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PAESAGGIO RURALE
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INDICE
1. PAESAGGIO RURALE 1.1 Perché paesaggio? 1.2 Tipologie di paesaggio e loro evoluzione 1.3 Paesaggio rurale in Italia
2. LA NORMATIVA EUROPEA 2.1 Cosa fa l‟Europa per la salvaguardia delle foreste e del paesaggio 2.2 Paesaggio e politica di sviluppo rurale
3. IL PAESAGGIO E LE 4 SFIDE 3.1 Paesaggio e biodiversità 3.2 Paesaggio e clima 3.3 Paesaggio e energia 3.4 Paesaggio e risorse idriche
4. COSA POSSIAMO FARE NOI 4.1 Paesaggio e modello di sviluppo 4.2 Salvaguardia e valorizzazione del paesaggio
5. BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
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1. PAESAGGIO RURALE 1.1 PERCHÉ PAESAGGIO? Introduzione
La Carta costituzionale della Repubblica italiana (1948) pone tra i principi fondativi che la Repubblica «tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Un importante passo avanti perché il paesaggio da categoria estetica, diversa e separata da “territorio” e “ambiente‟ diventa categoria culturale, bene comune. Il territorio rurale occupa oggi più del 92% della superficie nazionale (cfr. Piano strategico nazionale http://www.reterurale.it/downloads/cd/PSN/Psn_21_06_2010.pdf ), ma rispetto alla generica definizione di “territorio”, il modo più appropriato per guardare alla realtà dell‟Italia è attraverso il concetto di "paesaggio". Un concetto molto più ampio, che implica ed esprime la convivenza tra uomo e ambiente e dove la presenza di quest‟ultimo ne è parte inscindibile.
Concetto di paesaggio
Una realtà complessa e difficile da definire, il cui carattere distintivo è dato dalla molteplicità e dalla stratificazione delle impronte che tante civiltà hanno lasciato nel territorio e che è frutto dell'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni nel tempo. Il paesaggio viene sempre concepito in funzione di un osservatore, della sua cultura e sensibilità. L'uomo è dunque sempre parte del paesaggio in quanto una particolare forma del territorio (le montagne, un lago, una valle), oppure della vegetazione (un bosco, una prateria) hanno una propria esistenza autonoma, mentre il paesaggio che essi possono costituire esiste solamente in quanto l'uomo ne ha la percezione. In questi termini il paesaggio è stato individuato, descritto e rappresentato da letterati e pittori, sulla base di criteri estetici. Molte sono invece le definizioni di paesaggio prodotte dagli studiosi che nel corso del tempo si sono occupati di questo tema e che in parte ritroviamo nelle direttive e nelle leggi per la sua protezione. Una delle prime definizioni particolarmente attinenti al contesto italiano è quella data dal geografo americano Carl Sauer che nel 1926 afferma che l‟ambiente naturale è il substrato, la cultura è l‟agente modificatore, ed il paesaggio è il risultato. I paesaggi italiani, infatti, nella loro diversità esprimono proprio l'interazione che nel tempo gli ambienti naturali hanno conosciuto con le popolazioni e le diverse culture che si sono adoperate per ottenere da questi i prodotti e gli spazzi necessari al loro sviluppo sociale, culturale ed economico. I termini del rapporto fra identità culturale locale e paesaggio sono complessi, e sono legati all‟interazione fra la topografia, la flora, la fauna e il clima da un lato, e la matrice culturale delle popolazioni dall‟altro, cioè i modelli tecnologici, organizzativi e ideologici da loro introdotti e adottati nel tempo e susseguiti nella storia. Uno stesso ambiente può perciò presentare opportunità e limitazioni dissimili per pastori, boscaioli o contadini, ma anche per industriali o commercianti. Questo spiega perché gruppi umani con storie diverse hanno creato paesaggi distinti e perché ciascuno assuma un valore diverso a seconda del proprio contesto ambientale e culturale.
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Benché la civiltà umana esista da migliaia di anni, l‟aumento significativo della popolazione sul nostro pianeta è iniziato solo quando l‟uomo ha cominciato ad utilizzare sistematicamente il territorio per soddisfare i propri bisogni. Ciò è avvenuto inizialmente attraverso lo sviluppo dell‟agricoltura, della selvicoltura e dell‟allevamento del bestiame, adattando gli ambienti naturali alle proprie necessità e rendendo vivibili quegli ambienti altrimenti del tutto ostili. Paesaggio naturale
Il paesaggio naturale è il risultato di miliardi di anni di processi fisici e biologici. Il paesaggio naturale ci racconta una storia antica di cui l'uomo non è l'artefice. Esempi di paesaggi naturali sono le barriere coralline, le foreste pluviali, i ghiacciai della Patagonia, i nevai delle Alpi, la savana, il delta di un grande fiume, le catene montuose, le Montagne Rocciose, ecc. Per comporre un paesaggio naturale sono quindi necessari elementi di naturalità e ampie dimensioni, ma se si considera il paesaggio semplicemente come oggetto di un interesse naturalistico diventa difficile definirlo, perché il paesaggio non è solamente la particolare fisionomia di un territorio determinata dalle sue caratteristiche fisiche e biologiche; la sua esistenza è imprescindibile dall'osservatore e dal modo in cui viene percepito e vissuto dalle popolazioni e dalle civiltà che lo occupano.
Paesaggio rurale
Il paesaggio rurale, e in particolare quello italiano, è stato oggetto di innumerevoli descrizioni da parte dei viaggiatori europei che già dal XVI secolo visitavano il nostro paese per arricchire il loro percorso formativo. Personaggi come De Montaigne, Goethe, Stendhal, Byron e moltissimi altri meno noti, rimasero sorpresi e meravigliati non solo dalle bellezze artistiche e architettoniche del nostro paese, ma sopratutto dal paesaggio che appariva "finemente coltivato, come fosse un giardino". È nello specchio di tali descrizioni che l‟Italia ha preso coscienza del patrimonio paesaggistico di cui è ricca e nel quale si riconosce un valore universale e che rappresenta, anche, l‟immagine del nostro paese all‟estero. Il paesaggio rurale non è un ambiente naturale, ma è il luogo dove la storia umana si è sviluppata e ha lasciato le sue tracce. La natura in Italia è stata modificata e modellata nel corso della storia dalle attività agricole, forestali e pastorali. Il paesaggio agrario rappresenta, quindi, la
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manifestazione più evidente dell‟identità storica del nostro paese. La relazione fra agricoltura e paesaggio è stata bene espressa dal grande storico dell‟agricoltura Emilio Sereni che negli anni ‟60 scriveva: “il paesaggio agrario è quella forma che l‟uomo, nel corso ed ai fini delle sue attività produttive agrosilvo-pastorali, imprime al paesaggio naturale”. Questa affermazione chiarisce come il territorio italiano sia una costruzione antropica a cui hanno contribuito una molteplicità di popolazioni e civiltà che si sono alternate sul suolo italiano nel corso della storia. Il paesaggio diventa quindi un mosaico di realtà produttive e naturali che si intersecano in una matrice culturale, il prodotto di una millenaria azione di trasformazione voluta dall'uomo per rendere il territorio più idoneo alle proprie esigenze vitali. È proprio con lo sviluppo dell‟agricoltura e della pastorizia e con la costruzione di insediamenti stabili che si assiste a un profondo cambiamento degli ambienti naturali che incominciano a essere sistematicamente utilizzati e gestiti, generazione dopo generazione, al fine di soddisfare le necessità e le esigenze delle comunità umane. Nel paesaggio si distinguono diverse componenti: naturale (nell’orografia del territorio), agricola (nelle diverse coltivazioni e usi del suolo), forestale (nelle diverse gestioni delle specie forestali), pastorale (nelle diverse forme di allevamento del bestiame), urbana (nei suoi diversi manufatti).
Valle del Tevere (foto Vincenza Chiriacò) Sempre in tema di definizioni, nell‟ambito delle politiche agricole, il paesaggio rurale è stato definito come l’integrazione di aspetti sociali, economici ed ambientali nello spazio e nel tempo, espressa dalla forma fisica assunta dal territorio, cioè quello che noi tutti vediamo. Si tratta di una visione moderna che considera il paesaggio come una risorsa, cui contribuiscono tutte le componenti espresse da un territorio e che si presta, quindi, ad una valorizzazione anche dal punto di vista economico.
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Strumenti per la conservazione del paesaggio
Gli strumenti per la conservazione del paesaggio sono presenti sia nella normativa europea che a nazionale. A livello Europeo il più importante trattato internazionale oggi in vigore è la Convenzione Europea del Paesaggio. Siglata a Firenze nell‟Ottobre del 2000 e firmata da circa 32 paesi, la Convenzione europea del Paesaggio definisce politiche e obiettivi, per la salvaguardia e la gestione del patrimonio paesaggistico.
La Convenzione Europea del Paesaggio
La suddetta Convenzione (http://www.reterurale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2347) afferma che il paesaggio non e più una categoria da applicare solo agli ambiti di elevato pregio, ma si estende, in termini di tutela e di valorizzazione, al territorio nel suo complesso, considerando il sistema di relazioni che esistono tra le sue parti e le sue componenti, tra queste e i bisogni e le aspettative delle società locali. Emerge, in questa logica, il senso di paesaggio come patrimonio territoriale, come sistema di valori collettivi in cui riconoscersi e che costituiscono un potenziale competitivo per i territori stessi. Oltre alla Convenzione che ha soprattutto un valore esortativo, il patrimonio paesaggistico italiano e protetto dalla Costituzione della Repubblica Italiana, (articolo 9), e da una serie di decreti e leggi, la prima delle quali risale all’anno 1939. Tale legge prevedeva vincoli paesaggistici inerenti l‟aspetto estetico e quindi, visivo del paesaggio, mentre molti anni più tardi la legge 431 del 1985, e il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali del 1999, hanno introdotto il concetto di vincolo paesaggistico ambientale. Il 1 maggio 2004 in attuazione dell'articolo 9 della Costituzione e entrato in vigore il "Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio", definendo il paesaggio un “valore primario e assoluto affidato alla tutela dello Stato". Il Codice dei Beni Culturali ha rinnovato la struttura degli strumenti di conservazione, introducendo anche i Piani Paesistici che tutte le regioni devono realizzare. Purtroppo nelle normative sopra elencate il paesaggio agroforestale, non e stato oggetto di un approfondimento specifico che avrebbe permesso di mettere in atto strumenti di tutela; la sua conservazione viene quindi in larga parte demandata a chi vive ed opera nel territorio rurale. Questa situazione rende urgente lo sviluppo di iniziative specifiche, tenendo conto anche dei nuovi valori che esso oggi riveste non solo per il mondo agricolo ma anche per la società nel suo complesso.
Paesaggio rurale come sistema complesso
Nel Paesaggio Rurale, inteso come sistema complesso, si possono quindi chiaramente distinguere 3 elementi, indipendenti l’uno dall’altro, ma strettamente correlati e spesso in equilibrio dinamico e precario: l’elemento agricolo, l’elemento forestale e l’elemento urbanistico. L’elemento agricolo, e l‟insieme delle attività agricole, delle tecniche e delle colture che hanno modificato l‟originale natura dei suoli, modellato l‟orografia dei versanti, definito la vegetazione e i colori delle stagioni. La componente agricola e dunque ricavata da spazi naturali convertiti in terreni fertili o pascoli e in cui l‟uomo ha sviluppato, adattato e messo a frutto nel tempo tecniche e conoscenze necessarie per soddisfare i propri bisogni vitali come la produzione di cibo e di lana, cuoio e pellame per coprirsi. 6
Valle del Tevere (foto Vincenza Chiriacò) L’elemento forestale e rappresentato dai boschi “naturali” o gestiti e costituisce il collante delle tessere del paesaggio rurale. La componente forestale e quella che più si avvicina alla naturalità di un territorio, ma raramente conserva ancora gli antichi caratteri originari.
Valle del Salto (foto Laura Pacati) Sebbene rappresenti una traccia della primordiale identità di un paesaggio rurale, la componente forestale e stata caratterizzata spesso da profonde trasformazioni territoriali e socio-economiche avvenute nei secoli, al fine di soddisfare le esigenze economiche locali nei diversi momenti storici. L’elemento urbanistico, che e la caratteristica più evidente dell‟espressione antropica e si racconta non solo nei manufatti abitativi, ma in tutte le infrastrutture umane (acquedotti, ponti, strade, muretti, terrazzamenti etc.) facilmente visibili in un paesaggio. Gli elementi “urbanistici” sono stati frapposti a quelli naturali dall‟uomo per rendere il territorio più facilmente 7
fruibile e più consono alle proprie esigenze. Oggi per essere sicuri che le opere umane si possano adattare alle realtà paesaggistiche, ma soprattutto alle caratteristiche del territorio vengono in alcuni casi sottoposti alla cosiddetta VIA (Valutazione di Impatto Ambientale), cioè una serie di procedure finalizzate a stabilire l‟effettivo impatto di tali infrastrutture sull‟ambiente. Le infrastrutture viarie, i ponti e gli acquedotti che possiamo oggi osservare in un paesaggio rurale manifestano a volte un‟identità antica, riconoscibile nelle tecniche e nei materiali tradizionali facilmente reperibili in loco, altre volte identità più moderne con strutture più complesse, a volte eccessive rispetto alle reali necessita, e realizzate con materiali non sempre provenienti da luoghi vicini.
Valle del Tevere (foto Vincenza Chiriacò) Paesaggio, valore culturale
Il paesaggio rurale e custode di tradizioni, lingue, arti e civiltà provenienti non solo dal Bacino del Mediterraneo, ma anche dall’Europa continentale. Il paesaggio rurale integra diversi valori: culturale, economico, ambientale. Il paesaggio rurale Italiano si sviluppa in contesti naturali molto differenti: dalle Alpi alle isole mediterranee, dalle pianure alluvionali ai terrazzamenti costieri, dalle colline carsiche alle pendici appenniniche ed e il risultato di una millenaria opera umana in cui si sono susseguite, incontrate e sovrapposte civiltà, culture, arti e sopratutto differenti tecniche colturali (coltivazione, piantagioni, captazione e uso dell‟acqua, insediamenti e manufatti) provenienti non solo dal il bacino del Mediterraneo (Greci, Arabi, Spagnoli) ma anche dall'Europa continentale (Francia, Germania, Austria). Il paesaggio italiano nella sua diversità ed eterogeneità di elementi, e rappresentativo della molteplicità e della stratificazione delle impronte che cosi tante e distinte civiltà hanno lasciato nel territorio e nelle forme delle nostre campagne.
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Queste stesse civiltà, d‟altro canto, hanno fornito nel corso del tempo un contributo cosi incomparabilmente ampio di nuove specie e tecniche di coltivazione, che il carattere storico del paesaggio italiano assume un valore del tutto particolare rispetto ad altri paesi europei. I contadini sono stati gli artefici silenziosi di questa costruzione che ha contribuito in modo essenziale al progresso del paese, ed ha prodotto valori che il mondo ha riconosciuto almeno dal Rinascimento. Salvaguardare il paesaggio rurale italiano assume oggi un significato particolare. In questo difficile momento storico, caratterizzato da profonde e rapide trasformazioni e molteplici incertezze sociali, politiche e culturali che influenzano la società attuale ed il futuro delle giovani generazioni, riscoprire e tutelare i paesaggi rurali nazionali significa anche ricercare la propria identità, non contro altre identità, ma nel dialogo, nell’inclusione e nella diversità. Il crescente rilievo politico e sociale che la questione del paesaggio sta assumendo oggi, in Italia e in Europa, nasce da un misto di ansie e di paure, di speranze e delusioni, e da un profondo cambiamento che caratterizzano la società moderna, ma esprime anche l‟emergere di nuove domande sociali che attendono risposta, mettendo al centro la difesa dei valori del territorio contro la banalizzazione e l‟omologazione indotte dagli attuali processi di trasformazione. Si tratta, dunque, di una risorsa inestimabile per i contesti locali e specificamente per quelli rurali dove massimo e il confronto tra ambiente naturale ed antropico e particolarmente complesse le relazioni e i rimandi tra caratteri fisici dei luoghi, modalità d‟uso produttivo del suolo, forme insediative, opere infrastrutturali. Paesaggio, valore economico
Il paesaggio rurale non rappresenta quindi, solo un contesto produttivo, ma anche un bene pubblico fondamentale per una migliore qualità della vita, il cui valore non e quantificabile. Il paesaggio rurale oltre ad essere stato nei secoli il principale e unico contesto produttivo ed economico del nostro paese acquista oggi una valenza nuova, frutto delle necessita della società moderna. Fino alla rivoluzione industriale le risorse agricole e forestali del mondo rurale hanno rappresentato la principale ricchezza economica del paese. Questo ruolo negli ultimi cinquant‟anni si e progressivamente ridotto fino a giungere nell'era della globalizzazione ad una visione del mondo rurale legata principalmente ad aspetti turistico gastronomici e ludico ricreativi, stravolgendo profondamente le relazioni e il tessuto sociale ed economico di queste aree. Il progressivo abbandono delle aree rurali del Paese verso le zone urbane, l'aumento delle produzioni agricole estensive rappresenta una profonda ferita nel paesaggio nazionale, che l'intera società si trova a pagare oggi, e negli anni futuri in termini ambientali, di assetto del territorio e in qualità agroalimentare. Il paesaggio rurale e pero anche un bene storico e ambientale collettivo che rappresenta un valore in termini di servizi difficilmente quantificabile in termini monetari. Quanto siamo disposti a pagare affinché permanga un certo paesaggio, affinché i valori, la cultura i prodotti che lo caratterizzano siano disponibili e fruibili? 9
Nelle politiche Comunitarie e Nazionali per i settori agricolo e forestale e per lo sviluppo socioeconomico delle aree rurali il paesaggio, la sua conservazione e funzionalità rappresenta un valore aggiunto, non riproducibile, fondamentale per una migliore qualità della vita dell'intero paese. La valorizzazione del contesto imprenditoriale e produttivo del mondo rurale passa quindi anche attraverso la conservazione delle diverse forme paesaggistiche. Paesaggio, valore ambientale
Il paesaggio rurale ha un intrinseco valore che si esprime non solo nel mantenimento della sua forma e struttura, nella tutela e salvaguardia della biodiversità animale e vegetale presente, ma anche nelle peculiarità storico e culturali del mondo rurale. Grazie alla presenza dell'uomo e alle sue attività agrosilvopastorali, vengono garantite la tutela del territorio e degli assetti idrogeologici, anche essi parte costituente di un paesaggio rurale. La mancanza o la perdita della componente e presenza antropica attiva nel territorio rurale generano un disequilibrio nei precari processi ecologici (perdita di specie e cultivar, di ecotoni di sviluppo e crescita per specie animali) e strutturali (dissesto idrogeologico, ecc.) che caratterizzano il paesaggio rurale e garantiscono servizi ambientali e sociali all'intera società.
