In Nome di Baal Rita Pinna
Layla sedeva a gambe incrociate godendo di quel crepuscolo tanto atteso. L’imbrunire lasciava sempre quel filo profumato di gelsomino e zagare, sembrava non ci fosse nulla di più bello al mondo. All’orizzonte la luna rossa si levava maestosa. “Meno male che non piove.” Pensò stringendosi le braccia intorno al corpo con un brivido. L’imponente costruzione di blocchi in pietra la sovrastava facendola sembrare ancora più piccola e fragile. Nell’isola di Shrd c’erano solo due altari sacrificali, e lei stava sopra uno di loro. Alcune ombre si avvicendavano intorno a lei ma non sembrava farci caso. Non aveva paura. Sapeva che prima o poi sarebbe successo, nel suo animo questo desiderio sembrava toglierle il respiro. La luna sembrava ancora più grande. Era sorta a metà. L’altra metà era dall’altra parte del pianeta. Si alzò e la veste bianca le cadde intorno alle caviglie. Alcuni ciuffi d’erba erano rimasti impigliati. Non cercò di toglierli, li guardò con tenerezza, come si guarda un bambino. “Non sarò mai madre.” Un pensiero fulmineo le attraversò l’anima. Il cuore le si strinse in petto, un refolo di vento le scompigliò i capelli e la corona di spine cadde ai suoi piedi facendole dimenticare quell’attimo di sconforto. “Tra poco il mio destino sarà compiuto.” Vibrò come una corda per l’attesa. Un’ombra che stava in attesa dietro il tempio in pietra si mosse verso di lei. “Non è ancora tempo.” Le disse il suo cuore. Il sacrificio della vergine era un obbligo per la sua gente. Ma lei aveva quattordici anni, voleva ancora correre sulle colline e intrecciare collane di fiori, non sapeva se era pronta. La luna era lì indifferente a tutto, invidiava il suo splendore. Una spallina della veste scivolò sulla spalla scoprendo il seno acerbo. L’ombra ebbe un fremito. Le altre si erano ritirate. Aveva vinto lei. La più forte.
La luce della luna piena colpì la costruzione che reagì diventando dei colori dell’arcobaleno. L’ombra si avvicinò ancora di più. La prese tra le braccia e la posò delicatamente sull’altare illuminato dalla luna. Layla non fece resistenza quando il pugnale votivo si levò sopra il suo petto. Solo un respiro prima di essere sacrificata. L’ombra si allontanò da quel corpo esangue. Lacrime di dolore solcavano il viso del boia. Salì sulla torre in pietra e con il cuore di Layla in mano urlò alla luna.
Un grido svegliò Layla. Ci mise due secondi di troppo a capire che era stata lei a urlare, cerco di schiarire la mente ma il terrore l’aveva già presa. Singhiozzi e lacrime le bagnarono il viso. Una porta si aprì: “Layla è ora.” Lei si alzò in lacrime. La veste del boia la stava aspettando. Uscì ancora frastornata dal sogno, si avvicinò al themenos che circondava il pozzo sacro. I conci di basalto finemente lavorati dai mastri di pietra della tribù, sembravano costringerla verso il vestibolo che precedeva le scale del pozzo. Provava sempre un senso di vertigine quando ci si avvicinava. Durante il noviziato le sacerdotesse portavano lei e Alba con loro quando pregavano e offrivano pietre d’oro a Baal. Ma quella volta era diverso. La vertigine sembrava risucchiarla verso lo specchio d’acqua perenne. La scala rovesciata sulla sua testa le levava ogni cognizione di sopra e sotto. Entrò nell’acqua gelida, nuda e tremante. Le vestali le buttarono addosso della polvere d’oro e petali profumati di elicriso e asfodelo. Dovette immergersi completamente altrimenti la purificazione non sarebbe stata completa. Il silenzio intorno contribuiva all’alienazione dei sensi. Finalmente uscì dall’abbraccio di quel liquido prezioso. Una sacerdotessa l’aiutò a infilarsi la tunica e la corona di spine. Il viso di Layla era solcato dalle lacrime. Non voleva togliere la vita alla sua compagna di giochi, ma lei ormai era diventata la mano di Melqart. Non poteva