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L’ultimo confine: gli ospedali
IPhoto_ Riccardo Sepe Visconti
Tutte le malattie nelle forme più gravi sono visibili nelle corsie degli ospedali. Questa regola vale per le patologie che conosciamo da sempre, ma vale anche per quella sindrome che abbiamo imparato a riconoscere solo un anno fa e che è provocata dal virus COVID19. Nell’ASL Napoli 2 Nord l’allarme è partito il 4 marzo dall’ospedale Rizzoli di Ischia, con una diagnosi effettuata su un turista. In quei giorni gli ospedali di Ischia, Pozzuoli, Giugliano e Frattamaggiore avevano già iniziato una trasformazione che per mesi li ha resi irriconoscibili. Pronto Soccorsi, Sale Operatorie, corridoi si erano trasformati in ambienti dedicati ai pazienti positivi al COVID19. Infermieri, Medici e OSS in quei giorni hanno inventato ed imparato terapie, tecniche e protocolli assistenziali per fronteggiare una malattia che non avevano mai studiato sui libri e che nessun “Maestro” aveva mai insegnato loro. Questi professionisti hanno conosciuto la frustrazione per le sconfitte e le gioie per delle battaglie vinte insieme ai pazienti. Nelle vite di ciascuno di questi professionisti esiste ed esisterà sempre un prima ed un dopo del COVID19. Nel 2020 la pandemia ha chiesto a ciascun sanitario di tornare a prestare fede con gli atti alla propria scelta professionale, dedicandosi completamente a fronteggiare la malattia, rischiando la propria vita e - spesso - allontanandosi dalla propria famiglia. Centinaia di donne e uomini del nostro Sistema Sanitario hanno affrontato questa sfida, facendosi forza l’un l’altro e reinventando una dimensione umana anche nei reparti di contenimento biologico, sotto le tute, carezzando gli ammalati con dita coperte da due paia di guanti. Gli ospedali, ancora una volta, sono stati l’ultimo confine prima della morte; un confine da cui in centinaia sono tornati alla pienezza della vita grazie a donne e uomini che hanno scelto, per mestiere, di dedicarsi agli altri facendosi interpreti della scienza.
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