Rising Republic

Page 1




di Daniele Campese pure a voi sarà certamente capitato. Una sera qualsiasi avete fatto tardi al lavoro, oppure vi siete attardati a casa di un amico fra una birra e una risata, non vi siete neppure accorti che il tramonto se ne andava. E l’oscurità vi

ha sorpreso. E’ inutile che neghiate, succede a tutti – a chi più spesso, a chi solo di rado – di perdersi nella tenebra. D’improvviso ve n’accorgete e v’assale una subita ansia. E’ una frenesia che vi possiede da un momento all’altro,

tutto a un tratto sentite l’esigenza di raggranellare le vostre cose – la giacca, la sciarpa, dove cazzo ho messo il cellulare – e scappare via. E allora gli amici cercano di trattenervi – arò vai? Statt nappoc ca’ mo’ arrivan eppast –, ma voi niente, dovete proprio affrettarvi che il treno vi parte, la macchina s’è rotta, vostra zia è cascata in un burrone, dovete proprio andare…in realtà sappiamo tutti perfettamente cosa vi preme: dovete correre a rifugiarvi in casa, laggiù nel vostro mondo, chissà quanto lontano, dove ogni cosa è solida e solare, prima che sia troppo tardi. Prima che l’oscura marea vi raggiunga e travolga. Per strada solo qualche sparuto passante s’affretta, immerso nel vostro medesimo umore, mentre qualche carta volteggia e si perde nel vicolo dappresso, in chissà quale anfratto oscuro. Un mercante sta chiudendo la baracca e vi osserva mentre lo incrociate a passo svelto. Il suo sguardo è un monito fin troppo palese: “Fa’ presto, straniero. Ne va della tua anima.” “Esagerato.” pensate subito. Eppure vi inquieta. Da dove proviene questo misterioso timore? La città si trasforma sotto i vostri occhi – dove sono tutti? Era pieno di gente due ore fa… –, il silenzio delle cose vi sovrasta, i palazzi immobili e grigi nascondono chissà quale ventre di dedali e viuzze, lo spazio si dilata, tre passi sono una vita, vi sembra che non sia rimasto nessun ordine o autorità al mondo cui fare riferimento. Ci siete solo voi e questa buia città che dorme… In questo numero di Rising Republic la redazione s’è messa in testa di esplorare questa oscurità. Cosa nasconde la città del sole e del mare, questa ridente sirenetta dell’annoso trittico folclore-coloreclamore che tanto successo riscuote presso il turista straniero e il nostalgico

benpensante? Quali misteri quando, al calar del sole, l’oscurità prende possesso di vicoli e palazzi? Svelare il lato oscuro che giace alle spalle, invisibile perché dietro il sipario, i vecchi racconti inquieti, le voci di popolo foriere di arcani irrisolti, gli antichi presagi, le ignote vicende, le occulte visioni. Quel complesso di conoscenze e dicerie che il razionalismo empirico contemporaneo ha relegato alla derisione, negandogli ogni dignità in ossequio al principio scientifico che guida il mondo: tutto ciò che non è misurabile non esiste. All’interno della (sgangherata) redazione di questa rivista, lottando contro la banalità e le scatole parlanti, vittime dei mulini a vento e probabilmente destinati al cazzeggio eterno, vi sono alcuni imbecilli che non condividono suddetto principio, ritenendo per contro che la scienza non riuscirà mai a spiegare tutto il reale, che altre forme di conoscenza non basate sulla razionalità esistano e siano misconosciute, accantonate o mai percorse. Ritenendo che irreale non è ciò che non esiste, ma (perlomeno in parte) ciò che scegliamo di non vedere. E qui non si parla di credere ai fantasmi o a Babbo Natale: si tratta in definitiva di ritenere che vi sia altro, oltre. Ma questo cammino non lo stiamo certo inventando noialtri. Molti hanno già percorso questa strada in passato. In particolare mi viene in mente un signore – sottostimato in vita, oggi famoso –, il cui intelletto superiore capace di captare molto più avanti dei suoi contemporanei, già nel diciannovesimo secolo gli permetteva di esplorare l’occulto con l’autorevolezza del genio. Oggi potete trovare i suoi racconti in tutte le librerie, in offerta con Repubblica, sulla rete, negli scaffali del primo che passa. E – perché no? – stimare che si tratti soltanto di un romanziere pazzo e visionario.

Editoriale


5-11 The dark side of the moon 13-16 Redattore: Daniele Campese Testi: Claudia Miulan Daniele Campese Eugenio Filetto Flavia Cardone .G Nunzia Vannuccini Piuma d’Oca Salsicce & Friarielli Sara Cotini Silvio Marino Illustrazioni: Giuseppe Carella Malov Mario Arena Foto: Roberto Salomone Layout & Grafica: Matteo Bastioni Pubblicità: Mena D. | 393 5517146

Il lato oscuro di Napoli 17-26 Tra essenza e speranza 18-19 Bonasera bella m’briana 20 Storia di un prinicipe 21-23 L’inutilità della paranormalità 24-26 27-31 Rising Arts & Rising South 33-43 45-48 Il Tuffatore 49-52

Via V. Bellini, 45 80134 Napoli 334.1906211 339.7946828 www.risingrepublic.com redazione@risingrepublic.com distribuzione gratuita

53-56 Colpevoli di troppa oscurità 57-60 Non bisogna fidarsi di Tè&Biscotti 61-63


a cura di Roberto Salomone

Foto.reflex


Foto.reflex


Foto.reflex


10

Foto.reflex

11



Musica.Cover Story

13


a cura di Eugenio Filetto

Quando la musica parla attraverso l’immagine di copertina.Viaggio attraverso il mito e la storia dei grandi album, dove fotografi, designer e pittori hanno reso la musica visibile.

S

torm Thorgerson e Aubreu Powell, il team di designers conosciuto con il nome “Hipgnosis”, un tempo erano coinquilini di Syd Barrett, il leader dei Pink Floyd dei primi anni. La loro collaborazione professionale, che iniziò con il loro secondo album (A Saucerful of

14

Autore: Pink Floyd Album: The Dark side of the moon Etichetta: Capitol Anno: 1973 Designer: Hipgnosis

Secrets) continua ancora nei giorni presenti. Come spiega Thorgerson “la musica dei Pink Floyd è davvero evocativa, riesce a coniugare profonde atmosfere con la sensazione di spazi immensi e surreali”. “Mentre progettavamo la confezione dell’album - continua Thorgerson -

cercavamo continuamente di rappresentare con immagini e grafica lo spirito della loro musica.” Per l’interno della copertina di Dark Side of the Moon, Thorgerson disegnò essenzialmente la curva sonora di un battito cardiaco. “Se l’album rappresenta realmente una cosa, - dice Thorgerson

- esso rappresenta la sua follia”. Il lato oscuro della luna è irrazionalmente l’altra faccia della normale vita di tutti gli esseri umani. L’esterno della copertina fu pensato ancor più fantastico e irreale, con la prima facciata dominata da un prisma che diffrange la luce bianca nelle componenti dello spettro visivo e nella facciata posteriore lo stesso prisma con l’andamento del fascio di luce inverso. Si trattava della linea attraverso cui Thorgerson intendeva amplificare un altro aspetto della band, sopra ogni altra cosa: che i giochi di luce stavano diventando una caratteristica fondamentale della musica dei Pink Floyd. “La band sviluppò qualcosa di molto originale e sofisticato nel coniugare gli spettacoli di luce con la musica” afferma Thorgerson. Il prisma fu un modo per dire che di

fatto questa band, più di ogni altra band, emanava luce. Luce e suono. La speciale confezione includeva inoltre due poster; uno con una serie di scatti della band in concerto, l’altro con le Piramidi egizie fotografate da Thorgerson con la luna piena. La band, tuttavia, dovette operare un taglio nella loro percentuale di guadagno, affinchè i poster venissero inclusi senza aumentare il prezzo del disco. “Questo accadeva in tempi in cui la confezione aveva davvero un significato” - spiega Thorgerson - “si trattava di un regalo ai loro fans”.

Curiosità - Sebbene famosissimo, va detto tuttavia che il prisma raffigurato presenta due errori, uno di grafica e l’altro di concetto: l’errore grafico è la mancanza del violetto nello spettro di diffrazione; l’errore di concetto è l’entrata nel prisma capovolto dello spettro diffratto, che restituisce in uscita un raggio bianco unico (è fisicamente impossibile). Ma l’effetto rimane suggestivo, e comunque rispondeva a esigenze grafiche (effetto di continuità del raggio nella parte interna della copertina), non di correttezza scientifica. - Originariamente l’album avrebbe dovuto intitolarsi Eclipse (a piece for assorted lunatics). - Per molto tempo si è

Musica.Cover Story

15


discusso su una leggenda metropolitana, secondo la quale ascoltando The Dark Side of The Moon (alcuni suggeriscono al contrario) e visionando contemporaneamente il film “Il Mago di Oz”, si riscontrerebbe un’impressionante sincronia. Esistono addirittura siti internet in cui è presente la descrizione di cosa occorra fare per riprodurre tale sincronia, quali siano i punti in cui far ripartire l’ascolto dell’album e via dicendo. A parte la palese incongruenza sui

16

tempi (l’album dura circa quarantatre minuti, il film intorno ai cento) e alle improbabili modalità di ascolto in senso contrario dell’album, è Gilmour in una recente intervista a smentire la presenza di ogni legame volontario tra i due lavori. - Sembra esservi una diffusa confusione sull’esatto titolo ufficiale dell’album, ossia se comprenda o meno l’articolo “the”. Sebbene alcune edizioni su CD lo omettano (riportando semplicemente “Dark side of the moon”), l’etichetta dell’edizione originale

in vinile, da ritenersi più attendibile, riporta “The Dark Side of the Moon”. - Nella canzone finale si sente dapprima una voce che dice “There’s no dark side of the moon really... matter of fact it’s all dark” e una fisarmonica intonante “Ticket to ride” dei Beatles. - In occasione della recensione della versione CD da parte della rivista Suono, viene evidenziato che all’analisi spettrale le componenti in bassa frequenza scendono a valori mai registrati.


