Nunero dicembre 2010

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MY SHINE, pag 4

VALERIA ORLANDO MAKEUP ESTATE 2010 pagg. 6, 8

BABY COMP, pag 42

L’OCCHIO DENTRO LO SPECCHIO - ILARIA CORDA CRISTINA FOIS pag 16

MICHELA MURGIA pag 54

BELLI DENTRO pag 12 La campagna è sempre più donna pag. 52

DON GIUSEPPE PANI pag 38

LUISA MARILOTTI pag 34

Dottoressa Anna Mereu Macrolane e acido ialuronico “Chirurgia estetica” senza sala operatoria pag. 22

EDILANA

RIFLESSI DI GIUNCO M.G. OPPO pag 30

LANAturale Edilizia pag 26

VIOLANTE CARROS pag. 57


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DALLA GERMANIA ALLA SARDEGNA

trattamenti di Bellezza

MY SHINE

MY SHINE NAILS & COSMETIC Via G. Abba 21/B, Cagliari Tel. e fax: 070 669238 E-mail: myshine.cagliari@gmail.com Gisella Bella è una donna con lo spirito imprenditoriale nelle vene. Per lei il lavoro gratifica la mente ed è fonte di soddisfazione. In giro per mondo, sarda di nascita e tedesca d’adozione, non si è mai arresa davanti alle difficoltà e dopo aver gestito una catena di ristoranti a Colonia, dal 2005 è tornata nella sua Sardegna dove, ora è la titolare di un’attività di bellezza. Il centro My shine in via Abba a Cagliari dove è possibile fare i trattamenti di ricostruzione unghie, Nail Art, trucco semi permanente e ai minerali, exstention ciglia. Come è nata l’idea di aprire questa attività? Mi reputo una donna che non teme impegnarsi. Ho trascorso più di 40 anni in Germania dove il lavoro è ai cardini della società ma ho origini sarde. I miei genitori hanno deciso di lasciare la Sardegna per esigenze lavorative ma non hanno mai perso la voglia di venire qui a trascorrere le vacanze. Anche io ho un forte legame con questa regione e dal 2005 ho pensato che sarebbe stato bello poter ritornare a vivere qui. Dovevo però rinventarmi un mestiere e così decisi di far diventare la mia passione un lavoro. Amiche tedesche mi fecero conoscere i prodotti di bellezza My Shine, ne rimasi affascinata e pensai di farli conoscere anche alle donne sarde. Che caratteristiche hanno questi cosmetici? My shine cosmetics nasce dall’esperienza e dalla professionalità di uno staff specializzato da oltre dieci anni nei settori della cosmetica e ricostruzione unghie. Sono il prodotto della collaborazione con un preparatissimo

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team di chimici specializzati fra l’Olanda e la Germania. I loro studi li hanno condotti alla realizzazione di una linea completa per ogni esigenza che si caratterizza perché semi permanenti e privi di sostanze chimiche, non contengono acqua e oli e resistono senza sbavature 24 ore. Caratteristiche che vengono incontro alle esigenze delle donne, sempre più impegnate ma desiderose di essere sempre belle e curate. Nello specifico quali prodotti si possono trovare nel suo negozio? Offriamo una vasta gamma di prodotti per la ricostruzione delle unghie e la loro igiene come Uv gel, pennelli, olii per cuticole, Tips e stickers smalti curativi e colorati. Per il trucco lip liner in 13 colori semipermanenti adatti ad ogni carnagione e occasione. Eye Liner in otto colori, Fard dalle tonalità avvolgenti, ombretti in 42 colori ai minerali, terre compatte mascara e allunga ciglia, glitter in 27 colori. Oltre a una linea per


la cura del corpo: caduta dei capelli, acne, adiposità, cellulite, cicatrici, couperose, invecchiamento del viso e del collo, macchie cutanee, palpebre rilassate, pelle secca, grassa, mista, rilassamento cutaneo viso, collo decollette, rughe e smagliature. Otre a questi prodotti cosa offre il vostro centro? Nel nostro salone è possibile partecipare a corsi base per la ricostruzione unghie e per il Nail Art. In genere le lezioni sono rivolte a gruppi dai tre alle sei persone per poter seguire tutti nel migliore dei modi. Durano dai tre giorni alle tre settimane. Dipende dalle esigenze degli allievi e degli insegnanti. Naturalmente sono svolte da insegnanti specializzati e si distingue la parte teorica da quella pratica, tutto il materiale per l’apprendimento è fornito da noi. Sino ad ora hanno partecipato un folto gruppo di persone, possiamo ritenerci soddisfatti. Quali sono le sue aspettative per il futuro di questa attività? Il salone di bellezza è aperto da appena un anno. I clienti per fortuna non mancano, ma ovviamente possono aumentare.. Mi auguro che in futuro siano sempre di più le donne incuriosite da questa linea. Sono cosmetici adatti ad ogni esigenza, e il costo è accessibile a tutte. Inoltre facciamo orario continuato per cui, cerchiamo di venire incontro alle esigenze delle donne che desiderano, durante la pausa dal lavoro, sistemarsi le mani e prendersi cura di se. Il nostro motto è: dalle nostre mani per le vostre mani. Creando un prodotto giusto per te, perchè crediamo in te. Alcuni consigli per utilizzare al meglio i cosmetici My Shine? Certo bastano piccoli accorgimenti per avere una applicazione perfetta e un’ottima tenuta tutto il giorno: Eyeliner semi permanente di facile applicazione grazie alla sua punta fine e morbida. Crea una linea precisa, semplice senza errori. La sua formula è ideale anche

per pelli sensibili. Basta disegnare una linea partendo dalla parte interna dell’occhio, il più possibile vicino alle ciglia.

Lip liner semipermanente preciso e pulito crea un

contorno labbra sorprendente e grazie alla sua formula rimane invariato per 24 ore. Disegnare prima il controllo del labbro inferiore, partendo dal centro, a piccoli tratti che si allineano fino all’angolo delle labbra. Completare la parte superiore delle labbra con la stessa tecnica. Se usate una crema o il fondotinta evitare di stenderla sulle labbra o sopra le palpebre prima di utilizzare sia Lip liner che Eye liner altrimenti essendo la pelle troppo grassa il colore non si fissa bene. Se avete la pelle grassa allora spolverate un po’ di cipria sopra le labbra e gli occhi, il trucco ed il colore avranno una tenuta sorprendente. Per evitare che si asciughi, i lip liner e eye liner dispongono di un tappo a chiusura ermetica. Il correttore bianco può essere utilizzato sia per lip liner che eye liner per eliminare eventuali sbavature o per struccarsi.

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littel &gel è un nuovo beauty set per il trucco personalizzato che farà luccicare i vostri occhi incantando tutti. É un sistema unico di trucco. Prima si stende uno strato sottile di Fixingel sulla parte desiderata con l’aiuto di un pennellino dosate la polvere di stelle a scelta. Grazie al fissaggio l’effetto luccicante rimane invariato tutto il giorno.

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Per finire abbiamo le erre compatte e i fondotinta coprenti, dai colori caldi e avvolgenti. Basta un po’ di polvere in un pennello per creare nel volto un effetto setoso, compatto e non appiccicoso.


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INTERVISTA A

aleria Orlando

LA BELLEZZA NON E’ UN VALORE ASSOLUTO COME IL MONDO ATTUALE CI SPINGE INVECE AD IMMAGINARE

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disinvolta, determinata, idealista e perché no anche anticonformista Valeria Orlando. Nel suo lavoro è spigliata, preparata e creativa. Una vera artista del make up, della moda e della fotografia. Per lei la “Bellezza aiuterà il mondo a salvarsi” Questa affermazione è da leggersi non in maniera superficiale come si potrebbe a prima lettura pensare, bensì la bellezza nel fare le cose con il cuore (come nel suo caso) donando consigli di bellezza che fanno bene al corpo ma soprattutto alla mente! . Per essere belli bastano pochi e semplici gesti per valorizzare al meglio il nostro aspetto esteriore e tirare fuori le caratteristiche più affascinanti, interessati, uniche e originali della nostra personalità. La bellezza non è un valore assoluto come il mondo attuale ci spinge invece a immaginare, nessuno dovrebbe presentarsi davanti ad un chirurgo volendo assomigliare a qualcun altro, ma dovrebbe solo giorno per giorno curare la propria persona ed invecchiare con stile e serenità. Nella sua carriera Valeria ha avuto l’opportunità di confrontarsi e lavorare con importanti fotografi e stilisti. Ha un curriculum eccezionale. Nel 1992 dopo aver conseguito il diploma di make up agency a Roma frequenta vari stage presso diversi atelier. Inizia il suo ingresso nel mondo della moda lavorando e realizzando il progetto make up per Furstemberg, Ferrera, Camillo Bona. Stefano Anselmo è stato per lei un grande maestro di lavoro e di vita e ancora, collabora con lui in differenti progetti. Ha curato la campagna pubblicitaria per Gattinoni il manifesto per Altaroma estate 2005 con Studio Orizzonte. Per Oltremoda su Rai uno è stata protagonista di un servizio sul Personal shopper, una nuova figura professional che costituisce un valido aiuto per valorizzare al meglio il proprio look senza conformarsi agli standard comuni perdendo la propria identità. Attualmente a Roma e Milano la sua clientela è notevole e, come Freelance, sono suoi gli ultimi lookbook per la nota maison italiana Versace.

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Il tuo lavoro è una vera passione. Quali consigli dai a chi si rivolge a te per migliorare il look? Per prima cosa cerco di capire le esigenze di chi viene da me. I dictat della moda sono spesso troppo fissi e non tengono sempre conto delle diverse personalità. Spesso essere alla moda non vuol dire che un determinato tipo di trucco o un abito devono essere uguali all’ultimo modello disegnato per la stagione. Ognuno di noi deve saper trovare lo stile giusto, il modello e i colori che risaltano al meglio la nostra carnagione e il nostro corpo. Bisogna partire da uno stile personalizzato. Bastano sei, sette capi cardine da cui partire. Io suggerisco di avere nell’armadio un carnè di pochi modelli ma quelli che più si adattano per foggia e tonalità al proprio corpo e su questa base trovare gli accessori e gli altri capi d’abbigliamento che ci permettono di sentirci a nostro agio senza strafare o perdere la nostra unicità. La personalità è importante ma per te cosa è la bellezza? Prima di tutto è l’accettazione di se stessi nei pregi e nei difetti. La bellezza fine a se stessa è un bene inutile, ogni fase della vita ci permette di far emergere la nostra bellezza. A volte mi capita di vedere che con il passare degli anni si ha paura di invecchiare, di non essere più attraenti o piacenti. E’ un timore comprensibile ma a mio parere ogni età ha il suo fascino, le sue virtù, ci vuole solo un pò di autostima e di attenzione per renderle evidenti senza strafare o perdere di spontaneità e semplicità. Che cosa si aspettano da te i tuoi clienti? Le signore over cinquanta si sentono motivate e incoraggiate a ritrovare un po’ della loro femminilità e il fatto che io abbia truccato personaggi famosi le rende più sicure. Si fidano del mio lavoro. Le ventenni invece, vogliono dimostrare a se stesse che tutto è possibile. La nostra società ha evidenziato gli aspetti


più esteriori e superficiali dell’uomo e della donna, per molti ragazzi è veramente difficile ritrovare il proprio equilibrio psico fisico e quando vengono da me cerco prima di tutto di aiutarli a ritrovare se stessi poi, un suggerimento al look e al trucco fa la differenza.

zioni per il futuro? Dare dei consigli non è semplice ed è una grande responsabilità. Una cosa è sicura però, non bisogna mai aver paura di esprimere le proprie idee e cercare di essere sempre unici e straordinari a tutti i livelli.

Nella tua ricca carriera hai lavorato con molti personaggi famosi. Truccato star e stilisti che sensazioni hai provato? Per carattere non mi sono mai tirata indietro davanti a nessuna difficoltà. Ho raggiunto tutto ciò che ho ottenuto grazie al mio impegno certo le mie paure le ho avute. Quando mi hanno comunicato che sarei stata la prima assistente di Tom Pechaux per truccare Madonna ho avuto un tonfo al cuore. Ero felice, incredula ed emozionata ma ricordai le parole del mio maestro Stefano Anselmo. “Chiunque tu truccherai, una star, un cantante, un’imprenditrice, una modella, devono per te essere solo una persona, una donna che come te, lavora, ride, piange e vive la propria vita tirando fuori il meglio di se”.

Sei venuta a Cagliari a tenere lezioni di trucco. Tornerai da noi con altre iniziative? Ho avuto l’occasione di conoscere attraverso un amico in comune ,il redattore di trucco e Bellezza, una persona meravigliosa … Andrea Baldrighi. Con lui stiamo portando avanti tante iniziative belle e crea tive all’interno dell’area del cagliaritano, ed io mi sento onorata a poter aiutare Andrea a rendere ancora più innovativa e spumeggiante questa meravigliosa cittadina. Stiamo organizzando stage con altri fotografi e puntando ad una formazione seria per i giovani che qui a Cagliari hanno voglia di mostrare il lato artistico. Sarò sempre lieta di ritornare a Cagliari perché l’affetto trasmessomi è di enorme valore per me.

Cosa ti sentiresti di suggerire alle nuove genera-

Sandra Sulcis


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AKEUPESTATE 2010

LA MAKEUP ARTIST VALERIA ORLANDO RACCONTA LE TENDENZE PER L’ESTATE

Chi non ha voglia dell'estate? Il lungo e freddo inverno ha chiesto molto da tutte noi. Abbiamo visto svanire creatività e colore come sabbia tra le mani. Ma adesso è arrivato il momento di riprendere a vivere. Di festeggiare l’arrivo della bella stagione con le nuove tendenze trucco. La make-up artist Valeria Orlando ci racconta le tendenze per la primavera e l'estate 2010. Il suo entusiasmo ci ispira a riscaldare il nostro viso con i nuovi colori. E a cambiare lo stile di makeup che durante il lungo inverno era diventato ormai una routine. Tendenze make-up: siate voi stesse! La nostra prima domanda a Valeria Orlando riguarda i trend che lei ha notato per la nuova stagione. 'In questo momento vediamo una tendenza nel make-up che risalta e sottolinea quello che io voglio chiamare 'emozione e atteggiamento'. Questa stagione vogliamo essere diverse dalle altre! Festeggiamo la nostra personalità e individualità. Siate voi stesse! è il motto.' Colori da deserto come bronzo e oro ma anche il corallo. Le stagioni scorse abbiamo visto esplosioni di colore. Dominavano gli anni '80. Questa stagione c'è un ritorno ai colori caldi, colori 'feel good'. 'È molto bello il make-up naturale con effetto bronzo che vediamo questa primavera. Come se aveste passato un giorno nel deserto', Anche le altre tonalità calde sono bellissime. Oro, arancione, corallo...' In questo momento va di moda anche il trucco monocromatico. 'È molto raffinato truccare gli occhi, le labbra e le guance nello stesso colore ma scegliendo tonalità che sono leggermente diverse tra di loro. Questo look monocromatico lo vedremo soprattutto in viola, rosa, arancione e oro. Statement make-up Siccome tutto gira intorno all'individualità non dovete però seguire pedissequamente le ten8

denze colore e trucco. Interpretatele alla vostra maniera. 'Fate un statement! Mostrate la vostra individualità. Se volete usare un rossetto giallo, allora fatelo!'. E se avete voglia di un eyeliner nero e pesante, allora è il momento di usarlo. Non esitate, ma osate!' Occhi o bocca? Rossetto giallo o eyeliner nero. Dove mettere l'accento quest'estate? Sugli occhi o sulla bocca? 'Buona domanda!' risponde subito Valeria Orlando 'Il focus va in effetti sugli occhi oppure sulla bocca, ma mai vengono accentuati nello stesso momento. È o uno o l'altro. Questa stagione ci limitiamo ad un unico accento nel viso. Focus sulla pelle: poco make-up per un impatto massimo L'elemento più importante nel make-up rimane anche questa stagione la pelle. 'È la base del tuo look. La pelle deve essere ultraidratata. Utilizzate un minimo di make-up per ottenere un impatto massimo. Non utilizzate la cipria o usatene soltanto un pochino e optate per un fondotinta leggero. E’ ideale per una base trasparente che fa splendere il viso con una luce luminosa. Per dare colore al viso lavorate poi con le tonalità del bronzo che si fonde bene con la pelle. Ciglia e sopracciglia: keep it simple! Ciglia e sopracciglia vanno, come sempre curate, ma sono più chiare e morbide del solito. 'In vari make-up look abbiamo notato l'assenza di mascara. D'altra parte però ci sono anche 'statement look' nei quali invece le ciglia vengono enfatizzate al massimo con eyeliner e ciglia finte', Le sopracciglia sono molto naturali e in genere più chiare. Abbiamo visto poche sopracciglia scurite sulle passerelle. Keep it simple è il mio consiglio!'

