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Conclusioni
Fedeli allo stato di diritto, in virtù del quale operarono anche dopo l’8 settembre 1943, lungo il confine orientale, interi reparti della Guardia di Finanza pagarono un alto tributo di sangue, pur di affermare i principi della legalità, della sicurezza economico-sociale e della salvaguardia dei valori etico-morali. Strenuo baluardo dell’italianità e dell’integrità territoriale, i Finanzieri di stanza nella Venezia-Giulia, Istria e Dalmazia rimasero ai propri posti di servizio dopo l’armistizio con gli anglo-americani, scrivendo pagine luminose di generoso altruismo. Grazie ad essi, numerosi centri e piccoli villaggi furono preservati dall’odio razziale, ma anche da ruberie e violenze d’ogni genere intentate dal crimine comune. Vittime designate di bande partigiane slave, di gruppi di sbandati cetnici, di criminali comuni sloveni e croati e persino di incalliti contrabbandieri, le Fiamme Gialle furono tra le prime a varcare le soglie degli abissi delle foibe, le fosse comuni, i lager tedeschi e gli stalag titini, ovvero a finire sotto i colpi di sloveni e tedeschi. Nonostante le centinaia di suoi caduti, la Guardia di Finanza contribuì anche alla salvezza di fabbriche, di esercizi commerciali, alla tutela della proprietà privata, di scuole ed edifici pubblici e delle varie forme di vita civile, almeno sino all’epilogo dell’aprile-maggio 1945. Il ruolo sostenuto dai Finanzieri i quasi due anni fu determinante, così come fu determinante anche dopo il maggio 1945 e sino ai primi anni ’50, allorquando offrirono la propria generosa opera di soccorso alle migliaia di profughi Giuliani, Istriani e Dalmati che raggiunsero faticosamente l’Italia per sfuggire alla persecuzione slava o comunque per con continuare a vivere sotto i disagi di quella dittatura. L’altissimo numero dei Finanzieri caduti, il cui “Elenco Generale” visionabile presso l’Archivio del Museo Storico del Corpo, dimostra la vera portata del sacrificio sostenuto dal Corpo, testimonia il sentimento che accomunò in quei tristi giorni le genti adriatiche alle Fiamme Gialle d’Italia, il cui motto araldico “Nec Recisa Recedit” era stato dettato da Gabriele D’Annunzio proprio a Fiume nel maggio 1920. Per chi sfogliasse l’Albo d’Oro dei Caduti del Corpo sarebbe facile verificare come molti dei militari uccisi erano originari delle stesse Istria e Dalmazia, elemento questo che conferma la precisa volontà titina di offendere ed alienare quanto fosse riconducibile all’Italia. A queste Fiamme Gialle di rare virtù è giusto che vada la riconoscenza della Nazione, la quale vede nella loro Bandiera di Guerra il simbolo di quei valori per i quali tante di esse persero il bene prezioso della vita. E su quella stessa Bandiera, ancora oggi punto di riferimento di tutte i Finanzieri d’Italia, brilla dal 18 giugno 2008 la Medaglia d’Oro al Merito Civile, conferita dal nostro amato Presidente della Repubblica, con la seguente motivazione, con la citazione della quale concludiamo il presente lavoro: “I reparti della Guardia di Finanza dislocati lungo il confine orientale, dopo l’8 settembre 1943, pagarono un alto tributo di sangue pur di affermare i principi della legalità, della sicurezza economica-sociale e della salvaguardia dei valori etico-morali. Strenuo baluardo dell’italianità e dell’integrità territoriale, i Finanzieri di stanza nella Venezia Giulia, Istria e Dalmazia rimasero ai loro posti di servizio, dopo l’armistizio, scrivendo pagine luminose di generoso altruismo. Nonostante le centinaia di caduti, le Fiamme Gialle contribuirono alla salvezza del patrimonio sia aziendale che abitativo e, dopo la fine del confitto, prestarono la loro generosa opera di soccorso alle migliaia di profughi Giuliani, Istriani e Dalmati. L’operato dei Finanzieri, spinto anche fino all’estremo sacrificio, ha suscitato l’ammirata gratitudine e l’unanime riconoscenza del Paese. 1943/1945 - Confine Orientale”.
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Il diploma della Medaglia d’Oro al Merito Civile per i fatti sul confine orientale (Museo Storico della Guardia di Finanza, Roma)
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