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MAIRA SALATIELLO

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LA RICOSTRUZIONE

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anno 15 - N°53 inverno_ 2019 ischiacity.it

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D I R E C T O R

L’ECCEZIONALITA’ DEL MAJO

In 15 anni mi è capitato solo una volta di non firmare l’Editoriale, e accadde perché ero assente. Oggi, invece, cedo questo spazio che è il primo

del magazine, e che normalmente ne detta la linea politica, a Silvia Buchner poiché la profonda e lucida visione dei suoi argomenti si impone su ogni mio possibile ragionamento (Riccardo Sepe Visconti).

Non ho nonni né altri parenti casamicciolesi, anzi neppure ischitani, e questo forse mi consente di guardare con maggiore obiettività a tutto quanto accaduto dal 21 agosto 2017; ma obiettività non vuol dire non pensare con apprensione a chi ha perso moltissimo, e con uguale, se non maggiore apprensione, non cercare di intravedere il migliore futuro possibile per un’intera comunità con un’identità forte - al punto da essere tornata nei secoli ad abitare un territorio decisamente pericoloso. Mi chiedo fino a che punto avendone piena consapevolezza. Perché se è vero che il precedente terremoto a Casamicciola alta risale alla fine dell’800, è vero anche che si dimentica in fretta, e se c’è chi ancora adesso ricorda le ammonizioni e i racconti dei nonni che lo hanno vissuto, è anche vero che, comunque, lì ha costruito perché lì possedeva il terreno ereditato dagli avi. Il Majo e La Rita, infatti, le zone più martoriate dall’ultimo terremoto, erano già state più e più volte e assai duramente colpite: e se nell’immediato dopo il terribile sisma del 1883 lo Stato ha dato indicazioni restrittive precise a chi voleva ricostruire, nel secondo dopoguerra, e per decenni, complice l’inarrestabile crescita di Ischia come stazione turistica e quindi un - finalmente - diffuso benessere, si è costruito, costruito, costruito... E’ un fatto oggettivo di cui chi conosce quei luoghi deve prendere atto: le case sono tante, spesso addossate le une alle altre, sicuramente di edilizia economico-popolare (non ci sono ville in quella zona, questo è assolutamente vero), ma è altrettanto vero che tutto è stato fatto in modo incontrollato, disordinato, in posizioni a volte davvero pericolose (è il caso del fondo del vallone della Rita, luogo rischioso a prescindere dalla pericolosità sismica), spesso aggiungendo nel tempo nuovi volumi - da una certa epoca in poi violando la legge. Punto davvero dolente questo dell’edilizia abusiva, che scatena reazioni forti. Da una parte chi invoca, con assoluta ragione, solo costruzioni legittime (eppure nell’intervista che ci ha rilasciato, il vulcanologo Giuseppe De Natale spiega come anche quelle, pur se realizzate secondo gli attuali criteri richiesti, in quei luoghi non possono dirsi sicure al 100%). Dall’altra chi da secoli è abituato a fare da sé, in uno spazio per sua natura limitato, qual è per definizione l’isola (per cui parlare di delocalizzazione, se con essa si intende ricostruire le case del Majo in un altrove - che non sia la terraferma!- è mero esercizio intellettuale) e dove il valore del terreno stesso ancorché sulla carta solo d’uso agricolo è altissimo, per non dire dei costi di una casa da prendere in affitto come da comprare. E quindi si è continuato a fare da sé. Fra leggi che non hanno voluto considerare la crescita economica del paese e un sistema Stato che ha scelto di non prendere decisioni a nessun livello, come bene ha spiegato l’avvocato Molinaro nella sua intervista, dando vita a un meccanismo pernicioso di pressioni reciproche fra cittadino e politica locale. Dietro l’attuale situazione c’è tutto questo, una serie di fattori concomitanti che sono stati gestiti male, malissimo, e oggi se ne scontano le conseguenze.

Eppure, le conseguenze peggiori di questo costruire in maniera anarchica, in spregio alla legge ma anche senza gli strumenti urbanistici (che tocca a chi amministra redigere), non sono di tipo morale, quanto piuttosto concrete ricadute negative. Nel senso che, se si arriva al paradosso espresso dal professor De Natale (si può costruire senza titolo edilizio anche un bunker d’acciaio che resisterà al terremoto, ma per la legge rimane abusivo), è tuttavia verosimile che edificare quando non è consentito, significa farlo in fretta, con il timore di essere denunciati e quindi fermati, magari senza calcoli progettuali accurati (e se anche quelli non bastano in zone sismicamente pericolose, figuriamoci quando sono del tutto assenti); aggiungiamo che costruire secondo regole stringenti fa sicuramente lievitare i costi di realizzazione, e si ha un quadro abbastanza verosimile di ciò che è accaduto. Intendere, quindi, le parole del geologo che spiega come la faglia che genera le scosse sismiche corra esattamente al di sotto del Majo, come un’assoluzione per le abitazioni abusive crollate o danneggiate, costituisce un fraintendimento: lo stesso geologo suggerisce, infatti, di non ricostruire più in assoluto case in quella zona, e probabilmente lui, come d’altra parte farebbe un ingegnere, avrebbe bocciato la sopraelevazione sotto la quale una donna ha perso la vita e 3 bambini sono rimasti intrappolati la sera del 21 agosto... Adesso che, da qualche settimana, la conversione in legge del decreto Genova traccia le direttive volute dal Governo per poter iniziare la ricostruzione, questa dovrebbe essere preceduta assolutamente da valutazioni serie, approfondite, ragionate su come muoversi. Perché è ormai ben chiaro che il Majo e La Rita non sono un abitato come un altro, sono un luogo con una storia eccezionale, che va capita appieno e con la quale si devono fare i conti. E, contemporaneamente si deve pensare a quella comunità aggrappata alla sua terra come a una realtà sociale, civile, economica, con problemi e potenzialità. Quel borgo, infatti, era già in grande affanno dal punto di vista delle attività prima del terremoto: fra pensioni e alberghi in seria difficoltà e pochi negozietti, ma è altrettanto vero che custodisce in sé una prestigiosa sorgente purtroppo sottostimata nel suo valore e resa marginale da scelte di strategia turistica che hanno penalizzato il settore termale, ed è prossimo ad un contesto naturale magnifico quale il monte Epomeo. Per ricostruire davvero non si può prescindere dal considerare tutto ciò, punti deboli e potenzialità, storia e prospettive, per capire in quale direzione andare. Pena perdere definitivamente uno dei cuori storici dell’isola d’Ischia.

SILVIA BUCHNER

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SPECIAL

LE RADICI (IN)VISIBILI DEL MAIO

Text_ Silvano Arcamone

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La sera, a Bologna, può capitare che dopo aver fatto un aperitivo sotto i portici finisci in un vicolo dove davanti al portone del Laboratorio di San Filippo Neri c’è un assembramento di bolognesi, architetti e studenti in attesa di un evento che parla di città invisibili. Intrigato, mi accodo. L’evento rievoca quel capolavoro che Italo Calvino scrisse nel 1972 per raccontarci tutto ciò che quotidianamente ci circonda, ma noi non vediamo, illusi da forme che non sono altro che proiezioni del vivere quotidiano. L’architetto Mario Cucinella è il Kublai Khan della serata e attraverso immagini fatte di foto, disegni e quadri ci conduce in un viaggio attraverso i luoghi meno scontati del nostro paese. Ci racconta la sua città ideale, che in fondo è la Città fatta di riti, mestieri, sacrifici, povertà, intuizioni, creatività, paure, speranze, insomma è un luogo fatto di uomini, dove le forme e il costruito si piegano al sentire della collettività e quindi dell’uomo. Poi succede che quando s’inizia a parlare del sogno infranto di Gibellina, colpita dal terremoto del 1968, e ricostruita secondo un’idea di città

ideale fatta per cittadini e non per gli agricoltori che vivevano quei luoghi, il pensiero torna alla tua terra. Quella terra che ha tremato poco più di un anno fa ed ha distrutto cosa? Ha distrutto cose invisibili. Ha distrutto la città invisibile che, viva e pulsante, si muoveva tra il Maio, la Rita e il Fango. Quella città fatta di mestieri, di affetti, di rituali, di consuetudini, di storie (vere e inventate), di incontri, di appartenenze, di ricordi e di racconti. Mentre la città di pietra è stata ferita, lesionata, la città invisibile è stata irrimediabilmente distrutta, polverizzata, come colpita da una bomba nucleare. Nulla più esiste di quella città invisibile, ormai solo silenzio regna in quei luoghi. È l’anno zero di una terra che più di un secolo fa è stata costretta a reagire e a ricostruirsi secondo quelle che allora erano le migliori tecnologie dell’epoca. Oggi gli abitanti della mia terra sono chiamati nuovamente a reagire, a ripartire, a reinventarsi, a trasformare una disgrazia in un’occasione di rinascita, a “trovare nella crisi un valore”, a trovare il coraggio di crederci in quell’idea di città invisibile, ormai persa, da ricostruire più bella, sicura

e funzionale di prima. È vero, non è semplice credere in una sfida così difficile in un momento in cui anche l’ordinario è un’impresa, in un paese che muore di chiacchiere, insulti, denunce, incompetenza e burocrazia. Purtroppo l’Italia di fronte ad eventi drammatici come il terremoto presenta due facce, l’una bellissima e qualificante che ci conferisce orgoglio e pregio, l’altra triste e a volte odiosa che ci deprime sempre più, squalificandoci agli occhi di tutti. Siamo i più bravi nella fase dell’emergenza, grazie a una protezione civile organizzata e alla solidarietà di un popolo che ha sempre una mano tesa verso chi soffre, ma passata la fase dell’emergenza viene fuori la parte peggiore di noi. Quando dovrebbe iniziare la fase della ricostruzione diventiamo i peggiori. Imbrigliati e frastornati da leggi, ordinanze, codici, regolamenti pieghiamo il benessere dell’uomo al rispetto di norme che sono diventati Totem invalicabili a cui la comunità deve soggiacere. Diventiamo lenti, sconclusionati, indecisi, incapaci di avere una visione e di dare risposte certe alle popolazioni e ai territori colpiti. Ad Ischia pur-

troppo stiamo assistendo alla stessa pantomima, è passato un anno e mezzo e non c’è nessuna visione su come riportare la vita in quei territori martoriati dal sisma. Ci si limita a buoni propositi e a norme contraddittorie e inconcludenti che dovrebbero semplificare la ricostruzione edilizia, ma nel concreto aumentano la confusione e le incertezze. L’ultimo esempio è l’Ordinanza n. 2 del Commissario alla Ricostruzione che è completamente avulsa dalle problematiche e dalle specificità del territorio, oltre a presentare palesi contraddizioni con il D. L. 109/2018, che regola la ricostruzione post sisma ad Ischia. La ricostruzione non può limitarsi alla minestrina mal riscaldata dei singoli interventi edilizi, senza una visione complessiva che ridia vita a quei territori. L’assenza di un piano e di un programma per la ricostruzione che contempli processi di sviluppo e valorizzazione del territorio nel rispetto delle proprie peculiarità e dei propri valori, oltre che di ricostruzione delle abitazioni, condanna quelle aree, già depresse prima del terremoto, a un futuro avvolto da grigiore. Questo è il momento

