mondo fisico, per primo identificano le sue componenti fisiche; come del resto io stesso ho fatto in queste;· note, per arrivare a isolare le componenti astratte del problema che affrontavo. Per comprendere il corpo umano è necessario conoscere le sue principali divisioni strutturali e funzionali. Non è possibile comprenderlo finché non si riconoscono come entità a se stanti il sistema nervoso, il sistema ormonale, il sistema vasomo-
torio, il cuore, le braccia, le gambe, il tronco, la testa, e cOSI via.? Non si può capire la chimica senza conoscere le parti di cui sono composte le molecole. Non si può sostenere di aver ben compreso l'universo prima di aver riconosciuto le galassie come sue parti fondamentali. Non si può capire la città moderna finché non si sa che, pur essendo le strade e la distribuzione dei servizi fisicamente intrecciate, i due settori rimangono funzionalmente distinti. Gli scienziati si adoperano per identificare le componenti delle strutture· esistenti. I progettisti tentano di dar corpo alle componenti di nuove strutture. Il piti grande compito per i progettisti è congiuntamente la ricerca delle giuste componenti e il modo giusto di trasformare queste comPlonenti in forme. lo credo che il programma gerarchico usato con intelligenza possa offrire la chiave di questo fondamentale problema, possa cioè fornire le principali componenti fisiche da cui dovrebbe derivare la forma. Quando consideriamo i diversi tipi di diagrammi costruttivi che possono essere suggeriti dai sistemi di requisiti, la loro natura ci appare molto varia. Alcuni sembrano definire le piti generali e piti schemat'che proprietà della forma, come - per esempio - l'essere circolare, l'essere bassa piuttosto che alta, l'essere omogenea. Altri diagrammi sembrano piti aggregativi che strutturali. Definiscono le parti che costituiscono la forma, come nel caso in cui un diagramma definisca la strada come parte della città, oppure il manico come parte del bollitore, e COS1 via. In realtà la distinzione tra diagrammi aggregativi e strutturali è piu apparente che reale. Prendiamo per esempio un diagramma che rappresenti una pianta circolare. La circola· rità può essere intesa come proprietà generale. Ma essa può ancher essere riferita alla presenza di un muro di cinta o di un qualsiasi contorno. In altre parole, è sempre possibile tradurre una proprietà strutturale in un fatto concreto che agisce come parte di un tutto: nel caso specifico, il confine. Si può dunque stabilire una regola generale: ogni carattere di una forma, sia esso strutturale o aggregativo, può essere inteso come configurazione di diverse componenti. Ogni og-
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getto è una configurazione gerarchica di diverse componenti, nella quale le maggiori specificano il modo di distribuzione di quelle piu piccole, e quest'ultime, malgrado il loro carattere di frammenti, a prima vista evidentissimo, a loro volta specificano la distribuzione di altre componenti ancora piu piccole. Ogni componente ha una duplice natura: è prima una unità, e poi una aggregazione, ed è ambedue le cose nello stesso tempo. La sua natura, come unità, la rende una entità distinta da ciò che la circonda. La sua natura, come aggregazione, specifica la sistemazione delle sue proprie unità componenti. È il fine ultimo della progettazione di fare che ogni diagramma sia allo stesso tempo una aggregazione e una unità. Come unità si inserirà nella gerarchia di componenti piu gtandi che si trovano sopra esso; come aggregazione specificherà la gerarchia delle componenti piu piccole di cui è formato. La composizione gerarchica di questi diagrammi ci condurrà allora all'oggetto fisico, la cui gerarchia strutturale è l'esatta controparte della gerarchia funzionale stabilita attraverso l'analisi del problema. Come il programma chiarifica le componenti che costituiscono l'origine della struttura formale, cOSI la sua attuazione comincerà parallelamente a definire le componenti fisiche della forma e la loro organizzazione gerarchica.
Epilogo
Il mio principale compito è stato di mostrare che esiste una profonda e importante corrispondenza strutturale fra lo schema di un problema e il processo del progettare una forma fisica rispondente a quel problema. lo credo che i grandi architetti del passato siano sempre stati consapevoli della analogia strutturale che si stabiliste tra problema e processo, e che proprio il senso di questa analogia strutturale li abbia condorti alla progetrazione di grandi forme. Lo stesso modello di compor~amento è presente nell'azione di produrre forme per via non autocosciente: ed è qui la ragione del suo successo. Ma per noi, che siamo autocoscienti, la trasformazione di un problema in una -forma, richiede una prioritaria esplicitazione della struttura del problema. È necessario dunque, prima di tutto, inventare una struttura concettuale ed è proprio questo che ho cercato di (are neI presente studio. Siccome mi rendo como che il mio sforzo può non essere facilmente accettato, cercherò di rivedere la poca strada che ho percorso riflessa nella parabola di una immaginaria società deI passato. Supponiamo che sia esistito nel passato un popolo privo di una aritmetica formalizzata. Quando doveva affrontare una qualsiasi questione che noi risolviamo in termjni aritmetici, la afferrava per intuizione. Se, per esempio, qualcuno desiderava conoscere l'area di un campo di grano, misurava a passi i due lati del campo (diciamò 6 passi per 10 passi), e poi mescolava i due numeri. Finalmente qualcuno giungeva a una risposta e diceva un numero che dava una stima dei sacchi di grano necessari per seminare quel campo. Poteva dire 60, 61, 58, qualsiasi cosa gli venisse in mente. (Se noi ci trovassimo nella stessa situazione faremmo il prodotto dei due numeri, 6 X lO = 60, e arriveremmo do-
131
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po a esprimere in rapporto all'area la quantità di grano necessaria a seminare il campo.) Non è difficile supporre che la gente di questa immaginaria società potesse considerare inaccettabile. l'aritmetica formale. Il loro metodo non li portava in genere troppo lontano dal risultato esatto (del resto, il seminare grano in un contesto cosi libero, implicava che ciò che noi chiamiamo inesattezza risultasse del tutto trascurabile) e, oltre tutto, c'era qualcosa di quasi nobilmente magico nei veggenti che si assumevano il compito del «calcolo ». Alcuni certo riuscivano meglio di altri; alcuni avevano il potere di dare risposte appropriate, altri davano risposte inesatte. Ma questo sembrava non avere importanza. Il potere di dare risposte era considerato un grande dono umano e le persone che lo possedevano erano onorate per la loro abilità. Sia i veggemi che i loro ammiratori si opponevano duramente alla introduzione di una aritmetica formalizzata. Non ne vedevano i possibili sviluppi e si occupavano soltanto di conservare la loro propria limitata· capacità di calcolo. Questa resistenza non era del tutto sciocca. C'erano anche uomini saggi fra coloro che si opponevano alla aritmetica. Essi prevedevano giustamente le implicazioni materialisti· che che essa avrebbe comportato. Se fosse stata introdotta, il suo primo risultato sarebbe stato di rendere piu precisi e piti facili i calcoli e -quindi di risparmiare grano. E ben presto la dimensione, il numero e l'economia avrebbero dominato l'essere umano. Il bene immediato portaro dalla formulazione della aritmetica sarebbe .stato ben piccolo in confronto ai rischi che comportava. Tuttavia né i saggi, né i veggenti, prevedevano lo sviluppo miracoloso cui la formulazione aritmetica avrebbe piti tardi condotto. Comprendendo il meccanismo della tecnica che produceva il risultato, l'uomo acquisi. maggiore intuizione. Scopri. che non è importante solo il risultato, ma anche il processo che conduce ad esso. Non solo l'espressione dei risultati, ma la qualità del percorso che si compie per raggiungerli. Constatando le basi della geometria e i processi della dimostrazione geometrica Riemann inventò quel tipo
di geometria che piu tardi dive~llle il fondamento della teoria della relatività di. Einstein. Molii grandi teoremi SOD.O oggi .possibili perché un tempo sono state inventate la moltiplicazione e l'addizione: Dalla meditazione dell'uomo sui processi apparentemente ovvii che sono alla base della aritmetica è derivata la matematica, e da queste forme di ardi· ne ancora piti alto, forme matematiche di grande eleganza e di piena comprensione. Naturalmente le configurazioni' della matematica sono astratte e le configurazioni dell'architettura concrete e umane. Ma la differenza è irrilevante. La qualità cruciale di una configurazione, non importa di che tipo, sta nella sua organizzazione; e quando la pensiamo in questi termini la chiamiamo forma. La sensibilità umana per le configurazioni della matematica si è svilupp~ta parallelamente alla sensibi· lità per i processi di dimostrazione. lo credo che la nostra sensibilità per la forma architettonica non potrà mai conse· guire un analogo ordine dì sviluppo finché' non si sarà raggiunta una analoga sensibilità per il processo della progettazione.
Appendici
\Appendice 1 . Un esempio sviluppato
Questo è un esempio sviluppato, preso da uno scritto recente, La determinazione deLLe componenti per un villaggio indiano. Il problema trattato è il seguente: un villaggio agricolo di seicento persone deve essere riorganizzato in modo da soddisfare le presenti e futllre condizioni che si sviluppano nell'India rurale. L'insieme M, che segue, contiene tutte le variabili di non adattamento che riguardano l'organizzazione del villaggio. Esse sono definite nella loro fgrma positiva; cioè, come ne· cessità e requisiti che devono essere positivamente soddisfatti in un villaggio che funzioni perfettamente. Tuttavia, derivano da affermazioni intorno a carenze potenziali: ognuna rappresenta qualche aspetto del villaggio che poteva rivelarsi mal rispondente, ed è perciò sostanzialmente considerabile come una variabile di un adattamento secondo le definizioni del capitolo secondo. M include variabili che rappresentano tre diversi tipi di necessità: 1. tutri quelli che sono esplicitamente sentiti dagli indigeni stessi come necessità, 2. tutti quelli che sono richiesti dall'economia nazionale e regionale e da fini sociali, e 3. tutti quelli già implicitamente soddisfatti nel villaggio (che sono richiesti, senza però essere sentiti come necessità da nessuno). " (Le didascalie poste sulla sinistra sono state utili nella fase di preparazione della lista ma oon hanno avuto alcuna importanza nella succes~iva fase di analisi.)
Religione e casta 1 Hari;ans considerati ritualmente impuri, intoccabili. 2 Appropriata sistemazione dei morti. 3 Regole sull'orientamento non a sud delle porte di casa.
137
4 5 6 7 8
Certe acque e certi alberi sono considerati sacri. Servizi per cerimonie festive o religiose. Richiesta di templi. Bestiame considerato sacro e tendenza vegetariana. I membri delle caste mantengono la loro professione di casta il piti a lungo possibile. 9 I membri di una casta desiderano stare assieme, e sepa~ rati da altri, e non mangerebbero né berrebbero insieme con loro. lO Necessità di matrimoni elaborati. Forze sociali
I
U8
Il Il matrimonio aVVIene con una persona proveniente da un altro villaggio. 12 TuH'a una grande famiglia suole vivere in una casa singola. 13 Solidarietà famigliare e buon vicinato anche dopo la scissione della famiglia. 14 Integrazione economica del villaggio e pagamenti in ge~ neri base. 15 Tendenza attuale verso il passaggio dalla permuta al pagamento in denaro. 16 Le donne pettegolano molto mentre fanno il bagno, mentre prendono l'acqua, mentre vanno «alle latrine» nei campi. 17 Il villaggio ha gruppi sociali fissi. 18 Necessi tà di dividere il terreno fra i figli di successive generazioni. 19 La gente vuole possedere terra propria. 20 Gente di diverse fazioni preferisce non avere alcun con~ tatto. 21 Sradicamento dell'intoccabilità. 22 Abolizione dello zamindari e della distribuzione ineguale della terra.' 23 Gruppi di uomini che chiacchierano, fumano anche fino a tarda notte. 24 Posto per le manifestazioni del villaggio: balli, giochi, canti, competizioni. 25 Assistenza per vedove, minorati fisici o anziani.
26 Disposizione sentimentale - desi.derio di non distruggere il vecchio modo di vivere - amore per le abitudini presenti che regolano il bagno, il pasto, ecc. 27 La famiglia è autoritaria. 28 Limiti di proprietà e responsabilità di manutenzione. 29 Provvedimenti per il bagno giornaliero, distinto per sesso, casta ed e'tà.
Agricoltura 30 Efficiente e rapida distribuzione di semi, fertilizzanti, ecc. 31 Efficiente distribuzione di fertilizzanti, concime, seml, dai magazzini del villaggio ai campi. 32 Richiesta ed utilizzazione di campi incoltivati. 33 Campi fertili che devono essere usati meglio. 34 Raccolta di concime natu;ale (animale ed umano). 35 Protezione del raccolto dagli insetti, dalle erbacce e dalle malattie. 36 Protezione del raccolto dai ladri, dal bestiame, dalle capre, dalle scimmie. 37 Disponibilità di magazzini per la distribuzione e il mercato del raccolto. 38- Disponibilità di aie e loro protezione dai predoni. 39 Cotone migliore e ammasso del raccolto. 40 Migliore raccolto di grano. 41 Buon raccolto di verdura. 42 Efficiente ar.atura, estrazione di erbe cattive, raccolto, livellamento. 43 Consolidamento del terreno. 44 Il raccolto deve essere portato a casa attraverso i campi. 45 Sviluppo dell'agricoltura. , 46 Rispetto per le pratiche tradizionali dell'agricoltura. 47 Necessità di nuovi strumenti quando i -vecchi sono danneggiati. 48 Scarsità di terra. 49 Fattorie in cooperativa. Allevamento animali 50 Magazzino protetto del foraggio.
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51 Miglioramento della qualità del foraggio disponibile. 52 Miglioramento della quantità di foraggio. 53 Miglioramento del bestiame. 54 Provvedimenti per nutrire il bestiame.
55 Accesso del bestiame all'acqua. 56 Riparo del bestiame {nutrimento, riposo, mungitura}.
57 Protezione del bestiame dalle malattie. 58 Sviluppo di attività connesse all'allevamento del be· stiame. 59 Efficiente uso e smercio dei prodotti caseari.
60 Minima utilizzazione degli animali per il traino, allo sc<>:, po di alleggerire il deperimento del bestiame. Occupazione
61 OccU'pazione abbastanza fluida per i lavoratori stagional. mente disoccupati. 62 Incentivi al sOrgere di piccole industrie o laboratori· aro tigiani, e all'apprendistato.
63 Sviluppo dell'industria del villaggio. 64 Semplificazione della mobilità dei lavoratori tra il vil· laggio, i campi, le industrie e le case.
65 Differenziazione dell'economia di base del villaggio non tutta legata all·agri~o1ttlra. 66 Efficiente fornitura e uso della forza motrice.
Acqua .67 Acqua potabile che sia buona e dolce. 68 Facile accesso all'acqua potabile. 69 Beneficio di una possibile completa irrigazione derivato dalla disponibilità di acqua. 70 Completa raccolta dell'acqua sotterranea per l'irrigazione. 71 72 73 74
Completa raccolta e utilizzazione dell'acqua dei monsoni. Prevenz{one della carestia in caso di assenza di monsoni. Conservazione delle risorse di acqua per il futuro. Manutenzione degli impianti per l'irrigazione.
75 Drenaggio del terreno per prevenire gli allagamenti. 76 Controllo delle alluvioni per proteggere le case, le stra· 140
de, ecc.
Benessere materiale 77 Il villaggio e le case iiIdividuali devono essere protette dal fuoco. 78 Ombra per riposare e passeggiare. 79 Assicurazione di aria fresca. 80 Sicuretza per il bestiame. 81 Sicurezza per donne e bambini. 82 Attrezzature per far giocare i bambini (sotto controllo). 83 Durante l'estate la gente dorme all'aperto. 84 Sistemazioni per i panchayat, gli incontri ecc. 85 Ogni sistemazione p'er sedersi e riposare dovrebbe essere protetta dalla pioggia. 86 Non sovraffollamento. 87 Ricovero sicuro dei beni. 88 Posto per lavare ed asciuge.re gli indumenti. 89 Servizi per la vendi ta dene merci. 90 Migliori sistemazioni per preparare i cibi. 91 Fornitura e immagazzinamento di combustibile. 92 Le case devono essere pulite, lavate, difese dall'umiditĂ . 93 Luce.
Trasporto Provvedimenti per il traffico animale. Accesso piu vicino possibile alla corriera. Accesso alla ferrovia. Minimizzare il costo del trasporto di derrate. La produzione giornaliera richiede un accesso costante (anche in caso di monsone) ed economico al mercato. 99 L'industria richiede una buona attrezzatura di trasporto. 100 Sistemazione per le biciclette in ogni villaggio, dal 94 95 96 97 98
1965.
,
101 Traffico pedonale nel villaggio. 102 Sistemazione per le processioni. 103 Accesso dei carri trainati da buoi alle case, per caricare il grano, il foraggio. Foreste e terreni 104 Mantenere sana la struttura ecologica. 105 Terreno forestale insufficiente.
141
106 Le piante giovani hanno bisogno di protezione dalle pecore.
107 Conservazione della terra. 108 Erosione delle strade e delle abitazioni. 109 Riparazione di terre erose, canali, ecc.
110 Prevenire l'erosione del terreno.
Educazione 111 Attrezzature per l'educazione primaria.
112 113 114 115 116 117
Accessi alle scuole secondarie. Buona assistenza a scuola. Sviluppo delle attività indipendenti delle donne. Opportunità di attività giovanili. Aumenro della capacità di leggete negli adulti. Dillusione delle informazioni sul controllo delle nascite, sulle malattie.
118 Progetti di divulgazione attraverso esempi. 119 Uso efficiente delle scuole; nessuna distrazione degli studenti.
Salute 120 Provvedimenti sanitari per le malattie degli indigeni. I 121 Facilitazioni per le nascite, cure pre e post-natali, con-
trollo delle nascite. 122 RegQlamentazione delle fognature. 123 Prevenzione della diffusione di bacilli e di germi patogeni
124 Prevenzione del diffondersi di malattie umane attraverso i contagi p-eesonali, le infezioni, le epidemie. 125 Prevenzione della denutrizione.
142
Procedure di intervento 126 Stretti contatti con i lavoratori del villaggio. 127 Contatti con i funzionari del centro per lo sviluppo. 128 Assicurazioni sul bestiame. 129 Rifiuto delle fazioni a cooperare e accordarsi. 130 Necessità di incrementare gli incentivi e le aspirazioni. 131 Il pfJnchayat deve avere piu forza e rispetto.
132 Necessità di sviluppare progetti che beneficino dei sussidi governativi. Sviluppo regionale) politico e nazionale 133 Integrazione sociale fra villaggi confinanti. 134 Volontà di stabilire legami coi villaggi vicini. 135 Diffusione di informazioni ufficiali sulle elezioni, le tasse ecc. 136 Sistemazione dei gruppi sociali nomadi, della mano d'opera immigrata, ecc. 137 Comunicazioni radiofoniche. 138 Raggiungimento di una economia indipendente, per non gravare i trasporti e le risorse nazionali. 139 Collegamenti appropriati con ponti, strade, ospedali, scuole, proposti al Hvello dell'amministrazione locale. 140 Sviluppo dello spirito comunitario rurale, distruzione dell'egoismo e dell'isolamento. 141 Preventivare l'emigrazione di giovani e hari;ans nelle
città. L'elenco definisce l'insieme M. Qui di seguito sono riport~ti i legami tra 1~ variabili di disadattamento. Per ragioni di semplicità, ho ammesso solo un grado di legame, cioè v = 1, e per ogni coppia di variabili Vij = Oj 1 o - 1. Pili avanti, i simboli dei legami non sono indicati: come vedremo nell'appendice 2 la scomposi· zione risulta indipendente dai simboli del legame. La tavola sotto riportata mostra semplicemente quelle coppie di variabili legate per le quali Vi; = 1 oppure Vi; = ~ 1.
1 interagisce con 8,9, 12, 13, 14,21,28,29,48,61,67, 68, 70, 77, 86, 101, 106, 113, 1J4, 140, 141. 2 interagisce con 3, 105, 123, 133.
<·6, 26, 29, 32, 52, 71, 98,
102,
3 interagisce con 2, 12, 13, 17, 26, 76, 78, 79, 88, 101, 103, 119. 4 interagisce con 2,5,6, 17,29, 32, 45, 56, 63, 71, 74, 78, 79, 88, 91, 105, 106, 110, 124.
143
5 interagisce con 4,6, lO, 14, 17,21,24,46, 102, 113, 116, 118, 131, 133, 140. 6 interagisce con 2, 4, 5, 20, 21, 53, 58, 61, 63, 82, 102, 111, 117, 130, 134, 135. 7 interagisce con 20, 31, 34, 53, 57, 58, 59, 80, 85, 86, 94, 105, 106, 123, 124, 125. 8 interagisce con 1,9, 14, 15,21,22,25,27,48,58,59, 61, 62, 64, 65, 89, 95, 96, 99, 111, 112, 114, 115, 116, 121, 129, 136, 140, 141. 9 interagisce con 1,8,11,12,13,15,17,18,20,21,28, 29, 36, 43, 49, 56, 62, 64, 80, 81, 101, 113, 118, 124, 129, 136, 140, 141. lO interagisce con 5, 13, 14, 15, 18, 24, 26, 65, 68, 93, 102.
,
11 interagisce con 9, 12, 64, 95, 96, 114, 133, 134. 12interagisce con 1,3,9, Il, 17, 18, 19,25,26,28,34, 36,41,43,49,56,62,63,76,80,81,85,86,87,90, 91, 93, 121, 122, 129, 140, 141. 13 interagisce con l, 3, 9, lO, 17, 20, 25,,28, 33, 34, 36, 37,41,45,56,62,68,79, 80,' 81, 83, 86, 91, 94, 101, 106, 108, 121, 122, 129, 137, 140, 141. 14 interagisce con 1,5, 8, lO, 15, 19, 20, 21, 28, 30, 40, 43, 44, 47, 54, 62, 63, 64, 65, 86, 97, 121, 129, 130, 133, 138, 141. 15 interagisce con 8,9, lO, 14, 18, 21, 22, 37, 39, 41, 44, 45, 46, 58, 59, 61, 62, 63, 64, 65, 66, 95, 96, 97, 98, 112, 116, 125, 127, 128, 129 130, 132, 133, 135, 137, 138, 141. 16 interagisce con 27,29,34,68,78,79,82,88,95, 101, 114, 117, 119, 122.
J44
17 interagisce con 3,4,5,9, 12, 13, 20, 23, 27, 37, 38, 43,49,65,69,80,81,86,89,101,110,115,116,117, 118, 126, 129, 135.
r
18 interagisce con 9, lO, 12, 15, 19, 26, 28, 31, 33, 42, 43, 44, 47, 48, 49, 60, 65, 70, 74, 77, 79, 85, 97, 98, 103, 110, 140, 141. 19 interagisce con 12, 14, 18, 22, 26, 28, 32, 33, 36, 37, 38, 41, 45, 49, 69, 71, 86, 104, 106, 107, 110, 118, 126, 140. 20 interagisce con 6,9,13,14,17,24,29,30,36,37,43, 54, 64, 68, 80, 84, 89, 102, 116, 117, 129, 131, 133, 140. 21 interagisce con l, 5, 6, 8, 9, 14, 15, 24, 61, 63, 89, 95, 96, 111, 112, 113, 115, 116, 137, 139, 140, 141. 22 interagisce con 8, 15, 19, 21, 32, 33, 36, 42, 44, 47, 49, 60, 61, 64, 69, 71, 74,97, 98, 104, 107, 110, 127, 140. 23 interagisce con 4, 17, 31, 34, 62, 63, 71, 76, 78, 79, 82, 83, 93, 95, 100, 101, 105, 115, 116, 119, 126, 132, 137. 24 interagisce con 5, lO, 20, 21, 38, 82, 93, 100, 101, 102, 108, 115, 130, 133, 135, 140, 141. 25 interagisce con 8, 12, 13, 26, 27, 36, 62, 81, 90, 92, 111, 114, 116, 120. 26 inreragisce con 2,3, lO, 12, 18, 19, 25, 29, 31, 33, 34, 41,53,56,58,62,67, 68, 76, 85, 90, 91, 92, 93, 108, 113, 122, 123, 124, 130. 27 interagisce con 8, 16, 17,25,29,62, 68, 81, 86, 88, 90, 92, 113, 114, 122, 130. , 28 interagisce con 1,9, 12, 13, 14, 18, 19, 29, 31, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 42, 45, 49, 50, 54, 55, 56, 62, 74, 92, 103, 106, 107, 108, 109, 110, 118, 127, 129, 131. 29 interagisce con l, 2, 4, 9, 16, 20, 26, 27, 28, 41, 67, 71,81,85,88,92, 101, 119, 122, 124. 30 inreragisce con 7, 14, 20, 31, 33, 35, 40, 47, 63, 95, 97, 98, 107, 126, 127, 129, 130, 131, 132, 133, 139.
145
31 interagisce con 7, 18, 22, 23, 26, 28, 30, 33, 34, 35, 37, 40, 43, 44, 49, 50, 52, 54, 59, 60, 80, 89, 94, 98, 106, 107, 109, 128, 131, 132. 32 interagisce con 2,4, 19,22,34,42,43,46,48,52,54, 60, 61, 63, 65, 69, 70, 71, 73, 74, 75, 104, 路105, 107, 109, IlO, 122, 129. 33 interagisce con 13, 18, 19, 22, 26, 28, 30, 31, 34, 35, 36,41,54,56,59,74,78,80,90,91,92,94, 105, 107, 118, 122, 123, 124, 136. 34 interagisce con 7, 12, 13, 16, 23, 26, 28, 31, 32, 33, 41, 54, 56, 59, 74, 78, 80, 90, 91, 92, 94, 105, 107, 118, 122, 123, 124, 136. 35 inreragisce con 28, 30, 31, 33, 39, 42, 43, 46, 61, 79, 104, 118, 137. 36 interagisce con 9, 12, 13, 19, 20, 22, 25, 28, 33, 38, 40, 41, 43, 45, 52, 54, 61, 68, 80, 81, 86, 94, 106, IlO, 136. 37 interagisce .con 13, 15, 17, 19,20,28,31,38,43,44, 49, 50, 72, 76, 97, 103, 128, 133, 140. 38 interagisce con 17, 19,24,28,36,37,40,42,43,44, 50,52, 58, 61, 68, 76, 78, 79, 94, 97, 106, 128. 39 interagisce con 15, 33, 35, 44, 48, 62, 69, 70, 72, 75, 97,104,118,127, 134, 137, 138. 40 inreragisce con 14, 39, 31, 33, 36, 38, 42, 44, 48, 69, 70, 97, 104, 107, 118, 125, 127, 134, 137, 138. 41 interagisce con 12, 13, 15, 19, 26, 29, 33, 34, 36, 44, 48,51, 65, 69, 70, 71, 72, 92, 98, 104, 107, 118,122, 125; 127, 138. 42 interagisce con 18, 22, 28, 32, 33, 35, 38, 40, 43, 48, 49, 50, 57, 69, 104, 105, 107, 110, 118, 137.
146
43 interagisce con 9, 12, 14, 17, 18, 20, 31, 32, 33, 35, 36,37, 38, 42, 48,.)1, 60, 64, 69, 71, 86, 101, 104, 107, 109, 119, 129, 140.
44 interagisce con. 14, 15, 18, 22, 31, 37, 38, 39, 40, 41, 51, 52, 60, 62, 87, 97, 98, 110. 45 interagisce con 4, 13, 15, 19, 28, 36, 48, 54, 65, 69, 70, 71, 73, 74, 78, 79, 91, 104, 105, 106, 110, 118, 125, 127, 130, 138. 46 interagisce con 5, 15, 32, 33, 35, 47, 66, 106, 107, 118, 130. 47 interagisce' con 14, 18, 22, 30, 33, 46, 62, 107, 118, 130. 48 interagisce con 1,8, 18, 32, 33, 39, 40, 41, 42, 43, 45, 52, 63, 71, 75, 85, 86, 97, 99, 105, 107, 109, IlO, 119, 129, 130, 141. 49 interagisce con 9, 12, 17; 18, 19,22,28,31,37,42, 51,64,68,86,97,107,110,117, li8, 128, 129, 130, 132, 133, 138, 140. 50 interagisce con 28, 31, 37, 38, 42, 52, 54, 60, 76, 77, 85, 87, 94, 103. 51 interagisce con 33, 41, 43, 44, 49, 53, 54, 59, 69, 77, .104, 107, 118, 127, 136. 52 interagisce con 2, 31, 32, 36, 38, 44, 48, 50, 53, 54, 59, 71, 91, 104, 106, 107, 136. 53 interagisce con 6,7,26,51,52,56,57,59,60,66,72, 118, 126, 127, 137. 54 intetagisce con 14, 20, 28, 31, 32, 33, 34,36, 45, 50, 51,52,56,57,59,71,80,91,94,106,107,110,115. 55 interagisce con 28, 67, 68, 71, 8'0, 119, 123, 124. 56 interagisce con 4,9, 12, 13,26,28,34,53,54,57,59, 76, 78, 80, 85, 86, 92, 102, 123, 124. 57 interagisce con 7, 42, 53, 54, 56, 59, 60, 70, 86, 94, . 117, 118, 123, 126, 127, 137. 58 interagisce con 6, 7, 8, 15, 26, 38, 65, 72, 76, 78, 93, 96, 98, 99, 125, 127, 130, 138.