rifiutarsi. La sera prima il consiglio delle madri aveva celebrato il rito. Non poteva sottrarsi, sarebbe stata bandita e maledetta dalla tribù. Non avrebbe mai più visto sua madre, la sua capanna e quella torre di pietra che l’aveva protetta per 14 anni: su Nuraky. Il simbolo di Alma Mater, la grande madre e dedicato a Sardus Pater il grande Dio della luce. Aveva fatto il voto del silenzio, non poteva parlare, doveva tenere gli occhi bassi. Subito dopo il rito l’avevano lavata con la pomice e delle erbe profumate. Aveva dormito da sola dentro su Nuraky, l’immensa torre nuragica, e non aveva più visto la sua amica del cuore. Alba sicuramente era nelle stanze della Grande Madre che rivolgeva le sue preghiere a Baal che presto l’avrebbe presa con se. Uscì dal themenos e si voltò a guardare la torre in pietra costruita dai suoi antenati. Oltre il tetto a tholos si intravedevano le stelle sbiadite dall’incedere della luna. La tribù si era radunata ai lati del lastricato, In silenzio la guardavano mentre lei compiva timidamente i primi passi verso il tempio. La corona di spine le sfregava l’orecchio facendolo sanguinare e i petali di asfodelo si tingevano di sangue. Camminava con la testa bassa guardando solo i piedi nudi che percorrevano il freddo selciato. La Ziggurat era lì, imponente. Sulla sommità il chiarore del fuoco eterno, quasi faceva sparire la luna non ancora levata del tutto. I ricordi le affioravano senza volerlo alla coscienza. Lei e Alba che giocavano sulle rive del fiume con una lince addomesticata. Il grosso gatto non si lasciava avvicinare da nessuno. Loro erano toccate dal respiro divino di Baal e l’animale selvaggio si trasformava in un cucciolo desideroso di carezze al loro cospetto. Una madre le aveva viste quel giorno, e aveva riferito al consiglio. Da allora le due bambine furono istruite dalle sacerdotesse al culto di Baal.
Si riscosse dai ricordi quando il piede nudo incontrò una scheggia di legno; il dolore la costrinse a zoppicare, sapeva che non doveva. Gli sguardi erano tutti su di lei. La sua tribù reclamava il sacrificio, Il cibo stava scarseggiando e i cacciatori tornavano con le bisacce quasi vuote. Arrivata in cima di fronte all’altare sacrificale, finalmente sollevò il volto. Ora poteva guardare tutti a testa alta. Era l’eletta. Le avevano detto che dopo il sacrificio sarebbe diventata una Jana. Aveva sempre rispettato le Janas, erano potenti streghe di cui avere paura. Conoscevano le erbe per i malefici e tutti le portavano della frutta e della cacciagione. Nell’aria si diffuse l’odore dell’incenso. Il guerriero più forte della tribù aveva gettato nel fuoco dei rami profumati. Alba stava arrivando. Il guerriero dalla pelle dal colore dell’olivo maturo e gli occhi come il cielo aveva superato di poco l’età della fanciullezza. Eskir era questo il suo nome, aveva 17 primavere. Il suo corpo era forgiato dalla foresta e dal mare. L’iniziazione che tutti i ragazzi dovevano vivere per la transizione verso l’età adulta, comprendeva due lune in foresta e due lune sullo scoglio circondato dal mare senza cibo. Solo un otre d’acqua e la vista de su Nuraky nella riva opposta. Terminato quel lungo periodo, Layla si era avvicinata a lui. Avevano parlato e pescato insieme, anche lui sentiva qualcosa per lei. Quando lo guardava sentiva le farfalle nello stomaco, ma non poteva dirlo a nessuno. Neppure a lui, che in quel momento le sorrideva senza farsi vedere da nessuno con lo sguardo pieno di apprensione. Non era il momento di sciogliersi si diceva, la tragedia stava per compiersi. Eccola: Alba seguita dalle quattro vestali. Era bellissima, anche se le lacrime le arrossavano gli occhi. Poteva esserci lei al suo posto. Invece il consiglio delle Madri aveva scelto Alba, che era nata due lune dopo di lei. Ormai era arrivata alla pietra sacrificale, il pugnale