in cui bisogna alzare la testa e chiedere di più per noi stessi come fanno altrove, chiedere contributi e azioni speciali per rilanciare l’intero territorio e non limitarsi al comma astruso e inconcludente al quale puntualmente tutte le ricostruzioni rimangono impiccate, facendo dell’Italia la peggiore nazione in tema di ricostruzioni post sisma. I numerosi fallimenti delle recenti ricostruzioni post sisma ci dicono con chiarezza che bisogna cambiare passo, cambiare metodo, acquisire una visione nuova della programmazione territoriale dove le norme e le regole rispondano alle esigenze della comunità, della qualità della vita e dell’ambiente, senza porsi aprioristicamente come moloch indiscutibili a cui un’intera comunità deve sottostare nel nome di principi che non si comprendono. In Italia, e ad Ischia, bisogna passare dal regno della burocrazia al paese (oggi invisibile) della programmazione e della progettazione, dove tecnici e manager studino e comprendano le criticità di un territorio al fine di elaborare un progetto a scala urbana che dia soluzioni percorribili

e dove i temi dell’economia, dell’ambiente, del paesaggio, delle tradizioni, della cultura e della mobilità trovino il giusto equilibrio nel rispetto di quell’uomo e di quella natura che per secoli hanno saggiamente convissuto in quei territori. “Le città sono un insieme di tante cose” scriveva Italo Calvino in quel libro bellissimo e geniale, un insieme “di memoria, di desideri, di segni, di linguaggi. Le città sono luoghi di scambio e non soltanto scambio di merci. Sono scambi di parole e ricordi”. È così, il Maio era proprio quelle parole e quei ricordi che fatalmente la sera prima del terremoto ci scambiammo a tarda notte in piazza Maio tra amici del posto, seduti ai tavoli della storica pizzeria Catarì. La Comunità colpita dal terremoto potrà dire di avercela fatta solo quando ritorneremo a raccontarci storie picaresche e avventurose a piazza Maio, in una fresca e piacevole notte d’estate.

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SPECIAL

LO SCASSINATORE DEL TERZO CONDONO

Interview_ Riccardo Sepe Visconti Photo_ Riccardo Sepe Visconti Pencil and Ink_ Pietro Mureddu

E’ lui, l’avvocato ischitano Bruno Molinaro l’artefice dell’articolo 25 del decreto Genova, etichettato come “nuovo condono” dai suoi detrattori, salutato come la migliore soluzione possibile per far partire finalmente la ricostruzione nelle aree terremotate dell’isola d’Ischia, da chi lo ha a lungo atteso. L’articolo 25, infatti, indica le coordinate da seguire per la ricostruzione degli edifici colpiti dal terremoto del 21 agosto 2017 non in regola dal punto di vista del titolo edilizio, che sono abusivi insomma. In questa articolata intervista, Molinaro, esperto di diritto amministrativo nel settore dell’urbanistica, edilizia sanzionatoria e tutela del paesaggio, tocca tutti i punti caldi che ruotano attorno al problema spinoso dell’abusivismo e delle responsabilità disattese da decenni che hanno generato il nodo gordiano che ci si ritrova oggi a cercare di sciogliere.

L’articolo 25 di quello da tutti conosciuto come decreto Genova e che dal 16 novembre 2018 è legge, costituisce la più controversa delle disposizioni volute fortemente dal Governo giallo-verde per regolare la ricostruzione nei comuni terremotati di Casamicciola, Lacco Ameno e Forio. Esso serve, infatti, a dirimere il problema della riedificazione di fabbricati distrutti o danneggiati dal terremoto del 21 agosto 2017 che, in parte o per intero, non hanno un titolo edilizio: per questa ragione la stampa e i media hanno parlato di un condono varato ad hoc per l’isola d’Ischia. Le chiedo subito, quindi, se è

vero che l’art. 25 costituisce un nuovo condono. Più d’uno lo ha definito “condono tombale”, ma non è così, in quanto l’articolo 25 circoscrive in maniera puntuale chi può fruire del beneficio. La norma, infatti, interessa unicamente i fabbricati distrutti o danneggiati dal sisma, quindi non abbraccia né l’intera estensione dei tre Comuni colpiti né tantomeno gli altri tre esterni all’area terremotata. Ancora, e si tratta di un punto fondamentale, la legge si limita a definire le modalità di esame per portare a conclusione procedimenti di sanatoria già in atto, spesso da tanti anni, se si tiene conto che per chi ha aderito al primo condono, la legge

n. 47/85, sono trascorsi oltre 30 anni e ancora tantissimi non hanno avuto una risposta definitiva. Non è vero, infine, che l’articolo 25 interessa più di 27mila pratiche: questa cifra la si ottiene considerando tutte le domande di condono pendenti per l’intera isola e aggiungo che, comunque, queste non si riferiscono tutte a edifici; insomma non c’è un’equazione 1 domanda di condono = 1 edificio privo di permesso a costruire. Più del 50% delle 27mila domande, infatti, riguarda tettoie, verande, balconi, finestre, ristrutturazioni invasive, insomma interventi edilizi minori; il resto, invece, è relativo a vere e proprie case con aumenti di volume.

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Sempre secondo l’art. 25 anche le istanze inoltrate in base al terzo condono (quello voluto dal governo Berlusconi nel 2003) devono essere gestite con riferimento alle disposizioni del primo condono, quello del 1985. Sergio Rizzo, vicedirettore di Repubblica, ha scritto che si tratta di una legge più permissiva delle successive e, quindi, questa scelta finirebbe per facilitare le sanatorie. Non è così. Questa idea si fonda sul fatto che il primo condono non prevedeva limiti volumetrici, cioè si potevano sanare anche palazzi ... E questo è vero, ma la lacuna è stata colmata dal condono successivo che (art. 39, comma 18) ha risolto il problema, eliminando dal sistema le norme incompatibili tra cui, appunto, quelle precedenti che non ancoravano la sanatoria a limiti volumetrici. In pratica, attualmente per una domanda di sanatoria non definita, anche se fu presentata nel 1985, valgono le prescrizioni del condono più recente e, pertanto, i fabbricati o gli ampliamenti che presentano oltre 750 metri cubi di volume non hanno diritto al condono. Allora, perché si è fatto riferimento proprio alla 47/85 e non alle successive leggi condonistiche? Si è ritenuto di individuare in questa prima normativa la chiave per risolvere i problemi legati al condono del 2003. Il rinvio alla 47/85 per le case terremotate di Ischia risponde, infatti, all’esigenza di superare la grave limitazione costituita dalla necessità di dimostrare la conformità urbanistica, così come richiesto dal terzo condono, appunto. Il terzo condono che, peraltro, nei Comuni del cratere interessa solo una piccola parte del patrimonio edilizio esistente, lo considero una legge-truffa perché lega la sanabilità dell’abuso all’accertamento della conformità urbanistica, cioè alla compatibilità con con le previsioni del piano regolatore. Ciò significa che una casa realizzata entro il 31 marzo 2003, anche in zona vincolata, può avere il titolo edilizio a condizione che sia conforme al piano regolatore. Così facendo, però, il legislatore ha condizionato la sanabilità ad un attributo che sapeva non avrebbe potuto essere dimostrato, perché molti Comuni non hanno piano regolatore; di conseguenza lo Stato ha incamerato l’oblazione ma, nei fatti, la legge è rimasta inapplicata. Perché legge-truffa? Perché analoghe norme sulla sanabilità legata all’accertamento di conformità urbanistica erano - a ben vedere - già presenti nel sistema in via ordinaria e non era il caso di replicarle in una normativa di condono che è, per sua natura, straordinaria. Mi riferisco, in particolare,

all’articolo 36 del testo unico dell’edilizia e, prima ancora, all’articolo 13 della legge n. 47/85 che pure prevedono l’obbligo della conformità (doppia conformità per l’esattezza). Senonché tali norme sono relative ad abusi “formali”, cioè ad opere che, se non realizzate senza titolo, potevano ottenere dal Comune il permesso di costruire, qualora regolarmente richiesto prima della loro esecuzione. Viceversa, il condono si riferisce storicamente soprattutto agli abusi sostanziali. Ne deriva che prevedere, nel terzo condono, l’obbligo della conformità urbanistica per questi abusi sostanziali ha rappresentato, a mio avviso, una ingiustificata compressione di aspettative del cittadino giuridicamente tutelate, sulla base di un “copia e incolla” di principi e disposizioni applicabili a fattispecie completamente diverse. Rinviando, con l’articolo 25, al primo condono, si è potuto, dunque, eliminare l’unico vero handicap all’esame delle istanze più recenti. Accanto a questo, che è il dato giuridico, c’è anche una necessità pratica. Sì, è data dal fatto che sulla maggioranza delle case danneggiate dal sisma pendono almeno due domande di sanatoria. Il nucleo originario di esse è interessato al primo condono; successivamente è stato realizzato un ampliamento, la casa è cresciuta e quindi si è presentata una seconda domanda, spesso per il condono del 2003. Se si respingesse questa seconda domanda, la ricostruzione sarebbe impossibile, perché l’edificio da un punto di vista fisico-strutturale è diventato una struttura unica, in cui è inscindibile il nuovo ampliamento dal corpo originario. Di conseguenza se si rigetta la domanda presentata in base al condono Berlusconi ne viene che va demolito l’ampliamento, la qualcosa, però,

può comportare anche l’abbattimento della parte oggetto della precedente domanda di condono. Ricostruire oggi significa anche superare questo tipo di difficoltà attraverso la norma di cui stiamo discutendo ed eliminare in radice ogni possibile contenzioso che è sempre dietro l’angolo. Perché nonostante il tempo trascorso queste pratiche non sono state esaminate prima? I Comuni non hanno avuto interesse a definire le domande di condono perché proprio il primo (quello considerato più “permissivo”) prescriveva che, se la Soprintendenza non dava il suo parere entro 6 mesi, questo silenzio equivaleva a un rifiuto. A fronte della violazione dell’obbligo di risposta, i Comuni sapevano, comunque, che, se avessero trasmesso le pratiche, avrebbero avuto molti rigetti, cui segue l’applicazione della sanzione della demolizione: in questa prospettiva hanno scelto di non procedere, e si tratta di un patrimonio edilizio enorme, tenuto conto anche che lo stesso discorso vale per il secondo condono (legge n. 724 del 1994). Adesso c’è però una novità importante, che cambia questa prospettiva. Di cosa si tratta? Chi oggi si scandalizza per l’art. 25, mi riferisco per esempio a Legambiente, non ha avuto la stessa reazione per una norma introdotta un po’ di tempo fa, quella sul silenzio assenso. Ed è a questa che mi riferisco. Oggi, infatti, trascorsi 45 giorni dall’inoltro della pratica di condono alla Soprintendenza, se quest’ultima non risponde in modo esplicito, il condono sotto il profilo paesaggistico riceve l’assenso. Insomma, la mancata risposta che un tempo equivaleva ad un rifiuto, ora significa