147
59 inreragisce con 7,8, 15,31,34,51,52,53,54,57,58, 60,65,66,72,96,98,99, 125, 127, 130, 138. 60 interagisce con 18, 22, 31, 32, 43, 44, 50, 53, 57, 59, 91, 94, 97, 98, 103, 131. 61 interagisce con 1, 6, 8, 15, 21, 22, 32, 35, 36, 38, 63, 74, 86, 95, 96, 97, 98, 99, 105, 108, 109, 110, 119, 120, 127, 131, 139, 140, 141. 62 imeragisce con 8, 9, 12, 13, 14, 15, 23, 25, 26, 27, 28, 39, 44, 47, 65, 66, 72, 85, 86, 87, 89, 93, 114, 115, 116, 119, 127, 130, 132, 138, 141. 63 interagisce con 4, 6,8, 12, 14, 15, 21, 23, 30, 32, 48, 61, 64, 65, 66, 68, 70, 71, 72, 75, 86, 93, 96, 99, 100, 116, 119, 127, 129, 130, 132, 133, 134, 136, 138, 140, 141. 64 interagisce con 8,9, 11, 14, 15,20,22,43,49,63,81, 85, 86, 95, 99, 100, 101, 109, 112, 113, 127, 130, 133, 136, 139. 65 interagisce con 8, lO, 14, 15, 17, 18, 32, 41, 45, 58, 59, 62, 63, 66, 72, 84, 99, 111, 114, 116, 127, 130, 133, 134, 138, 139, 141. 66 interagisce con 15, 46, 53, 59, 62, 63, 65, 68, 70, 71, 75, 93, 130, 132, 133, 137, 139, 141. 67 imeragisce con 1, 26, 29, 55, 76, 86, 92, 122, 123. 68 interagisce con 1, lO, 13, 16, 20, 26, 27, 36, 38, 49, 55, 63, 66, 71, 86, 94, 101, 109, 110, 114, 119, 124, 129, 131, 132, 141. 69 interagisce con 17, 18, 19, 22, 32, 33, 39, 40, 41, 42, 43, 45, 51, 74, 75, 92, 104, 105, 107, 132. 70 interagisce con 1, 18, 32, 33, 39, 40, 41, 45, 57, 63, 66, 71, 72, 73, 86, 104, 110, 131, 132.
148
71 interagisce con 2,4, 19, 22, 23, 29, 32, 33, 41, 43, 45, 48, 52, 54, 55, 63, 66, 68, 70, 73, 75, 76, 79, 88, 98, 104, 105, 107, 108, 109, 110, 120, 129, 131, 132, 133.
72 interagisce con 33, 37, 39, 41, 53, 58, 59, 62, 63, 65, 70, 104, 128, 130, 131. 73 interagisce con 32, 45, 70, 71, 78, 91, 104, 105, 108, 109, 110. 74 interagisce con 4, 18, 22, 28, 32, 33, 34, 45, 61, 69, 105, 107, 109, 110, 127. 75 interagisce con 32,33,39,48,63,66,69, 71,98, 100, 104, 107, 123, 124, 133. 76 interagisce con 3, 12, 23, 26, 37, 38, 50, 56, 58, 67, 71, 85, 87, 90, 91, 92, 95, 98, 101, 108, 113, 120, 122, 123, 124, 127. 77 interagisce con 1, 18, 50, 51, 79, 83, 86, 90, 93, 103. 78 interagisce con 3,4, 16, 23, 34, 38, 45, 56, 58, 73, 79, 85, 86, 101, 105, 130. 79 interagisce con 3,4, 13, 16, 18, 23, 35, 38, 45, 71, 77, 78) 86, 88, 90, 104, 105, 111, 116, 124, 127, 130. 80 interagisce con 7,9,12,13,17,20,31,34,36,54,55, 56, 86, 94, 103, 106, 123, 136. 81 interagisce con 9, 12, 13, 17, 25, 27, 29, 36, 64, 82, 83,85,86,92,93, 113, 114, 119, 122, 133, 136. 82 interagisce con 6, 16,23,24,81,,111,113,115. 83 interagisce con 13, 23, 77, 81, 85, 86, 101. 84 interagisce con 20, 65, 120, 127, 13), 132, 134, 135. 85 interagisce con 7, 12, 18, 26, 2\{, 48, 50, 56, 62, 64, 76, 78, 81, 83, 86, 87, 93, 108, 136. 86 interagisce con 1, 3, 7, 12, 13, 14, 17, 19, 27, 36, 43, 48, 49, 56, 57, 61, 62, 63, 64, 67, 68, 70, 77, 78, 79, 80,81,83,85,103,111,117,119,120,121,123,124, 125, 140, 141. 87 interagisce con 12, 44, 50, 62, 76, 85, 90, 91, 93, 95, 100, 128.
149
88 interagisce con 4, 16, 27, 29, 71, 79, 114, 123. 89 interagisce con 8, 17, 20, 21, 31, 62, 100, 130, 138, 141. 90 interagisce con 12,25,26,27,33,34,76,77,79,87, 91, 93, 113, 114, 121, 124, 132. 9l interagisce con 4, 12, 13, 26, 33, 34, 45, 52, 54, 60, 73, 76, 87, 90, 103, 105, 121, 132.
92 interagisce con 25,26,27,28,29,34,41,56,67,69, 76, 81, 114, 122, 123, 124, 132. 93 interagisce con lO, 12, 23, 24, 26, 62, 63, 66, 77, 81, 87,90,116,130,132,137,141. 94 interagisce con 13,31,34,36,38,50,54,55,57,60, 68, 80, 103, 106, 119, 136. 95 interagisce con 8, .11, 15, 16, 21,.23, 30, 61, 64, 76, 87,102,112,117,119,121,130,132,133,1,35,139, 141. 96 imeragisce con 8, 11, 15,21,58,59,61,63,97, 102', 119, 121, 130, 132, 133, 139, 141. 97 interagisce con 14, 15, 18,22,30,37,38,39,40,44, 48, 49, 60, 61, 96, 98, 119, 132, 133, 135. 98 interagisce con 2, 15, 18, 22, 30, 31, 41, 44, 58, 59, 60,61,71,75,76,97,109, 110, 119, 120, 121, 132, 133, 139., 99 interagisce con 8, 48, 58, 59, 61, 63, 64, 65, 131, 132, 133, 138. 100 interagisce con 23, 24, 63, 64, 75, .87, 89, 101, 112, ID, 115, 121, 126, 130, 132, 133, 135, 141. 101 interagisce con 1,3,9,13,16,17,23,24,29,43,64, 68, 76, 78, 83, 100, 102, 112, 113, 117, 119, 122, 133. 150
102 interagisce con 2, 5, 6, lO, 20, 24, 56, 95, 96, 101, 115.
103 interagisce C0n 3, 18, 28, 37, 50, 60, 77, 80, 86, 91, 94. 104 interagisce con 19,22,32,33,35,39,40,41,42,43, 45,51,52,69, 70, 71, 72, 73, 75, 79, 105, 107, 109. 105 interagisce con 2,4,7,23,32,33,34,42,45,48,61, 69,71,73,74,78,79,91, 104, 106, 110, 119, 137. 106 inreragisce con 1,4,7,13,19,28,31,36,38,45,46, 52, 54, 80, 94, 105, 129, 136. 107 interagisce con 19, 22, 28, 30, 31, 32, 33, 34, 40, 41, 42, 43, 46, 47, 48, 49, 51, 52, 54, 69, 71, 74, 75, 104, 110, 122, 136. 108 inreragisce con 13, 24, 26, 28, 61, 73, 76, 85, 109, 110. . 109 interagisce con 28, 31, 32, 43, 48, 61, 64, 68, 71, 73, 74, 98, 104, 108, 110. 110 interagisce con 4, 17, 18, 19,22,28,32,33,36,42, 43,44,45,48,49,54,61,68,70,71,73,74,98, 105, 107, 108, 109, 137, 111 interagisce con 6,8,21,25,65,79,82,86,113,115, 116, 117, 120, 130, 132, 134. 112 interagisce con 8, 15, 21, 64, 95, 100, 101, 130, 133, 139, 141. 113 interagisce con 1,5,9,21,26,27,64,76,81,82,90, 100, 101, 111, 114, 117, 119, 124. 114 interagisce con 8, 11, 16, 25, 27, 62, 65, 68, 81, 88, 90,92, 113, 117, 123, 127, 130, 132. 115 interagisce con 8, 17, 21, 23, 24, 54, 62, 82, 100, 102, 111, 127, 132, 137, 140, 141. 116 interagisce con 5, 8, 15, 17, 20, 21, 23, 25, 62, 63, 65,79, 111, 117, 121, 127, 128, 131, 132, 135, 137. 117 interagisce con 6, 16, 17, 20, 49, 57, 86, 95, 101,
151
111, 113, 114, 116, 121, 123, 124, 125, 133, 135, 137. 118 imeragisce con 5, 9, 17, 19, 28, 33, 34, 35, 39, 40, 41, 42, 45, 46, 47, 49, 51, 53, 57, 126; 127, 130, 131, 134. 119 imeragisce con 3, 16,23,29,48,55,61,62,.63,68, 81, 86, 94, 95, 96, 97, 98, 101, 105, 113, 136. 120 inreragisce con 25, 61, 71, 76, 84, 86, 98, 111, 121, 126, 132, 133, 139. 121 inreragisce 路con 8, 12, 13, 14, 86, 90, 91, 95, 96, 98, 100, 116, 117, 120, 123, 124, 125, 127, 132, 133, 139. 122 inreragisce con 12, 13, 16, 26, 27, 29, 32, 33, 34, 41, 67, 76, 92, 101, 107, 123. 123 inreragisce con 2, 7, 26, 34, 55, 56, 57, 67, 75, 76, 80, 86, 88, 92, 114, 117, 121, 122, 127, 137. 124 inreragisce con 1,4, 7, 9, 26, 29, 34,55, 56, 68, 75, 76,79,86, 90, 92, 113, 117, 121, 137. 125 imeragisce con 7,15,40,41,45,58,59,86,117,121. 126 inreragisce con 17,19,30,33,53,57,100,118,120, 133. 127 inreragisce con 15,22,28,30,33,39,40,41,45,51, 53, 57, 58, 59, 61, 62, 63, 64, 65, 74, 76, 79, 84, 114, 115, 116, 118, 121, 123, 132, 135. 128 imeragisce con 15, 31, 33, 37, 38, 49, 72, 87, 116, 138, 140. 129 interagisce con 8, 9, 12, 13, 14, 15, 17, 20, 28, 30, 43,48,49,63,68,71, 106, 131, 140.
152
130 inreragisce con 6, lO, 14, 15,24, 26, 27, 30, 45, 46, 47,48,49,58,59,62,63,64,65,66,72,78,79, 89, 93, 95, 96, 100, 111, 112, 114, 118, 134, 137, 141.
131 intetagisce con 5, 20, 28, 30, 31, 60, 61, 68, 70, 71, 72, 84, 99, 116, 118, 129, 135. 132 interagisce con 15,23, 30, 31, 49, 62, 63, 66, 68, 69, 70, 71, 84, 90, 91, 92, 93, 95, 96, 97, 98, 99, 100, 111, 114, 115, 116, 120, 121, 127. 133 interagisce con 2, 5, lO, Il, 14, 15, 20, 24, 30, 37, 49,63,64,65,66,71,75,81,95,96,97,98,99, 100, 101, 112, 117, 120, 121, 126, 134, 136, 139, 140. 134 interagisce con 6, lO, 11, 33, 39, 40, 63, 65, 84, 111, 118, 130, 133. 135 interagisce con 6, 15, 17,24,84,95,97, 100, 116, 117, 127, 131, 137. 136 interagisce con 8, 9, 34, 36, 51, 52, 63, 64, 80, 81, 85, 94, 106, 107, 119, 133, 140. 137 interagisce con 13, 15,21,23,33,35, 39, 40, 42, 53, 57,66, 93, 105, 110, 115, 116, 117, 123, 124, 130, 135, 140. . 138 interagisce con 14, 15, 33, 39, 40, 41, 45, 49, 58, 59, 62, 63, 65, 89, 128, 140, 141. 139 'interagisce con 21, 30, 61, 64, 65, 66, 95, 96, 98, 112, 120, 121, 133. 140 interagisce con 1, 5, 8, 9, 12, 13, 18, 19, 20, 21, 22, 24, 37, 43, 49, 61, 63, 86, 115, 128, ,129, 133, 136, 137, 138, 141. 141 interagisce , con 1,8,9, 12, 13, 1'4, 15, 18,21,24,48, 61, 62, 63,65, 66, 68, 86, 89, 93, 95, 96, 100, 112, 115, 130, 138, 140. Ogni legame o assenza di legame rappresenta una enunciazione intorno alle interazioni relative a due variabili. Se ciò che si può fare in termini fisici per risolvere un requisito di forma incide su ciò che si può fare per -risolvere un altro requisito (positivamente o negativamente), diremo che le
153
variabili sono legate. Se non esiste questa interazione diremo che le variabili sono indipendenti. Ecco un esempio. Il numero 94 corrisponde alla necessità di provvedere al traffico degli animali. Questo contrasta con il numero 7, che corrisponde alla necessità di trattare il be· stiame come sacro; poiché il bestiame sacro ha una grande libertà, e quindi piu spazio per la circolazione. L'accordo tra 94 e 7 è dunque difficile. D'altra parte 94 si collega positiva· mente con 13 che corrisponde alla necessità di solidarietà famigliare. Quest'ultimo requisito sl.Jgerisce di raggruppare gli alloggi delle famiglie in fattorie e perciò di ridurre il numero dei punti di accesso del bestiame con la conseguen· za di rendere piu facile da soddisfare il requisito 94. La lista compiera delle interazioni definisce l'insieme L. Come abbiamo visto prima l'insieme M di variabili di disadattamento, in concomitanza con l'insieme L rebtivo alle interazioni, definisce il grafo G (M, L) . L'analisi del gr>fo G(M, L) ci mostra la scomposizione dìsegnata sotto dove M stesso si scinde in quattro sottosistemi maggiori A, B, C, D, e dove questi si suddividono in dodici sottosisremi minori AI, A2, A3, BI, B2, B3, B4, CI, C2, DI, D2, D3, nel modo qui rappresentato:
..o.
INTERO VILLAGGIO
A
B
C
D
~~~~ Al A2 A3 BI B2 B3 B4 Cl C2 DI D2 D3 154
Al contiene A2 contiene 136.
requisiri 7, 53, 57, 60, 72, 125, 126, 128. requisiti 31, 34, 36, 52, 54, 80, 94, 106,
A3 contiene requisiti 37, 38, 50, 55, 77, 91, 103. , BI contiene requisiti 39, 40, 41, 44, 51, 118, 127, 131, 138. B2 contiene requisiti 30, 35, 46, 47, 61, 97, 98. B3 contiene requisiti 18, 19,22,28, 33, 42, 43, 49, 69, 74, 107, 110. B4 contiene i requisiti 32, 45, 48, 70, 71, 73, 75, 104, 105, 108, 109. Cl contiene i requlsltl 8, 10, Il, 14, 15,58,63,64,65, 66,93,95,96,99, 100, 112, 121, 130, 132, 133, 134, 139, 141. C2 contiene i requisiti 5,6,20,21,24, 84, 89, 102, 111, 115, 116, 117, 120, 129, 135, 137, 140. DI contiene i requisiti 26, 29, 56, 67, 76, 85, 87, 90, 92, 122, 123, 124. D2 contiene i requisiti 1, 9, 12, 13, 25, 27, 62, 68, 81, 86, 113, 114. D3 contiene i requisiti" 2,3,4,16,17,23,78,79,82,83, 88, 101, 119. L'albero dei diagrammi costruito durante l'attuazione di questo programma è illustrato nella pagina seguente. Per rendere piu comprensibile il carattere di ciascun diagramma e le funzioni che lo compongono, ho dato un sommario dei diagrammi,·e il modo in cui essi si combinano. I quattro diagrammi principali corrispondono grosso modo. a quanto segue: A - tratta del bestiame, dei carri e del com-
bustibile; B . tratta della produzione agricola, dell'irriga· zione e della distribuzione; C . tratra della vita colletriva del villaggio, sia dal punto di vista sociale che industriale; D . tratta della vita privata degli indigeni, del loro riparo e delle attività in piccola scala. Tra,i quattro, B è il piti ampio poiché è compreso nella dimensione di un miglio da un lato all'altro; mentre A, C, D, sono piu compatti e sono
compresi in un'area dell'ordine di 200 yd. da un lato al· l'altro. L'organizzazione base di B è data dal diagramma B4, che corrisponde a un collettore d'acqua, fatto da un alto terra-
pieno, costruito nell'angolo piu alto del villaggio, perpen· dicolare al pendio del terreno. Nella curva del terrapieno i
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canali d'acqua si collegano con un serbatoio. Questo serbatoio, per mezzo di chiuse praticate nel terrapieno, serve jl resto dell'area del villaggio, che si trova piu in basso. La componente B4 è collegata strettamente con B3, che rap~ presenta il sistema di distribuzione per i campi. Il principale elemento di questa componente è una strada protetta dalle inondazioni, che trova naturalmente posto lungo l'orio superiore del terrapieno definilO da B4. A intervalli, lungo questa strada, sono localizzati i centri di distribuzione che provvedono all'immagazzinamento dei
156
fertilizzanti, degli utensili, e delle sementi; in previsione del collegamento con B4, ognuno di questi centri può essere associato con una chiusa, e con, uno scavo appropriato sotto il terrapieno, in modo che pos,sa anche servire come centro di distribuzione dell'acqua di irrigazione. Ogni centro di distribuzione serve una unità del tipo B2. Essa è una unità cooperativa agricola, frammentata in terrazze contornate da terrapieni che le difendono dall'erosione
e da canali minori per l'irrigazione che corrono lungo i terrapieni. BI è una fattoria modello connessa al gruppo di componenti A,C,D, proprio in quei punti di accesso dove i contadini passano ogni giorno andando a B2 e B3. Il gruppo piti piccolo dei diagrammi A,C,D, è dato nella sua organizzazione primaria per il fatto che diverse unità del tipo D devono funzionare insieme. Ogni D corrisponde ad attività di piccola scala cui partecipano circa 50 persone. È definira con D2 una parte dello stabilimento, attrezzata nella parte superiore per trasportare acqua potabile e gas. All'ingresso dello stabilimento, dove le pareti si incrociano, c'è un'area coperta dove sono sistemate le attrezzature per la produzione. Lo stabilimento contiene la componente DI, una raccolta di capanne che servono da magazzini, collegati da verande coperte che danno luogo a spazi di soggiorno. Ogni terza o quarta casa è sormontata da una cisterna diacqua, alimentata dal muro di cinta, e che alimenta a sua volta alcuni vani dietro il muro dove si lava e si fa il bagno. D3 è una componente connessa con l'irigresso dello stabilimento; comprende una linea di acqua scoperta nella quale le donne possono lavare i vestiti; una fila di alberi con sotto una panchina per le chiacchiere serali: gli alberi e l'acqua insieme formano una unità climatica che influenza il micro~ clima della fattoria; e un appropriato luogo ornato dall'acqua e dagli alberi per la cappella di famiglia. C raccoglie due componenti; C2 corrisponde a una serie di costruzioni di. edifiCi comunali (scuole, templi, ufficio del panchayat, posto d'incontro del villaggio) ciascuno dotato di cortili aperti alternativamente in direzioni opposte. I cancelli si aprono sui muri trasversali, in modo da formare un sentiero assiale continuo. Questo sentiero serve come collegamento fra diversi centri, strada per le processioni, e accesso pedonale allo stabilimento D, che si collega quindi a C2 come un grappolo. Un estremo della componente C2 raggiunge Cl; Cl è uno slargo della strada sul terrapieno; intorno ~llo slargo, una serie di muri paralleli segna gli stretti lotti urbani. Al centro dei lotti c'è la fermata dell'autobus aperta nella strada stessa. La unità totale
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di case, industrie, sorgenti di energia e altri aspetti della
base economica futura del villaggio, si sviluppa. La struttura di A incomincia con A2, corrispondente a un
gruppo di stalle che si aprono solo verso l'esterno. I pavimenti convergono verso l'interno su uno scolo centrale che convoglia tutto il concime in una buca nella quale può essere preparata la miscela per l'impianto del gober gas. Ogni fattoria ha una componente come A nel centro, circon·
data da componenti DI; l'uscita della fattoria per il bestiame e per i carri, è collegata alla componente A3, corrispon· dente a una porta nel muro di cinta dello stabilimento
dove si trova 'la mangiatoia del bestiame e l'impianto del gober gas. Un gruppo· di diverse componenti A2 e A3 sono legate insieme da una Al. Al consiste in un punto ceo-
dr
,
158
trale controllo attraverso il quale deve passare tutto il bestiame che esce da ogni stabilimento. In questo punto di controllo si trovano un bagno per gli ioccoli, una latteria, e una connessione con la strada principale Cl. Nell'attuazione del programma, cade come ultima fase quella nella quale i quattro diagrammi A, B, C, D si combinano per dare un unico diagramma chiamato «villaggio intero ». Ad esso segue una esposizione piti particolareggiata delle ragioni che stanno dietro l'organizzazione di ciascuna delle 12 componenti minori. Al: 7 Bestiame considerato sacro e tendenza vegetariana. 53 Miglioramento del bestiame. 57 Protezione del bestiame dalle malattie. 59 Efficiente uso e smercio dei prodotti di casemcio. 60 Minima utilizzazione degli animali per il traino allo scopo di alleggerire il deperimento del bestiame. 72 Prevenzione della carestia in caso di assenza di monsoru. 125 Prevenzione della denutrizione. 126 Stretti contatti con i lavoratori del villaggio. 128 Assicurazioni sul raccolto. La sacralità del bestiame (7) tende a rendere la gente maldisposta a controllarlo, cosicché vaga dappertutto mangian-
do e distruggendo il raccolto, a meno che non sia difeso con cura. Ugualmente, la necessità di allevare il bestiame (53) richiede un controllo che renga le mucche fuori dal contatto dei tori da lavoro vaganti; e poi richiede un centro dove un toro di razza possa essere tenuto (anche solo per le visite); e un centro dove i tori da lavoro possano essere castrati. Le malattie del bestiame (57) si trasmettono da zoccolo a zoccolo, attraverso la sporcizia. Questo può essere prevenuto se il bestiame passa regolarmente attraverso un bagno per gli zoccoli, disinfettante, di permanganato. Se il la!te (59) deve essere venduto in cooperativa, si deve provvedere ad una latteria centrale (ed anche al suo tratta· mento). Se le mucche sono munte a casa, e il latte viene poi messo in comune, le fattorie individuali sofisticherebbero il latte. La prevenzione della carestia (72), la prevenzione della denutrizione (125), e le assicurazioni sul raccolto (128) richiedono un altro tipo di centro che offra sia
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l'immagazzinamento che la produzione di alimenti nutrienti (latte, uova, arachidi). Se gli uomini che lavorano )le! viI· laggio debbono venirci spesso, si debbono prevedere i guar· tieri per ospitarli. La trazione animale (60) richiede sia gli accessi per le stalle de! bestiame (A2) che la strada. A2: 31 Efficiente distribuzione di fertilizzanti 1 conClffil,
semi, dal magazzino de! villaggio ai campi. Raccolta di concime naturale (animale e umano). Protezione del raccolto dai ladri, dal bestiame, dalle capre e dalle scimmie. 52 Miglioramento della quantirà di foraggio acceso sibile. 54 Provvedimenti per nutrire il bestiame. 80 Sicurezza per il bestiame. 94 Provvedimenri per il traffico animale. 106 Le piante giovani hanno bisogno di protezione dalle capre. 136 Sistemazione dei gruppi sociali nomadi, della mano d'opera immigrata ecc. Qui (31, 34, 54, 80, 94) formano un sottoinsieme colle· gato con il movimento del bestiame e col concime, mentre (36, 52, 106, 136) cosrituiscono un sotroinsieme collegato principalmente alla prorezione del raccolto e degli alberi dal bestiame vagante. (31) e (34) richiedono la raccolta di urina e letame, e suggeriscono che il bestiame debba stare in un posto il piu a lungo possib'tle, dove c'è un pavimento di pucca che scola verso un collettore centrale comune. Questo è naturalmente connesso intimamente con le stalle dove il bestiame si nutre e cioè dove esso resta in piedi piu a 34 36
1
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lungo. (80) richiede la sicurezza psicologica - i proprierari di bestiame vogliono il loro bestiame il piu vicino possibile, se non proprio in casa, e sono perciò assolutamente contrari all'idea di un capannone per bestiame, centrale, in comune. Per evitare i pericoli della diffusione di germi e malattie, le sistemazioni migliori dei gabinetti sembrano es-
sere quelle in cui le stalle individuali sono opposte alle verande dei padroni e separate da queste da un semplice sentiero. Questo sentiero serve per incanalare il traffico del
bestiame (94). Ogni stalla è marcata dai suoi muri ed è coperta solo con tavole di legno poste a interasse di 2 piedi, in modo che lo stesso foraggio, immagazzinato sulla copertura, faccia ombra. Le piogge non sono abbastanza forti da richiedere dei tetti permanenti. Verdure. alberi giovani, ecc., che richiedono una protezione dal bestiame, devono essere molto lontani oppure molto v'icini, in modo che la separa.. zione possa essere ottenuta con una barriera (36, 196). Per
poter risolvere la questione in questo modo, l'esigenza (52) deve essere assicurata con altri mezzi - forse con l'approv-
vigionamento diretto dea"'stalle, e agendo quindi anche sulla (54). Per impedire al bestiame dei pastori vaganti di fare guai (136), il terreno destinato a pascolo deve confinare con la strada, e il suo accesso deve avvenire attraverso la
strada di arrivo al villaggio. Il terreno destinato a pascolo dovrebbe essere sul lato di terra buona del terrapieno, cOSI che quando il foraggio verde viene immagazzinato, il terreno possa essere irrigato e coltivato.
A3: 37 38 50 55 77 91 103
A3
DisponibilitĂ di magazzini per la distribuzione e vendita del raccolto. DisponibilitĂ di aie e loro prorezione dai predoni. Magazzino protetto del forallgio. Accesso del bestiame all'acqua. Il villaggi." e le case individuali devono essere protette dal fuoco. Fornitura e immagazzinamento di combustibile. Accesso dei carri trainati da buoi alle case, per caricare il grano, il foraggio.
Il bestiame dovrebbe poter accedere all'acqua buona (55), ma in modo da non aver contatti con il sistema distributivo
161
dell'acqua potabile, che alimenta il muro di cinta D2. Le esigenze (77) e (91) sono gatantite dal controllo sulla distribuzione di combustibile. Per esempio, sostituendo il gas
con un impianto di gober gas che si ottiene utilizzando il
concime ottenuto da A2 e distribuendolo alle cucine individuali con ]a stessa arteria che distribuisce l'acqua, e cioè
il muro di cinta dello stabilimento. Nel punto del muro di dnta dove si è visto che deve essere una apertura pe~ il passaggio dei carri (103), dovrebbe essere anche un magazzino per i rifornimenti ed il foraggio - o almeno un luogo di facile accesso e scarico ai tetti delle stalle (37, 38, 50). BI: 39 Cotone migliore e ammasso del raccolto. 40 Migliore raccolto di grano. 41 Buon tacco Ito di verdura. 44 Il raccolto deve essere portato a casa attraverso i campi.
51 118 127
Miglioramento della qualitĂ del foraggio disponibile. Progetti di divulgazione attraverso esempi. Contatti con i funzionari deI centro per lo sviluppo.
131 138
Il panchayat deve avere piu forza e rispetto. Raggiungimento di una eçonomia indipendente, per non gravare i trasporti e l'economia nazionale.
Le esigenze (39), (40), (41), (51) e l'indipendenza economica (138: possono essere ottenuti solo attraverso un largo uso di metodi agricoli progrediti; questi non dipendono dalle condizioni fisiche, ma dai comportamenti degli indigeni. I cambiamenti nei comportamenti non possono essere ottenuti attraverso visite sporadiche di funzionari distaccati nĂŠ col contributo dei lavoratori del villaggio, ma solo attraverso lo stimolo di metodi dimostrativi (118). Dovrebbe esistere una fattoria modello di proprietĂ del governo o del panchayat (131) e probabilmente gestita dai lavoratori del villaggio in associazione con il panchayat. Da questo
82 deriva la necessitĂ di alloggi per i funzionari (127). Le esigenze (118) e (44) suggeriscono che la fattoria sia disposta in modo che giornalmente ogni contadino ci passi davanti, sulla strada di andata e ritorno dai calnpi. B2: 30 Efficiente e rapida distribuzione di semi, fertilizzanti ecc. 35 Protezione del raccolto dagli insetti, dalle erbacce e dalle malattie. 46 .Rispetto per le pratiche tradizionali nella agri47
coltura. Necessi tĂ di nuovi strumenti quando i vecchi sono danne~giati.
163
61
Occupazione abbastanza fluida per i lavoratori stagionalmente disoccupati.
97
Minimizzare il costo del traspotto :li derrate.