Paesaggio rurale agro-silvo-pastorale, Perugia (foto di Raoul Romano)
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1.2 TIPOLOGIE DI PAESAGGIO E LORO EVOLUZIONE Paesaggio forestale
Le foreste non sono una semplice copertura vegetale della superficie terrestre. Esse custodiscono un complesso ecosistema in cui la fauna e la flora si integrano, in cui le specie animali e vegetali si compensano e interagiscono in una articolata catena alimentare. Le foreste rappresentano comunità complesse (biocenosi) in cui convivono popolazioni animali, vegetali, di funghi e batteri in un dato momento storico, in un definito spazio fisico. Le comunità biologiche che le compongono sono in continua evoluzione e non possono essere considerate stabili in senso assoluto. Un‟area priva di vita (es. colata lavica) sarà colonizzata da specie definite pioniere (muschi e licheni) che daranno avvio ad un lentissimo processo di modificazione dell‟ambiente a favore di altre specie, in una successione ecologica che porterà ad una situazione definita la “comunità climax”, in cui un equilibrio ecologico precario si manterrà stabile fino all‟arrivo di una perturbazione esterna (nuova eruzione, cambiamenti climatici, cataclismi, l‟uomo) che ne modificherà gli assetti e la stabilità.
La Successione Naturale rappresenta il processo attraverso il quale specie resistenti a condizioni estreme (specie pioniere: microbi, muschi e licheni) colonizzano un ambiente fisico mai occupato da esseri viventi e ne determinano le modificazioni nel tempo fino al raggiungimento di una comunità che è in grado di resistere molto a lungo nel tempo (Comunità climax). Si parla di successione secondaria quando una comunità rimpiazza un‟altra o colonizza un ambiente già occupato da una comunità distrutta (incendio o altro fenomeno estremo).
Inoltre per mantenere la comunità in equilibrio i rapporti tra la componente animale e vegetale devono rimanere contenuti entro certi limiti. L‟aumento eccessivo di una specie può minacciare la sopravvivenza di un‟altra specie o popolazione mettendo a rischio l‟intera rete ecologica in cui le foreste rappresentano le maglie. La distribuzione geografica degli esseri viventi sul nostro pianeta e in particolare delle specie forestali, dipende principalmente da fattori climatici. In particolare l‟effetto congiunto di temperatura e piovosità influisce fortemente, insieme alle caratteristiche chimiche del suolo, sulle tipologie forestali che possono vivere in una determinata regione. Una copertura arborea su ampie dimensioni, pluristratificata, compatta, impenetrabile o rada a secondo del clima e dei caratteri della regione, dove gli alberi ad alto fusto crescono spontaneamente si presenta nelle diverse stagioni agli occhi di un osservatore come un paesaggio forestale. Duemila anni fa Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, scriveva che “le foreste sono il dono più grande fatto all’uomo”: incredibile il contributo che le foreste hanno fornito e continuano a fornire allo sviluppo della civiltà.
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L‟origine della maggior parte dei paesaggi europei, e in particolare di quelli italiani, è spesso legata alle foreste che nel corso dei secoli hanno subito, attraverso l‟azione dell‟uomo, profonde modifiche e alterazioni nella loro composizione e struttura, al fine di ottenere non solo superfici utilizzabili come aree agricole, pascolive e/o urbane, ma anche per produrre assortimenti legnosi e altri prodotti forestali necessari a soddisfare le esigenze economiche locali nei diversi momenti storici. Il paesaggio forestale italiano
La base naturale del paesaggio forestale italiano è stata modificata ben prima del periodo romano, per poi continuare nei diversi periodi storici, quali il, Medioevo e l‟Età Moderna e Contemporanea, con l‟espansione delle aree agricole e pascolive e a causa della crescente pressione demografica, fino a poter affermare che nel nostro paese foreste naturali oggi non esistono. Il paesaggio visibile è quindi il risultato dell‟uso e della gestione locale, delle molteplici relazioni, anche simboliche, che si sono susseguite nella storia tra uomo e ambiente. Oggi oltre allo storico ruolo produttivo di materie prime legnose, alla componente forestale vengono attribuite nuove prioritarie funzioni, frutto della cultura e delle esigenze della moderna società, come per esempio la funzione di "serbatoio" di biodiversità e anidride carbonica, di filtro depurativo per le acque e l‟aria di aree ricreative e turistiche, ecc. Negli ultimi due secoli il patrimonio forestale nazionale, e di conseguenza anche il paesaggio rurale, ha conosciuto profonde e rapide trasformazioni. Dall'Unità d‟Italia (1861) agli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale si è registrata un‟importante contrazione della superficie forestale dovuta soprattutto all‟incremento demografico e al disboscamento in favore di nuove aree agricole e pascolive. Oltre ai fattori demografici, anche lo sviluppo industriale avvenuto alla fine dell‟800 ebbe come risultato, diretto ed indiretto, un aumento dei consumi di legna e legname. Dagli anni ‟20 in poi si registra una stabile inversione di tendenza, che si mantiene costante fino ai giorni nostri e che vede la superficie forestale aumentare progressivamente la sua estensione e la sua composizione. Le foreste italiane si trovano oggi in uno dei momenti di massima espansione rispetto agli ultimi due secoli.
I boschi d’Italia
Tale fenomeno, negli ultimi sessanta anni, si è sviluppato di pari passo con l'utilizzo di nuove fonti energetiche che sostituiscono i combustibili vegetali, con lo sviluppo dell‟industria ed i servizi che hanno assorbito sempre più manodopera con il conseguente abbandono delle pratiche agricole in molte aree rurali del paese e lo spopolamento delle aree montane verso le aree costiere e urbane. Ciò ha comportato una riconquista da parte del bosco dei terreni abbandonati dalle attività agricole e pascolive, ma allo stesso tempo ha prodotto una riduzione della diversità del paesaggio, una semplificazione delle molte e diverse forme di gestione forestale esistenti, con la riduzione dei castagneti da frutto, la perdita delle piante arboree nei campi e nei pascoli, lo sviluppo di specie esotiche a discapito di specie locali endemiche, ecc. Questo processo sta riportando i nostri boschi verso un certo grado di seminaturalità, che cancella o riduce non solo i tratti colturali del paesaggio forestale accumulatisi nei secoli ma anche il patrimonio di tradizione e cultura legato alla loro gestione. Con riferimento alle differenti caratteristiche climatiche (temperatura e precipitazioni) del nostro paese, possiamo distinguere
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tre grandi gruppi di formazioni forestali, corrispondenti ad aspetti nettamente diversi del paesaggio vegetale: Macchia mediterranea (a): tipica dell‟Italia peninsulare e insulare, si caratterizza in zone con scarse precipitazioni e concentrate soprattutto nella stagione autunno invernale, costituita da specie vegetali sempreverdi, arbustive e capaci di resistere alla siccità.
Macchia mediterranea: Sicilia (foto di Vincenzo Montalbano). Foreste di latifoglie a riposo invernale (b): presenti nelle aree collinari e interne della penisola, in zone con piogge abbondati e distribuite nell‟arco di tutto l‟anno, costituite da latifoglie a riposo invernale. La foresta decidua si differenzia nella sua composizione specifica sul territorio principalmente in funzione delle temperature.
Bosco di latifoglie, Appennino Tosco Emiliano (foto Raoul Romano).
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Bosco di faggio Appennino tosco-emiliano (foto Raoul Romano). Foreste di conifere (c): presenti nelle aree montane e alto montane dove le temperature sono estremamente basse, e le precipitazioni nevose abbondanti. Le foreste di conifere sempreverdi spesso costituiscono popolamenti puri.
Abetina, Appennino tosco-emiliano (foto Raoul Romano). Tra le varie catalogazioni e classificazioni delle tipologie forestali che costituiscono i paesaggi forestali nazionali, quella elaborata da Aldo Pavari nel 1916 rimane la piÚ utilizzata in Italia. Tale classificazione è strettamente legata alle caratteristiche climatiche e consente di suddividere il territorio italiano in aree omogenee dove è potenzialmente possibile incontrare una specifica realtà forestale, frutto comunque dell'interazione storica tra ambiente naturale e gestione umana del patrimonio boschivo. 14
Per saperne di più:
Zona fitoclimatica
Zona geografica
Limite inferiore (m s.l.m.)
Limite superiore (m s.l.m.)
Specie più rappresentative
LAURETUM
Italia centromeridionale
0
600-800
Alloro, olivo, leccio, pino domestico, pino marittimo, cipresso
CASTANETUM
Italia settentrionale; Italia centromeridionale;
0 600-800
800-900 1.000-1.300
Castagno, rovere, roverella, farnia, cerro, pioppo
FAGETUM
Italia settentrionale; Italia centromeridionale;
800-900 1.000-1.300
1.000-1.300 2.000
Faggio, pioppo tremulo, abete bianco, pino nero
PINETUM
Italia settentrionale;
1.000-1.300
2.000
Abete rosso, larice, pino cembro, pino silvestre
ALPINETM
Italia settentrionale;
2.000
Limite della vegetazione
Larice, pino cembro, pino mugo, rododendro
Il Regno dei vegetali è composto da circa 350.000 specie di organismi viventi. Dal punto di vista morfologico, in una pianta si possono distinguere tre organi principali: le radici, con funzioni meccaniche di sostegno (mantengono la pianta ancorata al suolo) e nutrizionale (assorbono acqua e sostanze minerali dal terreno); il fusto, che sostiene la chioma e mette in comunicazione le radici con le foglie; le foglie, strutture contenenti i cloroplasti sede della fotosintesi clorofilliana. La forma e la funzione delle piante, in particolar modo dell‟apparato radicale e della chioma sono state determinate dalle caratteristiche dell‟ambiente terrestre. Gli organismi più rappresentativi di questo regno appartengono al gruppo delle “piante superiori” o meglio delle spermatofite, suddivise in: gimnosperme (con semi nudi - meno evolute). angiosperme (con semi nel frutto - più evolute) Le conifere (gimnosperme o aghiformi) sono piante vascolari, con semi contenuti in un cono. Le foglie di molte conifere sono aghi lunghi e sottili. Tranne che per poche specie quasi tutte le conifere sono sempreverdi e le foglie possono rimanere diversi anni sulla pianta. Appartengono a questa categoria gli alberi più alti della Terra, le sequoie. In Italia le specie più rappresentative sono i pini, gli abeti e i larici. Le latifoglie (angiosperme) sono caratterizzate da foglie larghe. Esse possono essere sempreverdi e caducifoglie. Le latifoglie sempreverdi non lasciano cadere le foglie durante le stagioni avverse. Le foglie vengono rinnovate gradualmente (l‟aspetto generale dell‟albero rimane uguale nelle stagioni). Le latifoglie caducifoglie durante i periodi avversi perdono completamente le foglie (nel nostro emisfero coincide generalmente con la stagione invernale). Le foglie cadono in autunno (gli alberi rimangono spogli per diversi mesi) e vengono emesse nuove foglie nella primavera successiva.
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Paesaggio agrario
Per quanto riguarda le superfici agrarie il quadro dell’Italia agricola al momento della raggiunta unità nazionale mostra caratteri complessi. L‟adattamento alle diverse e spesso difficili condizioni territoriali e le varie strutture economiche e sociali sviluppate hanno, infatti, diversificato il territorio nazionale, attraverso un processo durato secoli. La nostra agricoltura è stata, tranne in limitate zone del paese, una continua e faticosa operazione di trasformazione e di adattamento ad un ambiente naturale difficile, posto per la maggior parte in zone montuose o alto collinari, coperto da foreste anche in pianura, o da estese paludi, creando non solo un luogo ideale per coltivare, ma anche un paesaggio di straordinaria qualità. I sistemi agrari principali, come la cascina lombarda, la fattoria e le case coloniche della mezzadria, il latifondo cerealicolo delle Tenute Maremmane, dei Casali romani o delle Masserie del Mezzogiorno, costituiscono i segni più evidenti di una articolazione ben più complessa.
Altavalsesina, Lombardia. Tuttavia, all‟interno di questa variegata realtà, esistevano alcuni tratti comuni al territorio nazionale. Innanzitutto uno sviluppo notevole del seminativo con una ampia prevalenza di coltivazioni di cereali (graminacee ad elevato valore economico nazionale, quali il grano, il mais, il riso, l‟orzo e l‟avena). Le “terre da pane” erano un segnale della forte destinazione all‟autoconsumo delle produzioni e mantennero fino all‟unità d‟Italia un ruolo dominante nel paesaggio agrario anche nei territori di montagna. Altro segno inequivocabile di questa tendenza era la presenza di una associazione di colture nell‟ambito dello stesso territorio, come pure la presenza di estesi terrazzamenti volti a realizzare superfici orizzontali adatte alla semina in zone acclivi. L‟agricoltura nel periodo post unitario si pone come principale fattore economico con forti elementi di continuità temporale in un arco di tempo plurisecolare.
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A partire dagli inizi del Novecento la percentuale degli addetti all‟agricoltura iniziò lentamente a decrescere, a causa dello sviluppo del settore secondario a seguito della rivoluzione industriale di fine „800, per giungere ai nostri giorni in cui al settore si dedica appena il 4% della popolazione attiva e il peso del settore è pari al 3% del PIL. Le trasformazioni hanno avuto tempistiche e intensità diverse nelle varie parti del paesaggio. Cambiamenti più precoci avvennero nelle regioni industriali del Nord Ovest, dove gli addetti all‟agricoltura tra le due guerre erano già scesi intorno al 35%. Nel resto dell‟Italia, l‟inversione tra settore primario (agricoltura) e secondario (industrie) avvenne soltanto all‟indomani del secondo conflitto mondiale. Oltre al fenomeno dell‟abbandono e alla conseguente espansione delle superfici forestali, le superfici agrarie sono state interessate da ulteriori trasformazioni; all‟interno delle superfici agricole la flessione più significativa riguarda la riduzione dei seminativi, poi quella dei prati e dei pascoli e delle colture promiscue. La riduzione della coltura del frumento è estremamente significativa e simbolica per un paese che negli anni ‟20 combatteva la “battaglia del grano”, ed è stata solo in parte compensata dall‟aumento della produttività , tanto che l‟Italia continua ad importare oggi grano dall‟estero così come faceva nel periodo postunitario. Vari fattori sono intervenuti a determinare il profondo mutamento del paesaggio rurale. Fra questi vale la pena nominare i movimenti demografici, la diffusione di importanti innovazioni determinate dal progresso scientifico e tecnologico, quali le concimazioni e il diserbo chimico oltre alla meccanizzazione, che finirono per favorire invece che arginare l‟esodo dalle campagne. Tra i fenomeni più significativi delle trasformazioni interne alle superfici agricole è da segnalare inoltre l‟orientamento verso le coltivazioni specializzate che hanno notevolmente semplificato le tecniche di allevamento. Il passaggio ha caratterizzato tutti i settori tipici delle produzioni agricole e alimentari, ed ha portato ad adottare tecniche di coltivazione orientate ad un incremento della produttività ed un miglioramento qualitativo delle produzioni, una qualità però da cui il paesaggio è ancora escluso. Viticoltura, olivicoltura, ortofrutticoltura, agrumicoltura, zootecnia e produzioni lattiero casearie sono state investite da questi nuovi orientamenti, anche se questo ha comportato fenomeni di intensificazione produttiva spesso non compatibili con l‟ambiente e con il paesaggio.