accettazione. Una tale norma costituisce una rivoluzione e, intendiamoci, non la critico, essendo, fra l’altro, ispirata all’esigenza di attuare principi comunitari. Dico solo che non ha senso tacere sul silenzio assenso, che toglie alla Soprintendenza il potere di esprimere un giudizio di tipo estetico-paesaggistico, e sappiamo benissimo che le Soprintendenze non hanno il personale sufficiente a farlo nel breve lasso di tempo dettato dalla legge, e scandalizzarsi, invece, per l’articolo 25 che cerca di risolvere un problema - è il caso di dirlo grosso come una casa - che è quello della ricostruzione di abitazioni distrutte dal terremoto con migliaia di sfollati. Voglio farle una domanda molto diretta: in base al decreto appena approvato, verranno sanate anche le case che si trovano negli alvei, nelle zone a rischio idrogeologico? I “dissidenti” del Movimento 5 stelle, contrari alle norme stilate per Ischia, hanno sostenuto che il ricorso al primo condono come riferimento anche per gli altri mira ad eludere appunto questo tipo di vincoli. Ebbene, è una vera sciocchezza, perché proprio l’articolo 33 del primo condono fa riferimento ai vincoli di inedificabilità assoluta, e riguarda costruzioni realizzate in prossimità di strade fuori dai centri abitati per ragioni di sicurezza, in aree gravate da servitù militari, vicino ai cimiteri e sulla fascia costiera. Quanto al vincolo idrogeologico, diversamente da come credono in tanti, esso non è un vincolo di inedificabilità assoluta. Può essere, infatti, rimosso dall’autorità competente, oggi il Comune, a condizione che il parere di quest’ultimo sia favorevole. Detto ciò, si tratta naturalmente di un discorso molto delicato, perché ne va della vita delle persone, e si devono

valutare i singoli casi. Affrontiamo un altro punto fondamentale della legge per la ricostruzione a Ischia: chi potrà ricevere il ristoro economico del danno? Su questo tema purtroppo la legge mostra una forte incongruenza. Il comma 3 dell’art. 25 prevede nella sua prima parte che chi si vedrà accolta la domanda di condono possa ricevere il contributo per ricostruire. Invece nella seconda parte la norma recita “il contributo non spetta per gli aumenti di volume oggetto di condono”: la logica avrebbe voluto che fossero esclusi i fabbricati o parte di essi completamente abusivi, che non avevano fatto istanza di sanatoria! Così non è stato e adesso c’è un’evidente contraddizione che rende questa disposizione irragionevole. Lo spiego con un esempio: in base alla legge così come è stata varata, chi aveva realizzato una casa interamente abusiva e ha fatto richiesta di condono, qualora venga accolta, riceverà anche il contributo per ricostruire. Nel caso, invece, di un fabbricato legittimo presso il quale sono stati realizzati aumenti di volume, anche se per questi ultimi viene concessa la sanatoria, il contributo lo si riceve solo per la parte legittima. In tal modo viene a crearsi una disparità con il primo soggetto, che ha realizzato un edificio totalmente abusivo e, paradossalmente, ha un trattamento migliore. Se proprio si vuole dare un senso alla norma bisogna pensare che il legislatore abbia inteso ritenere l’aumento di volume di natura voluttuaria e, per questo, abbia ritenuto di escludere per esso qualsiasi effetto premiale in termini di indennizzo per la ricostruzione. Si potrà correggere e come? Il Commissario alla ricostruzione ha un

potere ampio in quanto i suoi poteri appunto traggono diretta legittimazione dal Governo che lo ha nominato e l’ordinanza commissariale è un atto che ha forza di legge: per il terremoto del Centro Italia problemi simili a quello del contributo economico sono stati risolti con ordinanze commissariali, quindi è probabile che anche nel nostro caso si faccia ricorso a tale strumento. In realtà, il problema delle case realizzate senza titolo edilizio affligge tutto il territorio nazionale, e molte regioni hanno profili di illegalità simili se non superiori a quelli di Ischia e della Campania, ma dall’esterno l’isola viene vista, a torto, come il cuore del problema. Partendo da questa considerazione, è possibile che l’art. 25 possa in futuro diventare uno strumento per aggirare i divieti, possa cioè essere esteso anche alle altre case abusive, non solo a quelle danneggiate dal terremoto? Tutte le disposizioni di legge post sisma sono eccezionali e per principio la norma eccezionale deroga rispetto a quella ordinaria e, quindi, come tale non può essere estesa ad altre situazioni diverse da quella per la quale è stata concepita. E’, tuttavia, risaputo che esiste un’esigenza sentita di chiarire i problemi posti dal terzo condono per edifici che si trovano in zone sottoposte a vincolo, cui abbiamo accennato. Quante delle domande di condono sull’isola riguardano ville e alberghi, edifici prestigiosi e quante case di civile abitazione, quelli che vengono definiti anche abusi di necessità? Ad Ischia non ci sono ecomostri, grosse speculazioni, abbiamo fabbricati abusivi riconducibili all’edilizia economico-popolare, case con una superficie in genere non superiore ai 120-130 mtq. A mio parere non si deve temere di parlare di abusi di necessità: una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha sdoganato questo concetto, condannando la Bulgaria per aver demolito l’unica casa di una famiglia, una piccola costruzione realizzata sulle

Accanto, il senatore Vito Crimi, Sottosegretario di Stato alla

Presidenza del Consiglio con delega alle aree sismiche.

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sponde del Mar Nero. La Corte ha giudicato sproporzionata la condanna, considerando giusto demolire le opere abusive con una sanzione proporzionata e tempestiva, ma ha ritenuto che entrambi le condizioni in questo caso non siano state rispettate, essendo passati anni dalla realizzazione dell’opera. Proprio ciò che si verifica in Campania, in Sicilia dove ci sono moltissimi ordini di abbattimento che i magistrati pretendono di eseguire a distanza anche di decenni dalla costruzione del fabbricato. Ebbene, la Corte Europea condanna tutto questo. E’ riuscito a darsi una risposta sul perché in Italia si sia creata una situazione così intricata? Condivido l’analisi del giornalista del Guardian John Hooper che, con lucidità, individua l’origine di tutti questi problemi nel fatto che dopo la caduta del Fascismo si è determinato un sistema che volutamente ha distribuito il potere fra più soggetti a diversi livelli, creando una serie di pesi e contrappesi, di veti incrociati. I padri costituenti non volevano rischiare che si ponessero le condizioni per una nuova dittatura, ma una delle conseguenze è stata che non si sa più chi comanda. La politica? Il burocrate? Il magistrato? Il giornalista? Ciò che decide l’uno lo bocciano gli altri! Oggi abbiamo un problema di deficit decisionale. E in Europa questo impianto è di difficile comprensione.

Cerchiamo ugualmente di approfondire il tema delle responsabilità: di chi è la colpa per un tale stato di cose? Abbiamo un mare di responsabilità e tanti soggetti inadempienti a vario titolo, rispetto a una legge che viceversa è molto precisa. Sicuramente il cittadino che ha infranto la legge è colpevole: altrove in Europa è impensabile aprire una finestra senza avere il titolo per farlo, ma ti danno anche gli strumenti urbanistici per poter realizzare le tue legittime esigenze, e soprattutto non è ammesso eseguire oggi un ordine di demolizione per un abuso risalente a 33 anni fa ... Al secondo posto metterei i Comuni che in moltissimi casi, anche nell’isola d’Ischia, non si sono dotati degli strumenti urbanistici, ed è bene che si sappia che la legge prevede (art. 141 Testo Unico Enti Locali) lo scioglimento dei consigli comunali che non hanno dotato le comunità amministrate di tali strumenti, in particolare il Ministro dell’Interno deve procedure a sciogliere le Amministrazioni inadempienti. Ma colpevole è pure la Presidenza della Giunta Regionale, che non esercita il potere sostitutivo che le compete: la legge dice, infatti, che se il Comune non provvede agli abbattimenti deve intervenire la Regione e in Campania questo potere è stato esercitato sì e no 3-4 volte. Responsabili di tale condizione di incertezza nei rapporti fra cittadino e pubblica amministrazione sono - a ben vedere - anche le Procure che avrebbero già dovuto eseguire le demolizioni, a partire dall’entrata in vigore della prima legge di condono, nel 1985, che prevedeva che dopo la sentenza di condanna il giudice dovesse ordinare la demolizione. Ebbene, ad Ischia abbiamo tante sentenze emesse mentre la 47/85 era già in vigore, con ordini di demolizione, ma le Procure non si sono mosse. Solo da pochi anni, dopo un’ispezione disposta dal Ministero, qualcosa è stata fatta ma pur sempre con colpevole ritardo anche alla luce di quanto stabilito dalla Corte Europea in tema di proporzione e tempestività della sanzione

demolitoria. Altra incongruenza non da poco che la gente non riesce a comprendere è data dal fatto che l’Autorità Giudiziaria interviene il più delle volte a macchia di leopardo, mentre si dovrebbe demolire tutto ciò per cui esiste una condanna, perché la legge deve essere uguale per tutti. E a chi dice che non ci sono i fondi rispondo che è falso: proprio la legge detta del terzo condono istituisce un fondo di rotazione di 50 milioni di euro al quale possono attingere autorità giudiziaria, Comuni, Presidenti di Regione, Soprintendenze, anch’esse con potere di surroga rispetto alle demolizioni non eseguite dagli altri Enti - ma ancora una volta nessuno si è assunto alcun tipo di responsabilità ...

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SPECIAL

21 AGOSTO 2017

Photo_ Antonello De Rosa

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La nostra terra ha tremato poco più di un anno fa ed ha distrutto cosa? Ha distrutto cose invisibili. Ha distrutto la città invisibile che, viva e pulsante, si muoveva tra il Maio,la Rita e il Fango. Quella città fatta di mestieri, di affetti, di rituali, diconsuetudini, di storie (vere e inventate), di incontri, di appartenenze,di ricordi e di racconti. Mentre la città di pietra è stata ferita, lesionata,la città invisibile è stata irrimediabilmente distrutta, polverizzata, comecolpita da una bomba nucleare. (Silvano Arcamone, architetto)

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Se ci guardiamo indietro diventa tanto più urgente un progetto serio di messa in sicurezza. Certo, non possiamo dire con assoluta certezza che il terremoto

si verificherà ancora così come è stato il 21 agosto 2017, ma perprincipio di precauzione dobbiamo lavorare intorno a questo tema.Mettere in sicurezza i centri urbani è un investimento sul futuro, abreve come a medio-lungo termine. Si dovrebbe ragionare così pertutto il territorio nazionale e purtroppo non accade; ma almeno nelcaso di Ischia, abbiamo indicazioni circostanziate e la possibilità dioperare con costi bassi. (Giuseppe De Natale, geologo)

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SPECIAL

IL POTERE SILENZIOSO

Interview_ Riccardo Sepe Visconti Photo_ Riccardo Sepe Visconti Dayana Chiocca Stefano Fiorentino

Da tempo il senatore e coordinatore regionale di Forza Italia Domenico De Siano lavora per superare i vincoli posti dal terzo condono

ai cittadini della Campania, che si sono visti escludere la possibilità di accedere alla sanatoria edilizia promossa dal governo Berlusconi nel 2003. L’incarico che ricopre nella 8° Commissione per i lavori pubblici, che ha operato congiuntamente alla 13esima Commissione, Ambiente, lo ha visto in prima fila in occasione dei passaggi istituzionali necessari all’approvazione del decreto Genova, di cui è parte integrante una sezione dedicata alla ricostruzione delle aree terremotate di Ischia. Quando, infatti, in Commissione gli esponenti del M5S, quindi della maggioranza, hanno scelto di votare a favore di un emendamento voluto dall’opposizione (su cui il Governo aveva dato parere contrario) per rendere più rigide le norme relative alle case di Ischia colpite dal terremoto gravate da irregolarità edilizie, De Siano si è schierato e ha votato con la maggioranza, contro l’emendamento. Ma è andato anche oltre, autosospendendosi dal suo stesso partito - insieme a tutti i parlamentari campani di FI - in nome della “lealtà e coerenza” con cui negli anni “abbiamo sostenuto le ragioni dei cittadini di Ischia e della Campania, a partire dall’abusivismo per passare alle vicende degli abbattimenti e dei condoni”. Una presa di posizione ferma, che ha avuto gli effetti sperati. Nell’intervista, rilasciata all’indomani della conversione in legge del Decreto, il senatore De Siano racconta il suo punto di vista su questa delicata fase, snodo indispensabile per iniziare la ricostruzione. E da qui parte per ragionare sulle responsabilità della politica nella programmazione del territorio e sulla necessità di un diverso assetto amministrativo per l’isola.