98
83
La produzione giornaliera richiede un accesso costante (anche in caso di monsone) ed economico al mercato. Le esigenze (97) e (98) sono topiche, e richiedono accessi da e per i campi su una strada che non rischi di essere chiusa dal monsone'; cioè posta su un argine. Le esigenze (30) e (35) richiedono una efficiente distribuzione nei lotti dei semi, dei fertilizzanti, degli insetticidi, ecc. Questi devono essere immagazzinati in qualche punto dove lo smista· mento sia facile, cioè sulla strada. Di qui l'idea di centri di distribuzione disposti ad intervalli regolari lungo la strada principllle, che servano unità di terra agricola cuneiformi o quasi circolari. Le esigenze (46, 47, 61) hanno implica-
zioni fisiche irrilevanti. Necessità di dividere il terreno fra i figli di suc-
B3: 18 19 22
cessive generazioni. La gente vuole possedere terra propria. Abolizione dello zamindari e della distribuzione
ineguale della terra. 28
Limiti esatti di proprietà e responsabilità nutenzione.
di ma-
33
Campi fertili che devono essere usati meglio.
42
Efficiente aratura, estrazione di erbe cattive, raccolto, livellarnento.
43
Consolidamento del terreno.
49
Fattorie in coope,rativa.
69
Beneficio di una possibile completa irrigazione derivata dalla disponibilità di acqua.
74
Manutenzione degli impianti per l'irrigazione.
107
Conservazione della terra.
110
Prevenire l'erosione del terreno.
Le esigenze (18) e (49) puntano allo sviluppo di fattorie
164
in cooperativa di qualsiasi genere, per ottenere un aumento di efficienza nelle risorse, nella mano d'opera, nelle macchine, un raccolto migliore, una rotazione del raccolto ecc. L'esigenza (69) non può essere assolta a meno che l'acqua
non sia distribuita dai centri di tali cooperative; poiché altrimenti fazioni e rivalità personali, ecc., impedirebbero il pieno impiego delle fonti. Occupando i terreni prossimi alle sorgenti di acqua (potabile) non accetterebbero di cooperare e di dividerne l'uso. L'irrigazione (74) richiede la proprietà consolidata dei canali, altrimenti tralasciata da una parte permette l'uso efficiente da qualche altra parte. La conservazione della terra (107) dipende dalla rotazione delle colture, che è fattibile solamente se grandi appezzamenti di terra sono sotto il controllo di una singola proprietà, cosi che si possa compiere l'intero ciclo di rotazione. L'erosione (110) è prevenuta da lunghi continui terrapieni, che possono essere costruiti solo su grandi appezzamenti di proprietà indivisa. I terrapieni e le recinzioni sui confini danno luogo a strisce di terra terra.zzate come unità di fattoria
84 cooperativa, alimentate da.una singola sorgente a monte. B4: 32 Richiesta ed utilizzazione dl campi incoltivati. 45 Sviluppo dell'orticoltura. 48 Scarsità di terra. 70 Completa raccolta dell'acqua sotterranea per l'irngazlOne. 71 Completa raccolta. e utilizzazione dell'acqua dei monsoni. 73 Conservazione delle risorse di acqua per il futuro. 75 Drenaggio del terreno per prevenire gli allagamenti.
165
104 Mantenere sana· la struttura ecologica. 105 T~rreno forestale insuflìciente. 108 Erosione delle strade e delle abitazioni. 109 Riparazione di terre erose, canali, ecc. Le esigenze (32) e (48) richiedono la messa a coltura di terra improduttiva, che spesso comprende alvei. L'esigenza (48) richiede l'irrigazione di queste aree. Le esigenze (71, 73, 75) suggeriscono l'utilizzazione dell'acqua dei monsoni in sostituzione dell'irrigazione sorgiva o in aggiunta a quest'ultima, che a lungo andare è incostante poiché determina un abbasamento della falda. Anche indipendentemente dall'uso dell'acqua. piovana dei monsoni (che va raccolta) il livello dell'acqua sorgiva può essere conservato solo ricorrendo a cisterne. Di qui un terrapieno curvo, che raccoglie acqua al di sopra delle sorgenti poste sotto il terrapieno (70). L'acqua piovana nell'area di raccolta (ancora una risorsa di acqua (73) ) sarà migliorata da una piantagione di alberi (104) e (,105). E questo suggerisce di sistemare alberi da frutta (45) nella curva del terrapieno (tra l'altro, sistemando gli alberi in modo che il terrapieno consenta di proteggere le giovani piante dal bestiame, tenendo il bestiame dall'altra parte del terrapieno che funziona da bar· riera naturale). Se l'acqua deve fluire nelle cisterne, i contorni orizzontali dei terrapieni non possono essere usati per
166
B
rettificare l'erosione come in B3, per cui l'erosione dei fossati di scolo, dei ruscelli, ecc., può essere controllata solo da piantagioni di albeti (109). L'erosione della sttada è evitata se la strada cotte sul colmo del tettapieno (108). Cl: 8 I membri delle caste mantengono la loro professione di casta il piu a lungo possibile. lO Necessità di matrimoni elaborati. Il Il matrilùonio avviene con una persona proveniente da un altro villaggio. 14 Integrazione economica del villaggio e pagamento in generi base.
15 58 63 64 65 66 93 95 96 99
Tendenza attuale verso il passaggio dalla petmuta al pagamento in denaro. Sviluppo di attività connesse all'allevamento del bestiame. Sviluppo dell'industria del villaggio. Semplificazione della mobilità dei lavotatori tta il villaggio, i campi, le industriè e le case. Differenziazione dell'economia di base del villaggio non tutta legata all'agricoltura. Efficiente fornitura e uso della fotza motrice. Luce. Accesso piu vicino possibile alla corriera. Accesso alla ferrovia. L'industria richiede una buona attrez'~atura di tra· sporto.
167
100 112 121
Sistemazione per le biciclette in ogni villaggio, dal 1965. Accessi alle scuole secondarie. Facilitazioni per le nascite, cure pre- e post-natali,
controllo delle nascite. 130
Necessità di incrementare gli incentivi e le aspi~ razioni.
132
Necessità di sviluppare progetti che beneficino dei sussidi governativi.
133 134
Integrazione sociale fra villaggi confinanti. Volontà di stabilire contatti con villaggi vicini.
139
Collegamenti appropriati con ponti, strade, ospe-
dali, scuole, proposti al livello dell'amministrazione locale. 141... Preventivare l'emigiazione di giovani e di harijans alle città. Questo gruppo è composto di due serie di funzioni maggio-
ri: 11, 64, 95, 100, 112, 121, 133, 134, 139, che concernono la integrazione del villaggio con i. villaggi vicini e con
la regione, e 8, lO, 14, 15,58,63',65,66,93, 96, 99, 130, 132, 141 che concernono la futura base economica del villaggio e tutti gli aspetti della vita e della società «moderne·», I due gruppi sono quasi inseparabili. Richiedono un centro,
lontano dal cuore del villaggio, sulla strada, che favorisce i collegamenti fra i villaggi (11) e agisce come luogo d'incontro per gliabitanti dei diversi villaggi (112, 121). Questa funzione puÒ essere sostenuta da una fermata dell'auto-
bus (95), dalle industrie del villaggio dotate di ottimi accessi alla strada (63-66, 99), dal centro sociale di raccolta dei prodotti collegato con l'autobus e con i movimenti dalle industrie (133, 134, 61); dallo sviluppo di una atmosfera moderna e quasi urbana che ~stacoli l'emigrazione della gente migliore verso le città (141), e sviluppi incentivi (14,15,130,132). Un centrC? industriale può promuovere le esigenze 8, 63, 64. La strada può soddisfare le esigenze 64, 95, 98, 99, 100, 139. Il centro sarà la localizzazione
i
fisica naturale per le fonti di energia e per le centrali di tra-
sformazione elettrica (66, 93); e sarà anche il posto piu efficiente per l'allevamento del pollame e per il caseificio che
"
\. richiede un accesso alla strada (58); la fermata dell'autobus è il posto di arrivo naturale per le processioni nuzia-
li (lO) C2: 5 6
:W 21 24 84 89 102 111
115 116 117
Servizi per cerimonie festive e religiose.
Richiesta di templi. Genti di diverse fazioni preferiscono non avere alcun contatto. Sradicamento dell'intoccabilità,
Posto per le manifestazioni del villaggio - ballo, gioco, canto, competizioni. Sistemazioni per il panchayat, incontri, ecc.
Servizi per la vendita dellè merci. Sistemazione per le processioni. Attrezzature per l'educazione primaria. Opportunità di atti~ità giovanili.
Aumento della capacità di leggere negli adulti. Diffusione delle informazioni sul controllo delle nascite, sulle malattie.
120 129 , 135 137 140
Provvedimenti sanitari per le malartie degli indigemo Rifiuto delle fazioni a cooperare e accordarsi. Diffusione di informazioni ufficiali sulle elezioni, le tasse ecc. Comunicazioni radiofoniche. Sviluppo dello spirito comunitario rurale, distru·
zione dell'egoismo e dell'isolamento. Il farto piu importante della vita sociale del villaggio è la presenza di fazioni, partiti politici ecc.; questi possono rap·
presentare grandi ostacoli allo sviluppo (20, 129). Se alle varie attrezzature collertive del villaggio (5, 6, 24, 84, 89, IlI, 115, 120, 137) si assegna un p>osto centrale, questo posto diverrà probabilmente appropriazione di un partito, o di certe famiglie, e probabilmente non contribuirà in alcun
modo efficace allo sviluppo della vita sociale.. D'altra parte, è importante dal punto di vista dell'integrazione sociale (21, 140) dar luogo ad una struttura centralizzata piuttosto che ad una serie di edifici isolati che tra l'altro possono divenire appropriazione di singole famiglie ad essi vicine, col risultato di scoraggiare altre famiglie dal" recarvisi. Ciò che ~i
169
richiede è un centro comunitario che riesca a riunire tutte le funzioni comunali, in modo che nessuna sia lasciata isolata e non abbia una localizzazione piu favorevole ad alcune famiglie piuttosto che ad altre. Per raggiungere questo è necessario un centro lineare, che contenga alcuni edifici rivolti verso l'interno ed altri verso l'esterno, zigzagando fra le diverse fatrorie. Quesro soddisfa (102) le esigenze di svolgere le processioni e di avere per queste dei posti di sosra. L'incremenro deUa capacirà di leggere degli adulri
richiede la presenza di muri lungo i sentieri pedonali prin~ cipali, sui quali siano impressi l'alfabeto e messaggi scritti in modo tale che la loro continua presenza forzi la gente ad
170
assorbirli (116, 117, 135). DI: 26 Disposizione senrimenrale - desiderio di non distruggere il vecchio modo di vivere - amore per le abirudini presenri che regolano il bagno, il pasto, ecc. 29 Provvedimenri per il bagno giornaliero, disrinro per sesso, casta ed etĂ . 56 Riparo del bestiame (nutrimento, riposo, mungirura) . 67 Acqua porabile che sia buona e dolce.
Di 76
ControUo deUe aUuvioni per proteggere le case, le strade, ecc. 85 Ogni sistemazione per sedersi e riposare dovrebbe essere protetta daUa pioggia. 87 Ricovero sicuro dei beni. 90 Migliori sistemazioni per preparare i cibi. 92 Le case devono essere pulite, lavate, difese dall'umidità . 122 Regolamentazione deUe fognarure. 123 Prevenzione deUa diffusione di bacilli e di germi patogeni. 124 Prevenzione del diffondersi di malattie umane attraverso contagi personali, le infezioni, le epidemie. Le case che sono usate attualmente sono soprattutto ma¡ gazzini; la gente vive nelle verande la maggior parte del \ . tempo. L'esigenza principale cui debbono soddisfare le stanze interne e cioè la privatezza e la sicurezza psicologica, è compresa in D2, e non qui. Si risolve l'esigenza (87) costruendo i magazzini con un sistema di colonne che formano una serie continua di verande coperte: (85). L'esigenza (26) riguarda principalmente il bagno e l'alimentazione, collegati con le (67, 29, 90). Queste ultime possono essere risolte provvedendo a una cisterna d'acqua posta su case
17l
magazzino provvisorie alle cui pareti aderiscono il bagno e la cucina (anche 122). Probabilmente la cisterna sarà ab· bastanza vicina alla sorgente d'acqua come vedremo combinando col sistema D2. Il pavimento della veranda deve es· sere sollevato per proteggerlo dalle inondazioni: (76). An· che lo stabilimento dovrebbe avere scoli verso il centro per eliminare i pericoli di 92, 123, 124. L'esigenza 56 richiede uno spazio per ospitare A2.
D2:
1 9
12 13 25 27 62
172
68 81 86 113
Harijans considerati ritualmente lmptlfi, intocca-
bili. I membri di una casta desiderano stare assieme, e separati da altre, e non mangerebbero né berrebbero insieme con-loro. Tutta una grande famiglia suole vivere in una casa singola. Solidarietà famigliare e buon vicinato anche dopo la scissione della famiglia. Assistenza per vedove, minorati fisici o anziani. La famiglia è autoritaria. Incentivi al sorgere di pkcole industrie, laborato~ ri artigiani e all'appréndistato. Facile accesso all'acqua potabile. Sicurezza per donne e bambini. Non sovraffollamento. Buona assistenza a scuola.
114 'Sviluppo delle attività indipendenti delle donne. Il gruppo (1, 9, 12, 13) suggerisce di aggregare gli stabilimenti, come già sono, per unità da cinque a dieci famiglie, e cioé da venticinque a cinquanta persone: Per garantite la sicurezza (81) soprattutto alle donne, lo stabilimento deve essere circondato con un muro, il cui bordo superiore funziona da canale di distribuzione dell'acqua (68). Il fatto che lo spazio risulti protetto assicura maggior libertà alle donne (114), dà maggior libertà alle vedove, e in particolare (25) quando svolgono attività comuni e fa fiorire le attività industriali in cui le donne sono maggiormente impegnate (62). Lo spazio per le attività casalinghe (62) dovrebbe siroarsi all'ingresso della fattoria, dove le donne andando e venendo dalle attività di lavaggio passano costantemente; questo potrebbe in qualche modo combattere le conseguenze del purdah (27); incoraggia comunque le donne a uscire dalle loro case (al contrario di quanto avviene in una casa tradizionale dove le donne vivono in clausura) e incoraggia le ragazze a frequentare la scuola, col risultato di renderle piu ardite: (113). Dato che le mura di cinta sono aperte verso l'esterno, il sovraffollamento è meno probabile (86) - l'adattamento e l'espansione possono aver luogo dentro le mura dello stabilimento piu facilmente di quanto non avvenga nelle case individuali. D3: 2 Appropriata sistemazione dei morti. 3 Regole sulla disposizione delle porte di casa non 4 16
D3
rivolte verso sud. Certe acque e certi alberi sono considerati sacri.
Le donne pettegolano molto mentre fanno il bagno, mentre prendono l'acqua, mentre vanno alla latrina (nei campi).
17
Il villaggio ha gruppi sociali fissi.
23
Gruppi di uomini che chiacchierano, fumano an-
78
che fino a tarda notte. Ombra per riposare e pa"egglare.
173
79 82
83 88 101 119
,174
Assicurazione di aria fresca. Attrezzature per far giocare i bambini (sotto controIlo) . Durante l'estate la gente dotme all'aperto. Posto per lavare ed asciugare gli indumenti. Traffico pedonale nel villaggio. Uso efficiente delle scuole - nessuna distrazione degli studenti.
Qui diverse funzioni si sovrappongono. Le esigenze del gruppo (23, 78, 79, 82, 83) richiedono'rutte il controIlo del clima - in particolare nel senso di ottenere condizioni fresche - che può essere meglio raggiunto attraverso com~ presenze di acqua ed alberi. Il gruppo (16, 17,23,88,101) richiede un luogo dove sia possibile chiacchierare; lavare gli abiti, incontrarsi, a live~o dello stabilimento. Il grup· po (2, 3, 4) richiede la costruzione di un posto con certi caratteri di sacralità e quindi calmo, dotato di acqua e di alberi. La segregazione del traffico pedonale e la calma sono richieste anche dal gruppo (101, 119). Tutte queste funzioni insieme richiedono una unità nella quale l'acqua, gli alberi, la possibilità di trovarsi, il moto a piedi, il sedersi sotto gli alberi, siano compresenti. Questa unità si pone in adiacenza allo stabilimento, proprio fuori del suo ingresso. Ci si deve
INTERO VILLAGGIO poter lavare scendendo le scalette che portano al fiume op. pure i gradini che sono applicati alla parete sull'acqua D2.
,
Appendice 2 Trattazione matematica della scomposizione
176
Affrontiamo il seguente specifico problema, puramente matematico. Dato un sistema di variabili stoc3stiche binarie, alcune delle quali dipendenti a coppie, che soddisfano certe condizioni, come dovrebbe essere scomposto il sistema in un gruppo di sottosistemi, perché la trasmissione di informazione fra i sottosistemi sia minima? Cominciamo con l'esprimere le condizioni con un grafo che rappresenta il sistema, e le ulteriori condizioni sul sistema. Abbiamo un grafo finito, indicato con G, che consiste di due gruppi finiti disgiunti M(G) ed L(G), dove gli elementi di M sono punti chiamati vertici di G e gli elementi di L sono segmenti chiamati legami di G, ognuno dei quali passa attraverso due e soltanto due vertici e porta un segno o positivo o negativo.' Si dice che il legame unisce questi due vertici. I vertici sono chiamati punti terminali del le· game. Dove due vertici sono uniti da piu di un legame, i legami sono considerati come distinti ed identificabili. Si dice che due legami si incontrano se hanno in comune un punto terminale. Il grado di un vertice è il numero dei legami per i quali esso è punto terminale. Indicheremo con m il numero dei vertici in M, con 1+ il numero dei legami positivi in L, con {- il numero di legami negativi in L e con / il numero totale dei legami (/ = /+ + /-). Sarà anche conveniente, piu tardi, riferirsi separatarnente al gruppo "di legami positivi e al gruppo di legami negativi. Li cbiameremo L + ed L-rispettivamente (dove L + U L- = L). Il grafo G determina completamente il sistema sul gruppo M. Ci riferiremo ad esso come al sistema M, per brevità. Ancora definiamo i sottosistemi di M come segue. Dato un qualsiasi sottogruppo S di M, costruiamo quel grafo i cui vertici sono i punti di S e i cui legami sono proprio quegli elementi di L per i quali entrambi i punti terminali appar- tengono ad S. Consideriamo questo grafo come un sottogra-
,
fo completo di G. È chiato che, una volta dato L, ogni sottogruppo S di M ha associato un sottografo completo di G, uruvocamente determinato. Esso determina completamente un sottosistema su 5 che per brevità possiamo ancora chia~ mare S. Associata con l'i-esimo vertice di G è una variabile binaria arbitraria Xi. che assume i valori O e 1 con probabilità, rispettivamente, p e 1 - P (essendo p il medesimo per tutte le variabili). A questo punto dobbiamo inserire una breve nota intorno al significato di p. In pratica è possibile che vi sia un Pi differente per ogni variabile. Tuttavia è chiato che la scomposizione del sistema in sottQsisterni non può essere inva~ riante per ogni schema dei Pio In altre parole, se la variabile x, ha una grande ptobabjlità di essere O, ma tutte le altre variabili hanno una grande ptobabilità di essere 1, non possiamo aspettarci di ottenere la medesima scomposizione in sottosistemi come nel caso in cui queste probabilità sono molto diverse. Se ammeuessimo che Pi fosse differente per differenti variabili Xi, dovremmo portare questa assunzione anche nelle analisi seguenti, il che ci condurrebbe a equazioni molto complicate, e renderebbe impossibile trovare una base semplice e generale per la scomposizione. È per questa ragione, per evitare un problema matematico intollerabilmente difficile che abbiamo convenuto - come si è descritto nel capitplp 8· - di far si che tutte le variahili in M abbiano approssimativamente un uguale scopo o significato. E scriviamo p, = p'per tutti i p" COSI che p(x, = O) = P per rutti gli i, e p( Xi = 1) = 1 - P per tutti gli i. Ora dobbiamo fare una ulteriore ass\lnzione, per semplificare ulteriormente i procedimenti matematici. La scomposizione di M dipende dalla relativa quantità di informazione trasmessa da un sottosistema a un altro. Mentre la quantità assoluta di informazione ovviamente deve dipendere dai valori assoluri delle probabilità di stato, la quantità relativa dovrebbe dipendere soltanto dai valori relativi delle probabilità di stato. Dovremmo perciò aspettarci che la scomposizione del sistema in sottosistemi sia la stessa, indipendenJ
177
,.
178
temente dal valore assoluto di p. In altre parole sarebbe molto strano se, sulla base della sola simmetria, cclmbiando la probabilità p in un certo nuovo valore p* simultanea· mente per tutte le variabili, potessimo alterare i sottosiste· mi del sistema. Non cercheremo di dimostrare questa intuiM zione. Il lettore è invitato a riprenderla in considerazione dopo aver letto le prove che seguono. Assumeremo che sia COSI, e che possiamo perciò basare la nostra scomposizione sul valore piu conveniente possibile di p. Il valore che scegliamo per comodità di calcolo è quello che soddisfa p = 1 - p; cioè p = Y2. Torneremo perciò a definire il sistema ai fini del calcolo, cosi che vi sia, associata con l'i-esimo vertice di G, mia variabile stocastica binaria Xi, che assume i valori O e 1 con probabilità uguali, e scriviamo p(x; = a.) = p(x; = 1) = Y2 per tutti gli x;. Poiché vi sono m variabili in M, chiaramente vi sono 2m modi di assegnare valori ad esse. Ognuno di questi 2m modi è chiamato uno stato del sistema M. (Da un. ponto di vista astratto, possiamo anche pensare che ogni vertice deI gruppo M sia in una delle due condizioni, per esempio: o bianco o nero; neI qual caso ci riferiremo convenientemente agli stati del sistema come a coloriture del gruppo M.) Ogni stato del sistema di m variabili è completamente definito da una linea di 1 e di O di m (nell'ordine lessicografico delle variabili); per brevità possiamo chiamarlo 0". E analogamente lo stato di ogni sottosistema di s variabili è defÌnito da una linea di 1 e di O di s, che per brevità chiameremo À. In ciò che segue associeremo ogni sistema a una distribuzione di probabilità dei suoi stati. Adotteremo la notazione che p(OllOO···), per esempio, sia la probabilità dello stato definito dalla linea di lodi O in parentesi. Per il caso estremo di un sistema a una variabile, abbiamo, come osservato precedentemente, p(O) = p(l) = Y2 per tutte le variabili. Nel caso che sussista .qualche ambiguità intorno a ciò cui le variabili si riferiscono, denoteremo gli 1 e gli O con indici sottoscritti. CosI p(Oj) è, speci6camente, la probabilità che Xj assuma il valore o. Consideriamo M, o qualcuno dei suoi sottosistemi S. Posto che ogni variabile separata assume con uguale probabilità i
valori O e l, se le variabili fossero tutte indipendenti l'una dall'altra, i r stati di M sarebbero equiprobabili, e cosi pure i 25 stati di ogni S. Avremo perciò: l l p(fJ) = - - per tutti i fJ, e p(À.) = - - per tutti i À.. 2m 25 In generale, tuttavia, dal momento che vi è qualche tipo di intera~ione fra le variabili, rappresentato dai legami, i vari stati di un sistema non saranno equiprobabili; e ei troveremo di fronte al problema di determinare p(fJ) o p(À.) per differenti fJ e À.. Quali sono le condizioni che queste distribuzioni devono soddisfare?
Condizione l La correlazione nel momento del prodotto di due variabili per ciascuna coppia di variabili (Xi, Xj) è 'VijO, dove 'Vi; = (I l,t 1-11,,- I) è il numero, segnato, di legami fra i vertiei i e ; di G l e dove o è una costante, che soddisfa la con1. Poiché al massimo uno dei Iii+' ljr è diverso dizione da O, questo rende 'Vij un numero intero compreso fra - v e + v. Ciò significa anche che ciascun legame singolo dà un eguale contributo di O alla correlazione, positivo o negativo a seconda del suo segno. Da questo 2 otteniamo il fatto che in ogni sistema a due variabili (X" Xj), la p(À.) deve soddisfare p(OO)p(lI) - p(OI )p( lO)
lo : : :
[p(O,)p( L)p(O, )p( lj)]!
Condizione 2 Sappiamo anche dalle considerazioni esposte al capitolo 8, che le correlazioni a tre o piu variabili si annullano. Ciò significa che il valore della funzione di correlazione per ogni coppia di variabili non dipende dallo stato di ogni altra variabile o insieme di variabili in M;3 il che equivale a scrivere, formalmente: p(OOÀ.)p( lIÀ) - p(OIÀ)p( 10À) [p(O,À)p( LÀ)p(O,À)p( I,À)]! dove À. rappresenta qualsiasi schema fissato di valori ·preso
179
180
per ogni insieme di variabili,che non include Xi e Xj_ Il caso pili semplice in cui À è lo stato di una singola variabile Xk, poniamo Xk = 0, dà la seguente condizione: p(000,)p(l10,) -
p(010k)P(100,)
[p( O,Ok) p( LOk) p( OjO,) p( 1jOk)] l
Fra m variabili, vi sono Y1 m (m - 1) .' 3'"-2 tali condizioni da soddisfare, delle quali 2 m - (m + l) sono indipendenti. 4 D'imostreremo ora come tutte le distribuzioni di probabilità per tutti i sottosistemi siano determinati unicamente dalle condizioni stabilite, quando introduciamo le seguenti. ulteriori condizioni ·che devono essere soddisfatte, per definizione, da ogni distribuzione di probabilità. Condizio;;e 3 In qualsiasi stato di M, ognuna delle m variabili assume un valore fissato. Prendiamo qualsiasi sottosistema S. Senza perdere di generalizzazione, supponiamo di numerare nuovamente le variabili in modo che Xl'" X s siano in S e Xs+l' ' . X m non siano in S. Allora in qualsiasi stato À di S, ognuna delle s variabili Xl" 'X s prende un valore fissato, e ' le restanti variabili Xs+l' .. X m sono libere. Vi sono 2 m - s stati di M nei quali le variabili' Xl' •. X s assumono lo sche~ ma prestabilito di valori À, uno per ogni possibile schema di valori assunto dall'insieme di m - s variabili libere, Xs+I' , . x m ' Possiamo perciò scrivere la probabilità À come la somma delle probabilità di questi 2m~' stati di M, cosi:' p(À) = L p(<7) sommata per tutte le combinazioni di valori per le variabili non appartenenti a S. Condizione 4 Infine, dobbiamo avere p (<7)
:>
O per tutti i <7 6
Condizione 5 E dobbiamo avere LP ( <7) = 1 7 Possiamo usare questi fatti come un modo di dedurre le probabilità degli stati dei sistemi piu grandi dai piu piccoli, come segue:
Cominciamo col considerare gli stati dei sottosisterni a una variabile. Sappiamo per postulato, naturalmente, che que-
ste probabilità p(O) e p(l) sono !h e !h. Considetiamo ora ogni sç>ttosistema a 2 variabili. Conosciamo 4 equazioni della forma: p(OO) + p(Ol) = p(O), di cui 3 sono indipendenti, e ricaviamo una ulteriore equazione dal fatto che il
grafo G ci dice il valore del coefficiente di correlazione: p(OO)p( 11) - p(Ol )p(lO)
[p(O)p(l)p(O)p(l)]! . Le probabilità degli stati dei sottosistemi a 2 variabili sono perciò determinate. Consideriamo ora qualsiasi sottosistema a tre variabili. Le sue probabilità di stato sono ancora determinate entro un
solo grado di libertà, dalle probabilità degli stati dei sottosistemi a 2 variabili, che conosciamo. Come prima, l'unico
grado di libertà è tisolto dal fatto chè conosciamo il valore assunto da una delle funzioni di correlazione parziale della forma: p(OOO)p( 110) - p(OlO)p( 100)
[p(OO)p(lO)p(OO)p(lO)]! Cosi vediamo facilmente che ad ogni stadio di questo processo le probabilità degli stati di un sottosistema a s variabili sono determinate entro l grado di libertà, dagli stati di probabilità dei suoi sottosistemi costituenti a· s - 1 variabili. E possiamo fornire l'ulteriore condizione richiesta per determinare univocameme le probabilità, ricorrendo al· la correlazione parziale appropriata di cui conosciamo il valore~
p(OO).)p( 11).) - p(Ol).)p( 10).) [p(O).)p(l).)p(O).)p(l).)]! dove ). si riferisce a qualche stato fissato delle s - 2 variabili. Definiremo ora una distribuzione di probabilità cbe soddisfa le condizioni 1-5, e deve quindi essere l'unica distribuzione la cui costruzione è stata per l'appunto descritta. 8
Nello stato 17, diciamo che i legami di L + sono soddisfatti o non soddisfatti a seconda che i loro punti terminali pren-
181
dano o no gli stessi valori, e diciamo che i legami di Lsono O no soddisfatti a seconda che i loro punti terminali rispettivamente non assumano oppure assumano gli stessi valori. Poi definiamo quanto segue: elfi = + 1 se il vertice Xi è O nello stato (j, evi = 1 se il vertice Xi è i nello stato (1, cosI che el1 ie l1j è 1 se il legame ii è soddisfatto in C', ed è inyece - 1 se il legame ij non è soddisfatto in a, 4\llora definiamo k, ~ I. V'je"e,j (i = 1 ... m, i = 1 ... m). In altre parole, l'intero k lT è il numero dei legami soddisfatti in- (1, meno il numero dei legami non soddisfatti in 0'. Quindi, per tutti i a J - l <:: k" ~ l. Consideriamo ora la misura 1 + k,8 p(er)
2m Prendiamo per prima la condizione -4: Sappiamo che k, ~ -I. 1-18 pier) ~ - - -
Quindi
r
Perciò p(er) ~ O nel caso che 8< 1/1, e questo è cosi per postulato. 9 Prendiamo successivamente la condizione 5:
l+k,/i I.p( er)
= I.