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1.3 PAESAGGIO RURALE IN ITALIA Quadro conoscitivo
L’Italia possiede un incomparabile patrimonio di paesaggi, modificati e modellati dall’uomo nel corso dei secoli, che costituiscono un’eccezionale ricchezza, espressiva dell’identità e dell’immagine del nostro Paese. La presenza antropica che caratterizza la matrice del paesaggio rurale rimane come nel passato l’agricoltura, cui si affiancano, si interconnettono e in pochi casi predominano, gli elementi della gestione forestale ed eventualmente i manufatti umani. Cinquant‟anni fa il paesaggio rurale ha conosciuto una grande trasformazione e da almeno una ventina di anni sembra subire un nuovo processo di trasformazione, i cui caratteri risultano poco chiari. Fino agli anni Cinquanta il territorio italiano è stato prevalentemente agricolo, con zone agrarie diverse, differenti luoghi di produzione (prevalentemente agrozootecnica), che erano al contempo luoghi di vita. Ogni zona agraria aveva una sua caratterizzazione specifica, data dall‟interazione della comunità umana con l‟ambiente naturale: questo ha determinato la creazione di territori distinti, luoghi di produzione e di vita. Nel secondo dopoguerra, con il boom economico conseguente alla ricostruzione la situazione sociale ed economica in Italia subisce profonde trasformazioni che incidono anche sull‟organizzazione delle zone e delle comunità agricole. Si afferma infatti il modello industriale che introduce nuovi ruoli per la campagna e modifica i rapporti con le aree urbane. La modernizzazione dell‟agricoltura porta con sé, lo sviluppo della meccanizzazione, la diffusione degli input chimici e dei modelli di produzione, la specializzazione produttiva, la concentrazione degli investimenti nelle aree più fertili sovvertono modelli ed equilibri consolidati nel tempo. La progressiva industrializzazione dell‟agricoltura corrisponde con l‟integrazione in mercati di raggio sempre più ampio e va a svuotare il tradizionale rapporto città-campagna. Le città perdono progressivamente il ruolo di mercati locali, e con la loro disordinata espansione invadono le fasce di campagna più prossime. Il modello di sviluppo industriale comincia a entrare in serie difficoltà a metà degli anni Settanta. In agricoltura, all‟interno dell‟Unione Europea, le stesse difficoltà si fanno sentire con qualche ritardo negli anni Ottanta e sono in qualche modo “certificate” dalla riforma Mac Sharry. La crisi si manifesta sotto diversi aspetti e con conseguenze su più livelli: i) si creano eccedenze produttive costose in fase di gestione e in fase di smaltimento; ii)
si introducono meccanismi non trasparenti di sofisticazione processi produttivi degli alimenti;
nei
iii) si assiste al crescente inquinamento delle aree a più forte concentrazione produttiva; iv) cresce il dissesto idro-geologico delle aree soggette a spopolamento, specie quelle più periferiche e marginali (aree di montagna difficili da coltivare) ;
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v) la riduzione della diversità delle aree agricole comporta la contrazione della bio-diversità vegetale e animale oltre che di paesaggio; vi) il degrado del paesaggio (da un lato semplificato fino alla omogeneizzazione e dall‟altro abbandonato ad una rinaturalizzazione incontrollata); vii) l‟impoverimento e la progressiva scomparsa, sotto i colpi della massificazione commerciale, di tante culture locali del produrre e del consumare. A seguito della crisi del modello agricolo industriale, il mondo agricolo avverte la necessità, a distanza di quaranta anni, di reimmergersi nei luoghi, con tutti i loro saperi specifici, per offrire prodotti sempre meno standardizzati e sempre più tipici, ma anche per offrire una varietà di servizi che non sarebbero neppure concepibili fuori di un radicamento territoriale: di salvaguardia e arricchimento delle risorse naturali (in senso fisico e biologico), di riscoperta e divulgazione di giacimenti eno-gastronomici, di risocializzazione a tante subculture locali, di presidio demografico ed istituzionale, di ospitalità turistica alternativa, di fruizione del paesaggio. L‟attenzione per il paesaggio è legata ad una profonda evoluzione della società e delle politiche dello sviluppo rurale, passate da un approccio settoriale, caratterizzato da interventi di tipo puntuale, ad una concezione che valorizza la dimensione territoriale, per la quale è necessario lo sviluppo di un “progetto di territorio”, per il quale il paesaggio si presenta oggi come un paradigma di riferimento più efficace rispetto alle sole istanze produttive o ambientali, offrendo un punto di riferimento molto più vicino ai reali valori espressi dal nostro territorio. Il concetto di produzione ha infatti lasciato sempre più campo a quello di “qualità” come fattore di competitività, ma non si tratta più della sola qualità dei prodotti, ma di una qualità integrale, che associa ogni prodotto al suo paesaggio, assicurandone l‟unicità e quindi producendo un valore aggiunto non replicabile al di fuori dei luoghi di origine. Paesaggio agricolo forestale
Paesaggio agricolo
Il paesaggio rurale mostra due tipi principali di configurazioni: i paesaggi a e matrice agricola (55% della superficie totale del territorio) e i paesaggi a matrice boscata ed ambienti semi-naturali (40% della superficie totale). Non si tratta di due percentuali relative alla estensione, ma piuttosto alla struttura del paesaggio in cui l’elemento dominante è la parte agricola o la parte forestale. Il paesaggio agricolo forma una distesa fisicamente continua, che a partire dalle colline del Monferrato, delle Langhe e pedemontane prealpine si estende su tutta la pianura padana, interessa i paesaggi collinari e le pianure costiere della Penisola, fino ad arrivare al tavolato delle Murge e alla penisola Salentina e ai rilievi collinari e alle pianure costiere della Calabria. Anche in Sicilia questo tipo di paesaggio è ampiamente predominante in tutti i rilievi collinari, nei tavolati calcarei Iblei, nella pianura aperta di Catania e nelle pianure costiere; in Sardegna esso predomina nei rilievi, pianure e tavolati del settore centrooccidentale. Il paesaggio caratterizzato dai boschi costituisce il connettivo dell‟ossatura montuosa della penisola italiana, dai rilievi dell‟arco alpino e appenninico fino ai Monti del Matese. Aree isolate da questo corpo centrale sono presenti sulle colline Metallifere, M.te Amiata, M.ti della Tolfa, M.ti Cimini; nell‟Italia meridionale interessa il promontorio del Gargano, e forma un
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arco continuo a partire dall‟Appennino Lucano lungo tutta la catena costiera calabra, Sila e infine, con un‟area distaccata, Serre e Aspromonte; in Sicilia è presente nell‟arco dei Madonie-Nebrodi-Peloritani e sull‟Etna; in Sardegna il corpo più esteso ricopre il settore centro-orientale. Oltre a queste due tipologie esiste il paesaggio composito (3% del totale) che viene interpretato come una struttura di transizione, cerniera tra i due sistemi a matrice boscata e agricola; esso si localizza in tutti quei rilievi (collinari o montuosi) ove rotture morfologiche o limiti altitudinali (es. limite per la coltura di massa della vite o dell‟ulivo) fanno sì che vi sia una polarizzazione nella distribuzione degli usi del suolo: la fascia collinare o le morfologie più dolci sono interessate prevalentemente dalla coltura agricola mentre la più fascia elevata del rilievo (spesso anche con pendii più ripidi e complessi) è occupata prevalentemente dal bosco. Paesaggio forestale
I boschi occupano oggi oltre il 34% del territorio nazionale e, diversamente da quanto comunemente si pensa, non sono pura espressione di naturalità. L‟evoluzione del paesaggio forestale, fino all‟attuale assetto, si è sviluppata attraverso un susseguirsi di cambiamenti di uso del suolo legati non solo ai fenomeni naturali che si sono verificati e ripetuti negli ultimi 7000 anni, ma anche a quelli sociali ed economici delle popolazioni insediatesi sul territorio. Ad iniziare dallo sviluppo della civiltà Etrusca nell‟area tosco-laziale e dalla presenza greca nell‟Italia meridionale, l‟agricoltura rappresenterà la prima antagonista delle foreste. All‟alba delle civiltà italiche il paesaggio forestale e il paesaggio agricolo incominciano a confondersi in “utilità e bellezza”. Nel paesaggio mediterraneo, come ci viene descritto nell‟Odissea di Omero, la natura selvatica nei pressi della grotta della ninfa Calipso, dà spazio e si congiunge con quella domestica: "Ontano, pioppo e cipresso odoroso … uccelli dall’ampie ali facevano nido, ghiandaie, sparvieri, cornacchie che gracchiavano a lingua distesa … Si distendeva … una vite domestica , florida, feconda di grappoli … quattro polle sgorgavano in fila, di limpida acqua … intorno molli prati di viola e di sedano erano in fiore; a venir qui anche un nume immortale doveva incantarsi guardando, e godere nel cuore.". I disboscamenti per conquistare spazi e terre utili alla produttività agricola continueranno in tutta l‟epoca romana, cui progressivamente si aggiungono le crescenti esigenze “industriali” di sfruttamento delle risorse legnose e non legnose. Basti pensare alla cantieristica navale, alla sempre fiorente industria militare o semplicemente alle necessità “energetiche” della sola città di Roma, che doveva garantire l‟approvvigionamento giornaliero di combustibile a forni, cucine, botteghe artigiane e terme per un milione di abitanti.
Foreste primarie e loro distribuzione
Secondo la FAO si definiscono “primarie”, o naturali, le foreste che non mostrano segni visibili dell'influenza antropica e dove i processi ecologici non sono significativamente disturbati. Secondo i dati della FAO in Italia a questa definizione corrispondono circa 160 mila ettari. Queste aree forestali in realtà, come tutte il territorio forestale nazionale hanno subito nei secoli una forte influenza da parte dell'uomo che ne ha modificato la struttura e alterato l'ecologia. Oggi però non subiscono
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più una gestione continua, anche se presentano ancora i segni dell'azione dell'uomo nella loro struttura e composizione e sono prevalentemente costituite da riserve forestali integrali e da altre aree protette. Nel complesso in Italia circa 3 milioni di ettari di risorse forestali risultano interessati da diverse forme di protezione a scopo naturalistico (corrispondenti a circa il 10% dell‟intero territorio nazionale). Alla definizione della FAO di "foreste primarie" corrispondevano forse quelle poche aree forestali che già al tempo dei romani risultavano le selve non toccate, spesso perché considerate sacre: Selva Cimina (Viterbo), Selva Litana (Bologna), Selva Gallinara (Pozzuoli), Selva Angizia (Fucino), Selva della Sila, Selva Diomedea (fiume Timavo), Selva Fetontea (fiume Livenza), Selva Lugana (Peschiera). Fino al II secolo a.C. la selva Cimina, in prossimità di Roma, viene descritta da Tito Livio come più impervia e spaventosa delle enormi foreste germaniche. Ma in breve tempo anche gli intoccabili boschi sacri diventano risorse utili e possono, come ci racconta Catone neanche 100 anni dopo nel “De Agri cultura”, essere tagliati dall‟uomo offrendo, però, prima sacrifici e riti agli Dei. I boschi cantati da Virgilio (70 - 19 a.C.) sono invece già "resi docili e dolci dal lavoro dell‟uomo e dall‟arte della poesia". Le esigenze economiche di una civiltà, quale quella romana, in continua espansione, comportarono ovviamente la necessità di regolamentare con atti e leggi l‟uso e la gestione delle risorse forestali. A limiti di taglio e indicazioni di governo si affiancarono rimboschimenti artificiali e regolamentazioni sugli usi collettivi dei boschi e dei pascoli pubblici (forma di controllo collettivo tutt‟ora esercitata sotto forma degli usi civici). Significativi furono gli interventi di rimboschimento, con l‟inserimento di nuove specie (e.s. pino domestico, cipresso), nonché lo sviluppo di alcune specie “economicamente” più redditizie (es. castagno) a discapito di altre. Colpisce a riguardo l‟epitaffio di Dione, cittadino africano dell‟Impero romano, che sulla sua tomba fece scrivere: “In pace vixit annos octoginta et instituit arbores quattuor milia” (In pace vissi ottanta anni e piantai quattromila alberi). Tutto ciò non impedì però la necessità di importare sulla penisola legname dall‟Asia minore e dai Balcani, talmente era la richiesta e la necessità. Alla fine del III secolo d.C. il paesaggio rurale italiano, contraddistinto ormai da un ricco mosaico agro-forestale, inizia un lento declino insieme al fiorente Impero Romano. Con l‟abbandono delle campagne la superficie coltivata si contrae e alle conseguenze economico-sociali del crollo dell‟Impero si aggiungono i fenomeni naturali. In breve tempo, infatti, le foreste riconquistano gli spazi e le aree che erano state cedute all‟agricoltura e all‟allevamento, grazie anche al cambiamento climatico registrato tra il 500 e il 1200 (piccolo optimum climatico medievale con impronta più umida e calda). Nel VI secolo eventi climatici estremi contribuirono ulteriormente a modificare il paesaggio della penisola, come ad esempio le alluvioni che inondarono i terreni dissodati, bonificati e coltivati dai romani nella pianura Padana. In generale fino all‟XI secolo, rimase “il regno del bosco e della palude”. La convivenza tra foreste, agricoltura e allevamento per tutto il periodo carolingio si limiterà alle aree oltre le mura dei villaggi fortificati.
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E proprio in questo periodo al termine di origine latina "selva", si affianca un nuovo sinonimo "foresta", cioè ciò "che rimane fuori", fuori dalle mura. Solo a partire dall‟XI secolo si svilupperà una progressiva e sistematica colonizzazione delle terre.
Les Très Riches Heures du Duc de Berry, 1416 - Durante il Medioevo gran parte dell'Europa era ricoperta di foreste, e la foresta era un luogo molto pericoloso. La caccia qui rappresentata si svolge nel mese di dicembre. In lontananza il Château de Vincennes. (Immagine messa in rete dalla Bibliothèque nationale de France)
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La popolazione raddoppia tra il X e il XIV secolo e le necessità dello sviluppo ritrovano nei boschi gli spazi e le risorse necessari. Processi di bonifica, dissodamento, disboscamenti, apertura di pascoli anche ad alte quote, coltivazioni e allevamenti estensivi caratterizzano i primi tre secoli del nuovo millennio, ridefinendo un nuovo mosaico agroforestale per la penisola. A questo sviluppo rurale si aggiunge l‟affermarsi della cantieristica navale e delle città, con le proprie necessità di approvvigionamento “energetico, strutturale e industriale” di legname. Valutare globalmente le conseguenze sul bosco della grande colonizzazione medioevale è impossibile. Ma è proprio in questo periodo che lo stato delle foreste e la loro “multifunzionale” utilizzazione incomincia a essere fortemente regolamentata con nuove leggi e statuti. Gli statuti dei Comuni mirano alla conservazione del bosco e talvolta al rimboschimento, al fine di garantire non solo le risorse lignee per fini energetici e costruttivi, ma anche gli habitat per la selvaggina da cacciare, la raccolta di frutti, miele, foglie, frasche e materie prime necessarie alle industrie conciarie. Per le esigenze “industriali” prendono avvio i primi censimenti e inventari forestali (Repubblica di Venezia, 1498) e forme vincolistiche di coltivazione e gestione per particolari essenze forestali necessarie alla cantieristica navale (querce e conifere). Un nuovo paesaggio rurale caratterizza adesso il territorio della penisola; i coltivi e i pascoli riducono le superfici forestali da cui rimangono però strettamente dipendenti per le risorse fondamentali ai cicli produttivi (legna, fascine, erba, ecc.).
I monaci dissodatori, rappresentarono una fase importante di trasformazione territoriale ed economica del mondo rurale tra il X e il XIII secolo. I monaci benedettini in particolare svolsero grandi opere di bonifica, introducendo nuovi sistemi di coltivazione, disboscando e gestendo aree forestali. (in valsesiascuole.it);
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Su questi boschi ricadono, inoltre, utilizzazioni e regole precise per lo sfruttamento delle risorse legnose e non legnose, riconoscendo a tutti gli effetti un ruolo produttivo “multifunzionale” svolto per la società e l‟economia del tempo. Si viene così a definire uno stretto legame fra le differenti forme di uso del suolo riconducibili a un complesso sistema agro-silvo-pastorale. Determinante nello sviluppo della civiltà rurale occidentale dei primi secoli del secondo millennio fu il ruolo svolto dal monachesimo. Fin dalla sua nascita la Regola dei benedettini coniugava la dimensione meditativa e quella lavorativa introducendo saperi e tecniche di utilizzo delle risorse naturali che hanno costituito le basi del nuovo processo di sviluppo. L'Ordine benedettino, con i suoi monasteri, "s'incorporò nel mondo e svolse una grandiosa azione economica, sociale, culturale, che fece dei benedettini i maestri e gli agricoltori d'Europa, diventò per larghissima cerchia, banca, laboratorio, azienda agricola, scuola, biblioteca." Trasformarono terra desolata in terra coltivata, intrapresero la coltivazione del bestiame e della terra, prosciugarono paludi e abbatterono foreste.
Monastero della Santa Croce di Fonte Avellana (foto di Barbadoro); Ogni monastero benedettino divenne centro di riferimento agrario per l'intera regione in cui era situato, e grazie all‟introduzione di innovative tecniche1 colturali e di allevamento, di bonifica e di irrigazione, industrie o metodi di produzione furono sviluppo ed esempio per molte aree rurali europee, limitate ormai alla sussistenza. Grazie alla grande rete di comunicazione esistente tra i vari monasteri, la competenza agricola e tecnologica poté diffondersi rapidamente. La diffusione di monasteri in zone montane e selvagge e la colonizzazione delle terre circostanti, determinarono in Italia una radicale trasformazione del paesaggio forestale, non solo per il disboscamento e dissodamento a fini agricoli ma anche per le tecniche di gestione e di 1 La fabbricazione della birra, l'apicoltura, la frutticoltura, le vigne; La stessa scoperta dello champagne si può far risalire a un monaco benedettino, dom Perignon, dell'abbazia di Saint Pierre a Hautvillers sulla Marna; Portarono inoltre il commercio del grano in Svezia, la fabbricazione del formaggio a Parma, i vivai di salmone in Irlanda;
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utilizzazione forestale intraprese. In particolare gli insediamenti monastici dell‟arco appenninico tosco-umbro-marchigiano fin dall‟XI, sviluppando sistemi agrosilvopastorali, hanno dato impulso all‟economia rurale locale definendo e modellando un paesaggio che oggi ben conosciamo e cerchiamo di tutelare. Per prima cosa emerge infatti, come le forme di gestione e sfruttamento delle risorse naturali praticate allora, siano ancora oggi presenti negli attuali paesaggi appenninici, conservando qualità ed equilibri naturali consolidati. L’uomo ha ripetutamente dimostrato, nella storia, di avere la capacità di distruggere equilibri consolidati nel tempo, in un solo gesto dissennato, ma ha anche dimostrato di avere le capacità per creare e custodire equilibri sostenibili. Le attività di gestione frutto di conoscenze e pratiche legate alle necessità di uno sviluppo socio-economico duraturo, hanno salvaguardato le risorse naturali riuscendo a mantenere e far perpetuare ecosistemi complessi di cui l’uomo ha fatto parte ed è stato artefice e vigilante.
Alpe Pogallo (Val Grande (VB): foto A: 1915 - foto B: 2007 (Garbarino M., Pividori M.).
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Le alternanze faggio-abete sulle Alpi, quella fra leccio e pinete sulla costa, fra castagno, querce e faggio sull‟Appennino, fra la vegetazione arborea e quella arbustiva tipica della macchia, sono tutte variazioni legate all‟azione dell‟uomo più che alle determinanti naturali, che ha operato nell'interesse di soddisfare esigenze specifiche dettate dal momento storico e dalle economie locali. D‟altra parte, in un paese in cui le caratteristiche vegetazionali, climatiche e pedologiche, unite alle necessità della popolazione hanno consentito di piantare il castagno dal livello del mare, contendendo i terreni all‟olivo, fino a 1500 metri sull‟Etna, si capisce che qualunque interpretazione si riferisca in modo esclusivo a clima o suolo, si troverebbe in difficoltà a definire con sicurezza la naturalità di una formazione vegetale. Negli ultimi cinquanta anni la superficie forestale è progressivamente aumentata recuperando gli spazi perduti nei decenni precedenti a favore di agricoltura e pascolo, attività queste in crescente diminuzione soprattutto a causa dell' abbandono dei territori di montagna e di alta collina per le aree urbane, con la progressiva riduzione della diversità del mosaico paesistico preesistente. Questo processo ha portato i boschi a occupare dal 10% del territorio nazionale nel 1920 al 33% di oggi (circa 10.528.000 ha), al ritmo di circa 70.000 ha all‟anno. Negli ultimi decenni in ambito internazionale, comunitario e anche nazionale è sempre più riconosciuta la necessità di tutelare attivamente il patrimonio forestale, quale “serbatoio” non solo di carbonio e di diversità biologica, ma anche di esperienze, saperi e culture locali, di risorsa economica per le popolazioni rurali e montane. Quindi, non perché il bosco abbia bisogno degli uomini, quanto piuttosto perché l‟uomo ha bisogno dei boschi, al fine di ottenere non solo vantaggi di carattere ambientale, ma soprattutto economici, occupazionali e sociali per le aree più marginali. A tal proposito i “Principi di Gestione Forestale Sostenibile”, esplicitamente e fortemente richiamati sia nella Strategia forestale dell‟Ue (1999/C/56/01), sia nel d.lgs nazionale di orientamento n. 227/2001, e nel Programma Quadro nazionale per il Settore Forestale del 2009 (PQSF), risultano quanto mai attuali. Oggi vi è, infatti, la necessità di trovare (o forse semplicemente riscoprire sugli esempi virtuosi del passato), e attuare un giusto equilibrio fra sviluppo socioeconomico e salvaguardia dell‟ambiente. Questo risiede sicuramente in un rispettoso e reciproco rapporto fra uomo e ambiente, dove con l‟uomo e per mezzo dell‟uomo si concretizzi il precario equilibrio tra aspetti ambientali, produttivi e sociali. Per saperne di Foresta, Selva o Bosco? più: La foresta o selva, presenta un aspetto diverso, secondo il clima e i caratteri della regione. Quando l'estensione della foresta è limitata, si parla di bosco. Etimologia: Il termine "foresta" viene dal latino forestis ossia esterno alla civiltà basata sull'urbe, fuori dalle mura), poiché le foreste si ritenevano ricettacolo di fuorilegge, sciamani e culti celtici temuti dai coloni romani. Nel medio evo il termine "forests" si riferiva alle foreste reali, esclusiva riserva di caccia dei monarchi e vietate ai sudditi. Di qui, in inglese, "forests" è divenuto sinonimo di grandi boschi incolti, ed è quindi stato accolto dall'italiano, con forte accentuazione verso i grandi boschi tropicali (Amazzonia, Africa, Indonesia) ma usato anche per i grandi boschi boreali o temperati (Taigà siberiana, Foreste canadesi, Foresta Nera ecc.).