Il Parlamento ha convertito in legge il decreto Genova, che comprende una serie di articoli dedicati alla ricostruzione a Ischia, conservando l’articolo 25, che regola la questione dei condoni, e quindi della ricostruzione di case distrutte o danneggiate dal terremoto, che presentano difformità edilizie. Cosa pensa di questa scelta della maggioranza? C’è stata la volontà da parte del Governo di recepire un bisogno forte dell’isola, devo prendere atto che ha mostrato sensibilità su un tema per noi importante. Al pari di tanti altri territori della regione Campania sottoposti a vincolo paesaggistico, Ischia soffre dei problemi connessi all’inapplicabilità del terzo condono. E’ vero che il decreto dà risposte solo a chi ha subìto danni dal terremoto, ma la cosa importante è che si sia finalmente pronunciata la parola condono nelle aule parlamentari, in particolare che si parli del terzo condono, una sorta di tabù fino a poco

tempo fa. La Lega, dopo 15 anni, ha cambiato idea ed è tornata alle posizioni di Forza Italia campana mentre l’M5S, che 5 anni fa era di opinione totalmente diversa, si è reso conto che avere responsabilità di governo non ha niente a che vedere col fare pura opposizione demagogica. Nell’iter di approvazione, la posizione di Forza Italia è stata a un certo punto molto difficile, in quanto una senatrice del partito ha presentato proprio nella Commissione di cui lei è componente un emendamento che bloccava l’articolo 25 del decreto Genova, quello dedicato ai condoni. E lei, insieme ai colleghi parlamentari campani, per manifestare il suo dissenso si è autosospeso dal partito. Abbiamo lavorato insieme alla 13esima Commissione, Ambiente, per contribuire a risolvere i problemi di Genova e del ponte crollato; alcuni articoli riguardavano il terremoto del Centro Italia e quello di Ischia dell’a-

gosto 2017. Per quanto riguarda Ischia, su disposizione del capogrupposenatrice Bernini ho seguito io l’iter in vece del capogruppo in Commissioneil senatore Schifani. Quanto alla scelta della senatrice UraniaPapatheu, è frutto di una strategia puramente politica: FI ha voluto faremergere la spaccatura esistente all’interno del Movimento 5 Stelle emostrare come su un tema sensibile subito siano venute fuori le diversee contrastanti anime che convivono al loro interno e, quindi, come facilmentealle prime difficoltà un partito della maggioranza è andato in crisi.Ma lei ha fatto una scelta diversa...Il mio primo incarico risale al 1980, è una vita che mi dedico alla politica,con vari ruoli, in Provincia, Regione, Camera, Senato, sono stato sindacodi Lacco Ameno per tanti anni e tutto questo lodevo ai miei concittadini. E sempre ho anteposto ilfare all’apparire: non ho mai parlato, se non nellesedi istituzionali dove si doveva “portare a casa” ilrisultato, e ho dimostrato di fare la mia parte. Comeparlamentare eletto anche a Ischia ho deciso di anteporreagli interessi di partito quelli di questa comunità.Non me la sono sentita di partecipare altatticismo della politica e ho assunto una posizionedistinta rispetto al capogruppo, in linea con i bisognidel mio paese. Ho votato, quindi, con la maggioranzacontro l’emendamento e non con il mio partitoche lo ha sostenuto, insieme al PD. L’emendamentoin Commissione è comunque passato, per cui con i colleghi deputaticampani ci siamo autosospesi: non potevamo accantonare le battagliecondotte da FI nella nostra Regione negli ultimi 15 anni intorno al problemadell’inapplicabilità del condono 2003 nelle zone sottoposte a vincolopaesaggistico. Nel 2013 questo è stato il perno della campagnaelettorale e portammo 16 senatori in Parlamento. Non potevamo abdicarea favore di una ipotetica dimostrazione politica, voltando le spalle

ai cittadini. Il giorno dopo, in aula, i colleghi (anche i componenti dellaCommissione) si sono ravveduti e hanno votato in sintonia con noi, bocciandol’emendamento.

Considero indegno l’atteggiamento di esponenti del PD sul nostro territorio che non hanno avuto uno scatto di orgoglio e non ci hanno difeso quando siamo stati bollati come l’isola dei malfattori: il problema dell’abusivismo coinvolge tutti i cittadini, al di là del colore politico.

Ischia può costituire un punto di partenza? Mi riferisco alla suaproposta di estendere la soluzione portata dall’art.25 anche aglialtri Comuni, e quindi alle abitazioni non coinvolte dal terremoto.Sì, da qui si può cominciare un ragionamento che coinvolga i restantiComuni isolani ma anche le altre aree della Regione sottoposte a vincolo.Questi territori vivono una disparità di trattamento rispetto al resto delPaese, perché una legge dello Stato valida non trova applicabilità solo inun territorio circoscritto della regione Campania.

e lo dimostriamo quotidianamente.

Questo potrebbe costituire un primo passo diavvicinamento di Forza Italia al Governo?Noi abbiamo steso un programma comune con laLega e siamo andati al voto da alleati, FI è forza digoverno, abbiamo guidato il Paese, abbiamo tantiSindaci e siamo presenti in tante Giunte... E da forzadi governo sappiamo come comportarci e qualisono gli interessi del Paese. Su tutti i punti che fannoparte dell’agenda sottoscritta con la Lega primadelle elezioni del 4 marzo 2018 e su tutti i temi chesono tradizionalmente nostri lavoreremo per raggiungeredei risultati, anche collaborando col Governo.Su altri ambiti, invece, siamo del tutto lontani

Che giudizio dà del decreto Genova, per la parte che riguarda Ischia?Non credo sia la panacea, presenta una serie di anomalie che vannoanalizzate e possibilmente corrette. Al tema del finanziamento alla ricostruzioneper esempio, il Decreto ha dato una risposta diversa da quellaattesa. Nel momento in cui le abitazioni ricevono la sanatoria, avendopagato tutti gli oneri richiesti, non vedo per quale ragione non debbanopoi accedere al finanziamento in quanto danneggiate dal sisma (Ndr.In base all’articolo 25, nelle case colpite dal terremoto che presentinodifformità, queste parti, qualora costituiscano aumenti di volume, nonriceveranno contributi per essere ricostruite - anche se saranno condonate).E’ una questione seria che il decreto non risolve.Forza Italia, nei mesi trascorsi dalle ultime elezioni, ha visto erodersiin maniera forte il suo bacino di voti e non a caso molti coordinatoriregionali del partito sono stati sostituiti. Tuttavia, lei èstato confermato nell’incarico e sta al fianco di Silvio Berlusconida moltissimo tempo: questo, come la compattezza dimostratadai parlamentari campani intorno alla sua presa di posizione suldecreto per la ricostruzione, dovrebbe farci ritenere che come coordinatoreha svolto bene il suo mandato...Alle politiche del 4 marzo 2018 in Campania abbiamo raggiunto il 20,5%in media dei voti, nonostante a livello nazionale FI si sia attestato intornoal 14%, quindi abbiamo una delle medie più significative. Questo datoè frutto del lavoro svolto sul territorio. Alle elezioni tenutesi a ottobrescorso nella provincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige FI ha preso l’1%,mentre nei sondaggi la Campania è l’unica regione in cui contendiamoil primato nell’ambito del centrodestra alla Lega, nonostante il trendnazionale sia diverso. Tutto ciò essendo all’opposizione sia in Regioneche in Provincia e non avendo la responsabilità di governare le città piùimportanti. Eppure la gente ci ha riconosciuto con il suo voto la volontàdi impegnarci su temi fondamentali, quello del condono è uno di essi.Quali sono gli altri temi?L’aspettativa di vita per un cittadino campano è di 3 anni inferiore aquella degli abitanti della Lombardia: allora, perché il cittadino campanodeve andare in pensione con le medesime regole di quelli delle

Regioni in cui si vive di più? Siamo, sì, un partito nazionale, ma rimaniamosempre attenti alle peculiarità locali: c’è un partito che realmentesi dedica al Sud ed ai suoi problemi? Non credo... Noi invece,continuiamo con costanza a insistere su certi argomenti che sono determinantiper questa Regione.Ischia, da molti anni, ha due rappresentanti che fanno attivitàpolitica extraisolana, rivestendo entrambi incarichi diprimissimo piano: lei, senatore e coordinatore regionale diFI e Giosi Ferrandino, europarlamentare PD.Quando Ferrandino in merito al decreto ricostruzioneha dovuto scegliere fra prenderele parti della sua comunità e quelle delPD, fortemente contrario al decreto e in particolareall’art. 25, ha scelto di mettersi accantoal suo partito. Considero grave questascelta, in quanto lui è anche il rappresentantedell’isola e difenderla era suo dovere.Ho trovato scandaloso l’atteggiamento del PD suquesto tema, siamo stati sottoposti a un linciaggiomediatico come isola d’Ischia ed è evidenteche questa posizione ha avuto come ispiratori ilPD appunto e Legambiente. Per quanto riguardaGiosi Ferrandino, ho stima di lui, conosce i meccanismi della politicae proprio per questo ha fatto un calcolo: la sua circoscrizione per leprossime Europee comprende ben 5 Regioni, e ha scelto di restare insintonia con i vertici del partito per cercare di essere rieletto - in unmomento peraltro di grande difficoltà per il suo schieramento. Quindifra avere 1000-2000 consensi dall’isola e la possibilità che i leaderdel PD lo sostengano, hascelto quest’ultima opzione.Peraltro, consideroindegno l’atteggiamentodi esponenti delPD sul nostro territorioche, a qualsiasi livello,non hanno avuto unoscatto di orgoglio e nonci hanno difeso quandosiamo stati bollati comel’isola dei malfattori, esi tratta di un problemareale che coinvolge tuttii cittadini, al di là delcolore politico. Per gliabusi edilizi realizzati intanti anni, infatti, le responsabilitàvanno attribuitea tutti i partiti chehanno avuto incarichi digoverno in queste aree.E nessun sindaco, néamministratore

locale,né parlamentare del PD

ha chiesto una riflessione sincera su questo tema. La pianificazionee la programmazione urbana hanno bisogno di 20 anni per essereattuate, intanto si deve trovare una soluzione dignitosa al problemadi cittadini che hanno perso la casa a causa del terremoto. E le diròdi più, questo decreto è importante perché, oltre a dar corso alla ricostruzione,sempre che i Comuni facciano la loro parte, consente e

finanzia, dopo aver eseguito la microzonazione, la delocalizzazione ela trasformazione urbana. Si tratta di un tema molto interessante chepotrebbe cambiare il volto dell’isola, se ci sarà la maturità da partedelle amministrazioni locali per comprenderne la portata.Questa riflessione su una prospettiva che riguarda l’isola nelsuo complesso non può che far pensare al Comune Unico, unsuo progetto da tanti anni e che potrebbe costituire la prossimabattaglia.

Dall’art. 25 può partire un ragionamento che coinvolga tutta l’Isola, ma anche le altre aree della Regione sottoposte a vincolo, dove si vive una disparità di trattamento rispetto al resto del Paese, perché una legge dello Stato valida non trova applicabilità solo in un territorio circoscritto della regione Campania.

dovrà porre rimedio.

