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LA CRISI CONFEDERALE
Nell'artico lo di ieri precisammo in modo che ci sembra inequivocabile la nostra posizione di fronte_ alla Confederazione Generale del Lavoro. Dicemmo e ripetiamo che siamo disposti a mantenere l'impeg no di cui si parla nel recentissimo ordine d el g iorno ddla Direzione del Pa rtito, a diffondere, cioè, « n elle masse lavo ratrici 1a n ecessità del1'2.desfone alla Confederazione » e ciò per tre o rdini di ragioni. Anzitutto per disciplina di Partito. Il prossimo congresso nazionale dovrà certamente, insieme con altri problemi, affro ntare il problema del movimento operaio in Italia ; dovrà, i n linea teorica, fissare il valore e La p ortata dcUe organizzazioni economiche, trattare dei rapporti fra Partito e Confederazione, fra Partito e a.lui organismi operai, esaminare le possibilità e studiare i modi di una fusio ne di t utte le forze proletarie italiane, Ma sino al congresso so vrano, dobbiamo attenerci - anche se dissenzienti e n on è il caso - alle delibere della Direzione del Partito, D 'altronde, anche prescindendo da questa ragione d'ordine discip lina.re, sta il fatto che la Confederazione è l' unica organizza.zione italiana aderent e e rappresentata nella U nione Sindacale Internazionale che ha tenuto proprio in questi giorni il suo congresso a Zurigo. C'e ra, per l"Italia i l riformist a D'Aragona; c'era, p er la Francia i l ·sindacalista Jouhaux. Cosi, se è vero che il Partito Socialista italiano sia l'unica sezione dell'Internazionale socialista, è chiaro che la Confederazione - sempre in base alla mozio ne di Stoccarda - no n può avere rappo rti d i sorta con altri Par titi o fra.zìon i d i P artiti. Da ultimo, noi siamo perfettamente coerenti quand o c ' impeg niamo a diffo ndere nelle masse lavoratrici la necessità dell'adesione alla Confederazione pcrch~ volendo, come vogliamo, svecchiare e trasformare questo organismo, è necessario immettervi nuovi contingenti e nuoVe ene rgie, Una sola citazione dimostrerà che siamo ancora sulla linea. prefissaci e che ad altri non a noi sono imputabili pencolamenti cd oscillazioni. Alla vigilia del co ng resso di Modena che decise di seppellire il comitato dell'azione diretta per dar vita all'Unione Sindaale, noi manifestav amo ìn questi termini il n ostr o pensiero:
« Comunque la Unione Sindacale n on potrà fiaccare la C. G del L. 1 né erig ersi contro di essa come orgarùsmo concorrente e temibile.
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Ora noi creruamo che le conclusioni Bitclli siano quelle che meglio s'inspira.no alle supreme necessità del movimento operaio. Se i socialisti rivoluzionari avessero dopo il congresso di Milano abbandonato i1 Partito, oggi non lo avrebbero purificato e conquistato. Noi vagheggiamo "d entro" la Confederazione Generile dd Lavoro una minoranza vigile, audace, combattiva (e fra i sjndacalisti ìtaliani ci sono degli spiriti alacri e delle anime f ~rvidc) che ecciti, rianimi, spoltriso quell'organismo, e questa. minoranza dov~ebbe essere costituita appunto dagli aderenti all'ormai defunto Comitato dell'A. D. e alla ancora non ufficialmente nata Unione Sindacale.
« Con questo non intendiamo esercitare pressioni di sorta. No. Il nostro è W1 i.emplice augurio. Perché se i sindacalisti rivendicano l'autonomia dei sindacati dai Partiti, noi rivendichiamo quella del Partito dalle organiuazioni economiche che gli hanno inoculato il male sottile del riformismo. Ora noi diciamo : se oggi o domani, i congressisti di Modena - con un gesto generoso e di buona fedeaccettassero le relazioni della relatrice Bitclli auspicante l'unità delle masse operaie italiane, n o n siate voi dirigenti riformisti a ostacolarla colla interpretazione cavillosa bizantina degli a rticoli delle vostre carte costituzionali. Siate meno burocratici, meno proceduristi, ccc. )).
Se volevamo allora e vorremmo anche adesso che i sindacalisti entrassero nella Confederazione, è logico che noi siamo contrari all'esodo dalla Confederazione stessa di quelle minoranze rivoluzionarie che <1 dentro>) la Confederazione possono esercitare opera benefica di sprone e di controllo. I sindacalisti non devono illudersi di abbattere con un loro contro-altare la Confederazione. Non ci riusciranno mai. Quest'anno, malgrado tutto, gli effettivi confederdi sono aumentati di ventimila e più nuovi inscritti,
Gò no~ toglie però che la Confederazione attraversi uua gra.ve crisi. Pareva che un primo tentativo di soluzione della crisi dovesse farsi al convegno di Bologna. ma invece la delusione non poteva essere più amara, la riunione più inutile; e non siamo soli a pensarla cosl come si può vedere dall'articolo del Bombacci che pubblichiamo in altn pagina del giornale. Quella di Bologna, noi lo diciamo apertamente, t stata una piccolt. commed.iola giocata in famiglia. È da un pezzo che n oi assistiamo a questa specie di scaricabarile fra il Rigola che rassegna periodicamente Ie dimissioni e il Consiglio nazionale che non meno periodicamente glie le respinge. Una volta, due volt~ passi; ma il gioco comincia a stt..ncare la gente. Il Consiglio rurcttivo avcv,a deciso - ricordiamo bene - di « convocare il Consiglio nazionale presentandogli le dlrrùssioni del Consiglio direttivo, perché le organiz• i:uioni opetaie possano con piena liberti, se~ preoccupazioni d i per:sone, traccia.re nettamente la strada che intende battere per non essere danneggiato dalle disorganiche e troppo numerose e varie iniziative e tendenze ».