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Paesaggio agricolo
I cambiamenti del paesaggio rurale avvenuti nel corso della seconda metà del secolo XX hanno visto, oltre che un ridimensionamento delle superfici coltivate, un più radicale cambiamento degli indirizzi colturali, del patrimonio zootecnico e delle attività praticate all‟interno del settore. Tra i fenomeni più significativi delle trasformazioni interne alle superfici agricole è da segnalare l‟orientamento verso le coltivazioni specializzate. Il passaggio ha caratterizzato tutti i settori tipici delle produzioni agricole e alimentari, ed ha portato ad adottare tecniche di coltivazione orientate ad un incremento della produttività ed un miglioramento qualitativo delle produzioni, una qualità però da cui il paesaggio è ancora escluso. Viticoltura, olivicoltura, ortofrutticoltura, agrumicoltura, zootecnia e produzioni lattiero casearie sono state investite da questi nuovi orientamenti, anche se questo ha comportato fenomeni di intensificazione produttiva spesso non compatibili con il paesaggio. Serre, tunnel, reti ombreggiate, sono oggi diffuse nei settori della floricoltura e delle produzioni orticole, compromettendo spesso in modo notevole la qualità estetica del paesaggio rurale. L‟eliminazione di terrazzamenti e ciglionamenti (v. glossario) in favore del ritochino (v. glossario), la rimozione delle alberature, delle colture promiscue e degli impianti a bassa densità è stata sacrificata in favore della intensificazione, ma i risultati non sembrano giustificare il sacrificio, ma sembrano piuttosto il prodotto di scelte industriali. Dagli anni della ricostruzione post-bellica, l‟agricoltura italiana nel più vasto contesto europeo, si è mossa nel quadro di un modello di sviluppo agricolo ancora orientato al raggiungimento di più alte produzioni per rispondere alle esigenze alimentari interne e per competere sui mercati internazionali. Le stesse politiche comunitarie nella loro prima fase seguivano queste finalità. In realtà la “battaglia produttiva” è stata persa, intendendo con questo che il settore non è stato in grado di far fronte da solo ai fabbisogni alimentari nazionali, né di competere sui mercati internazionali in termini di quantità. Sia i cereali che la zootecnia negli ultimi decenni hanno legato le loro sorti ai mutevoli orientamenti dei contributi offerti dalla Politica Agricola Comunitaria (PAC), piuttosto che al libero mercato, svincolandosi quasi interamente dalla dotazione di prati e pascoli che abbondavano nel paesaggio. In questo ambito di mercato “imperfetto”, influenzato dagli orientamenti della PAC da fenomeni globali esterni al mercato interno, si colloca la necessità e l‟opportunità di abbinare la qualità del paesaggio a quella dei prodotti, sfruttando un valore aggiunto non riproducibile dalla concorrenza, ma proponendo al contempo modelli di agricoltura a bassa intensità più compatibili con la qualità dell‟ambiente (la c.d. agricoltura sostenibile). Oltre all‟aumento delle superfici improduttive assiste da diversi decenni anche l‟avanzata delle aree urbane. In effetti a queste ultime viene spesso assegnato oggi il ruolo di nemico principale del paesaggio rurale, su cui si trovano spesso d‟accordo la società civile, gli agricoltori e gli ambientalisti. Se è vero che il permanere dell‟agricoltura costituisce un “presidio” contro l‟avanzata dell‟urbanistica è anche vero che le maggiori trasformazioni sono dovute a fenomeni di abbandono da un lato e di trasformazioni interne al settore dall‟altro, molto meno percepibili ma molto più capillari e costanti nel tempo. Per questo motivo la soluzione della “questione del paesaggio rurale” dipende dal grado di maturazione culturale della società, ma anche dalle conoscenze relative alla sua evoluzione. Ad una progressiva urbanizzazione, che risponde
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ad un processo mondiale in cui la popolazione urbana ha ormai superato quella rurale nell‟ultimo decennio, ed in Europa ha visto il raddoppio della popolazione delle città negli ultimi 50 anni, si associa oggi un nuovo flusso di ritorno alla campagna come luogo di residenza, così come è forte il richiamo di nuovi percorsi turistici che valorizzano il paesaggio rurale nel contesto dei beni paesaggistici del nostro paese. Questo ha favorito un crescente interesse verso la qualità del paesaggio e creato nuovi spazi economici per la sua conservazione e valorizzazione. Ad una agricoltura industrializzata, si affianca oggi un‟agricoltura considerata in un più ampio contesto, la quale ha assunto altri valori nell‟ambito di una progressiva trasformazione della società. Identità del I boschi e le foreste hanno accompagnato lo sviluppo di ogni civiltà in ogni paesaggio epoca e luogo, e in particolare la nostra penisola rappresenta uno degli esempi forestale più interessanti di convivenza nel tempo tra le foreste e le attività umane. La componente boschiva rappresenta nel paesaggio italiano un elemento caratterizzante presentandosi spesso sotto forma di frammenti di bosco circondati da aree agricole e centri abitati. La loro dimensione e forma, e in molti casi anche la loro composizione sono il risultato di un lungo processo di convivenza con l‟uomo, di interazione colturale e culturale delle popolazioni con il territorio che ha sfruttato la risorsa forestale a fini produttivi, alimentari, energetici, etc. Un bosco può essere gestito o piantato dall‟uomo per raccogliere legno e legname, per utilizzare altri prodotti non legnosi come frutti, funghi,tartufi etc., per soddisfare un‟esigenza produttiva della collettività. I boschi, soprattutto in zone a particolare rischio idrogeologico, possono essere gestiti o piantati anche per contenere e regimentare i fiumi e i ruscelli o per proteggere i manufatti e gli insediamenti umani e per trattenere il suolo dall‟erosione idrica ed eolica, svolgendo un‟azione protettiva. Nei paesaggi rurali tipicamente alpini, con la loro specifica caratterizzazione climatica, e facile trovare elementi antropici comuni, come le malghe per trovare riparo e prati e pascoli necessari alle tradizioni di allevamento. Le alternanze vegetazionali tra faggio e abete che si trovano nei paesaggi rurali alpini sono un chiaro esempio dell‟impronta antropica, sono il frutto della necessita di soddisfare esigenze economiche e produttive specifiche, dettate dal momento storico e dalle economie locali. Allo stesso modo il paesaggio rurale appenninico, mostra una sua differente identità, determinata dall‟azione dell‟uomo in funzione delle sue necessita, nell‟alternanza di querce, castagni o faggi accanto alla presenza di pascoli diversi da quelli d‟alta quota tipici delle Alpi. Le aree di confine (ecotono) tra bosco e campi agricoli di un paesaggio rurale sono di fondamentale importanza, in quanto oltre ad ospitare spesso specie erbacee fondamentali per l'alimentazione della fauna selvatica e di allevamento, rappresentano luoghi di protezione e rifugio per numerose specie avicole e di mammiferi. La pratica della pastorizia o degli allevamenti estensivi, cioè su spazi molto grandi, e ancora oggi molto importante per molte popolazioni locali. Queste usanze, frutto di tradizioni lontane nel tempo, ancora oggi offrono una possibilità di guadagno e di produzione di prodotti tipici locali che rappresentano un importante strumento per lo sviluppo e il rilancio del territorio rurale come patrimonio naturale e culturale.
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Le funzioni attribuite al bosco nella storia sono progressivamente cambiate. In ogni epoca e in ogni società il bosco ha comunque svolto, oltre a quella tipicamente produttiva di legna da ardere e legname da opera, anche altre funzioni, che potremmo indicare come di rifugio, di sussistenza, di supporto e di riserva per l‟agricoltura, l‟allevamento, l‟industria artigianale, etc. In sintesi, un utilizzo diversificato legato alla funzione produttiva. Oggi le foreste hanno un numero sempre più crescente di “utenti” che richiedono servizi nuovi e diversi, spesso non facilmente conciliabili tra loro. In questo contesto e ormai ampiamente riconosciuto il ruolo “polifunzionale” svolto dalle foreste per la società e per gli equilibri ecologici del pianeta. L‟utilizzo delle risorse forestali e, quindi, da sempre strettamente legato alle contingenti esigenze locali e contestualizzato alle necessita storiche. Attualmente la nostra società riconosce principalmente quattro funzioni svolte dalle foreste, che risultano comunque una imprescindibile dall‟altra e che non sempre possono integrarsi e avere soluzioni favorevoli senza l‟intervento dell‟uomo:
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Funzione Produttiva economica (Produzione di materie prime rinnovabili, come legname, cellulosa, bioenergia e di prodotti non legnosi), Funzione Protettiva (Depurazione dell‟aria e delle risorse idriche, produzione di ossigeno e assorbimento di anidride carbonica, Protezione dell‟erosione dei suoli, Contenimento dei fenomeni di desertificazione), Funzione Ecologica (Conservazione della biodiversità animale e vegetale, Mantenimento del valore paesaggio), Funzione Socio-culturale (Servizi storico-culturali, turistico-ricreativi e igienico-sanitari). La multifunzionalità del bosco può essere garantita per le generazioni future solo attraverso un corretto equilibrio fra sviluppo socio-economico e salvaguardia dell‟ambiente, tra utilizzo economico delle risorse naturali e tutela del territorio e del paesaggio. La gestione selvicolturale, cioè le tecniche e le scelte colturali che vengono realizzate, definiscono la struttura e la diversità del bosco, che assume aspetti differenti (o forme di governo), in funzione delle specie presenti e dei prodotti richiesti e ottenuti. Le conifere sono piante che una volta tagliate possono riprodursi solo tramite la germinazione da seme e i boschi gestiti in questo modo hanno una forma di governo detta fustaia. Le latifoglie, come le conifere, possono anche riprodursi attraverso seme e presentarsi come una fustaia, ma se invece vengono tagliate e hanno la capacita di emettere nuovi germogli (polloni) dall‟apparato radicale che resta sottoterra (la ceppaia), questa capacita (detta pollonifera) rappresenta la forma di governo detta ceduo
Ancora una volta e l‟uomo che intervenendo su un contesto naturale, condiziona la sua identità scegliendo di gestire un bosco di latifoglie come un ceduo o una fustaia. Ad esempio il paesaggio della Magnifica Comunità del Cadore (BL), che affonda le sue radici nel Medioevo, ha ereditato le tradizioni e le usanze dei popoli che l‟hanno abitata. Le sue maestose foreste di abeti e faggi sono coltivate come fustaie grazie all‟impostazione data dalla Serenissima, Repubblica Marinara di Venezia, che utilizzava quel legname per le costruzioni navali. Un altro esempio e rappresentato dalla Comunità Montana dei Monti Cimini, situata qualche chilometro a nord di Roma. Gli estesi noccioleti e castagneti che scendono lungo le pendici dei monti Cimini fino a circondare le rive del lago di Vico, posto al centro del comprensorio, sono governati a ceduo. Questa forma di governo permette infatti di avere un‟abbondante produzione annuale di frutti oltre a una notevole produzione di legna ogni 16-18 anni. Ancora una volta, le scelte antropiche volte a sfruttare le potenzialità produttive dell'ambiente determinano l‟identità di quello specifico paesaggio. La scienze e la ricerca, ma soprattutto l‟esperienza e la storia del rapporto di utilizzo che l‟uomo ha avuto e che ha con le risorse naturali, ci insegnano come solo attraverso una sana convivenza tra foreste e attività umane possono essere garantite contemporaneamente tutte le funzioni e componenti che il patrimonio forestale svolge. Convivenza che si sviluppa in un corretto rapporto di gestione del territorio, anche e soprattutto per lasciare alle generazioni future la possibilità di scegliere e individuare le funzioni più idonee alla realtà del loro futuro tempo.
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Sostenibilità e Verso la fine del secolo scorso, si è assistito a una vera e propria rivoluzione Insostenibilità culturale che ha portato alla presa di coscienza da parte della società civile – e non più della sola comunità scientifica -, che lo sfruttamento delle risorse del pianeta a vantaggio dello sviluppo delle civiltà umane ha raggiunto oggi ritmi, “insostenibili”. Un sintomo evidente fra tutti sono i cambiamenti climatici in atto. Per arrestare questo processo evolutivo si è, quindi, affermato il concetto di Sviluppo Sostenibile. Inizialmente sviluppato nel 1987 con il documento “Our common future” della Commissione Brundtland della World Committee for Environment and Development (WCED), lo sviluppo sostenibile è stato definito come: «quello sviluppo che soddisfa le necessità attuali senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare le proprie.». Tale concetto è stato poi dibattuto nella Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 (United Nations Conference on Environment and Development - UNCED), dove quale rimedio al cambiamento climatico è stata indicata la necessità di attualizzare il principio della sostenibilità. In questo contesto, le foreste e la loro gestione hanno assunto un importante ruolo, legato principalmente al contenimento dei cambiamenti climatici con l‟assorbimento e stoccaggio dell‟anidride carbonica. Al fine di perseguire questo obiettivo, i principi della sostenibilità dello sviluppo si sono, quindi, affiancati al concetto di gestione forestale, diventando un asse portante per tutte le politiche ambientali e in particolare per le politiche di sviluppo rurale. Gestione Forestale Sostenibile
Il concetto di Gestione Forestale Sostenibile (GFS) prevede, nell'utilizzazione delle foreste, la contemporanea salvaguardia della loro biodiversità, della loro produttività, della loro capacità di rinnovarsi, al fine di garantire in modo perpetuo le proprie potenzialità e le rilevanti funzioni ecologiche, economiche e sociali. La Gestione Forestale Sostenibile è la gestione e l‟uso delle foreste e delle aree destinate al bosco con modalità e intensità tali da garantire la loro biodiversità, produttività, capacità di rinnovazione, vitalità e potenzialità per svolgere ora e in futuro rilevanti funzioni ecologiche, economiche e sociali a livello locale, nazionale e globale e tali da non determinare danni ad altri ecosistemi. (MCPFE, 2007 e FAO 2009). Se vengono applicati i principi della Gestione Forestale Sostenibile possono essere garantiti, non solo per i diretti fruitori ma anche per le generazioni future, molteplici prodotti e servizi, la conservazione del patrimonio culturale legato al patrimonio forestale e ai paesaggi forestali, la conservazione della biodiversità la crescita economica e la promozione di prodotti locali, favorendo quindi lo sviluppo del turismo e una più elevata qualità della vita non solo per le popolazioni locali. Bisogna però ricordare che i tempi biologici di un bosco sono molto differenti rispetto a quelli dell'agricoltura e i benefici in prodotti e servizi di una corretta gestione selvicolturale, che sia atta a garantire la capacità rigenerativa della risorsa forestale, spesso vengono realizzati nell'arco di tempi medio lunghi che possono vedere anche il susseguirsi di due generazioni.
Curiosità
Il Castagno dei Cento Cavalli è un albero di castagno che si trova nel bosco di Carpineto, nel versante orientale dell‟Etna, in un'area tutelata dal Parco Regionale dell'Etna, a Sant‟Alfio (CT).
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Autorevoli studi botanici lo descrivono come l'albero più grande (per la sua circonferenza di circa 52 metri) e più vecchio d'Europa (la sua età è stimata tra i 2000 e i 4000 anni). È un vero e proprio "monumento vegetale" La leggenda narra che il nome dei cento cavalli derivi dall‟aneddoto in cui la regina Giovanna d'Aragona recandosi dalla Spagna a Napoli si fermò in Sicilia per visitare l'Etna, Accompagnata a cavallo dal suo seguito e da tutta la nobiltà di Catania, al sopraggiungere di un temporale, si rifugiò sotto quest'albero, il cui vasto fogliame basto per riparare dalla pioggia la regina e tutti i suoi cavalieri. Si narra inoltre che all‟interno della sua cavità essendo immensa, alcune persone del paese costruirono una casa nella quale vi è un forno per seccarvi castagne e mandorle. Oggi la casa al suo interno non c'è più, ma l‟albero conserva un fascino storico e culturale inalterato. A testimonianza della sua vetustà vi sono gli innumerevoli dipinti di artisti anche stranieri dei secoli scorsi, che trovatisi a passare innanzi all'albero più grande che avessero mai visto si fermavano ad immortalarne le forme
Esiste una forte interrelazione tra qualità dell’ambiente e prodotti tipici che, Paesaggio e nell’ultimo decennio, ha assunto una forte valenza economica attraverso la Prodotti tipici valorizzazione da parte del mercato del valore culturale ed estetico paesaggistico dei luoghi di produzione relativamente ai prodotti tipici d‟eccellenza. I prodotti tipici sono divenuti una fondamentale leva di sviluppo e di rilancio del territorio rurale come patrimonio naturale e culturale a partire dal 1992, anno in cui l‟Unione europea ha varato le prime norme sui prodotti DOP (Denominazione di Origine Protetta), IGP (Indicazione Geografica Protetta) e STG (Specialità Tradizionali Garantite) collegando i territori a prodotti di qualità certificata (regolamento (CEE) n. 2081/92 – e regolamento (CEE) n. 2082/92. Attraverso l‟apposizione di specifici marchi l‟UE sancisce la tutela e
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ne consente il facile riconoscimento da parte di tutti consumatori, anche quelli meno esperti. Grazie a questo riconoscimento e al forte legame socioeconomico esistente con il territorio i prodotti tipici con marchio detengono, oggi, un ruolo di prim‟ordine nell‟economia dei sistemi locali di produzione, tanto che il loro valore è ampiamente riconosciuto. Numerosi produttori italiani sono riusciti a conquistare una soddisfacente posizione di mercato partendo dalla convinzione che il territorio non deve essere inteso come un fattore da sfruttare, ma come una essenziale risorsa da valorizzare. Questa posizione apre interessanti riflessioni su quale sia stato il risultato in termini “paesaggistici” di tali operazioni. L‟esistenza di un forte presidio agricolo presuppone un altrettanto forte ancoraggio culturale inteso come storia del territorio nei suoi aspetti sociali, economici e paesaggistici; così come il paesaggio agrario e l‟architettura rurale legate alle produzioni di pregio testimoniano la possibilità di affermare una vita economica e sociale compatibile con il territorio di produzione e la salvaguardia dell‟ambiente. Il paesaggio dei prodotti tipici in generale di conseguenza permette di continuare a svolgere la sua funzione: culturale, attraverso le testimonianze lasciate dall‟uomo rispetto ad un‟attività millenaria; sociale, quale produttore sia di cibi di qualità sia di servizi relativi al tempo libero; economica e produttiva; di difesa del suolo, rispetto al presidio territoriale esercitato dall‟uomo che vi compie la propria attività produttiva; di tutela della biodiversità agraria e selvatica. Per conservare nel tempo il tanto citato equilibrio tra uomo e ambiente, la valorizzazione dei prodotti tipici deve restare strettamente ancorata ai luoghi e ai metodi di produzione del territorio che li produce. Ciò significa che da un lato è necessario recuperare e conservare le pratiche che rendono peculiare il processo produttivo ed il prodotto, dall‟altro mantenere anche il paesaggio tradizionale evitando che la produzione di un prodotto tipico finisca per creare nuove monocolture industriali, stravolgendo le caratteristiche del paesaggio che devono rimanere rappresentative dell‟identità culturale dei luoghi. È perciò necessario assicurare un maggiore collegamento non solo con il luogo di origine, ma anche con il paesaggio caratteristico di quel luogo, in modo che questo offra la possibilità al consumatore di sapere che acquistando quel prodotto contribuisce anche a mantenere un paesaggio unico.