Nasco come amministratore locale e continuodentro di me ad esserlo, oggi ho un altro ruolo,ma non metto ipoteche sul domani, mai dire mai...Parliamo del sindaco di Lacco Ameno, GiacomoPascale, che insieme all’avvocato BrunoMolinaro ha lavorato fin dal primo momentoper arrivare a concepire i termini della leggeper la ricostruzione.

I contenziosi peraltro ci sono già...

L’isola ha il problema dell’applicabilità del terzocondono e il sindaco Pascale che conosce bene lamateria e ne è un appassionato, in collaborazionecon Molinaro, ha aperto la strada ad una normarisolutiva. Certo ha generato dibattito e potrà portareanche a contenziosi, e allora vuol dire che si

Oggi c’è qualcosa di peggio, c’è la sofferenza di famiglie che rischiano,una su cento, presa a caso, di vedersi l’abitazione demolita. Edè un’ingiustizia profonda in un paese democratico. Non si tratta dispeculazioni edilizie, né di fabbriche o alberghi, non sono edifici che

problema dell’impresa?

producono ricchezza.Lei parla di abitazioniprivate; io vado oltree vorrei comprenderein questi ragionamentipure aziende,come le sue, che sicuramentehanno la necessitàdi adeguare leproprie strutture alleesigenze dettate dalmercato. E’ stato dettoche appoggiandoil decreto lei ha fattoanche i suoi interessi,in quanto albergatoredell’isola. Ma l’impresa,che qui è costituitain particolare dalsettore alberghiero, èquella che crea occupazionee se è in buonasalute dà lavoro atanti: e allora perchénon porre anche il

Penso che ci voglia programmazione, e mi spiego meglio. Non credosia giusto che un’azienda possa in sei mesi aumentare di dimensionicommettendo abusi e per questo poi assumere più dipendenti, perchélo avrà fatto comunque senza programmare la sua espansione. Ci sonoimprenditori che hanno investito milioni di euro per comprare attività

ricettive e le hanno dotate di servizi per farle operare al meglio e altri che, invece, si sono limitati, spendendo cifre molto inferiori, ad aggiungere centinaia di camere - e negli anni ‘70-’90 questo comportamento è stato prevalente. Ora, le domando, chi è quello che si è mosso meglio?! E aggiungo che una forte responsabilità va alla politica, che per fini elettorali ha creato le condizioni perché ciò accadesse. In base alla mia lunga esperienza di amministratore, a chi prende posizioni ipocrite come gli esponenti del PD, dico che non ci vuole nulla a redigere una norma che blocchi l’abusivismo. Per esempio, e mi riferisco non alle grandi città ma a quel reticolo di piccoli Comuni, in Campania sono 540, che costituisce la struttura delle nostre Regioni, dando al sindaco e al comandante della polizia locale (i vigili urbani) la responsabilità penale rispetto all’abusivismo: insomma se non tutelano il territorio non possono ricoprire quei ruoli. E se non operano secondo il loro dovere si deve sciogliere il consiglio comunale. Se si facesse questo non si alzerebbe più un muro, perché gli amministratori hanno un ruolo fondamentale nel sistema che consente gli abusi. Capita sempre che un evento negativo, per il solo fatto di essersi verificato a Ischia, abbia un’eco nazionale. Accadde per la frana del monte Vezzi nel 2006, per l’alluvione del 2009; poi con l’arresto del sindaco Giosi Ferrandino ed oggi con l’articolo

25 del decreto Genova, immediatamente ribattezzato decreto Ischia, poiché Genova “non fa notizia”! Perché accade questo? A cosa è dovuto il pregiudizio contro l’isola? Penso che la colpa sia nostra. Veniamo percepiti come un’unità, non suddivisi in 6 Comuni; ma di fatto non è così, siamo sei realtà diverse e non connesse fra loro. E questa è la ragione per cui accadono cortocircuiti come quelli che ha ricordato. Un assetto amministrativo di questo tipo poteva andar bene quando siamo usciti dal fascismo e dalla guerra, ma oggi non è più all’altezza delle necessità dell’isola e ci porta a collezionare brutte figure. I primi che devono capire che ormai non gestiscono più nulla sono proprio gli amministratori locali. Nessuno si pone il problema di perché abbiamo perso tante presenze turistiche negli ultimi anni, per esempio... La traccia su cui poi l’impresa si deve muovere va data dalla politica - sempre che ci siano personalità capaci di farlo. Oggi non è così: ciascun sindaco, in Municipi piccolissimi (a Lacco Ameno il primo cittadino viene eletto con 1600 voti) guarda solo al suo elettorato, senza preoccuparsi delle conseguenze delle scelte che fa e che ricadono anche sui Comuni limitrofi. E questa profonda divisione interna crea un vuoto che consente di diffondere facilmente dall’esterno un’immagine negativa di noi.

In apertura, il senatore Domenico De Siano con Silvio Berlusconi, durante la convention di Forza Italia celebrata a Ischia nel 2017. A seguire, De Siano con Antonio Martusciello, esponente storico di Forza Italia. Pag. accanto, il senatore De Siano con l’europarlamentare PD Giosi Ferrandino: la foto fu scattata nel 2011, all’epoca dell’accordo locale PDL-PD, che anticipò un’analoga esperienza nazionale. Qui, in alto De Siano ancora con Berlusconi e, sotto, durante la visita nelle zone terremotate del futuro ministro dell’Interno Matteo Salvini.

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SPECIAL

ALDO DE CHIARA: UN PROBLEMA GROSSO... COME UNA CASA

Photo_ Riccardo Sepe Visconti

Fra il 2008 e il 2011 il nome del procuratore Aldo De Chiara si è legato indelebilmente all’isola d’Ischia: in quel periodo, infatti, alla guida della sezione

territorio e ambiente della Procura di Napoli, De Chiara cercò di far eseguire le sentenze di condanna per abusivismo edilizio in cui era stata decretata la demolizione dei fabbricati. Come ha dichiarato lo stesso ex Procuratore in una recente intervista “A Ischia l’iniziativa fu così dirompente che a ognidemolizione c’era una rivolta di piazza. La resistenza popolare fu totale e abbiamo perso la battaglia”. Ad anni di distanza, in occasione della conversionein legge del Decreto Genova che contiene le norme per la ricostruzione a Ischia e in particolare l’art. 25 che disciplina gli interventi per gli edifici colpitioggetto di domanda di condono, De Chiara torna sulla mai risolta questione degli abusi ischitani. Con una relazione lucidissima e incalzante che pubblichiamointegralmente, pronunciata in occasione del convegno Ischia dopo il sisma, La disciplina della ricostruzione (tenutosi a Napoli nel dicembre 2018,e che ha visto fra i relatori anche l’avvocato Bruno Molinaro, suo avversario storico ed estensore dell’articolo 25), in cui il magistrato ripercorre le tappelegislative che hanno condotto all’attuale situazione. Fino al sisma del 21 agosto 2017. All’indomani del quale, quando si è dovuto parlare di ricostruzionee finanziamenti ad essa destinati, la condizione di illegalità in cui sono ferme da anni centinaia fra abitazioni, alberghi, strutture commerciali, ecc. è emersain tutta la sua drammaticità, e con il suo carico di ricadute negative che si vanno ad aggiungere al già difficile quadro determinato dal terremoto.

Attualmente sono in pensione, dopo 47 anni in Magistratura, per cui sono portatore di un interesse che non può essere che quello dell’applicazione della legge - costi quel che costi. Perché in un’epoca come quella in cui viviamo, in cui si fa un continuo riferimento alla legalità, al rispetto delle regole quale condizione essenziale per un progresso civile, economico della comunità nazionale, occorre essere molto coerenti sul punto specifico, anzitutto a partire dalla classe politica,

dalla classe dirigente del nostro Paese. Detto questo, per comprendere tutte le polemiche che sono nate all’indomani del varo del decreto legge e della legge di conversione del decreto legge n. 109, per brevità per la parte che interessa a noi il Decreto Ischia, occorre una breve disamina del contesto normativo, ma direi anche socioeconomico, in cui esso si cala. Sappiamo tutti che sulla questione della tutela del territorio, in Italia tra il dire e il fare c’è di mezzo non il mare,

ma l’oceano. Perché se le leggi vigenti in materia fossero state osservate con serietà, non dico dai cittadini ma dalle istituzioni amministrative e giudiziarie, oggi non saremmo qui a parlare di un problema complesso, di non facile soluzione che, a mio giudizio, così come è stato - si dice - risolto con la normativa in esame, creerà più problemi applicativi di prima. Cerco di spiegare queste mie affermazioni. Noi abbiamo in Italia centinaia di migliaia di abusi edilizi che mettono

in pericolo concreto la pubblica e privata incolumità. In soldoni, con l’abusivismo edilizio non si scherza. Non è un problema dei radical chic, delle associazioni ambientaliste che secondo alcuni non hanno nulla a cui pensare: è un problema serio. Molinaro sicuramente confermerà il dato: Monte Vezzi nel 2006, Casamicciola nel 2009, piccole piogge, terreno fragile, morti che occupavano, guarda caso, un’abitazione abusiva (Ndr. Nel primo caso, nel secondo la giovane vittima era in auto). È facile dire, ma io lo dico, se non ci fosse stata la casa abusiva non avremmo avuto i morti. Vedete… Tra le cause fondamentali di questo disastro civile, economico, sociale, noi abbiamo soprattutto la contraddizione della legislazione italiana, che da un lato sembra essere severissima con la previsione di una sanzione che, se applicata, avrebbe dovuto neutralizzare sul nascere il fenomeno, la demolizione degli immobili abusivi, e, dall’altro, abbiamo delle leggi che periodicamente mettono tutto a tacere, mi riferisco ai condoni dell’85, del ‘94 e del 2003. Ed è proprio per quest’ultimo, relativo agli abusi commessi dal primo gennaio ‘95 al 31 marzo 2003 che il problema, soprattutto in Campania e quindi sull’isola Verde, assume dei connotati particolari. Ricordo che, nello stesso giorno in cui fu varato il decreto legge 269 - 30 settembre 2003, poi convertito nella legge 326 dello stesso anno - la giunta Bassolino, premesso che gran parte del territorio della Campania è soggetto a vari vincoli, con provvedimento amministrativo stabilì che quella legge non trovava applicazione. Sbagliato! Perché una delibera di Giunta non può neutralizzare una legge dello Stato. E infatti, questa delibera fu annullata da una sentenza della Corte Costituzionale del giugno 2004. Ricordo questo particolare perché si sente dire: “Poveri campani! Per colpa di Bassolino non hanno presentato le domande di sanatoria relative agli abusi 1 gennaio ‘95-31 marzo 2003”. Nulla di più falso. Uno: perché - e ve lo dice uno che per tanti anni, da magistrato, si è occupato di questi fatti - le domande di condono le presentano anche i morti! Le domande di condono hanno ad oggetto anche immobili realizzati dopo il termine fissato dalle tre leggi. Quanti soggetti sono andati a finire sotto processo penale per aver dichiarato il falso! E Molinaro lo potrà sicuramente confermare. Due: per presentare la domanda di sanatoria per il terzo condono 2003 c’era tempo da novembre a dicembre 2004, quindi i cittadini della Campania avrebbero avuto tutto il tempo. Come, giustamente, hanno fatto! Signori, ma qual è il problema?! L’avvocato Molinaro ha fatto