Valeria Orlando


Look monocromatico viola, rosa, arancione e oro. Statement make-up

Colori caldi ispirati al deserto e’ un originale ‘statement make-up’. Le tendenze trucco per la primavera e l’estate 2010. Contorni sfumati, un look ‘baciato dal sole’ come se aveste trascorso un giorno nel deserto.

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Editoriale

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IN QUESTO NUMERO

MAKEUP ESTATE 2010 a cura di Valeria Orlando

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CRISTINA FOIS, un ciclone senza maschera

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ILARIA CORDA, l’occhio dentro lo specchio

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ANNA MEREU, chirurgia plastica senza sala operatoria

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EDILANA, la naturale edilizia

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INTERVISTA A MARIA CARMELA CONTINI

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MARIA GRAZIA OPPO, riflessi di giunco

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LUISA MARILOTTI, il lavoro (non) è uguale per tutti

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Maria Pia Lai Guaita DONNE E DROGA

36

DON GIUSEPPE PANI, violenza e sacro

38

BABY COMP

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BEST WESTERN HOTEL RESIDENCE QUARTU SE

46

CRISSI PIRAS, l’arte del pensiero positivo

50

DONNE E CARCERE, una realtà di dolorosa discriminazione

50

LA CAMPAGNA è SEMPRE PIU’ DONNA

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MICHELA MURGIA, premio Dessi’ per S’Accabadora

54

VIOLANTE CARROS

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A TUTTO ROCK CON LULA

58

TULLIO BOI, vignettista satirico

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DONNE E ISLAM

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STEP TIME, una palestra al femminile

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Direttore Responsabile Mario Girau Art Director Patrizia Floris Hanno Collaborato: Gisella Bella, Tullio Boi, Maria Grazia Caligaris, Valentina Caruso, Maria Carmela Contini, Ilaria Corda, Mariella Cossu, Dalisa, Daniela Ducato, Patrizia Floris, Cristina Fois, Valentina Follesa, Donato Fusco, Laura Gabrielli, Domenico Galimi, Maria Pia Lai Guaita, Lula Rock, Giulia Medda, Anna Mereu, Alessandra Moi, Stefania Mundula, Michela Murgia, Padre Stefano Mascia, Maria Grazia Oppo, Valeria Orlando, Don Giuseppe Pani, Crissi Piras, Roberto Porrà, Rizza, Sandra Sulcis Foto di: Ilaria Corda, Foto di copertina: credits .Justyna Pawlowska www.justynapawlowska.com - Model Carla Barrucci Altre fonti foto: http://mmedia.kataweb.it, www.biografieonline.it, www.movieplayer.it, www.adessonline.de, www.comune.cagliari.it www. beautymedcenter.it, www.donnamoderna.com, cinemecum.it www.gruppofolkcagliari.it, www.salmonarmkickboxing.com, commons.wikimedia.org, www.inea.it, agricultureinformation.com www.cristinafois.it, http://valecaruso.altervista.org, www.myshine.it www.sardegnadigitalibrary.it

Web: www.donnaesardegna.it www.rivistadonna.com Email: info@donnaesardegna.it FaceBook: Rivista Donna Sfoglia la Rivista Donna

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VALENTINA CARUSO, il volto della Sardegna negli spot per il Giappone

Responsabile Editoriale Patrizia Floris

DONNA NEL WEB

INTERVISTA A VALERIA ORLANDO

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NUMERO 6 – ESTATE 2010 Reg. Tribunale di Cagliari n. 14/08 del 09/06/08

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GEPPI CUCCIARI, belli dentro?

DONNA Rivista di interviste al femminile in Sardegna

Impaginazione e webdesign Valentina Follesa

MY SHINE, trattamenti di bellezza


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ivista Donna entra nel suo terzo anno di vita. E' naturale che vi sia un momento di riflessione su come meglio situare la rivista nel costume del nostro tempo. Come valorizzare il "senso" e il "ruolo" della donna in questa società non è facile! Anche perchè viviamo in un’epoca di grandi trasformazioni. Di questi cambiamenti abbiamo discusso e ne discuteremo ancora. In che cosa è cambiata l'esperienza della donna? E' la domanda che in questo contesto sociale ci siamo poste e che giriamo anche alle nostre lettrici e lettori. Ci teniamo a rivolgere l'attenzione all'esperienza del "web" che se è entrato nell'uso quotidiano di più di un quarto degli abitanti del pianeta è inevitabile domandarci quale sia il rapporto tra questo "nuovo che avanza" e la donna. Tutto ciò richiederebbe una maggiore attenzione e responsabilità nell'uso "dell'immagine" che troppo spesso risulta ancora confusa, se non addirittura strumentalizzata. Il "web" è il fenomeno più significativo del costume del nostro tempo che ha dato prova d'essere un potente catalizzatore di comportamenti cooperativi attorno a progetti condivisi. Così come non può essere trascurato il bisogno di autentica interazione comunicativa che si esprime nella crescita dei blog o meglio ancora delle reti sociali di cui Facebook è diventato in pochi anni il modello più rappresentativo. I ritorni positivi in termini di scambi comunicativi, di confronto dei punti di vista provenienti da un numero elevato di individui, interagenti secondo un’etica "d'amicizia" sono risorse tra le più sorprendenti ed efficaci

offerte dalla rete.Questo è il senso che anche noi abbiamo ricavato, su una scala decisamente più piccola, con la messa on line della rivista, nel tentativo di conferire ai mille volti della donna il più ampio sfondo possibile al di la’ della Sardegna. In questa direzione va l’apertura, a problemi sui quali la voce femminile non puo’ tacere: droga, carcere, campagna e pari opportunita’. Desideriamo quindi ringraziare tutti per l'attenzione che hanno voluto riservare alla nostra iniziativa. E mentre progettiamo un piano editoriale con una diversa modulazione tra pubblicazioni a stampa e on line, nella galleria di interviste dedicate alla donna nelle sue varie attività professionali e di vita abbiamo voluto dare un particolare risalto ad alcune professionalità che hanno assunto un'importanza del tutto nuova come il make up, o sono addirittura nate, come la testimonial, in questa civiltà dell'immagine e della comunicazione che l'immaginario collettivo identifica senza ombra di dubbio col tempo presente in cui noi tutti viviamo.

Patrizia Floris

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B

Geppi Cucciari

ELLI DENTRO?

“MOLTO SPESSO NOI DONNE SIAMO GRASSE MA VOI UOMINI SIETE PESANTI E PER QUESTO METTERSI A DIETA NON BASTA”

Da Zelig a Italia’s Got Talent. Partendo da Macomer, proseguendo per Milano dove si laurea in giurisprudenza, e approdando nel cast di popolarissimi film come “Grande, grosso e Verdone” (2008) insieme a Carlo Verdone, Claudia Gerini e Roberto Farnesi. A lei il premio “Telegrolla” come miglior attrice di sit-com nel 2006 per Belli dentro, e due successi editoriali, il suo primo romanzo “Meglio donna che male accompagnata” (2007), e il suo secondo “Meglio un uomo oggi” (2009). Simpatia e brio, sui generis, che l’ha fatta uno dei personaggi preferiti del pubblico femminile per la sua acutezza nell’osservare la realtà dei rapporti

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quotidiani tra uomo e donna e nel raccontarla in chiave comica. Come hai cominciato ad avvicinarti al teatro e alla recitazione? Chi ti ha ‘iniziato’ a quest’arte’? Era un mio sogno da sempre, da quando ero una bambina. Avevo fatto qualcosa quando ero al Liceo, e qualcosa anche coi Lapola, ma poi ho tentato un approccio più sostanzioso una volta trasferita a Milano. E mi son iniziata da sola. Il grande salto è avvenuto con Zelig. Che esperienza è stata calcare quel palco e come è cam-


biata da allora la tua vita? Zelig è stata una grande occasione, è un programma molto visto che ti da subito grande popolarità. Ma Zelig è un inizio, non un punto d’arrivo. Se resti lì è molto rischioso. Anche andare via lo è ... ma ho preferito tentare altre strade. Per me il cabaret purissimo non era di certo il punto d’arrivo, Non miei miei sogni. Sul palco e suoi tuoi libri racconti con tanta ironia e intelligenza, e anche tanta imparzialita’, del rapporto tra i sessi. E non e’ possibile non ridere quando poi tutte noi ci ritroviamo in questi aneddoti, parola dopo parola, riga dopo riga. Quanto tutto cio’ e’ autobiografico? Oppure osservi semplicemente come va il mondo e poi lo racconti (molto bene n.d.r.) in chiave comica? Alcune cose son successe a me, altre a chi mi sta vicino. amiche e affini. Per ridere delle cose della vita, basta stare fermi ad osservare. Nel piccolo schermo, nella serie “Belli Dentro”, hai portato con te proprio la nostra isola, intepretando un personaggio sardo, Gonni. Una simpatica ‘falsara’ detenuta a San Vittore, con il cruccio della figlia tredicenne che non sa che la madre si trova in carcere. Quanto e in che modo e’ importante per te la tua terra? La mia terra è importante, ci torno spessissimo e son molto legata alla mia famiglia, ai miei genitori, ai miei fratelli e ai miei meravigliosi nipoti. E, donna fortunata, pure alle mie cognate. Le mie non sono cinematograficamente tali. Ovvero cognate insopportabili e invadenti. In conclusione, “meglio donna che male accompagnata”, o meglio un uomo oggi? Sono due sfumature dello stesso pensiero. Piuttosto che stare con un idiota, meglio sole. Ma non son tutti idioti.

Valentina Follesa

“Per una donna c’è una sola cosa peggiore della crisi dei trent’anni: quella dei trentacinque”


Valentina C

I NUOVI VOLTI DEL MEDITERRANEO

ARUSO

IL VOLTO DELLA SARDEGNA NEGLI SPOT PER IL GIAPPONE Valentina è una ragazza a tutto tondo. Nata a Cagliari il 20 dicembre 1984 ha una vera passione per la storia antica, l’archeologia in particolare. Presto, appena otterrà la laurea, per approfondire gli studi, spera di potersi trasferire a Roma città che adora e che definisce dal “magnifico universo archeologico”. Ha lo sguardo solare, è determinata, seria, leale, perseverante, affascinante e intrigante ma mai volgare o eccessiva. Caratteristiche che balzano subito all’occhio e le hanno permesso di intraprendere, dall’età di sedici anni, una nuova passione, fare servizi fotografici. Il suo primo servizio fotografico arrivò con la copertina di una rivista, il Bazar. Tutto andò meglio del previsto, la sua spontaneità e la sua personalità sortirono un grande successo e subito le proposte di lavoro non sono mancate. Più volte è balzata agli onori della cronaca anche con articoli nei quotidiani sardi e su importanti riviste regionali e nazionali.

dai popoli e civiltà antiche. Continuai ad apprezzarli, anche studiandoli a scuola. Ne rimasi affascinata e pensai che “da grande” sarei voluta diventare una archeologa. Così appena potei farlo mi iscrissi alla facoltà di archeologia e ora sto realizzando il mio desiderio. Il contatto con il mondo della moda e della fotografia arrivò invece per caso. Fu mia cugina che mi spinse a partecipare ai concorsi di bellezza, un giorno mi chiamarono a un casting e li conobbi dei fotografi che mi proposero subito di fare il servizio per la copertina del Bazar, una rivista in quegli anni molto conosciuta. Andai quasi per gioco, per curiosità e andò bene e così feci il mio primo servizio fotografico a cui seguirono molti altri.

Quali furono le tue sensazioni? Per me fu una vera novità. Prima di allora non avevo mai pensato di fare dei servizi fotografici nè di partecipare a casting o sfilate. Era tutto una scoperta. Mi sentì emozionata ma cercai di essere molto spontanea e questo mi aiutò molto. L’archeologia e i servizi fotografici due pas- Ancora adesso quando lavoro non trovo alcuna sioni molto diverse. Come ti sei avvicinata a difficoltà a interpretare una posa o un’espressione in base alla mia personalità, solo così sento questi due mondi? La prima vera passione è per l’archeologia e realmente di dare il meglio di me anche se ovvial’egittologia. Fin da quando ero piccolissima, i mente, a volte devo adattarmi alle richieste del miei genitori mi hanno portata in giro per siti ar- fotografo e del’esigenza dello spot per cui richiecheologici e musei, sono sempre stata attratta dono la mia presenza. 14


Hai partecipato a diverse sfilate e in particolare alle selezioni regionali per Miss Italia cosa ricordi di quella esperienza? Fu una bella opportunità, in quell’occasione imparai molte cose: i tempi di una sfilata e la camminata su una passerella, a indossare abiti di tutti i tipi. Mi confrontai anche con altre ragazze. Fu un’avventura nuova ma nonostante l’entusiasmo e la qualificazione alle prefinali decisi di interrompere li la mia avventura e mi ritirai. Non mi hanno mai particolarmente attratto i concorsi e decisi di continuare a fare solo servizi fotografici e di studiare all’università.

Quali sono i tuoi ultimi lavori? Nel 2007 ho rivestito il ruolo della musa Clio all’interno di una mostra di video-arte di un emergente artista-regista cagliaritano. Ho fatto l’hostess per diverse “convention” politiche e per i grandi eventi cagliaritani come la Notte bianca, la Sagra di Sant’Efisio, la Fiera Campionaria della Sardegna, e la manifestazione Monumenti Aperti per il Comune di Cagliari. Tra i lavori più importanti posso menzionare diverse sfilate per gli stilisti dei capelli della L’Orèal Paris e della Framesi. Servizi fotografici con intervista rilasciati per varie riviste e quotidiani. Pubblicità nazionali e regionali per marchi di abbigliamento, gioielli, cosmetici, ristoranti e centri commerciali. Tra i lavori più impegnativi e importanti però mi piace ricordare lo spot pubblicitario per la campagna istituzionale della Regione Sardegna che promuove l’isola all’estero. Un progetto pubblicitario dell’ Assessorato al Turismo destinato al Giappone. Ero la Dea Madre, la protagonista femminile dello spot che ha vinto il ben 11 premi tra cui il primo posto nel settore “spot istituzionali”. Poi dal Giappone la mia immagine associata

a quella della Sardegna ha continuato un percorso internazionale per la sponsorizzazione della cucina sarda in Russia. Come ti definisci? Sono una studentessa di archeologia una persona dinamica, determinata e molto solare e con svariati interessi che cerco sempre di seguire con impegno e serietà. Film e personaggi preferiti ? Mi piacciono i film con Robert De Niro, Kate Bates e Anna Magnani. Che progetti hai per il tuo futuro? Prima di tutto la laurea in archeologia, ho appena finito di scrivere la tesi e sto completando l’ultimissimo esame. Quanto al mondo della fotografia tutto quello che arriverà lo valuterò e poi deciderò. Bisogna avere obiettivi seri e i piedi per terra ma non mi chiudo nessuna porta, non si sa mai nella vita.