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2. LA NORMATIVA EUROPEA 2.1 COSA FA L’EUROPA PER LA SALVAGUARDIA DELLE FORESTE E DEL PAESAGGIO Introduzione
La conservazione della natura e del paesaggio riguarda in pari misura tutti i cittadini dell’Unione. Un approccio che impegni tutti gli Stati a livello europeo è cruciale per la salvaguardia del paesaggio perché: - gli uccelli migratori non conoscono confini, - molti habitat (es. regioni alpine o litorali) si estendono al di là dei confini nazionali, - le sostanze inquinanti vengono trasportate dai fiumi attraverso più Stati. Fino ad alcuni anni fa la protezione del paesaggio veniva demandata soprattutto alle direttive comunitarie che si occupavano della conservazione della natura. Nel 1998 l‟Unione europea adotta la “Strategia comunitaria per la diversità Biologica” , in seguito alla quale è stata data piena applicazione alle Direttive comunitarie 79/409 “Uccelli2” e 92/43 “Habitat3”, che costituiscono oggi al base della rete “Natura 20004”, che riguarda ormai il 10% del territorio nazionale. Sebbene la Direttiva Habitat riguardi in modo specifico la conservazione degli habitat naturali e quelli seminaturali della flora e della fauna selvatiche, dove per seminaturali si intendono quegli habitat in cui è stata importante per la loro caratterizzazione l‟attività dell‟uomo, è evidente che essa concede poco spazio alla questione paesaggistica, se non per il parziale collegamento con alcuni aspetti della biodiversità. Infatti, la lista europea ufficiale di habitat protetti, integrata dalle indicazioni nazionali, costituisce un sistema in cui il meccanismo di istituzione di un‟area protetta è soprattutto finalizzato alla conservazione di specie naturali considerate a rischio, senza un particolare accento sul fatto che in situazioni come quelle tipiche del territorio nazionale, la diversità di spazi legati agli usi del suolo tradizionali agricoli e forestali è uno degli aspetti più qualificanti della biodiversità complessiva Con la Conferenza europea sullo sviluppo rurale di Salisburgo del novembre 2003 uno dei principi cardini è:”la gestione dell’ambiente agricolo e delle superfici forestali servirà a salvaguardare e a valorizzare il paesaggio naturale e la ricchezza del patrimonio culturale europeo, soprattutto nelle zone rurali più periferiche, in cui sono presenti siti di grande valore naturale.”. Un principio che coniuga gli aspetti naturalistici del sistema ambiente con il paesaggio, ponendo sostanzialmente l‟attenzione sulle modalità di gestione dello spazio rurale. Tale ultimo passaggio appare di fondamentale importanza
La direttiva «Uccelli selvatici», del 1979, è incentrata sulla conservazione a lungo termine di tutte le specie di uccelli selvatici nell‟UE e individua 181 specie e sottospecie minacciate che meritano particolare attenzione. Gli Stati membri sono responsabili della designazione di zone di protezione speciale, che molte volte ricadono in territori rurali e che quindi rappresentano un patrimonio naturale comune a tutti i cittadini europei. Ad oggi state classificate oltre 2 700 zone di protezione speciale,un‟area che copre quasi il 7 % del territorio dell‟UE (oltre 219 000 km2). 2
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La direttiva «Habitat», derivata dalla Conferenza di Rio de Janeiro del 1992, mira alla conservazione delle specie selvatiche e del loro habitat. Gli Stati membri devono individuare zone speciali di conservazione e stabilire piani di gestione atti a coniugare la conservazione a lungo termine di detti siti con le attività economiche e sociali, al fine di realizzare una strategia di sviluppo sostenibile. La direttiva individua circa 200 tipi di habitat, 200 animali e oltre 500 specie vegetali di interesse comunitario che necessitano di protezione. 4 La rete Natura 2000 è costituita dall‟insieme dei siti comunitari particolarmente rilevanti ai fini naturalistici. Tale rete comprende le zone di protezione speciale e le zone speciali di conservazione.
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nell‟inquadramento generale delle scelte comunitarie sull‟integrazione dell‟ambiente in materia di sviluppo rurale, ed in particolare sul rapporto natura-paesaggio. L’Unione europea e gli Stati membri hanno assunto impegni a livello internazionale atti a proteggere la natura e indirettamente anche il paesaggio. Diverse le convenzioni sottoscritte5, tra cui particolare importante assume la Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze, 2000), per il superamento dell’approccio settoriale al concetto di paesaggio, che viene considerato un “bene” indipendentemente dal valore che gli viene attribuito. Tale Convenzione chiede agli stati firmatari di integrare il paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio, urbanistiche e in quelle a carattere culturale, ambientale, agricolo, sociale ed economico, nonché nelle altre politiche che possono avere un'incidenza diretta o indiretta sul paesaggio. Per quanto riguarda la formazione e l‟educazione gli Stati membri devono promuovere gli insegnamenti scolastici e universitari che trattino, nell'ambito delle rispettive discipline, dei valori connessi con il paesaggio e delle questioni riguardanti la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua pianificazione. Ugualmente sono previste attività di monitoraggio e la definizione di obiettivi di qualità paesaggistica che sono molto importanti per le politiche agricole. I passaggi più significativi del trattato riguardano: - "Politica del paesaggio" designa la formulazione, da parte delle autorità pubbliche competenti, dei principi generali, delle strategie e degli orientamenti che consentano l'adozione di misure specifiche finalizzate a salvaguardare, gestire e pianificare il paesaggio; - "Obiettivo di qualità paesaggistica" designa la formulazione da parte delle autorità pubbliche competenti, per un determinato paesaggio, delle aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita; - "Salvaguardia dei paesaggi" indica le azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo d'intervento umano; -
"Gestione dei paesaggi" indica le azioni volte, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del paesaggio al fine di orientare e di armonizzare le sue trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali;
- "Pianificazione dei paesaggi" indica le azioni fortemente lungimiranti, volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi.
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Convenzione di Ramsar sulla conservazione delle zone umide (1971)
Convenzione di Helsinki sul mar Baltico (1974) Convenzione di Barcellona sul mar Mediterraneo (1976) Convenzione di Bonn sulle specie migratrici (1979) Convenzione di Berna relativa alla conservazione della vita selvatica e dell‟ambiente naturale in Europa (1979) Convenzione sulla protezione delle Alpi (1991).
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Approfondim ento
Il paesaggio rientra nei principali settori d’azione delle politiche comunitarie. Nello specifico ed in maniera sintetica i principali strumenti di tali azioni sono: - Politica Agricola Comune (PAC): per la prima volta il paesaggio viene considerato come un elemento di grande rilievo, nel quadro di sviluppo di un’agricoltura sostenibile. La Commissione europea ha elaborato specifici orientamenti per tenere conto della tematica ambientale e paesaggistica nell‟agricoltura. Nella riforma del I° pilastro della PAC (REG CE 1782/2003) l‟integrazione ambientale è caratterizzante tanto che nella gestione aziendale al fine dell‟ottenimento del Premio Unico Aziendale, vengono introdotte norme obbligatorie di comportamento da rispettare. - Politica per l’Ambiente: la protezione e la conservazione del paesaggio viene considerata come una delle azioni che contribuiscono alla protezione delle risorse naturali e alla tutela della biodiversità. In seguito all‟adozione del trattato di Amsterdam, la tutela dell‟ambiente ha assunto una valenza trasversale di cui tutte le politiche comunitarie devono tenere conto, nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile. - Tutela della concorrenza. Pur all‟interno della tutela della libera concorrenza per la formazione di un unico mercato economico, l‟UE considera ammissibili gli Aiuti di Stato destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio paesaggistico (agevolazioni fiscali ai proprietari di beni di valore storico-culturale ecc.). - Rafforzamento della coesione economica e sociale. Tale politica (molto importante in termini di finanziamenti) utilizza i fondi strutturali, strumenti finanziari tra cui alcuni hanno rilevanza per il paesaggio: FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale), il FEAOG (Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia), il FSE (Fondo sociale Europeo). - Relazioni Esterne. L‟Unione Europea sviluppa una politica di cooperazione con i Paesi Terzi, volta a promuovere la cooperazione pacifica e a sostenere lo sviluppo delle regioni svantaggiate, con obiettivi specifici in relazione a diverse macroaeree geografiche. Per esempio il Partenariato Euro-Mediterraneo sostiene attività su base bilaterale sia su base regionale multilaterale: in questo senso il patrimonio paesaggistico è riconosciuto come fattore di identità comune. - Ricerca. Negli anni più recenti la politica per la ricerca e lo sviluppo ha toccato anche i campi delle scienze sociali, riguardando la cultura, le città, i patrimoni naturali, lo sviluppo rurale, lo sviluppo delle Società delle informazioni. In questo senso la politica per la ricerca può riguardare anche l‟evoluzione del paesaggio soprattutto per due aspetti: uno conoscitivo (raccolta dati, analisi, classificazione dei paesaggi) ed uno programmatorio (modalità innovative di gestione).
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2.2 PAESAGGIO E POLITICA DI SVILUPPO RURALE Introduzione
Con il termine sviluppo rurale in ambito comunitario si identifica una modalità di intervento a favore dello sviluppo socioeconomico delle aree rurali, ossia di quei territori i cui utilizzi prevalenti riguardano: l´agricoltura, la silvicoltura e la pesca, le attività economiche e culturali degli abitanti, le attività di ricreazione non urbane e del tempo libero e gli usi abitativi. La politica di Sviluppo Rurale portata avanti dall‟UE si attua per mezzo di specifici programmi operativi (definiti in Italia su base regionale), nell´ambito dei quali sono contenute misure finalizzate a migliorare la competitività del settore agricolo, assicurare la salvaguardia dell´ambiente e del paesaggio e promuovere la creazione di fonti alternative di reddito. Il paesaggio rurale costituisce un elemento fondamentale di interconnessione fra l‟attività umana e il sistema ambientale, in cui la capacità dell‟uomo di influire sul territorio si esplica con modalità diverse, che possono variare in relazione alle diverse situazioni ambientali e alle diverse tecniche produttive, ma che comunque si basano sulla necessità di trovare un equilibrio con le condizioni dell‟ambiente in cui si opera. L‟Unione Europea ha, pertanto, iniziato un‟attività di valorizzazione dello spazio rurale, finalizzata alla tutela dei valori e dei fattori produttivi legati direttamente o indirettamente al mondo rurale, con l‟obiettivo di promuovere e rivitalizzare la cultura delle aree agrarie e forestali seriamente minacciata dal predominio delle realtà urbane ed industriali e dai fenomeni dell‟abbandono e della degradazione socio-economica. Questi passaggi sono stati attuati attraverso la dichiarazione di Cork prima (promossa durante l‟incontro tenutosi in Irlanda, nel novembre del „96, che ha introdotto per la prima volta la definizione di spazio rurale) e successivamente attraverso i Programmi Leader. L‟attività produttiva dell‟uomo, nello spazio rurale, può diventare elemento di convergenza di valori ambientali, sociali, economici, ma anche urbanistici, architettonici (come per la valorizzazione e la riscoperta delle architetture tipiche rurali), storico-culturali. Basti pensare al paesaggio dell‟olivo, della vite, della sughera, dei frutteti, e facilmente si comprende come si tratti di sistemi complessi, in cui valenze produttive si associano a quelle culturali, ambientali, sociali. Il recente boom del turismo rurale e dell‟agriturismo nascono proprio dall‟accresciuta consapevolezza del significato e del valore della cultura e del paesaggio rurale.
Politica agricola
La politica agricola comunitaria si è sviluppata essenzialmente lungo tre direttrici principali: 1) la riduzione del protezionismo6; 2) l’avvio di più incisivi interventi strutturali; 3) il miglioramento dei rapporti tra agricoltura e ambiente. Interventi diretti a tutelare l‟ambiente sono stati previsti dal Regolamento (CEE)
Politica economica elaborata dall‟economista tedesco List che ha l‟obiettivo di proteggere l‟attività produttiva nazionale, attraverso l‟annullamento o la riduzione della forza concorrenziale dei sistemi produttivi esteri. 6
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2078/92, nato nell‟ambito della Riforma Mac Sharry, che ha sancito il principio del “sostegno del reddito” agli agricoltori attraverso dei premi concessi per compensare la prevista riduzione dei prezzi di mercato. Il Regolamento ha di fatto ha mirato contemporaneamente ad obiettivi economici, sociali ed ambientali, incorporando così l‟essenza dello sviluppo sostenibile. Per incitare gli agricoltori ad assumere impegni che li vincolino all‟esercizio di un‟agricoltura compatibile con le esigenze della tutela dell‟ambiente e con la cura dello spazio rurale, l‟UE ha istituito un regime comunitario di aiuti cofinanziato finalizzato a compensare gli agricoltori per le perdite di reddito loro arrecate dalla riduzione della produzione e/o dell‟aumento dei costi di produzione, nonché per il ruolo che essi svolgono nel miglioramento dell‟ambiente. Da alcuni anni la Politica di Sviluppo rurale ha introdotto nei piani operativi la “condizionalità” che definisce i vincoli che gli agricoltori devono rispettare per acquisire i pagamenti diretti. Essi, in qualche modo, vanno a giustificare la spesa che la collettività destina al settore agricolo. Infatti a fronte di tali pagamenti, l‟agricoltore fornirebbe alla collettività, come contropartita, servizi relativi alla qualità degli alimenti, alla tutela dell‟ambiente, alla salvaguardia del paesaggio e al benessere degli animali. La condizionalità consiste nell‟osservanza da parte degli agricoltori di due categorie di impegni: i Criteri di Gestione Obbligatori (CGO), che riguardano l‟ambiente, la sanità pubblica, la salute delle piante e degli animali, l‟igiene ed il benessere degli animali; le Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali (BCAA), disposizioni, perlopiù a carattere agronomico, per prevenire l‟erosione, per tutelare la presenza di sostanza organica nei terreni, la struttura del suolo e il mantenimento del livello minimo dell‟habitat, per la manutenzione degli oliveti, nonché disposizioni strutturali per il mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio. Tutti gli agricoltori che beneficiano di pagamenti diretti sono tenuti a rispettare gli impegni dei CGO e delle BCAA, pena la riduzione dei pagamenti diretti a seguito del riscontro di violazioni ai requisiti richiesti. Le norme sulla condizionalità, quindi, fanno aperto riferimento ad alcuni elementi caratteristici del paesaggio e di ciò occorre tenerne conto così come occorre tener presente che gli elementi paesaggistici, come ad esempio i terrazzamenti e i muretti a secco, sono un‟espressione di una articolata e complessa relazione economica, sociale e territoriale oramai compressa nel suo senso originale. Il recente decreto condizionalità del 2009, attuato dal MIPAAF, ha inserito fra gli obblighi la conservazione di alcuni elementi tipici del paesaggio.
Politica forestale
Una politica forestale comune in Europa non è mai stata sviluppata, a differenza di quanto è avvenuto per le politiche agricole, tanto meno è esistita una politica per il paesaggio forestale. La Comunità ha tuttavia attuato varie iniziative in ambito forestale, includendole in altre politiche, quali in primo luogo quelle agricola ed ambientale. Negli ultimi decenni le politiche per il settore forestale, a livello comunitario e internazionale, sono state oggetto di una importante revisione che ha comportato una modifica del contesto 38
giuridico e normativo, ed una riconsiderazione del tradizionale ruolo produttivo svolto dalle foreste. Questo ha condotto a una progressiva crescita d’importanza, o quantomeno a una maggiore considerazione, delle funzioni sociali e ambientali del bosco. Oggi è ampiamente riconosciuto, a livello comunitario, l‟importante ruolo svolto dal settore forestale in ambito economico, sociale e ambientale, sebbene il Trattato istitutivo dell‟UE e le sue successive modifiche non prevedano una chiara linea di politica forestale comune e, tanto meno, specifiche disposizioni di mercato applicabili ai prodotti forestali (ad eccezione del sughero). La politica forestale è, infatti, materia di competenza dei Paesi membri dell‟Unione e viene da essi attuata in relazione alle peculiari situazioni geografiche, ecologiche, produttive, sociali e istituzionali. Da ciò emerge, quindi, la difficoltà per l‟UE di definire nei dettagli una politica di settore rigida e uguale per tutti i Paesi membri. Dal 1964 la Comunità ha iniziato a rafforzare il settore forestale attraverso misure associate alla politica agricola comune. Tali misure riguardavano l'armonizzazione della legislazione, l‟aumento delle foreste e lo sviluppo del settore forestale in generale, la protezione delle foreste contro l'inquinamento atmosferico, gli incendi e la ricerca. Dalla fine degli anni ‟80, con la nuova politica agricola adottata dalla Comunità Europea – i cui obiettivi sono la riduzione delle produzioni agricole eccedenti, le pratiche di produzione compatibili con le esigenze di tutela ambientale, il consolidamento delle aziende e la difesa dell‟occupazione - compaiono i primi riferimenti specifici al settore forestale. In particolare, il regolamento CEE 1094/88, che ha introdotto il "set-aside", ovvero il ritiro dei seminativi dalla produzione agricola, e il regolamento CEE 1096/88, con il quale si prevedeva la possibilità di imboschire le superfici aziendali ritirate dalla produzione, compensate con indennità annue per un periodo compreso tra 10 e 20 anni. In pratica, le foreste venivano considerate una valida alternativa all‟uso dei terreni ex agricoli in modo da ridurre le produzioni allora eccedentarie, garantendo un reddito alternativo agli agricoltori e, contemporaneamente, ricadute positive di natura ambientale. Nel 1988 la Comunità Europea per i progetti forestali ha posto in essere un Programma di azione forestale comunitaria, adottato dal Consiglio nel 1989 e imperniato su cinque azioni prioritarie: imboschimento delle superfici agricole, sviluppo e utilizzazione ottimale delle foreste nelle zone rurali, sughero, protezione delle foreste e misure di accompagnamento. Un importante impulso internazionale alle politiche forestali comunitarie è stato fornito dalla Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCED) del 1992 di Rio de Janeiro, dove è stata approvata una serie significativa di documenti e accordi riguardanti anche il settore forestale. Contestualmente all‟UNCED, in Europa, negli anni „90, il dibattito sulla selvicoltura si è concentrato sulla definizione e attuazione dei principi di sostenibilità nella gestione delle foreste realizzato nel processo pan-europeo noto come le Conferenze Ministeriali per la protezione delle foreste in Europa (MCPFE). Il processo, volontario, prende avvio a Strasburgo nel 1990, con la prima Conferenza Ministeriale, seguita da altre 4 Conferenze tenute a intervalli quasi regolari portando all‟approvazione di numerose risoluzioni, che riguardando non solo i Paesi membri dell‟UE ma l‟intero continente europeo.