una disamina molto puntuale da quel tecnico esperto che è e col quale mi confronto sempre con piacere (anche fuori dai procedimenti penali), perché è uno che ne capisce. Perché questa è una materia difficile, sulla quale si vogliono pronunciare persone che magari saranno dei padreterni in altri campi, ma in questo dovrebbero forse stare in silenzio. Però, l’avvocato Molinaro - direbbe la Cassazione - ha omesso di ricordare, e non esprimo una mia valutazione, ma cito sentenze recenti della Corte Costituzionale, che il terzo condono è più restrittivo dei primi due, perché anche il vincolo di inedificabilità relativa è ostativo. È una legge assurda (lo posso concedere, ma mica l’ho fatta io?!), è una legge fuori dalla realtà (posso convenire, ma non l’ho fatta io!): è legge dello Stato. In base alla quale, poiché non solo gran parte della regione Campania ma gran parte dell’isola d’Ischia è gravata quantomeno da un vincolo di inedificabilità relativa, la Corte Costituzionale è stata chiara, basta vedere

le relative sentenze. Molinaro nel suo intervento ha ricordato quelle intorno al 2005-2006; io ve le cito, ve le scrivete e ve le andate a controllare: la nr. 225 del 2012, la 117 del 2015 e Consiglio di Stato 6° sezione, presidente Maruotti, nr. 755 del 6 febbraio 2018. “Ma è un’ingiustizia!”, sono d’accordo, lo è. Perché? Perché coloro che hanno realizzato gli abusi dal 1 gennaio ‘95 al 31 marzo del 2003, diversamente dagli altri ischitani che li hanno realizzati negli anni precedenti, non possono condonare. D’altronde, con fatti inequivocabili, vi dimostro come questa “ingiustizia” (possiamo chiamarla così?!) fosse oggetto di particolare attenzione da parte della classe politica nazionale, locale e di quanti, legittimamente, avevano interesse comunque a sanare gli abusi realizzati in quella fascia temporale. E sono tantissimi, cari signori, quale conseguenza della condonite tipicamente italiana, perché è stato detto, e si può convenire, che i condoni hanno una spinta criminogenetica, perché rafforzano nei cittadini la convinzione “costruiamo, tanto prima o poi verrà un altro condono”. Questi

sono i fatti. Ischia non è Afragola, né Frattamaggiore, né Casoria, né tutta quella corona di spine che circonda Napoli, Ischia è Ischia e io lo so bene, perché vi ho trascorso delle estati, qualche anno fa, anzi molti anni fa, indimenticabili. Ischia è un paradiso in terra e sono costrette (vedete come sono oggettivo?!) a costruire abusivamente anche persone di rango, che appartengono ai livelli alti della società civile e delle istituzioni. Quindi, il problema di questi numerosissimi abusi, indotti dal condono ‘85 e ‘94, è che dovevano essere in qualche modo salvati. Quando, poi, dopo anni di vergognosa inerzia dei pubblici ministeri, alla Procura della Repubblica di Napoli c’è un’inversione di tendenza, la gente insorge: “Caspita! Qua nessuno ci ha dato fastidio, mo’ vengono a demolire su una sorta di Repubblica extraterritoriale?!”. Allora, viene escogitato (molti di voi non lo sanno, perché è materia di addetti ai lavori) un decreto legge (non convertito in legge, ovviamente, perché sarebbe stato il colmo) pubblicato il 29 aprile 2010 nella Gazzetta Ufficiale, con cui si sospendono le demolizioni giudiziarie - neanche tutte quelle disposte, non dico dai sindaci, ma dai dirigenti degli uffici tecnici cui per legge spetta di provvedere. Perché il sindaco non c’entra niente, secondo la legge. Che cosa dice? Vi leggo l’articolo 1 per farvi comprendere: “Al fine di fronteggiare la grave situazione abitativa della regione Campania e di consentire una adeguata ed attuale ricognizione delle necessità determinanti vincoli di tutela paesaggistica - anche in pendenza delle problematiche indotte dalle sentenze della Corte Costituzionale - sono sospese fino al 30 giugno 2011 le demolizioni di immobili disposte dai giudici”. Il Governo Berlusconi 2010 non si preoccupa, ovviamente, delle demolizioni disposte dai dirigenti degli Uffici, perché tanto quelle, ove disposte, rimangono nelle carte! C’è un numero grandissimo di sentenze della Magistratura, ci sta qualche pazzo di Pubblico Ministero, anche Procuratore Generale che procede doverosamente. Come vedete, l’attenzione su quella massa di abusi che l’ingiusto condono del 2003 non aveva consentito di sanare, viene in qualche modo tutelata da questo decreto legge, che però non viene convertito, e quindi le demolizioni riprendono. Terremoto del 21 agosto 2017, di lieve intensità, si badi. Ma, agli occhi dei politici che hanno la responsabilità di gestire, è un’ottima occasione per sanare ciò che non era sanabile. E lo fanno (lo dice Molinaro, non lo dico io!) scrivendo un articolo 25 che in parte abroga il condono

del 2003. E allora, io dico: secondo me è un ulteriore provvedimento di condono edilizio, un quartino di condono edilizio, perché è limitato a tre degli 8mila e rotti Comuni italiani, per far sì che quegli immobili, in toto o in parte realizzati abusivamente in quella fascia temporale, possano rientrare nella legalità. E così il Governo, che in questo modo va oltre il Governo Berlusconi, si mette l’anima in pace. Ma io chiedo al Governo in carica (questo dato Molinaro non ce lo ha detto): e gli immobili realizzati dopo il 31 marzo 2003 non sono proprio considerati? Sono stati danneggiati dal sisma? E qui casca l’asino... Allora, io dico: per quale motivo, gli abusi dopo il 31 marzo 2003 hanno evitato ricorsi al Tar, ecc, sono stati demoliti dal Padreterno, e rimangono tali, mentre quelli entro il 31 marzo 2003 devono essere sanati?! Non vi è dubbio che si è voluto - non voglio usare il termine favorire - diciamo consentire, eccezionalmente... Però, signori, andatevi a leggere la relazione del senatore Orsi al disegno di Legge di conversione del decreto legge 28 aprile 2010. Si diceva, per giustificare la sospensione delle demolizioni giudiziarie, che

a richiedere la sospensione fossero… (puntini puntini, andate a leggervi la relazione!) (Ndr. Dalla relazione del Sen. Orsi: “Per verità e giustizia politica dobbiamo spiegare perché si è giunti a questa emergenza, perché cioè il Governo è dovuto intervenire. Lo dico, colleghi, perché non vorrei che qualcuno fosse tentato di giudicare questo provvedimento come se non fosse - come invece è - la risposta, seppur parziale, ad una specifica richiesta della Regione appena insediata, della comunità territoriale, delle Province, di numerosissimi sindaci della Campania che abbiamo ricevuto in Commissione, nonché ad una richiesta promossa perfino da autorevoli esponenti della magistratura campana, che hanno auspicato un intervento statale per gestire una situazione che è giunta sul piano dell’emergenza di ordine pubblico”). Mi avvio alla conclusione: è legge dello Stato e quindi va rispettata. Però sappiamo tutti bene che in un sistema come il nostro - a Costituzione rigida e non a Costituzione flessibile, come era l’ordinamento pre-repubblicano, cosa che consentì al governo dell’epoca anche con dei

decreti legge di mettere nel nulla lo statuto Albertino - abbiamo la possibilità, nei modi e nelle forme previsti dalla legge, di impugnare in parte il decreto Ischia, per sottoporlo all’esame del giudice delle leggi (cioè la Corte Costituzionale), il quale, se ritiene che la norma impugnata sia in contrasto la annulla e dobbiamo rifare tutto daccapo. Che ci siano profili di dubbi di legittimità costituzionale è stato affermato da più parti. Non spreco parole, perché tutti conoscete gli argomenti sviluppati al riguardo. Da tecnico del diritto, invece, consegno alla vostra riflessione un profilo di legittimità costituzionale che mi sembra fino ad ora non sia stato sviluppato: la violazione del giudicato costituzionale. Premesso che le sentenze della Corte Costituzionale appena pronunciate sono irretrattabili, perché non sono impugnabili, a differenza di quelle dei giudici ordinari, mi chiedo e chiedo a tecnici di provata esperienza: se più sentenze della Corte Costituzionale (ripeto, 225 del 2012, 117 del 2015) hanno detto che il terzo condono è più restrittivo, può il legislatore ordinario renderlo di fatto meno restrittivo? Siccome sono un modesto Pubblico Ministero, aspetterò il verdetto della Corte, se (ed in quanto) la questione verrà superata. Evidenziando ancora una volta il dato storico, senza indugiare in un giudizio di opportunità: l’articolo 25 ha consentito alla legge del 2003 di potersi applicare anche sull’isola d’Ischia, cosa che in base al tenore originario non era possibile. Il legislatore ordinario può fare quello che vuole? Sì, ma in certi limiti. Sono stati superati? Non spetta a me dirlo. Io vi dico che c’è stata una previsione legislativa ben meditata per consentire agli autori degli abusi edilizi di vedersi esaminate le domande di sanatoria con minore rigore. Per cui mi augurerei che terremoti, per altro di lieve intensità, e altre possibili calamità, non siano poi l’occasione - non voglio dire la scusa - per scardinare la coerenza dell’ordinamento. Per finire, l’articolo 25, ma non solo, prova in maniera incontestabile che quanti, fra cui c’era chi vi parla, a poche ore dal sisma del 21 agosto 2017, misero in relazione, tenuto conto della tenuità della scossa tellurica, alcuni danneggiamenti e/o abbattimenti ad una edificazione abusiva e quindi il più delle volte non a regola d’arte, avevano ragione. Eppure, fummo additati come sciacalli e quant’altro… Questo è ingiusto e va detto.

Nelle foto di queste pagine, momenti della protesta contro gli abbattimenti che la sezione ambiente e territorio della Procura di Napoli guidata da Aldo De chiara cercò di far eseguire a Ischia, fra il 2008 e il 2011.

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capire se ci sono edifici, abusivi o meno sul piano giuridico, posti su terreni

E’fondamentale

oggettivamente troppo pericolosi dal punto di vistasismico ma anche idrogeologico o di rischio alluvionale, per cui nondevono essere abitati. Queste sono le case che dovrebbero essereevacuate e abbattute, perché le due cose camminano di necessitàinsieme, altrimenti qualcuno inevitabilmente ci tornerà a vivere.Questo è l’abusivismo che non andrebbe sanato in alcun caso.(Giuseppe De Natale, geologo)

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Questo è il momento in cui bisogna alzare la testa e chiedere di più per noi stessi come fanno altrove, chiedere contributi e azioni speciali per rilanciarel’intero territorio e non limitarsi al comma astruso e inconcludenteal quale puntualmente tutte le ricostruzioni rimangono impiccate,facendo dell’Italia la peggiore nazione in tema di ricostruzioni postsisma. I numerosi fallimenti delle recenti ricostruzioni ci dicono conchiarezza che bisogna cambiare passo, cambiare metodo, acquisireuna visione nuova della programmazione territoriale dove le norme ele regole rispondano alle esigenze della comunità, della qualità dellavita e dell’ambiente. (Silvano Arcamone, architetto)

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SPECIAL

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SICUREZZA PER RIPARTIRE

Interview_ Riccardo Sepe Visconti Photo_ Francesco Di Noto Morgera Stefano Fiorentino

Vivere in un paese sicuro è assolutamente possibile. Il vulcanologo Giuseppe De Natale, ricercatore dell’INGV, la massima istituzione italiana in

tema di terremoti, che con l’Osservatorio Vesuviano monitora il territorio dell’isola d’Ischia, illustra in questa intervista l’interessante progetto elaborato per mettere in sicurezza le aree del nostro territorio sensibili rispetto al pericolo rappresentato dalle scosse sismiche. Frutto di un anno di studi compiuti con la sua equipe, il lavoro è stato da poco reso pubblico, e costituisce una proposta concreta, finalizzata a intervenire in maniera sistematica sugli edifici esistenti per migliorarne la resistenza in caso di terremoto. Finalmente, quindi, si ragiona in termini di prevenzione, tanto invocata di fronte ai rischi naturali cui tutta l’Italia è soggetta, ma altrettanto disattesa.

