RESILIENZA ITALIANA dialoghi e riflessioni
MIMESIS RESILIENZE
MIMESIS RESILIENZE
progetto grafico: AB/A Alessandro Bellini Architect © 2014 – Mimesis Edizioni (Milano – Udine) Collana Resilienze n. 2 Isbn 9788857525952 www.mimesisedizioni.it Via Risorgimento, 33 – 20099 Sesto San Giovanni (MI) Telefono +39 02 24861657 / 02 24416383 Fax: +39 02 89403935 e-mail: mimesis@mimesisedizioni.it
RESILIENZA ITALIANA dialoghi e riflessioni
a cura di Ilaria Bignotti Francesco Arecco Giacomo D. Ghidelli Matteo M. Reale
INDICE
Manifesto per il Movimento di Resilienza italiana Introduzione di Ilaria Bignotti, Francesco Arecco, Giacomo D.
IX XII
Ghidelli, Matteo M. Reale
La Resilienza come progetto editoriale di Matteo M. Reale
XVII
1. Saggi resilienti 1.1 Teoria e pratica della resilienza in arte di Ilaria Bignotti
2
1.2 Resilienza dei materiali. Scultura e Natura di Francesco
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Arecco, con riflessioni di Luciano Fabro, Alberto Gianfreda, Marco La Rosa, Francesca Pasquali, Mirco Marchelli, Laura Renna, Daniele Salvalai, Ioan Sbârciu, Giuseppe Spagnulo, Valdi Spagnulo
1.3 Parole di resilienza di Giacomo D. Ghidelli
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2. Dialoghi e riflessioni resilienti 2.1 Dalla contestazione radicale alla scelta resiliente
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- È nel processo che si svela il segreto. Ugo La Pietra dialoga con Ilaria Bignotti - Un artista prima fa, poi dice. Emilio Isgrò dialoga con Ilaria Bignotti e Francesco Arecco - Due persone sono già il principio di società. Michelangelo Pistoletto dialoga con Irene Finiguerra
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2.2 La storia dell’arte è una storia di resilienze
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- È il luogo che parla. Alessandra Pioselli dialoga con Ilaria Bignotti - La scultura è resiliente quando è scultura. Cristina Baldacci dialoga con Ilaria Bignotti
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2.3 Per una filosofia, un’etica, una teoria della resilienza
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- Io risuono con le cose. Andrea Pinotti dialoga con Ilaria Bignotti e Francesco Arecco - La resilienza come accoglienza. Andrea Dall’Asta dialoga con Ilaria Bignotti - Gli inizi li sogno al mattino. Elio Grazioli dialoga con Ilaria Bignotti
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2.4 La resilienza tra avere ed essere. Visioni di collezionisti
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- Il collezionista è un libero pensatore. Paolo Lamberti dialoga con Ilaria Bignotti - Mani che lavorano. Giuseppina Panza di Biumo e Giulia Caccia Dominioni dialogano con Ilaria Bignotti e Francesco Arecco - Un’attitudine sorprendente che si scopre strada facendo. Paola Formenti Tavazzani dialoga con Ilaria Bignotti
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2.5 Musicalità resilienti
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- Coloro insieme ai quali canti mutano il tuo canto. Metrica della musica, metrica del teatro, metrica della poesia verso memoria e corpo/voce (1964/2014). Giuliano Scabia. - A due voci. Punto e a capo. Paolo Bolpagni per Mirco Marchelli
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2.6 Non vi è resilienza senza idea di residenza
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- Dove sono nelle cose che faccio? Claudio Cravero dialoga con Francesco Arecco e Ilaria Bignotti - Ricominciare dalle pietre. Giorgia Salerno e la sua dichiarazione resiliente. - In equilibrio. Maria Chiara Cardini
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2.7 La resilienza in architettura: scusa, occasione, metafora
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- Io da piccolo volevo fare l’astronauta! Io l’archeologo. Alessandro Bellini dialoga con Antonio Ravalli e Giovanni Corbellini
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2.8 Il lavoro del resiliente
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Dialogo a più voci tra Abiti da lavoro e Soglie Magiche
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2.9 Il Tam-Tam della resilienza
87
Giacomo Ghidelli dialoga con Alessandro Guerriero
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2.10 Chi ce lo fa fare?