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La sfida a cui si vuol far fronte è quella di coniugare le funzioni economiche e sociali delle foreste con l‟osservanza degli impegni relativi alla loro protezione. Il processo MCPFE in generale, ha consentito la definizione e l‟adozione del concetto di gestione forestale sostenibile (GFS), intesa come combinazione equilibrata di attività ecologiche, economiche, sociali e culturali, nel rispetto dell‟importanza multifunzionale delle foreste. Tale concetto e le varie risoluzioni e attività ministeriali che attorno ad esso ruotano, hanno avuto un considerevole influsso sulla politica forestale comunitaria e nazionale. La quarta Conferenza Ministeriale per la Protezione delle Foreste in Europa tenutasi a Vienna del 2003 ha evidenziata la necessità di promuovere e valorizzare lo storico patrimonio culturale legato alle foreste e alla selvicoltura. In quanto i valori culturali legati alle foreste e alla loro gestione rappresentano una secolare esperienza di convivenza tra uomo e ambiente, e ci permettono oggi di comprendere in profondità la dinamica evolutiva degli ecosistemi e dei paesaggi forestali. La quinta Conferenza Ministeriale per la Protezione delle Foreste in Europa, tenutasi nel novembre 2007 a Varsavia, è stata incentrata sul ruolo delle foreste nella vita della società moderna, di fronte alle minacce portate da uno sviluppo incontrollato e dalla pressione antropica sulle risorse naturali. Il principale obiettivo della Conferenza di Varsavia è stato quello di garantire la continuità della gestione sostenibile delle foreste europee affinché tutta la società europea possa trarre il massimo beneficio dal loro potenziale. Nel 2007 è stato presentato il “Rapporto sullo stato delle foreste europee 2007”, redatto con il contributo dei paesi aderenti. In esso si evidenzia il costante incremento della superficie delle foreste europee (13 milioni di ettari in 15 anni) e del loro potenziale produttivo. Nel corso della Conferenza sono state sottoscritte una Dichiarazione Ministeriale e due Risoluzioni, con esse i Paesi membri della MCPFE si sono impegnati nell‟attuazione a livello nazionale degli impegni relativi alla promozione del legno quale fonte di energia rinnovabile, e alla valorizzazione del ruolo delle foreste per la salvaguardia del patrimonio idrico nel contesto dei cambiamenti climatici. L‟UE occupa uno dei primi posti a livello mondiale in termini di produzione, commercio e consumo di prodotti forestali. Il 37,8% del territorio comunitario (circa 160 milioni di ettari), è coperto da Foreste e altre superfici boschive, che costituiscono una delle principali risorse rinnovabili d‟Europa, offrendo molteplici vantaggi alla società, all‟economia (la silvicoltura e le attività connesse danno lavoro a 4 milioni e 400 mila addetti), e rappresentando, inoltre, un importante e riconosciuto fattore di salvaguardia ambientale, di conservazione della biodiversità, protezione del suolo e delle risorse idriche. La politica comunitaria per lo Sviluppo Rurale ha costituito il principale strumento di attuazione della Strategia forestale dell‟UE a livello di Stato Membro, destinando nel periodo 2000–2006 alle sole misure forestali più del 10% del proprio bilancio. Per il nuovo periodo di programmazione 2007–2013 vi è una maggiore integrazione della silvicoltura nella politica di sviluppo rurale, sia in termini finanziari (14,5% del proprio bilancio), che attuativi. Infatti, i principi definiti dalla Strategia Forestale Europea e dal FAP vengono introdotti negli Orientamenti Strategici Comunitari, riconoscendo, nelle potenzialità di sviluppo territoriali, il valore delle foreste e il loro ruolo 40
polifunzionale, affermando come “attraverso la corretta gestione sostenibile delle risorse, si possono assicurare, oltre ad indubbi benefici ambientali, reddito, occupazione e opportunità di educazione e ricreazione non solo per le comunità rurali e montane”. Il settore forestale, con il Reg. (CE) 1698/05 assume un ruolo trasversale nell‟attuazione delle politiche di sviluppo rurale, basandosi sulla diffusione e valorizzazione di forme attive di gestione sostenibile e pianificata del patrimonio naturale. Le misure a favore delle foreste perseguono l‟ammodernamento e il miglioramento della competitività del settore, la tutela dell‟ambiente e degli ecosistemi forestali, la difesa del territorio, il contenimento dei cambiamenti climatici e di conseguenza, anche, la permanenza della popolazione nelle aree rurali e montane. Al fine di garantire un processo di sviluppo comune in tutto il territorio rurale comunitario viene definita la strategia europea per lo sviluppo rurale in un numero limitato di obiettivi strettamente legati alle priorità politiche dell‟UE. Il recepimento della strategia comunitaria in Italia avviene tramite i PSN (Piani Strategici Nazionali) in cui viene definita la strategia nazionale per le aree rurali individuando gli ambiti d‟intervento in cui l‟erogazione del sostegno comunitario possa creare il maggior valore aggiunto (cfr. Quaderno 1, INEA). La strategia d‟intervento viene così attuata con i Programmi di Sviluppo Rurale (per l‟Italia regionali: 21 PSR), e dal programma Rete rurale nazionale (RRN). Partendo dall‟analisi delle problematiche dell‟area di intervento, legate al settore agro-alimentare e silvicolturale, alla situazione ambientale, climatica e geografica, i PSR definiscono la politica di sviluppo rurale regionale, identificando le proprie priorità d‟intervento (territoriali e tematiche), coerentemente con la strategia nazionale e le altre politiche comunitarie (agricole e di coesione), nazionali e regionali, secondo una logica di sussidarietà, di addizionalità delle risorse, partenariato e partecipazione. Ogni PSR, per il raggiungimento degli obiettivi strategici si affiderà quindi alle 38 misure codificate dal Reg.CE n.1698/05 e organizzate negli assi prioritari d‟intervento.
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3. IL PAESAGGIO E LE 4 SFIDE Paesaggio e La presenza millenaria dell’uomo agricoltore ha contribuito alla creazione di significativi valori ambientali che si ritrovano nella struttura del paesaggio biodiversità agrario e che sono legati non solo al grande numero di specie animali e vegetali prodotta dall’agricoltura tradizionale, ma anche alla diversità dei paesaggi risultanti dalla combinazione dei fattori ambientali, come il suolo ed il clima, insieme alle diverse attività agricole, forestali e pastorali succedutesi nel tempo. La valutazione in termini di biodiversità dei sistemi agrari, agroforestali e forestali non è semplice. Infatti, un sistema agrario uniforme come una coltura cerealicola risulta a bassa diversità, rispetto ai tre livelli di valutazione comunemente considerati (suddivisione a scala di paesaggio, di specie e intraspecifica7), ma è uno straordinario agroecosistema che trova nella sua “semplicità” la ragione per ospitare specie animali peculiari minacciate proprio dalla frammentazione di questo paesaggio. Al contrario il paesaggio policolturale dell‟agricoltura tradizionale, caratterizzato dalla molteplicità di usi del suolo in piccole proprietà contadine e dalla presenza di piccoli campi chiusi ricchi di vegetazione arborea, siepi e filari, ha creato una ricchissima varietà di mosaici agrari in cui sono presenti colture agricole, pascoli e boschi, i quali rappresentano tutti habitat importanti per le specie animali e vegetali, contribuendo alla biodiversità del paesaggio, che senza la presenza dell‟uomo si degrada. Fattori quali la rinaturalizzazione e l‟aumento delle superfici forestali, in seguito a processi naturali, o ad attività pianificate, spesso indicati come positivi ed incoraggiati dalle politiche ambientali, sono in realtà il risultato diretto o indiretto dell‟abbandono delle attività agricole e pastorali, specie nelle aree marginali e nel sistema delle aree protette, ed hanno contribuito alla riduzione della biodiversità. All‟identità storica si è sostituita, soprattutto nella percezione della popolazione, un‟idea di “naturalità” verso la quale dovrebbe tendere il paesaggio, che porta a favorire i processi di abbandono, ma che non ha niente a che vedere con la storia e le caratteristiche del paesaggio rurale italiano. Tutto questo in omaggio ad un cultura scientifica, ed a indirizzi politici, che fanno spesso coincidere la presenza dell‟uomo con fattori di degrado, o quantomeno di disturbo, degli ecosistemi naturali, portando a dimenticare le caratteristiche storiche del paesaggio italiano. Il Paesaggio Rurale custodisce ecosistemi diversi in equilibrio dinamico tra loro e garantisce, nelle sue diverse componenti, protezione, rifugio, alimento alla fauna selvatica e risorse primarie alle popolazioni locali. Un paesaggio rurale è un mosaico di pezzi unici e molto diversi tra loro. Il Paesaggio Rurale offre habitat fondamentali per la sopravvivenza di molte specie vegetali e animali, indispensabili per mantenere la diversità della vita sulla terra, compresa quella dell'uomo. Il Paesaggio Rurale è un mondo in miniatura: boschi che purificano l‟aria e che danno legna, animali, campi coltivati e allevamenti, rocce, pietre, terra e acqua che scorre elementi fondamentali ed habitat per molte specie vegetali e animali e per l‟uomo! Il 7
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Paesaggio Rurale pullula di vita: è elevatissimo il numero delle specie che ospita dal più piccolo insetto all‟albero più grande. Le formazioni forestali rappresentano un serbatoio unico in termini di diversità biologica, costituendo l’habitat privilegiato per numerose specie sia animali che vegetali. La loro presenza nel paesaggio rurale garantisce lo sviluppo e lo scambio biologico tra gli ambienti agricoli e pastorali in cui si inserisce, fornendo rifugio e alimento a numerose specie animali caratteristiche degli ambienti rurali. Per quanto riguarda i boschi il loro ruolo contribuisce alla biodiversità del paesaggio in particolare quando si presentano come tessere del mosaico paesaggistico, molto meno quando sono presenti in formazioni troppo estese, compatte ed omogenee, con ridotta diversità spaziale. Da questo punto di vista l‟avanzata del bosco sui campi abbandonati cancella il mosaico paesaggistico preesistente, con conseguente banalizzazione ed omogeneizzazione e del paesaggio. È evidente che a fronte di un aumento del bosco che può voler dire, ma non sempre, un aumento di biodiversità di specie arboree, vi è una più forte diminuzione delle specie erbacee legate ai prati ed ai pascoli, delle specie animali legate agli habitat coltivati e delle specie arboree legate all‟agricoltura. In questo senso è importante il dato dell‟Inventario Forestale Nazionale (IFNC 2005) che indica come in generale i boschi italiani sono costituiti da soprassuoli densi o molto densi, quindi con bassa diversità paesaggistica. Per la salvaguardia della biodiversità presente nel paesaggio rurale e la conservazione del suo valore storico culturale assume fondamentale importanza la gestione dei boschi. Questi sono infatti espressione dell‟opera dell‟uomo, e in molti contesti rappresentano, insieme ai prodotti tipici dell‟agricoltura e dell‟allevamento parte valore tradizionale del modo rurale. Basti pensare ai castagneti da frutto, le pinete di pino domestico da pinoli, i boschi da pascolo, i frassineti da manna ed altri ancora. Le foreste custodiscono la più grande diversità biologica sulla terra ferma del pianeta. In un paesaggio rurale la presenza del bosco garantisce protezione, rifugio, alimento alla fauna selvatica, risorse primarie (legno, legname e prodotti non legnosi: funghi, frutti ecc) alle popolazioni locali. Le foreste europee e in particolare italiane proteggono la biodiversità, rispetto ad altri ecosistemi, sono l‟habitat naturale di un grandissimo numero di mammiferi, uccelli, rettili e anfibi nel nostro continente. Le foreste offrono habitat fondamentali per la sopravvivenza di molte specie vegetali e animali, indispensabili per mantenere la diversità della vita sulla terra, compresa quella dell'uomo. Ogni albero è diverso e i boschi ospitano un mondo: erbe, fiori, arbusti e grandi alberi, rettili, insetti, anfibi, uccelli e mammiferi... tra cui anche l‟uomo. A livello regionale, le quote più basse di boschi a vegetazione fitta si riscontrano in alcune zone dell‟Italia meridionale (Sicilia, Basilicata, Puglia), a testimonianza dell‟importanza e della maggiore persistenza di un paesaggio storico “aperto”, e in alcune Regioni alpine (Valle d‟Aosta e Trentino). A livello nazionale la presenza di boschi più aperti (con copertura inferiore al 50%) riguarda solo il 6,4% della superficie, un dato significativo della perdita di biodiversità. Anche fra gli arbusteti prevalgono le formazioni dense. Questi dati messi in relazione con la diminuzione dei pascoli e delle superfici agricole sono
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abbastanza esplicativi della “polarizzazione” che contraddistingue il paesaggio italiano, dove bosco e agricoltura si fronteggiano, senza più integrarsi. Fra l‟altro, il generalizzato aumento del bosco non ha portato a significativi vantaggi dal punto di vista economico. Così come il grande sviluppo tecnologico non ha portato ad una crescita del peso dell‟agricoltura nell‟economia nazionale, per il settore forestale l‟aumento delle superfici forestali non ha portato ad un maggiore peso economico della produzione legnosa, al contrario essa si è assai ridotta, ed importiamo sempre gran parte del legname da costruzione e da opera dall‟estero. Dal punto di vista economico e paesaggistico sarebbe forse più desiderabile avere meno boschi ma meglio gestiti, con maggiore diversità. Non va poi dimenticata la riduzione del valore storico del paesaggio forestale, la sua diversità era infatti legata anche alla presenza di boschi intimamente legati all‟opera dell‟uomo, quali i castagneti da frutto, le pinete di pino domestico da pinoli, i boschi da pascolo, i frassineti da manna ed altri ancora. La progressiva scomparsa di tali boschi, oltre al valore storico culturale, rappresenta anche la scomparsa di una importante parte della diversità forestale legata al paesaggio. Paesaggio clima
e Il Paesaggio Rurale ha un ruolo fondamentale nel purificare l’aria dall’anidride carbonica arricchendola di ossigeno e concorre a contrastare il cambiamento climatico, soprattutto attraverso le strategie adattative. La storia dell‟agricoltura mondiale può essere interpretata come una lenta, faticosa e spesso drammatica lotta da parte dell‟uomo contro un ambiente ed un clima, spesso ostile e mutevole, che ha richiesto lo sviluppo di tecniche e pratiche per adattarsi ai cambiamenti climatici, produrre derrate alimentari e consentire lo sviluppo dell‟umanità. I terrazzamenti non sono altro che sistemi sviluppati per fuggire da pianure spesso impaludate e inadatte all‟agricoltura mettendo a coltura i terreni acclivi delle montagne. Se quindi un giorno il mare dovessi alzarsi e invadere nuovamente le pianure dovremmo di nuovo imparare a coltivare il grano in montagna. Allo stesso modo i sistemi di coltivazione specificamente dedicati a consentire le colture agricole in ambienti aridi, senza necessità di irrigazione, come quelli esistenti nel meridione italiano, sarebbero molto utili. Gli esempi sarebbero moltissimi dato che il nostro paese nel corso della storia ha sviluppato un grandissimo numero di pratiche tradizionali utili a questo scopo. Alle foreste viene anche attribuito a un ruolo importante per la mitigazione del riscaldamento climatico attraverso l‟assorbimento della C02. Sfruttando la loro naturale capacità di assorbimento dell‟anidride carbonica per trasformarla in prodotti legnosi, le foreste e la loro attenta gestione rappresentano il principale strumento di mitigazione ai cambiamenti climatici. I boschi italiani, per la loro piccola parte, se ben gestiti, contribuiscono attivamente a questo processo globale. Purtroppo la quota di foreste presente in Italia, anche se notevolmente aumentata rispetto al passato, e pure se dovesse aumentare ancora, è troppo limitata per incidere in modo significativo sull‟assorbimento di C02 mondiale, rispetto a paesi quali il Brasile, o il Nord America. Alcune ricerche mostrano inoltre che l‟influenza degli alberi sul clima nelle zone temperate è trascurabile, mentre conserva maggiore importanza ai tropici. Questo perché le latitudini temperate sono poco sensibili in termini climatici alla presenza di alberi, pertanto l‟aumento del bosco per l‟abbandono, o le attività di rimboschimento possono essere poco efficaci se lo scopo principale è quello di mitigare gli
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effetti del riscaldamento globale. Nonostante questo alcuni paesaggi forestali tipici, come quello legato al bosco ceduo, sono in grado di incorporare buone quantità di carbonio, specie se gestiti con turni di taglio ravvicinati, rispetto a piante di alto fusto con età elevate e metabolismo rallentato. I boschi più vecchi infatti in certi casi possono avere un bilancio della C02 negativo, con emissioni superiori allo stoccaggio. Paesaggio energia
