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Dislivelli
Ricerca e comunicazione sulla montagna
La Narrazione
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Il futuro del Non ancora di Maurizio Dematteris
Si tratta di un turismo con un approccio di curiosità e scoperta per i territori, alla ricerca di produzioni locali, rispettoso dell’ambiente, che valorizza la cultura locale. Un “non ancora” che arriverà a sostituire poco alla volta quel “non più” della monocultura dello sci nelle stazioni invernali per mancanza di materia prima.
Non vi è dubbio che il mondo dello sci da discesa viva oggi un momento di crisi profonda. Cambiamento climatico, crisi economica e cambiamento degli stili di fruizione della vacanza in quota hanno sancito la fine del “turismo di massa” sulla neve, inteso come il fenomeno del riversarsi di tanta parte della città nelle montagne limitrofe per il weekend o la settimana bianca, tutti a scivolare insieme con i vicini di casa, i compagni di classi o colleghi di lavoro. Il venir meno di questo fenomeno oggi mette in crisi parecchie stazioni sciistiche, anche conosciute, stimate e fino a 20 anni fa molto frequentate.
E allora, cheffare? Bisogna correre subito ai ripari, prima che sia troppo tardi, cercare alternative alla monocultura dello sci che possano permettere alle comunità che di sci ancora campano di realizzare una transizione il meno dolorosa possibile verso nuove economie in grado di sostituire quella dell’oro bianco. Dove è ancora possibile, e parliamo delle grandi stazioni sc iistiche in alta quota, bisogna cominciare ad affiancare alternative appetibili agli impianti di risalita, per cominciare poco alla volta a trasferire il core business dalla neve ad altre attività con una transizione che possa evitare un domani di arrivare a situazioni di crisi totale del territorio. In altri casi, dove gli impianti sono ormai chiusi o diventati insostenibili, e parliamo di medie e piccole stazioni sciistiche con dominio sciabile spesso al di sotto dei 2000 metri, bisogna sostituire in toto il vecchio modello di business.
L’amico Giovanni Teneggi, direttore Confcooperative Reggio Emilia e grande teorico e sostenitore delle cooperative di comunità, riferendosi alla sorte di realtà come le stazione sciistiche dell’Abetone o di Corno alle Scale, nel suo Appennino tosco emiliano, sostiene che «non esiste un’industria capace di andare a riempire il cratere lasciato da quelle realtà. C’è bisogno di un cambiamento di paradigma, da un’offerta di turismo di consumo a forme di turismo sostenibili e comunitarie». Con numeri e introiti sicuramente più contenuti, ma maggiormente diffuse sul territorio montano rispetto alle stazioni sciistiche.
In effetti se guardiamo i numeri, oggi a fronte di 3537 comuni ita-