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INTERVISTA CON

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RISTINA

FOIS

UN CICLONE SENZA MASCHERE di Rizza

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uando tradizione folk e innovazione si incontrano, lo spettacolo è assicurato.

La musica sarda è un’espressione viva e variegata, connessa con gli scenari della vita comunitaria quotidiana e festiva. È un repertorio antico ma sempre attuale, un patrimonio della nostra cultura che deve essere tramandato e perchè no, anche rinnovato e modernizzato. Questo è lo spirito che accompagna Cristina Fois. Una ragazza giovane di Oristano, solare, estroversa, versatile che ha nel sangue la cultura e il canto popolare sardo ma che, oltre a questo, porta sul palco la sua freschezza e vivacità arricchendo il nostro repertorio di suoni e ritmi nuovi, in un suggestivo mix dove passato e presente si completano. È figlia d‘arte Cristina. La mamma, stimata e apprezzata cantante folk le ha trasmesso la passione per la musica, un patrimonio inestimabile che la giovane oristanese custodisce con amore e porta ogni giorno in giro per la Sardegna. I suoi spettacoli sono un vero successo. Diciotto anni sul palco forgiano Cristina, donandole quella versatilità e presenza scenica che le permettono di acquisire una padronanza di sé da vera professionista dell’intrattenimento.

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Suoni e ritmi nuovi in un suggestivo mix dove passato e presente si completano. Cristina com’è iniziata la tua passione per la musica? Provengo da una famiglia in cui la musica è pane quotidiano. Mia mamma, Caterina Cimino, è una nota e stimata cantante folk: è grazie a lei che mi sono addentrata in questo mondo. Con lei sono salita per la prima volta su un palco. Chi educa alla musica prepara un artista ad affrontare il pubblico; chi educa con la musica prepara un uomo ad affrontare la vita. Mia madre e mio padre mi hanno educata “con” la musica. Qual è lo spettacolo a cui ti senti più affezionata? Ogni spettacolo, circa 10 nella mia carriera, mi ha lasciato qualcosa di bello e di importante. Il contatto con le persone, la partecipazione degli spettatori sono la mia energia Ogni serata è unica e diversa; ritornare a casa dopo aver allietato la platea resta la soddisfazione più grande. Per me, infatti, più che ogni altra cosa, è importante interagire col pubblico creando l’atmosfera giusta per una serata spensierata e ricca di divertimento. Il pubblico, d’altronde, è più acuto del miglior critico. Nel 2008 è iniziata la tua collaborazione con il M. Massimo Pitzalis: che cosa rappresenta per te? Massimo è un vero artista. Sapevo della sua bravura e lui era al corrente delle mie precedenti esperienze artistiche. Ci siamo incontrati e ha prodotto per me uno spettacolo nel 2008: l’occasione della mia vita. Dal 2009, invece, è iniziato il sodalizio artistico con Serenada Sarda, varietà etno-sardo, unico nel suo genere. Il repertorio prevede l’esecuzione di tantissimi brani tradizionali e tre inediti. Canzoni che potete ascoltare in un cd, “Gherra e Paghe “, frutto dell’impegno di entrambi. Sappiamo che nel palco sei una vera showgirl. Canti balli, presenti e sei anche l’ideatrice degli abiti di scena: come nascono le tue idee? Serenada Sarda è uno spettacolo a 360 gradi, totalmente live, in cui il coinvolgimento è garantito grazie, come ho già detto, ad un’interazione costante, con la “piazza”. Adoro cantare, ma la danza è la più bella di tutte le arti, perché non è una mera tra-

duzione o astrazione dalla vita, è la vita stessa. Quando creo le coreografie cerco di esprimere attraverso di esse le sensazioni e le emozioni racchiuse se nei testi delle canzoni. Ogni passo di danza mi deve emozionare. Per quanto riguarda i costumi di scena, invece, scelgo accuratamente tessuti e colori in omaggio alla straordinaria eleganza e raffinatezza cromatica degli abiti tradizionali della nostra Isola, ma più comodi e moderni, adatti ai tempi e ai più giovani. Che genere di artista sei? Un’artista senza maschere che detesta l’ipocrisia. Sono un “ciclone” in famiglia, con gli amici, all’Università e col pubblico. La Cristina che si vede sul palco, al di là degli abiti di scena, è quella della vita di tutti i giorni. Non recito nessuna parte, interpreto semplicemente me stessa. Oscar Wilde ha scritto che “la spontaneità è una posa difficilissima da tenere”; per me, invece, è la cosa più naturale del mondo. Descriviti attraverso la frase di un libro… Scelgo una frase di Io sono di legno, libro di Giulia Carcasi: “Il legno sembra fermo, ma è sottoposto a pressioni interne che lentamente lo spaccano. La ceramica si rompe, fa subito mostra dei suoi cocci rotti. Il legno no, finché può nasconde, si lascia torturare ma non confessa. Io sono di legno”. Prossimi progetti? Continuare a creare spettacoli e a “volare alto”. Come dice sempre un mio caro amico: “Ognuno di noi ha le ali e il cielo non è lontano”.

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laria orda

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L’OCCHIO DENTRO

di Dalisa

“L’occhio dentro lo specchio”: così viene defiinita dai suoi fan, amici e collaboratori, Ilaria Corda. Una ragazza dal volto solare e dallo sguardo curioso e creativo. É nata a Riola Sardo in provincia di Oristano ma da dieci anni vive e lavora a Cagliari con il suo compagno Fabio e ha una passione: la fotografia. I suoi scatti sono unici, speciali e accattivanti, nati dalla curiosità e dal desiderio di trovare e immortalare nel tempo luoghi incantevoli della sua terra e gesti semplici e pieni di emozioni. La dovizia di particolari e la cura con la quale fornisce un’identità ad ogni singolo elemento, con appropriata scelta di luce e colori, sono gli ingredienti che permettono ai suoi ritratti di assumere un carattere autentico ed accattivante e fanno di Ilaria un talento raro e prezioso. I suoi lavori le hanno favorito la partecipazione ad importanti progetti come l’archivio Etnografico della Sardegna creato dai Fratelli Alinari di Firenze, e le preziose collaborazioni con i siti internet come Sardiniastar, SurfCorner, Surf4ever, Goodlooking, Sardegna.Ita-

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lia guida, Crastulo, il sito francese 123 Sardeigne. Una vera artista che, con il suo impegno, arricchisce il patrimonio isolano di una ricca collezione di ritratti fotografici inconfondibili molti dei quali sono visibili nel sito www.ilariacorda.com una vetrina di momenti magici, sensazioni, profumi, musiche, sapori e carezze.... Ilaria, le tue foto sono veri capolavori. Come è iniziata la tua passione per la fotografia? Credo che la Sardegna abbia un patrimonio artistico e naturalistico incredibile, unico che merita di essere protetto e conosciuto. Le luci e i colori della nostra regione sono stupendi e irripetibili in ogni altro luogo e stagione. Sono una persona molto curiosa e attenta a ciò che mi circonda e penso che le foto possano ben rappresentare tutto questo. Sono dinamica, amo viaggiare e nei miei spostamenti porto con me la macchina fotografica. É un modo per non dimenticare mai le mie avventure e rendere partecipi gli altri dei luoghi che scopro,


LO SPECCHIO

conosco e vivo. Le foto spontanee sono per me le più belle, uno sguardo, una risata, paesaggi, luci e colori. Hai una foto cui sei più affezionata? Adoro ogni mia foto perché rappresenta una parte di me e della terra in cui vivo. Mi piace il mare, l’entroterra sardo e i costumi tradizionali, quello di Desulo in particolare. “La trottola sarda” però è stata per me un’immagine importante. L’ho spedita ad una rivista ed è stata apprezzata e pubblicata. Fu una soddisfazione con il pubblico. Ma sono molto legata anche ad alcuni scatti che ho fatto a mio padre, e al servizio fotografico “Rock star” che mi ha spianato la strada per allestire la mia prima mostra. Come è nata l’idea di una mostra? Venni contatta dall’associazione “Morsi D’arte” che recensisce giovani artisti sardi. E’ costituita da un gruppo di ragazzi appassionati d’arte, pittura e fo-

tografia. Ebbero modo di vedere i miei lavori e mi proposero di esporli. Mi aiutarono nell’organizzazione e grazie a loro feci la mia prima mostra ad Oristano poi a Cagliari. Il posto più originale che hai fotografato? Tanti ... ma gli antichi ovili di Orroli, mi hanno lasciata senza parole. Vecchi nuraghi sono stati sistemati e arredati per creare piccoli e confortevoli Bed and Breakfast. Un’idea stupenda in un posto affascinante. Un vero incanto che spero possa essere ammirato da noi e dai turisti. Progetti futuri? Continuare le mie collaborazioni con numerose riviste, viaggiare e fare servizi fotografici. A tutto questo si aggiunge un altro desiderio. Fotografare le pance delle future mamme. I loro volti, le loro emozioni. Presto sarà mamma: un’emozione ogni giorno più bella che merita di essere raccontata.

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ARDEGNA

UNA CULTURA MILLENARIA FOTO DI ILARIA CORDA


AnnaMereu L’ACIDO IALURONICO E MACROLANE

chirurgo plastico

“Essere belli significa anche essere se stessi e adottare uno stile di vita e un look in grado di mettere in risalto la propria personalità” Essere belli significa anche essere se stessi e adottare uno stile di vita e un look in grado di mettere in risalto la propria personalità. Valorizzare o cambiare qualcosa del proprio aspetto è un desiderio che accomuna molti, per sentirsi liberi di indossare un abito o sbarazzarsi di un’antiestetica cicatrice. Con l’età poi la pelle perde elasticità, tono, volume. Il tempo riduce la naturale presenza dell’acido ialuronico. Ma possono bastare piccoli accorgimenti per ridare lucentezza, compatezza ed elasticità. Basta sottoporsi a delle piccole infiltrazioni di acido ialuronico. Sostanza che stimola la formazione endogena di nuovo collagene, favorisce la coesione tra le cellule e contrasta l’azione invecchiante dei radicali liberi. Infiltrato sottocute, l’acido ialuronico consente, nell’immediato, un visibile miglioramento dell’aspetto esteriore. È il trattamento ideale per completare l’azione anti età di altri trattamenti chirurgici, estetici e cosmetici perché si integra con i tessuti senza falsare la fisionomia della persona, ma donando una freschezza naturale. Utilizzato in campo estetico è un prodotto di sintesi uguale alla sostanza contenuta nel nostro organismo, perciò una volta iniettato, viene assorbito lentamente. Le infiltrazioni sono utilizzate in primis per ricreare volume nelle zone del viso dove a causa dell’età si è verificato una sorta di svuotamento o lievi depressioni cutanee, come gli zigomi e le labbra. Il secondo impiego di questa sostanza riguarda il trattamento delle rughe periorali, i solchi ai lati del naso, le zampe 22

di gallina e le rughe interciliari. Le parti trattate recuperano in breve plasticità e rotondità con un piacevole effetto lifting che elimina il reticolo delle piccole rughe superficiali. Con l’utilizzo dell’acido ialuronico il riempimento delle rughe è immediato i risultati sono piacevoli e non stravolgono la fisionomia della persona. E’ una sostanza naturale già presente nel derma. Il trattamento è reversibile, possono essere fatti ritocchi per completare altre procedure di ringiovanimento. E’ l’ideale se si vuole un ringiovanimento efficace ma non chirurgico, è ripetibile e si possono riprendere subito le normali attività ( non è necessario il ricovero) e i costi sono ridotti.

Abbiamo parlato dei benefici dell’acido ialuronico con la Dottoressa Anna Mereu chirurga estetica all’ospedale di Cagliari. Per lei , il suo lavoro è una vera è propria passione in cui ren-


dere felici i pazienti è il primo obiettivo.”Spesso un’imperfezione – spiega Anna Mereu – può essere per le persone causa di grande disagio che si ripercuote nei rapporti con il proprio corpo e con gli altri. Ridurre una cicatrice, rallentare l’invecchiamento o combattere i radicali liberi poi, sono terapie in cui l’aspetto psicologico è molto importante in particolare nei casi in cui questi interventi completano un intervento di chirurgia plastica”. Tra i prodotti contenenti acido ialuronico c’è il Macrolane corpo, utilizzato della Dott. ssa Mereu nel suo ambulatorio per venire incontro alle esigenze dei suoi pazienti. “Macrolane – spiega - è il primo gel iniettivo che consente di rimodellare il corpo senza ricorrere alla chirurgia. E’ a base di acido ialuronico stabilizzato di origine non animale (NASHA) prodotto da Q-Med, società di biotecnologie svedese, con una tecnologia brevettata. Grazie alla sua elevata viscosità, solleva, sostiene e ripristina i volumi: ha cioè tutte le caratteristiche necessarie per plasmare vaste aree del corpo, grazie a una procedura ben tollerata facile e sicura, capace di offrire un risultato assolutamente naturale. Ripristina i volumi ottimali delle forme e del profilo del corpo. Il gel, puro e di origine non animale, viene iniettato nell’area da trattare per creare volume nel seno, nei glutei, nei polpacci. I risultati del trattamento sono istantanei e duraturi, sebbene non siano definitivi. Gli effetti di un singolo trattamento con Macrolane possono durare fino a 12 mesi, fino a quando l’organismo non avrà lentamente metabolizzato il gel Macrolane. Per risultati ancora più duraturi, è sufficiente un trattamento successivo per mantenere i risultati. Si può anche utilizzare per attenuare una cicatrice o trattare le concavità che si formano dopo i trattamenti di liposuzione. E’ un prodotto sicuro e ben tollerato, facile da eseguire e con risultati immediatamente visibili. Senza doversi sottoporre ad anestesia. Oltre ai tanti vantaggi – continua a precisare la dottoressa Macrolane elimina anche tutte le preoccupazioni che i pazienti hanno nei confronti della chirurgia estetica. Gli impianti permanenti necessitano di interventi chirurgici impegnativi che richiedono solitamente l’anestesia generale. Tali interventi lasciano quasi sempre cicatrici piuttosto estese e sottopongono a rischi di natura medica e chirurgica. Macrolane invece, rappresenta il metodo più semplice e naturale disponibile oggi per il rimodellamento delle forme e dei contorni del

corpo. È un materiale sicuro composto da ingredienti naturali. Ricerche di mercato rivelano che un numero significativo di persone desidera modificare la forma del proprio corpo in modo naturale e non definitivo senza ricorrere all’utilizzo di protesi o all’impianto di grasso con procedure chirurgiche invasive. Molte persone si mostrano inoltre estremamente dubbiose in merito all’ anestesia generale e alle cicatrici post-intervento. E con loro l’utilizzo di Macrolane risulta un’ottima e sicura alternativa per risolvere il problema. Viene iniettato infatti, dopo una semplice anestesia locale, con una piccola cannula a punta smussa, simile a un grosso ago. La punta smussa della cannula, che eroga il gel attraverso aperture laterali, permette di raggiungere i piani desiderati senza danneggiare i tessuti circostanti. Dopo circa mezz’ora il trattamento è ultimato, si può tornare a casa e riprendere le normali attività quotidiane.