in selce era poggiato accanto al fuoco eterno. Il guerriero la prese tra le braccia come se fosse un fuscello e la posò delicatamente sul freddo granito. Le sacerdotesse si allontanarono continuando a pregare rivolgendosi verso la luna nascente. “Mi dispiace.” Le disse piano. “Layla, non farlo.” Supplicò “Ci uccideranno tutte e due.” “No!” In un moto di ribellione fino ad allora trattenuta, il guerriero si era avvicinato alle due ragazze e brandiva il pugnale sacrificale. In un impeto di follia decise di salvare la ragazza dal sacrificio. Prese sulle spalle Alba e trascinò Layla prendendola per un braccio. Le sacerdotesse si agitarono e un vociare sempre più forte si levò dalla base della ziggurat. Il gruppetto dei ragazzi corse verso la parte posteriore del tempio. Con un salto guadagnarono la libertà, ma il torrente poco più avanti sbarrava la via di fuga. Girandosi indietro videro delle torce avvicinarsi. I guerrieri li stavano seguendo. Si guardarono e con muto assenso si tuffarono nel torrente. Le acque alla fine della primavera erano sempre gonfie e tumultuose. Furono avvolti dai flutti violenti e nonostante i loro sforzi, la furia del torrente li spinse verso la piccola cascata più avanti. Poco tempo dopo emersero sfiniti sulla riva opposta al villaggio. Eskir le mise al sicuro dietro una roccia imponente. Non sentiva voci o vedeva luci lontane. Forse avevano rinunciato a cercarli per il momento. Per il villaggio era un tradimento e li avrebbero condannati a morte.
Un’ombra si stagliò contro la luce della luna. Una vecchia avvizzita con un perizoma sul pube e una lancia abbellita da piume di aquila fece segno di andare verso la costa. Layla e Alba la riconobbero: era la Jana del mare. La seguirono sospettosi, ma fiduciosi che non li avrebbe traditi. Arrivarono sotto un ginepro che aveva le frasche intrecciate formando una capanna abitabile. Il fuoco era acceso e scoppiettava al centro di un cerchio di sassi. Alcuni cesti pieni di frutta stavano su un tavolo in pietra. Gli fece segno di sedersi e buttò della polvere nera sul fuoco. Le scintille si sollevarono fino al cielo. I ragazzi guardavano lo spettacolo pirotecnico con meraviglia. “Siete fuggiti.” Disse ad un tratto la Jana “Non volevo morire.” “Non volevo uccidere” rispose Layla a Alba. “E tu, guerriero?” “Io… Io non lo so…” Layla guardò Eskir con dolcezza, ma distolse lo sguardo in fretta. “E tu, Jana, perché ci aiuti?” Chiese Eskir. “Baal non desidera sacrifici umani. Ho cercato di dirlo alla Grande Madre del villaggio, ma lei è ottusa come un sasso.” “Ma ora rischi anche tu come noi.” Layla era commossa. “No piccola Jana, io non rischio. Tu sei la prediletta di Baal dalla tua nascita. Lui ha grandi piani per te.” Le mise in mano una pietra incisa. Layla aprì la mano e vide una figura che somigliava a un sandalo. “Questa è la nostra Terra: Shrd. Ne diventerai la regina e tu Eskir sarai il guerriero che condurrà gli Shardana in difesa del popolo dei faraoni. È scritto nelle stelle.” “Shrd…” Disse sottovoce Eskir. Sollevò lo sguardo dal ciondolo appeso alla faretra, al viso raggrinzito della Jana. “Sì, tu lo sapevi, vero?” La Jana lo guardò sorniona. “Mia madre me lo diceva che sarei diventato un grande guerriero e che la mia progenie sarebbe stata benedetta da Baal, perché io sono suo figlio. Il figlio di Baal. Credevo fosse solo il vaneggiamento di una donna che aveva perso suo marito in battaglia.” La Jana sorrise. Siete giovani, ma arriverà il momento in cui troverete il vostro destino. Il rumore di rami spezzati attirò la loro attenzione. Dal buio emersero quattro guerrieri con le frecce pronte per essere scoccate. “No!” La Jana si frappose tra i fuggitivi e i guerrieri. “Togliti di mezzo vecchia.” Intimò una voce. Era Itokor il capo dei guerrieri. Li avevano trovati. Era bravo a seguire le tracce.