8
=
1
+ -2m-
8
I.k,
=
1
+ --I.Vij I.e'ie'j. 2mij
2m Ora, se i e ; sono differenti, allora in 2 m - 1 casi e g{ ed egj assumeranno lo stesso segno, cOSI che il loro prodotto è + 1, e in 2 m - 1 casi assumeranno segno diverso, cOSI che il loro prodotto è - L CosI, per i e ; diversi, la somma di tutti i 2 m possibili, (J si annulla. Per i e i uguali, Vij si annulla. Quindi l'ultimo termine a destra è uguale a O. 11
g
:. I.p(er) = l.
,
Successivamente dimostriamo la condizione 3, vale a dire che se la misura è definita per, tutti i sottosistemi S allo stesso modo che per M, allora tutte le relazioni della forma p(À.) = ~."(er) si comportano identicamente. variabili non in S
182
Poiché otteniamo qualsiasi sottoinsieme S di M eliminando
m - s variabili da M, una alla volta, è sufficiente dimostrare il risultato di un singolo passaggio di eliminazione di una variabile, e il risultato generale segue per induzione. Consideriamo perciò qualsiasi variabile Xk di M e definiamo 5 come il sottosistema ottenuto da M eliminando Xk. Prendiamo un À arbitrario di questo sottosistema S. Supponiamo che 0"1 e 0"2 siano i due' stati di M nei quali le variabili di 5 sono nella' stessa condizione che in À. e per i quali Xk assume il valore O in 0"1 e il valore 1 in 0"2. Vogliamo dimostrare che p(c;,) + p(c;,) = p('i.). Per questo notiamo che:
+ P(c;2)] - [p('i.)] + k"o 1 + ko2 0
[p(c;d
1
=---+--2 111
= _0_ 2m
2 111
----.' 2 111 - 1
(.~Viie"lie"li + 4.ViieU~ie"2i II
II
_
2
~Viieì..ie)..j),
II
Per i, j :;:t: k, euli, e u2i ed e)..i sono identici. Per i o j = k, i termini da 0"1 si eliminano con quelli da 0"2, che rendono la parte destra = O e proveniamo quindi alla dimostrazione. Ritorniamo ora ai coefficienti di correlazione. Assumiamo pr~ma la correlazione totale per, una coppia di variabili, i e. j. Il risultato di cui sopra ci permette d.i scrivere le probabilità di stato dei sottosistemi a due variabili (Xi, Xj), come: 1
+ ViiO
1-
ViiO
p(OO)
=---
p(lO)
p(OI)
=---
p(ll) = - - -
=---
4
4
Dove Vii è il numero dei legami tra Xi ed Xi in G. Questo dà un coefficiente di correlazione del momento del prodotto p(OO)p(ll) -p(OI)p(lO) [p(O)p(l)p(O)p(I)]!
= 4V;JO/-=- = V;jO 16
4
, e soddisfa. COS1 la condizione L Consideriamo infine il coefficiente di correlazione parziale per ogni due variabili Xi, Xi, in qualsiasi sottosistema (5 + Xi + xi), mentre le variabili di 5 sono mantenute costanti. Rappresentiamo questa situazione come segue:
Xi. Xi.
Se supponiamo che le variabili in S siano mantenute costanti in qualche sMto prefissato, possiamo allora scrivere l + (k oo + k, + k, + kj)o p(OO).) = - - - - - - - -
2s+ 2
dove k oo è il termine risultante dai legami fra Xi e Xj, k;.. è il termine risultante dai legami all'interno di S. e ki e kj sono i termini risultanti dai legami tra 5 e Xi e Xi, rispettivamente. Allora è facile vedere che, similmente,
1+ (k ll p(l1).) =
+ k,-k,-kj)o ,2s+ 2
p(on)
1+ (kOl + k, + k,-kj)o = ---------
p( 10).)
1+ (k lO + k,.-k, + kj)o = --------~ 2s+ 2
Anche l
+
(k,
+ k;)o
p(O,).)
p(l,).) = - - - - 21+1
p(Oj).)
l + (k,. + kj)o = ------
p( lj).)
=
2 H1 La correlazione parziale è data da p(OO).)p( 11).) - p(On)p( lO).)
[p(O).)p(l).)p(O).)p(l).)]1 Il numeratore, al primo ordine in (koo + kll - kOl -
o,
2 25 +4 Il denominatore, al primo ordine in
.l + ]1 l + [ 4k,0
184
245 +4
2k,.0-
2 25 + 2
si r.iduce a
k,o)o
o. si
riduce a
Poiché koo = kll = 'Vii e kOI = k lO = - 'Vii. questo rende la correlazione parziale uguale a 4'ViiO
-----=VijO 4(1 + 2k,.O) al primo ordine in O, che è molto piccolo. Quindi la correlazione parziale è 'VijO per tutti i À, e soddisfa la condizione 2. Si è cosI dimostrato che la misura
1+ k.o p(rr) = - - 2m soddisfa le condizioni 1·5, e che di conseguenza, entro le approssimazioni stabilite, la distribuzione è univocamente' determinata da queste condizioni.
La distribuzione di probabilit~ generata da questa funzione per un grafico specifico è illustrata qui sotto.
x,
, p(OOOO)
p(OOOl)
p(OOlO)
p(OlOO)
p(lOOO)
x, x,
= = = = =
1+30 p(OOIl)
16 1 + 50 p(OlOl)
16 l-o p(lOOl)
16 1-30 p(OllO)
16 l-o p(lOlO)
= = = = =
16
1-30
1-0 p(Olll) =
16 l-o p(lOll)
=
16 l + o
16 1-30 16 1-0
p(IlOl) = 16 l + o p(lIlO)
16 l-o
=
16 l + 50 l~
l + 30 p(llll) =
16 1-30
16
p(llOO) = 16
185
Poiché ora abbiamo una distribuzione di probabilità utilizzabile, definita per gli stati di M, possiamo scrivere una espressione relativa alla informazione media portata dal sistema M. Usiamo la misura di Shannon-Wiener, e definiamo H(M) l'informazione media' portata da M, come l;P(o") logp(O")lO
E possiamo riscriverla come segue: H(M) = - l ;
(l+
k"O)
l
2m
= -
(l +
2m
<1.
= - -
log
l; [ (l
k"o )
2m
+ U) [1og (l + k"o) -
m log 2] }
<1
l {, - l; LI + koo)( m 2 <1
+
k/0 koo - 2
2
+ ... -
m log 2).
}
l { k/o' . ..In } termini = - - l ; -mlog2+(I-mlog2)k,0+--+~3 It
2m
2
<1
O
e o re
Nella somma, il termine costante è contato 2m volte. Il termine in si annulla, poiché sappiamo già che 'Lk, = O. Re-
o
,
sta perciò il termine in E?, ma trascuriamo i termini di ordine s,:!periore, lasciando
H(M) =
o'
mlog2--~
l;k/.
2 m +1 Analogamente otteniamo per qualsiasi S,
"
o'
H(S) = slog 2 - - - l;k,'25+1
À
Anche in questo caso l'espressione per H(S) è impossibile da calcolare. Per calcolarla direttamente, dovremmo prima aver calcolato l'ind~ce k). per ognuno dei 2 5 stati dell'insieme S, come descritto sopra. Per un 5 grande, anche un calcolatore elettronico ad alta velocità non sarebbe capace di cal~ colare e sommare le potenze dei 2S valori di· k).. in un tempo ragionevole, È perciò necessario, ai fini del calcolo, esprimere yk),? come una funzione di parametri strutturali piu sem-
,
186
plici del grafo G(S, L).
"
Per semplicità di notazione, continuiamo a lavorare con il grafo G ( M, L) e la funzione l: k.'; per rendere generale
•
la questione, possiamo poi ancora applicarla a qualunque dei suoi sottografi G(S, L) e alle loro fùnzioni associate r. k,'-
,
k~ =
Abbiamo ddìnito
LVijeaieO'j. ijEL
Poiché abbiamo specificato prima che dove vi sono numerosi legami fra una coppia di vertici, questi legami sono identificabili !iingolarmente, ora possiamo riscrivere questa espressione come
dove ogni somma è presa per tutti i legami appartenenti a L + ed L-rispettivamente, cosi che il tutto contiene l termini. Naturalmente deve esser chiaro che questa espressione potrebbe essere ridotta, poiché ognuno dei suoi l termini è o 1 o - 1. Ma, per amore di chiarezza, nella dimostrazione seguente, la lasceremo nella sua forma estesa. Possiamo allora SCrIvere,
l: (k.)' = a
= L { (L a
L+
erri e':fj)2
~ O: e.i eo; a
L+
-
l: e.i e.il'
L-
+ (LL- erri e i)2 ---'- 2 (LL+ erri errj LL ~rrk errI) } rr
Osserviamo per prima l'ultima parentesi compresa nell'espressione. Poiché, nessuna coppia di vertici può essere connessa simultaneamente da un legame da L + e un legame da L -, ogni termine nella parentesi sarà della forma erriea'?ea'k o della forma erriea'j':?a'kerr[ dove iJiJk) sono tutti diversi. Poi· ché ea'i, per ogni i, assume il valore + 1 per metà del O" e - 1 per l'altra metà, ed è uniformemente distribuito per i valori assunti da errj, e".k ed ea'l, vediamo che entrambe le forme precedenti, dal momento che contengono entrambe'" un ea'i elevato a una potenza dispari, si annulleranno quando sommate in 0". Ci sono quindi solamente due tipi di termini, entrambi della forma err?ea'/: quelli che rappresentano lo stesso legame preso due volte, e- quelli che rappresentano diversi legami fra la stessa coppia di vertici. Abbiamo quindi
187
188
1/ "'-riedj)2
legami ij di L+ o L- soli
+2
1: 1:( e ie lT
IT
= 2 m D':Vi; + 2 :E '/2 Vi; (Vi; = 2m 1: V i/,
lT
j)2
su diversi legami fra la stessa coppia di vertici
1) }
M
dove la somma è effettuata per tutte le coppie di variabili i, j in M.
8'
Abbiamo dunque
H (M) = m log 2
+-
2
:Ev;;', M
8'
ed analogamente.
H (S) = s log 2
+-
:Ev;;'. 2 s Il fatto che Vij .compaia in questa funzione elevato al quadrato, sigpifica che la distinzione fra L + ed L-non influenzerà il risultato. Allora, come abbiamo notato nel capitolo 8, procederemo senza fare distinzioni fra L + ed L-, us~ndo solo L e assumendo che Vij assuma solamente vl1lori positivi. Ciò significa anche, naturalmente, che non è valido operare distinzioni fra interazione positiva e negativa, quando si pone il problema. lI Consideriamo ora una suddivisione arbitraria di M nei sottoinsiemi S"S,·:· S" in modo che S. n S~ = 0, e U S. = M. Chiameremo questa suddivisione,
• • •• • • • • • • • • • • • • S2
S,
7r
"
7t .
S,
S3
L'informazione contenuta in M è H(M). L'informazione in S preso separaramente è ~ H(S.). Eccettualo il caso in cui
•
non vi sia alcuna interazione tca i diversi sottosisterm, la seconda di queste due espressioni sarà piu grande della pri~ ma, poiché qualche informazione sarà. come prima, contata pitI di una volta. Come risultato, possiamo usare la diffe~ renza fra le due espressioni ([~H(S.)] - H(M)} come
" lagliare dalla suddivimisura della forza delle connessioni sione 7t,u Piu grande essa è, piti forti sono le connessioni lagliare. Il valore di quesra differenza è dato da { (SI+ ...
+S")IOg2+~ ~ V;;'-mlOg2-~~Vi/}' 2 2
dove la somma
51,52,...
Al
è assunta soltanto per le coppie il i
L 51,51,..
-
che sono del tutto contenute in uno degli Sa. La diflerenza, o ridondanza, della suddivisione è perciò ~o2I: v/. dove la
•
somma è assunta per tutti i legami i, j tagliati dalla suddiVISione 1t.
Di per se stessa la ridondan7.a Y2 82 I: 'Vi/ non ci dà una buona base di confronto per differenti "n. Ogni n appartiene a una certa «suddivisione tipo ». Cioè, i sottoinsiemi che essa definisce hanno rispettivamente SI, S2,' .• SII variabili, e la serie di numeri {SI, Sz,' .. SII} definisce il tipo di suddivisione. Il valore di I;.Vi/ tenderà ad "essere piu basso per
" qualche tipo di suddivisione che per altri. Allo scopo di normalizzare la ridondanza, calcoliamo ora il valore e la variazi"one previsti di I;.vi/ come una funzione del tipo di suddivisione, data una " distribuzione arbitraria di I legami fra i !h m (m - l) possibili spazi per legami forniti dagli m vertici. (Per semplificare, assumeremo che nessuno spazio possa contenere piu di un legame, cioè, " v = l, cosi che Vii = O o 1. 13 ) Se tutte le distribuzioni distinguibili degli I legami sono equiprobabili, il valore e la variazione previsti di LVi/ dipenderà da quattro parametri.
•
Due di essi sono costanti. Il -primo, l, è il numero dei legami in L. Il secondo, lo, è il numero degli spazi possibili
189
a cui i legami possono essere assegnati. Esso è dato da m(m -1)
io = - - - - - . Gli altri due parametri dipendono dalla 2 suddivisione TI. Il primo, loTI, è il numero degli lo spazi potenziali che sono tagliati dalla suddivisione TI, cioè, il numero delle coppie di vertici in cui ciascun vertice (della coppia) appartiene a differenti sottoinsiemi della suddivisione. Questo dipende dal tipo di suddivisione di TI, ed è dato da loTI = L So;S~, dove So; è il numero delle variabili in So;. No-
TI
damo che 101: Z lo. Il secondo di questi parametri, [TI, è. il numero dei Ie.gami attuali tagliati dalla suddivisione TI. Questo è dato da i" = L I V;j I.
.
TI
Naturalmente r z l. Dapprima consideriamo il valore previsto di
L vil =
TI
E (L vil). Poiché i Vii sono irrdipendenti, possiamo scrivere
E(L v/)
TI
=
= ioTIE(v;/),
LE(v/) TI
dove E (vi/) è il valore previsto di v/ per un certo spazio . fissato compreso fra i due punti i, j.
i Chiaramente:
E(vi/) = - ,
io per cui l'espressione precedente si riduce a: ilo'
.E (
? Vii) .= - - , io
che dipende dal valore di i oTI e anche dal tipo di suddivisione di TI. Consideriamo ora la variazione di k vil .14 TI
Vat ( :: v;/) = E
(~
V;j)
+ 2 E (~ V;j v,,) -
[ ECL v;)
Y
Conosciamo già il valore del secondo termine. Per quanto riguarda il primo:
E [(L v/)'] = E[L v;;' 190
+2L
v/ v,,'].
Poiché abbiamo stabilito di assumere Vii come positivo, '= O oppure = 1, abbiamo Vi/ = v/ = Vii' e quindi:
Var
n: v;;')
n: Vii) + 2 E o: V'i Wl) -
= E
'Il
T(
[E (L V'i)] .
1'";
Consideriamo due spazi fissati Ora
ii
T(
e kl.
E(V'iV,,) = O· P(V'iWI = O)
+
l . P(V'iV" = l)
= P(V'iV" = l) l
l-l
=_._-
1(/-1)
lo 10 - 1 10(10 -1) :. E (LV'jV,,) = Y210'(/o'-1)· E(V'iV") r.
1(1- l)
'1"0'(10" - l) . - - - 10(/0-1)
Ques lO ci dà 1·10" Var ( ~ v;;') = - - lo
+ /0(/0' -
10(/0-1)
lloT( = - - - - - [lo' -lo
"
lo' . (/0 -
1(/-1) l) - - - -
+ 10(/0' -
l) ( / - l) -//0'(/0 -
l)]
l)
//0'
~--;---
[lo' -l%,] - - - - (/0-1 0' ) . lo' (/0 - l ) 10(/0 - - l ) La· variazione dipende ancora dal valore di loTI e quindi dal tipo di suddivisione di 1t. Nel caso che stiamo considerando, dove v = l, la ridondanza rettilinea della suddivisione 1t, è
Y2S' LV;;' = Y2 S'l". T.
Per normalizzarla in rapporto a diversi tipi di suddivisione. ora la sostituiamo con 15
costante· [i'''':'''E(l")]
R( 1t)
= -------- = [Var (/')]1 costante [l' - //0'/10]
[//0'(/0 -lo') /10(/0 - 1)]1 e scegliamo la costante per cui:
lo/' -//0' [10'(/0 -lo")] l
191
Questa funzione ha il valore e la variazione previsti; essi, essendo gli stessi per tutti i tipi di suddivisione. possono essere usati per confrontare fra di loro suddivisioni di tl,ltti i tipi. Espressa nei termini della notazione precedente, questa fun· zione è 16 Y2m(m-l) LVij-1 LS.S~
192
Consideriamo, .infine, il problema pratico di trovare ·quella suddivisione 1t dell'insieme M per la quale questa funzione R( ,,). assume il piti piccolo valore (algebrico). Per tro,.vare la migliore suddivisione di un insieme S, usiamo un procedimento ascendente., che' consiste essenzialmente nell'effettuare la suddivisione' in sottoinsiemi a un elemento, calcolando il valore di R(,,) per q)lesta suddivisione, e qu.indi confrontare con essa tutte quelle suddivisioni che da essa possono essere ottenute .combinando due dei suoi insiemi. Ciascuna di queste suddivisioni che abbia il piu basso valore di R(n) è allora sost~tuira alla suddivisione originale; e il procedimento continua, Co~tinua finché perviene a una suddivisione il cui valore di R(,,) è piti basso di quello di qualsiasi suddivisione che' possa essere ottenuta da essa combinando ·due insiemi " Un altro procedimento ascendente, che trova direttamente un albero di suddivisioni, va in" direzione opposta. Esso parte dall'intero insieme S e lo spezza nei suoi due sottoinsiemi disgiunti piti indipendenti, calcolando R( ,,) per una bipartizione arbitrar'ia, e migliorando la suddivisione attraverso lo spostamento di una variabile alla volta da una parte all'altra, finché nessuno spostamento ulteriore è possibile. Si ripete questo proce.dimento pe.r ognuno dei due sottoinsiemi ottènuti, spezzando ognuno di essi in due sottoinsiemi piu piccoli, e cosi via iterativamente, finché -l'intero insieme S- è scomposto. Questi e altri metodi sono stati programmati per l'IBM 7090, e sono descritti compi.utamente altroveY È importante e
piuttosto sorprendente, che queste tecniche non abbiano risentito delle difficoltà di campionamento spesso .incontrate nei procedimenti euristici, e che diano ·invece risultati ottimali estremamente stabili anche per calcoli eseguiti in tempi relativamente brevi.
Appendice 3 Una citlà non è un albero'
194
Il termine che compare nel titolo non intende significare un vero e proprio albero, verdeggiante di foglie, ma un certo schema mentale Z In contrapposizione a questo, userò nel mio scritto il ter· mine semi-lattice, che sta ad indicare un secondo schema mentale, ben piu complesso, nel suo tessuto, del primo. 3 Per porre in rapporto questi schemi astratti con la natura degli -insediamenti urbani, occorre procedere preliminarmente ad una radicale distinzione. Chiamerò «città naturali» quelle {<'rmatesi piu o meno spontaneamente nel corso di un tempo lunghissimo, e «Città artificiali» quelle città (o parti di esse) che sono state create da progettisti e pianifi. catori con atto volontaristico. Sit..~na, Liverpool, Kyoto, Manhattan sono esempi di città naturali. Levittown, Chandigarh e le new towns inglesi sono esempi di città artificiali. Negli ultimi tempi va sempre piu diffondendosi una tendenza a riscontrare nelle città artificiali la mancanza di requisiti essenziali. In confronto con qualsiasi città antica, ricoperta dalla patina della vita, tutti i moderni tentativi diretti ad una creazione artificiale di città si stanno rivelando, sotto il profilo umano, del tutto vani. Gli stessi architetti .ammettono ormai sempre piu apertamente che preferiscono vivere nei vecchi edifici piuttosto che nei nuovi. Il pubblico in generale, indipenden1emente dal suo pili '0 meno scarso amore per l'arte, anziché apprezzare l'opera dell'architettura contemporanea, sembra tendere piuttosto a considerare il prorompere della moderna edilizia come una calamità inevitabile: 'uno fra i tanti tristi fenomeni di un mondo che sta andando in rovina. È troppo facile ribattere che queste opinioni riflettono soltanto un'ancor molto diffusa resistenza ad abbandonare il pas5~to e la tradizione. Per quanto mi riguarda, nutro inve-
ce una certa fiducia proprio in questa specie di conserva torismo. È noto, ad esempio, come l'americano medio desideri generalmente stare al passo con il progresso dei tempi. La sua crescente riluttanza ad accettare la città moderna esprime dunque un reale bisogno di qualcosa che, per il momento,. si sottrae alla nostra immediata comprensi0ne. La prospettiva di poter trasformare' la Terra in un pianeta disseminato soltanto di scatole di vetro e cemento ha allarmato anche molti architetti. Per combattere la futura scatcla di 'Yetro, sono state avanzate molte coraggiose proteste e anche molti progetti, nella speranza di ricreare in forma attuale le varie caratteristiche che sembrano rendere tanto viva la città «naturale ~>, Ma fino ad ora questi progetti hanno solamente imitato o ripetuto vecchi modelli. Non sono stati capaci di crearne dei nuovi. La campagna d;ll'« Architectu'ral Review» contro il modo in cui le nuove costruzioni e i pali telegrafici rovinano la città inglese, proponeva rimedi essenzialmente fondati sull'idea che per preservare la scala dovesse venir controllata la sequenza spaziale degli edifici e delle aree aperte: un'idea che in realtà deriva dal trattato di Camillo Sitte sulle piazze antiche. Un altro tipo di rimedio ~ nell'ambito della protesta contro la monotonia di Levittown - è quello che tenta di ricreare la ricchezza di forme riscontrabile nelle case di una vecchia città naturale. Esempio tipico di questo rimedio è il villaggio Llewelyn Davies a Rushbrooke in Inghilterra, dove ogni cottage differisce lievemente dal vicino, cosi che i vari tetti sporgono o rientrano dando luogo a pittoresche angolazioni. Un terzo rimedio è quello di ricorrere all'alta densità ur~ bana. Si presume che se l'intera metropoli potesse assomigliare alla Grand CentraI Station, con propaggini e gallerie dovunque dirette e intersecantesi, con gente che le riempisse tutte muovendosi in masse compatte, allora ridivent.ereb- .... be umana. Una analisi fra le piti acute del mortale squallore che dilaga ovunque, proviene da Jane Jacobs. I suoi giudizi critici sono eccellenti. Ma quando poi si arriva alle sue proposte positive, ecco nascere subito l'impressione che la grande
195
!96
città moderna venga da lei concepita come una specie di miscuglio fra il Greenwich Villagè e un qualsiasi borgo dcil'Appennlno italiano. pieno di piccoli isolati e con tanta genre sedura lungo la srrada. Il problema che in ciascuno di questi progetti si è tentato di affrontare è reale. È di estrema importanza scoprire i caratteri che assicurano forza vitale alle vecchie città per poi tentare di ricostruirli nelle città artificiali. Ma' non si può raggiungere questo intento semplicemente rifacendo i villaggi inglesi, le piazze iraliane, e le Grand Cenrral Sra(lons. Troppi progettisti si volgono nuovamente a considerare con nosralgia le cararteristiche fisiche e plasriche del passato, invece di indagare sui principi orclinatori astratti che governavano le città antiche, e che le nostre moderne conceziolli urbanistiche non hanno ancora ritrovato. Quale è la natura intrinseca, il principio ordinatore, che di· stingue la città artificiale dalla città naturale? Avrete forse indovinato dal titolo in cosa io creda consista questo principio ordinatore. lo credo che una città naturale abbia l'organizzazione di un semi-lattice; mentre quando artificialmente organizziamo una città, perveniamo ad una organizzazione «ad albero ). Sia l'albero che il semi-lattice sono interpretazioni del modo in cui una numerosa raccolta di piccoli sistemi possa aggre.garsi a formare un unico sistema, ampio e complesso. Pili in generale essi sono entrambi due diversi modi per indicare due diverse strutture di insiemi. Per poter definire tali strut~ ture, lasciatemi prima definire il concetto di, insieme. Un insieme è una raccolia di elementi che per qualche ragione pensiamo si approprino l'un l'altro. Poiché, nella nostra opera di progetristi, abbiamo a che fare con gli aspetri fisici della. città vivente e con la sua fisica struttura, gli insiemi che siamo portati a considerare sono raccolte di elementi materiali'come le persone, le foglie, le automobili, i mattoni, le molecole, le case, i giardini, le condutture d'acqua e le molecole d'acqua che scorrono in esse; ecc. Quando gli elementi di un insieme si appartengono perché cooperano e collaborano in qualche modo, chiamiamo l'insieme di elementi un sistema.
Ad esempio, a Berkeley all'angolo di Hearst and Euclid, vi è un drug. store, e fuori del drug store un semaforo. All'entrata della farmacia vi è un distributore automatico di giornali, dove· sono esposti i quotidiani. Quando la luce è rossa, la gente che sta aspettando di attraversare la strada resta senza far niente sotto il semaforo; e poiché non ha niente da fare, guarda i giornali nel distributore che può vedere dal punto in cui si trova. Alcuni leggono solo i ti tali, altri aspettando comprano un giornale. Questa catena di fatti rende il distributore di giornali e il semaforo interdi- . pendenti. Il distributore, i giornali che esso contiene, il denaro che passa dalla tasca della gente alla fessura del distributore, la gente che si ferma sotto il semaforo e legge i giornali, il semaforo, gli impulsi elettrici che fanno cambiare le luci, e il marciapiede dove sta la gente, formano un sistema; tutti i suoi elementi' collaborano. Dal punto di vista dei progettist3, è di partiéolare interesse la parte Esicamente non mutevole del sistema. Il distributor.e, il semaforo, e il_ marciapiede, correlati come sono, formano la parte fissa del sistema. Costituiscono "ambito non mutevole nel quale le parti mutevoli del sistema - la gente, i giornali, il denaro, e gli impulsi elettrici - possono collaborare. Definisco questa parte fissa una unità della città. Essa deriva la sua coerenza, come unità, sia dalle forze che tengono insieme i suoi elementi, che dalla coerenza dinamica del piu ampio sistema vivente in cui è inclusa, come parte fissa invariante. Fra i molteplici sottoinsiemi fissi della città, che corrispondono ad altrettanti sistemi urbani, e come tali possono essere considerati singole unità fisiche significanti, in genere ne prendiamo in considerazione assai pochi, isolatamente, e solo per ragioni specifiche. Per quanto mi riguarda, sono invece convinto che qualsiasi immagine si abbia della città, essa Pu.ò .... essere esattamente definita soltanto attraverso una visione unitaria dei sottoinsiemi. Ma una tale raccolta di sottoinsiemi CJpace di comporre una immagine della città non può consistere in una .semplice e amorfa collezione. Automaticamente, se non altro perché, una volta che i sottoinsiemi sono
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scelti si stabiliscono fra loro relazioni reciproche, la raccolta assume una struttura definita.
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Per meglio comprendere questa struttura cerchiamo, per un momento, di pensare astrattamente e di usare come simboli i numeri. Invece di parlare degli insiemi reali costituiti a loro volta da milioni di elementi reali che si incontrano nella cittĂ , prendiamo in considerazione una struttura piu semplice composta solo da una mezza dozzina di elementi. Chia~ miarno questi elementi l, 2, 3, 4, 5, 6. Senza tener conto dell'insieme completo (1, 2, 3, 4, 5, 6), dell'insieme vuoto
(-), e degli insiemi costituiti da un solo elemento (1), (2), (3), (4), (5), (6), vi sono 56 differenti sottoinsiemi derivabili dai sei elementi.