Elementi importanti per rassicurare il paziente e avere maggiori possibilità di raggiungere un ottimo risultato. Il modellamento ottenuto può essere mantenuto e rifinito successivamente con dosi progressivamente inferiori di Macrolane. Si consiglia generalmente un secondo trattamento a 9-12 mesi dal primo con l’applicazione del 50% della dose iniziale e, dopo ulteriori 12 mesi, un 23


Per maggiori informazioni Dott.ssa Anna Mereu via Caboni, 10 Cagliari Tel. 070305393 Email: annamereu@gmail.com info: 800.216207 www.macrolane.it

trattamento con circa il 25% della dose iniziale. É un prodotto innovativo e sicuro che utilizzo con successo per me e i miei pazienti il risultato è ottimo, creando soddisfazione per entrambi”. L’acido ialuronico NASHA è ‘FDA approvato dal 2003. Macrolane ha ricevuto lo scorso anno l’approvazione CE per il ‘body-shaping’ e per l’utilizzo specifico sul seno, la cui sperimentazione è iniziata nel 2002. La messa a punto di Macrolane è stata preceduta da anni di studi scientifici e sperimentazioni cliniche. Dopo circa sette anni di analisi e test clinici in Svezia e in Giappone, il nuovo gel iniettivo a macromolecole ha superato più di 50 test sulla sicurezza valutati biologicamente secondo lo standard ISO 10993 adottato da Stati Uniti, Canada, Europa, Giappone. Tutti i test preliminari di citotossicità, di ipersensibilità ritardata, di irritazione e reattività cutanea, tossicità sistemica (acuta, sub-acuta, subcronica e cronica) e genotossicità (in vitro e in vivo) sul prodotto sono risultati negativi. Altri studi internazionali hanno esaminato la leggibilità degli esami diagnostici (ecografia, mammografia) dopo un impianto di gel NASHA, constatando che la presenza del gel Macrolane non interferisce con la possibilità di controllare iI tessuto mammario, la cui visualizzazione risulta migliore rispetto alle protesi di silicone o di soluzione salina. Uno studio multicentrico italiano, presentato al Congresso 2008 della SICPRE (Società Italiana 24

di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica), ha interessato 120 casi in cui Macrolane è stato utilizzato nelle diverse indicazioni: dal modellamento dei glutei e del seno, all’aumento della regione dei polpacci e dei pettorali, fino alla tonificazione delle braccia. I risultati sono stati valutati con schede di giudizio sia dai chirurghi, sia dai pazienti, in modo notevolmente favorevole. La metodica si è rivelata valida anche per l’assenza di importanti complicanze e il prodotto ha dimostrato una buona durata nel tempo. A livello europeo si è da poco concluso uno studio clinico volto a sviluppare le tecniche di impianto di Macrolane e a valutarne gli effetti sia a breve che a lungo termine. Tutti i soggetti sono stati esaminati al momento dell’impianto e con-trollati 12 mesi dopo il trattamento. Un gruppo di radiologi di vari paesi in Europa hanno messo a punto linee guida per la lettura degli esami diagnostici e la loro interpretazione. Si è appena concluso uno studio prospettico effettuato in Giappone su 100 pazienti, mirato a verificare la sicurezza e l’efficacia di Macrolane nella valorizzazione della mammella, mentre uno studio osservazionale analogo è in corso in Francia e in Svezia: coinvolge 75 pazienti e prende in esame anche le tecniche dignostiche di risonanza magnetica e mammografia.


MILLE MODI DI DIRE TI STAMPO Via Marconi, 173 Quartu Sant’Elena

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Daniela UCATO D

LA PURA LANA VERGINE DI PECORA AUTOCTONA DI SARDEGNA PER L’EDILIZIA, L’ARCHITETTURA, IL VERDE, L’ARREDO E L’ECODESIGN

Materiali termoisolanti, fonoassorbenti, con ottime capacità di isolamento termico, igrometrico, acustico e di purificazione dell’aria, realizzati in pura lana vergine al 100% di pecora autoctona di Sardegna per l’edilizia, l’architettura, il verde, l’arredo e l’eco desin. Questi sono i prodotti EDILANA ideati senza finanziamenti pubblici ma dalla sinergia di esperienze e di saperi locali, tramandati e custoditi dalla storia, dalla fantasia, dalla memoria. Patrimoni sociali e solidali che si traducono in capitale economico senza spreco di denaro e restituendo valore alle persone, alle identità dei territori e alle iniziative imprenditoriali. A guidare questa azienda, dove il rispetto della natura e delle risorse della nostra isola sono una ricchezza primaria, è Daniela Ducato. Una giovane donna determinata, creativa ma soprattutto concreta che possiede una grande maestria con i numeri. Per lei la matematica è come una vera “forma d’arte”. Nulla nella sua azienda è lasciato al caso come in un calcolo matematico, dove ad ogni operazione deve corrispondere il giusto procedimento per raggiungere il risultato. Così, il prodotto viene ottimizzato nei minimi particolari fino a diventare un “prodotto scientifico” perfetto.

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Di cosa si occupa la vostra azienda? La nostra attività fa parte della rete aziendale nazionale Essedì, un’impresa di costruzione, rifornimento e distribuzione di materiale edile. Costituita nel 1985, con il compito di sviluppare il commercio dei materiali per l’edilizia e dei legnami presso i rivenditori della Sardegna. Dal 2008 inoltre, nasce una nuova linea di design in cui utilizziamo la lana di pecora e i prodotti del territorio isolano come olio, estratti vinosi, latte e tutto ciò che il patrimonio

naturalistico può offrirci per la realizzazione dei nostri prodotti. In una società infatti, dove siamo circondati di plastica per arredi, tetti e pareti coibentate in buona parte con derivanti del petrolio o con materiali minerali non biodegradabili che non risparmiano energia e che aumentano l’inquina-


EDILANA LANAturale Edilizia

mento del pianeta, la lana di pecora è un materiale naturale che risolve molti problemi ecologici e ambientali. La pura lana vergine infatti, ha delle caratteristiche che, se sapute utilizzare hanno ottime capacità di isolamento termico, igrometrico, acustico e di purificazione dell’aria ad un prezzo competitivo. Come lavorate la lana e che tipo di lana utilizzate? La lana dei prodotti EDILANA è ottenuta dalle pecore bianche e nere allevate in Sardegna, che vivono allo stato semibrado in pascoli selvatici. La pecora nera ha delle caratteristiche preziose e antiche di biodiversità da salvaguardare e la mescolanza di pelo bianco e nero rafforza la qualità del prodotto. In particolare per noi la lana migliore è quella della zona di Arbus, una specie incrociata con un muflone e che, per questo, ha il manto dai riflessi rossicci. La nostra lana è naturale, atossica, priva di polistereni e resine. E’ riciclabile, biocompatibile, non energivora, non polverizza, non rilascia sostanze tossiche, non irrita la pelle, non produce fibre respirabili o inalabili. Non ci sono additivi come leganti o plastificanti. Non consuma le risorse del territorio e, a differenza di altri materiali naturali che necessitano di essere coltivati, la lana di pecora è una risorsa che si rigenera. Infatti non è ottenuta da uccisione o maltrattamento di animali, ma dalla tosatura che avviene ogni anno. La fibra della lana sarda è molto elastica grazie alla ricchezza di lanolina e il vello è ricco di giarre e di peli fortemente crettati, caratteristiche ottimali per i materiali isolanti. Le fibre usate per realizza-

re i nostri prodotti sono quelle corte ovvero quelle più vicino alla pelle della pecora che non vengono sfruttate per l’uso tessile che invece, richiede quelle lunghe. In Sardegna prima della produzione di Edilana queste fibre venivano considerate scarti della lavorazione industriale della lana perciò venivano bruciate come rifiuto speciale creando così un grave impatto ambientale che ora viene emarginato creando i nostri prodotti. Quando un materiale per l’edilizia può considerarsi ottimo? Un materiale per l’edilizia seppur ottimo può definirsi tale ed esprimere al meglio le sue qualità solo se viene adoperato con competenza, serietà ed inventiva. In questo modo si favorisce l’evoluzione e l’innovazione costante dei prodotti realizzando un “prodotto scientifico” quasi perfetto. Cosa realizzate dalla lana? Sono molteplici i prodotti che realizziamo. Tra i più importanti possimo menzionare: pannelli coibentati e isolanti acustici di diverse tipologie, Lastre di lana in cui ci sono anche altri materiali naturali come mattoni di lana e altri materiali naturali. Mattoni di terra cruda con fibrorinforzo di lana Tube Trapp Trappole Acustiche. Tessuti fitocromoterapici con estratti di piante, teli alla propoli per l’agricoltura biologica e il verde urbano. Estrazione e tintura industriale ecologica di filati tessuti e dei materiali colorati e specifici per arredo ecodesign moda. Cuscini, dopo parto e postuali per dolori cervicali e mal di schiena. P.F.


INTERVISTA A

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MARIA CARMELA

ONTINI di Sandra Sulcis

NON ESISTE UN MONDO DI PARITA’ SENZA L’EDUCAZIONE ALLA DIFFERENZA

“Non avevo intenzione di scrivere un libro. I miei colleghi dell’Osservatorio regionale per la cultura e lingua sarda mi spinsero all’approfondimento dei miei studi nel campo della Lingua, Cultura e Storia della mia terra e così sono arrivata alla pubblicazione” Impegnarsi per far conoscere la cultura, la storia, le tradizioni sarde. Questo è l’impegno di Maria Carmela, una donna dinamica, solare, estroversa, che ama la sua terra e desidera raccontarne le radici e i misteri. Insegnante della scuola primaria di Oristano, Carmela è laureata in Scienze dei Beni Culturali, un corso che le ha permesso di approfondire la sua passione: lo studio della sua Isola, la Sardegna, con le sue tradizioni, i suoi tesori e le sue incantevoli pecurialità. Tutto parte dalla cultura e dalla conoscenza delle nostre origini, dalle analisi e dalle riflessioni creando momenti di confronto in cui la salvaguardia della propria identità si integra e diviene parte di un mondo sempre più multietnico e pluriculturale. Per questo, Maria Carmela lavora in differenti settori. É stata tra le componenti della Commissione Pari Opportunità al Comune di Oristano nella scorsa legislatura, attualmente fa parte della Commis-

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sione Pari Opportunità della Regione Sardegna dove è impegnata fortemente nel portare avanti il discorso dell’educazione e della formazione, certa che non possa esistere un “mondo di parità” senza “l’educazione alla differenza”, sia questa di genere, di cultura o quant’altro. Come è incominciata la tua esperienza nella Commissione pari opportunità? E’ un impegno che intrapresi ad Oristano nella scorsa legislatura. Un’opportunità per analizzare la realtà in cui vivo e scoprire le esigenze e le difficoltà delle donne. Un lavoro che ho svolto con grande attenzione in cui l’intero staff ha individuato un percorso in sintonia con le finalità che sono alla base della commissione. Sono state promosse iniziative per garantire l’uguaglianza e la parità senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinione politica condizione personale


e sociale. Favorendo la diffusione delle informazioni relative alle leggi, ai programmi di incentivazione per l’occupazione femminile raccogliendo segnalazioni o denunce su discriminazioni, violazioni di legge che penalizzano direttamente o indirettamente le donne. Il tutto, supportati da uno staff legale per la consulenza. Che differenze puoi notare tra il lavoro svolto in ambito comunale e quello che invece può portare a termine la commissione regionale? Le tematiche e le problematiche sono per lo più le stesse. La cultura del rispetto delle differenze di genere, dell’uguaglianza dei diritti e dei doveri tra uomo e donna deve essere alla base di ogni progetto. Il nostro obiettivo è lavorare per insegnare, in particolare alle nuove generazioni il rispetto, l’integrazione e la parità tra uomo e donna, tra culture, lingue, perchè solo sensibilizzando i più piccoli si può sperare nel futuro. La collaborazione con le scuole è al primo posto. Per questo il mio, lo considero un impegno non tanto politco, quanto sociale perchè ogni nuova trasformazione parte dal dialogo e dalla conoscenza che deve svilupparsi attraverso lo studio e il confronto. Questo mio impegno è presente anche nel mio lavoro d’insegnante. L’ultimo progetto a cui sto lavorando è finanziato dalla Regione e rivolto alla scuola dall’infanzia a quella seconda- ria di 1°grado. La tematica cardine è “La musica popolare dalla ninna nanna fino all’età adulta”. Un lavoro per accrescere l’integrazione dei bambini sardi con i loro coetanei di altre nazioni, anche perché la mia classe è decisamente multietnica e multiculturale.

per il sito archeologico di Barumini. Lavorai quasi due anni facendo indagini e ricerche sul campo. Fu un lavoro impegnativo che piacque molto alla Presidente nazionale Unesco Maria Luisa Stringa e a Professor Raimondo Zucca che decisero di scriverne presentazione e prefazione, ma soprattutto al mio editore che nel 2008 mi chiese di rendere il mio lavoro fruibile a tutti pubblicando un libro. Accettai. E’ stato utilizzato dalle città italiane patrimonio UNESCO per la stesura dei loro Piani di gestione. Prossimi progetti ? La stesura di un testo per le scuole sulla musica popolare tratto dal progetto di cui ho parlato precedentemente. Inoltre sto scrivendo un racconto fantasy per i ragazzi. Tratta la storia della mitologia sarda. Un modo divertente per motivarli alla lettura e alla conoscenza della loro terra. Naturalmente continuerò a lavorare per l’eliminazione della discriminazione di genere e il potenziamento del ruolo delle donne in quanto sono certa avrà un profondo e positivo impatto per la società.

Oltre all’impegno in commissione e nella scuola hai scritto un libro in cui parli della conservazione e del restauro dei beni culturali e in particolare del sito archeologico di Barumini. Come è nata l’idea di questo progetto? Non avevo intenzione di scrivere un libro. Luciano Marroccu, Professor Lilliu, Ica Cherchi, e soprattutto Professor Nicola Tanda, colleghi dell’Osservatorio regionale per la cultura e lingua sarda mi spinsero all’approfondimento dei miei studi nel campo della Lingua, Cultura e Storia della mia terra e così sono arrivata a questa pubblicazione. Sono sempre stata appassionata di Storia sarda, e gli studi intrapresi mi permettevano di approfondire anche il discorso sullo sviluppo territoriale della Sardegna, facendo parte della sezione Unesco di Oristano mi chiesero di sfruttare le mie competenze per preparare un piano di gestione

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MARIA GRAZIA

OPPO

Riflessi di Giunco

Identità e differenze Maria Grazia Oppo nasce a Ghilarza e vi trascorre la sua infanzia, per poi trasferirsi a Cagliari dove cresce come persona e come artista. Si diploma e specializza presso le Accademie di Belle Arti di Roma e Perugia e, in seguito ai suoi studi, insegna come docente di disegno e Storia dell’Arte presso il Liceo Artistico di Cagliari per circa 35 anni. Giovane donna dal carattere piuttosto schivo, preferisce, per diversi anni, approfondire le sue conoscenze e possibilità espressive con il lavoro in studio, disertando intenzionalmente le attività delle gallerie espositive, sino a quando la sua produzione non desta l’interesse di esperti e appassionati che la spingono a socializzare la propria arte. Le sue opere vanno dalle istallazioni e sculture all’aperto, di grandi dimensioni in rapporto alle misure urbane, ai gioielli, per i quali riesce a creare un connubio di materiali diversi, incastonando preziosi fossili e minerali allo stato grezzo, o minuscole ceste in perfetta armonia, agli oggetti di uso comune ma rivisitati dalla mano dell’artista. Giunge così alla sua maturità artistica e personale, esprimendo nelle sue opere le proprie radici ma dotandole di ali che le ren-

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dono leggibili e comprensibile a tutti. Questo è chiaramente espresso nella mostra “Riflessi di giunco” che dal 20 maggio al 12 settembre di quest’anno è ospitata presso il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni popolari, a Roma. L’esposizione, che rientra nel progetto “Identità e differenze. La mano dell’uomo”, a cura di Elisabetta Governatori, mostra nelle opere dell’artista la forte necessità di collegare l’arte e il design con il lavoro dell’artigiano, che diviene così strumento contemporaneo a salvaguardia degli antichi lavori quali bene culturale di un popolo. Così la mostra “Riflessi di giunco” affonda le sue radici proprio nel territorio, nella Storia della Sardegna e si proietta nel futuro creando un dialogo ideale tra passato e presente, tra artigianato e arte, tra insularità e resto del mondo. Le opere partono da un nucleo centrale ospitato nella Sala delle Esposizioni temporanee, dove immagini proiettate a corredo dell’esposizione forniscono il filo conduttore che armonizza nella narrazione i diversi aspetti presenti negli stagni, quali la pesca, l’opera dell’artigiano, l’opera dell’artista e si distribuiscono


È l’uomo che deve creare l’equilibrio tra la natura e le opere delle sue mani. lungo tutto il percorso del museo. La serie d’installazioni, fasci di filtri degli stagni integrati agli elementi dismessi di macchine industriali e gli elaborati gusci di fibra naturali trasformati in sedie, amache, culle, sostenuti da semplici e lineari strutture di ferro, si alternano ovunque nel Museo, talvolta in vetrina, talvolta in sala, accostati in modo armonioso agli oggetti del passato di tutto il Paese, in un dialogo intimo e costante. In quest’ambiente così suggestivo, abbiamo incontrato l’artista che ci ha incantato per la luminosità dello sguardo e la semplicità con cui si è concessa alle nostre domande .