Reflex.Il lato oscuro di Napoli

17


di Sara Cotini ella morte non si parla mai veramente. Nonostante la guerra, nonostante il cancro, nonostante l’ozono, la morte rimane un pensiero estraneo alla nostra esperienza quotidiana. Entra nelle nostre televisioni ogni giorno, come mera informazione, con il permesso di scivolarci addosso, senza impregnarsi davvero nei nostri sentimenti. Donna kamikaze si fa esplodere al centro di Baghdad. 30 morti sulle strade solo nello scorso week-end. Africa. L’Aids uccide 10000 bambini ogni anno. Pasta asciutta. Il segreto della longevità. Grosso modo è questa la sequenza e la frequenza con cui ci accontentiamo di ricevere le “news”. Terribile. Quante sono le persone che avvertono la morte come una probabilità incombente? In quanti pensano che può arrivare in qualsiasi momento? Che non è un evento eccezionale e lontano, ma al contrario, può arrivare sempre? Anche adesso. Quanti di noi hanno almeno un pizzico di consapevolezza di questo, che la vita è ora (e non è uno spot pubblicitario), domani…chissà? Eppure vita e morte stanno insieme e si avvicendano come le onde del mare, come le forze dell’universo, come lo yin e yang del tao. Non può esistere l’una senza l’altra, così come non esisterebbe la luce senza il buio.

18

Solo contemplando la morte come presenza implicita di ogni singolo e infinito istante è possibile attribuire alla vita il proprio giusto significato e sentirla, nel suo mutevole fluire, come esperienza entusiasmante. La nostra città, tuttavia, mantiene, ad un livello istintivo, un rapporto molto viscerale con la morte. L’avverte, la sente, la intravede, sempre. Seppur risultino assai grotteschi tutti i modi e rituali per esorcizzarla, sono comunque il segno che il napoletano la morte se la porta addosso. Corni, gobbi, ferri di cavallo o peperoncini nel tentativo di tenere lontane morte e sventura stanno comunque lì, sott’occhio, a ricordare che il nero è sempre in agguato. Quel furbacchione di Pulcinella è spesso occupato ad allontanare la morte, a beffarla e sbeffeggiarla, ma ci è pur sempre in contatto. Più di quanto generalmente si faccia attenzione. Il suo nome rimanda ai gallinacei, elementi legati al mondo degli inferi; l’abito bianco e la maschera nera richiamano un collegamento tra vita terrena (il bianco è il colore degli abiti iniziatici) e ultraterrena. Anche la sua risata risuona come un controllo sulla morte o, almeno, sulla paura di essa. Molto del fascino di Napoli, della sua potente forza centripeta, dell’attrazione che, nonostante tutto, riesce a trasmetterci questo “paradiso abitato da

diavoli”, è raccolto e si nasconde dietro il suo rapporto con la morte. Che dire, ad esempio, del culto delle anime del Purgatorio? Fino almeno a venti anni fa, nel rione Sanità era ancora aperto il famoso cimitero delle Fontanelle, dove centinaia di persone si recavano, ogni lunedì, a portare fiori, ceri e lumini in onore di ossa e teschi di uomini senza nome né riconoscenze. Le anime di questi uomini, morti brutalmente e senza sacramenti, sono costrette a vagare in quel limbo chiamato Purgatorio, in attesa di ascendere al cielo. Le vediamo, nell’iconografia cristiana, rappresentate con le facce lacerate dal dolore, rivolte verso l’alto, sospese tra il fuoco e la luce eterna. Sono anime “pezzentelle”, le più povere, ai margini del regno dei cieli, ed è per loro che gli emarginati e i poveri della società rivolgeranno cure e preghiere in cambio di grazie e favori. È un’usanza che a partire dalla peste del ‘600 ha resistito nonostante i divieti emanati dai tribunali ecclesiastici. Immaginate una piccola vecchia o una sprovveduta fanciulla che pur di vedere avverati i propri sogni, non avendo altri mezzi per perseguirli, decide di adottare un teschio. Lo pulirà da tutti i depositi del tempo, lo strofinerà fino a lucidarlo e, ottenuta la prima grazia, gli darà anche una casa nella propria, lo metterà in uno “scarabattolo” (da carabattola: bacheca dei santi), adagiandolo su un lenzuolino bianco, portandogli fiori e lumini. Tutte queste cure saranno sostenute da lunghe e sentite preghiere, affinché l’anima raggiunga l’atteso Paradiso. La nostra donna arriva persino a credere che le goccioline d’umidità formatesi sui teschi nelle grotte di tufo del cimitero siano lacrime dovute agli sforzi delle anime sofferenti. E cosa chiede la nostra donna al suo

spirit’ro priatorio? Beh, delle cose del tutto ordinarie: un matrimonio, dei figli, la guarigione da una malattia…insomma di arrivare con serenità alla propria morte. Qui si situano, a mio avviso, alcune peculiarità del nostro popolo, e forse, di tutte le terre del Sud. Innanzitutto nell’ alto livello di semplicità per cui bastano il sole e il cibo perché vada tutto come deve andare; atteggiamento che, seppur spesso irritante e fastidioso, contiene in sé una autenticità disarmante. Poi c’è quella solidarietà tipica napoletana che sottostà alla logica del tornaconto, del do ut des; comportamento che svela una spiccata capacità di adattamento, semmai non sempre encomiabile, che, però, stupisce per spigliatezza e creatività. Ed infine, c’è il sogno, quella via primitiva e universale che ci mette in contatto con i nostri desideri e le nostre paure. L’anima “pezzentella” si presenterà nel sogno del nostro credente, un po’ pagano, prenderà una forma e una veste, gli chiederà di essere “rinfrescata” dal calore insopportabile delle fiamme, creando, così, un ponte di comunicazione tra queste due realtà parallele, da un lato gli emarginati della terra, e dall’altro gli emarginati del cielo. Da questa specularità dei due mondi emerge il senso di circolarità e familiarità che lega i napoletani alla morte. Sarà per il vuoto delle sue pietre di tufo; sarà che nel suo golfo, ogni giorno, si assiste ad uno sposalizio perfetto tra terra, acqua, fuoco ed aria; sarà per tutti i misteri che, come un sentiero di nidi di ragno, si intrecciano e si nascondono dietro strade e palazzi, Napoli è immersa in un alone di magia. E non sarà certamente un caso se Galileo collocava la “selva oscura” tra Napoli e Cuma, dove, ricordiamo, c’è l’antro della Sibilla, luogo mitico della discesa agli Inferi.

Reflex.Il lato oscuro di Napoli

19


di Nunzia Vannuccini ra gli abitanti della bella Napoli, ci sono anche quelli che non si vedono, o meglio che non tutti possono vedere. Probabilmente seduti al tavolino di un bar possiamo trovare i tre personaggi background delle nostre tradizioni popolari. O’ Munaciell, ‘A Bella ‘Mbriana e la Janara. I tre personaggi che portano con sè tradizioni e gesti della popolazione, leggende e credenze. O’ Munaciell’, lo spiritello dispettoso e bizzarro dall’imprevedibile comportamento, è l’entità più citata nelle leggende metropolitane. Il personaggio indicato come ‘A Bella ‘Mbriana, invece, rappresenta lo spirito benigno. E’ una sorta di “anti-munaciello”, portatoree di benessere e salute. Rappresentata come una bella donna molto ben vestita paragonabile alla fata delle favole dei bambini, spesso la si vede camminare sui cornicioni dei palazzi vestita di bianco, ma dentro casa bisogna sempre lasciarle una sedia libera, perché potrebbe entrare e sedersi per riposare. Il nostro terzo personaggio è la Janara, regina del Folklore beneventano, insidiatrice delle porte delle case. Il nome deriva dal Latino “iaunia” e vuol dire “porta”, dietro la quale ogni napoletano ha una scopa, così che la Janara sia costretta a contarne i fili e indugi fino al sorgere del sole, sua fonte di distruzione. Riguardo la Bella ‘Mbriana ci sono molti racconti che lasciano pensare alla sua reale esistenza, anche se pochi occhi l’hanno davvero guardata. Chi crede nelle ombre che ci circondano? Molti vedono queste ombre come proiezione della propria mente, forse per giustificare

20

alcuni avvenimenti inspiegabili, forse per esorcizzare tutto ciò che è paranormale. Ad ogni modo, mentre sia il Monaciello che la Janara hanno un percorso storico, attraverso il quale sono rimasti incastrati nell’oscuro sottosuolo del nostro immaginario dove Magia e Fantasia si siedono a prendere un caffè e pensano a cosa proporci, la bella M’briana al contrario nasce un po’ per pretesto e un po’ per difesa contro il male, contro la beffa del portatore di guai, il Monaciello. ‘A Bella ‘Mbriana è il Bene che deve esserci, altrimenti il male non esisterebbe. E’ il buon auspicio. Alla Bella ‘Mbriana piace la pulizia. E vuole che tutto sia perfetto e in ordine, vuole essere ospitata, vuole la serenità della casa e non deve percepire disagi. Infatti di solito viene invocata in tutte le situazioni difficili che compromettono la serenità familiare. Viene evocata come il bene che non è preesistente, a differenza del male che invece giace già all’interno, che cammina accanto a noi o molto probabilmente dentro di noi. “Il bene” è il nostro alibi per allontanarci dalla perversione, ci distacca dalla seduzione e dalla possessione, tutti vocaboli attribuiti all’occulto, all’oscuro, al satanico, alla stregoneria, alla creazione di ciò che non conosciamo o che non vogliamo conoscere, alla nostra paura di sapere, alla nostra fobia di saper vedere, la nostra continua difesa dell’ordinario, che ci preclude le condizioni di straordinario che ci circondano. Questo è forse il significato più profondo della Bella ‘Mbriana: è un talismano che appartiene a tutti. E chissà che non funzioni davvero…

di Daniele Campese accade talvolta, mentre osservo qualcosa o qualcuno che sono certo conoscere, di ravvisarne improvvisamente un particolare che mi era sempre sfuggito, spesso addirittura di carpire un lato oscuro, impenetrabile ed inatteso, che a lungo mi s’era celato. E ogni volta mi sento uno sciocco, m’accorgo che troppo spesso è approssimativa la mia conoscenza delle

cose, persino di quelle più vicine, poiché finisco per vederle non per come esse sono, ma piuttosto per come mi figuro che debbano essere. Solo con fatica ho infine accettato l’idea di un lato oscuro, ignoto, imperscrutabile, occulto che si cela dietro l’immagine di tutte le cose. E l’idea che questo lato vada sempre ricercato, piuttosto che ignorato. Forse per questa ragione mi rifiuto di