Il Monitore della. Confederazione appoggiava e confermava con queste parole di chiarissima significazione :
« li C. di«1tivo nella 5Ua gttnde maggiorama, non ritenne potersi fa re unicamente la questione nei riguardi del segretario g enerale, ilei qU:1le ap provava incondiz.iooatamente 1·operato, ma, persuaso dell'esistenza di difetti intrinseci di ordine morale e fomioo ale, pi\l che di nuura d ottrin:a.le e tattica, volle promuovere una consultuìone fra tutta la rappresentanu. nuionale della. Confrdetarione, alluga.ndo resamc oltre i fatti che avevano detennioata la , risi, per vedere se sia possibile O"Yviarit ai molti inconvenient i che mettono spesso i dirigenti in una p ooi:i:ione insostenibile ».
Il convegno di Bologn!l aveva dunque un compito ben delineato : « allargare l'esame oltre i fatti che avevano determinato la crisi p er correggere difetti "intrinseci " di oi:-dine morale e fu02iooalc della Confederazione ». Ora chi può asserire che il convegno di Bologna abbia, non diciamo risolto, ma nemmeno delibato la trattazione di co sl grave pcoblema. ? Fra l'altro noi non sappiamo che cosa. si sia d iscusso a Bologna : la stampa stata esclusa. Su questo raduno che era at teso con una certa ansietà da tutta l'Italia proletaria, non abbiamo no tizie all' infuori di un comunicato ufficioso che non dice proprio niente su quello che era lo strombazzatissimo scopo del con vegno . Le dinùssion i Rigola sono state ancora una volta respinte e va. bene ; ma sì fatto Fesame « allarga.to ». dei difetti int rinseci funzionali e m orali della C. G . del Lavoro? Ignoriamo. Si è accennato a possibili rimedi ? Mistero. Dal momento che la « rappresentanza nazionale » no n voleva, non sapeva o non poteva procedere ali'« esame >t di cui sopra, si rendeva fiecess2.t'ia. la convocazione di un congresso nazionale straor~ dinario. Ma gli organizzatori riuniti a. Bologna sono stati di parere diveno. Le dimissioni -Rigola sono l'indice · della crisi} ebben e si respingono le dimissioni per risolvere.... la crisi. È il colmo dcll'illogicitì. I Cosi la crisi rimane e aggravata come dicemmo nella n:0stra prilil,' tekgta6a postilla.
Crisi d'idee, anzitutto. La C. G. del Lavoro ha un programma? Forse ché sl forse che no. Un p ia.no qualsia.sì di lavoro ? di azio ne? di pro paganda? No, certo. La C. Generale del Lavoro france5e lavora continuamente le s ue teo rie, rivede c ontinuamente la sua tattica, rutifo 1011 tir. come o rmai si dice. Di t empo in tempo i confedenli frane.esi sentono il bisogno di lanciare al mondo proletario una dichiarazione di p rinci pi. Sentono i1 bisogno di distinguersi, cli differenziarsi, di definire se s tessi. L'anno scorso la C. G. del Lavoro tagliò j ponti cogli insurrezio nisti, quest' imno li ha tagliati cogli a nuchici puri. Il sindacalismo vuol essere semplicemen te il sindacalismo, al di fuori d i sette e partiti. I confederali di F ran cia hanno anche preoccupazioni pratiche e non solo dottrinali : adesso v ogliono porre sulla piattaforma la settimana inglese. Qualunque possa essere il giudizio sul valm:e e la efficienza del sindacalismo francese, è ce rto che la sua « crisi» è ben diversa da quella che t r avaglia la. n ostra Confederazione. Da noi, assenza di pensiero e assenza di azione. La C. G. del Lavoro non ha 2.ncora - dopo un anno - saputo d e6nire 12 natur2 e l'estensione d ei suo i rapporti col Partito Socialista, d al quale ha ri vendia.to invece l'inQipendenza asso luta, indipendenza che nessuno pensav a di menomare o abolire. Gtiam o appena la v otata e rimangiata decisio ne contraria ai deputati libici e n on vi insi stiamo, perché non sono proprio preoccupazioni di o rdine eletto rale che ci suggeriscono questi rilievi
Crisi d'uomini, anche. È inutile. Le cariche non sono canonicat i. II pri ncipio d ell'inamovibilità n on p uò essere il nostro. D i qwmdo in quando b isogna cambiare gli uomini e dare aria e luce agli ambienti. Ora .i dirigenti attuali della C. G. del Lavoro sono troppo burocratici e troppo poco propagandisti. Un segre tario confederale dev'essere u omo che può balzare da un a.po all'altro dell'Iulia per conferem:c, per agitazioni, per scioperi. Fare atto di presenza vale più che inviare molte circolari debitamente emarginate e protocollate....
Insomma, la Confederazione deve prop orsi di accelera.re il r itmo della sua attività o altrimenti malgrado l'appog gio leale del Partito Socialis ta dovr à rassegnarsi a traversare nell'nvcnirc giorni a ncora più tristi di quelli passati.
DaU'Awnti.1 , N . 266, 25 .sett~mbte 1913, XVII•.
• IJ ron111g,,o di Bolognt1. P~im, '11111111, ( 294).