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ostra veramente interessante. Esprime unicità e originalità, ma anche una maturità artistica che presuppone un lungo percorso di studio e conoscenza, ci viene spontaneo chiedere: quando e come sia iniziato questo percorso? Quando ha iniziato a creare opere nel vero senso della parola? Credo siano nate con me, nel senso che da quan-

do posso ricordare ho sempre usato le mie mani per creare qualcosa, esprimere ciò che sentivo in un determinato momento e che voleva venir fuori in modo irrefrenabile. Quando questo esprimersi è divenuto lavoro d’artista? Non ho mai pensato alla mia arte come a un lavoro vero e proprio, come qualcosa di produttivo nel senso economico del termine, ma piuttosto al modo più gratificante di tirar fuori sensazioni, emozioni talvolta difficili da esprimere a parole. Ogni idea che nasce nella mia mente è sempre una grande emozione, la materia qualunque essa sia, mi aiuta a concretizzarla. Le mie idee non “pensano” di essere “commerciabili”. Considero invece lavoro la mia attività di insegnante di Storia dell’arte che ho svolto per 35 anni, tra l’altro con grande passione sin quasi alla fine. In che senso sin quasi alla fine? Nel senso che gli ultimi anni sono stati piuttosto pesanti per tutto ciò che letteralmente ci piombava dall’alto, da persone che certamente non s’intende-

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vano d’arte, ma , cosa ancora più grave, nemmeno di scuola. Più o meno come ora insomma. Peccato perché insegnare ai ragazzi mi piaceva e gratificava molto. Maria Grazia Oppo artista. Ha iniziato abbastanza presto a “esprimersi” per il pubblico e soprattutto l’ha tenuta a battesimo un grande della scultura.Si, è stato nel 1969, ero veramente molto giovane quando mi fu data la possibilità della mia prima personale, che fu presentata in catalogo dal professor Giovanni Lilliu. Da quel momento in poi, la mia ricerca si è indirizzata definitivamente verso l’astrazione e la manipolazione di materiali di ogni genere, da quelli naturali ai più moderni e tecnologici, come plexiglas, acciaio, ai più poveri o ai più preziosi, come materiale da riciclo o pietre preziose e oro. Da allora ha proseguito lungo un percorso molto prolifero di generi e opere, ha esposto in diversi luoghi di prestigio della Sardegna della Penisola, dell’Europa, per arrivare fino a Lima in Perù. Oggi espone al Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari in Roma, culla nazionale della tradizione materiale. Come si colloca in questi spazi un’artista che definisce le sue opere indirizzate all’astrattismo? Ci sono arrivata per caso, anche se sono convinta che nulla accada mai per caso.

Ero a Roma, dove ultimamente risiedo per la maggior parte dell’anno e, alcuni amici mi hanno invitato ad una mostra presso il Museo. Come artista e appassionata d’arte in tutte le sue forme e manifestazioni, non ho certo esitato ad accettare l’invito. Una volta là, ho avuto la visione delle mie ultime opere che trovavano la loro collocazione ideale in quegli spazi e, proprio come nella mia visione le ho disposte.

Visitando la mostra, devo dire che la sua visione è stata decisamente profetica, le sue opere, perfettamente collocate nella realtà museale, ne traggono beneficio e danno un valore aggiunto a ciò che le circonda, soprattutto per l’utilizzo di materiali così diversi tra loro, come la “Pamari Lacustris” intrecciata e integrata a plexiglas, plastica, acciaio, ferro, reti da pesca. Natura e tecnologia. Creo sempre seguendo in modo istintivamente equilibrato queste due opzioni; il concetto è lo stesso: viviamo immersi nella natura che l’uomo usa e plasma, non sempre in modo corretto. L’uomo è libero di farlo ma deve tener conto del fatto che l’abuso, in ogni campo esso avvenga, si ritorce in un certo qual modo verso chi lo perpetra ed è ciò che sta accadendo e che vediamo ogni giorno. È l’uomo che deve creare l’equilibrio tra la natura e le opere delle sue mani. È la ricerca d’equilibrio quindi il motore che l’ha spinta all’elaborazione di questo percorso espositivo? Si, è proprio ciò che ho voluto esprimere in questo mio ultimo lavoro ma che comunque è sempre stato il filo conduttore delle mie espressioni artistiche: l’equilibrio tra la natura e la mano dell’uomo, legati inscindibilmente nel tempo e nello spazio M.C. Contini

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L

UISA

MARILOTTI di C. C.

IL LAVORO (NON) E’ UGUALE PER TUTTI “Il lavoro (non) è uguale per tutti”, e sì, perché a dispetto del dettato costituzionale le cose stanno purtroppo ancora così, innanzitutto per le donne, che continuano a subire innumerevoli forme di discriminazione, nell’accesso al lavoro, nella progressione di carriera, quando diventano “mamme” (se ci riescono!), giusto per esemplificare. Ma questo fu anche il titolo, volutamente provocatorio, scelto da Luisa Marilotti, consigliera regionale di Parità della Sardegna, per un importante convegno del 2006, in cui fu presentato il primo rapporto biennale sulle donne occupate nelle aziende con oltre 100 addetti, un’occasione per fornire dati, numeri sulla consistenza e la qualità del lavoro delle donne, sulla loro condizione complessiva di vita, ancora assai lontana - ieri come oggi - dagli obiettivi posti dalla Unione Europea, dal raggiungimento della cosiddetta “parità”. Di iniziative come questa per combattere le discriminazioni a 360 gradi, Luisa Marilotti ne ha fatte tante da che, alla fine del 2003, vincendo una pubblica selezione, è stata nominata consigliera regionale di Parità dal Ministro del Lavoro Maroni, di concerto con quello delle Pari Opportunità Prestigiacomo, ed è stata la prima per la Sardegna. Incarico riconfermato per altri 4 anni nel 2008, su indicazione dell’As34

sessore regionale del Lavoro Romina Congera, un riconoscimento del tanto lavoro svolto, dei casi di discriminazione risolti, che hanno collocato la Sardegna ai primi posti per i risultati raggiunti. “Il lavoro più grande - dice Luisa Marilotti - è proprio quello di riuscire ad aiutare una donna, o più donne vittime di discriminazione a causa del sesso, a vedere riconosciuti propri diritti, a volte attraverso azioni di mediazione e a volte nei casi più “resistenti” attraverso il ricorso a procedimenti giudiziari, anche in via d’urgenza, utilizzando le prerogative che mi sono attribuite dalla legge”. Va dritto allo scopo Luisa Marilotti, anche quando affrontare alcune situazioni non è propriamente una passeggiata, quando per difendere il diritto di donne (e/o uomini) discriminati, bisogna mettersi “contro” anche la Pubblica Amministrazione, enti regionali o grossi comuni come quello di Cagliari o grandi imprese: è diventato un caso nazionale la “storica” vittoria al TAR Sardegna del novembre 2007 sul diritto degli agenti di polizia municipale al part time, donne e uomini che siano: sembra impossibile, ma il regolamento della “capitale” sarda non prevedeva questo diritto consacrato dalla legislazione sulla maternità e sulle pari opportunità, è stata dura, ben due anni di tentativi diversi di conciliazione, ma alla fine c’è


voluto il ricorso al TAR su richiesta delle vigilesse discriminate, per ottenere “giustizia”. Così come non è stata una passeggiata “metter su la casa”, come dice lei, costruire più o meno dal niente l’ufficio regionale della consigliera di parità, creare delle nuove professionalità e competenze senza le quali anche le migliori intenzioni rischiano di rimanere tali: “ Si, è vero, la Regione per legge è tenuta a fornire la struttura e il supporto tecnico-amministrativo, ma qui oltre le strutture materiali, non c’era altro, ma soprattutto non c’erano le persone con una preparazione specifica: era tutto nuovo e inedito per la stessa struttura burocratico-amministrativa della Regione, perchè era ignota la stessa figura istituzionale della consigliera di Parità, le sue funzioni e i suoi poteri, di fatto autonomi e indipendenti rispetto alla stessa Regione: è stata dura, durissima, per tanto tempo ho lavorato soltanto con una segreteria telefonica che mi ero portata da casa e delle giovani laureate come tirocinanti, che ho formato io stessa e che mi hanno anche dato molte soddisfazioni, ma che non potevano garantire la continuità negli anni.” Forse non ci si credeva molto nei poteri reali di questa figura istituita con la legge 125 del ‘91 e rafforzata con il Dlgs 198 del 2006, più noto come Codice delle Pari Opportunità: la consigliera di Parità può a buon diritto definirsi un presidio del principio di uguaglianza e non discriminazione, perchè di fatto svolge funzioni di pubblico ufficiale e può anche costituirsi in giudizio a difesa delle donne discriminate sul lavoro a causa del sesso. Tutto risolto quindi? “Niente affatto - dice Luisa Marilotti - la nostra è una battaglia on the road, incessante, come sono incessanti i tentativi di rintuzzare le piccole e grandi conquiste delle donne in tutti i campi! Noi lavoriamo tuttora con pochissimi mezzi finanziari, che derivano da fondi nazionali e regionali, con i quali dobbiamo fare miracoli, considerato che azioni forti come un ricorso al TAR possono costare svariate migliaia di euro.” Si infiamma Luisa Marilotti, con l’indomita passione che contraddistingue il suo agire da sempre in un campo in cui si è impegnata anima e corpo nei suoi studi - Laure in Lettere cum laude -, nella ricerca storica e nella sua attività professionale. Anche perchè non tutti sanno che per “campare” di mestiere fa tutt’altro in qualità di funzionario della Società Trenitalia, dove ha fatto tanta attività sindacale a tutto tondo e dove per 9 anni è stata presidente del CPO, Comitato per le Pari Opportunità aziendale regionale: ”sono stati anni memorabili- ricorda Luisa Marilotti- con un gruppo di donne straordinarie abbiamo fatto da battistrada in tante vertenze, in un mondo a predominanza maschile, per assicurare parità di diritti e di trattamento alle poche donne occupate, forse è anche per questo che ho una specie di fiuto particolare per riconoscere le discriminazioni, spes-

so occulte in settori maschili“. Ha fatto epoca il volume “Libero Transito”, pubblicato a cura della CPO delle FS, che nel 2001 è diventato un caso nazionale, con una presentazione al Salone del Libro di Torino e con il plauso della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che lo scelse come esempio di buona prassi: “ E’ vero, il libro ebbe un buon successo- ricorda Luisa Marilotti- libero transito nel linguaggio tecnico ferroviario significa ‘verde verde verde’ e cioè ’circolazione senza impedimenti’, una chiara metafora per rivendicare il diritto delle ferroviere a transitare senza ostacoli nella professione e nella carriera“. Ma il cuore della consigliera di Parità batte sempre sulla prima “grande” vittoria, giunta alla ribalta nazionale con una intervista anche a RAI Utile: ” E’ la storia di una dipendente di un ente regionale, che si era sentito dire dal proprio dirigente che ”una donna vale meno di un uomo checché ne dica la parità”racconta Luisa Marilotti- e che per questo da anni percepiva una indennità accessoria inferiore a quella dei colleghi. Una situazione esplosiva fatta di infinite vessazioni e soprusi di ogni genere seguite alle sue proteste e ai suoi ricorsi anche dal giudice del lavoro. Una que- stione delicata che siamo riusciti a risolvere con un grande lavoro di mediazione con l‘amministrazione regionale, che alla fine ha riconosciuto i diritti della signora. E‘ stato il primo successo che mi ha dato la carica per andare avanti.”! Impossibile raccontarle tutte le piccole grandi vittorie nel campo minato dei diritti calpestati e delle discriminazioni contro le donne, come l’accordo stragiudiziale con il comando dei Vigili del Fuoco di Cagliari del 2007, grazie al quale si sono aperte le porte di questa difficile e delicata professione anche per le donne, fino ad allora di fatto escluse con mille sotterfugi e trabocchetti o come l’estensione del diritto al part time anche ai dipendenti del Corpo Forestale, grazie ad una azione congiunta con le consigliere regionali. “Ma non ci siamo occupati solo di contrasto alle discriminazioni in ragione del genere- sottolinea Luisa Marilotti- abbiamo svolto un’azione a tutto campo, di informazione, divulgazione e di raccordo con le donne delle Istituzioni, degli organismi di parità e delle associazioni sui tanti temi che riguardano la condizione femminile, il lavoro, l’occupazione, la violenza, la rappresentanza. Oggi lavoriamo anche su un altro fronte avanzato per la conquista della parità, su cui la società deve misurarsi nella sua interezza, quello della equità nella salute e quindi della farmacologia e della medicina di genere, su cui ho avviato un largo confronto sostenendo il primo dottorato in Farmacologia di Genere istituito presso l’Università di Sassari, con un convegno regionale a Cagliari e dedicando a questi temi l‘AGENDA MIA 2010.”