“Eskir sei accusato di tradimento. La Grande Madre ti vuole al suo cospetto. Baal esige il sacrificio, ora dovremo aspettare sei lune per colpa tua.” “Baal non vuole sacrifici, state andando contro i suoi voleri.” La Jana ebbe un moto di ribellione e un guerriero, il più giovane di tutti, vedendo la donna avanzare con il pugno alzato si spaventò. Scoccò la freccia che la colpì al petto. Layla corse in suo soccorso, rivoli rossi scorrevano nel seno coperto di collane della povera vecchia. “Layla, prenderai il mio posto, ma avrai Eskir al tuo fianco. Nessuno vi ostacolerà.” Le lacrime di Layla bagnarono il viso della Jana mentre il suo ultimo respiro svaniva dalle vecchie labbra. Un tuono sovrastò l’urlo di dolore di Layla. I guerrieri spaventati abbassarono gli archi. Si guardavano intorno impauriti. Eskir ne approfittò per fomentare la paura. “Baal è arrabbiato, avete ucciso la vecchia Jana. Correte, salvatevi.” Il gruppo scappò verso il mare mentre la pioggia scrosciava violenta su di loro. Eskir e le due ragazze si ripararono sotto il ginepro che fu la casa della Jana. In silenzio si inginocchiarono e pregarono Baal per la loro salvezza. Un’ombra si avvicinò e la luce di un fulmine illuminò il suo volto. La Jana era di fronte a loro, viva. Prese per mano Layla e la condusse verso il villaggio. La ragazza intimorita non disse una parola. Seguiti da Alba e Eskir entrarono nel themenos. La Jana si pose al centro alzando le mani. “Baal ti offro l’innocenza in segno di riconoscenza. Permettimi di servirti e di servire la tua terra. Il fragore di un tuono fece cessare la pioggia scrosciante. Un raggio di luce si fece strada tra le nuvole e toccò terra al centro del themenos. Layla era illuminata dalla luce della luna. Una voce tonante usci dalla bocca della Jana. “E sia, sarà la regina di Shrd. Compagna di Eskir, mio figlio. Lascio a voi la Terra più preziosa di tutte le terre.” Appena pronunciate queste parole, la Jana si dissolse lasciando ammutoliti i tre ragazzi. Tutta la tribù si prostrò ai loro piedi e guardandosi intorno capirono il perché. Un tappeto di fiori aveva ricoperto il pavimento di pietra del themenos, sciogliendo la diffidenza della tribù. Baal aveva parlato per bocca della Jana e questo bastava. Dei bassorilievi apparvero sul Nuraki contemporaneamente al tappeto di fiori. Raccontavano del destino che doveva ancora compiersi: Eskir era diventato il comandante di un esercito che difendeva il popolo dei faraoni e Layla la Grande Madre. Vicino a lei due piccole figure. Erano i figli di Eskir e Layla, la progenie di Baal.