Supponiamo ora di mettere in evidenza alcuni di questi 56 insiemi (proprio come mettiamo in evidenza alcuni insiemi e.li chiamiamo unità quando formiamo la nostra rappresen· .... tazione della città). Diciamo, ad esempio, che scegliamo i seguenti sottoinsiemi: (123), (34), (45), (234), (345), (12345), (3456). Quali sono le possibili relazioni fra ,questi insiemi? Alcuni insiemi saranno parte di insiemi pitI ampi, come (34) è
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parte di (345) o di (3456). Alcuni insiemi si sovrapporranno, come (123) e (234). Alcuni insiemi saranno disgiunti cioè, non conterranno elementi comuni, come (123) e (45). PçJssiamo esporre queste relazioni in due modi. Nel diagramma A ogni insieme scelto come unità è racchiuso da un cont~rno. Nel diagramma B gli insiemi scelti s~no sistemati' nell'ordine della grandezza crescente, cosi che dovun~ que un insieme ne contenga un altro - come (345) contiene (34) - vi è un segno verticale ché unisce uno all'altro. Per amore' di chiarezza e per eçonomia visiva, si segnano solo le linee che congiungono insiemi non collegati ad altri insiemi. Cosi, se si segna la linea fra (34) e (345), e la linea fra (345) e (3456), è inutile segnare una linea fra (34) e (3456). Osservarrdo le due diverse rappresentazioni, si può notare come. basti la scelta dei sottoinsiemi a conferire alla loro raccolta, considerata come un tutt'o, una struttura eompren: siva. Questa è la struttura di cui stiamo trattando. Quando la struttura. soddisfa certe condizioni può essere considerata un semi-lattice, quando ne soddisfa altre piu restrittive, può essere considerata un albero. L'assioma del semi-lattice è il seguente: U. n'a raccolta di insiemi forma un «semi-lattice >:. se, e soltan-to se, sovrapponendosi due insiemi che apparte1'[gono alla raccolta) Finsieme di elementi comuni ad entrambl appartienr? pure alla raccolta. La struttura illustrata nei diagrammi A e B è un semi-la,ttice Essasoddisfa l'assioma poiché, appartenendo (234) e (345) entrambi alla raccolta,' la loro pàrte comune (34) vi appartiene pure. (Riferito alla città, l'·assioma significa che dovunque due unità interferiscono sovrapponendosi parzialmente anche l'area di questa sovrapposizione è una entità riconoscibile e come tale rappresenta perciò essa stessa una unità. Nel caso dell'esempio della farmacia: una unità consiste di distributore automatico di -giornali, marciapiede e semaforo; un'altra unità consiste della farmacia, del suo ingresso e del distributore. Le due unità si sovrappongono in corrispondenza del distributore. È chiaro che l'area di sovrapposizione è essa stessa una unità riconoscibile, e cosi soddisfa l'as-
sioma che definisce le caratteristiche di un semi::lattice.) L'assioma dell'albero stabilisce invece: Una raccolta di insiemi torma un albero se e soltanto se, considerati due insiemi che appartengono alla raccolta, uno dei d'ue è del tutto contenuto nell'altro, oppure ne è del tutto separato. La struttura illustrata nel diagramma C e D è un albero. Poiché l'assioma dell'albero esclude la possibilità che gli insiemi si sovrappongano, esso non può in alcun modo implicare violazioni dell'assioma del semi-lattice; per cui si può dire che ogni albero è al limite un semi-lattice grossolanamente semplice. In questo scritto, però, non interessa tanto il fatto che un albero possa essere al limite un semi-lattice, ma piuttosto stabilire la differenza che pasSa tra gli alberi e quei piti ge- . nerali esempi di semi-lattice che non sono ,alberi poiché cont:::ngono unità che si sovrappongono. Ci ·interessa la differenza fra quelle strutture che non presentano sovrapposizioni, e quelle strutture che invece le presentano. Il fatto che rende importante la distinzione fra le due strut· tute non è però solo presenza di sovrapposizioni. Ancora piu*'importante è il fatto che il semi-lattice è potenzialmente' una struttura piu complessa e sottile dell'albero. E questo risulta chiaro dalla seguente osservazione: un albero costituito di 20 elementi può contenere al massimo 19 sottoinsiemi oltre i 20 costituiti da ogni elemento isolato, mentre un semi-lattice costituito dagli stessi 20 elementi può contenere piu di 1 000 000 di sottoinsiemi diversi. Questa molteplicità, enormemente piu grande, è indicativ<l della grande complessità strutturale che un semi-lattice può avere a confronto con la semplicità strutturale di un albero. Ed è proprio la mancanza di complessità strutturale, caratteristica degli alberi, che informa le nostre concezioni della .... città. Per verificare questa affermazione, porrò alcuni esempi di moderne concezioni della città, e dirnC?strerò come esse di fatto siano alberi, Prima di esaminare i diversi progetti, però, forse può essere utile tenere a mente questa brevissima filastrocca:
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Grandi pulci hanno piccole pulci che mordono loro la schiena piec.ale pulci hanno pulci piti piccole, e cosi all'infinito. In ciò è espresso con precisione e brevità il principio strutturale dell'albero. Columbia, Maryland; opera della Cominunity Research and
unità di vicinato
"'A"'A singole abitazioni
Developrnent Ioe.: unità di vicinato aggregate a grappoli di cinque, formano « villaggi ». Il sistema di comunicazioni collega i villaggi in una new town. L'organizzazione è un albero. Greenbelt, Maryland, progetto Clarencestein: questa città
Greenbe1t .
gruP~~
superblocco
~
diC~AÀÀÀ case
giardino è stata suddivisa in superblocchi. Ogni superblocco contiene scuole, parchi, e un certo numero di gruppi di case costruite attorno a parcheggi. L'organizzazione è un albero.
Piano della Grande Londra (1943), progerto Abercrombie
Londra
Kensington
Lambeth
e. Forshaw. Il disegno descrive la struttura concepita da Abercrombie per Londra. È costituita da un gran numero di comunità, ognuna separata da tutte le comunità adiacenti. Abercrombie scrive: «l'obiettivo è quello di sottolineare l'identità delle singole comunità esistenti, aumentando il loro grado di separazione, e dove è necessario, riorganizzandole come entità separate e autonome ». E ancora, «le comunità comprendono una serie di sottounità, che corrispondono ~d altrettante unità di vicinato dotate di proprie scuole e propri negozi». La città è concepita come un albero a due livelli. Le comunità costituiscono le unità piu ampie della struttura, mentre i vicinati costituiscono le sottounità piu piccole. Non si verificano sovrapposizioni tra le unità. La struttura è un albero. Piano di Tokyo, progetto Kenzo Tange: questo è un bel-
nuova Tokyo
anelli medi anelli minori quartieri resid. stazione porto uffici pubblici quartieri resid. e privati
Pesempiol Il piano consiste di una serie di anelli protesi nella baia di Tokyo. Vi sono quattro anelli maggiori, ognll-
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no dei quali contiene tre anelli medi. Nel secondo anello maggiore un anello medio comprende la stazione ferroviaria e un altro il poì:to~ Negli altri casi, ogni anello medio contiene tre anelli minori che comprendono i quartieri residenziali, con l'eccezione del terzo anello maggiore dove un anello minore contiene gli uffici del governo e un altro gli uffici industriali. Mesa City, progetto Paolo Soleri: le forme organiche di
Mesa city
~ ~ centro universitario
Università
settore residenziale
~
villaggi
~AA\~ piccole unità residehziali Mesa City ci danno subito l'impressione di trovarci di fronte a una struttura piti ricca di quelle degli esempi precedenti. Ma se le o~serviamo nei particolari vi riscontriamo esattamente lo stesso principio di organizzazione. Consideriamo, per esempio, il centro universitario. Il centro è diviso in due parti di cui una è l'univ~rsità e l'altra la zona residenziale, quest'ultima è suddivisa in un numero di vil1~ggi· (risolti con edifici a torre) per 4 000 abitanti; ciascuno di questi è suddiviso ulteriormente e circondato da gruppi di unità residenziali ancora piu piccole.
Chandigarh (1951), progetto Le Corbusier: la città è ser-
centro di Chandigarh
20 singoli centri di settore
vita da un nucleo commerciale situato proprio nel suo centto, e legato al nucleo amministrativo posto all'altro estremo. Due altri nuclei commerciali sussidiari sono dislocati lungo le maggiori arterie stradali che ,corrono da nord a sud. Questi, a loro volta, sono collegati agli altri nuclei amministrativi, comunitari e commerciali, che sono distribuiti in ciascuno dei venti settori della cittĂ .
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asse centrale di Brasilia
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l° arteria principale
/\
Ilo arteria principale
À
arterie sussidiarie
singole strade di quartiere
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BrasiJja, progetto Lucio Costa: la forma mota attorno all'asse centrale e ognuna delle due metà è ·servita da una arteria principale. Da queste arterie principali derivano- le aiterie sussidiarie parallele, le quali a loro volta si diramano nelle strade che circondano i quartieri. La struttura è un albero.
Communitas, progetto Percival e Paul Goodman: Communitas è esplicitamente organizzata come un albero. È divisa in quattro zone concentriche principali: la piu interna è un centro commerciale, la successiva una università, la terza è destinata alla residenza e agli ospedali, la quarta è aperta campagna. Ogni zona è a sua volta u~teriormente suddivisa. Il centro commerciale è contenuto in un grande grattacielo cilindrico, formato di 5 strati: aeroporto, amministrazione, piccola industria, negozi e divertimenti, e - nella parte inferiore ferrovie, autobus e servizi meccanici. L'università è divisa
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in 8 settori comprendenti: storia natural~J zoo ed acquari, planetario, scienza, laboratori, arti plastiche, musica e arte drammatica, La terza zona è suddivisa in otto unità di vicinato per 4 000 abitanti ciascuna; esse non sono costitui-
§ 3 aeroporto
~ ~
~ ~
piccola iodusto;¡a;-::::::::::li! negozi e divertimenti trasporti pubblici
storia zoo'
arti
cliniche
riserve agricoltura
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luoghi di villeggiatura
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te da case individuali, ma da blocchi di appartamenti, ulte- . dormente suddivisi in unità residenziali individuali. La quarta zona destinata all'aperta campagna è suddivisa in tre segmen~i: riserve di verde, agricoltura, e luoghi di vacanza. L'organizzazione totale è un albero. Prendiamo ora in esame per ultimo l'esempio.,che considero il piti evidente fra tutti in quanto denuncia involontarr.a-
mente il proprio stesso vizio (e il problema dell'albero in genere) r,icorrendo ad una simbologia sorprendentemente calzante. Esso comp<l.re nel libro di Hilbersheimer intitolato
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La natura delle città. Descrive il fatto che certe città ro~ mane seno state originate da accampamenti militari, e poi mostra la fotografia di un moderno accampamento militare per riproporlo come forma archetipa della città. Non è possibile trovare una struttura piti chiaramente dendromorfa. Il simbolo calza appunto a perfezione perché l'organizzazione militare è studiata deliberatamente e appositamente al fine di creare disciplina e rigidità. E in ogni organi?zazione urbana concepita in forma di albe~ , ro, è proprio questo che accade alla città e alla sua gente. La foto in basso illustra lo schema di Hilbetsheimer per l'area commerciale di una città, ed è esattamentè uno schema derivato dal modello atchetipo dell'accampamento militare. Le strutture che abbiamo esaminato sono dunque alberi. Ogni singola unità in ciascun albero sopra descritto è il residuo'"fisso, ncn mutevole, di qualche sistema della città (nel senso in cui una casa è il residuo delle interazioni fra i membri di una famiglia, le loro emozioni, tutto ciò che a loro appartiene; oppure nel senso in cui una autostrada è il residuo del movimento e dello scambio commerciale), Tuttavia, in ogni città, vi sono migliaia, e anche milioni, di sistemi in atto, i cui residui fisici non compaiono come unità nelle strutture ad albero. Nei casi peggiori, le unità che compaiono addirittura non corrispondono ad alcuna realtà vivente, e i sistemi reali, che costituiscono la vera vita delìa città, non sono stati forniti di ricettacoli fisici che possano contenerli, Né il piano di- Columbia, né quello di Stein, ad esempio, corrispondono a realtà sociologiche. Il loro ordinamento fisi~ co e il loro sist~ma organizzativo corrispondono a- una gerarchia di gruppi sociali chiusi, sempre piu rigidi, che dalla città intera si estendono fino alla famIglia, con legami associativi di forza diversa. Se in un contesto societario d~ tipo arcaico o comunque tradizionale chiedessimo a un 'individuo qualsiasi di nominare i suoi migliori amici e chiedessimo pui 9. ogn 1lOo di questi di nominare a sua volta i s110i migliori amici, tutti si nominerebbero a vicenda e il gruppo infine risulterebbe chiu~o. Sotto il profilo sociologico, un villaggio è costituito
da un certo numero di gruppi separati chiusi, appunto, di questo tipo. Ma la struttura sociale di oggi è del rutto diversa. Se chiediamo ad un uomo di nominare i suoi amici e poi chiediamo ad ognuno di questi di nominare i suoi. tutti nominerebbero persone diverse e molto probabilmente sconosciute al primo individuo interpellato; queste persone a loro volta ne nomineranno altre ancora e cOSI via. Praticamente. nella maclerna società industriale non esistono gruppi chiusi di persone. La realtà della struttura sociale contemporanea è densa di sovrapposizioni - i sistemi di amici e conoscenze formano un semi-lattice, non un albero (come nella seconda fra le due figure qui sotto). società di .tipe tradizionale gruppo / " . chiuso di amici
singoli individui
società moderna
singoli individui
Nella città naturale, perfino la casa disposta lungo una stra-
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da (che non appartiene a un piccolo raggruppamento) è un implicito riconoscimento del fatto che le persone con cui sussiste un rapporto diretto (come gli amici) non vivono nella porta accanto, ma lontano, e possono essere raggiunti solo con l'autobus o l'autoQ:lobile. In questo senso Manhaltao ha piti sovrapposizioni di Greenhelt. E sebbene si possa sempre obiettare che il problema Don è fondamentale, posto anche che a Greenbelt, gli amici si trovano, dopotutto, a pochi minuti di automobile, non è illecito comunque domandarsi: dal momento, proprio, che si è voluto porre l'accento su certi gruppi facendo loro corrispondere, addirittura, specifiche! distinte unità della struttura fisica, perché mai proprio i loro rapporti interni dovrebbero venIr consIderati, poi, cosI scarsamente rilevanti? V'è un ..altro aspetto della struttura sociale e urbana che Don può venire espresso in modo soddisfacente da uno schema dendromorfo. Per comprendere di che si traiti, consideriamo, ad esempio, il piano di nuovo sviluppo disegnato da Ruth Glass per Middlesborough (ab. 200 000). Questo progetto ha proposto una minuta suddivisione della città in 29 unità di vicinato. Dopo aver distinto e delimitato i suoi 29 quartieri in base alle piu evidenti differenziazioni per tipologia architettonica ed edilizia, reddito medio per abitante, e specie di occupazione prevalente, Ruth Glass si è poi chiesta se, esaminando uno qualsiasi dei sistemi che si presentano nella situazione sociologica dej singoli vicinati) sia possibile poi affermare che le unità fisiche definite dai vari sistemi determinino a loro volta, in tutti i casi, la medesima situazione spaziale. La sua stessa risposta è stata negativa. Cias.cuno dei sistemi da lei esaminati ha un carattere nodale. È costituito, in altri termini, da una sorta di nodo ceno trale che deve poi integrarsi con la gent<r che vi aflluisc~ e ne fa uso. In special modo, Ruth Glass ha inserito nel nodo centrale: scuole elementari, scuole medie, circoli giovanili, circoli per adulti, uflici postali, erbivendoli e droghieri. Ciascuno di questi centri attira i suoi utenti da una certa area o unità spaziale che a sua volta è il residuo fisico del sistema sociale come totalità, ed è ·perciò una unità proprio nei
termini che abbiamo attribuito a questo concetto. Le unità corrispondenti a diversi tipi di centri per un singolo circondario (Waterloo Road, nella specie) sono visibili nella figura.
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o La linea piu marcata delimita il confine del vicinato. Il tendina grigio indica il circolo giovanile e i piccoli anelli a linea continua segnano gli spazi in cui abitano i suoi membri. Il' tondiA-:'b grigio circoscritto da un cerchio rappresent<:l. il club degli adulti, mentre le case dei suoi membri formano le sagome delimitate da confini tratteggiati a segmenti. Il quadrato bianco è l'ufficio postale e la linea punteggiata segna l'area che contiene i suoi utenti. La scuola media è indicata dal tondino grigio circolare che contiene un, triangolo bianco. Integrata con i, suoi alunni, viene a costituire il sistema delimitato dalla linea di demarcazione mista (in cui .si alternano punti e segmenti), Come può vedersi immediatamente, le diverse unità non coincidono, senza peraltro che possano neppure dirsi tra loro separate. ~ piu esatto ... dire che esse si sovrappongono almeno in parte, ovvero interferiscono. Ovviamente non siamo qui in grado di fornire un quadro che veramente rispecchi la realtà di Middlesborough e neppure possiamo configurarci l'aspetto concreto che la città do-
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vrebbe assumere frazionata in 29 grandi ceppi (conveniente~ mente integrali) denominati unità di vicinato. Se descriviamo teoricamente una città in termini di unità di vicinato, assumiamo implicitamente che gli elementi minori all'interno di ciascuno di essi si appartengono reciprocamente, in modo cosi stretto, che possono interagire con elementi esistenti in altri vicinati solo attraverso il medium delle unità di vicinato di cui essi stessi fanno parte. È la stessa Ruth Glass a riconoscere esplicitamente che non è questo il caso (il che, però, contraddice allora il suo schema teorico).
quartiere
circondario di Waterloo road
altro quartiere adiacente
Le figg. a pago 214 rappresentano il circondario di Waterloo. Con valore meramente esemplificativo, l'ho scisso in un certo numero di aree minori. La figura sopra mostra come questi pezzi si connettano reciprocamente nella realtà e la figura sotto come invece il piano di nuovo sviluppo pretenderebbe che aderissero. Nulla nella natura dei vari centri suggerisce l'idea che le loro aree d'interferenza debbano equivalersi. Le loro nature sono diverse, quindi diverse sono a loro volta le unità che essi definiscono. La città naturale di Middlesborough era fedele alla sU,a originaria struttura «a semi-lattice ». Ma nella concezione, puramente artificiale, della città come <~ albero», le sovrapposizioni naturali e necessarie vengono dissolte. La stessa cosa accade nell'ambito, minore, di alcuni aspetti della vita urbana. Si consideri, ad esempio, la separazione fra pedoni e veicoli a motore: un concetto tipicamente den· dromorfo proposto· da Le Corbusier, Louis Kahn e molti ~ltri. Ad un livello abbastanza superficiale di ragionamento, si tratta ovviamente di un sano principio. È pericoloso infatti che automobili capaci di superare i 100 km all'ora entrino in possibile contatto con bambini piccoli ai loro primi pas~i. A ben guardare, però, l'idea non sempre è soddisfacente. Vi sono casi 1 addirittura, in cui la' specifica situazione ecologica richiede una soluzione esattamente opposta. Immaginatevi mentre uscite da un negozio della Fifth Avenue; avete fatto acquisti tutto il pomeriggio e le vostre braccia sono colme di pacchetti; avete voglia di un drink; vostra moglie comincia a zoppicare ... Vivaddio, niente è preferibile a un buon taxi in simili circostanze! Ma l'autopubblica in servizio urbano adempie alla sua funzione solo nella misura in cui pedoni e: veicoli non siano strettamente segregati. Il taxi vagante ha bisogno di una corrente di traffico abbastanza veloce, che gli consenta di percorrere una zona vasta almeno. quanto è necess~rio per .... trovare qualche passeggero. Ogni pedone a sua volta deve essere in grado di chiamarlo da qualsiasi punto dell'area a lui riservata; e deve essere altresi in grado di scendere in qualsiasi punto della sua sfera «di competenza» egli. desi· deri. Il sistema specifico contenente il servizio di aùtopub-
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bliche deve poter interferire sia con 11 sistema veicolare veloce che con quello' di circolazione pedonale. In Manhattan, pedoni e veicoli si spartiscono appunto determinate parti della città e quindi la necessaria interferenza è garantita.
solo auto private
taxi
parcheggi
circolazione pedonale
Un altro pnnClplO caro ad esempio ai teorici dei CIAM è la segregazione dell'attività ricreativa da ogni altro genere di attività: principio che nella nostra civiltà si è concretato nei playgrounds o campi per i giochi. Questi, asfaltati e recintati, altro non sono che una esplicita, visibile ammissione del fatto che il concetto «gioco» sopravvive nei nostri schemi mentali come elemento del tutto isolato: il che ha poi ben poco a che vedere con quella che è la realtà del gioco stesso, dato che tutto sommato sono pochi i bambini degni di questo nome che si adattino a giocare reclusi in un cam po da gioco. Il gioco in sé, quello che i bambini praticano effettivamente, tende ad emigrare di continuo, a spostarsi ogni giorno in qualche luogo diverso. Un giorno si svolgerà all'interno delle pareti domestiche, un altro giorno in una stazione di servizio gestita da persone amiche, e poi continuerà, un giorno in un edificio in rovina o abbandonato, il giorno dopo sulla riva di. un fiume e il giorno dopo ancora, .magari nel terreno circostante una casa che è momentaneamente disabitata, supponiamo, per il week-end. Ogni attività di gioco, inclusi gli oggetti che ç:ssa richiede, w
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forma un sistema. E non è vero che questi sistemi sussistano isolatamente, tagliati fuori dagli altri sistemi della vita urbana. Essi si sovrappongono reciprocamente e al tempo stesso interferiscono con molti altri sistemi collaterali. Le unità fisiche riconosciute come luoghi per il gioco devono adeguarsi a questa realtà. In una città naturale, è questo infatti che accade. Il gioco si svolge in mille luoghi, s'infiltra negli interstizi del mondo degli adulti. Quando giocano, i bambini diventano per cosi dire padroni dei quartieri in cui vivono. Come può avvenire questo se un bambino è recluso in uno spazio cintato? In una struttura «a semi-lattice» l'attività di gioco gode di possibilità che in una struttura «ad albero» le sono precluse. Un errore sostanzialmente siJ11ile si riscontra in concezioni dendromorfe di centri studenteschi come la Comunità Goodman o la Mesa City di Soleri, che tengono rigorosamente separata l'università dal resto della città. Di particolare interesse in questo senso è il comune, e discusso, campus all'americana. Non si vede per qual motivo sia necessario tracciare una delimitazione che scinda la città facendo SI che ogni cosa (e soltanto essa) esistente entro i confini, sia «università ». Astrattamente, ciò può anche soddisfare un'esigenza di chiarezza. Ma corrisponde poi alla realtà della vita universitaria? Certo non è tale la struttura che si riscontra invece in città universitarie non artificialmente pianificate. Si prenda ad esempio una vecchia università inglese. In certi punti, la Trinity Street di Cambridge è fisicamente quasi indistinguibile dal corpo del Trinity College. Un passaggio pedonale che la attraversa può dirsi faccia letteralmente parte del famoso college e gli edifici sulla strada, occupati al piano-terra da negozi, bar e agenzie. di banca, contengono però alloggi per gli studenti ai piani superiori. "" In molti casi, gli edifici sulla strada vengono a fondersi con le vecchie costruzioni del college cosicché gli uni non pos~ sono venir alterati senza che ne risulti un'alterazione nelle altre, e viceversa. E sussisteranno sempre «sistemi» di attività dove la vita universitària e quella della città si sovrap~
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pongono: discutere al bar, prendere il caffé, andare al cinema, camminare per spostarsi da un luogo ad un altro, o anche soltanto per passeggiare. In qualche caso, intere facoltà possono venir attivamente coinvolte nella vita degli abitanti della città (l'ospedale a padiglioni della clinica .universitaria è un c1assic<? esempio). A Cambridge, antico centro «naturale» in cui università e città sono cresciute insieme gradualmente, le unità fisiche interferisconp reciprocamente in quanto sono residui fisici dei sistemi della città e di quelli dell'università, sovrappostisi ormai da lunghissimo tempo. Cambridge
college
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abitazioni
clinica bar medica universitaria
caffè
Sarebbe o~a forse il caso di passare a considerare con attenzione certi specifici nuclei urbani realizzati, con criterio gerarchico" e specialistico, all'inte-rno di Brasilia e di Chandigarh o concepiti, ad esempio, nel piano MARS per Londra: Ma il caso piti recente credo sia quello del Manhattan Lincoln Center, dove diverse funzioni artistico-ricreative destinate a servire la popolazione della «Grànde New York» so;;a state raggruppate per formare un solo nucleo.
Siamo certi che una sala da concerto richieda di essere co.llocata accanto ad un teatro d'opera? Forse che le due attività sono soggette ad alimentarsi reciprocamente? Vi sarà' forse chi assiste ad entrambe le esibizioni, ghiottamente, nel giro di una sola serata, o chi si affretta ad acquistare i biglietti di uno spettacolo teatrale prima di entrare nella sala dei concerti o appena uscitone? A Vienna, a Londra, a Parigi, ciascuna delle arti sceniche ha trovato la sua autonoma collocazione; e si è creata, per cosi dire, la sua propria, famigliare sezione di città. Nella stessa Manhattm, la Camegie Hall e la Metropolitan Opera House non erano state affatto costruite fianco a fianco. Cias~una aveva trovato il suo ambito vitale e creato intorno a sé la .p~opria atmosfera. Le loro ~nf1uenze, piu che associarsi fra loro, si sono invece sovrapposte a quelle singole porzioni di città e di vita cittadina ché ciascuna di esse ha influenzato con efficacia, in certo modo, unitaria. L'unica ragione che ha fat.to confluire tutte ques~e funzioni in Lincoln Center è che il concetto astratto di rappresentazione artistica le lega una all'altra. Ma questa sostanziale struttura ad albero e l'idea di una gerarchia di nuclei urbani specifici (che le è genitrice) non chiarisce; reali rapporti fra arte e vita cittadina. All'origine dell'equivoco sta senza dubbio quello stesso, astratto preconcetto, diffusissimo nel senso comune, che in mi"sura piu semplice e ridotta spinge sempre a porre diverse cose, legate da una comune denominazione, tutte entro uno' stesso recipiente. L~ totale separazione del lavoro dalla residenza, iniziata da Tony Garnier con la sua città industriale e poi incorporata nella Carta di Atene del 1929, è oggi riscontrabile in ogni città artificialmente pianificata e risulta adottata in genere ovunque si tenga ad attuare una rigida demarcazione delle zone. Ma anche questo principio, originariamente tutt'altro ... che immotivato, appare oggi discutibile. Sono ben note le orrende condizioni di vita che all'inizio del secolo spinsero i pianificatori a cercare di collocare le fabbriche fuori delle zone residenziali. E tuttavia è innegabile che la separazione oblitera una quantità di sistemi che richiedono, per soste-
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nersi, parti, anche piccole, di entrambi i termini fra loro segregati. Si consideri la storia delle cosiddette industrie «in cortile », di Brooklyn. Jane Jacobs ha esaurientemente descritto come que~te officine, dapprima semi~artigianali, abbiano potuto e dovuto crescere proprio nei cortili delle case. Chiunque voglia dar vita ad una piccola attività in economia ha bisogno di un po' di spazio e ha bisogno inoltre di stabilire rapporti con altre imp~ese e, inizialmente, rapporti diretti con la clientela. Il sistema dell'industria in cortile deve necessariamente ~ppartenere tanto alla zona residenziale quanto a quella industriale: zone che in tal caso devono sovrapporsi, come, appunto, avvenne a Brooklyn (figura sotto). In una
zona industriale
solo grandi stabilimenti
industria in cortile
giardini
città ordinata ad albero questo non potr~bbe accadere. Passiamo infine ad esaminare la suddivisione della città in comunità isolate. Come abbiamo visto nel piano Abercrombie per Londra, anche questa è un tipo di struttuta «ad albero ». Ma le singole comunità non hanno realtà come unità funzionali. A Londra, come del resto in ognì grande città, quasi nessuno riesce a trovare un lavoro convenientemente vicino a casa sua. La gente di .una comunità lavora quasi sempre in aziende industriali che sono situate nell'ambito di altre comunità. Esistono infiniti possibili sistemi «lavoratore-posto di lavoro» (ciàscuno dei quali consiste ad esempio di un operaio piu la fabbrica in cui lavora) che non rispettano affatto i
confini definiti dall'albero di Abercrombie. L'esistenza di queste unità e il loro naturale interferire e sovrapporsi indica che i sistemi viventi di Londra formano un vero e proprio semi-lattice. Soltanto nella mente del pianificatore si sono trasformati in una struttura ad albero. Aver mancato di dare a ciò qualsiasi fisica espressione ha comportato fatali conseguenze. Cosi come stanno le cose, ogni volta che il lavoratore e il suo posto di lavoro appartengono territorialmente a distinte amministrazioni locali, la comunità che' contiene il posto di lavoro ha enormi entrate fiscali, cui fanno riscontro spese in proporzione assai lievi, mentre la comunità in' cui vive il lavoratore, se è di tipo soprattutto residenziale, raccoglie poco quanto a tasse e imposte, nonostante abbia grandi spese addizionali a proprio carico in forma di scuole, ospedali, eccetera. Evidentemente, per risolvere questa sperequazione, i sistemi «lavoratoreposto di lavoro ~> devono concretarsi in unità fisicamente riconoscibili e quindi assoggettabili ad un adeguato gravame fiscale. Si potrebbe bbiettare che, sebbene le comunità singole e separate di una grande città non abbiano autentica rilevanza funzionale nella vita dei loro abitanti, esse però sono ancora le unità piu convenienti sotto il profilo amministrativo e debbono pertanto essere lasciate nella loro attuale organizzazione dendromorfa. . Ma anche il valore di una simile obiezione risulta assai dubbio non appena si ponga mente a quale è la complessità politica di una città moderna. Edward .Banfield, in un recente libro intitolato Political Infiuence, fornisce un resoconto dettagliato di quali schemi d'influenza e di controllo operino effettivamente in Chicago. Egli mostra come, sebbene le linee di controllo amministrativo ed esecutivo abbiano una struttura in forma dendroide, queste catene formali e ufficiali d'influenza sono continuamente intersecate e oscurate da linee ad hoc di controllo che insorgono naturalmente ogni volta che si presenti un nuovo problema relativo alla città. Queste linee ad hoc variano e dipendono in buona misura dalle persone o dai
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gruppi concretamente interessati nella materia, dall'entità della posta in gioco, e cOSI via. Questa seconda struttura, che è informale, operando nel tessuto della prima, diviene il fattore reale di controllo sugli atti della pubblica amministrazione. Subisce, inoltre, variazioni continue, di settimana in settimana, perfino di ora in ora, appena un problema intervenga a rimpiazzarne un ahro. Nessuna sfera d'influenza personale è interamente sotto il controllo di un qualunque organo burocratico superiore; ciascun individuo soggiace a d.iverse influenze nella misura in cui i problemi cambiano. Benché la pianta dell'or· ganizzazione nell'ufficio del sindaco sia in forma di albero, l'effettivo controllo e l'esercizio dell'autorità somiglia a un semi-lattice. L'albero, sebbene sia tanto nitido e bello come espedienre razionale e sebbene offra un cOSI semplice e chiaro criterio per suddividere un'entità complessa in varie unità, non fornisce in pratica una corretta descrizione dell'assetto naturale che si riscontra nelle città e non rispecchia 'la struttura urbana nel modo che ci è piu utile.