Reflex.Il lato oscuro di Napoli

21


abbandonare le orme di Edgardo, che anzi ho inseguito senza requie per giorni fino all’altra sera, quando – in una notte buia e tempestosa, come potete immaginare – giunsi ad un’antica costruzione dall’aspetto enigmatico e inquietante. Venne ad aprirmi un ciambellano, canuto e claudicante custode della cappella, che strappò le mie ossa alla pioggia e mi fece parola di alcuni misteri che ivi s’erano consumati per secoli e secoli. Forse la tremula luce gocciolante, le nostre ombre – gigantesche – che si liberavano attraverso la profonda navata, le mani callose, i gesti ampi e la voce grigia del vecchio, insomma mi sembrò d’arrivare io stesso direttamente a quel tempo lontano, in cui un nobile signore rifiutò di accettare il confine che i suoi contemporanei avevano imposto alla le genti tutte erano all’oscuro, financo realtà. i più alti dottori del tempo e gli uomini “…quando il Signore diventò Principe, di Dio, che alla gloria sono destinati. in seguito all’abdicazione di suo padre, Era il suo atteggiamento considerato la che scelse di rinunciare ai propri titoli conseguenza della follia del demonio, per vestire gli abiti della fede, era uomo che invade l’anima dei malcapitati e li ancora molto giovane, nel pieno delle conduce ad oscura sorte. Ma il Principe non era pazzo, di lucido genio era forze, in verità poco più di un fanciullo. Correva l’anno 1742 ed Egli decise di permeato il suo intelletto, poiché Egli dare avvio alle imponenti lavorazioni di conosceva numerosissime cose ed altre riedificazione che avrebbero modificato aveva scoperto con il solo aiuto del suo profondamente, nella forma e nella intuito immaginifico e impervertibile. sostanza, i fondamenti stessi della Conosceva innanzitutto le vicende cappella, che in passato era stata dell’eterno fiume, che scorre eterno luogo di adorazione della Vergine e sotterraneamente alla cappella ed successivamente aveva accolto i defunti infonde di forza occulta e imperscrutabile della nobilissima stirpe del Principe, l’intero abitato nilense, dove gli egiziani discendenza diretta dei grandi duchi di della grande Alessandria fondarono Borgogna e più lontanamente dello stesso il tempio di Iside e la venerarono per ottenere la sua fulgida protezione e Magno Carlo. La cappella era di cruciale importanza benevolenza. La cappella, infatti, sorgeva per il Principe, che sovrintese alle sue sulla fondazione antichissima della Dea, modificazioni senza sosta fino ai suoi mutuandone il potere arcano. Il principe ultimi giorni…ne era ossessionato in lo sapeva e nel tentativo di farsi erede verità, trascorreva interminabili periodi di questa forza, studiò il sistema per recluso nelle sue stanze fra esperimenti canalizzarla direttamente all’interno e progettazioni di ogni sorta, delle quali dell’edificio. Tuttora si può avvertire

22

l’imponenza del supremo corso che mai si placa, varcando la soglia di questo che fu un vero laboratorio di prodigi e misteri ancora oggi sconosciuti, dei quali fu ordinata e operata la distruzione dopo la morte del Principe. Nulla è infatti sopravvissuto delle occulte invenzioni e delle sue incredibili scoperte, molte delle quali ad Egli stesso rimanevano oscure, poiché non sapeva come spiegarle, ottenendole generalmente per tentativi, mescolando sostanze e conoscenze ignote. Era questa la caratteristica più peculiare del Principe, che lo rendeva diverso dai dottori del tempo Suo, rispetto ai quali era molte spanne più avanti: che Egli non provava timore alcuno di fronte all’ignoto. Anzi, Egli desiderava esplorarlo, poiché era certo che esistesse e che fosse dinnanzi a lui, a portata di mano. Sempre ebbe un rapporto con l’ignoto il Principe, abituandosi pian piano persino alla solitudine cui questa sua attitudine intemperabile lo aveva condotto. Abituandosi a non essere compreso, a non confidarsi, a restare solo con se stesso e con le proprie macchine, le proprie ricerche e i propri esperimenti. I numerosi percorsi che intravide, alcuni dei quali anticipando i tempi a venire di secoli, sono stati rimandati alla polvere. Tutti, tranne forse uno: la scultura del velo. Ancora oggi il mistero di questa statua è ben lungi dall’essere risolto, difatti pur con l’apporto delle più moderne tecniche, nemmeno i migliori scultori al mondo potrebbero riprodurre ciò che il Principe commissionò al giovane Sammartino, scultore di eccezional pregio, ma che comunque mai sarebbe riuscito, se il Principe non lo avesse reso partecipe dei suoi segreti. Nel corso degli anni queste orecchie morenti hanno inteso un copioso parlare intorno all’argomento. Il parlare di uomini potenti ed eruditi, rispettabili e pii, ma nessuno di essi ha

mai impressionato la mia anima, poiché io, che conobbi personalmente il Principe, trassi l’abilità di riconoscere al primo sguardo gli alti dottori, che già nel suo tempo lo contestarono e che seguiteranno a contestarlo anche in questi ed altri tempi. Qualcuno di costoro ha creduto d’aver sciolto l’enigma, affermando che la scultura sia stata ottenuta cristallizzando una soluzione basica di idrato di calcio. Questo alto dottore intese affermare che più sotto del marmo, ottenuto con ciarlatano procedimento chimico, vi fosse un vero e proprio velo cristallizzato, insomma che si trattasse di un inganno a detrimento dei posteri. Ebbene forse proprio la Dea che protegge queste mura ebbe cura in seguito di sconfessare questo dottore ed il fango che aveva riversato sul nome del Principe, adoperando all’uopo ciò che più è inviso a tutti i magnifici maestri delle scienze: un ignorante. Un milite germanico che, durante la seconda grande guerra, giunto al cospetto della scultura, venne accecato da inspiegabile furia e spaccò col calcio del suo fucile un angolo della scultura. E scoperse che sotto il marmo non vi era niente altro che marmo. Altri verranno per lungo tempo, io lo so. Parleranno e spiegheranno, porteranno le loro Altissime Scienze degne di plauso ed io li accoglierò. Ascolterò i discorsi e le congetture, ma non credo che li comprenderò. Guarderò con ammirazione, dal basso di chi non ha ricevuto lettere, verso l’alto di chi le possiede. Ma nessuno di essi parlerà alla mia anima. Poiché io conobbi il Principe, l’uomo che non ebbe timore di camminare dentro l’ignoto.” Mi lascio alle spalle l’ampia piazza in cui sorge la cappella, la pioggia se n’è finalmente andata a fanculo. Vado a prendermi il caffè. E’ solo un altro pomeriggio assolato qui a Via B.Croce.

Reflex.Il lato oscuro di Napoli

23


di .G difficile definire cosa è “normale” e cosa non lo è. In senso assoluto almeno. Meno difficile invece è individuare cosa sia “paranormale”, cioè tutto ciò che è intorno, al lato, di fianco alla norma. Dunque è paranormale tutto ciò che è diverso. E grazie a questo principio di esclusione ci è più facile identificare e quantizzare la categoria. ci sono società in cui persino la chiusura nei confronti del diverso è considerata “normale”, il che complica decisamente le cose, da una parte, ma restringe la cerchia del diverso, lo emargina, e quindi a fini ricostruttivi per noi, è una buona cosa. Che Napoli sia una città normale, mi sembra una posizione insostenibile per qualsiasi persona dotata di un minimo di senno. Ma, anche se diversa dalla norma comune, mantiene al suo interno delle regole, dei modelli, degli standards che hanno una propria dignità e diffusione. Ma non voglio parlare di questo. Più che la regola, da sempre mi affascina l’eccezione. Quella che conferma la regola, e quella che la distrugge. L’eccezione a Napoli sono degli strani individui, con sembianze umanoidi che si aggirano per la città diffondendo una vaga sensazione di terrore e curiosità tra i cittadini. Qualcuno (esponente del partito dei “normali”) si apposta agli angoli della strada pomeriggi interi per

24

poterne avvistare uno, si gioca i numeri al lotto, oppure li aggredisce atterrito dalla loro presenza. Ai suoi occhi questi sembrano dei fantasmi…personaggi catapultati nella nostra epoca o vomitati da secoli lontani, figure evanescenti di qualcosa che non riesce a capire. Ma questi anacronistici soggetti non si riescono a vedere sempre, non sempre si lasciano incontrare per le strade della città. Non sempre sono disposti ad affrontare gli sguardi esterrefatti ed inebetiti di chi ci si imbatte. Non sempre sono pronti a sentirsi sbagliati, inadeguati, osservati. Le giornate di sole in genere sono un buon momento. Se vi trovate a passare per il centro storico della città, o vicino al mare, potrete vederli anche voi sfrecciare al galoppo di vecchi arnesi muniti di due ruote, un sellino ed un manubrio che emettono uno strano fruscio quasi impercettibile ben lontano dal caro usuale e rassicurante rombo del motore (alcuni sostengono che anticamente si chiamassero “biciclette” ma la fonte non è accertata). Questi strani cavalieri passano lentamente tra la folla, talmente in silenzio che qualcuno crede di averli sognati, e per giorni parla della strana apparizione. Poi ci sono altri loschi figuri che si fermano ai semafori. Questi si lasciano incontrare con qualsiasi clima, ma forse ancor più raramente. Possono apparire in qualunque momento, così,

all’improvviso, in qualsiasi luogo. Alle volte è possibile individuarli con un certo anticipo: sono quelli che in prossimità di una luce rossa rallentano e poi incredibilmente si fermano! E stanno fermi lì per minuti interi, fin quando quella stessa sospetta lucetta (che i napoletani “normali” credono esista per dare un po’ di colore all’asfalto) non diventa verde! Uno dei dubbi più comuni è cosa facciano queste strane creature durante quella lunga attesa. Varie supposizioni al riguardo:

1) si trasformano in animali preistorici? 2) architettano piani per distruggere il buon andamento della città? 3) inventano strategie per boicottare il traffico? Una teoria accreditata li considera affiliati alla stessa famiglia di quelli che non sostano in doppia fila (anche detti primati), che rispettano i sensi unici (monoteisti) o che si mettono il casco (pavidi). Quando si è par ticolarmente fortunati, poi, ci si può imbattere in delle creature che non ti insultano per un non nulla, che non maledicono tutto il tuo albero genealogico per il semplice fatto che sei un po’ più lento degli altri o ti attardi nello svincolo o nelle rotonde. Questi a dire il vero si concedono raramente allo sguardo umano, preferiscono rimanere nel caldo ed innocuo mondo alieno piuttosto che essere massacrati dalle folle di normali guerrafondai. Il loro è un triste destino, continuamente sbeffeggiati ed invogliati a passare sull’altra sponda, quella dell’ingiuria facile…e a volte convinti dall’ incisività e dalla popolarità di quel tipo di

Reflex.Il lato oscuro di Napoli

25


linguaggio, si lasciano andare anche loro a protervie e maledizioni gratuite (ma a volte molto affascinanti). Ci sono infine degli individui che operano una sospetta divisione dei propri rifiuti, preparando anche più buste a tale scopo, per poi inserire il contenuto in contenitori che a volte si trovano per strada…una strana parola viene associata a tale operazione: qualcosa come “raccolta differenziata”, parola di origine probabilmente celtica, a detta di un grande studioso contemporaneo. Oppure quelli che raccolgono le feci dei propri animali domestici in apposite bustine per poi buttarle nei cassonetti!! Posseggono anche degli strumenti di plastica che magicamente fagocitano il prodotto canino senza lasciare traccia!! Quasi più strambi di quegli anomali soggetti che fanno il biglietto dell’autobus… e lo timbrano persino!!! Quelli che non scendono correndo dal pullman quando avvistano il controllore!!

Di questi ce ne sono davvero pochi… qualcuno sostiene che non si vedano più dagli anni 80, e che comunque non hanno mai meno di 60 anni, pare che le sembianze di questi esseri siano sempre senili, che non conoscano la giovinezza. Ma anche queste, sono informazioni non riscontrabili data la scarsità di soggetti esaminabili. Morale della favola: Napoli è una città di altissimo interesse, offre numerose occasioni di contatto con realtà metafisiche e trascendentali, materia di studio per convincersi che mondi diversi esistono e convivono con noi. Non emarginateli. Non abbiatene paura! Non sono pericolosi. Non rischiamo che ci invadano. La normalità è talmente dilagante che il campione di diversità può essere considerato l’eccezione che conferma la regola, senza alcuna velleità di distruggerla.

confesso di essere più normale di quanto si possa pensare. L’eccezione è molto affascinante da descrivere, ma meno comoda da applicare. Ma stasera, nel traffico diabolico dominicale di Mergellina ho provato l’ebbrezza di sentirmi aliena, fenomeno da baraccone, strana. Ero sola in macchina e cantavo lasciandomi muovere dal ritmo, dalle macchine vicine mi guardavano ed indicavano colpiti dallo strano fenomeno che stava accadendo. Lasciando stare concetti obsoleti come il senso civico o l’appartenenza ad una comunità, se persino un piccolo sorriso in solitudine spaventa la nostra normalità siamo rovinati.

26


a cura di Giuseppe Carella

Taccuino

27


28

Taccuino

29


30

Taccuino

31



Rising Republic News

33


ogni mercoledì} Cooling Art Factory presenta:

venerdì 13 Aprile - ore 23.00

abNormal Party gio5} Reggae Football Club presenta:

Reggae Football Jam Free Jam Session ven6} Pr-Easter funk|soul|djset sab7} POWER TO THE WOMEN:

dj Marika ven13} ore 23: Marco Parente | solo acustico + resident dj: Umby sab14} POWER TO THE WOMEN: ore 22

Dave Burrell & Leena Conquest | live jazz | NY + resident dj: Marika dom15} ore 22.15: Chat

Noir | Trio Jazz| Roma

mar17} Reggae Football Club presenta:

Mutiny Evolution Soccer Torneo PlayStation2 ven20} Mo’Horizons | Sound System Freestyle| Latin|Soul sab21} POWER TO THE WOMEN: ore 23 Salvador Irmao | bossa quartet dom22} ore 22.30: Magoni

& Spinetti | Voce & Contrabbasso|Jazz

giov26 | ven27} Urban

R-evolution

sab28} Urban + live: Irene

R-evolution Lamedica | Live Unplugged

Marco Parente nasce a Napoli nel 1969 e vive a Firenze fin dall’inizio degli anni ’90. Come batterista, dopo alcune militanze in gruppi locali, partecipa alla realizzazione in studio di “Ko de Mondo” e “Linea Gotica” dei CSI. Alla fine del 1996 dà vita ad un progetto solista che lo vede impegnato come autore, arrangiatore, cantante e chitarrista. Il suo disco d’esordio, “Eppur non basta”, esce nel marzo del. Un disco decisamente di ricerca, pur rimanendo nell’ambito della “canzone”, che ha riscosso numerosi consensi di critica per l’originalità delle composizioni e degli arrangiamenti. Il secondo album viene pubblicato nel novembre 2000, si intitola “Testa di cuore”. Undici episodi come undici storie di passione, disagio, sentimenti oscuri, intriganti malinconie in un album di Rock da camera che somma intuito e ragione. Nel 2005, l’avventura discografica di Marco Parente è ripresa con la pubblicazione da parte di Mescal di un nuovo singolo, “Il posto delle fragole” che anticipa l’uscita del primo di due album; non un album doppio dunque e neppure una sequenza rigorosa, ma due lavori assolutamente diversi per umore, suoni e atmosfere. Gli album, intitolati entrambi Neve Ridens, si distingueranno inoltre nella parte grafica del titolo: il primo avrà la parola Ridens cancellata, il secondo, ovviamente, la parola Neve. Il primo dei due nuovi lavori verrà pubblicato su etichetta Mescal nel settembre 2005; il secondo, sempre a cura della label piemontese, nel febbraio 2006.

sabato 14 Aprile - ore 22.00

Leena Conquest, giovane cantante, autrice e ballerina della scena newyorkese, è diventata famosa grazie al brano “Boundaries” inciso con il gruppo hip hop Finger Boundaries (BMG/RCA London) e remixato da Tricky. Nel 2000 ha pubblicato “Come Fly Away” il suo debutto da solista, mentre con William Parker ha registrato “Raining On The Moon” . Si incontra, in questa occasione, con Dave Burrell, pianista con alle spalle una carriera straordinaria. Gli anni ’70 e ’80 lo hanno visto al fianco dei maggiori esponenti del free jazz americano. Già collaboratore di Archie Shepp, Sunny Murrey, Marion Brown e Phaorah Sanders, Burrell ha elaborato negli anni un pianismo estremamente lirico ed originale. Sul palco Leena Conquest interpreterà le canzoni scritte dallo stesso Burrell, per i testi della poetessa svedese Monika Larsson. L’accoppiata voce-pianoforte è sempre fonte di forti suggestioni. In questo progetto a far da collante è il più schietto humus afroamericano, nel quale ambedue gli artisti sono radicati. I due, infatti, hanno già collaborato insieme in uno dei progetti più riusciti guidati dal contrabbassista William Parker, “The Inside Songs Of Curtis Mayfield”. Proprio in quell’occasione hanno sviluppato il loro duo-project che cattura per naturalezza e complementarità della combinazione.

Rising Arts (alias Mutiny Republic) Via V. Bellini, 45 - 80134 Napoli - 347.3988452 www.risingrepublic.com - info@risingrepublic.com

34

Rising Republic News

35


domenica 15 Aprile - ore 22.15 Un trio che parte dal jazz vero e proprio per poi esplorare territori e sonorità contaminate da generi totalmente diversi. Abolendo il tradizionale concetto di leader e sideman e favorisce l’agire dei singoli membri in modo completamente equiparato. Attraverso le proprie composizioni, ha il coraggio di esprimersi con un linguaggio personale, risultando come una musica corale ed evocativa che fa dei Chat Noir un fenomeno che si distingue da molti gruppi che operano in ambito jazzistico ai giorni nostri.

26 | 27 | 28 Aprile - inizio ore 23.00

domenica 22 Aprile - ore 22.30

venerdì 20 Aprile - ore 23.00 Ralf Droesemeyer e Mark “foh” Wetzler, sono i due personaggi che hanno messo a frutto tutto le loro capacità e il loro estro creativo traendo ispirazione e suoni da stili diversi che vanno dal sound brasiliano, al latin, dal jazz al soul, dalla musica afro al funk, per finire al dub e alla musica dancefloor. I Mo’ Horizons, sempre caldeggiati dall’etichetta mitica in questo settore la Stereo Deluxe, attraversano temporalmente elementi sonori che vanno dagli anni ‘50 per finire ai giorni nostri. Un viaggio affrontato con estrema facilità e duttilità, utilizzando, a corredo delle loro inventive, vocalist, musicisti e producer (come Nicola Conte, Swag e Skeewiff).

36

sabato 28 Aprile - ore 23.00

Sei dentro la città, di fronte, sopra, sotto, di lato. La città non basta all’individuo, l’individuo non basta alla città. Modella incessantemente i suoi spazi, in modo conscio o meno. Traccia confini, li attraversa.

Il duo Petra Magoni e Ferruccio Spinetti nasce quasi per gioco nel 2003. Lei è una cantante con alle spalle studi di canto classico e musica antica e varie esperienze nel rock, nel pop e nel jazz, lui il contrabbassista degli Avion Travel e “Musica Nuda” è il titolo che danno al loro progetto di voce e contrabbasso. Canzoni diverse: da Monteverdi, agli standard del jazz, ai Beatles, ai Police, a Gigliola Cinquetti, ridotte all’essenzialità di una voce e uno strumento, canzoni in cui ci sia sempre qualcosa da poter immaginare. Il loro primo disco, “Musica Nuda”, esce nel 2004. Da allora, centinaia di concerti su tutto il territorio nazionale e 10.000 copie vendute, la partecipazione a due Premi Tenco e al Primo Maggio 2005, nonché la rotazione sulla radio nazionale (Caterpillar), la pubblicazione del disco in Francia dove raggiungono il disco d’oro con acclamazione della critica (le 4 clés di Télerama, il bollino Fip) e si aggiudicano la presenza per mesi nella top ten della classifica jazz.