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“La conclusione dell’esperienza vischiosa e totalmente coinvolgente della droga è in un alto numero di casi collegabile alla forza materna ed alla sua continuativa ribellione ad essa”. “Computer e televisore sono apparecchi di per sè neutri, ma che possono diventare pericolosi nel ruolo di babysitter a tempo pieno, sostitutivi della fondamentale vicinanza dell’adulto nel suo ruolo di guida attenta a partecipe. A questi giovani – ragazzi di 11/12 anni - viene tolto un periodo della vita affidando loro compiti che, per un verso, richiedono responsabilità che danno un falso ruolo di adulto dal quale carpire talune libertà senza avere però la maturità adeguata. Senza tema di smentite si può affermare che, tra tutte, l’esperienza di droga è quella che infallibilmente tradisce. Tradisce chi si avvicina ad essa, al novanta per cento, con curiosità e fiducia nei suoi “doni” per poi, troppo tardi, constatare il suo incatenamento vischioso. Una riflessione che si adatta perfettamente alla realtà maschile e a quella femminile in quanto a meccanismi, dinamiche e conseguenze negative anche se in riferimento alla seconda, il discorso deve essere circostanziato. Infatti l’osservazione clinica e quella statistica continuano a mostrare un’ immersione femminile nella droga assolutamente inferiore rispetto a quella maschile. E’ vero però che nel tratteggiare, per esempio, la dipendenza dalla droga- alcol sono necessarie alcune puntualizzazioni che il discorso realistico, quale è questo che ci siamo proposti, richiede. Se la nascita dalla tossicodipendenza da cannabis, eroina, cocaina ecc., così, come oggi la conosciamo, risale alla cultura dell’America degli anni Cinquanta, il consumo di alcol lo si trova nelle più antica tradizione della Sardegna. Luca Pinna,il ben noto studioso e scrittore sardo, ci dà una interpretazione realistica dei meccanismi dell’iniziazione maschile: il ritorno dal lavoro solitario dalla campagna, la bettola accogliente luogo di socializzazione, il giro del bicchiere di vino che doveva chiudersi sempre in parità ossia senza dover restare in debito con nessuno dei presenti. La conclusione: tasso di alcol alto nel sangue, la percezione distorta della realtà, un modo d’essere che nel tempo portava alla dipendenza dal vino consolatorio e compagno di vita. Una dipendenza che, seppure nascosta entro le mura domestiche, ha serpeggiato anche nel mondo femminile sardo con mec-

LA

De la droga ONNA

di Maria Pia Lai Guaita 36


canismi diversi: solitudine, la droga- vino a casa, la sottovalutazione della sua pericolosità allorché si scopriva, non osservata, lo stordimento benefico ai propri problemi. Oggi? Esistono ancora le esperienze solitarie, ma la giovane donna, nell’extra domestico non nasconde, per esempio, la predilezione per gli alcolici e superalcolici nel momento della socialità di gruppo. Le conseguenze e l’eventuale dipendenza sono collegabili alla personalità, al fisico, alla situa- zione culturale-sociale. Spostando il discorso dalla droga-vino alle altre che attualmente sono protagoniste della realtà circostante, la prima osservazione è che nonostante la partecipazione e il rischio collettivo ancor oggi si mantiene molto evidente la eclatante differenza numerica di genere a sfavore del maschio. Sfavore nel senso che il maggiore coinvolgimento maschile non può se non essere visto come elemento negativo per questa parte della popolazione. Anche l’iniziazione richiama due punti importanti e caratte- rizzanti: sempre i maschi ad avvicinarsi alla droga più numerosi rispetto alle donne e l’età sempre più giovanile. Se infatti era l’adolescenza con i suoi quattordici \diciotto anni ad essere la più coinvolta, ora sono gli undicenni (i quasi bambini) a voler provare con la famosa “birretta” e, perché no?, lo spinello che “ tanto non fa nulla”. Come mai? La spiegazione dell’abbassamento dell’età per talune esperienze va rintracciata nelle modifiche della realtà culturale e soprattutto di quella familiare. Il maggiore impegno lavorativo esterno della donna alla quale preceden- temente era delegata la politica familiare proprio per quel suo maggior tempo da trascorrere tra le mura domestiche, hanno condotto al doppio fenomeno della casa vuota e dei bambini con “le chiavi in ta- sca”. Fenomeno che per primo era stato osservato in America e fa riferimento, e i lavoratori della scuola lo indicano, come anche ai piccoli siano affidate le chiavi perchè al ritorno si possa rientrare in casa, dove non ci sono mamma e papà ma sicuramente c’è il televisore e il computer ad attendere. Apparecchi di per sè neutri, ma che possono diventare pericolosi nel ruolo di babysitter a tempo pieno, sostitutivi della fondamentale vicinanza dell’adulto nel suo ruolo di guida attenta a partecipe. A questi giovani viene tolto un periodo della vita affidando loro compiti che, per un verso, richiedono responsabilità che danno un falso ruolo di adulto dal quale carpire talune libertà senza avere però la maturità adeguata. Non stupiscono, mentre dovrebbero preoccupare tutto il gruppo sociale, i comportamenti precoci e l’avvicinamento ad esperienze pericolose: l’adulto sembra meravigliarsene senza sentirne la responsabilità. Sino a questo momento, la ricerca indica tale precocità soprattutto tra i maschi. La spiegazione può essere legata a due elementi: una protezione familiare maggiore alle figlie femmine rispetto a quella

riservata ai figli maschi , più limitate concessioni ad esse per la partecipazione a taluni eventi sino ad una certa età. Sempre la ricerca sull’atteggiamento dell’adulto nei confronti della tossicodipendenza, mostra la preoccupazione per il rischio prostituzione femminile che la realtà mette in evidenza. Una preoccupazione che attiva maggiori difese. Nel parlare di donne e tossicodipendenza è importante fare una distinzione tra esperienza diretta ed esperienza indiretta. La prima, come già accennato, ha mostrato sino a questo momento, un minore coinvolgimento numerico femminile che può trovare spiegazioni in difese conseguenti a fattori educativi dai quali possono derivare scelte di vita sentimentali, di maternità, anche a livello inconscio. Difficili le interpretazioni in quanto difficile la ricerca in proposito. Evidente, invece, e ben visibile la sofferenza femminile indiretta, ossia quella legata alla maternità. Una sofferenza indicibile davanti alle scelte di droga dei propri figli: percezione di tradimento, sentimenti di pericolo, d’impotenza ne sono i protagonisti. La percezione di tradimento è particolarmente evidente nella donna appena scopre l’esperienza di quel figlio che si è portato nel grembo per nove mesi, al quale ha dato il proprio latte , e guardato con amore e speranza nella vita; tutto ciò per l’assunzione di qualsiasi droga , infatti, è ingannevole la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti. Esistono sostanze che creano tolleranza, captano l’attenzione, sentimenti e comportamenti e fanno del figlio un estraneo che non si riconosce più. Del quale si ha spesso paura. Dinanzi ai suoi comportamenti magari aggressivi verso persone o cose nasce un sentimento di impotenza, di disfatta generale che si accompagna alla disperazione. Si parla di sentimenti al femminile senza voler sminuire quelli maschili perché nella donna madre hanno una risonanza particolare che ha portato a reazioni esemplari. A ribellioni costruttive per la risoluzione di tanti casi di tossicodipendenza, come tante storie conosciute indicano. Il pensiero va al mondo animale e alle difese materne dei propri cuccioli davanti al pericolo ed espresse con un coraggio senza limiti che nel genere umano sono anche vigile consapevolezza dei risultati da conseguire. La conclusione dell’esperienza vischiosa e totalmente coinvolgente della droga è in un alto numero di casi collegabile alla forza materna ed alla sua continuativa ribellione ad essa. Una ribellione spontanea, supportata continuativamente dall’amore, dall’intuito ed intelligenza indispensabili per riuscire ad averla vinta sulle modalità di vita che instaurano gli effetti della droga su chi si avvicina ad essa restandone prigioniero.


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UN’ANALISI ANTROPOLOGICO - RELIGIOSA DEL CONTESTO BARBARICINO

IOLENZA E SACRO

Don Giuseppe Pani,

appassionato di antropologia culturale, grande estimatore dell’intellettuale francese René Girard, ha pubblicato “Violenza e Sacro” (Ptm editrice), dove analizza le conseguenze dello strano connubio “sacro - violenza”, in particolare in Barbagia Il sacro e la violenza, l’odio, l’invidia e la vendetta, sono mali universali che Don Giuseppe Pani, ha cercato di analizzare e spiegare partendo da un’analisi antropologico-religiosa del contesto barbaricino. Parroco di Villanova Truschedu, ma originario di Tonara, Don Giuseppe ha conseguito il Dottorato in Teologia morale e spirituale presso la Facoltà Teologica della Sardegna, insegna Antropologia religiosa presso l’Istituto di Scienze Religiose della Sardegna Centrale di Oristano e Morale sessuale e familiare nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Sassari; giornalista, da quattro anni è direttore responsabile del settimanale “L’Arborense”. Appassionato di antropologia culturale, e grande estimatore dell’intellet-

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tuale francese René Girard, ha pubblicato Violenza e Sacro, (Ptm editrice) dove analizza le conseguenze dello strano connubio “sacro-violenza”, in particolare in Barbagia dove rimangono radicati molti elementi dell’antica tradizione magico-religiosa pagana; una realtà in cui è possibile individuare i sentimenti più profondi dell’essere umano, quelli che, l’intellettuale francese, pone alla base della violenza e dell’invidia, che ognuno può potenzialmente provare nei confronti degli altri, siano questi amici o nemici: modelli da imitare e a volte “combattere”. Secondo Girard, infatti, la violenza nasce dal desiderio mimetico, dal desiderare secondo l’altro. Mimesi è una parola greca che significa imitazione. Il nostro


desiderio è sempre suscitato dallo spettacolo del desiderio di un altro per il medesimo oggetto: la visione della felicità dell’altro suscita in noi (che ce ne rendiamo conto oppure no) il desiderio di fare come lui per ottenere la stessa felicità, o, ancora più intensamente, suscita in noi il desiderio di essere come lui. I desideri delle persone che stimiamo ci “contagiano”. Don Pani come mai ha deciso di scrivere questo libro? Innanzitutto, perché le mie origini sono barbaricine e gran parte del mio ministero sacerdotale l’ho vissuto in questa terra (Desulo, Ovodda e Tiana), un luogo le cui radici sono da ricercare in una tradizione ancorata alle differenze tra le regioni più civilizzate e quelle della “barbarie”. Qui lo straniero e il vicino di pascolo sono da sempre dei potenziali nemici. Lo stretto rapporto tra la violenza, il banditismo, la faida, il codice della vendetta, l’educazione del bambino, il ruolo della donna, e il sacro sono radicati nella cultura tradizionale e in molti riti e rituali di questo territorio: i carnevali barbaricini, il culto dei morti, il dio violento delle leggende, la religiosità impregnata di paura, il malocchio. Che cos’è il malocchio, infatti, se non una sorta di giustizia soprannaturale? Tu hai una cosa che io vorrei e che non meriti, tuttavia, siccome non mi hai fatto nulla, non posso, a mia volta, farti del male. Mi limito a sperare che ti capiti qualche disgrazia, e magari agevolo il destino con una bella fattura, così l’equilibrio verrà ristabilito. E semus pari. Il malocchio è molto di più di una semplice superstizione da combattere. L’invidia blocca le persone di una comunità, le spinge a non mettere pienamente a frutto i propri talenti. Per questo, anche alla luce di un mio particolare interesse esistenziale in cui ho potuto vivere personalmente queste contraddizioni, ho sentito l’esigenza di analizzare il fenomeno e ricercarne le cause. Preciso che mi sono concentrato sul male e non sul bene della mia terra. Nel suo libro fa molti riferimenti a Girard, può spiegarci il motivo? Sì, la mia analisi parte dalle teorie di René Girard, di cui sono un grande estimatore. Girard, infatti, parte dalla teoria che i sacrifici delle diverse religioni sono caratterizzati, in modo più o meno marcato, dalla violenza. Per questo studioso, l’aggressione reciproca fra i membri di una società, deriva dal fatto che tali membri desiderano il medesimo “bene”. Una società, inoltre non può sopportare questa situazione senza venire disintegrata perciò occorre trovare un individuo che sia riconosciuto come il vero colpevole, il responsabile di tutta la violenza che permea la società. E qui emerge un altro pilastro dell’ipotesi girardiana e, cioè, la vittima espiatoria: alla violenza reciproca

dell’uno contro l’altro, si sostituisce la violenza unanime della folla, di tutti contro uno; i vari carnevali barbaricini attestano questo meccanismo: in essi sono presenti tutti gli stereotipi di persecuzione ipotizzati dall’intellettuale francese, tutte le caratteristiche della vittima, del capro espiatorio. E, così, quella vittima diventa la garanzia della sopravvivenza dell’intera comunità: diventa, sacra. È la causa dei mali, ma anche il motivo della rappacificazione. Che messaggio vuole comunicare? In tanti episodi biblici l’invidia tra gli uomini sfocia in un omicidio o un tentato omicidio. Significa che è la miccia che fa esplodere la violenza dell’uomo contro l’uomo. La violenza in Barbagia, come in ogni parte del mondo, nasce dall’invidia. Per smuovere le coscienze, dunque, al di là degli appelli, occorre prendere consapevolezza del desiderio mimetico e seguire una nuova visione della realtà fondata sul riconoscimento dell’innocenza della vittima. Ciascuno è chiamato in Barbagia, e non solo, a considerare se stesso non una vittima innocente, ma un potenziale persecutore; e l’altro non un persecutore, ma una potenziale vittima. Siamo vittime e carnefici.

S.S. 39


Madre, sei il miracolo perenne Madre dolcissima, una gioia infinita ha riempito il cuore, improvvisa, inattesa ma tanto desiderata: una gioia carica d’amore, luce di vita nuova per un cammino di pace splendore di eternità. Madre, il tuo sorriso materno è la gioia infinita!

Madre dolcissima, sono venuta da te, un pianto senza fine ha segnato la preghiera: i tuoi occhi dolcissimi hanno calmato il cuore, il tuo sorriso materno mi ha riempito di pace, davanti a me “vita nuova”. Madre, mi hai preso per mano, mi hai donato la gioia.

Madre dolcissima un’amore infinito ha riempito i giorni: ogni attimo è respiro di gioia, di eternità, ogni passo è palpito di un cuore innamorato, la strada seminata di fiori è il canto della primavera. Madre, la tua tenerezza è la fiducia del tempo.

Madre dolcissima, questo bimbo è tuo! Lo guardo, ha il tuo sorriso, lo stringo forte al cuore ha la tua tenerezza, i suoi occhi innocenti sono splendore dell’infinito, il suo abbraccio dolce è la gioia del tuo amore. Madre, mi hai preso il cuore e mi hai donato il tuo.

Madre dolcissima, ripenso a tempi lontani: che tormento! Giorni bui, attimi tristi quante paure e dubbi! Strade segnate da pericoli, passi segnati dal male che tristezza! Madre, tu eri accanto, il tuo cuore materno ha illuminato la strada.

Madre dolcissima, grazie per il miracolo della vita vera, grazie per il miracolo di un amore infinito, grazie per il miracolo di questo bambino. Madre, sei la mia vita, se il miracolo perenne di un cuore pentito che canta la gioia del perdono.

Madre dolcissima, sono fuggita da te, ho sperimentato l’effimero, ho chiuso il cuore per un piacere triste, ho inseguito l’amore e non l’ho trovato: stringo tra le braccia il frutto del tormento. Madre, mi hai dato un bimbo e ho sentito l’amore

Ca, 08 Aprile 2010-04-08 Padre Stefano Mascia

Nota: Storia di una conversione



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Laura Gabrielli, collaboratrice amministrativa dell’azienda, a contatto diretto con farmacisti e consumatrici finali, mette la sua esperienza al servizio dei clienti e spiega come è nata e di che cosa si occupa Baby Comp. La Baby Comp è un’azienda che progetta e sviluppa strumenti tecnologici per la procreazione e la contraccezione naturale. Quali sono nello specifico i vostri prodotti? Gli apparecchi BabyComp sono dispositivi medici di Classe 2 B progettati, sviluppati e certificati in Germania. Noi della Baby-Comp srl, con sede a Bressanone (BZ), siamo gli importatori in esclusiva e i rivenditori ufficiali per l’Italia e il nostro compito è di vendere e fornire assistenza ai nostri clienti. Gli apparecchi sono tre: Babycomp, Ladycomp e Pearly. Tutti e tre gli apparecchi possiedono il medesimo software e una sicurezza contraccettiva

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del 99.3% (Indice Pearl dello 0.7) e garantiscono uguale affidabilità anche in donne con cicli irregolari. Sono molte le donne che desiderano avere un figlio. Quanto è importante per loro utilizzare il vostro prodotto per la procreazione? Gli apparecchi Babycomp, oltre a fornire alla donna giornalmente l’indicazione di fertilità per le prossime 24 ore, sono dei veri e propri laboratori di analisi, in quanto compiono delle statistiche sul ciclo mestruale. Per avere un’idea visiva dell’andamento del proprio ciclo è possibile richiedere la stampa dei dati,


un supporto utile da presentare al proprio medico o ginecologo nel caso ci fosse bisogno di monitorare la fertilità nel lungo periodo. Inoltre Ladycomp fa una prognosi dell’ovulazione (che diventa sempre più accurata con l’utilizzo) e presenta, al contrario di Pearly, un settore delle statistiche, visibili direttamente sul display. Anche Babycomp fa una prognosi dell’ovulazione, già a inizio ciclo, che permette alla coppia di mirare i rapporti nei giorni con maggior probabilità di concepimento. Il che è particolarmente utile nel caso in cui l’uomo presentasse una ridotta fertilità. BabyComp, in più, compie tutta una serie di analisi che permettono di monitorare la stabilità della fase luteinica, importante per l’impianto dell’ovulo, segnala quando la gravidanza si è effettivamente instaurata e calcola automaticamente la data del parto. Tre apparecchi differenti. Come può una donna scegliere quello più adatto a sé? La scelta dell’apparecchio dipende dalle esigenze personali di ogni donna. Il software di base dei tre apparecchi è lo stesso, come pure la loro affidabilità contraccettiva. Cambiano solo alcune funzioni. Pearly è stato pensato per la sola contraccezione. Per ragazze giovani che ancora non hanno in mente una gravidanza o per donne che hanno già avuto figli e non ne desiderano altri. La sua dimensione è pari a quella di un cellulare ed è dotato di una batteria interna che va sostituita ogni due anni circa. Al contrario degli altri due apparecchi, Pearly non ha il display illuminato. Ladycomp oltre che per la contraccezione sicura è utile anche perché fa una prognosi sull’ovulazione e delle analisi statistiche sul ciclo. E’ adatto a donne e ragazze che al momento evitano una gravidanza, ma che non vogliono precludersi la possibilità di avere un bambino in futuro. Il display è illuminato ed è dotato di trasformatore, per cui non necessita del cambio batteria. Ladycomp, se si desidera, può essere trasformato in Babycomp.