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Francesco Arecco compone alcuni pensieri socio-economici-ecologici e poetici di Valentino Bobbio, Francesca Corrao, Sonia Cantoni, Giorgio Schultze
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Apparati BIOGRAFIE REFERENZE ICONOGRAFICHE RINGRAZIAMENTI
50 52
Manifesto per il Movimento di Resilienza italiana
X
0. [Stato delle cose] Il problema dell’identità è stato centrale nelle riflessioni teoriche e nelle pratiche artistiche dell’ultimo ventennio: gli anni ’90 sono stati dominati da una forte attenzione alla identità in relazione al corpo e alle trasformazioni genetiche e digitali, l’ultimo decennio è stato caratterizzato dall’antitesi tra il recupero della identità nazionale e il suo assorbimento a causa del multiculturalismo e della globalizzazione. Se in nome della modernità gli artisti hanno sacrificato le lingue nazionali e innescato un processo di cancellazione delle caratteristiche di ciascun Paese, per salvaguardare l’identità si sono sacrificati i valori del gruppo e della socialità come dialogo e confronto. Tra tensioni individualistiche e ansie da melting-pot, siamo invasi da mostre che parlano di ibridazioni e trans-culturalismo, dove il presunto dialogo si gioca sulla contrapposizione di opere provenienti dai quattro angoli del mondo o da generazioni distanti, come pesci stupefatti in un acquario senza ossigeno. Al contempo ci troviamo a difendere gli ultimi baluardi del nostro “Made in Italy”, sapendo che non si potrebbe parlare di arte italiana senza pensare a secoli di carovane, approdi e partenze, viaggi, scambi, incroci. Si parla di rapidità e di abbattimento di frontiere spazio-temporali-identitarieculturali, e ci si arrocca dietro trincee di individualismo ed esclusività. Noi non vogliamo accogliere questi fatti come problemi. Vogliamo farli il punto di partenza di una diversa riflessione. Abbiamo la forza e le risorse umane per costituire un gruppo e stendere un manifesto. 1. [Chi siamo] Siamo un gruppo di scultori. La scultura è per noi immanenza, quindi presenza. La scultura è fatto sociale (della città e di tutti: politica), estetico (coinvolge tutti i sensi), poetico (nel senso di poiesis, fare, e di poesia come linguaggio). 2. [Cosa vogliamo] Con la scultura vogliamo riconnettere estetica, poetica, politica. Siamo contro l’arte che è mero esercizio o decorazione. Vogliamo contrastare l’individualismo che blocca ogni azione condivisa e comune di intellettuali e artisti. Crediamo che ogni artista elabori e formi con mani e mente le sue opere. Crediamo che possa operare con assoluta originalità anche se lavora su un tema comune ad altri, o su un tema fornito dall’uno agli altri. Vogliamo poter condividere le idee e elaborarle insieme. Crediamo nella generosità di dare idee agli altri; di accettare idee dagli altri. La generosità della resilienza. 3. [Siamo resilienti] Resilienza significa risalire da dove si era scesi-caduti. Essere in grado di trovare un equilibrio dopo uno stato di cambiamento. Essere capaci di adattarsi alle pressioni (spinte) e di avere reazioni. Non fare semplice (passiva) resistenza. È vivere nel proprio tempo adattandocisi, ma decidendo di agire per cambiare qualcosa. È togliere all’artista ogni atteggiamento precostituito, ogni semplificazione: è portare la sua azione al livello di poeticità e politicità che deve avere. Facciamo della resilienza la nostra strategia. 4. [Resilienti e italiani] Vogliamo fare arte italiana che sia la valorizzazione di un patrimonio di identità e non
XI
la caricatura dello stile italiano quale spesso viene venduto. Abbiamo deciso di essere un gruppo composto solo da artisti italiani per rivendicare una forte connotazione territoriale, per lavorare al rinascimento di un Paese con una profonda crisi culturale e di identità. Valorizzeremo le nostre e le altrui diverse identità, andando ad agire in confronto con luoghi e persone, o portando fuori dall’Italia luoghi e persone peculiari, compresi noi stessi, figli vari di una varia Italia. 5. [Perché un movimento] Serve un movimento nuovo perché è scomparsa la voglia di confronto critico. Serve un movimento nuovo perché non si dibatte più né ci si batte per le proprie idee. Siamo propositivi e non polemici, ma ci batteremo anche per suscitare un nuovo dibattito culturale. Vogliamo manifestare noi stessi attraverso il dialogo e la voglia di fare insieme. Non rinunciamo a noi stessi e non abbiamo bisogno di farci forza l’uno con l’altro: insieme abbiamo la forza di essere individui. Nel confronto di un gruppo unitario crescono e si declinano le nostre singolarità. 