Irene Lamedica nasce a Milano 30 anni fa. Dopo una serie di esperienze discografiche minori e dopo numerosi concerti, Irene nel 1995 incontra Claudio Cecchetto, che subito le affida la conduzione di un programma Le biografie personali si sovrappongono alle radiofonico a Radio Capital. Il programma geografie urbane. Sconfinano. di cui è anche autrice, si chiama Milangeles, Spazio interiore/spazio esteriore; sfera privata/ un viaggio virtuale nel mondo r&b.Tra i sfera pubblica. suoi ascoltatori c’è anche Saturnino che la Sconfinamento attraverso i pori. I corpi stessi sono mappe dove diversi agenti tracciano linee di contatta per scrivere e interpretare un pezzo demarcazione e segni di appartenenza. del suo album “Zelig”. Irene inizia così la Negli intriganti spazi del Rising Arts (alias Mutiny collaborazione con l’etichetta Soleluna di Republic) di Napoli, il collettivo multidisciplinare Lorenzo “Jovanotti” Cherubini, che porta Eterotopie [sociologi, architetti, designers, ingegalla pubblicazione del suo album di esordio nieri, fotografi, videomakers, vjs e djs] proverà a “Dolce Intro” di cui è autrice dei testi e tradurre questi concetti in immagini video, suoni ed installazioni per innescare spunti di riflessione. coautrice delle musiche insieme a Steve Dub Per suggerire nuove linee di fuga e scandagliare Lucarelli. Il suo interesse e la sua passione nuovi interstizi: per produrre dislocazioni ed per l’hip-hop la porta a collaborare con alcuni accellerazioni lungo gli incroci del proprio imrappers. Per primo Neffa con il quale duetta maginario. in “Portami fuori dal tempo”, poi Chief per Sconfinamenti il brano “Vivrei di te”, e successivamente Andrea Paglia Donjoevanni con “Quello per cui vivo”. Nel 97 Irene conduce a Radio Deejay il giovedì 26 programma settimanale r&b “One Two audio_Phono / video_Rudebob+Costabile - One Two”. Nel novembre ‘98 partecipa a Sanremo famosi con “7 giorni su 7” e nel venerdì 27 1999, in contemporanea con l’uscita del cd audio_Double DR / video_WP+HI Tense “SOULISTA” , partecipa al 49 o Festival di Sanremo, con la canzone Quando lei non sabato 28 c’è. audio_Archgz+Andrejoltre video_Barthes+Vatieri+Colaps Irene e’ attualmente in onda su Radio Deejay con “SOULSISTA” programma dedicato Short Videos h.19 all’R&B e all’hip hop e piu’ in generale al Rudebob/Pierpaolo Costabile/WP/Hi Tense “soul”, vero e proprio punto di riferimento /Fabrizio Vatieri/Antonello Colaps/Barthes del settore.

Rising Republic News

37


portamenti nuovi, la webcam ha segnato il nuovo confine di un voyerismo\esibizionismo di limite, trascinando in un’esaltazione compulsiva il vissuto del vizio finalmente estremizzato e trasmutato in comportamento socializzato, condiviso. Sostanzialmente accettato in un ambito in cui si mantiene artificialmente viva una condanna culturale - la finzione del “vietato ai minori”, mai come su internet largamente ignorato ed ignorabile – il vizio si depotenzia in comportamento e mercato.

gio5} Elettrotrash

Neo.Romatik Unknown Pop Performance | techno pop, italo disco, new wave + V x Vicienz resident dj | disco ‘80 ven6} Cutech

Stefano B. funk|soul|djset (Rising Resident Dj) presenta...un ospite d’eccezione! sab7} Funkadelick

Funcool | disco ‘70 ‘80 ‘90 gio12} Elettrotrash

Totally Pop:

giovedì 12 Aprile - ore 23.00 Per quanto ci si sforzi di definire questo vizio in maniera univoca, è difficile tracciarne i contorni. Il piacere di guardare, o di spiare il corpo, l’accoppiamento... La modernità ha affidato l’espressione istituzionale di questa devianza – appena tollerabile in quanto motore di un mercato vasto e produttivo – alla varia produzione della pornografia. Il giornale, il film, hanno sublimato la pulsione, regolamentandone la carica eversiva vissuta nell’interiorità, depotenziando il carattere privatissimo del vizio nelle irreggimentazioni della compravendita e del mercato. Ai lati, alla periferia estrema ed irrecuperata, il vizio irriducibile del maniaco da parco – non a caso beneficiato di una tale definizione – dello spione di coppiette, la cui masturbazione è sospinta ai limiti della criminalità, prossimo, per il suo colpevole comportamento, più all’omicida che al normale utente del porno diffuso. All’estremo diametralmente opposto, eppure, in un’ottica funzionale tutto sommato scoperta e comprensibile, il bisogno opposto, quello di mostrarsi, quello di mostrare la propria identità sessuale, o, meglio, di inscenarne una fittizia, in larga parte incorporea, serbatoio di fantasie inespresse, di orizzonti lontanissimi dalla sessualità esperibile nell’abisso della materialità e del reale. Internet ha rappresentato, nel contempo, il territorio privilegiato di riproduzione infinita ed incontro di queste due pulsioni. Il virtuale ha prodotto com-

AUGUSTO “TRASH” PENNA + CLAUDIO CERCHIETTO | Perle Pop dal Passato

JG BROS

B.

| Rising Resident Dj

sab14} Funkadelick + Carola Pisaturo Ascolti Visivi | Installazioni Video | 6VJ del collettivo AV

AV4

gio19} Elettrotrash

Claudio Cerchietto + Juan-Eno | Revival, Trash Night ven20} Cutech

Loose Red 002 Party: Rino Cerrone + Details + Maurizio Vitiello sab21} Funkadelick from CASAPANZA: Cenzou| soul, funk, brazilian beat gio26} Elettrotrash + Foffy | Elettrotrash djset

Juan-Eno

ven27} Cutech

giovedì 19 Aprile - ore 23.00

Back 2 Back: Stefano B. (Rising South) - Freaky Boy (Electrocasbah)

look at me now... sometimes i wish i was a pretty girl

Rising Arts (alias Mutiny Republic) Via V. Bellini, 45 - 80134 Napoli - 347.3988452 www.risingrepublic.com - info@risingrepublic.com

38

ven13} Cutech | Dub, elettronica + Stefano

sab28} Funkadelick

Groove Masters (Gianluca Viscovo + Andrea Selo) + Jeko (Simone) hip hop, electrofunk Rising South Via San Sebastiano, 19 - 80134 Napoli - 334.9894196 www.risingrepublic.com - info@risingrepublic.com

Rising Republic News

39


sabato 14 Aprile - ore 23.00

mercoledì 11 Aprile - ore 23.00 Nasce nel settembre 2004 il progetto SMOKE, dall’incontro non casuale di tre musicisti: Alessandro Soresini (batterie, voci, production), Gianluca Pelosi (basso, production) e Marco Zaghi (sax, flauti, production), che già avevano militato in band di rilievo quali REGGAE NATIONAL TICKETS, NEFFA, 88TASTI e RADICAL STUFF. Soresini e Zaghi, dopo aver suonato nei cinque dischi per i Reggae National Tickets e nelle relative tournée, vengono ufficialmente invitati a partecipare al Reggae Sumfest a Montego Bay nel 2000, coronando così un sogno; l’esperienza in Giamaica permette loro di consolidare rapporti lavorativi e di amicizia con artisti, produttori e manager non solo giamaicani. Forti delle esperienze passate in Giamaica e in Europa, decidono di realizzare l’omonimo disco. I brani sono caldi, avvolgenti, caratterizzati da una miscela di suoni e ritmi che dal reggae roots si sposano al soul, dal blues ritornano al reggae. Questo progetto è frutto di una ricercata simbiosi ritmica e melodica ed espressione della libertà della loro vena artistica, grazie a molteplici collaborazioni con artisti internazionali di spessore, facenti parte della scena reggae mondiale.

40

mercoledì 25 Aprile - ore 23.00

Rankin Lele, Papa Leu & Marina sono della scena reggae/dancehall italiana degli ultimi anni, sapienti interpreti delle nuove sensazioni musicali che si diffondono sempre più rapidamente nel mondo provenienti dall’isola del reggae, l’infuocata Jamaica. Iniziano intorno al 98/99 a suonare insieme e a creare sempre nuove e coinvolgenti serate, cariche di quell’ emotività e disinvoltura propria dei giovani della loro età ma con una decisione ed una tecnica tale che già evidenziava le loro qualità. Presenti tra l’ altro nel disco dei Sud Sound System “Lontano” , in una combination tra Marina, Papa Leu, Terron Fabio e Don Rico dal titolo “Principe”; nel nuovo disco dei Sud Sound System “ACQUA PE STA TERRA” con la partecipazione di Marina nella super-hit 05/06 “sciamu a ballare”. Di prossima uscita il primo disco di MARINA Rankinlele & Papa Leu : COMU PASSIONE.