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Perché dunque tanti progettisti hanno concepito le città come alberi quando invece la loro naturale struttura è in ogni caso un semi-lattice? Hanno cOSI deciso di cosciente proposito, nella convinzione che una struttura den4romorfa possa meglio servire la popolazione di una città? Oppure l'hanno fatto perché non hanno potuto evitarlo in quanto vittime di un certo abito mentale, 'e forse costretti addirittura, da categorie ancora ignote che determinano il processo delle operazioni mentali? In altri termini, cioè, la loro impotenza a cogliere la complessità di un semi-lattice non deriva forse dal fatto che la mente stessa ha una incontenibile predisposizione a vedere alberi dovunque e uon può quindi evitare di concepire ogni possibile organizzazione in quella forma particolare? Cercherò di chiarire come sia per questo secondo ordine di ragioni che le forme dendroidi sono state proposte ed adottate tanto largamente: come, cioè, i progettisti, generalmente condizionati dai normali limiti della mente a formare
intultlVamente soltanto strutture semplici ed accessibili, non possano cogliere tutta la complessità del semi-lattice in un singolo processo mentale. Comincerà con un esempio. Supponiamo che vi chieda di ricordare i seguenti quattro oggetti: un'arancia, un'anguria, una palla da tennis e un pallone ovale (da rugby, o da lootball americano)" In quale modo tenderete a" conservarli davanti all'occhio della vostra mente? Comunque lo facciate, lo farete raggruppandoli. Qualcuno di voi accosterà i due frutti, l'arancia e l'anguria, e le due palle, quella da rugby e quella da tennis. Altri invece, che tendono piuttosto a pensare in termini di immagine fisica, potranno eventualmente raggrupparli in modo diverso, associando fra loro le due sfere piti piccole (l'arancia e la palla da tennis) e contrapponendole ai due oggetti piti grandi, di forma ovoidale: l'anguria e il pallone da rugby. Pochissimi sapranno immaginare entrambi i criteri di associazione e di opposizione.
Ciascuno dei due criteri, considerato separatamente, altro non è che una struttura dendromoifa. La loro unione si tradurrà invece in un semi-lattice (pag. seg.). Cerchiamo ora di
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visualizzare questi raggruppamenti nell'occhio della mente. Praticamente nessuno riuscirĂ ad ottenere una visione simultanea delle quattro componenti, dato che quest'ultime tenderanno ad intersecarsi e a sovrapporsi. Potremo vedere prima
arancia
palla da tennis
anguria
pallone da rugby
+ grande, ovale
arancia
anguria
palla da tennis pallone da rugby
-
arancia
anguria
palla da tennis
pallone da rugby
una coppia, poi l'altra, e potremo giungere ad alternarle con tale frequenza da ottenere l'illusione di averle percepite visivamente tutte insieme. Ma in realtà ciò non è possibile in un solo atto della mente. Un unico atto della mente non può darci l'idea della struttura a semi-lattice in una forma percepibile visivamente. Può lasciarci vedere soltanto una forma dendroide. Ecco dunque quale problema si pone a noi progettisti. An· che se jn generale non ci preoccupiamo troppo del problema del!a totale visualizzazione i.o un singolo atto mentale, il prindpio è ancora lo stesso. L~albero è accessibile mental· mente e agevole da trattare. Il semi-lattice invece è arduo da mettere a fuoco con l'occhio della mente e quindi è di scomodo impiego. Oggi sappiamo che l'associazione e la categorizzazionè rientrano fra 'i primi e piu priniirivi processi psicologici. La psicologia moderna considera il pensiero un processo atto a far coincidere nuove situazioni con sezioni e caselle mentali già esistenti nella mente. Come nell'ordine fisico oggettivo non è possibile inserire in una casella piu di un oggetto solido alla volta, cOSI - per analogia - i processi del pensiero non sono in grado di inserire piu costrutti mentali in una sola volta entro un ordine categoriale delimitato. Lo studio dell'origine di questi processi suggerisce il sussistere di un loro essenziale limite nello spontaneo bisogno, che ha lo stesso organisQ1o, di ridurre la complessi tà dei suoi rapporti con l'ambiente, stabilendo barriere fra i differenti eventi cui va incomro. È per questa ragione - perché, cioè, la prima funzione della mente è di ridurre la possibile confusione derivante da ogni tipo d'interferenza, d'intersezione o di sovrapposizione, e perché a questo fine essa è dotata di una fondamentale int~Ueranza per l'ambiguo - che strutture come la città, che pure richiedono insiemi fra loro interferenti, continuano a venir nondimen~ concepite come semplici alberi. La stessa rigidità accompagna perfino la percezione di schemi fisici. In esperimenti compiuti da Huggins e da me ad Harvard, a1c~.me çonfigurazioni costituite di unità interne parzialmente sovrapponentisi vennero mostrate al pubblico
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che, da quanto risultò, fini quasi sempre con l'escogitare qualche sistema per concepire la configurazione come un albero: e questo anche nei casi in cui la visione a semi-lattice degli schemi sarebbe tornata molto utile nell'adempiere agli obiettivi sperimentali. Le piu sorprendenti dimostrazioni del fatto che la gente tende a concepire come alberi anche gli schemi già tradotti in termini -fisici visibili sono riscontrabili in alcuni esperimenti di Sir Frederick Bardett. Ecco il piti significativo: egli esibi una configurazione ad un gruppo di persone per circa Y4 di secondo e poi chiese a tlltti di disegnare ciò che avevano visto. I piti, incapaci di afferrare la piena complessità della configurazione, la riproposero semplificata, praticamente priva di interferenze. La fig. a lato, sotto la configurazione originale, ..presenta due tipici esempi di versione ricostruita. In e~trambi, i cerchi sono stati separati dal resto. È scomparsa ogni, sovrapposizione fra triangoli e cerchi. Questi esperimenti dimostrano come l'uomo, di fronte a qualsiasi forma dotata di una certa' complessità, riveli un'intima tendenza a riorganizzar1a in modo piti semplice, eliminando intersezioni o sovrapposizioni. Ed ecco che il semilattice viene cosi semplificato nella, piti semplice, forma dell'albero. Vi starete senza dubbio domandando quale configurazione possa allora essere data ad uno schema di città non piti alb.eriforme. A questo punto debbo confessare che non sono ancora in grado di esibire disegni veridicamente illustrativi. Non basta dimostrare l'esistenza di sovrapposizioni o interferenze: deve trattarsi di quelle giuste. Tale preoccupazione è doppiamente importante proprio perché, una volta accertata l'esistenza della struttura 'a semi-lattice, è facile poi soggiacere alla tentazione di tracciare piani in cui l'interferenza, comunque articolata, appare -di per sé determinante. È in sostanza quarito accade i~ certi piani urbani redatti in questi ultimi anni per città ad alta densità demografica. La, sola sovrapposizione, ripetiamo, non è sufficiente a dar r~ gione della reale struttura. Può, anzi, significare il caos poiché, per questo, anche il contenuto di U1l secchia d'immondizia è fitto di intersezioni e di sovrapposizioni. La strut-
tuta urbana è data dunque soltanto dalla esatta intersezione dei limiti che, a sua volta, quasi mai corrisponde a quella antica, riscontrabile nelle città storiche. Nella misura in cui cambia il rapporto fra le varie funzioni, anche i sistemi che vengono -a sovrapporsi, a interferire, al hne di scambiare questi nuovi rapporti, debbono a loro volta subire un ade· guato mutamento. Ricreare le vecchie interferenze vorrebbe dire stabilire il caos, non la struttura. Gli sforzi per comprendere esattamente quali interferenze presenti e richieda una ci ttà moderna e per riprodurle poi, in termioi fisici e plastici, come sovrapposizioni. non sono affatto conclusi. Prima che questa ricerca sia completa. non v'è motivo di rendere pubblici i disegni non definitivi cho potrebber~ far credere agevoli certe premature soluzionj tutt'altro che collimanti con la' vera struttura.
È possibile tuttavia ricorrere a certe immagini per rendere
piu comprensibili le conseguenze fisiche dell'interferenza. Il quadro di cui all'illustrazione sopra rappresenta un recente dipinto di Simon Nicholson. Il fascino di questa figura sta nel fatto che, sebbene siano bastati pochi semplici triangoli
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a costruirla. questi elementi si combinano in diversi modi dando luogo alla piu ampia unitĂ del dipinto. Se facciamo un completo inventario delle unitĂ percepibili nel quadro, scopriamo che ciascun triangolo entra in quattro o cinque tipi di unitĂ completamente diversi, nessuno dei quali compreso negli altri e tutti tuttavia interferenti per suo tramite. Se enumeriamo i triangoli ed estraiam~ i sistemi che appaiono quali dominanti unitĂ visuali, otteniamo il semi-lattice di cui alla figura qui solto.
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3
4
5
3 e 5 formano un'unità perché insieme rappresentano un rettangolo; 2 e ~ perché formano un parallelogrammo; 5 e 6 perché entramb'i sono di colore piu scuro e orientati nella stessa direzione; 6 e 7 perché uno è lo specchio dell'altro, spostato lateralmente; 4 e 7 perché sono simmetricamente contrapposti uno all'altro; 4 e 6 in quanto costituiscono un altro rettangolo, 4 e 5 perché, insieme, formano una specie di Z; 2 e 3 perché anch'essi formano una Z, un po' piu sottile; 1 e 7 per il fatto che si trovano ad angoli opposri; 1 e 2 in quanto anch'essi sono un rettangolo; 3 e 4 perché sono entrambi rivolti nella stessa direzione (come la coppia 5 e 6, di cui rappresentano una specie di proiezione decentrata); 3 e 6 perché racchiudono 4 e 5; l e 5 perché rac· chiudono 2, 3 ")4. Mi sono limita"m a enumerare.Ie unità di soli due triangoli. Quelle risultanti dalla combinazione di piu di due triangoli, sono anche piu complesse. Il fondo bianco poi lo è in mi· sura ancora maggiore e non è neppure stat? incluso nel dia. gramma perché è troppo arduo venire a capo, con sufEcie.Qte sicurezza, delle sue componenti elementari. Il quadro è significativo, non tanto perché cont~ene il principio di tante interferenze (ciò vale per molti dipinti), quanto, piuttosto, perché non si qualifica per altre ragioni che questa. È solo questa caratteristica, appunto, e la conseguente molteplicità di aspetti che le forme presentano, a rendere l'opera tanto affascinante. Sembrerebbe quasi che il pittore si sia deliberatamente proposto di attenersi rigorosamente al principio dell'interferenza, evidenziandolo quale elemento generatore di struttura. Tutte le città artificiali che ho descritto hanno la struttura di un albero piuttosto che quella, a semi·lattice, del dipinto di icholson. E tuttavia sono proprio le immagini come questa che debbono costituire i veicoli della nostra nuova concezione. E il semi-lattice, che rappresenta tutta una vasta sezione della matematica moderna, costituisce un potente strumento di analisi, proficuamente utilizzabile, per esplorare la struttura di queste immagini. È esso, dunque, che dob· biamo cercare di individuare, non l'albero. Quando pensiamo nei termini di organizzazioni dendrornor-
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fe, non facciamo che barattare l'umanità e la ricchezza della città vivente con una semplicità concettuale di cui gli unici a trarre bene:6cio sono i pianificatori, i pubblici amministratori, i progettisti e gli urbanisti. Ogni volta che un settore della città viene enucleato dal suo contesto globale e una diramazione dell'albero sostituisce cOSI il legame a semilattice preesistente, la città fa un altro passo in avanti verso la dissociazione. In qualsiasi oggetto organizzato, l'est~ema compartimentalizzazione e la dissociazione d~gli elementi interni sono i primi sintomi di una prossima distruzione. In una società, di'ìsociazione vuoI dire anarchia. In una persona, la dissociazione è il segno della schizofrenia e forse dell'imminente suicidio. Un infausto esempio di dissociazione al livello di città è...la segregazione dal resto della vita urbana dei pensionati e itl. genere delle persone ormairitiratesi dal lavoro: segregazione piu acutamente evidente in certe città destinate alle persone anziane sorte di recente nel deserto dell'Arizona, come Sun City. Soltanto sotto l'influenza di uno schema categoriale dendroide, è concepibile una simile aberraZIOne. Non soltanto i vecchi sono privati della compagnia dei giovani e viceversa, ma una non minore spaccatura si apre nell'intimo di ogni singolo individuo. Una volta entrati a Sun City, i vostri legami con il passato non saranno piu riconosciuti e dovrete rassegnarvi a considerarli definitivamente perduti. La vostra giovinezza nop sopravviverà piu in alcun modo nella vostra vecchiezza; le due età saranno dissociate; la vostra stessa vita sarà tagliata in due. Per la mente umana, l'albero può essere lo strumento piu adatto al dominio di pensieri complessi. Ma la città non è un albero, non può e non deve esserlo. La città è il ricettacolo della vita, Ma una città dendromorfa è un tipo d,i ricettacolo che scinde ogni sov.rapposizione ed ogni interferenza degli elementi vitali. Come in una scatola irta all'in-. terno di lame affilate pronte a tagliare qualunque cosa' si voglia riporre in essa, in un simile ricettacolo la vita sfessa sarà fatta a pezzi. Se f~remo città ispirate alla forma del~ l'albero è proprio questo che accadrà delle nostre vite.
No'te
L'esigenza di razionalità 1. D. Bullivant, In/ormation lor tbe Archi/eel, in «Architect's laurnal », 129: 504-21 (aprile 1959); $erge ChermayefI e René d'Harnancourt, Design for use in Art in Progress, New York, 1944, pp. 19020!. 2. Per alcuni suggerimenti pratici riguardo al modo in cui questo potrebbe essere valorizzato, vedi: Christopher Alexander. In/ormation and an Organized Process 01 Design, in National Academy af Sciences, (/ Proceedings of the Building Research Institute », Washingron, D.C., primavera 1961, pp. 115-24. 3. T. W. Cook, The ReJation between Amount 01 Material and Dii· ficulty o/ Problem-Solving, in «Journa! af Experimental Psychology », 20 (1937), 178-83, 288-96; E. J. -Archer, L. E. Boume Jr. e F. G. Brown, Concept Identification as a Funetion of I,Televant InfoTmation end InstTuetions, ibid.• 49 (1955): 153-64. 4. Questo pensiero è stato espresso in molte occasioni. fin dall'inizio del movimento moderno. Vedere, ad esempio. L. Moholy-Nagy, The New Vision: From Materiai to Architecture, uad. riveduta da Daphne Hoffman, New York, 1947.. p. 54; Walter Gropius, The New ArchitectuTe and the Bauhaus. trad. ingL P. Mortoll Shand, London, 1925. pp. 17-20. 5. -Karl Duncker. A Qualitative (ExpeTimental and TheoTetieal) Study of Productive Thinking (Soivin"g of Comprehensible Problems), in «Journal of Genetic Psycho1Dgy »,33 (1926): 642-708, e On Probiem Solving, trad. ingl. Lynnes Lees. «American Psychological Association, Psychological Monographs », n" 270, Washington. D.C.. 1945; Max Wertheimer, PToductive Thinking, New York, 1945. 6. George A. Miller. The Magical Number Seven, Plus or Minus Two: Some Limits on our capacity /or Processing InfoTmation, « Psychological Review». 63 (1956): 81·97;. D. B. Yntema and G. E. Mueser, RemembeTing the present States o/ a Number of VaTiabies, « Jouro'al of Experimental Psychology», lO: 18-22 (luglio 1960). 7. Alex Bavelas e Howarcl Perlmutter, classificazione del lavoro svolto al Centro per gli Studi Internazionali, M. L T., citato in The Relation 01 Knowledge to Action. da Max Millikan, in The Human Meaning o/ the Socia! Sciences, ed. Daniel Lerner. New York. 1959, p. 164. 8. Infatti vi sono casi in cui una forma è stata determinata 'unicamente attraverso i suoi requisiti. ma tali casi sono molto rari. Un esempio sorprendente è dato dalla gru. Vedere L. Bruce Archer, «Design », n. 90 (giugno 1956), pp. 12-19, specialmente p. 16; H. G. Gough. H. L. Cox, O. G. Sopwith. The Design of Crane Hooks. « Proceedings of the Institute of Mechanical Engineers» (Inghilterra), 1935; anche « AnnuaI Report of the British Iron and Steel Research Association ». 1954.
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9. Una tipica raccolta di dipinti derivati da un atteggiamento di formalismo « logico» si può trovare nel Kalte Kunst di Karl Gerstner, pubblicato da Arthur Niggli, Teufen A. R., Svizzera, 1957. lO. ]acopo Barezzi Vignola, Regola delli Cinque ordini d'architettura, Roma, 1562; Jacques-François Blondel, eaurs d'architecture, Paris,
1771, Libro IV. 11. Un altro esempio di questo formalismo «logicament~» ispirato si trova in Ludwig Hilbersheimer, The. New City, Chicago, 1944, pp. 106·21. 12. Che ci piaccia o no,. per quanto oggettivamente razionali si vo' glia essere, v'è sempre uri fattore di libero giudizio soggettivo, nella J scelta e nell'uso di un sistema logico, che non possiamo evitare. Le rappresentazioni logiche, come qu~lsiasi altra, sono formate attraverso la semplificazione e la selezione. Dipende da noi stabilire quali semplificazioni operare, quali aspetti scegliere come significativi, quale rappresentazione adottare. E questa decisione è logicamente arbitraria. Per quanto ragionevole e corretta la rappresentazione sia internamente, la scelta di una rappresentazione deve essere, alla fine, irrazionale. Infatti, anche se possiamo addurre valide ragioni per giustificare la 4Scelta di uno schema logico anziché di un altro, queste ragioni implicano solamente che vi è un altro schema di decisioni dietro al primo (molto probabilmente non esplicito). Forse ve ne è ancora un altro dietro questo secondo. Ma prima o poi finiremo sempre con l'imbatterci in decisioni che non sono razionali in alcun senso, che sono soggette a niente piu che alla tendenza personale di colui che prende la decisione. I metodi logici, nel migliore dei casi, riorganizzano il modo in cui la tendenza personale deve essere applicata a un problema. Naturalmente questo « migliore dei casi» ha la sua importanza. r metodi imuitivi attuali introducono la tendenza personale in modo infelice, tale da rendere i problemi non risolvibili correttamente. Il nostro proposito deve essere quello di rimodellare la tendenza, per far si che non interferisca piti col processo della progettazione in modo distruttivo, e non continui ad ostacolare la chiarezza della forma. 13. Il ruolo importante del pensiero di William Morris si rileva nei volumi 22 e 23 delÌ'edizione londinese del 1915 delle sue opere complete. Vedere anche Nikolaus Pevsner, Pioneers 01 Modern Design, New York, 1949, pp. 24-30; trad. it. G. De Carlo, I pionieri del movimento moderno, da W. Morris a W. Gropius, Milano, Rosa e Bal-
lo, 1945. 14. Ibid., pp. 18·19.
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15. Il loro lavoro e le loro idee sono trattate pienamente da Emil Haufmann in Architecture and the Age 01 Reason, Cambridge, Mass., 1955; L'Architettura dell'Illuminismo, Torino, Einaudi, 1966. Non restano scritti di Lodoli, ma vedere F. Algarotti, Saggio sopra l'architet7 tura, in Opere, val. II, Livorno, 1764, e Saggi sull'architettura e pittura, Milano, 1831; Marc-Antoine Laugier, Essai sur- l'architecture, 2a ed. Paris, 1775, e Observations sur l'architecture, s'Gravenhage,'
1765.
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16. Nikolaus Pevsner, An Outline 01 European Architecture, Penguin Books, London, 1953, pp. 242-62; trad. it. Storia dell'architettura europea, Bari, Laterza, 1959; nuova ed. illustr. Milano, Il Saggiatore,
1966.
l,
\
17. \ Nel negare la possibilità di comprendere ragionevolmente i processi 'della produzione di forma; il feticcio dell'intuizione è il diretto corrispondente di altri famosi tentativi di mettersi al sicuro sotto le ali deUa magia e del tabu; vedere: Sigmund Freud, Vas Unbehagen in der Kultur. Trad. iL Il disagio della civiltà, Roma 1949, o K. R. Popper in The Open Society and It! Enemies, Princeton, 1950. 18. Per alcune recenti proteste contro il velleitadsmo dell'intuizione nella progettazione contemporanea, vedere Serge Chermayeff, The Shape oj Quality, «Architecture Plus~. Division of Architecture, A. & M. College of Texas, 2, 1959.(,(), 16-23. 19. W. Ross Ashby ha già accennato alla possibilità di amplificare l'intelligenza in Design for an Intelligence Amplifier, in «Automata Studies », ed C. E, Shannon e J. McCarthy, Princeton, 1956, pp. 21534. Vedere nnche M. Minsky, Steps toward Artificial Intelligence, «Proceedings cf the Insdtute of Radio,. Engineers », 49: 8-30, gennaio 1961.
Corretta rispondenza 1. L'origine della forma è nel fatto che il mondo tenta di compensare le proprie irregolarità il pio economicamente possibile. Questo principio, chiamato talvolta il principio della minima azione, è stato notato in campi diversi: in particolare da Le Chatelier, il quale osservò che 'j sistemi chimici tendono a reagire alle forie esterne in modo tale da neutralizzarle; lo stesso è stato tratto dalla legge di Newron nella meccanica, dalla legge di Lenz nell'elettricità, e dalla teoria delle popolazioni di Volterra. Vedere AdoIph Mayer, Geschichte des Prin:t.ips der-kleinsten Action, Leipzig, 1877. 2. D'Arcy Wenrworth Thompson, On Growth and form, 2a ed. Cambridge 1959, p. 16. 3. Questa idea è· antica quanto Platone: si veda ad es. Gorgia,
474-75. 4.
La si.mmetria di questa situazione (cioè, il fatto che l'adattamento
è un fenomeno mutuo che deve essere inteso sia come adattamento
del contesto alla forma che come ~dattametlto della forma al suo contesto) è molto importante. Vedere L. J. Hende'rson, The Fitness 01 the Environment, New York, 1913, pagina V; «L'adattanza darwiniana ~onsta di una relazione mutua fra l'organismo e il suo ambiente.» Anche il commento di E. H. Starling: «Organismo e ambiente formano un tutto; e devono essere visti come tali.» Per una concisa e bella descrizione del concetto «forma », ve;dere Alben M. Dalcq, Form and Modern Embryology, in Aspects 01 Fo"n, ed. Lancelot Whyte. Landon, 1951, pp. 91-116, ed altri articoli dello stesso simposio. ... 5. Piu avanti nel testo dove userò la parola «sistema ». essa deve intendersi riferita sempre a tuttO l'insieme. Bisogna però porre su questo punto qualche attenzione, poiché molti studiosi parlano di « ambiente» riferendosi a quella parte dell'insieme che si mantil:;ne costante e chiamano «sistema» soltanto quella parte che è soggetta ~d un processo di adattamento. Per questi studiosi la mia forma, non il mio insieme, sarebbe il sistema.
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6. Essenzialmente questa è una idea molto vecchia. Per la prima volta fu chiaramente formulata da Darwin in The Origin o/ Specie!; traci. it. L'origine della specie, Torino, Einaudi, 1964, poi sviluppata da scriuori come W. B. Cannon, The Wisdom o/ the Body, London, 1932; trad. it., La saggezza del corpo, Milano, Feltrine11i, 1.956, e W. Ross Ashby, Design for a Brain. 2" ed., New York, 1960. 7. Wolfgang Hohler, Tbe P/ace o/ Value in a World o/ Facls, New York, 1938, p. 96. 8. A.. D. de Groot, Ueber dar Denken de! Schacbspielers, « Rivista dj Psicologia », 50: 90-91 (ouobre-dicembre 1956). Ludwig Wittgenstein. Philosopbical Investigations, Oxford, 1953, p. 15. 9. Vedere Max Wertheimer, Zu dem Problem der Unterrcheidung von Einzelinhalt und TeiI, «Zeitschrift rur Psychologie », 129 (1953): 356, e On Truth, «Socia! Research », 1: 144 (maggio 1934). lO. K. Lonberg Holm e C. Theodore Larsen, Development l ndex, Ann Arbor, 1~53 .. 11. Anche quest'idea non è nuova. Era certamente presente a Frank Uoyd Wright, nell'uso dell'espressione « archirettura or~anica », anche se nel suo caso la frase conteneva COSI tante intenzioni che è difficile comprenderla chiaramente. Per una buona trattazione vedere Peter Collins, Biological Analogy, « Architectural Review », 126: 303-6 (dicembre 1959). 12. Questa osservazione compare con molta chiarezza in Foundations of Modern Art di Ozenfant, New York, 1952, pp. 34041. Anche Kurr KoiIka, Principles. of Gestalt Psichology, London, 1953, pp. 638-44. 13. L'idea che gli schemi residui dei processi di adattamento sono intrinsecamente ben' organizzati è espressa da W. Ross Ashby in Design for a Brain-> p. 23 e da Norbert Wiener in The Human Use of Human Beings, New York, 1954, p. 37; trad. it. Introduzione alla cibernetica, Torino, Boringhieri, 1961. 14. Vedere nota 2. 15. Il concetto di una immagine, comparabile alla determinazione del campo ideale di un problema, è trattata ampiamente in G. A. Miller; Euge'ne Galanter e :Eçarl H. Pribram, Plans and the Strueture 01 Behavior, New York, 1960. L'« immagine» vi è considerata come presente nella mente di chi risolve un problema, come un criterio usato per la soluzione del problema e quindi come guida principale nel programmarlo e nel risolverlo. Nella maggioranza, dei casi interessanti non credo che' una tale immagine esista a' livello psicologico; di conseguenza, il parametro di riferimento descritto da Miller ed altri in Plans, sembra una descrizione scorretta del comportamento complesso che si assume nel risolvere problemi. Nei casi interessanti la soluzione del problema non può essere verificata in relazione a una immagine, perché la ricerca dell'immagine procede contemporaneamente alla ricerca della soluzione. Miller in un breve commento riconosce questa possibilità (pp. 171-72) e si è mostrato d'accordo con la nostra osservazione in discussioni personali avute ad Harvard nel 1961. 16. Se è COSI, non è difficile capire perché il conceno di piena rispondenza sia relativamente difficile da afferrare. ~ stato dimostrato da numerosi ricercatori - come lerome Bruner ed altri, A study of Thinking, New Yoik, 1958, - che la gente accetta molto lentamente
e malvolentieri concetti disgiuntivi. Dire quello che una cosa non è,
è di molta poca utilità quando -si cerca di scoprire quello che è. Vedere pp. 156-81. Vedere anche C. L. Hovland e W. Weiss, Transmìssion o/ In/ormalion Concerning Concepts through Positive and Negative I nstances, «1ournal of Experimental Psychology », 45 (1953): 175-82. 17. La stretta identità di « forza» da una parte, e « serie di requisiti» generati dal contesto dall'altra, è ampiamente discussa da HoWer in The piace o/ Value in a World o/ Facts, p. 345, e pp. 329-60. Esiste, secondo me, una stretta similitudine fra la difficoltà di trattare direttamente della perfetta rispondenza (malgrado la sua primaria 1mponanza), e la difficohà del concetto di zero. Lo zero, come anche il concetto della condizione di vuoto, sono invenzioni relativamente tarde, perché è chiaro che non lasciano nulia che serva da supporto per spiegarle. Ancora oggi troviamo difficile il concetto della condizione di vuoto come tale: riusciamo sahanto a pensarlo come l'assenza di qualche cosa di positivo. Tuttavia in molti sistemi metafisici, in particolare quelli orientali, il vuoto e l'assenza sono considerati piu fondamentali e in definitiva. piu sostanziali della presenza. Questo è anche collegato con il fatto, ora riconosciuto da moltissimi biologi, che la simmetria, essendo la condizione naturale di- una situazione non forzata, non richiede una spiegazione, e che al contrario è la assimetria che ha bisogno di essere spiegata. Vedere D'Arcy Thompson, On Growth and Form, p. 357; Wilhelm Ludwig, Recbt-linksproblem im Tierreich und beim Menschen, Berlin, 1932; Hermann Weyl, Symmetry, Princeton, 1952, pp. 25-26; Lo simmetria, Milano, Feltrinelli, 1962; Erost Mach, Ueber die phsikalische Bedeutung der Gesetze der Symmetrie, «Lotos »,21 (1871): 139-47. 18. L'equivalenza logica di queste due vedute è espressa dalla legge di De Morgan, che dice essenzialmente che se A, B, C, ecc., sono proposizioni allora ({Non A) e (Non B) e (Non C) ...} 'è sempre lo stesso di Non (A o B o C o. .)J. 19. Per l'idea che la mancanza di compimento si pone all'attenzione con piu forza del compimento stesso, ed è effettivamente la premessa fondamentale di un certo tipo di esperienza valutativa, nonché per un numero di esempi specifici (non solo etici), vedere Max Wertheimer, Some Problems in Ethics, «Social Research », 2: 352 ss. (agosto 1935). In particolare, quelle che io ho descritto come disattitudini sono colà indicate come Leerstellen o condizioni di vuoto. La sensazione che qualche cosa manca, e la necessità di completare qualsiasi cosa che si mostri incompleta (Liicken/iillung), è discussa in modo particolareggiàto. 20. Qualsiasi teoria psicologica che tratti la percezione o la conoscenza come un processo d'informazione è ricondotta allo stesso tipo di conclusione. Per una trattezione tipica dei processi di riduzione .... all'informazione, vedere Bruner ed altri, A Study o/ Thinkihg. p. 166. 21. b forse istruttivo notare che entrambi i concetti di salute organica in medicina e di normalità psicologica in psichiatria sono soggetti allo stesso genere di difficoltà della mia concezione di forma pienamente rispondente o insieme coerente. Nelle loro rispettive materie i due concorsi sono considerati come ben definiti. Tuttavia le definizioni che si possono dare sono solo di tipo negativo. Vedere, ad
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esempio, Sir Geoffrey Vickers, l'he concept of SÙe;s in Relation to the Disorganization 01 Human Behavior, in Stress and Psychiatric Disorder, ed. J. M. Tanner, Oxford, 1960. 22. Qualora sembri dubbio che tutte le proprietà rilevanti di un insieme possano essere espresse come variabili, bisognerà essere chiari sul fatto che non necessariamente queste variabili sono capaci di va-' riazioni continue. In verità, è ovvio che la maggior parte delle conseguenze che incontriamo in un problema di progettazione non possono essere quantificate, come questo richiederebbe. Una variabile binaria è semplicemente un modo stenografico formale di classificare le situazioni; è un indicatore che distingue fra forme funzionanti e non funzionanti, in un contesto dato.