Nel suo ultimo intervento in ordine di tempo, in occasione della presentazione del progetto dedicato alla messa in sicurezza dell’isola di cui parleremo in questa intervista, lei ha sottolineato come i danni ingenti subiti dalle case nella zona del Majo-La Rita non sono da imputare al fatto che fossero abusive. A cosa sono dovuti, allora? Le case non crollano perché abusive, potrei anche costruire senza titolo edificatorio un bunker d’acciaio resistente al terremoto, ma ciò non toglie che rimanga abusivo da un punto di vista giuridico. Ma dal punto di vista tecnico, il mio di geologo e vulcanologo, gli edifici sono crollati e sono stati danneggiati perché la faglia da cui

il sisma si è generato è localizzata esattamente sotto il centro abitato del Majo, a 1,5-2 km di profondità. Altro fattore di cui tenere conto è che la mappa della pericolosità sismica dell’isola d’Ischia è chiaramente sottostimata, nel senso che le accelerazioni di progetto previste, e che stanno alla base del calcolo ingegneristico preliminare alla costruzione degli edifici, sono circa la metà di quella effettivamente registrata il 21 agosto 2017 dalle nostre strumentazioni all’Osservatorio Geofisico della Sentinella. Ciò significa che anche un edificio costruito il giorno prima, perfettamente a norma, poteva essere gravemente colpito o collassare. Prendere atto di questo cosa implica dal punto di vista del geologo?

Piuttosto che ricostruire si deve mettere in sicurezza: l’attuale zona rossa il 21 agosto 2017 ha sperimentato l’VIII grado della scala Mercalli (Ndr. Elaborata dal sismologo e vulcanologo Giuseppe Mercalli, valuta l’intensità dei terremoti osservandone gli effetti distruttivi sulle costruzioni e sull’ambiente) e, nel caso di un terremoto come quello avvenuto nel 1883 può sperimentare l’intensità massima, l’XI grado, vale a dire accelerazioni anche 3-4 volte superiori a quelle di progetto attuali. Ebbene, dobbiamo far sì che nelle aree dove possono verificarsi terremoti dall’VIII grado in poi della scala Mercalli, che hanno conseguenze molto serie sulle costruzioni in muratura, gli edifici vengano portati in

categorie di minore vulnerabilità, resistenti a quel tipo di sollecitazioni. Sappiamo, infatti, grazie all’esperienza che ci viene dal sisma del 1883, che in quella zona i terremoti possono essere molto violenti. Tecnicamente è un’operazione fattibile, non è molto costosa data la limitatezza della superficie coinvolta da possibili forti danni per un futuro terremoto e sarebbe un modo per rendere sicura Ischia, che è un “marchio” turistico, oltre a essere molto popolata. Potrebbe costituire, inoltre, un esempio per iniziare un’operazione analoga su scala nazionale. Possiamo circoscrivere i luoghi che dovrebbero essere interessati da questi interventi preventivi? Giuseppe Mercalli dopo il terremoto del 1883 realizzò una mappa di risentimento molto accurata, che registrava i danni sugli edifici: ebbene, essa è sovrapponibile, fatto salvo che il terremoto fu molto più forte, alla mappa di danneggiamento del 2017. E anche per quanto riguarda gli eventi sismici più antichi, le aree colpite sono le medesime. Ciò vuol dire che la sorgente da cui si innescano le scosse è sempre la stessa e questo è importante perché ci indica con attendibilità dove intervenire. Quindi, se ipotizziamo, e le valutazioni scientifiche supportano questa ipotesi, che il terremoto massimo atteso sia quello tipo 1883, partendo dalle mappe di Mercalli che indicano le varie fasce di intensità sismica, si può procedere a esaminare gli edifici e quindi ad operare su di essi per far sì che possano resistere alle massime sollecitazioni che ci si aspetta in quelle aree. Lei comprende fra queste anche la zona rossa dell’ultimo terremoto? Certo, è possibile metterla in sicurezza ma si deve valutare se conviene farlo per delle semplici abitazioni, oppure se non sia meglio delocalizzare le case e in quella zona pensare di realizzare opere strategiche che possono essere anche di alto valore culturale. Per esempio, sono d’accordo con la proposta di installare al Majo un centro di ricerche sismologiche e vulcanologiche. Nell’idea di voler rendere sicure le case della zona rossa è sufficiente intervenire su di esse, o vanno abbattute e ricostruite? Antisismico è un termine un po’ abusato, indica una situazione assoluta, mentre dovrebbe essere un concetto graduato, nel senso che un edificio può essere resistente a un determinato grado di sollecitazioni, ma se queste crescono non lo è più. Poi ci sono aree con sollecitazioni sismiche molto forti (ed è il caso della zona rossa) in cui effettivamente sarebbe necessaria un’edilizia antisismica intesa in senso molto avanzato e, immagino, ma devono dirlo gli ingegneri strutturisti, gli edifici andrebbero ricostruiti piuttosto che consolidati. Tuttavia, quando parlo di messa in sicurezza non intendo “distruggere e

ricostruire” tutti i centri urbani, quanto piuttostousare tecniche di consolidamento per le quali,fra l’altro, gli ingegneri italiani sono dei maestri -data l’esperienza che abbiamo di terremoti chesi verificano in paesi e città con edifici storici inmuratura spesso di grande valore architettonico,che non si possono semplicemente buttare giùe rifare. Nelle zone limitrofe a quella rossa si puòconsolidare in gradi differenti per rendere le caseadatte a sopportare le sollecitazioni che ci si aspettain quei determinati punti. Esiste una classificazioneinternazionale per gli edifici in muratura stilata percategorie costruttive e c’è un’esperienza a livellomondiale della resistenze di ciascuna categoriaalle sollecitazioni sismiche. Abbiamo appenapubblicato in un bel volume della società digeologia ambientale il nostro studio dell’ultimoanno in cui usando queste tabelle identifichiamoquali sono le tipologie costruttive che a nostroavviso possono coesistere nelle diverse zonedell’isola, prendendo come riferimento appuntole sollecitazioni massime attese in caso ci sia unterremoto come quello del 1883. Abbiamo sceltoun taglio estremamente pratico, perché pensiamosia bene agire in modo veloce per poter metterein sicurezza l’isola e dare un segnale ad altre zoned’Italia.Può sintetizzarci i risultati del vostro studio?Ci sono alcuni concetti fondamentali: il primo èche la distruttività del terremoto del 2017, comedi tutti quelli del passato con uguale origine(ma questo è il primo forte che abbiamo potutoanalizzare con tecnologie moderne), è dovuta alfatto che le faglie sono estremamente superficiali;nei terremoti appenninici di origine tettonica,

infatti, le faglie sismogene si situano di solito a 10-20 km sottoterra; a Casamicciola, invece, fra 1 e3 km al di sotto del centro abitato. La vicinanzadella sorgente sismica comporta che anche conmagnitudo tutto sommato basse (come è statoil 21 agosto 2017, quando è stato registrato il 4°grado circa della scala Richter) si siano prodotteaccelerazioni molto molto importanti e quinditanti danni. Ebbene, esaminando la sismicità delpassato capiamo che questi terremoti si possonoripetere anche a intervalli di pochi anni, o pochidecenni, come si vede dalla sequenza del XIXsecolo, quando fra il 1828 e il 1883 ci sono statialmeno 6 episodi, sempre nella stessa zona conintensità fra VII e XI grado della scala Mercalli,quello disastroso del 1883. E nel 1881, Mercallistesso ammonì a non ricostruire lì; altri scienziatie i politici presero posizioni diverse ma purtroppoebbe ragione lui. E’ evidente, quindi, che se ciguardiamo indietro diventa tanto più urgente unprogetto serio di messa in sicurezza. Certo, nonpossiamo dire con assoluta certezza che accadràancora con tale modalità, ma per principio diprecauzione dobbiamo lavorare intorno a questotema. Mettere in sicurezza i centri urbani è uninvestimento sul futuro, a breve come a mediolungo termine. Si dovrebbe ragionare in questomodo per tutto il territorio nazionale e cosìpurtroppo non è; ma almeno nel caso di Ischia,abbiamo indicazioni circostanziate e la possibilitàdi operare con costi bassi. Essendo, infatti, lefaglie da cui nascono i terremoti ischitani moltosuperficiali, questi ultimi sono sì molto distruttivima il loro raggio di azione è circoscritto, mentre iterremoti che avvengono a maggiore profondità

La carta geognostica-sismica di Ischia redatta da G. Mercalli, in cui sono rilevate le aree di danneggiamento dopo i terremoti avvenuti nel corso dell’800, fino a quello del 1883, le frane, l’attività idrotermale.

coinvolgono zone più vaste. A proposito del terribile terremoto del 1883, diciamo una parola definitiva sul confronto con quello del 2017: quest’ultimo è stato meno forte? Sì, sicuramente è stato meno forte, cioè la sua intensità intesa come danno massimo è stata molto minore di quella del 1883 (nella zona rossa VIII grado e XI grado Mercalli); i terremoti alla sorgente durano sempre pochi secondi, poi siccome le onde sismiche hanno velocità diverse man mano che ci si allontana la durata percepita può essere più lunga. Dando una scala di magnitudo, se l’ultimo è stato 4.4, nel 1883 fu fra 5.5 e 6 scala Richter. E ogni grado di magnitudo in più è un fattore 30 in termini di energia, quindi è stato da 100 a 900 volte più forte. La legge per la ricostruzione voluta dal Governo prevede di effettuare una microzonazione della zona rossa: cosa è e come funziona? La microzonazione considera dettagliatamente le tipologie di terreno dove si è verificato o può verificarsi un terremoto, per capire se, per esempio, ci sono aree franose, che possono essere soggette a liquefazione, o se ci sono stratificazioni superficiali tali da amplificare le sollecitazioni sismiche, creando danni superiori a quelli che si avrebbero su terreni di altro tipo. E’ molto importante, ma nel nostro caso non la considero fondamentale per avviare in tempi brevi un progetto di messa in sicurezza, perché se consideriamo le mappe di intensità elaborate dopo il 1883 da Mercalli, i danni rilevati all’epoca contengono in sé già tutte le informazioni sia sulla sollecitazione sismica che sulla risposta dei terreni. Nel senso che se vediamo che alcune zone sono state più danneggiate di altre, abbiamo i dati per valutare i possibili differenti effetti locali del sisma. Certo, gli insediamenti urbani sono cresciuti rispetto alla fine del XIX sec., per cui la microzonazione va eseguita, ma penso non sia strettamente necessaria per iniziare la messa in sicurezza. Qual è allora secondo lei il primo passo da compiere? Eseguire un esame dettagliato della vulnerabilità dei singoli edifici, per valutare gli interventi necessari a portarli in categorie di minore vulnerabilità. E queste verifiche dovrebbero riguardare anche i terreni su cui le costruzioni si trovano. Infatti, secondo me è fondamentale capire se ci sono fabbricati, abusivi o meno sul piano giuridico, posti su terreni oggettivamente troppo pericolosi non solo da un punto di vista sismico ma anche idrogeologico o di rischio alluvionale, per cui non devono essere abitati. Queste sono le case che dovrebbero essere evacuate e abbattute, perché le due cose camminano necessariamente insieme, altrimenti qualcuno inevitabilmente ci tornerà a