6. [Come opereremo] Cerchiamo la via per tornare alla scultura, definendo una nuova strada. Abbiamo saputo mettere in discussione le sue fondamenta. Metteremo alla prova noi stessi, la Forma e la Materia nelle quali crediamo, rivendicando la qualità e la dignità della lavorazione italiana: valori che rappresentano la nostra identità, ci identificano con la cultura del luogo a cui sentiamo di appartenere ma ci permettono al contempo di dialogare con altre culture e linguaggi, anche distanti. La resilienza è una strategia con cui parlare al mondo e alla sua complessità, attraverso i temi della storia, dello spazio, del tempo, dell’uomo. 7. [Il dialogo con il mondo] Resilienti ci confronteremo con il pubblico che crede nella scultura e nell’arte come cosa pubblica. Comunichiamo attraverso la nostra ricerca, non rifiutiamo il marketing né ci poniamo contro il mercato dell’arte, ma li consideriamo stimoli alla resilienza e non mostri da temere o vette da conquistare. Sapremo esserci, resilienti ai meccanismi di controllo attraverso il valore della scultura come cosa pubblica, politica, estetica, etica. Promuoveremo mostre fuori e dentro strutture istituzionali del mondo dell’arte. Prenderemo parte a dibattiti e concorsi. Premi e progetti. Commissioneremo e lavoreremo su committenza. Creeremo occasioni di dialogo con altri artisti che si esprimono con linguaggi anche differenti dai nostri, con diverse culture, con nuovi contesti. L’interdisciplinarietà come scelta necessaria. Resilienti a tutto, saremo un gruppo aperto agli altri, a tutti gli altri, che vogliano confrontarsi con serietà: per dialogare in un rapporto di dare-prendere-perderetrovare. Ideatori e promotori: Ilaria Bignotti e Francesco Arecco Milano, via Aurelio Saffi n. 9, in data 11/12/13 Fondatori: Francesco Arecco, Valentina De’ Mathà, Alberto Gianfreda, Francesca Pasquali, Laura Renna, Daniele Salvalai
Introduzione
Ilaria Bignotti Francesco Arecco Giacomo D. Ghidelli Matteo M. Reale
XV
Abbiamo scritto un manifesto, prima di scrivere questo libro. Lo abbiamo scritto mutevole, in movimento. Un manifesto come un movimento: “insieme abbiamo la forza di essere individui”. Un secolo fa si parlava di rivoluzione. Poi di resistenza. Oggi di resilienza. Dobbiamo rimettere ordine alle cose, alla storia, ripensarle, rileggerle, leggerci: le grandi avanguardie storiche, gli anni ’60 e la profezia della morte dell’arte, la crisi della modernità e il crollo del modernismo, la riprogettazione del postmoderno, le grida del no-future, la rivincita dell’artigianato e della slow culture, l’oasi del local nel miraggio della globalizzazione, i paradisi artificiali e il purgatorio digitale, l’1.0, il 2.0, il 3.0, il multiculturalismo. Ci dicono che siamo passati dalla critica radicale all’istanza del radicante. Ci sentiamo resilienti. Handle With Care, Trattare con cura: Resilienza non è un termine passepartout, non è il chiavistello che apre tutte le porte né la formula magica che possa ricomporre la frammentazione del quotidiano. É un modo per esprimere lo stato instabile delle cose e la capacità dell’arte e della cultura odierne di riprogettarsi e provare a superare quella che, bene o male, è una crisi in atto. Affrontare e comporre un libro su un tema del quale il dibattito è in via di sviluppo potrebbe essere un errore, se e solo se si volesse mirare a chiuderlo e de-finirlo in esso e per esso. Non miriamo alla completezza, quanto, piuttosto, alla complessità. Per questo abbiamo intitolato il volume Resilienza italiana. Dialoghi e riflessioni. Si tratta di una raccolta di conversazioni come doni che diversi autori ci hanno fatto, offrendo la loro riflessione e accettando di leggerla in relazione alle altre. Abbiamo scelto di parlare con storici e critici d’arte; con filosofi e con psicologi; con esperti e professionisti di vari ambiti: l’ambiente, l’architettura, l’urbanistica, il design, la moda e il costume; abbiamo scelto di chiamare a riflettere artisti che appartengono già alla storia dell’arte, ma che hanno ancora voglia di guardare all’oggi e di ripensarsi nel dialogo con le generazioni attuali. E artisti di oggi che non hanno paura a guardare alla storia ma che vogliono leggerla per quello che è il suo senso oggi. Riflessioni che si ritrovano, l’una