La base della corretta rispondenza 1. Alan Houghton Brodrick, Grass Roots, « Architectural Review», ,115: 101 (febbraio 1954); W. G. Sumner, Folkways, Boston, 1908, . p.' 2; trad: it. Costumi di gruppo, Milano, Comunità, 1962. Lo stesso afferma Adolf Laas nella sua famosa storia del fabbricante di selle. Trotzdem, seconda ed., Innsbruck, 1931, pp. 13-14, tradotta in inglese da Eduard Sekler nel «Journal of Architectural Education », val. 12, n° 2 (estate 1957), p. 31. 2. Ludwig Hilbersheimer, Mies van der Rohe, Chicago, 1956, p. 63. 3. Robert W. Marks,_ The Dymaxion World 01 Buckminster Fuller, New York, 1960, pp. 110-33. 4: Peter Collins, Not with Steel and Cement, «Manchester Guardian Weekly», gennaio 14, 1960. 5. Office de la Recherche Scientifique Outre-Mer, L'Habitat aux Cameroun, Paris, 1952, p. 35. 6. Ibid., p. 38. 7. Ibid., p. 34. 8. Vedere questò capitolo, p. 36. 9. Brodrick, Crass Roots, cit., p. 101. lO. Nel caso che il procedimento abbia bisogno di una giustificazione, vale forse la pena di rilevare che il concetto di '« uomo economico », che costituisce la base di piu di un secolo di teoria economica, era considerato non piu che una situazione esplicativa. Recentemente, Robert Redfield ha fatto una proposta molto simile, in The Folk Society, «American Journal of Sociology ~~, 52:293-308 (gennaio 1947), dove pone una « ideale» società primitiva come costruzione mentale utile a fornire una base di confronto. 11. A. R. Radcliffe-Brown, l'he Mother's Brother in South Africa, «South African Journal of Science ~~,.21 (1925): 544-45. 12. 'Redfield, The Folk Society, cit., p. 293. 13. K. R. Popper, The Open Society and Its Enemies, Princeton, 1950, p. 169. 14. Sybil Moholy-Nagy, Native G~nius in .Anonymous Architecture, New York, 1957, tutto il testo. 15. Anche se l'autocosci~nza - nel senso in cui la definirò - tende a infiuire su molti aspetti della cultura contemporanea, esistono egual-
mente casi nei quali le culture sono per certi aspetti altamente autocoscienti, e non autocoscienti per altri. È pardcolarmente importante affrontare qui qualsiasi proPosta di evoluzione (per il fauo' che tutte le culture sono all'inizio non autocoscienti, e diventano sempre piu autocoscienti maturando progressivamente). Il fatto è che l'autocoscienza è diversamente indirizzata nelle diverse culture, certi popoli rivolgono la massima attenzione ad un certo tipo di cose, certi ad un altro. Questo è dimostrato molto ·bene da Marcel Mauss in Les Techniques du corps, «Jou.rnal de psychologie')Io '32 (1945): 271-93. In ital.: Le tecniche del corpo in Teoria generale della magia e altri saggi, introduz. di C. Lévi-Strauss, Torino, Einaudi, 1965. 16. Sumner, Folkways, pp. 3-4; Lucien Lévy-Bruhl, La mentalité primitive, Paris 1922, pp. 109-16, 127; trad. ital. La mentalità primitiva, Torino, Einaudi, 1966; Roger Brown, Words and Tbings (Glencoe, III., 1958), pp. 272·73; B. L. Whorf, Linguistic Factors in the Terminology 01 Hopi Architecture, «International ]ournal of American Linguistics », 19 (1953): 141. 17. Redfie1d, The Folle Society, pp. 297, 229-300. Per ulteriori esempi specifici, vedere, ad esempio, Margaret Mead, Art and Reality, (, College Art Joumal », 2: 119 (maggio 1943); A. I. Richards, Land, Labour and Diet in Northern Rhodesia (Oxford, 1939), pp. 230-34, e Huts and Hut-Building among the Bemba, ( Man », 50 (1950): 89; Raymond Firth, We, the Tikopia, London, 1936, pp. 75·80; Oyde KIuckhohn e Dorothea Leighton, The Navaho, Cambridge, Mass., 1946, p. 46. l8. Per una descrizione piuttosto estremista di questo tipo di educazione, vedere B. F. Skinner, The Behavior 01 Organismo New York, 1938. Una piu equilibrata discussione sullo sviluppo del pensiero in rapporto ad una specifica pratica, vedere in J. L. Gillin e J. P. Gillin, Cultural Sociology, New York, 1948, p. 80. 19. Ibid., pp. 400·}. 20. Ibid., pp. 40}-4. 21. Jerome Bruner, The Process 01 Education, Cambridge, Mass., 1960, p. 24. 22. La distinzione fra regole implicite e re~ole esplicite è analizzata con una certa ampiezza da E. T. Hall in The 5ilent LanguJ2ge, New York, 1959, pp. 69-74 e 91-95. 2.3. Si era soliti asserire, fin dalla Esposizione di Parigi all'inizio del secolo, ogni sorta di congetture intorno agli artisti primitivi: che erano piu sensibili di noi, piu altamente sviluppati come artisti, ecc. Lo stesso pensiero COffipare in Barbara Hutton, The Unsophisticated Arts, London, 1945. Sono profondamente scettico. Il se~reto dd successo dei .primitivi costruttori di forma non è nella qualità degli uomini, ma nel processo di progettazione a cui erano usi. Volontariamente o no essi erano presi in un processo di progettazione che pro- .... duceva forme buone a motivo della org:anizzazione dd processo. 10 stesso scetticismo si può trovare in Ralph Limon, Primitive Art, «The Kenyon Review», 3: 34-51 (inverno 1941). 24. Vedere, in particolare, Sumner, Fofkways, p. 54; A. R. RadcliffeBrown, 5tructure and Funetion in Primitive Society, Glencoe, IlL, 1952, pp. 7-9. 25. La prova archeologica è cosi sottile che qualsiasi relazione pseu-
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do-darwiniana basata su di esso non può consistere che in una finzione molto generale e piuttosto dubbia. RadclitIe-Brown, Structure and Function in Primitive Society, cit., pp. 202-3. 26. Per vedere come questo tipo di supposizione, implicito negli scritti di Lewis Morgan, sia ingiustificato, vedere RadditIe-Brown, Structure and Function in Primitive Society, cit., p. 203. 27. Il concetto di omeostasi fu usato ampiamente per la prima volta da W. B. Cannon in The Wisdom of the Body, Landon, 1932; trad. it. cito in n. 6, p. 228, La saggezza del corpo. Per una definizione precisa vedere W. Ross Ashby, Design for a Brain, 2a edizione, New York, 1960, capitolo 5. E per una serie di discussioni vedere Sei/Organizing Systems, ed. Marshall Yovits e Scott Cameron, New York, 1960. Per una discussione descrittiva dettagliata vedere anche H. von Foerster, Basic Concepts of Homeostasis, Homeostatic Mechanisms, Brookhaven Symposia in Biology, n° lO, Upton, N.Y., 1957, pp. 216-42. 28. Questo esempio è basato su uno dato da Ashby in Design for a Brain, p. 151. 29_ Ibid. 30. Ved"re« Il processo non-autocosciente », nota 4. 31. Ashby, pp. 192-204. 32. Come dice Ashby, «perché sia possibile l'accumulazione degli adattamenti, il sistema non deve essere del tutto unito» (p. 155). . .33. Questo comportamento delle disattitudini può essere rappresentato sotto forma di funzioni discontinue. Vedere Ashby, pp. 87-90. 34. Questo corrisponderebbe a ciò che Ashby chiama ultrastabi]ità, ibid., pp. 122-37.
Il processo non-autocosciente
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1. Dalla definizione di cui al capitolo 3, p. '43. 2. Aléxander SchartI, Archeologische Beitrage zur Frage der Entstehung der Hieroglyphenscrift (Miinchen, 1942), e Aegypten in« Handbuch der Archaologie », ed. Walter Otto (Miinchen, 1937), pp. 431642, specialmente pp; 437-38. 3.' L. G. Bark, Jjeehive~ Dwellings of Apulia, <, Antiquity », 6 (1932): 410. 4. Werner Kissling, House Traditions in the Outer Hebrides, «Man »,44 (1944): 137; H. A. e B. H. Huscher, The Hogan Builders of Colorado, «Southwestern Lare », 9 (1943): 1-92. 5. Nel Cantico dei Cantici, I. 5 troviamo: «O figliole di Gerusalemme, io san bruna ma bella, come le tende di Ched.ar... » (<< nigra sum, sed formosa, filiae ]erusalem... »). E nell'Esodo troviamo molte descrizioni del tabernacolo (la forma ieggendaria della tenda) piene di colori, XXVI, 14; «Fai ancora alla Tenda una coverta di pelli di mon-' tane, tinte in rosso; e un'altra coverta di pelli di tasso, disopra.» E XXVI. 36: «Fa eziandio, per l'entrata del Tabernacolo, un tappeto di· violato, e di porpora, e di scarlatto, e di fin lino ritotto, di lavoro di ricamatore.» C. G. Peilberg, La Tente Noire, (, Nationalmuseets Skrifter », Etnografisk Raekke, val. 2, Copenhagen, 1944, pp. 205-9.
6. Tutte le case nella contea di Kerry hanno due porte, ma si deve sempre uscire dalla porta dalla quale si eQtra, perché un uomo che entri da una porta ed esca dall'altra porta via cori sé la fortuna della casa. Ake Campbell, Notes on tbe Irisb House, «Folk-Liv », Stockholm, 2 (1938): 192; E. E. Evans, Donegal Survivals, «Antiquity », 13 (19"39), 212. 7. Thomas Whiffen, The Nortb-West Amazons (London, 1915), p. 225. E lo stesso vale per molti altri popoli. Per esempio: Gunnar Landtman, The Folk Tales 01 tbe Kiwai Papuans, «Acta Societatis Scientiarum Fennicae» (Helsinki), 47 (1919): 116, e Papuan Magie in the Buildin 01 Houses, «Acta Academiae Aboensis, Humaniora », 1 (1920), 5. 8. Margaret Mead, An Inquiry' into tbe Question 01 Cultural Stahi· lity in Polynesia, in Columbia University Contributions to Anthropcr /ogy, voI. 9, New York, 1928, pp. 45, 50, 57, 68-69. . 9. Il ri"to della lienedizione del sentiero, una raccolta di leggende e " preghiere, costituisce un legame positivo fra la loro visione del mondo e la forma della casa mettendo in relazione lo bogan, quadripar. tito, con i quattro punti cardinali, e riferendosi ad essi, secondo il cammino del sole a est, sud, ovest, nord. CoSI una canzone descrive la struttura dello bogan: «Un palo ornato di bianco a est, un palo turchese a sud, un palo arancione a ovest, un palo nero a nord.» Il rituale connesso con lo hogan va ancora oltre, 6no a fornire particolari su come le ceneri devono essere tolte dal fuoco dell'bogan. Berard Haile, Some Cultural Aspeets 01 tbe Navabo Hogan, copia mimeografica, Dept. of Anthropology, University of Chicago, 1937, pp. 5-6, e Why the Navabo Hogan, «( Primitive Man ), voI. 15, numeri 3-4 (1942), pp. 41-42. 10. H.iroa Te Rangi (P. H. Buck), Samoan Material Culture, «Bernice 1'. Bishop Museum Bulletin », n. 75, Honolulu, 1930, p. 19. 11. L. G. Bark, Beebive Dwellings 01 Apulia, p. 409. 12. William Edwards, To 'Build a Hut, « Tbe South Rhodesia Narive Affairs Departmem Annuall'1, Salisbury, Rhodesia, n. 6 (1928): 73-74. 13. Iowerth C. Peate, Tbe Welsh House, Honorary Society of Cymm· rodorion, London, 1940, pp. 183·90. 14. L. frobenius, Oeeaniscbe Bautypen, Bedin, 1899, p. 12. 15. CampbelL Notes on the Irisb House, p. 223. 16. Clark Wissler, Material Culture 01 tbe Backloot I ndians, « Anthropological Papers of the American Museum of History », voL 5, parte I, New York, 1910, p. 99. 17. L. G. Bark, Beehive Dwellings 01 Apulia, p. 408. 18. A.!. Richard, Huts and Hut.Building among tbe Bembo, " Man ", 50 (1950), 89. 19. È vero che l'artigiano compare in certe culture che vorremmo chiamare non autocoscienti (per esempio, carpentieri nelle Marqucsas, costruttori di tetti di paglia nel Galles meridionale), ma il loro effetto non è' mai piu che parziale. Non hanno l'esclusiva della specialità, ma semplicemente fanno quello che fanno con un certo grado di abilità, relativamente maggiore di quella degli altri membri della comunità. E mentre i maestri costruttori dei tetti di paglia o i carpentieri possono essere impiegati durante la costruzione della casa, le ripara-
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zioni sono ancora assunte dagli stessi proprietari, che vi abitano. Le abilità necessarie sono universali e, ad un livello o ad un alero, praticate da chiunque. Ralph Linto'n, Material Culture 01 tbe Marquesas, <~Bernice P. Bishop Museum Memoirs», val. 8, n. 5, Honolulu, 1923, p. 268. Peate, The Welsb Rouse, pp. 201-5. 20. Barr Ferree, Climatic In/luenee in Primitive architecture, «The American Anthropologist », (1890): 149. 21. Richard King, On tbe Industriai Arts o/ the Esquimaux, «]ournal of the EthJlological Society of London », 1 (1848): 281-82. Diamond Jennes, Report 01 the Canadian Aretie Expedition (1913-1918), vaL 12: The Lile 01 the Cppper Eskimos, Ottawa, 1922, p. 63; ]. Gabus, La Cons/mc/fon des iglous eheI. les Padleirmiu/, «Bullecin de la Société Neuchatelois de Géographie », 47 (1939-40): 43-5L D. B. Marsh, Li/e in a Snowhouse, «Natural History., 60, 2:66 (febbraio 1951). 22. W. G. Summer, Folkways, p. 2. 23. ]enness, Copper Eskimos, p. 60. 24. W. McClintock, l'he Blackloot Tipi, «Squ.,Wwestern Museum Leaflets », n. 5, Las Angeles, 1936, pp. 6-7. 25. NQIl solo i muri sono intonacati quando hanno bisogno di esserlo, ma imere s[anze sono aggiunte e sottratte quando si sente che la sistemazione è inadeguata o superflua. Meyer Fones, Tbe Web 01 Kinship among tbe Tallenri, London, 1949, pp. 47-50. Jack Goody, l'he Firrion 01 Domestic Croups among tbe LoDagoba, in The DeveJopment Cyde in Domestfc Croups, a cura di J. Goody, Cambridge, 1958, p. 80. 26. WhifIen, The North-West Amazonr, p. 41. 27. Norbert Wiener, Cybernetics, New York, 1948, pp. 113-36; trad. il. La cibernetica, Milano, Bompiani, 1953. 28. Ibid., pp. 121-22; Ross Ashby, Design lor a Brain, New York, 1960, pp. lODA. 29. A rigor di termini, quello che abbiamo detto riguarda solo la reazione della cultura non autocosciente alla disattitudine. Non abbiamo tuttavia ancora spiegato come avvenga, il buon adattamento. Ma l'unico mezzo che abbiamo per spiegarl0 è il procedimento induttivo. Dobbiamo assumere che si sia data, in tempi lontani, una situazione di estrema semplicità in cui ogni forma appartenente alla cultura materiale rispondeva perfettamente alle reali esigenze. Una volta verificatasi questa premessa, la tradizione e l'immediatezza del sistema non autocosciente avrebbero continuato a garantire l'idonea rispondenza anche di fronte ad ogni successivo mutamento nelle circostanze della cultura. Poiché il «momento» dei primi adattamenti accidentali risaIe con tuHa probabilità al piu remoto passato preistorico, quando la cultura era nella sua infanzia (e la piena rispondenza era facilmente raggiungibile data l'estrema semplicità della cultura), l'assunzione non è veri6cabile. 30. Questa è una questione ovvia. In un altro contesto Pericle lo espresse con elegante stringatezza: «Anche se sono pochi quelli che possono dar vita a una politica, siamo tutti capaci di giudicarla.» Tucidide n. 41. 31. Sono debitore a E. H. Gombrich per aver diretto la mia attenzione su questo fenomeno. L'interpretazione è mia.
Il processo autocosciente 1. Cost l'autocoscienza può sorgere per naturale conseguenza dello sviluppo scientifico e tecnologico, per l'imporsi di una civiltà conquistatrice, o per mera infiltrazione, come accade oggi nei paesi sottosviluppati. Vedere Bruno Snell, The Discovery 01 the Mind, traduzione inglese di T. G. Rosenmeyer, Cambridge, Mass., 1953, e in particolare il capitolo lO: « The Origin of Sdenti~c Thought ». 2. Hiroa Te Rangi (P. H. Buck), Samoan Material Culture, <~ Bernice P. Bishop Museum Bulletin », n. 75, Honolulu, 1930, pp. 85-86. 3. Ibid" p. 86. 4. Per l'analisi di questa fase di sviluppo della architettura contemporanea vedere Serge Chermayeff, The Shape of Quality, « Architecture Plus », Division of Architecture, A. & M. College of Texas, 2 (1959-60): 16-23. Per un acuto e ancor precedente commento, vedere J. M. Richards, The Condition 01 Architecture, and the Principle 01 Anonymity, i.n Circle a cura dj J. L. Martin, Ben Nicholson, e Naum Gabo, Landon, 1937, pp. 184-89. 5. Ne"! capitolo 3 si stabiliva che la cultura è autocosciente nell'architettura quando le leggi ed i. precetti della progettazione sono stati resi espliciti. Nell'Europa occidentale, un vero addestramento tecnico formale iniziò circa intorno alla metà del quinto secolo a. C. Le stesse accademie architettoniche furono introdotte nel tardo Rinascimento. W'erner ]aeger, Paideia, val. I, New Yo.rk, 1~45, pp. 314-16; trad. it. Paideia, Firenze, La nuova Italia, 1964; H. M. Colvin, A Biographical Dictionary 01 English Architects, 1660-1840, Cambridge, Mass., 1954~ p. 16. Non a caso, naturalmente, il primo di questi due periodi coincide con la prima delle" accademie di Platone (la prima istituzione nella quale era sollecitata e bene accolta l'autocritica intellettuale), ed anche con il primo ampio riconoscimento dell'architetto come individuo dotato di un suo proprio nome; il secondo coincide invece con la prima estesa raccolta di trattati di architettura. F. M. Caroford, Belare and After Sacrates, Cambrid~e, 1932; Eduard Sekler, Der Architekt im Wandel der Zeiten, «Der Aufbau '>, 14: 486, 489 (dicembre 1959). 6. Per una dettagliata trattazione sulle origini delle accademie, vedere la monografia di Nikolaus Pevsner, Academies of Art, Cambridge, 1940, esp. pp. 1-24, 243-95. 7. Margaret Mead, Art and Reality, «College Art Journal », 2: 119 (maggio 1943); Ralph Linton, Primitive Art, «Kenyon Review.», 3:42 (inverno 1941). 8. Ralph Linton, The Study 01 Man, New York, 1936, p. 311. 9. Vedere capitolo 2, pp. 48-49. lO. L'invenzione e l'uso di concetti sembra essere un fatto comune a quasi tutti i comportamenti umani nella risoluzione di un problema. Jerome Bruner e altri, A Study 01 Thinking, Ne,w Yotk, 1956, pp. 10-17. Per una descrizione di questo processo come ricodificazione, vedere George A. Miller, The Magical Number Seven, Plus or Minus
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Two: Some Limits 0/1 aur Capacify for Processing Information, ~< Psychological Review», 63 (1956): 108. 11. Vedere, ad esempio, American Association cf State Highway Of~ ficials. A Policy on Geometrie Design 01 Rural Highways, Washing: too, D. c., 1954, Contents; o F. R. S. Yorke, Specification, Landoo, 1959, p. 3; o E. E. See1ye, Specifica/ion and Costs, voI. II, New York, 1957, pp. XV-XVIII. 12. loho Summerson, The case for a theory 01 Modern Archi/cc/ure, ~< Royal If!stitute af British Architects Journal », 64: 307-11 (giugno, 1957). 13. Serge ChermayefE e Christopher Alexander, Community and Privacy, Ncw York, 1963, pp. 159-175. 14. Reginald Isaacs, The Neighhorhoods Theory: An Analysis oJ ilS Adequacy, «Journal af American Institute of Planners », 14.2: 15-23 (primavera 1948). 15. Per una ttattazione completa di questo argomento, vedere Rudolph Carnap, Meaning and Necessity, Chicab;o, 1956. Vedere pp. 23-42, e per un sommario, vedere pp. 202-4. Vedere inoltre Significato e sinonimità nei linguaggi naturali in: «Rivista critica della filosofia »,.. e I fondamenti logici dell'unità 'della scienza in Neopositivismo e unità della scienza, con introduz. di E. Paci, Milano, Bompiani, 1958. 16. Ibid., p. 45. 17. Probabilmente si potrebbe arguire che la parola (, acustica» non. è arbitraria ma corrisponde a una raccolta di requisiti chiaramente oggettiva - precisamente quelli che hanno a che fare con i fenomeni acustici. Ma questo serve soltanto ad accentuarne l'arbitrarietà. Dopotutto, cosa ha a che fare con la struttura causale del problema il fatto che ci capiti di avere gli orecchi? 18. Per una piÙ ampia trattazione sulla arbitrarietà del linguaggio in quanto descrizione del mondo e sulla dipendenza di .queste descrizioni dalla struttura interna del linguaggio, vedere B. H. Whorf, The Relation of Habitual Though and Behavior to Languaf,e, in Language, Culture and Personality: Essays in Memory of Edward Sapir, a cup di LesEe Spier, Menasha, Wis., 1941, pp. 75-93. 19. L. Carmichae1 H. P. Hogan e A. A. Walter, An Experimental Study 01 the EjJect 01 Langua/!,e on the Reproduction 01 Visually Perceived Form, «Journal of Experimental Psychology », 15 (1932): 7H6. 20. Whorf, Relation 01 Habitual Thought and Behavior Language, p. 76. Whorf, che per un po' di tempo h!vorò come agente di assicurazione contro gli incendi, trovò che certi incendi scoppiavano perché gli operai, anche se stavano àttenti a non accendere fiammiferi e sigarette accanto ai serbatoi pieni di benzina, diventavano incuranti accanto ai bidoni vuoti. Naturalmente i serbatoi vuoti contenevano vapore, e perciò erano piu pericolosi di quelli pieni, relativamente inerti. Ma la parola «vuoti» porta con sé l'idea della sicurezza, mentre la parola «pieni» sembra suggerire grande pericolo. CosI i concetti « pieno» e (, vuotO» effettivamente rovesciano la struttura reale clelIa situazione, e quindi provocano il fuoco. L'effetto dei concetti sulla struttura. dei problemi architettonici è esattamente la stessa. Ibid.,
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pp. 75-76. Vedere anche Ludwig Wittgenstein, The Blue and Brown Books, Oxford, 1958, pp. 17-20. 21. Vitruvio, De Architectura, 3.1, 3, 4. E. R. De Zurko, Origins 01 the Functionalist Theory, New York, 1957, pp. 26-28. 22. Werner Sombart, citato in Intellectual and Cultural History 01 the Wester World, da Harry Elmer Barnes, New York, 1937, p. 509: «Le idee della ricerca del profitto e del razionàlismo economico in principio diventarono possibili con l'invenzione della contabilità a partita doppia. Attraverso questo' sistema si può afferrare una sola cosa: l'aumento della somma dei valori considerati dal punto di vista puramente quantitativo. Chiunque si faccia afferrare dalla contabilità a partita doppia deve dimenticare tutte le qualità dei beni e dei servizi, abbandonare le limitazioni imposte dal principio della soddisfazione dei bisogni, ed accontentarsi della sola idea di profitto; non può pensare di utili e spese, di farina é cotone, ma solo di somme di valori che crescono e decrescono.» Per di piti, questi concetti escludono anche requisiti molto vicini al centro del significato! designato. Cosi in materia di «economie », perfi~6 ~ariabili di disadattamento tanto ovvie come il costo di manutenzione e il deprezzamento, solo recentemente sono diventate oggetto di considerazione architettonica. Vedere }. C. Weston, Economics o{ Building, <~ Royal Institute of British Architects }ournal », 62: 316-29 (giugno 1956). Allo stesso modo in rapporto ai costi sociali - i giri del lattaio, le lavanderie e i sanatori TBC per la tubercolosi che si rendono necessari a causa degli effetti del fumo che esce da camini aperti - si sono comportati perfino gli economisti che solo ora cominciano a tenerne conto. Vedere Benjamin Higgins, Economie Development, 'New York, 1959, pp. 254-56, 660-61. In tutte queste cose si trova ancora il costo della forma. Il costo di una forma è assai pitl difficile da valutare delle diverse « economfe » cui ho accennato finora.