AV ascolti visivi vj video music collectif Hai presente quando entri in un locale e ci sono i video proiettati sulla parete alle spalle del dj o della band che suona? Hai notato un susseguirsi di immagini e filmati idealmente a tempo con la musica? Un accompagnamento visivo all’atmosfera del club? No? Beh allora non sei mai stato dalle nostre parti... noi siamo quelli dietro al portatile che tagliano, incollano e mescolano video, animazioni, colori e fotografie. Siamo quelli che impazziscono a collegare i cavi a proiettori e telecamere, cercando di creare il mood ideale per una bella serata. Av ascolti visivi è un collettivo formato da otto vj napoletani che si sono conosciuti lavorando nei club partenopei. Nasce da un’idea di Vidraulika, AKA Francesco Paciello, dalla voglia di unire le diverse esperienze per creare delle serate in cui i VJ potessero lavorare per se stessi: quindi dando più spazio alla sperimentazione, più spazio allo scambio di informazioni e lo scambio di materiali. E’ un progetto in divenire, un occasione per collaborare e creare una scena per gli appassionati di arti visive. AV è un progetto che ci dà la libertà di lavorare senza dover sottostare alle scelte dei locali dove facciamo le serate, e poter scegliere come e con chi creare, mettendo il VJing in primo piano. Dopo tre edizioni al Mutiny Republic, ci prepariamo ad organizzare Av#4 al Rising South il 14 Aprile, con Carola Pisaturo della Claque Musique come ospite d’eccezzione. C’è molto fervore per questa nuova location e stiamo preparando insieme agli amici architetti della 3DM crew un set di installazioni multiple in modo da poter proiettare su tre pareti contemporaneamente.

Rising Republic News

41


domenica 1 Aprile @ Rising Arts alias Mutiny Republic

B-INSIDE MALAVIDRO PENTOTHAL lunedì 2 Aprile @ Rising South

SYMBOLYC THE YOUNG HEART BEATS THE IDLES lunedì 16 Aprile @ Rising South

ONIRICA CURTIS JONES FUNKY PUSHERTZ Al Rising South si svolgeranno: # Semifinali il 23 e il 30 Aprile # Finale sarà il 7 Maggio

42

Rising Republic News

43



a cura di Malov & Mario Arena

Galleria

45


di Mario Arena

46

di Mario Arena

Galleria

47


di Malov

48


Anterviste

49


di Silvio Marino er il numero di questo mese abbiamo intervistato il tuffatore, autore del tuffo più famoso di tutti i tempi: quello dall’aldiquà all’aldilà. Taceremo il nome per discrezione, ma possiamo dire che si tratta di un uomo vissuto intorno al V secolo a.C. nei pressi di Posidonia. La redazione vuole ringraziare particolarmente l’intervistato per aver accettato di rispondere alle nostre domande nonostante la scomoda posizione e l’imminente dipartita. Buongiorno. Volevamo chiederLe, dato il tema, alcuni pareri circa le cose con cui avrà a che fare di qui a breve: cosa ha lasciato, cosa si aspetta, qual è il suo stato d’animo in questo momento così decisivo per un individuo. Ma procediamo un passo alla volta. Potrebbe spiegare ai nostri lettori come mai si trova in questa posizione, strana per la propria staticità dinamica? Mi trovo in tale posizione in quanto sono in quel punto della vita che sta esattamente nel medio fra ciò che è secolo e ciò che è eternità. Sono nel punto, del tempo e dello spazio, dal quale ormai si può scorgere già ciò che sarà dopo. Posso intuire la verità e la falsità di quegli antichi racconti che narrano di un luogo chiamato Ade, che un uomo illustrissimo e divino pensa essere senza forme e senza idee, e cioè senza luce. È come se scorgessi, da qua, già i tre giudici di là: Minosse, Eaco e Radamanto. Il mio tempo di adesso è quello dell’istante. Non sono più vivo ma non sono ancora defunto. È

50

precisamente in questo istante che vi è il mutamento. La mia condizione è simile a quel momento del primo mattino in cui l’uomo sta fra il sonno e la veglia e in cui, dicono, i più vicini al dio profetano. Ma come fa a rimanere perfettamente in equilibrio in questa posizione? Non può tornare indietro sul trampolino ma ancora non si decide a entrare in acqua. Il suo sembra un prodigio: ha bloccato il tempo che saranno secoli e secoli oramai. La sua è semplice indecisione o cosa? Una pratica costante mi ha condotto a ciò e mi permette di vivere il mio attimo per un tempo eterno. Ho atteso, per tutta la mia vita, a ciascuna occupazione come fosse stata l’ultima, fermo nella convinzione che nessuno perde una vita diversa da quella che in quell’istante egli ha; né altra vita vive se non quella che in quell’istante egli perde. Al medesimo punto giungono una vita lunghissima e una vita del tutto breve: il presente è per tutti uguale. Non si può perdere il tempo passato né il tempo futuro: non si può perdere infatti ciò che non si possiede. Ho vissuto fino ad adesso conscio del fatto che solo di un istante presente posso sentir privazione. Grazie a ciò posso rispondere alle vostre domande e, anche quando Lei e la sua redazione non ci sarete più, io sarò ancora qui a disposizione di un altro intervistatore, nella medesima posizione e disposizione d’animo. Adesso Le faccio io una domanda. Cos’è per Lei la vita, la morte, il tempo? Beh, non saprei... Fondamentalmente cercavo soltanto di fare il mio lavoro e non

mi sono posto questo problema. Una spiegazione me la attendevo da Lei. La domanda che le pongo è quella di prima, cui non ha risposto: perché non è ancora caduto in acqua? Pensavo che avesse compreso il senso di ciò che ho detto. Si tratta di percepire e di vivere ogni momento del tempo come se fosse l’ultimo, ma bisogna anche percepirlo come se fosse il primo, in tutto il suo stupore. Significa guardare lo spazio e il tempo come si guardano le cose del mondo, quel mondo che tanto spesso mi capitò di guardare come se lo avessi visto per la prima volta. I più pensano soltanto ad aumentare il numero dei piaceri o il tempo messo a propria disposizione. Così fece un medico di Selimbria, che, malato, operò un particolarissimo tenore di vita con il quale pensava di allungarsi la vita. Ed effettivamente qualcosa operò. Ben lungi, però, dal riuscire ad allungarsi la vita, egli non fece altro che allungarsi la morte e a renderla più penosa con lunghissime passeggiate. Quelli di cui ho parlato prima, i più, non riescono a capire, accecati in tal modo dalle proprie brame, che la vita, così come la felicità, è perfetta in ogni istante che la si vive

perfettamente. Un cerchio perfetto è sempre un cerchio perfetto, quale ne sia la misura, grande o piccola. Per quanto ci possiamo affannare a rendere più perfetto un cerchio, non riusciremo a renderlo migliore o più perfetto: già lo è. E così ugualmente per la vita che ognuno di noi vive: e mentre si aspetta di vivere la vita che si desidera, essa passa. Lei mi sembra alquanto sereno nel parlare di morte, pensiero che nella maggior parte degli uomini fa nascere ansie, paure. Per scongiurare la morte intesa come fine ultima, come termine oltre il quale vi è il nulla, da sempre si sono elaborati sistemi e teorie che profetizzano di una vita nell’aldilà. Lei cosa pensa ci sia dopo la morte? Cosa riesce a scorgere dal punto in cui si trova? Molte volte ho udito raccontare di miti e leggende che parlavano di una vita oltre la morte, dell’immortalità dell’anima, di giudizi finali per i quali si va alle isole dei beati o a far compagnia a Tantalo e ad altri sacrileghi gettati nel pozzo più profondo degli inferi. Così una volta ascoltai le parole di un uomo divino che arrivava dall’Oriente. Costui raccontava

Anterviste

51


di come le anime si reincarnano in nuovi corpi. Le anime, diceva, sono composte come da due cavalli e un conducente. In tal modo esse seguono le anime degli dèi, dotate di magnifici e docili cavalli, mentre compiono il loro giro in quella regione che sta sopra il cielo, durante l’arco di mille anni. Tutto questo corteo, di dèi e di anime non perfette, ha come meta la visione delle essenze eterne che fungono loro da nutrimento. Gli dèi riescono pienamente a nutrirsi di tale visione, mentre le altre anime a stento riescono a cibarsene. Così accade che le anime divine, che hanno goduto pienamente della visione, conservano le ali e restano in quella regione, mentre le anime non divine, che a stento sono riuscite a scorgere qualcosa, perdono le ali e cadono da quell’altezza verso il basso. In tale caduta esse entrano in corpi mortali e in essi sono imprigionate. Alla morte del corpo, le anime saranno giudicate e attenderanno, in una regione celeste se hanno agito giustamente in terra o in una regione sotterranea se si sono macchiate di ingiustizia, il millennio successivo, quando sceglieranno una nuova vita mortale. Così di millennio in millennio esse si divideranno fra vita terrena e vita ultraterrena, finché non si compirà un ciclo di dieci millenni, al termine del quale ogni anima riacquisterà le ali e si potrà ricongiungere con il corteo divino, che compie la sua galoppata in quella regione delle essenze eterne. Questo, più o meno, è ciò che ho sentito da quell’uomo, che raccontava anche di altre cose spaventose sull’aldilà, di giudici infernali, di pene e di premi per la vita condotta sulla terra. Ma io, a dire il vero, non ho pensato a ciò quando ero in vita; non ho dato peso neanche a quei racconti che parlavano di Iside alla ricerca del marito morto e fatto

52

a pezzi, della rinascita dopo la morte e così via. Più che al morire, ho pensato al vivere, preoccupandomi non di quanto tempo avessi, ma di usarlo pienamente. Forse non ci ha mai riflettuto, ma ci vuole una vita intera per imparare a vivere; e forse ciò che La stupirà maggiormente, è che ci vuole parimenti tutta una vita per imparare a morire. Quindi la morte è la misura della nostra vita? È essa che ci rende consapevoli di ciò che abbiamo fatto, di ciò in cui abbiamo mancato e di ciò che abbiamo sprecato? Esattamente. Lei conoscerà di certo tutti quei corsi di preparazione alle professioni più strane, e per le quali prima non vi era bisogno di alcun attestato che garantisse la conoscenza di alcunché. Tutti ora, invece, si devono specializzare, come se soltanto in séguito fossero abili a far qualcosa. Ebbene, nessuno ci restituirà gli anni, nessuno ci restituirà a noi stessi; andrà il tempo della vita per la via intrapresa e non tornerà indietro né arresterà il suo corso; non farà rumore, non darà segno della sua velocità; scorrerà in silenzio; non si allungherà per editto di re o favore di popolo; correrà come è partito dal primo giorno, non farà mai fermate, mai soste. In tal modo, questo viaggio della vita ininterrotto e velocissimo, che percorrono con lo stesso passo, sia gli svegli che i dormienti, a chi non si dà cura del vivere, non è visibile che alla fine. La ringrazio molto per le sue utili riflessioni e mi scuso se Le ho fatto perdere tempo. Beh, di niente. E poi gliel’ho già detto: io non ho mai perso tempo. Starò in questa medesima posizione, sospeso fra la vita e la morte, anche quando il suo ricordo fra i mortali sarà oramai svanito.