nell’altra, si confrontano e spesso contrastano, accettandosi nella necessaria sospensione di un giudizio finale. L’epoché non come rinuncia, ma resiliente condizione della nostra epoca. Per questo abbiamo scelto la forma e prima ancora il metodo dialogico. Dialogare per legarsi e distinguersi, l’uno dall’altro, l’uno nell’altro. I dialoghi sono divisi in alcuni percorsi che provano ad articolare la riflessione sul concetto di resilienza in ambiti diversi eppure strettamente connessi, destinati a provare a riflettere sulla condizione della cultura e delle immagini di oggi a partire da un termine che possa esprimerle, senza limitarle. Questo termine è quello di resilienza. Senza la pretesa di esaurire il dibattito, ma con la prospettiva di estenderlo ad altre voci, con l’ambizione del dono di esprimere idee agli altri, accettando le idee dagli altri: “resilienti a tutto, saremo un gruppo aperto agli altri, a tutti gli altri, che vogliano confrontarsi con serietà: per dialogare in un rapporto di dare-prendere-perdere-trovare”. Così abbiamo scritto, manifestandoci all’altro per darci, prenderci, perderci, trovarci in tutti gli altri. Ritrovarci resilienti.
Resilienza come progetto editoriale
Matteo M. Reale
XVIII
“Si impara a resistere perché a non resistere si mette il mondo nelle loro mani e loro sono meno di zero” (Charles Bukowski)1
Ho pensato più di una volta in questi anni ai versi semplici, efficaci di Giorgio Caproni2: Smettetela di tormentarvi. Se volete incontrarmi, cercatemi dove non mi trovo. Non so indicarvi altro luogo. Ci ho ripensato spesso anche in questi mesi, quando sono nati, e cresciuti, i fermenti della Resilienza italiana. Perché questi versi mi spiegavano con la loro forza icastica che fino ad ora ci eravamo tormentati (per motivi anche diversi, ma comuni nell’inquietudine e nel desiderio di marcare una discontinuità), ma avevamo sbagliato indicazione, tragitto. Ci rivolgevamo a un sentiero sbagliato e dovevamo dunque cambiare rotta. Per questo l’intuizione di Ilaria Bignotti e Francesco Arecco è parsa fin da subito così significativa: costruiva un itinerario laddove non c’era, suggeriva la necessità di accettare con realismo questa condizione di assenza (di proposte di qualità, di spazi, di elaborazione) e che solo dopo questa presa di coscienza sarebbe stato possibile riproporre qualcosa di originale. Bisognava essere, prima di affermarlo, resilienti. Se pensiamo al termine resilienza sappiamo come si sia da poco imposto all’interno del nostro vocabolario culturale. Mutuato dalla scienza, ha assunto una nuova forza di significato a contatto con le ondate di crisi - intellettuale, economica, ambientale, politica - che si sono abbattute (si stanno abbattendo) su di noi in questi anni. Con una carica positiva e la capacità di esprimere quell’estrema forza di ripiegamento su se stessi per curare le proprie ferite e ripartire su nuove basi, che le migliori espressioni artistiche e sociali hanno sempre saputo manifestare, in ogni momento storico. Ma queste diverse espressioni artistiche, i pensieri che danno loro consistenza hanno bisogno di una coerenza per manifestarsi: hanno bisogno di luoghi di espressione, di mezzi di diffusione, di mortai dove possano esserne pestati gli ingredienti, in preparazione di nuove ricette. Come per contaminazione, anche un progetto editoriale ha oggi però bisogno di resilienza. Le trasformazioni rapidissime di questi anni hanno cambiato alcuni processi essenziali dell’editoria così come l’abbiamo conosciuta da un secolo a questa parte, tanto da smaterializzare i libri di carta e da far ripensare il ruolo degli editori, il rapporto delle librerie con il pubblico, il peso dell’autore nella promozione del proprio lavoro. In questa sede, non ci interessa esaminare se per il mercato editoriale tutto questo sia un bene o un male; ci preme invece chiederci quanto questi cambiamenti influiscano positivamente nell’elaborazione culturale e nella qualità delle riflessioni. E ci interessa chiedercelo ora, e misurare i risultati sull’immediato futuro, e non su quello dei prossimi anni, quando l’assestamento dei processi produttivi e distributivi, avrà dato una risposta. Certo, abbiamo fatto nostra la prospettiva di una collana di libri che viva anche e soprattutto in una versione digitale, che sia virale perché promossa online, che alterni saggi a cataloghi d’arte: che sfrutti quindi le possibilità della tecnologia e del mercato.