La necessità di produrre energie alternative a quelle di origine fossili e rappresenta una priorità per le politiche mondiali. La produzione di energie rinnovabili implica però degli effetti ambientali non irrilevanti e che comporterebbero evidenti modifiche nei sistemi paesaggistici. La produzione di energia con impianti fotovoltaici, pale eoliche, coltivazioni specifiche (oli vegetali) implicano l’utilizzo di grandi risorse di suolo, attualmente impiegate nelle produzioni agricole, forestali e pastorali. L’impatto di tutto questo potrebbe avere riflessi negativi sul valore complessivo del paesaggio rurale. La ridefinizione di un modello di sviluppo più sostenibile anche a livello ambientale, passa anche attraverso la produzione di energie rinnovabili. La conservazione del paesaggio richiede comunque molta attenzione nell‟impiego di energie il cui impatto potrebbe avere riflessi negativi sul valore complessivo del paesaggio agrario, specie quando non siamo in presenza di sensibili vantaggi in termini di produzione di energia. Tipico è il caso delle centrali eoliche il cui impatto paesaggistico è considerato rilevante. La principale caratteristica di tale impatto è l‟intrusione visiva, dato che gli aerogeneratori per la loro configurazione sono visibili in ogni contesto territoriale in relazione alle loro caratteristiche costruttive, alla topografia, alla densità abitativa e alle condizioni meteorologiche. L‟intrusione visiva degli aerogeneratori esercita il suo impatto non solo da un punto di vista meramente estetico, ma su un complesso di valori associati al paesaggio, che sono il risultato dell‟interrelazione fra fattori naturali e fattori antropici nel tempo. Tali valori si esprimono nell‟integrazione di qualità legate alla morfologia del territorio, alle caratteristiche della vegetazione naturale e alla struttura assunta dal mosaico paesaggistico nel tempo. Simili considerazioni potrebbero esser sviluppate anche nella prospettiva di realizzare estesi impianti di pannelli solari, la cui collocazione deve essere studiata con attenzione per limitare gli impatti negativi. In realtà il paesaggio tradizionale offre molteplici possibilità dal punto di vista energetico, in particolare attraverso la produzione di biomasse vegetali. Queste possono infatti provenire non solo dal bosco, in particolare dai boschi cedui che sono la principale forma di governo del bosco nel paesaggio forestale italiano, ma anche dalle alberature presenti in campagna. Un tempo il numero delle piante arboree presenti in campagna, come avveniva nella coltura promiscua in cui si alternavano viti, olivi e specie arboree quali l‟acero, l‟olmo o il pioppo, era altissima. In pianura padana si poteva arrivare anche a 160 piante per ettaro, un numero così elevato di alberi consentiva elevatissime produzioni di legna da ardere, tanto che la quantità di legna da ardere prodotta in Italia era doppia rispetto a quella prodotta dai nostri boschi, perché le piante veniva potate ogni anno, producendo legna usata per il riscaldamento e per la cottura dei cibi. La conservazione del paesaggio tradizionale, o meglio il suo restauro, potrebbe in questo caso contribuire significativamente alla produzione di energia
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rinnovabile e all‟incorporazione della C02 atmosferica. Il Paesaggio Rurale fornisce materie prime fondamentali all’uomo per la produzione di energie alternative al petrolio. L'energia prodotta dai combustibili fossili (petrolio, gas ecc), dalle fonti alternative (eolico, fotovoltaico, idroelettrico) e del nucleare hanno una storia recentissima e brevissima rispetto all'uso del legname come fonte di calore per scaldarsi, cucinare, fondere i metalli etc. In un paesaggio rurale (il petrolio non serve) acqua, vento, sole e biomassa forniscono energia pulita in abbondanza. Il Paesaggio Rurale è un ciclo chiuso: gli alberi forniscono ossigeno, materie prime ed energia, l’uomo adopera macchine e animali e coltiva la terra, ne trae cibo e sostentamento, producendo anidride carbonica che nuovamente gli alberi trasformeranno in ossigeno. Le foreste forniscono materie prime fondamentali all‟uomo come il legno per le costruzioni e il legname per la produzione di energia. La rivoluzione industriale deve ringraziare la forza vapore! acqua calda riscaldata con il legno... e così è stato fino alla fine del 1800. La gestione delle risorse idriche rappresenta le fondamenta di tutto il sistema Paesaggio e produttivo rurale. Le tradizionali attività agricole, selvicolturali e pastorali risorse idriche estensive contribuiscono a mantenere alta la qualità delle acque e a garantirne il normale deflusso. Soprattutto nei territori montani e collinari le operazioni di manutenzione degli argini dei torrenti, la costruzione di opere di piccola ingegneria idraulica, come fossi di drenaggio e di scolo, muretti a secco e terrazzamenti e la loro periodica manutenzione sono garanzia di un regolare deflusso delle acque e rappresentano il primo stadio di prevenzione nei confronti dei fenomeni di dissesto idrogeologico, come ad esempio esondazioni, frane, smottamenti, erosione, etc. I sistemi tradizionali impiegati nel paesaggio agrario rappresentano uno dei migliori esempi di conservazione ed oculata gestione delle risorse idriche. Uno degli esempi più interessanti è rappresentato dai cosiddetti “giardini panteschi” di Pantelleria: edifici circolari in pietra a secco alti fino a 4 m e con spessori di circa 1 m che contengono al loro interno anche un solo albero da frutto. Si tratta generalmente di un agrume, che altrimenti non potrebbe crescere per la suscettibilità ai venti e per le elevate esigenze idriche. L‟ombreggiamento, la protezione dal vento e la condensazione delle piogge occulte sulla superficie delle pietre laviche creano, però, un microclima adatto a far crescere e produrre gli alberi anche in assoluta assenza di interventi irrigui. L‟agricoltura meridionale si è del resto sempre basata su specie arido-resistenti, coltivate con le tecniche proprie dell‟aridocoltura con l‟obiettivo di massimizzare la capacità d‟invaso del suolo agrario e di ridurre le perdite d'acqua per deflusso superficiale incrementandone l‟infiltrazione in profondità. Anche la scelta delle prevalenti specie coltivate, vedi le tecniche di allevamento dell‟olivo, è stata determinata dal ridotto fabbisogno idrico e dalla resistenza al vento favorita dal ricorso a opportuni sistemi di allevamento, quali l‟altezza delle piante non superiore al metro in modo da proteggerle dai venti e ridurre l‟evapotraspirazione. Esistono poi una miriade di sistemi di captazione e conservazione dell‟acqua che sono stati introdotti nelle regioni del sud durante la dominazione araba dopo l‟VIII secolo d.C. Questi, attraverso diverse
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tipologie di cisterne e canali sono in grado di garantire approvvigionamenti idrici anche con ridotte quantità di acqua. Gli stessi sistemi di terrazzamento sono in grado di gestire gli afflussi idrici che, specie nei climi mediterranei caratterizzati da eventi piovosi intensi e concentrati nel tempo, sono in grado di controllare l‟erosione ed il dissesto causato da battenti, conservando il suolo. La complessità del paesaggio rurale contribuisce, in sostanza, a migliorare la qualità delle acque e a proteggere il suolo dall‟erosione. Un buon bicchiere d‟acqua viene da un paesaggio rurale ben gestito: l‟uomo utilizza l‟acqua in agricoltura e per gli usi domestici, ma poi gli alberi lavorano da filtro e depurano l‟acqua prima che questa scorra nuovamente pulita! Le foreste giocano un significativo ruolo di protezione e filtrazione della risorsa idrica. La presenza di un bosco garantisce la riduzione dei fenomeni di erosione del suolo grazie alla protezione offerta dalle chiome, e, attraverso le radici, oltre a contenere il suolo, svolge un ruolo importante di filtrazione e captazione dell’acqua. Se le montagne non franano a valle e perché i boschi le contengono. Se a valle l'acqua è pura è perché i boschi lavorano da primo filtro. Per quanto riguarda il ruolo del bosco nella conservazione delle risorse idriche, sappiamo che le radici delle piante svolgono un ruolo positivo trattenendo il suolo e riducendo la temperatura a terra, mantenendo le risorse idriche. Per quanto riguarda estese piantagioni di alberi e quindi larghe estensione forestali è bene menzionare che alcuni effetti indesiderati potrebbero essere la sottrazione di quantità eccessive di acqua e di nutrienti al suolo, incrementando i problemi ambientali legati alle esigenze idriche. La presenza di alberi riduce in media del 52% il flusso d'acqua nei terreni, diminuendo la portata del reticolo idrografico minore verso il fondo valle e gli alvei principali dei fiumi. Lo Stato Italiano ha eseguito estesi rimboschimenti in montagna per ridurre l‟erosione e prevenire i dissesti, ma gli alberi per crescere hanno bisogno di notevoli quantità di acqua, che una volta utilizzata non è più disponibile per gli usi agricoli, industriali e domestici. Varie specie di pini e di eucalipti, hanno radici che scendono molto in profondità e assorbono molta più acqua rispetto alle colture erbacee che vanno a sostituire andando ad abbassare la falda in regioni già aride dove tali specie sono state piantate. Anche il ciclo dei nutrienti viene alterato rispetto al ruolo ecologico di praterie, o ai campi coltivati, effetti molto negativi si avrebbero per esempio se si trasformassero in foreste le pampas argentine o le steppe della Russia. Mentre invece gli effetti sarebbero positivi nel Sahel africano dove l'assorbimento degli alberi manterrebbe il livello dell'acqua salata al di sotto di quello dove affondano le radici delle colture agricole.
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4. COSA POSSIAMO FARE NOI Introduzione
Il paesaggio è passato da fenomeno estetico a fattore legato al modello di sviluppo Con la nuova fase della programmazione rurale nazionale il paesaggio è stato inserito fra gli obiettivi strategici del settore. L‟introduzione del paesaggio nelle politiche agricole nazionali è un fatto di portata storica, che segna un passaggio epocale fra la prima legge sulla protezione paesaggio nel 1929, dove esso veniva inteso come fenomeno estetico e l‟attualità in cui il paesaggio viene proposto come fattore legato al modello di sviluppo. In particolare sono state sviluppate strategie e azioni coerenti ed efficaci che prevedono: valorizzazione del rapporto “paesaggio – prodotto” finalizzato allo sviluppo di beni e servizi in grado di aumentare la competitività delle filiere tipiche dei settori agroalimentari e forestali, collegandoli strettamente al paesaggio locale. recupero, conservazione e valorizzazione dell‟identità dei paesaggi locali. promozione delle attività volte a connotare e valorizzare il contributo del paesaggio alla qualità della vita. garantire la possibilità di intervenire in modo strutturato e coordinato, nell‟ottica di favorire lo sviluppo locale. Il MIPAAF ha promosso importanti progetti di ricerca, quali il Catalogo Nazionale dei Paesaggi Rurali di Interesse Storico. Tale lavoro ha coinvolto 14 università e circa 80 ricercatori ed è stato finalizzato a individuare nel territorio nazionale paesaggi caratterizzati da lunga persistenza storica, ma ancora vitali e collegati alle produzioni tipiche. In questa prima fase del lavoro sono state individuate 126 aree distribuite in tutte le regioni italiane con paesaggi che collocano la loro origine dal periodo preromano fino all‟800. Tali paesaggi saranno oggetto di politiche specifiche per consentire di mantenerli e di valorizzare i territori ad essi abbinati, rappresentando anche un esempio di come sia possibile coniugare tecniche tradizionali ed esigenze moderne nella conservazione e valorizzazione dei paesaggi ad esse associati. Ulteriori iniziative sono allo studio per istituire un registro dei paesaggi storici e sviluppare sistemi di certificazione paesaggistica per premiare quei produttori e quelle popolazioni che hanno sapientemente abbinato la conservazione del paesaggio ai loro sviluppo socio economico e ai loro prodotti di qualità.
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Cosa possiamo fare noi come singole persone, insieme ai nostri compagni di classe e agli amici, alla nostra famiglia? “Trattate bene la Terra: non vi è stata data dai vostri genitori, essa vi è stata prestata dai vostri figli. Non ereditiamo la Terra dai nostri antenati, noi la prendiamo in prestito dai nostri figli”. (Antico Proverbio degli Indiani Pellerossa) “Quando l’ultimo albero sarà morto, quando l’ultimo fiume sarà stato inquinato e l’ultimo pesce sarà stato catturato, solo allora vi renderete conto che non si può mangiare il denaro”. (Detto degli Indiani Cree) Se condividiamo questi antichi proverbi indiani, e siamo consapevoli che la terra è la nostra casa, la casa dell‟uomo, dobbiamo imparare ad assumere comportamenti rispettosi verso di essa. Con questo slogan "Se non sei parte della soluzione, sei parte del problema. Fa la tua parte” Al Gore, ex Vicepresidente Usa e Nobel per la Pace nel 2007, sta portando in giro per il mondo iniziative per sensibilizzare le popolazioni ai problemi che affliggono la Terra e l'ambiente e quindi il nostro paesaggio. Il problema dei rifiuti
Nessuno vuole una discarica sotto casa. Ma la nostra società e tutti quanti noi produciamo una quantità incredibile di rifiuti. Ogni anno tonnellate di rifiuti di ogni genere come oggetti dismessi, frigoriferi da rottamare, detriti di costruzione, eternit, carcasse di auto, etc. vengono abbandonati nelle aree rurali, deturpando l‟ambiente e il paesaggio. Ogni rifiuto che produciamo ha un suo tempo di vita per degradarsi. Gettarlo in un bosco o in qualsiasi spazio aperto, oltre che danneggiare il paesaggio da un punto di vista estetico, può provocare inquinamento dell‟atmosfera, del suolo e delle acque con conseguente perdita di biodiversità, rendendo inoltre gli ecosistemi naturali più vulnerabili. LO SAPEVATE CHE: RIFIUTO Vetro Sacchetto o bicchiere di plastica Scatoletta di alluminio Bucce di frutta Gomma da masticare Mozzicone di sigaretta Fiammifero Giornale Fazzoletto carta
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TEMPO DI DEGRADAZIONE 4.000 anni da 100 a 1.000 anni da 100 a 500 anni da 3 mesi a 2 anni 5 anni da 1 a 5 anni 6 mesi da 3 a 12 mesi 3 mesi
I rifiuti possono essere recuperati e riutilizzati risparmiando risorse ed evitando la contaminazione di spazi naturali. La raccolta differenziata è un passo importante nel rispetto dell‟ambiente, del paesaggio e delle risorse naturali. Fare la raccolta differenziata significa innanzitutto ridurre il volume dei rifiuti che vanno in discarica, ma anche recuperare materia prima che può essere riutilizzata: il vetro, la carta, l‟alluminio, la plastica raccolti in modo separato vengono reimpiegati nei cicli produttivi con un risparmio di materia prima ed energia. Perché riciclare?
Ogni tonnellata di carta raccolta in maniera differenziata, quindi riciclabile, consente un risparmio di 14 alberi, 280-400 tonnellate di acqua, e l'equivalente di 200-300 Kg di petrolio. Riciclare la plastica consente invece di ridurre pesantemente l'inquinamento e il volume di rifiuti. Con la plastica riciclata si consuma 7 volte di meno in termini di energia elettrica. Infine ogni tonnellata di vetro riciclato fa risparmiare 200 kg equivalenti di petrolio, 700 chili di sabbia, 150 di soda e 150 di dolomite. COSA POSSIAMO FARE NOI
1. Acquistare prodotti con imballaggi minimi; 2. Non gettare in terra la carta e la plastica; 3. Utilizzare gli appositi raccoglitori per i rifiuti distinguendo la carta dalla plastica, il ferro e l‟alluminio dal vetro, le pile usate dalle lampadine rotte, ect; 4. Convincere le nostre mamme a utilizzare borse di tela o plastica biodegradabile ogni volta che si va a fare la spesa;
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5. Riutilizzare le bottiglie di vetro o comprare bottiglie che prevedano il vuoto a rendere; 6. Laddove possibile, scegliere detersivi, detergenti, pasta e legumi distribuiti alla spina per riutilizzare lo stesso contenitore; 7. Le batterie elettriche, (siano esse pile che batterie di autovetture) ed i medicinali scaduti contengono sostanze dannose per l‟ambiente. Disperderle significherebbe provocare inquinamento delle acque e del suolo dove le sostanze chimiche di sintesi e i metalli pesanti si accumulano, ritornando all‟uomo nei prodotti che quotidianamente mangiamo, (verdura, frutta, latte, cereali, pasta, pane, carne, pesce, ecc). Per questi prodotti una volta esauriti esistono contenitori appositi per la raccolta e speciali programmi di smaltimento; 8. Evitare l'uso dei bicchieri e dei piatti di plastica; 9. Raccogliere e buttare negli appositi contenitori la carta e la plastica che i maleducati lasciano cadere per terra… Gli incendi
Gli incendi sono la principale causa di distruzione del paesaggio e una terribile minaccia all‟equilibrio ecologico, alla sicurezza delle persone e dei beni. Il fuoco distrugge il paesaggio e con esso tutto ciò che vi è custodito. Il fuoco è un prodotto della combustione di materiali e sostanze varie che determina la liberazione di energia sottoforma di calore e la produzione di prodotti secondari quali; ANIDRIDE CARBONICA (CO2); OSSIDO DI CARBONIO (CO); VAPORE ACQUEO; POLVERI SOTTILI CENERI; . È il risultato della combinazione di 3 fattori; combustibile, calore, ossigeno che svolge il ruolo del comburente. Il calore è necessario per innescare la reazione di combustione e dare avvio alla fiamma; successivamente sarà la stessa a produrre calore. Nel caso specifico per la formazione degli incendi forestali le fonti di calore possono essere naturali come i fulmini o non naturali come i mozziconi di sigarette, i tubi di scappamento di automobili, camion o trattori. Il combustibile è la materia e sostanza che brucia e la possiamo ritrovare in tre stati differenti: Solido (carta, legno, carbone, ecc.), Liquido (alcol, benzina, gasolio, ecc.) o Gassoso (propano, metano, idrogeno ecc.). É possibile distinguere, per gli incendi delle aree rurali, agricole e forestali, i combustibili in due grandi categorie; 1. Combustibili rapidi; erba secca, foglie secche, aghi, arbusti e piccoli alberi; 2. Combustibili lenti; sono costituiti da ceppaie, tronchi, ramaglia, humus grezzo (parte superiore del suolo costituita da materiale decomposto come aghi e foglie).
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Il comburente è la sostanza che permette al combustibile di bruciare, per gli incendi delle aree rurali, agricole e forestali si tratta dell‟ossigeno contenuto nell‟aria allo stato gassoso.
Nella legislazione italiana con la legge del 21/11/2000 n. 353 è stata data una definizione di incendio boschivo cosi definito: “per incendio boschivo si intende un fuoco con suscettività ad espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all’interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti o pascoli limitrofi a dette aree”.
QUALI SONO I DANNI PROVOCATI DA UN INCENDIO? 1. Il primo danno causato dal passaggio del fuoco è il fortissimo impoverimento della biodiversità vegetale e animale. Inoltre l‟ecosistema bosco si trova poi esposto a una serie di fattori di stress quali il compattamento del suolo (asfissia del suolo), mancanza di copertura che determina fenomeni erosivi del terreno, sviluppo successivo di poche forme vegetali con tendenze infestanti. 2. Quale colore assume il suolo dopo un incendio? Una tinta nerastra di ceneri. 3. Perdita degli habitat di alimentazione, rifugio e riproduzione per la fauna selvatica.