Pellicola

53


di Claudia Miulan osferatu di Murnau è la prima rappresentazione cinematografica ispirata al romanzo Dracula del 1838 di Bram Stoker. Di questo film affascina l’impalcatura narrativa costruita su un crescendo di tensioni dettate dallo squilibrio tra personaggio e spettatore. Infatti da un lato c’è lo spettatore che conosce la storia di Dracula (o Nosferatu) e il destino delle sue vittime, dall’altro le vittime stesse che ignorano, fino in punto di morte, l’oscurità del vampiro. Proprio perché non conoscono la natura malvagia del Nosferatu, le vittime si recano volontariamente nella sua casa, talvolta pernottando nel suo castello, rimanendo in sua compagnia anche per giorni prima che sveli la sua natura e li uccida, senza lasciar loro neppure il tempo di scappare: manca infatti la classica scena in cui la vittima fugge dall’assassino urlando a squarciagola. Nel film solo due personaggi comprendono l’oscurità del conte Horlock, il Nosferatu. Uno è Knock, il pazzo del villaggio, legato in qualche modo al vampiro. L’altro è Ellen, donna pura, legata a Nosferatu perché rappresenta il suo opposto e perché è l’unica che lo può sconfiggere. Il vampiro si sente attratto da lei, che gli si offre come un Cristo in croce per mettere fine alle misteriose morti che stanno decimando il villaggio di Wisborg. Questo Tao formato da Nosferatu ed Ellen raggiunge la sua massima visibilità nella scena finale, quando il mostro della notte, dalle folte sopracciglia e le orecchie a punta, inquadrato alla finestra col suo vestito

54

nero, si confonde quasi totalmente con il buio dello spazio alle sue spalle che gli fa da sfondo; di fronte a lui c’è Ellen vestita di bianco, che spalanca la finestra per permettergli di entrare nella sua stanza. L’incontro tra i due, dapprima fatto di soli sguardi lanciati, diviene fisico: Dracula, entrato nella stanza, le succhia il sangue dal collo. Nell’inquadratura successiva (priva di suono, il sonoro fu inventato nel ‘27) un gallo annuncia la fine di Nosferatu sconfitto dalla luce dell’alba, ma la sorte di Ellen non è migliore: i due opposti si sono annullati a vicenda. In effetti questo non è un film del bene che trionfa sul male, ma piuttosto un film sulle superstizioni popolari che qui vengono presentate come reali. La logica è sconfitta dai sogni premonitori e da angosce immotivate che risultano più affidabili della ragione. Per esempio Ellen sogna il suo amato Hutter in difficoltà e subito dopo il giovane sposo viene mostrato in pericolo come nel sogno: realtà e sogno sono inscindibili. Alla fine del film il narratore conclude la

Nazione: Germania Anno: 1992 Genere: Horror Durata: 65’ Regia: F.W. Murnau Cast: Max Schreck, Gustav Botz, Alexander Granach, John Gottowt Titolo originale: Nosferatu, eine Symphonie des Grauens

storia affermando che dalla notte in cui Ellen s’è offerta al vampiro, la peste – cui razionalmente erano state additate le morti nel villaggio di Wisborg –, sembra misteriosamente essere scomparsa. Risulta quindi evidente che il narratoreregista abbia scelto di rappresentare la vicenda secondo la superstizione, evitando qualsiasi spiegazione razionale dei fenomeni accaduti a Wisborg. Un altro esempio di questa scelta tecnica è rappresentato dalla vicenda del giovane Hutter, marito di Ellen, che si reca in Transilvania per vendere al conte Horlok (Nosferatu) proprio la palazzina di fronte a casa sua. Prima di giungere al castello, Hutter si ferma in una taverna dove tutti lo invitano a non passare la notte all’aperto, a causa dei vampiri. Il giovane viaggiatore non pare intimorito da queste credenze popolari e prosegue il viaggio imbattendosi in un misterioso ed oscuro bosco (che ricorda quello in cui si imbatte Biancaneve dopo la fuga dal cacciatore). Sebbene successivamente l’incontro con Nosferatu lo lasci un po’ inquieto, al risveglio nel notare due punture sul collo

non gli passerà neppure per la testa l’idea di aver incontrato un vampiro: per lui quei due fori sono morsi di zanzara. Il film, insomma, più che un Horror, è un film folcloristico dove la realtà ci è mostrata con gli occhi del popolo. In proposito considero molto interessante un’altra scena in cui, ancora una volta, il popolo è protagonista: la scena in cui la gente cerca la causa di tutti i mali del villaggio. Credere che sia una semplice peste sembra insoddisfacente per il popolo che vuole qualcuno con cui prendersela: un capro espiatorio cui additare tutti i peccati, un po’ come il cristianesimo che accusa Satana di tutti i peccati commessi dall’uomo. La vittima del furore popolare è il matto Knock, il diverso, contro cui la furia e la rabbia della massa si scaglia. Nel film questo personaggio è rappresentato come servo di Nosferatu, e quindi in parte responsabile, ma credo che questa visione resti legata al fatto che l’occhio della telecamera si identifica col popolo. Infatti il matto come fonte del male è uno stereotipo che si ritrova spesso in comunità ristrette e molto chiuse. Nonostante la storia di Dracula sia ben conosciuta, questo film non annoia né delude poiché il regista riesce a darne una chiave di lettura originale e profonda. Evitando di limitare la pellicola a una semplice storia di paura con un serial killer vampiro, il regista conferisce ai personaggi uno spessore psicologico che si esprime persino attraverso i vestiti stessi (ad esempio l’opposizione del vestito bianco di Ellen e quello completamente nero di Nosferatu nella scena finale). Originalissimo risulta l’aspetto di Dracula, – a cui mancano le famose zanne e mantello – un uomo pelato con lunghe unghie e sopracciglia folte. Oscuro e misterioso, apparentemente Dracula mantiene una certa umanità: un film sicuramente originale da ogni punto di vista.

Pellicola

55


di Flavia Cardone

E

siste oggi la lotta di classe? Questo sembra chiedersi Celestini, il cantastorie dei manicomi e della guerra, presentando i suoi Appunti per un film sulla lotta di classe, in scena al Teatro Mercadante dal 17 al 22 aprile. Probabilmente non si lotta più ma a resistere è lo sfruttamento di classe e le differenze hanno a che fare solo con i soldi. Eroi incontrastati del terzo millennio – santi e sfigati allo stesso tempo, sono gli operatori del call center e la loro avventurosa vita, dove se tutto va bene i contratti si rinnovano ogni due mesi e gli straordinari sono l’unica, vera botta di vita – i protagonisti di questo spettacolo. Non sono molti diversi questi eroi, secondo il cantastorie romano, dai lavoratori a cottimo, quelli pagati in funzione del numero di pomodori raccolti e finito il raccolto si va tutti a casa, rigorosamente disoccupati. Anche nei call center gli operatori raccolgono i

56

loro pomodori facendo arrivare al limite massimo la durata delle telefonate, con la evidente gioia di chi prova a chiamare e richiamare giorni interi. “Non è uno spettacolo, ma è proprio quello che dice il titolo” racconta Celestini a proposito di questi Appunti. Ed infatti, si riconferma la forma ibrida che rende incerto parlare di teatro di fronte a queste performances vaganti tra la favola, il diario, il teatro ed il jazz. Non recita Celestini, e i suoi sono racconti da “comunista ma non troppo”, quindi nemmeno parlare di teatro politico sembra del tutto ragionevole. Eppure, l’attualità di questo diario è estrema: se avesse un’età, avrebbe tra i venticinque ed i quarant’anni. La stessa età di chi oggi annega nel mare della precarietà, tra un amore provvisorio, un lavoro in forse ed un piede dentro la casa dei genitori e l’altro in dieci metri quadrati rigorosamente in affitto.


Racconti

57


di Piuma d’Oca apitò una sera. Una di quelle che definiresti “normali”. Bè, forse la cena era stata un tantino pesante. Dallo stereo la mia musica preferita, in sottofondo, per non disturbare. Era tardi. Sul pc i miei amici: chiacchieravo tra faccine sorridenti e font colorati. A pensarci, accade sempre così: le cose peggiori ti beccano mentre sei distratto da un momento di puro relax. Comunque successe. I pixel, quegli invisibili puntini colorati e luminosi, iniziarono a muoversi. Non capii subito, no. All’inizio pensai ad uno sfarfallio dello schermo. Che altro se no? Riavviai persino il pc un paio di volte. Ma non smettevano. Anzi. Come granelli di polvere spinti dal vento, si rimescolavano vorticosamente sullo schermo. Ecco – cazzo – ho beccato un virus. Tentai di fare qualcosa, di cliccare a destra e a manca, ma senza troppa convinzione. Mentre pensavo al da farsi, mi resi conto che nelle loro piroette, i pixel sembravano enormi stormi di uccelli che volteggiano nel cielo disegnando delle cose…cose strane… accenni di immagini…inquietanti… No, non può essere…Ma porca miseria, che razza di virus ho beccato?! Cominciai ad agitarmi per davvero. E anche se non lo ammettevo, non era tanto per la salute del mio pc. Piuttosto per un forte senso di disagio. Che divenne all’improvviso paura. Una paura strana, venuta dal nulla. Viscerale, atavica. Paura di qualcosa di orribile.