XIX
Non di questo presente ora bisogna vivere – ma in esso sì: non c’è modo, pare, d’averne un altro (Giovanni Raboni)3 Per questo motivo, abbiamo un approccio resiliente: perché intendiamo resistere alle lusinghe perniciose, alle scappatoie che ci suggerirebbero le soluzioni più scontate, e intendiamo restituire ai lettori una scelta oculata in termini di qualità e di rappresentatività4. Vogliamo contribuire a produrre gli anticorpi alle malattie che ci affliggono e iniettare virus benefici, ben sapendo che la condizione di sanità non ci è data. “Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit”, scrisse Paracelso. In questo contrasto tra sanità e malattia, tra cure mediche e anticorpi naturali, nasce la collana editoriale Resilienze. La collana è aperta alla riflessione estetica e all’espressione delle arti contemporanee. Alle esperienze, quindi, che mostrano una capacità di adattamento e di reazione all’esistente e che intendono l’arte come prima forma di auto-rigenerazione, che impone se stessa come necessaria. Lo sviluppo delle pubblicazioni sarà tendenzialmente lungo due filoni: saggistica e cataloghi, riflessione e produzione. La valorizzazione del territorio, il lavoro sui materiali, le esperienze di recupero dal ciclo industriale, la progettazione resiliente dei prodotti e degli insediamenti, la connessione tra dentro e fuori, tra visibile e non visibile, tra città e campagna, tra confini, tra trauma e cura, tra coscienza e autocoscienza, tra talento individuale e movimento sociale, sono tutti temi verso cui si indirizzeranno le pubblicazioni. Il primo volume è uscito in maggio. Si tratta di Maledetti toscani, benedetti italiani. Cancellazione in tre tempi, catalogo della mostra che Emilio Isgrò, uno dei grandi maestri dell’arte italiana, ha esposto a Prato, su iniziativa del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci5. Dobbiamo infine un ringraziamento all’editore, che ci ha consigliato e appoggiato, sposando gli obiettivi che ci eravamo dati.
1. BUKOWSKI, C., Poesie, trad. it., Milano, Feltrinelli 2002 2. CAPRONI, G., Poesie. 1932-1986, Milano, Garzanti 1989 3. RABONI, G., Tutte le poesie (1951-1993), Milano, Garzanti 1997 4. Consiglio la lettura di: CALASSO, R., L’impronta dell’editore, Milano, Adelphi 2013 5. ISGRÒ, E., Maledetti toscani, benedetti italiani. Cancellazione in tre tempi, a cura di PEZZATO, S., Milano, Collana Resilienze, Mimesis Edizioni 2014
Abbiamo scelto di parlare con storici e critici d’arte; con filosofi e con psicologi; con esperti e professionisti di vari ambiti: l’ambiente, l’architettura, l’urbanistica, il design; abbiamo scelto di chiamare a riflettere artisti che appartengono già alla storia dell’arte, ma che hanno ancora voglia di guardare all’oggi e di ripensarsi nel dialogo con le generazioni attuali. E artisti di oggi che non hanno paura a guardare alla storia ma che vogliono leggerla per quello che è il suo senso oggi. Riflessioni che si ritrovano, l’una nell’altra, si confrontano e spesso contrastano, accettandosi nella necessaria sospensione di un giudizio finale. L’epoché non come rinuncia, ma resiliente condizione della nostra epoca. Per questo abbiamo scelto la forma e prima ancora il metodo dialogico. Dialogare per legarsi e distinguersi, l’uno dall’altro, l’uno nell’altro. Senza la pretesa di esaurire il dibattito, ma con la prospettiva di estenderlo ad altre voci, con l’ambizione del dono di esprimere idee agli altri, accettando le idee dagli altri: “resilienti a tutto, saremo un gruppo aperto agli altri, a tutti gli altri, che vogliano confrontarsi con serietà: per dialogare in un rapporto di dare-prendere-perdere-trovare”. Così abbiamo scritto, manifestandoci all’altro per darci, prenderci, perderci, trovarci in tutti gli altri. Ritrovarci resilienti.
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