Babycomp è stato studiato specificamente per la pianificazione di una gravidanza. In quanto fornisce molte informazioni sul ciclo, l’ovulazione, i giorni ottimali per pianificare i rapporti e compie ulteriori statistiche sul ciclo e la stabilità della fase post-ovulatoria. Funge anche da test di gravidanza in quanto informa la donna se si è instaurata una gravidanza. Ha il display illuminato e il trasformatore come Ladycomp. Può essere usato anche come metodo contraccettivo con la stessa sicurezza del 99,3% Cosa devono sapere le donne per poterli utilizzare? Per utilizzare i nostri apparecchi non è necessaria nessuna conoscenza teorica di base. L’unica cosa

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nell’utilizzo degli apparecchi Babycomp e della fertilità in generale. Nella sua esperienza può raccontarci quali sono le soddisfazioni per le donne che usano questi metodi di contraccezione e procreazione? E le eventuali paure? Le donne che usano gli apparecchi Babycomp si sentono libere di usare un metodo naturale, che non interagisce con il loro organismo ma che è al contempo sicuro, con un’affidabilità del 99.3% Inoltre, come detto prima, la donna che usa i nostri apparecchi inizia a conoscere profondamente il proprio corpo e la propria fertilità, armonizzandosi con la sua natura ciclica e, stando alle esperienze, anche la vita di coppia migliora. La domanda principale che si pone una donna quando scopre il nostro metodo è come può un apparecchio naturale essere così sicuro. Purtroppo, oggigiorno, molte donne si fidano più di un farmaco che interagisce con la loro fertilità, e che presenta molti possibili effetti collaterali, piuttosto che del funzionamento del loro corpo e della sua naturale ciclicità. Un’altra tipica paura che le donne presentano è la paura di sbagliare qualcosa e/o di inserire dati errati. Il funzionamento degli apparecchi è molto semplice ed è tutto dettagliatamente spiegato nel libretto di istruzioni. Grazie ai suoi sistemi di sicurezza è impossibile che venga manomesso o che i dati vengano cancellati per sbaglio. In caso di bisogno offriamo assistenza al numero verde gratuito 800 217721 (da fisso) o al numero 0472 831 010 (da cellulare). Dubbi e paure sono comprensibili quando ci si avvicina per la prima volta a un metodo finora sconosciuto. Ma, in generale, bastano pochi giorni di utilizzo perché la donna si renda conto dell’efficacia e della reale sicurezza dei nostri apparecchi, che diventano fedeli alleati della sua sfera più intima. che la donna deve fare è misurare, con un apposito sensore, la temperatura sublinguale, ogni mattina appena sveglia e inserire i dati mestruali quando necessario. La misurazione dura al massimo 1 minuto. Il tutto risulta molto semplice e veloce. Va anche detto, però, che molte donne che si avvicinano al nostro metodo iniziano a sviluppare una naturale curiosità verso il loro corpo e la loro femminilità, approfondendo la conoscenza del loro ciclo mestruale e della fertilità. Un esempio è il forum indipendente Lady Fertility, il primo forum italiano sulla fertilità e i metodi naturali, dove centinaia di donne condividono le loro esperienze

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HOTEL RISTORANTE

Piazza Q. Sella 15, 09016 Iglesias (CI) Tel. 078122492 fax. 078132449 Sito Web: www.hotelartuiglesias.it - Email. hotelartu@tiscali.it

Hotel Artù è situato in Piazza Sella, al centro di Iglesias, città dai costumi medievali ricca di storia e di tradizioni minerarie. La terrazza panoramica dell’albergo si affaccia sul centro storico e sulle antiche mura pisane che cingevano la città. L’Hotel dispone di 36 posti letto distribuiti in 18 camere arredate con gusto che dispongono di bagno, telefono, aria condizionata, riscaldamento, accesso ad Internet per i possessori di PC con connessione wireless e TV color. All’Hotel si abbina la CAV Artu in una struttura attigua, dotata di 6 mini-appartamenti, ognuno dei quali ha la capacità sino a 4 posti letto, ed inoltre sono dotati di angolo cottura e posto auto riservato al coperto. E’ in grado di offrire agli ospiti il meglio della tradizione alberghiera e le più saporite specialità della cucina nazionale e di quella sarda: tra i piatti caratteristici del menù locale sono consigliati i saporiti malloreddus alla campidanese, la fregula con le arselle, la spigola allo zafferano e i tipici arrosti di agnello e porchetto. L’Hotel Artu è la sede ideale per convegni, meeting, banchetti, in quanto nei propri ambienti si trovano ampie sale che possono accogliere ogni tipo di manifestazione, finemente affrescate con immagini di panorami e momenti tipici della zona. L’Hotel dispone di garage interno, servizio fax e american bar.


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QUARTU SANT’ELENA

est Western Hotel Residence

Accogliente

e familiare, ideale per una vacanza in pieno relax

Via Panzini 67 (ang. V.le C. Colombo) 09045 Quartu Sant’Elena(CA) Telefono: +39 070 827070 Fax: +39 070 827071 Email: italia.ca@bestwestern.it Per chi cerca un hotel vicino a Cagliari e al mare ma ama la tranquillità e vuole evitare il caos cittadino il Best Western Hotel Residence Italia è la soluzione ideale. Nel centro di Quartu S. Elena, a soli 7 Km. da Cagliari e a 1 Km. dalla spiaggia, si trova immerso in un’area dove il patrimonio naturalistico viene preservato e valorizzato. L’albergo infatti è situato nei pressi dell’area protetta dello stagno di Molentargius, dove annidano i ‘fenicotteri rosa’ e numerose altre specie di uccelli, a breve distanza dalla rinomata spiaggia del Poetto. Ideale per chi cerca un hotel moderno ed accogliente in un’area divenuta negli ultimi anni luogo di un turismo “intelligente” che preserva e valorizza il patrimonio naturalistico dei suoi dintorni.

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Oltre all’ambiente circostante, punto di forza di questa struttura è la gestione. Un’organizzazione del personale precisa, cordiale e coordinata egregiamente da Stefania Mundula, determinata e pacata. Giovane e pronta ad apprendere e a scoprire, anche dopo le sue numerose esperienze all’estero i trucchi del mestiere per stare al passo con i tempi e rendere il suo albergo, un luogo accogliente e familiare, ideale per una vacanza in pieno relax. Come è iniziata la tua esperienza in questo settore? Provengo da una famiglia di albergatori. L’hotel Italia di Cagliari è stato inaugurato da mio nonno nel


1928 in seguito da mio zio, il Dott. Mundula Antonio e da mio padre Dott. Piero Mundula. Conosco questa realtà da quando ero bambina. É un settore che impegna 24 ore su 24 ci vuole molta preparazione. Mi avviai a questa attività in un primo momento solo per aiutare mio padre e mia sorella, poi le circostanze mi condussero alla guida della struttura dell’Hotel Italia a Quartu. Prima però seguì il mio spirito di scoperta e di curiosità verso altre realtà e più di una volta dopo la laurea in economia partì e lavorai in altre strutture ricettive in Italia e all’estero. Ora gestisco da dieci anni l’Hotel Italia di Quartu, le mie esperienze fuori casa hanno apportato un grande contributo alla mia preparazione ma ritengo che gli insegnamenti più importanti siano quelli che ho appreso grazie a mio padre e mio zio. Due persone eccezionali che ancora oggi nonostante l’età uno quasi 80 anni e l’altro 74 continuano a lavorare nell’azienda di famiglia e sono per me un grande supporto. Mio zio è l’amministratore della società mentre mio padre è il direttore dell’Hotel Italia di Cagliari. Da entrambi ho imparato molto e grazie alla fiducia che hanno riposto in me e alla collaborazione nella amministrazione contribuiamo alla crescita dell’azienda. Come furono queste esperienze? La mia prima esperienza fu al “Gallia”. Un albergo stagionale a Courmayeur, in una splendita località montana. Il lavoro era intenso sia in sala che in cucina, e al contrario di quanto si potrebbe pensare essere la figlia di un albergatore non facilitò il mio ingresso, il mio impegno dovette essere maggiore. Fu difficile ma imparai moltissimo. Terminata la stagione tornai nella mia città e appena fu possibile ripartì. Questa volta a Parma in uno dei ristoranti più famosi d’Italia. Era gestito da Marco Parizzi. Grazie alla professionalità di Marco e dell’intera famiglia, imparai tantissimo. Nulla era lasciato al caso, spaziai dalla lavoro in sala a quello in cucina, mi confrontai con i clienti e compresi realmente il significato della gestione familiare di una attività. Quell’anno poi si aspirava ad ottenere la stella da parte della guida Michelin, tutto veniva rigorosamente preparato dagli chef del ristorante, dai dolci alla pasta fresca. Erano dalle 14 alle 16 ore di lavoro. Rimasi un anno e al termine tornai in Sardegna dove incominciò il mio

impegno nell’Hotel Italia di Quartu, una realtà ancora diversa da tutte le altre. Come fu gestire l’Hotel Italia? Mi catapultai in una nuova dimensione. Essendo affiliato alla Best Western dovetti imparare i nuovi meccanismi di settore che coinvolgono la gestione di questa struttura operativa alberghiera. Come ogni nuovo inizio fu travagliato ma, cercai di mettere in pratica le competenze acquisite in precedenza e nonostante le difficoltà tutto andò al meglio. Qui la nostra filosofia è essere ospitali per lavoro e per passione, capendo e assecondando le esigenze dei clienti, individuando i loro gusti, i loro desideri. I nostri ospiti sono ben lieti di parlare con noi di tutto ciò che può servire per affrontare una visita nella nostra città. Per noi è un piacere fornire consigli per rendere il loro soggiorno più piacevole. Così saranno incentivati a ritornare e il nostro impegno acquisirà sempre maggiore valore. Semplicità e qualità devono andare di pari passo e sono ingredienti fondamentali per trovare clienti, incrementare il turismo e dare risalto alla nostra città e isola. A questo proposito che cosa bisognerebbe fare per incrementare il turismo? E’ fondamentale fornire servizi pubblici efficienti e aumentare le frequenze dei pulman che collegano Quartu con la Capitale. Valorizzare gli spazi verdi e costieri, fornire adeguati luoghi per la sosta, la ristorazione il relax.


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RISSI

PIRAS

L’ARTE DEL PENSIERO POSITIVO V

Ma cos’è il pensiero positivo? È una filosofia di vita, frutto anche di elaborazione culturale, che pian piano diviene “abitudine mentale”. È il modo di proporsi davanti a tutto ciò che fai, che vivi: la vita, gli eventi, gli stimoli esterni, le tue stesse emozioni da vivere sempre in modo positivo. In questo modo, ciò che fai ti porta naturalmente all’evoluzione personale positiva.

verso il male e la negatività, verso il nichilismo. Ecco perché noi artisti abbiamo una grande responsabilità verso gli altri. Fare, vivere, osservare l’arte in senso positivo porta bellezza, gioia, serenità, allegria, felicità interiore; ti porta a vedere la bellezza in ciò che è fuori e ad esprimere al di fuori ciò che di bello hai dentro. In questo modo puoi cambiare il mondo intorno a te. Come artista faccio delle “scelte artistiche” importanti per me, decido di usare determinati colori, li uso brillanti, uso la luce e i suoi contrasti col buio che relego in un angolo, la luce vince sempre sulle tenebre nei miei quadri. Questo rappresenta la speranza. La speranza deve essere sempre presente in ogni manifestazione della vita e la speranza deve guidare la vita. È la speranza che ci fa reagire e riprendere le redini del nostro io.

In senso artistico invece? Noi artisti abbiamo una grande responsabilità, attraverso la nostra arte esprimiamo pensieri creativi “impressionando” il pubblico; sia pensare che interpretare ciò che arriva ai nostri sensi in maniera positiva, serve a migliorare la propria esperienza di vita e ad elevare l’essere. Il pensiero crea, modella, ribalta qualsiasi situazione portandola verso un’evoluzione che può andare in diverse direzioni, verso il bene,

Quando è iniziato il suo percorso artistico come pittrice, quando ha iniziato ad esprimere il suo pensiero positivo con la pittura? Dipingo da sempre o comunque da quando posso ricordare. Ho iniziato a farlo per il pubblico nel 2003, con una personale nella città di Alghero e con una collettiva a La Spina Art Gallery di Pisa e da li ho continuato il mio percorso evolutivo dal figurativo all’astratto, ma l’evoluzione non si ferma mai, solo in

oce melodiosa e pacata, occhi dolci e sguardo innocente, quasi da bambina, gentilezza e serenità; Crissi Piras appare così sull’uscio di casa della sua bella e antica palazzina nel centro di Oschiri. Ci apre la porta della sua casa e del suo mondo fresco e sereno, pieno di pace e leggerezza. Crissi incarna pienamente il pensiero positivo che guida la sua arte e la sua vita, che poi sono un tutt’uno.

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questo modo la creatività esiste e vive. Sto iniziando ad esplorare il mondo delle immagini con la fotografia, mi piace molto “cogliere l’attimo” . Il pensiero positivo è sempre stato presente nella mia arte. Che cosa è rimasto nella Crissi di oggi della pittrice figurativa di un tempo? Molto. Sono sempre io, la mia arte si è evoluta ma è sempre espressione di me. Come prima uso diverse tecniche, acquarelli, acrilici, inchiostri collages, continuo a sperimentare ma chiunque mi conosca non ha difficoltà a “riconoscermi” Non mi sono mai staccata, ad esempio, dallo studio sui fenicotteri che ho realizzato proprio nel periodo figurativo. Ho tenuto una collezione costituita da 14 opere dal titolo “Il sogno del fenicottero”, in cui i titoli delle opere formano una poesia sulla pace. Il sogno del fenicottero I fenicotteri planano e la laguna s’illumina… A tutto globo pax Il fenicottero vola alto con il respiro del vento verso la libertà senza confini, dentro l’immensità, in sintonia con il cielo e la terra ascoltando il cuore in un mare di pace, per un mondo d’amore. La collezione è stata presentata dal Club UNESCO di Sassari alla XXX Assemblea Nazionale dei Club e Centri UNESCO italiani presso il T Hotel di Cagliari. Altre mostre recenti sono state due personali, “Astrattismi” alla Pinacoteca di Codrongianus (SS) e al Cafè Latino di Alghero e alcune collettive, ad esempio allo Spazio CIR 5 di Torino, alla mostra “Arte in Piazza” di Cuneo.