Bosco dopo il passaggio del fuoco (Foto di CFS)
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COSA POSSIAMO FARE NOI 1. Non accendere fuochi fuori dalle aree attrezzate quando si fanno gite fuori città: è pericoloso e vietato; 2. Gettare i rifiuti negli appositi contenitori: se abbandonati, infatti, i rifiuti possono prendere fuoco; 3. Se si vede un piccolo fuoco lungo il ciglio della strada o dentro un bosco non andarsene via come se la cosa non ci riguardasse, avvisare subito il Corpo Forestale o i Vigili del Fuoco chiamando il 115; 4. Non parcheggiare le automobili in zone ricoperte da erba secca: il calore della marmitta potrebbe incendiarle. 5. Un incendio non è uno spettacolo televisivo… non ostacolare le operazioni di spegnimento di incendio, intralciando la strada agli automezzi antincendio o agli uomini impegnati contro il fuoco. Infine non stancarsi mai di sensibilizzare gli altri sulla necessità di proteggere il nostro patrimonio boschivo. La distruzione di altri boschi facilita i processi di erosione e desertificazione. La disponibilità di acqua
L’acqua ricopre 3/4 della superficie terrestre. L‟acqua è senza dubbio la più importante risorsa della Terra; tutte le sostanze che compongono la materia vivente sono fatte di acqua, tanto da costituire dal 50 al 95% del peso di ogni essere vivente. Dal punto di vista ambientale è responsabile dei cambiamenti delle sue forme geologiche e paesaggistiche ed è soltanto alla sua abbondante presenza che è stata possibile la nascita e l‟evoluzione della vita vegetale e animale. Tra le sue proprietà, l‟acqua è l‟unica sostanza in natura che è presente nell‟ambiente nei tre stati: solido, liquido e gassoso. Nello stato liquido la troviamo nella pioggia, nella rugiada ma soprattutto nei laghi, nei fiumi e nei mari. Allo stato solido l‟acqua è presente sottoforma di ghiaccio, neve e brina, mentre allo stato gassoso è presente sottoforma di vapore e nebbia ed è inoltre la principale componente delle nuvole.
Il ciclo dell’acqua
Grazie al calore irraggiato dal sole, l‟acqua è continuamente in movimento; evapora dal suolo, dagli organismi viventi (traspirazione) e dalle distese d‟acqua (laghi, mari, fiumi ecc). Il vapore che si forma in questo modo sale in quota formando le nubi cioè ammassi di piccolissime gocce d‟acqua e cristalli di ghiaccio. Quando sono troppo cariche, le nuvole lasciano cadere l‟acqua sottoforma di pioggia, neve o grandine. La maggior parte di quest‟acqua scorre sulla superficie terrestre e va a finire direttamente nel mare, mentre la frazione restante penetra nel sottosuolo, mantenendolo umido, e viene in parte assorbita dalle radici delle piante. La parte rimanente filtra in profondità fino ad incontrare strati impermeabili, alimentando cosi le falde acquifere, oppure scorre in profondità fino ad uscire in superficie sottoforma di sorgenti.
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. L’ACQUA UNA RISORSA PREZIOSA DA TUTELARE L‟acqua è un elemento indispensabile per la vita e la sua disponibilità condiziona l‟esistenza dell‟uomo sul Pianeta. Ciò è particolarmente evidente durante la stagione estiva, periodo in cui l‟afa ci fa sentire più immediata la necessità di questa risorsa. Il corpo umano, infatti, è costituito da circa il 60% di acqua (il 55% nella donna) e necessita, per la sopravvivenza, di circa 3 litri al giorno di questo prezioso liquido. A questa quantità va aggiunta l‟acqua necessaria per lavarci, per gli scarichi fognari, per cucinare. Le stime medie indicano un consumo di 350 litri d‟acqua al giorno per una famiglia canadese, di 165 per una europea e di 20 litri per una famiglia africana, mentre, secondo l‟Organizzazione Mondiale della Sanità, per poter parlare di condizioni accettabili di vita, occorrono non meno di 50 litri d‟acqua al giorno per ogni essere umano. In Italia ogni persona consuma in media 250 litri di acqua al giorno. Tuttavia, per miliardi di persone, disporre di 50 litri d‟acqua ogni giorno è pura utopia, al punto che le Nazioni Unite hanno fissato in 40 litri il diritto minimo all‟acqua come obiettivo di mobilitazione della Giornata Mondiale dell‟Acqua che ricorre il 22 marzo di ogni anno. Inoltre è da considerare che il consumo di acqua dolce (per uso domestico, agricolo, ecc) si è sestuplicato tra il 1900 e il 1995, raggiungendo oggi valori che sono più del doppio del livello di crescita della popolazione. Oggi più di 1,5 miliardi di persone non hanno libero accesso all‟acqua potabile e di questo passo nel 2020 potrebbero essere più di 3 miliardi. La conseguenza di tutto ciò è che circa un terzo della popolazione mondiale vive in Paesi considerati ad “emergenza idrica”, nei quali viene utilizzata acqua considerata “non sicura” e l‟offerta di acqua potabile non è sufficiente a soddisfare la domanda. Quasi 3,4 milioni di persone ogni anno (di cui 5 mila bambini al giorno,
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praticamente uno ogni 15 secondi) muoiono a causa di malattie trasmesse da acque non potabili. Nonostante le Nazioni Unite indichino nella crisi dell‟acqua il più serio tra i problemi ambientali, in Italia e nei Paesi occidentali l‟acqua continua ad essere oggi una preoccupazione relativa. La mappa mondiale della disponibilità di acqua e la carta dei prelievi idrici mostrano come i Paesi del Medio Oriente siano quelli più a rischio. Se non subentreranno cambiamenti significativi, circa 5,3 miliardi di persone, cioè 2/3 della popolazione della Terra, nel 2025 vivranno in condizioni di povertà idrica. Risparmiare l‟utilizzo e tutelarne la qualità è un dovere nei confronti del Pianeta e di tutti gli esseri viventi che lo popolano. CARTA EUROPEA DELL’ACQUA Il 6 maggio del 1968 a Strasburgo è stata promulgata la carta europea dell‟acqua i quali contenuti vengono di seguito sintetizzati: 1. Non c è vita senza acqua. L‟acqua è un bene prezioso, indispensabile, a tutte le attività umane; 2. Le disponibilità di acqua dolce non sono inesauribili. E‟ indispensabile preservarle, controllarle e se possibile accrescerle; 3. Alterare la qualità dell‟acqua significa nuocere alla vita dell‟uomo e degli altri esseri viventi che da lui dipendono; 4. La qualità dell‟acqua deve essere tale da soddisfare tutte le esigenze delle utilizzazioni previste, ma deve essere tale da soddisfare tutte le esigenze delle utilizzazioni previste, ma deve soprattutto soddisfare le esigenze della salute pubblica; 5. Quando l‟acqua, dopo essere stata utilizzata, è restituita, al suo ambiente naturale, essa non deve compromettere i possibili usi, tanto pubblici che privati che in questo ambiente potranno essere fatti; 6. La conservazione di una copertura vegetale appropriata, di preferenza forestale, è essenziale per la conservazione delle risorse idriche; 7. Le risorse idriche devono formare oggetto di inventario per stabilire successivamente un piano di gestione da parte delle autorità competenti; 8. La salvaguardia dell‟acqua implica uno sforzo importante di ricerca scientifica, di formazione di specialisti e di informazione pubblica; 9. L‟acqua non ha frontiere. Essa è una risorsa comune, che necessita di una cooperazione internazionale. COSA POSSIAMO FARE NOI 1. Bere l‟acqua del rubinetto (l‟acqua del sindaco); 2. Utilizzare la lavatrice o la lavastoviglie solo quando sono piene; 3. Preferire la doccia al bagno. Per una doccia di 5 minuti si consumano circa 60 litri d'acqua, per riempire una vasca da bagno ce ne vogliono ben 120; 4. Chiudere il rubinetto quando non serve. Mentre ci si lava i denti per esempio si risparmiano ogni volta diversi litri d'acqua. 5. Riparare i rubinetti che perdono. Una goccia ogni 10 secondi può arrivare a
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sprecare tra i 30 e i 100 litri di acqua al giorno; 6. Scegliere lo scarico con il doppio pulsante. Dal water esce infatti circa il 30% dell'acqua consumata dall'intera casa. Energia e inquinamento
L'energia è definita come la capacità di un corpo o di un sistema di compiere lavoro. L‟energia rappresenta la forza motrice della nostra società che dipende totalmente dalla sua disponibilità. Le fonti di energia rappresentano le sorgenti di energia a disposizione dell'umanità che possono essere utilizzate per eseguire un lavoro, produrre calore e comunque ottenere una utilità. L‟energia può essere prodotta da fonti: 1. Il nucleare (uranio) e le fonti fossili non rinnovabili (petrolio, gas, carbone) che si sono create milioni di anni fa dalla decomposizione di organismi vegetali e animali. 2. Fonti alternative rinnovabili (solare, idroelettrico, geotermico, eolico, biomasse). Il consumo di energia si è accresciuto nel corso dei secoli, in particolare a partire dall‟inizio della rivoluzione industriale avvenuta 250 anni fa, quando vennero sviluppati macchinari per svolgere lavori che prima venivano effettuati a mano con l‟energia animale e delle braccia. L‟invenzione dei motori a combustione interna, ha permesso di ottenere mezzi di trasporto motorizzati, quali automobili, treni ed aeroplani. Questo ha determinato un crescente utilizzo di energia basate su combustibili fossili. Tali fonti, sebbene hanno contribuito ad un forte sviluppo della popolazione umana, non sono rinnovabili nel lasso di tempo nel quale vengono impiegate, cioè vengono usate ad un ritmo più rapido di quello con cui si sono formate. Esiste dunque un evidente limite alla crescita dei consumi al quale dovrà corrispondere lo sviluppo di sistemi alternativi per la produzione di energia, tenendo conto del fatto che la popolazione mondiale è in continua crescita ed i consumi attuali di energia non sono sostenibili nemmeno per la durata temporale di un‟altra generazione. Quindi, una migliore efficienza energetica ed il passaggio da combustibili fossili a fonti rinnovabili di energia sono obiettivi assolutamente prioritari. ENERGIA E AMBIENTE; L’IMPATTO SULLE RISORSE NATURALI L‟utilizzo dei combustibili fossili contribuisce all‟inquinamento dell‟ambiente. Questi inquinanti comprendono tutto uno spettro di emissioni gassose, quali anidride carbonica, monossido di carbonio, ossido nitroso, anidride solforica, nonché particolati come idrocarburi e ceneri pericolosi per la salute umana e responsabili del cambiamento climatico in atto. Tra questi l‟anidride carbonica (CO2), presenta già in natura, determina un impatto sull‟ambiente sia a livello locale che globale dando origine ad uno dei cicli più importanti per la vita sulla terra: il ciclo del carbonio, fondamentale alla vita sul pianeta. Questo può definirsi un ciclo chiuso che interessa tutti gli ecosistemi terrestri e riguarda l‟assorbimento e la trasformazione del carbonio da parte degli organismi viventi.
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Il ciclo del carbonio si sviluppa all‟interno di quattro elementi quali la biosfera, l‟idrosfera, la litosfera e l‟atmosfera. Esso può essere descritto dai seguenti passaggi: 1. La conversione dell‟anidride carbonica atmosferica in composti organici per mezzo della fotosintesi effettuata dagli organismi autotrofi (vegetali). 2. Il consumo dei sostanza organica da parte degli organismi eterotrofi con la produzione di CO2 e di energia; 3. Il ritorno del carbonio alla riserva atmosferica sotto forma di CO2 tramite i processi di respirazione di piante, animali, batteri e funghi. 4. Il recupero di una parte del carbonio presente nei resti organici (residui animali e vegetali) attraverso i processi di decomposizione che avvengono in ambiente aerobico o anaerobico, e quindi la riorganizzazione del carbonio in altri prodotti.
Come le piante delle foreste, che trasformano la CO2 in ossigeno e sostanza organica, anche il suolo riveste un ruolo fondamentale come serbatoio nel ciclo biologico: la presenza in questo di microrganismi che generano processi di decomposizione determina la produzione di humus, elemento ricco di sostanze nutritive a base di carbonio (emicellulose, pectina, lignina, fenoli, terpenoidi, ecc). FONTI RINNOVABILI PER UN’ENERGIA PULITA A differenza dei combustibili fossili, le fonti rinnovabili di energia sono abbondanti, diffuse e disponibili localmente. L‟energia rinnovabile è tratta dal sole (fotovoltaica), dal vento (eolica), dalle correnti d‟acqua e dal moto ondoso (idroelettrica), dalle masse di scarto (biomassa), dalle acque calde delle viscere della terra (geotermia). Insomma l‟energia prodotta da tutte quelle fonti naturali che non si esauriscono.
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Le caratteristiche principali di tutti questi elementi sono cosi sintetizzabili: sono abbondanti; sono disponibili localmente; producono livelli si inquinamento scarsi o nulli; possono essere applicate direttamente agli edifici; non è necessario spostare l‟energia dalla sua fonte al punto di utilizzo; non richiedono (quasi mai) processi di conversione; sono soggette a variazioni giornaliere e stagionali. COSA POSSIAMO FARE NOI 1. Spegni le luci che non utilizzi. 2. ricordati sempre che anche le luci di stand be (led) dei normali elettrodomestici consumano energia; 3. Mantieni l'impostazione del termostato di casa tua ad una temperatura non superiore ai 21°C in inverno; 4. Utilizza il condizionatore solo se necessario ed impostalo ad una temperatura di poco inferiore a quella esterna; 5. Stacca il carica batteria del cellulare quando non è in uso; 6. Scegli lampadine a basso consumo che hanno un ciclo di vita fino a 10 volte superiore a quello delle lampadine normali; 7. Per piccoli spostamenti meglio una passeggiata o la bicicletta evitando di usare l‟automobile con un risparmio netto di emissioni di CO2; 8. Utilizzare i mezzi pubblici tra cui preferire il treno all‟aereo in quanto si può risparmiare fino al 90% di emissioni di CO2. 9. Consumare meno acqua calda; 10. Usare l'asciugabiancheria solo quando è davvero necessario. Ogni ciclo di asciugatura produce 3 kg di emissioni di CO2;
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GLOSSARIO AMBIENTE: è il complesso degli elementi naturali (la flora, la fauna, il paesaggio) e delle risorse che circondano un determinato organismo e, in particolare, gli esseri umani. Il termine italiano “ambiente” deriva dal latino ambiens, - entis, participio presente del verbo ambire, che significa “andare intorno, circondare”, quindi propriamente l‟insieme delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di ciò che è intorno a noi. Si divide in comparti ambientali: atmosfera (insieme dei gas che circondano il nostro pianeta), litosfera (insieme delle rocce e dei suoli), idrosfera (insieme delle acque di qualunque origine), biosfera (insieme degli organismi viventi). BIODIVERSITA’: è una misura della varietà di specie animali e vegetali presenti sul nostro pianeta. Essa è il risultato di lunghi processi evolutivi, quindi in un certo senso il serbatoio da cui attinge l'evoluzione per attuare tutte le modificazioni genetiche e morfologiche che originano nuove specie viventi. Il termine deriva dall'inglese biodiversity, che può essere tradotto "varietà della vita". CIGLIONAMENTO: tecnica di trasformazione del pendio (simile al terrazzamento) in un sistema di gradoni che permette di ottenere superfici orizzontali o quasi orizzontali, al fine di ridurre la velocità di scorrimento delle acque di pioggia e permetterne una parziale infiltrazione nel terreno come riserva idrica delle colture. CLIMAX: rappresenta lo stadio finale che un ecosistema può raggiungere al massimo della sua evoluzione. CULTIVAR: termine agronomico che indica una pianta coltivata che riassume un insieme di specifici caratteri morfologici, fisiologici, agronomici e merceologici di particolare interesse e trasmissibili con la propagazione, sia per seme sia per parti di pianta. DIRETTIVA COMUNITARIA: uno degli atti che il Parlamento congiuntamente con il Consiglio può adottare per l'assolvimento dei compiti previsti dai trattati, perseguendo un obiettivo di armonizzazione delle normative degli Stati Membri. DISBOSCAMENTO: abbattimento d‟alberi per motivi commerciali o per ottenere nuovi terreni da destinare all‟agricoltura e all‟espansione urbana. DISSESTO IDROGEOLOGICO: degradazione ambientale dovuta principalmente all'attività erosiva delle acque superficiali, in contesti geologici naturalmente predisposti o intensamente denudati per la distruzione del ricoprimento boschivo. ECOSISTEMA: insieme di organismi animali e vegetali che interagiscono tra loro e con l'ambiente. ECOTONO: zona di transizione fra due diversi ecosistemi. Nell‟ecotono si ha un graduale passaggio fra le specie caratteristiche di un ecosistema e le specie caratteristiche dell‟altro, e spesso una maggiore biodiversità. INQUINAMENTO: insieme delle modificazioni chimiche e fisiche dell‟ambiente e dei suoi comparti causate dall‟uomo. LATIFOGLIE: termine soprattutto usato per indicare alberi o arbusti appartenenti al gruppo botanico delle angiosperme. Letteralmente significa “a foglie larghe”. Si contrappone ad aghifoglie. OROGRAFIA: settore della geografia che studia i rilievi del terreno (colline, montagne). In particolare, con il termine orogenesi si intende l‟origine geologica delle catene montuose. PRATICHE ROTAZIONALI: insieme delle tecniche essenziali per il mantenimento e/o l‟incremento della fertilità e dell‟attività biologica di un terreno che consiste nel programmare la sequenza delle colture che si 59
succedono nel tempo in uno stesso appezzamento, al fine di non impoverire il suolo degli elementi nutritivi fondamentali. RIMBOSCHIMENTO: processo con cui una zona da tempo priva di vegetazione o precedentemente non boscata viene ricoperta da alberi adatti a quella zona. RISORSE: tutto ciò che può essere prelevato dall‟ambiente e utilizzato dall‟uomo a fini economici. Si dividono in genere in esauribili (petrolio, carbone, gas naturale), per le quali il continuo prelievo costituisce causa di esaurimento, e non esauribili, se sono in grado di rinnovarsi continuamente. L‟energia solare costituisce un buon esempio di risorsa non esauribile. RITOCCHINO: pratica agricola di antiche origini, ancora diffusa per i vigneti situati in zone collinari con buona pendenza, che consiste principalmente nell'effettuare i solchi dell'aratura parallelamente alle linee di massima pendenza (solchi ritti e chini). SEMINATIVO: superficie utilizzata per le colture di piante erbacee, frequentemente graminacee, soggette all‟avvicendamento colturale (successione spazio temporale di più colture sullo stesso appezzamento) che prevede una durata delle coltivazioni non superiore a cinque anni. SILVICOLTURA (o SELVICOLTURA): impianto, riproduzione, conservazione e sfruttamento razionale dei boschi al fine di produrre legname. SOPRASSUOLO: vegetazione presente su di una superficie di bosco con particolare riferimento alle piante di maggiore interesse forestale, le quali, più specificatamente, costituiscono il soprassuolo forestale. SUBSTRATO: insieme di litologie coerenti o sciolte che si trovano al di sotto di un determinato suolo. TERRAZZAMENTO: fenomeno di erosione che crea ripiani orizzontali nelle valli o lungo le coste. Può anche essere di tipo fluviale, laddove è causato da variazione della portata dei grandi fiumi che hanno effetti erosivi sull‟alveo fluviale e sulle sue sponde. TOPOGRAFIA: studio delle modalità di rappresentazione grafica, più o meno particolareggiata, di una parte della superficie terrestre. Strumento di rappresentazione sono le carte topografiche.
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