Il programma 1. }ohn von Neumann ed Oscar Morgenstern, Theory 01 Games and Economie Behavior, Princeton, 1944; Allen Newell, }. C. Shaw e H. A. Simon, éhess-Playing Programs and Problem 01 Complexity, «IBM }ournal of Research and Deve10pment », 2:320-35 (ottobre 1958); Hao Wang, Toward Mechanical Mathematics, «IBM Joumal af Research and Development », 4: 2-22 (gennaio 1960); A. S. Luchins, Mechanization in Problem Solving, American Psychological Association, «Psychological Monography», n. 248, Washington, D. c., 1942; Allen Newell, J. C. Shaw e H. A. Simon, Elements 01 a Theory 01 Human Problem Solving, «Psychological Review», 65 (1958): .." 151-66. 2. Marvin Minsky, Heuristic Aspects 01 the Artificial Intelligence Problem, Group Repo~ts 34-55, Lincoln Laboratory, M.I.T., 1956, e Steps Towards Artificial Intelligence, «Proceedings of the Institute of Radio Engineers », 49:8~30 (gennaio 1961). Per ulteriori riferimenti, vedere Donald T. Campbell, Blind Variation and Selective
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Retention in Creative Thought as in Olher Knowledge Processes, « Psychological Review», voI. 67 (1960), esp. pp. 392-95. 3. Vedere pp. 93-94 e 27-28. 4. Vedere, per esempio, Karl R. Popper, The Lagie 01 Scientific Discovery, New York, 1959, pp. 53-54, 136-45, 278-81; George Po1ya, Patterns 01 Plausible Inference, Princeton, 1953; Ne1son Goodman, FacI, Fiction, and Farecasl, Cambridge, Mass., 1955, pp. 82-120, e La revisione delta filosofia in La filosofia contemporanea in USA, Roma, 1959; W. Pitts e W. S. McCulloch, How We Know Universals, « Bulletin of Mathematical Biophisics », 9 (1947): 124-47. 5. Vi sono molti·· studi sulla natura di questo processo nell~ letteratura. Vedere libri come Brewster Ghise1io, The Creative Process, Berkeley, 1952, e Paul Souriau, Théorie ·de l'invention, Paris, 1881. 6. Dal fallimento dell'autocoscienza si potrebbe concludere che dovremmo fare del tutto a meno dei progettisti, e perciò dovremmo prendere come punto di partenza il carattere auto-organizzativo dell'insieme non autocosciente. Con questo scopo nella mente, potremmo concentrarci nell'attribuire all'insieme stesso proprietà capaci di aumentare l'attitudine all'adattamento interno. Praticamente lo facciamç> già...quando adattiamo una macchina a vapore con un regolatore. Il controllo di una serie di dighe o di una linea di produzione per mezzo di regolatori elettronici automatici è un esempio piti elaborato della stessa situazione. E ancora un esempio è dato ,-dal fornire a una città una struttura governativa che le permetta di essere ammini· strata senza intralci e ritardi. Potrebbe anche essere possibile che in futuro la stessa organizzazione fisica delle città divenisse un elemento di sollecitazione per la crescita e l'instaurazione di condizioni piu favorevoli di quelle attuali. Cfr. Lancelot Whyte, Some Thoughts on the Design 01 Nature and Their Implicatiqn /Or Education, «Arts and Architecture », 73: 16-17 (gennaio 1956). Tutti questi tipi di soluzione tendono a rendere l'insieme auto.organizzato. come nel processo non autocosciente. Il loro svantaggio è di essere utili solo in situazioni molto particolari e limitate. La loro applicazione esige pedinò una maggiore comgrensione della condizione dell'insieme di quanto non richieda il progettista autocosciente. Quando ci si trova di fronte a circostanze non familiari dove quei tipi, di soluzione non possono essere applicati, non resta alcuna alternativa per le facoltà inventive; e bisogna ammettere l'importanza di un punto su cui fino ad ora non si è forse a1bbastanza insistito: il cervello umano, malgrado il suo svantaggio, è capace, potenzialmente, di una risoluzione e di un intuito molto piti profondi di quelli raggiungibili da un processo esterno auto-organizzato. La sua grande forza potenziale sta nel fatto che esso fa derivare le forme da una immagine concettuale dell'insieme, piuttosto che dall'insieme stesso. Questo permette di sviluppare una serie molto piu estesa di forme, a loro volta piu flessibili e interrelate di quelle prodotte dal processo non autocosciente. 7. Per una rapida introduzione alla teoria degli insiemi; vedere Paul R. Halmos, Native Se! Theory, New York, 1960. Una discussione piu completa clelIa" teoria si trova in Felix Hausclorff, Se! Theory, traduz. ingl. J. R. Aumann, New York, 1957. 8. Vedi l'assioma della specificazione, Halmos, Native Set Theory,
p. 6. Per i concetti che ne derivano, vedi ibid., pp. 2, 3, 12, 14. 9. Nella generalità dei casi i proge~tisti considerano che loro primo compiro, nell'affrontare un problema di progettazione, sia quello di ridurre la definizione del problema in termini pratici, per stabilire esattamente e unicamente quali siano le condizioni che la forma deve soddisfare. Come dice un famoso designer, Louis Kahn, quando si vuole sapere quali siano le reali funzioni della forma, ci si domanda « cosa la forma stessa voglia essere· ». L'insieme M è semplicemente un modo preciso per riassumere gli elementi di ciò che la forma, appunto, « vuole essere ». lO. Vedere pp. 4;-;0, 69·7l. Il. Le opere principali sulla teoria dei grafi sono: Dénes Konig, Theorie der endlichen und tmendlichen Graphen, New York, 1950, Claud Berge, Théorie des graphes et ses applications, Parigi, 1958, e Oystein Ore. Theory 01 Graphs, «American Mathematical Society Colloquium Publications », vol. 38, Providence, 1962). Vedere anche, come breve introduzione, Frank Haravy e Robert Z. Norman, Graph Theory as a Mathematical Mode! in Social Science, Ano Arbor, 1955. 12. In un certo senso la trama di questo grafo può essere considerata come una versione esplicita di ciò che artisti e progettisti spesso definiscono «logica interna» di un problema. 13. Una scomposizione è un caso speciale di un sisrema parzialmente ordinato; vedere a proposito di questo Garrett Birkhofl, Lattice Theory, «American Mathematical Society Colloquium Publications », voI. 2;, New York, 1948, pp. 1-2. 14. Per una trattazione sul ruolo delle gerarchie concettuali n~1 comportamento conoscitivo, vedere George A. Miller, Eugene Galanter, e Karl H. Pribram, Plons and the StructuTe 01 Behavior, New York, 1960, p. 16. 15. La parola « programma» ha occupato un posto importante nella recente letteratura sulla psicologia della risoluzione di problemi poiché essa implica che il metodo piu naturale per risolvere problemi complessi è quello di renderse1i piu faciIi attraverso l'uso di mez~i euristici che .conducono a soluzioni graduali. A. D. de Groot, Ueher das Denken des Schachspielers, «Rivista di psicologia », 50: 89-90 (ottobre-dicembre 1956); Newell, Shaw e Simon. Elements 01 a Theory 01 Human Problem Solving, pp. 151-66; Miller ed altri. Plans and the Structure 01 Behavior, completo; James G. March e Herbert A. Simon, OrganizationJ, New York, 1958, pp. 190-91. È interessante rilevare come lohn Summerson abbia recentemente individuato nell'uso del programma come sorgente di unità architettonica la caratteristica distintiva della architettura moderna. Thc Case for a Theory 01 Modern Architecture. «RoyaI Insritute of British Architecr Joumo1., 64,307-11 (giugno 19;7).
L'attuazione del programma l. Devo la parola «realizzazione» a Louis Kahn, che l'ha usata es[ensivamente. e spesso con un significato un po' piu ampio; tutto il suo insegnamentQ ruota a[[(~rno agli ;lrgomemi trattati in questo
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capitolo. Vedere Louis Kàhn, Concluding T alk, nella raccolta a cura di Oscar Newmann, New Frontiers iwArchitecture: CrAM '59 Otterlo, New York, 1961, pp. 205·16. 2. Per questa fotografia, presa dal prof. H. Edgerton, Massachusetts Institute of Technology, vedere, ad esempio, Gyorgy Képes, The New Landscape, Chicago, 1956, p. 288. 3. Vedere Le Corbusier e Pierre Jeanneret, Oeuvres Complètes, 1934-38, . Ziirich, 1939, pp. 142-47, e Le Corbusier, La Ville Radieuse, Boulogne, 1935, e inoltre; La mia opera, Torino, Eina'udi, 1961; Maniera di pensare' all'urbanistica, Bari, Laterza, 1965. 4. Per le undici proprie,tà della sfera vedi David Hilbert e Stephen Cohn-Vossen, Geometry' and Imagination, New York, 1952, pp. 215-32; trad. it. Geometria intuitiva in Complementi di topologia, a cura di P. S. 'Alexandrov, Torino, Boringhieri, .1963 . .5. Per una completa discussione sulla freccia come simbolo diagrammatico, vedi 'Paul Klee, Pedagogical Sketchbook, New York, 1953, pp. 54-57; t·rad. it. Teoria della forma e della figurazione: lezioni, note, saggi a cura di J. Spiller, Milano, Feltrinelli, 1959. 6. Vedere qualsiasi testo elementare sulla 'chimica organica. Inoltre, per una presentazione grafica, vlO;dere Max Bill, Form, Base1, 1952, p. lO. 7. Theo van Doesburg, Grundbegriffe der neuen ges(altenden Kunst, ( Bauhausbiiche », n. 6, Miinchen, 1924, illustrazioni 3, 4, 11, 3l. Anche se van Doesburg. noo '~ntendeva i suoi disegni in questo modo, ma soltanto come esploraziof,le di possibilità formali, difficilmente si potrebbe sostenere che essi coincidano per puro caso, nel tempo, con la nascita di una architettura fondata sulle componenti rettilinee. 8. Per i ponti contemporanei che rivelano molto chiaramente queste qualità diagrammatiche, vedere i ponti di Maillart in Max Bill, Mai/lar!, Ziirich, 1955, specialmente p. 40. Anche P. L. Nervi, come ingegnere ha molte cose da dire sull'uso dei diagrammi; vedere Pier Luigi Nervi, S!ructures, New York, 1956, pp. 17-26, 97. '9. Naturalmente la larghezza della strada richiesta non sarà in pro· porzione esatta con la densità del flusso; la viscosità del flusso, le macchine in sosta, ecc., fanno sI che il numero di veicoli che scorrono all'ora in una data direzione non sia direttamente proporzionale alla larghezza necessaria ad accoglierlo. Ma l'organizzazione fondamentale della nuova forma sarà ancora quella data dallo schema del diagramma. lO. Il problema della bolla di sapone fu risolto per la prima volta da Joseph Plateau, Statique expérimentale et théorique des liquides soumis aux seules forces moleculaires, Paris, 1873. Per trattazioni .piti recenti vedere D'Arcy Wentworth Thompson, On Growth and Form, 2a ed., Cambridge, 1959, pp. 365-77; e un bel libretto di C. V. Boys, Soap Bubbles and Forces Which Mold Them, «Doubleday Anchor Sdence Study Series », New' York, 1959. Il. Questo non significa,· che la funzione sia comunque capace di definire univocamente la forma; per qualsiasi singolo programma fun· zionale vi sono di solito molte forme possibili. 12. François de Pierrefeu e Le Corbusier, La Maison des hommes, Paris, 1942. 13. Encyclopaedia Britannica, 14 a edizione, voc~ « Aeronautica >).
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14. Marks, Thc Dymaxion World 01 Buckmins/cr Fuller, New York, 1960. 15. Molti « prdgetti» che restano non realizzati, ma indicano certe ipotesi estreme, sonç realmente,({ ipotesi» intorno a particolari aspetti di qualche problema':\, Vedere, ad esempio, i progetti esposti nel 1960 al Museum cf Modero :<\rt sotto il titolo di « Architettura visionaria », illustrati in Arthur Drexler, Visionary Architecture, ({ Arts aoci Archi. tectute ), 78: 10-13 (gennaio 1961). 16. Il ruolo vitale della notazione precisa nella invenzione di una nuova matematica rappresenta una notevole conferma. Vedere Ludwig Wittgenstein, Remarks on the Foundation 01 Mathematics (Oxford, 1956), pp. 47, 73, 78, 82 e, in iraL, Note sulla logica, appendice al Tractatus Logico-phi!osophicus, Torino, Einaudi, 1964. 17. Vedere pp. 157-167.
Le definizioni 1. Spesso nei casi in cui un progettista esprime le sue intenzioni in medo esplicito e dettagliato, compila una lista di requisiti che in pratica equivale quasi integralmente a un insieme di variabili di disattitudine. Vedere, ad esempio, A. e P. Smithson, Criteria for Mass Housing, in New Frontiers In Architeeture: CIAM '59 in Otterlo,-a cura di Oscar Newman, New York, 1961, p. 79. 2. Nel testo che segue, parleremo con significato equivalente e intercambiabile di « soddisfare il requisito x », di «evitare la disattitudi· ne x» (o 1'« inidonea rispondenza x », o «il disadattamento x»), oppure~ anche della «variabile x che prende il valore O »; e cOSI parler!rTlO, vicèversa, di « mancata soddisfazione del requisito x » (o « del disadattamento x;») e, oppure, anche di «variabile x che assume il valore 1» (tutte espressioni, anche qui, fra loro ,pari e fungibili). 3. È abbastanza naturale che intercorra sempre un certo lasso di tempo fra l'introduzione di qualche nuova- scala e il momento in cui il suo valore può essere stabilito predicativamente per qualsiasi forma data. Cosi il sabio, una unità di misura dell'assorbimento acustico, fu introdotto nel 1920. Ed ancora oggi, nel 1963, l'assorbimento acuo stico in un auditorium di formn complicata può risultare non esattamente o integralmente descrivibile, e deve essere determinato speri· mentalmente. Védere Wallace C. Sabine, Colleeted Papers, Cambrid· ge, Mass., 1922; V. O. Knudsen, Architeetura! Acoustics, New York, 1932, pp. 119-239. 4. Vedere qualsiasi manuale tipico. Ad esempio, il Dodge Corporation's Time-Saver Standards: A Manual 01 Essentia! Architectural Data, New York, 1946. .... 5. Herbert Simon ha introdotto il concetto di «soddtsfacimento» per definire con piu esattezza di quanto non faccia il termine di « ottimizzazione;) il reale atteggiamento che si assume in situazioni di decisioni complesse. Vedi i tre scritti Rationality and Administra· !ive Decision Making, A Behavioral Mode! 01 Rational Choice, e Rational Choice and the Structure of the Environment, tutti pubblicati in Models of Man, New York, 1957, specialmente pp. 204-5,
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247-52, e 261-71. Vedi anche }ames G. March e Herbert A. Simon, / Organizations, New York, 1958, pp. 140-4l.
6.
Ibid., pp. ]g63.
7. Karl R. Popper, Thc Open Society and Ils Enemies, Princetort, 1950, p. 155. «Il tecnico di questo settore, conseguentemente adotterà il metodo di ricercare, e combattere contro i mali piti grandi e pressanti della società piuttosto che ricercare, e combattere per il suo massimo ultimo bene.» È chiamata anche «ingegneria sociale >'> da Roscoe Pound, Introduction 01 the Philosophy 01 Law, New Haven, 1922, p. 99. Per un esempio economico vedere C. G. F. Simkin, Budgetary Re/orm, «Economie Record », 17 (1941): 192s5, e 18 (1942), 16ss. 8. Per convincerci che il luogo D è per principio finito (anche se naturalmente molto ampio), dobbiamo prima porre limiti arbitrari all'effettiva dimensione fisica della forma da progettare. Indipendentemente da quale dimensione scegliamo, possiamo rendere questi limiti grandi abbastanza da comprendere qualsiasi cosa immaginabile. Nel caso di un riscaldatore per acqua potabile, che deve entrare in una casa, non è irragionevole aspettarsi che, indipendentemente dalle relazioni a1'l.che molto complesse che dovrà avere con gli altri mobili, esso non debba comunque occupare uno spazio pi6 grande di dieci per dieci per dieci metri. Supponiamo di considerare un volume cubico, di dieci metri di lato. Non è irragionevole assumere che qualsiasi bollitore deve essere compreso in quel volume. Dividiamo il cubo, per mezzo di una griglia tridimensionale, in tante piccole celle cubiche. Diciamo, a scopo di discussione, che scegliamo celle di 1 micron di lato (l/lODO mm). Vi sono allora (107)3 o 1021 di questi in un cubo. Consideriamo ora la possibilità di rierripire ognuna di queste celle, cella per cella, con uno di 1000 000 materiali (aria, rame, acqua, silice, ecc.). Vi sono allora i 106)1011, ovvero circa 101()22, differenti possibili modi di distribuire i materiali, nelle- celle. (Scrivendo tre zeri al secondo, impiegheremmo lQll secoli per scrivere questo numero.) Consideriamo che ciascuno di questi modi sia una tra le con· figurazioni possibili. E chiamiamo l'insieme di tutte le 10102l possibili configurazioni, il luogo D delle configurazioni possibili. Gran parte delle configurazioni, come la distribuzione in celle alterne di acqua e aria, è chiaramente assurda. Ma è anche evidente che qualsiasi tipo concepibile di bollitore corrisponde a una delle 10 1022 configurazioni incluse nel luogo D. Per la trattazione di questi luoghi (che gli statistici chiamano spesso « spazi campione») vedere William FelIer, An Introduction to Probability Theory and Its Applications, I, New York, 1957, 7-25.
9.
Ibid., I, 114.
lO. G. U. Yule e M. G. Kendall, An Introductio,n lo the Theory 01 Statislics-, 14 ft ed., Landon, 1950, pp. 1-9-29. Possiamo anche confrontare P{Xi = 1) con P(Xi = l/Xi = O), con la probabilità, cioè, del presenc tarsi di Xi dato che Xi non si presenti. Oppure P(Xi = O) con p(x; = O/ Xi = 1). Tali prove sono otto. Mentre sono eguali nel caso della indipendenza, nel caso della dipendenza esse presentano quattro casi leggermente differenti. Ed è perciò piti normale valutare la differenza comune che è simmetrica; cf. p. 37. 11. Yule e Kendall p. 271. Questa funzione (il coefficiente di corre-
fazione nel momento della produzione) è anche eguale a x2 /N; ibid., p. 272. 12. I requisiti non sono connessi soltanto perché sembrano in qualche senso simili. In particolare, ad esempio, il tipo di connessione che attribuiamo a due variabili aventi entrambe « a che fare con l'acustica» non ha implicazioni fisiche, ed è perciò irrilevante. È uno dei casi in cui il linguaggio è diventato senza alcuna' giustificazione costrittivo; per cui è in larga misura dovuta a fattori accidentali l'esistenza di un concetto chiamato «acustica ». Dobbiamo anche stare attenti a non considerare connessi i requisiti per il fatto che sembrano idee di buona progettazione. Sembra forse ragionevole, dare a una casa un nucleo di servizi contenente la cucina, la lavanderia, l'impianto idraulico, i bagni. Ma il semplice fatto che il centro dei servizi soddisfi simultaneamente molti requisiti, non rende di per sé connessi questi requisi ti. 13. Vedere p. 111. 14. R. B. Braithwaite, Scientific Explanation, Cambridge, 1953, pp. 257-64, 367-68; trad. it. La spiegazione scientifica, Milano, Feltrinelli, 1966. 15. Questo è simile alla idea di interpretare la probabilità di un evento come una proprietà della situazione che regola quell'evento, piuttosto che 1la frequenza che limita il suo accadere ad un certo numero di tentativi. Vedere Karl R. Popper, The Propensity Interpretation 01 the Calculus 01 Prohability, and the Quantum Theory, in Observation and Interpretation, a cura di S. Korner, «Proceedings of the Ninth Symposium of the Colston Research Society, Bristol» (Landon, 1957), pp. 65-70, ed il commento di D. Bohm a pago 82 dello stesso volume. Vedere anche W. Kneale Probability and Inductiott,. Oxford, 1949, p. 198. 16. Per l'isomorfismo fra le relazioni bivalenti ed i grafi vedere Dé" nes Konig, Theorie der endlichen und unendlichen Graphen, New York, 1950, pp. 107-9, e Claude Berge, Théorie des graphes et ses application, Paris, 1958, p. 6. Anche per l'isomorfismo delle relazioni binarie e le matrici quadrate vedere Irving M. Copilwish, Matrix Developments 01 the Calculus 01 Relations, « Journal of Symbolic Logic », 13: 193-203 (dicembre 1948). Per la definizione estensionale Alfred Tarski, On the Calculus 01 Relations, <~ Journal of Symbolic di una relazione come !'insieme di coppie legate sotto essa, vedere Logic », 6: 73-89 (marzo 1941). 17. Infatti, come vedremo nell'appendice 2, p. 189, la distinzione tra legami positivi e legami negativi è irrilevante, e abbiamo bisogno soltanto di stabilire L, non L + o L - separatamente. Troveremo anche conveniente in pratic~ porre v = 1, così che Vi; possa soltanto essere O o 1. 18. Qualche volta è difficile disegnare il grafo in modo semplice?" in modo che i legami non risultino tutti ingarbugliati. Per un modo di disegnare i grafi, data la matrice dei legami, vedere un recente articolo pubblicato nel «Journal of the AcO'Ustical Society of America »,33 (1961): 1183, su Realization 01 a Linear Graph Given Its Algehraic Specijication. . 19. Vedere Appendice 2, p. 179. 20. Vedere Appendice 2, p. 179.
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21. Vedere Appendice 2, p. 177. 22. Notiamo che la condizione di eguale «dimensione» si riferisce soltanto al carattere puramente formale del sistema di variabili. Ciò non implica che le differenti variabili abbiano eguale importanza nella soluzione del problema. La decisione se sia piu importante soddisfare un requisito piuttosto che un altro, non trov~ ancora posto nell'analisi della struttura causale del problema, ma deve essere presa quando sorge il problema immediato, durante la realizzazione del programma. 23. Sappiamo che non troveremo mai requisiti del tutto indipendenti. Se cost fosse, potremmo soddisfarti uno dopo l'altro, senza mai cadere in contrasti. Il vero problema della progettazione sorge dal fatto che questo non è possibile per il carattere del campo di inte· razione forma-eontesto. 24. Vedere la lista delle variabili date nell'esempio sviluppato, pp. 137-143.
La soluzione 1. Per una trattazione generalè vedere Max Wertheimer, Untersuchungen zur Lehre von Gestalt, II, «Psychologische Forschung »" 4 (1923): 301-50, ridotto in forma abbreviata in Readings in Perception, curato da David C. Beardslee e Michael Werteimer" New York, 1958, pp. 115-35, per un riferimento specifico a questo punto vedere Woltgang Kohler, Gestalt Psychology, New York, 1929, pp. 148186, trad. it. La psicologia della Gestalt, Milano, Feltrinelli, 1961. 2. L. S. Pontryagin, Foundations 01 Combinatorial Topology, New York, 1952, p. 13. Gli aspetti pratici di questo metodo sono s'tati sviluppati principalmente da studiosi di sociometria: Fnink Harary e Ian C. Ross, A procedure lor Clique Detection Using the Group Matrix, « Sociometry », 20: 205-15 (settembre 1957); R. Duncan Luce e A. D. Perry, A Metbod 01 Matrix Analysis pl Group Structure, «Psychometrika », 14 (1949): 95-116; R. D. Luce, Connectivity and Generalized Cliques in Sociometric Group Structure, «Psychometrika », 15 (1950): 169-90; Dénes Konig, Theorie der endlichen und unendlichen Graphen, New York, 1950, pp. 224-37; Cbude Berge, Théorie des Graphes et ses applications, Paris, 1958, pp. 195~201; G. A. Dirac, Some Theorems on Abstract 'Graph, «Proceedings of the Londra Mathematical Society», 3.2 (1952), 69. Vedere anche W. Ross Ashby, Design lor a Brain, New York, 1960, p. 160; R. Duncan Luce, Two Decomposition Theorems lor o Clan 01 Finite Oriented Graphs, «American Journal of Mathematics », 74: 701·22, esp. 703 {luglio 1952}; H. Whitney, Non-separable and Planar Grapbs, «Transactions of the American Mathematical Society », 34 (1932): 339-62, e Congruent Graphs and the Connectivity o/ Graphs, «American Journa~ of Mathematics », 54 (1932): 150; A. Shimbel, Structural Parameters 01 Communications Networks, « Bulletin of Mathematical Biophysics», 15 (1953): 501-7, Structure in Communicotion Nets, «Proceedings of the Symposium on Information Networks », aprile 1954, Polytechnic Institute, Brooklyn (1955); Satosi
Watanabe, Concept Formation and Classification by In/ormation Theoretical Correlation Analsis, lettera al direttore, «IBM Joumal of Research of Deve10pment », gennaio 30, 1961. Forse una descrizione piu ampia si trova in Kurt Lewin, Field Theory in Social Science, New York, 1951, nell'appendice intitolata Analysis o/ the Concepts Whole, Di/ferentiation, and Unity, pp. 305-38, esp. pp. 305-11; v. in ita!': La determinazione dei mutamenti permanenti in Antologia di scienze sociali, Bologna, Il Mulino, 1960. 3. Luce, Two Decomposition Theorems, p. 703. 4. In pratica G sarà di solito collegato; esiste, cioè, un tracciato di legami che collegano i vertici due a due. f: impossibile, naturalmente, trovare una divisione che non tagli alcun legame, dobbiamo limitarci a ricercarne una nella quale l'interazione sia minima. Vale la pena di metlere in evidenza immediatamente che è possibile solo ricercare le minime interazioni perché le interazioni sono probabilistiche. Come ha messo in evidenza Ashby, in un sistema caratterizzato da legami deterministici, anche quando non accade che ogni variabile sia immediatamente legata ad ogni altra, il sistema si comporta come se questo accadesse, cosi .che nessuna parte è legata meno delle altre, e non significa niente il confrontare i gradi di indipendenza. Ross Ashby, Design /or a Brain, prima ed., London, 1952, pp. 161-62, 251·52. 5. Vedere pp. 178·86. 6. Vedere pp. 191·2. 7. Ludwig von Bertaianffy, Problems 01 Li/e, New York, 1960, pp. 37-47. 8. La seguente nota deve essere integrata a questo concetto. Se è vero che la struttura causale del problema definisce realmente le componenti fisiche di una forma soddisfacente, noi naturalmente desideriamo sapere se il risultato dell'analisi è indipendente dal particolare insieme di variabili che sono state scelte per descrivere il -problema. È chiaro che lo stesso problema può essere espresso nei termini di un insieme di variabili completamente diverso, che complessivamente copre tutto il campo, ma lo divide in modo diverso, articolandosi in diversi insiemi e sistemi. Il contenuto di questi nuovi sistemi, o piu esattamente le componenti fisiche che essi implicano, sarebbero stati dunque, in definitiva, eguali. L'intuizione ci dice chiaramente che è cosI. In effetti, credo che qualche genere di teorema invariante di .'luesto tipo sia necessario come una sicura base per tutto il metodo (come i.l mostrare che le proprietà di uno spazio veuoriale sono invarianti rispetto a basi diverse); ma non sono ancora tiuscito a trovare una conferma per questo teorema.
Trattazione matematica della scomposizione l. Vedere i riferimenti precedenti alla teoria dei grafi data a p. 239, nota 11. 2. G. U. Yule e M. G. Kendall, An Introduction to the Theory o/ Statistics, 14- ed., London, 1950, p. 272. 3. Ibid., pp. 35, 281.
251
,.
l 4. 5.
Ibid., pp. 35-36. William Fel1er, An Introduction lo Probability Theory and Its Applicatfans, I, New y'ork, 1957, p. 22. 6. Ibid., p. 22. 7. Ibid. 8. Poiché abbiamo artificialmente reso pCx; = O) = 112, questa distribuzione di probabilità non deve essere confusa con le proporzioni dei disadattamenti nel luogo delle soluzioni D. Nel caso particolare p(x; = O) è piccolo in confronto a p(x, = 1). La distribuzione presente è progettata unicamente per daJ;.ci la decomposizione del sistema: esso riflette solamente il comportamento attuale delle variabili, nella misura in cui è messa in gioco la loro correlazione. 9. Vedete pp. 113-114. ~ lO. C.E. Shannon e W. Weaver, The Matematical Theory 01 Communication, Urbana, .Ili., 1949, pp.~ 18-2'2. 11. Vedere p. 243; nota 17. 12. ~ Satosi Watanabe, Inlormation Theoretical Analysis oj Multivariate Correlation, «IBM Joumal of Research apd Development », 4,69 (gennaio 1960). 13. Vedere p. 243, nota 17. 14. Feller, Probability Theory, p. 213. ____ 15. Per normalizzare una variabile arbitraria' x, la sostituiamo c6i1" (x -.{.l)/cr dove ~ è il sig~ifìcato e (J2 la varianza. Vedere Feller, p. 215. lo = 1/2 m(m -1), lor; = ~ Vi;, lo" = ): S~s~. 16. Ricordiamo che
,
,
17. Christopher Alexander e Marvin Manheim, HIDECS 2: A Computer Program lor the Hierarchical Decomposition 01 a Set with an Associated Graph, (~ M.I.T. civiI Engineering Systems Laboratory Publication », n. 160, Cambridge, Mass., 1962; e Christopher Alexander, HIDECS 3: Pour Computer Programs lor the Hierarchical Decomposition 01 Systems W hich Have an Associated Linear Graph, « M.LT. Civil Engineering Systems Laboratory Research Report », R. 6)-27, Cambridg.e, Mass., 1963.
Una città non è un albero
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1. Questa appendice venne scritta circa due anni dopo il resto del presente volume. È opportuno precisare che le strutture «a semilattice}) quivi descritte, benché assai piti complesse -di quelle cosid· dette «ad albero », possono anch'esse attenersi attraverso un processo di scomposizione in base al quale un sistema viene fratto in sottosistemi: l'unica differenza (sempre che di differenza possa parlarsi) è che i sottosistemi vengono in' questo caso a intersecarsi, ov· vero a sovrapporsi parzialmente. La teoria esposta in questa appen· dice non contraddice dunque in alcun modo quanto forma oggetto del presente saggio dall'Introduzione all'Epilogo. Ne costituisce piuttosto un opportuno completamento. 2. Uno schema «ad albero» (o « denclromorfo », come viene talvolta denominato nella presente traduzione) è caratterizzato dall'in-
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temo, squisitameme razionale, di semplificare ogni tipo di organizzazione attraverso una. progressione di successivi distacchi fra vari elememi non dissimili dalle diramazioni presenti in botanica. (n.d.l.) 3. Uno schema « a semi-lattice» (o « reticolare », si potrebbe anche dire, per le fine imersezioni di linee che ne carauerizzano la versione grafica) ri~uherà particolarmente aderente alla complessità strurturale di una reahà organizzata in reciproche interferenze o parziali sovrapposizioni. (n.d.l.)
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