vivere. Questo è l’abusivismo che a mio parere non andrebbe sanato in alcun caso. Lei dice che l’adeguamento costerebbe poco: avete condotto uno studio dei costi? Quanto può costare adeguare, per esempio, una villetta di 150 mtq? Dipende naturalmente dal punto di partenza e da quello a cui si deve arrivare: le posso dire che con i colleghi ingegneri abbiamo fatto una prima stima di massima - magari attaccabilissima - per l’intera operazione di consolidamento di edifici nelle zone in cui si sono già avuti terremoti con danni dall’VIII grado in su, ed è una superficie di circa 25 km quadrati, più o meno centrata sulla zona rossa attuale: il costo totale dovrebbe aggirarsi fra 50 e 100 milioni di euro. Questo tipo di intervento può farlo il singolo proprietario? Certo, esiste anche il sisma bonus, una legge ottima, che risponde all’esigenza di un progressivo miglioramento degli edifici su tutto il territorio italiano, ma se si vuole realizzare un’operazione mirata in aree critiche come quella di Ischia non può essere a macchia di leopardo. In altre parole, se un cittadino interviene e il suo vicino no, come accade affidandosi alla volontarietà, è possibile che in caso di scosse l’abitazione del primo regga ma le altre cadano danneggiando anche quella. Inoltre, le direttive per il sisma bonus non definiscono il grado di adeguamento sismico da conseguire. Invece, secondo me almeno in certe aree sensibili la messa in sicurezza va resa obbligatoria: dove nel 1883 il terremoto ebbe un’intensità dall’VIII grado in su si dovrebbe rendere obbligatorio il consolidamento indicando con precisione l’obiettivo da raggiungere, cioè la categoria superiore, e ciò implica controlli al

termine dei lavori. Lei pensa sulla base di quello che il Governo e gli altri Enti coinvolti stanno facendo, che si sono indirizzati su questa strada, cioè definire la zona più a rischio, esaminare ciascun edificio che vi si trova e controllare gli interventi? O teme che resti solo oggetto di studio? Da italiano, come lei, sono ugualmente scettico, ma da esperto devo dire quello che andrebbe fatto; tuttavia, ho visto grande sensibilità da parte dei Sindaci coinvolti. La legge di conversione del Decreto Genova non mi sembra contenga riferimenti chiari e precisi nella direzione che indichiamo noi studiosi, perché si parla di riparazione, ripristino, ricostruzione degli edifici danneggiati ma non ci sono le parole “messa in sicurezza”. Tuttavia, alcuni passaggi potrebbero lasciare uno spazio per questo tipo di interventi, mi riferisco alla discrezionalità che ha il Commissario alla ricostruzione per poter operare in maniera più ampia di quanto scritto nel testo, cioè la semplice ricostruzione della zona. Sono disponibile a dare una mano e mi piacerebbe come ricercatore e come italiano che la cosa si concretizzasse, ma soprattutto come grande estimatore dell’isola, un luogo incantevole, bellissima dal punto di vista ambientale e turistico e interessante da quello scientifico - fra l’altro fui il primo, nel 1993, a portarvi stazioni di rilevamento sismico moderne. In Italia non c’è stato finora un intervento risolutivo capillare come quello che prospetto per Ischia, che potrebbe mettersi al riparo del tutto da danni molto seri, ciò che conta infatti è che l’edificio non collassi, perché in questo modo si riduce molto la probabilità che ci siano vittime.

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SPECIAL

LA GRANDE SCALTREZZA

Text_ Pasquale Raicaldo Photo_ Riccardo Sepe Visconti Francesco Di Noto Morgera

Giacomo Pascale, sindaco nel momento più difficile. Perché

c’è chi ama vincere facile. E chi, suo malgrado, si trova catapultato nel posto giusto, ma al momento sbagliato. Il Comune in dissesto finanziario: basterebbe questo. Il terremoto. Roba da far accapponare la pelle. E allora bisogna parafrasare il celebre e pluripremiato film di Paolo Sorrentino per sintetizzare la complessa gestione politica del primo cittadino di Lacco Ameno, immobiliarista di comprovate doti, uomo del popolo, la politica nel sangue, qualche problema di salute dribblato non senza coraggio negli ultimi anni. E poi il terremoto, già. Dall’emergenza alla dura lotta per l’articolo 25, Pascale ha mostrato i muscoli. E il cervello. Lo ha fatto per l’utile machiavellico del suo popolo, senza mai arretrare. Anzi, mettendoci la faccia. Se il suo collega di Casamicciola, Giovan Battista Castagna, ha spesso preferito indietreggiare davanti all’incedere pericoloso dei media, lui no: Giacomo ha indossato l’elmo e preparato lo scudo, pronto a respingere con forza le stilettate della «stampa nemica», come ha spesso ripetuto. A Non è l’Arena ha mostrato i muscoli a Massimo Giletti e Antonio Di Pietro, infastidendosi per le difficoltà del contraddittorio a distanza. Ha rinnegato con forza, sin dai giorni successivi al sisma, l’etichetta di “abusivi” attribuita agli sfollati e, per estensione, ai cittadini lacchesi e casamicciolesi. E mentre difendeva il vessillo dell’isola dalle molotov incendiarie di stampa, tv e opinione pubblica, disegnava con meticolosa

cura il suo piano per fare breccia su Roma. Protetto dalla solidità argomentativa dell’avvocato Bruno Molinaro, il deus ex machina dell’articolo 25 (o lo “Scassinatore del terzo condono”, come abbiamo voluto immaginarlo sempre in questo numero di ICity), con cui il sindaco ha dato vita a un vero e proprio sodalizio, e dal peso politico di Domenico De Siano, Pascale ha saputo costruirsi una sua personalissima

rubrica, dando del tu a Matteo Salvini (“coccolato” a Lacco Ameno nella sua fuga d’amore pasquale, fra cena al ristorante e partecipazione alla via crucis lungo corso Rizzoli) e prendendo confidenza con Luigi Di Maio, durante la sua puntata nell’isola istruito a dovere sull’epopea dell’abusivismo ‘made in Ischia’. Rapporti veri, senza troppi fronzoli, che gli hanno poi consentito - nelle ore degli emendamenti sul DL Genova e delle pericolose oscillazioni di quel contestatissimo testo - di avere una corsia diretta con Lega e Movimento 5 Stelle. Blitz continui a Roma, più grande scaltrezza che grande bellezza. La verità è che Giacomo col terremoto ha avuto un conto aperto personale sin da subito: duramente danneggiate dal sisma le case della madre ottantasettenne (“Costretta a lasciarla in lacrime, un colpo durissimo a livello emotivo”) e delle sorelle, a Casamicciola. Colpita la sua, a Lacco Ameno, anche se con lesioni non troppo profonde. Presente in zona rossa nelle ore clou, quando la palazzina accartocciata di via Serrato intrappolava le fragili vite di tre bambini. L’adrenalina lo ha tenuto insonne per settimane, forse mesi. Schietto il rapporto con il commissario per l’emergenza, Pippo Grimaldi. Complesso quello con le frange più presenti degli sfollati, da Annalisa Iaccarino a Susy Capuano. Tra i sindaci dell’isola, è forse il più istintivo: non ha l’equilibrio democristiano di Del Deo, gli manca il razionale aplomb di Caruso, è assai più impulsivo di Castagna, vive il paese molto più di Ferrandino. Un approccio che gli procura grattacapi, anche. A meno di due settimane dal terremoto, lamenta un’aggressione dalle parti di piazza Fango: va all’ospedale Rizzoli perché, racconterà, mentre stava disponendo interventi di messa in sicurezza di stabili pericolanti un uomo gli si rivolge contro intimandogli di non muoversi. Per poi dirgli: “Ti devo segare in due!”. Lui resta sbigottito, poi però lo sfiora con un pugno. “Capisco il nervosismo della gente sfollata - commenterà a freddo - ma non posso tollerare la violenza di chi intende speculare sul terremoto: questo signore, contro il quale ho già predisposto un’azione legale, aveva chiesto che la sua impresa fosse coinvolta nei lavori postsisma. Quanto successo davanti a decine di testimoni è intollerabile”. Non piace a tutti, questo sindaco schietto e senza filtri, che s’inventa l’iniziativa “Un sindaco in piazza” per esporsi davanti a tutti - residenti e turisti, mamme preoccupate dai doppi turni e imprenditori alla canna del gas - e soprattutto, dice, per farlo senza filtri. Domande e risposte, un sindaco imperfetto ma accessibile. Al quale chiedere, dal quale ottenere risposte. “Non posso promettervi la luna”, ripete. “Ma non dormirò sonni tranquilli finché l’emergenza post terremoto non sarà

terminata”. Fuma come un turco e nel via-vai del suo ufficio, nel cuore delmunicipio di Lacco Ameno, accoglie speranzoso gli inviati dei quotidianinazionali: “Voglio farle capire una cosa sui condoni, vuole un caffè?”.“Guardi, una cosa è il terremoto, una cosa è l’abusivismo”. “E allora iole dico: bisogna radere al suolo l’isola?”. Volitivo e caparbio, non mollaterreno. Efficace? Certo. Ed è lì che risiede la grande scaltrezza: arrivareall’obiettivo (leggasi l’articolo 25 del DL Genova) con ogni mezzo, conla costante attività persuasiva nei confronti della politica nazionale - cuicontinuerà a darsi del tu - e con l’appassionato e infaticabile lavoroquotidiano di chi prova a smussare gli angoli dell’opinione pubblicanazionale. Riuscendoci? Non sempre. E così accade che, avvelenato,colpisca soprattutto il PD e Renzi, attraverso il suo profilo Facebook,più valvola di sfogo che vetrina accurata. Lo fa quando il DL vacilla e,al solito, non usa mezzi termini: “È veramente triste che un ex sindacodi una città importante come Firenze, ex presidente del Consigliodei Ministri, leader di un partito politico e senatore della Repubblicaspari cazzate di questa portata! Dove ha letto di un condono tombaleper le case abusive di Ischia? In quale parte del DL ha letto che sipotrebbero salvare trentamila case costruite in modo abusivo? Credosommessamente, senatore, che lei sia come si dice da noi: chiacchieree distintivo. Straparla dicendo bugie e in questo caso, mi creda, non saneppure di cosa sta parlando». Missili che giungono a destinazione,imbarazzando il numero uno del PD isolano, Giosi Ferrandino. E’ lapolitica, bellezza. O meglio: scaltrezza.

In apertura, in alto il sindaco Pascale con il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca e il premier Giuseppe Conte, in occasione della visita di quest’ultimo a Ischia e, in basso, con Matteo Salvini.

In basso, qui, a sin., Pascale, insieme al sindaco di Casamicciola

Giovan Battista Castagna, accoglie il vice premier Luigi Di Maio; a ds., fra l’avvocato Bruno Molinaro e l’ex procuratore Aldo De Chiara.

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