58

Qualcosa che si avvicina molto ai mali nascosti nel vaso di Pandora: quelli che, per intenderci, è meglio se stanno ben chiusi. Che se escono, invadono il mondo e buonanotte ai suonatori. Il fatto è che nel frangente in questione, mi sembrò che il vaso di Pandora fosse nascosto in un minuscolo neurone che aveva iniziato a pulsare all’improvviso in un angolo sperduto della mia mente. Se si fosse aperto… In fondo, se ci pensate bene, ce l’avete anche voi quel neurone, quel minuscolo vaso di Pandora, ma fingete di ignorarlo come si fa con una belva feroce e selvaggia chiusa in una robusta gabbia… Ma vi stavo raccontando dei pixel…di quelle immagini…la prima la scacciai scuotendo la testa. Con la seconda mi allontanai di scatto dallo schermo. Dalla terza in poi non ebbi più dubbi: erano figure di morte e strazio, di corpi contorti e tentacoli assassini, lingue di fuoco e visi sfigurati, di orrore e dolore. Poi – attimo fuggente di sollievo – riapparve la finestra della chat. Ma le foto dei miei contatti presero a cambiare, senza sosta. Finché uno per uno, come nello scorrere dei rulli di una slot machine, mi diedero il risultato. Che, manco a dirlo, non fu rassicurante: visi di zombi e corpi di bestie, mostri e demoni. Che però avevano qualcosa di familiare, qualcosa dei visi noti dei miei amici. Brutto messanger indemoniato, che ne hai fatto? Ridammeli!!! La cosa più assurda però fu che, tra le

fauci, gli artigli e i vari ribollire del fuoco, c’ero io! Una specie di vittima sacrificale o – molto più “terra terra” – cibo per quei dannati amici. Staccai la spina del pc con un gesto istintivo, ma avevo ormai realizzato non c’era virus che teneva. Che ne può sapere un brutto virus cibernetico di me? Il pc, ovvio, restò acceso. E come se non bastasse, pareva che quella cosa che risponde al nome di cristalli liquidi fosse uscita dal monitor e avesse invaso tutto… se allungavo l’indice per toccare gli oggetti, sembrava cadesse una pietruccia nell’acqua: perfino la scrivania, le mie mani, la mia maglia…forse anche le mie sinapsi… Porca p… tutto è diventato liquido e viscido… Fu allora che apparve lei. La Signora con la falce ha un’iconografia fin troppo nota per non essere riconosciuta immediatamente. Eppure io la vidi solo dopo un po’…dopo tanto cercare, avevo trovato lo sfondo ideale: il suo mantello scuro riempiva perfettamente la finestra della chat. E la lama, affilata, lunga e lucente, risplendeva tra le immagini personali dei miei ormai orribili

contatti. Wow… Io lo so cosa state pensando: tutto troppo banale, tutto già visto. Insomma: troppa retorica dell’horror. Sì, sì. Lo penso anch’io. E lo pensai anche allora, immaginando che in quella caterva di luoghi comuni, i buoni avrebbero vinto. Ma dove sono i buoni? In quel momento si insinuò il dubbio. Pensai a quel brivido che avevo sentito nel vedere Lei. Aveva spazzato via la paura. Ora sentivo qualcosa di strano che si muoveva nella mia testa. Una sorta di coscienza parallela. Una coscienza in grado di percepire solo le cose fatte della sua stessa materia: materia maligna. No, per carità, nulla a che vedere col demonio. Non scomodiamo le alte sfere. Piuttosto il sentore del buio che avanza e che si impossessa di ogni cosa. Il neurone di Pandora che ha la meglio… Credo che fu questa consapevolezza a innescare qualcosa di nuovo perché le finestre dei miei contatti si aprirono, riprendendo la comunicazione interrotta. I miei amici, se erano ancora loro, stavano nuovamente parlando con me. Parlavano tutti, in modo frenetico

Racconti

59


e suadente insieme. Dicevano cose che mi riguardavano e che li riguardavano. Erano però assurde e terrificanti. E crudelmente vere. E colpivano in pieno, come aghi sottili e avvelenati, i ricettori del dolore. Non saprei riportare le cose che scrissero. Forse nemmeno le ricordo più. Ma ricordo molto bene la sensazione degli spilli nella carne. Se volete, però, posso raccontare cosa dissi io. E posso anche ammettere che desideravo ardentemente si avverasse ogni singola parola che digitavo. Ecco…io comunicavo a tutti loro il piacere con cui li avrei visti morire. Ma non così, all’improvviso. No. Volevo che fossero passati da parte a parte – lentamente, molto lentamente – da tutte le spade del mondo. Spade spezzate, poco affilate, arrugginite. Che arrecassero quanto più dolore possibile. Oppure che fossero dissanguati, distillati goccia a goccia, del loro plasma vitale, sulle note pigre e tediose di un tintinnio…tin,tin, tin… Sangue al posto delle parole. E strazio al posto delle icone. E così fu. Non più io tra le loro fauci, ma loro, i miei amici, tra le mie. La Signora sullo sfondo pareva finalmente soddisfatta…e sorrideva, se sorriso si può definire quell’incantevole ghigno… e, in verità, credo che anche io stessi sorridendo… Ancora mi chiedo chi o cosa fosse venuta a prendere quella notte la Signora. È risaputo che non se ne va via a mani vuote. Io non ricordo altro se non che la mattina dopo mi sono svegliata ancora seduta davanti al portatile acceso. Tutto sembrava normale. Perfino la radio, ancora accesa, riproduceva il mio cd. Forse non avrebbe dovuto durare tanto, ma non ci pensai: le note di “Lasciati” mi diedero il buon giorno. Che sogni si fanno dopo una pizza coi peperoni.

60


Salsicce & Friarielli

61


di Salsicce & Friarielli i sono delle persone che scrivono solo per creare un po’ di trambusto. Delle altre che lo fanno perché sono completamente autoreferenziali. Altre ancora perché credono fermamente nell’ironia. Tè e biscotti è tutte e tre queste cose messe insieme. Il suo egocentrismo è talmente voluminoso da non lasciare spazio a qualsiasi altra cosa. Persino a sé stesso, stretto in un angolo, e per quanto sgomiti per aprirsi un varco ed esprimersi non riesce a ritagliarsi che qualche pezzettino di ragionamento lucido invisibile all’interno di tutte quelle provocazioni. Tè e biscotti taglia i suoi giudizi con la delicatezza di un machete, dimentico di cogliere qualsiasi tipo di sfumatura, sbavatura, zona di grigio in tutto ciò che vede e commenta. Tè e biscotti è un uomo che si alza e se ne va se lo spettacolo non lo soddisfa, non aspetta la fine, non spera che questo lo riesca a sorprendere, no! Lui vuole essere deluso! Perché vuole parlarne male, è molto più divertente e costruttivo, sarebbe una tragedia se dovesse argomentare un commento positivo, non saprebbe da dove cominciare.

62

Per tè e biscotti una cosa sono i dettagli e un’altra è il tutto, quindi lui analizza il tutto e mette da parte i dettagli non considerandoli degni di attenzione, ma questa “dicotomia” è un errore! Certo, funzionale al ruolo che il suo ego si è ritagliato nella sua piccola società, certo fa ridere, certo è pungente, ma le sue provocazioni a volte sono sterili e puramente gratuite. E attenzione, non parlo dell’ultimo articolo sulle categorie, dove invece si vedeva un’ispirazione quasi scemata e poco incisiva, con categorie troppo ampie e davvero facili da additare(i pr…gli agenti immobiliari…quelli con le suonerie pop…andiamo tè e biscotti, sappiamo che puoi fare di meglio!!) e nemmeno di quello sulla pasta, dove la sua ironia era davvero scomparsa dietro il piacere dell’invettiva. Ovviamente parlo di tutte le altre volte in cui il suo giudizio si è abbattuto sulle inermi vittime senza che neanche una parvenza latente di dubbio potesse intaccare la battaglia: i giovani comunisti, le donne che vivono in maniera libera la propria sessualità, i borghesi ottusi che vanno a teatro. Il suo aristocratico tirarsi fuori da tutte queste categorie è un mezzuccio ipocrita venduto alla causa della provocazione, l’illusione della giustezza delle sue

posizioni (al di sopra delle parti) una deprecabile identità che si è cucito addosso per non perdersi nel dubbio, nell’incertezza che di sicuro infesta le sue notti (come d’altronde le notti di quasi tutti gli esseri umani), la pretesa scientificità delle sue affermazioni non è che un ridicolo palliativo. Nelle sue parole non c’è mai un “forse”, non c’è mai un “seppure”, non c’è mai un dubbio. Gestire il dubbio è una falsità e una beffa. Salvati tè e biscotti!! Pentiti del tuo fanatismo!! Non lasciare che il tuo ruolo ti mangi e ti impedisca di pensare!!

Sei ancora in tempo! Ora chiudo la mia cordiale crociata, consapevole che non avrà altra funzione che gonfiare il già ingombrante ego del suo destinatario, compiaciuto del fatto che si parli di lui mentre lui parla del resto del mondo, concentrato nell’immenso sforzo di non salvare nessuno e di eliminare ogni tipo di costruttività dal suo giudizio: in questi casi la polemica è vita. Per questi – ed altri – motivi, mi dichiaro ufficialmente censore di tè e biscotti, pronta a coglierne i falli – senza doppi sensi – e smascherarne le malvagità, sperando che qualcosa di buono ne venga fuori.

Salsicce & Friarielli

63


Bar Settebello - Via Benedetto Croce, 8 Caffè Arabo - Piazza Bellini Kestè - Largo S.Giovanni Magg. Pignatelli Intramoenia - Piazza Bellini Vite Vite - Via Cisterna dell’Olio Aladdin - Via S.Anna dei Lombardi Rising Arts - Via Bellini, 45 Rising South - Via San Sebastiano, 19 Acustica (Bassi & Chitarre) - Via San Sebastiano Acustica (Batterie & Percussioni) - Via San Sebastiano Baba Shop - Via Benedetto Croce Baba Shop - Via Luca Giordano Baba Shop - Fuorigrotta Demos: Records & Multimedia - Via San Sebastiano Etnie - Via Bellini Fonoteca - Via Morghen Fonoteca Outlet - Via Cisterna dell’Olio Feltrinelli - Piazza dei Martiri Feltrinelli - Via Ponte di Tappia London - Via Nilo Mondadori - Via Benedetto Croce Guida - Via Merliani

64

Palazzo Corigliano Palazzo Giusso Palazzo Mediterraneo Facoltà di Lettere Accademia delle Belle Arti Suor Orsola Palazzo Gravina Modernissimo Teatro Nuovo Galleria Toledo Vanvitelli Dante Medaglie d’Oro Montesanto




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.