Progetti nell’immediato o nel futuro? Quest’anno ho partecipato alla mostra “Tracce di materia” presso la Galleria Zamenhof a Milano e nell’immediato futuro parteciperò agli eventi della PicassArte gallery di Nuoro. Poi voglio trasformare questa casa in un luogo d’incontro per artisti e amanti dell’arte. Questo sala è abbastanza grande e luminosa (salone a piano terra di circa 80 mq con grandi vetrate che chiunque vorrebbe a casa sua..), non posso tenerlo tutto per me con la penuria di spazi per l’arte che abbiamo, vorrei renderlo fruibile e riempirlo di gente con cui condividere la bellezza dell’arte in tutte le sue manifestazioni. Chi volesse può contattarmi sul mio sito www.crissipiras.it o alla mia mail crissipiras@yahoo.it

È di una generosità disarmante. Ci guardiamo intorno, in effetti siamo circondati d’arte, di quadri da cui si evince il senso di pace e serenità interiore che ne caratterizza la creatrice. I colori che sfumano dall’acceso al tenue, dalla luminosa solarità alla tenebra, ricordano quanto Crissi ci ha detto del suo concetto dell’arte, quasi un percorso evolutivo dal CAOS all’armonia. E con questo senso d’armonia interiore, ci accingiamo a lasciare la sua casa pervasa di freschezza, antica e attuale insieme, fusione di un essere nell’oggi con la saggezza e la serenità dell’eterno. E il mondo fuori ci sembra un po’ più bello.

M.C. Contini

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onne e arcere

Maria Grazia Caligaris

UNA REALTA’ DI DOLOROSA DISCRIMINAZIONE La realtà del sistema carcerario nel nostro Paese mostra aspetti contraddittori per non dire irrazionali. La legge sull’ordinamento penitenziario che, 34 anni fa, nel 1975, ha dettato le norme sulla funzione degli Istituti di Pena quali luoghi di recupero e rieducazione del condannato, in sintonia con il principio costituzionale sancito all’articolo 27, non viene rispettata se non parzialmente. A impedirne l’attuazione sono innanzitutto le strutture penitenziarie. In Sardegna gli Istituti di Pena sono prevalentemente vetusti e gli adattamenti succedutisi nel tempo non ne hanno comunque modificato l’impianto ottocentesco con spazi angusti per le attività riabilitative e per iniziative idonee a costruire un percorso di reintegrazione nella società. La realtà carceraria, inoltre, è fortemente condizionata dal numero di detenuti in costante aumento, di agenti di Polizia, di operatori dell’area educativa e di psicologi del tutto insufficienti. E’ quindi una galassia che per poter operare secondo la finalità assegnatagli deve necessariamente avere in perfetto equilibrio le diverse componenti. In Sardegna inoltre si registra un ulteriore condizione discriminatoria. In assenza di istituti di pena femminili, nelle carceri isolane esisto

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no solo sezioni destinate alle donne detenute. Si tratta nella maggior parte dei casi di extracomunitarie in attesa di giudizio per reati prevalentemente legati alla detenzione per spaccio di sostanze stupefacenti o alla induzione e sfruttamento della prostituzione. Le detenute sarde sono poche, anziane e con diverse malattie. Spiccano invece quelle nigeriane e, periodicamente, le nomadi. Rare le definitive con lunga detenzione. L’assenza di un istituto di pena femminile condiziona pesantemente la vita delle detenute che dispongono di spazi limitati per le attività rieducative. L’aspetto più paradossale è però rappresentato dall’esiguità del numero – pur nei periodi di sovraffollamento come quello attuale – che, anche per la tipologia dei reati e la nazionalità, non consente di attivare iniziative e corsi di formazione con l’acquisizione di professionalità utilizzabili fuori dall’Istituto. Il risultato è una permanenza dietro le sbarre animata principalmente da attività di cucito, ricamo, lavori ad uncinetto e di maglieria. Molte di queste donne potrebbero addirittura non restare in carcere se ci fossero strutture alternative in cui scontare la pena e per alcune di esse, in con-


dizioni di salute incompatibili con la detenzione, si pone il problema di individuare residenze sanitarie assistite. Nella maggior parte dei casi sono gli istituti di religiose ad accogliere queste persone in stato di necessità ma ovviamente si tratta di ospitalità non istituzionali. A complicare il quadro, rendendolo ancora più doloroso, è la presenza anche negli Istituti sardi di minori sotto i tre anni. La normativa vigente nega la possibilità di separare il piccolo dalla madre, ciò in particolare nei primissimi anni di vita. Un principio nobile e di indiscutibile valore che intende salvaguardare il rapporto madre/figlio in un momento particolarmente delicato. In realtà né madri con prole nella primissima infanzia né donne incinte dovrebbero stare in carcere per le evidenti conseguenze che l’esperienza può determinare. Si tratta peraltro di ambienti inadeguati, anche sotto il profilo igienico-sanitario, per l’assenza di spazi all’aria aperta. E’ altrettanto vero che, per andare incontro alle esigenze di queste detenute/madri, sono state predisposte da alcuni anni aree attrezzate. Per ottenerle è stato però necessario effettuare pressioni nei confronti del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Nel carcere di San Sebastiano di Sassari, è stato allestito uno spazio nido. A Buoncammino c’è una cella, con annesso un bagno provvisto di doccia, le cui pareti sono state dipinte in modo tale da rendere meno oppressiva la permanenza ai bimbi. Uno sforzo apprezzabile da parte del DAP ma che non risolve il problema alla radice. E’ evidente infatti che nel caso di minori, lo Stato contraddice se stesso perché sta sottoponendo a misura restrittiva un innocente sottoponendolo a traumi che la vicinanza della mamma e gli sforzi delle Agenti della Polizia Penitenziaria non sono sufficienti per eliminarli. Appare inoltre indubbio che non può essere considerata semplicisticamente responsabile di reato di spaccio una donna, spesso giovanissima, con un bimbo di pochi mesi in braccio (e talvolta con un altro di qualche settimana nel ventre) sorpresa con ovuli di droga in corpo. Ritenere che si tratti di una personalità di spicco nella catena dello spaccio di sostanze stupefacenti è un’ipotesi scarsamente convincente. In assenza di alternative, la donna e la sua prole vengono portate in carcere e messe a disposizione dell’autorità giudiziaria. Ciò avviene anche quando c’è un furto in appartamento da parte di donne nomadi, in genere zingare anch’esse con neonati al seguito. Non tutto il sistema carcerario italiano però è improntato a questa prassi. Ci sono infatti Istituti di Pena

dove i detenuti che abbiano figli, specie se minori, possono incontrare la famiglia e condividere una giornata insieme in un ambiente che riproduce una casa-monolocale con angolo cottura e servizi. Così come ormai da alcuni anni le donne incinte e

con prole di età inferiore ai tre anni quando vengono dichiarate in stato di arresto non vengono accompagnate in carcere ma accedono a strutture alternative. Scontano la pena ma senza che la loro responsabilità ricada sui figli. Avviene in Lombardia. La Provincia di Milano, in accordo con il Ministero della Giustizia, il Ministero dell’Istruzione dell’Università e Ricerca, la Regione Lombardia e il Comune di Milano, ha messo a disposizione una palazzina per allestire una casa a custodia attenuata per 10-12 detenute e i loro figli. Si offrono alle donne ristrette percorsi personalizzati volti al recupero sociale con un attenzione specifica rivolta a: istruzione, formazione, accompagnamento al lavoro e alla mediazione linguistica culturale. Non solo. La Provincia di Milano ha predisposto un progetto per garantire spazi di colloquio adeguati ai bambini con interventi nella Casa Circondariale di Monza. Sarà così possibile favorire ciò che viene definito il diritto alle relazioni affettive dei detenuti sancito dall’articolo 28 dell’ordinamento penitenziario. In Sardegna, nella precedente legislatura sono stati stanziati dei fondi appositi per disporre di case da destinare alle donne con bambini. Non si tratta di cifre esorbitanti e il Consiglio regionale nella Finanziaria 2010 può confermare l’impegno di spesa. E’ un problema di dignità e di civiltà ma è anche una prospettiva che può dare positivi frutti anche sul piano dei posti di lavoro. La sicurezza più duratura è quella che nasce dalla giustizia sociale e dal recupero di chi ha sbagliato. Mettere in carcere i neonati e promuovere le ronde invece non mi sembra possa essere una politica condivisibile.


la

C

di Mariella Cossu

Casalinga, lavoratrice, educatrice, moglie; tanti ruoli diversi per una figura spesso in subordine: la donna agricola. Il lavoro della donna in agricoltura è da sempre un impegno duro, gravoso e poco riconosciuto. Oggi questa figura femminile ha subito mutamenti profondi. Il momento storico che ha schiuso alle donne agricole in genere, e alla donna sarda in particolare, la possibilità di occupazione femminile è rappresentato dal secondo dopoguerra, con la riforma agraria, lo sviluppo della bonifica e dell’irrigazione e le politiche agricole comunitarie. Il passaggio da un’ agricoltura tradizionale, basata sul lavoro manuale e sull’economia di consumo, a un’agricoltura moderna e dinamica di tipo imprenditoriale, e quindi tecnicamente avanzata e basata sull’ economia di mercato interno e internazionale, ha concorso a quel processo di cambiamento che ha visto sfumare le differenze fra tradizionali ruoli femminile e maschile. 52

AMPAGNA è sempre più

DONNA

Maria Cocco : “Il mondo femminile è anche portatore di elementi di innovazione e di flessibilità. Soprattutto in agricoltura, le donne stanno contribuendo a rilanciare il comparto attraverso il recupero delle tradizioni e dei saperi antichi e puntando sulla qualità delle produzioni. Lo si vede nello slancio che hanno profuso in nuovi settori come l’agriturismo, l’agricoltura biologica, le produzioni tipiche e la trasformazione dei prodotti” Mutate, quindi, le condizioni di vita sociale, economica e di struttura della famiglia, le donne agricole sarde sono emerse in tutto il loro potenziale, rappresentando una risorsa nuova in termini di capacità professionale e imprenditoriale. Per lo più sono donne che si sono inserite con notevoli doti di intuito, abilità e competenza nel processo di razionalizzazione dell’economia agro-pastorale, rendendosi talora protagoniste dell’azienda agricola e sperimentando, talvolta, strade nuove anche per l’imprenditore agricolo. Come non ricordare le 200 socie della Cooperativa Allevatrici Sarde, di S.Vero Milis, pioniere dell’’agriturismo in Sardegna. Superando l’impasse dovuto ad una mancata revisione di una gran parte della politica regionale in materia e senza sperare eccessivamente nei contributi hanno attratto migliaia di famiglie desiderose di vacanze a contatto con la natura. Mettendo a disposizione degli ospiti le proprie abita-


zioni, la specifica esperienza e l’amore per le cose genuine, hanno saputo non solo riequilibrare le economie aziendali agricole ma soprattutto favorire un rapporto fra città e campagna. A distanza di quasi mezzo secolo, in un quadro in cui la maggior parte delle imprese, incluse quelle agricole, denuncia un generale peggioramento del proprio fatturato e una diminuzione degli addetti, il 10% delle aziende agricole del Bel Paese risulta in ripresa e a guidare la risalita sono le piccole imprese legate al territorio, in particolare quelle al femminile, capaci di assorbire gli shock grazie alla diversificazione dell’ attività. In questo contesto, non fa eccezione la nostra isola dove cresce la presenza delle donne in agricoltura e, nel contempo, si rafforza l’impresa al femminile. “In Sardegna, le aziende individuali, comprese quelle famigliari, stanno lasciando il passo alle imprese societarie e, contemporaneamente , si rafforzano le società di capitale” ” rileva Maria Cocco, già Presidente del Comitato per l’imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Caglari. Sorrette dalla volontà, caparbietà e spirito di gruppo che le contraddistingue, facendo anche leva sulle proprie forze economiche, le coltivatrici sarde hanno saputo reagire al particolare momento di crisi, diventando sempre più protagoniste della trasformazione cui è sottoposto il settore primario. “Il mondo femminile è anche portatore di elementi di innovazione e di flessibilità – prosegue Maria

Cocco - Soprattutto in agricoltura, le donne stanno contribuendo a rilanciare il comparto attraverso il ricupero delle tradizioni e dei saperi antichi e puntando sulla qualità delle produzioni. Lo si vede nello slancio che hanno profuso in nuovi settori come l’agriturismo, l’agricoltura biologica, le produzioni tipiche e la trasformazione dei prodotti. Molto è stato fatto per riconoscere alle imprenditrici agricole spazi in cui operare, ma ancora tanti sono i problemi che rimangono aperti e gli ostacoli che incontrano. Tra le difficoltà la più significativa è la conciliazione tra lavoro e famiglia, seguono l’accesso al credito e alla formazione, la complessità degli adempimenti burocratici. Il destino delle aziende al femminile è anche legato alla situazione generale dell’agricoltura sarda ( il cronico deficit di organizzazione, l’indebitamento, i costi di produzione, il sistema poco competitivo). L’ imperativo categorico è quindi quello di favorire ulteriormente la loro crescita culturale e professionale, che qualifichi il contributo all’azienda e lo renda economicamente più produttivo. Intanto, con l’informazione, con una consulenza specifica che le orienti verso le forme di accesso a tutti gli strumenti disponibili. E questo le donne agricole sarde lo hanno recepito. Lo dimostra la crescente“ fidelizzazione nei confronti delle associazioni di categoria” conclude Maria Cocco.


Michelaurgia

M

PREMIO DESSI’ PER IL ROMANZO “S’ACCABADORA” A trentasette anni Michela Murgia non si definisce più giovane ma un’adulta. Non fuma, non porta gioielli preziosi ed è vegetariana. Ama la Sardegna e sebbene ora viva a Milano, dentro di sè non ha mai smesso di abitare in questa incantevole isola. Nè di raccontare con una lingua scabra e poetica insieme le storie antiche e i segreti che rendono unica questa regione. Dopo l’ottimo l’esordio di tre anni fa, nell’universo dell’editoria, con “Il mondo lo deve sapere”, diario tragicomico di un mese di lavoro al call center della Kerby, libro di protesta contro il precariato, Michela Murgia ha continuato a raccogliare una serie successi culminati con l’assegnazione del premio Dessì. Riconoscimento attribuito alla scrittrice per il romanzo “S’accabadora”: la storia di Maria e Tzia Bonaria, due donne che vivono come madre e figlia unite da un’intesa speciale. Perché la giovane Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. Le due donne camminano per le strade del paese seguite da commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere, le insegnerà come armarsi per le guerre della vita che l’aspettano e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Tutt’a un tratto diventano come “un’anima e fill’e anima”, un modo meno colpevole di essere madre e figlia. Cosa rappresenta per te aver ricevuto il Premio Dessì? É un riconoscimento importante, molto prestigioso da sempre assegnato a scrittori di fama. Spero di meri-

tarlo e di non deludere chi ha voluto premiare il mio lavoro. Perchè hai deciso di scrivere S’accabadora? Perchè parla della storia di una madre e di una figlia. Un tema trasversale che riguarda tutte le donne e la maternità. Quanto è cambiata Michela dal suo primo libro all’ultimo? Sono solo un po’ ingrassata. Hai partecipato al Coast Day ,evento per conoscere, vivere e rispettare le coste sarde. Cosa bisogna fare secondo te per poter mettere in pratica questi tre propositi? Il Coast Day, è una manifestazione molto importante per la Sardegna. Rappresenta un’occasione di incontro e confronto per conoscere le nostre coste e i problemi ad esse legati. Un modo per difendere un bene in pericolo ricordandosi che il mare è una risorsa unica al mondo, e in quanto tale va sempre tutelata. Prossimi progetti per il futuro? Spero di avere presto un figlio. Ora sono sposata e un figlio coronerebbe il mio amore, il mio rapporto di coppia. Avrei una famiglia tutta mia

Patrizia Floris 54


di Roberto Porrà

VIOLANTE Carròs

CONTESSA “DISSORTADA” La recente uscita nelle librerie di un nuovo libro Sa marchesa. Vita e vicissitudini della contessa di Quirra. Violante Carròs ci fornisce l’occasione per soffermarci brevemente su questo importante personaggio storico femminile vissuto in Sardegna tra il 1456 e il 1510, secondo forse, per celebrità, solo alla grande Eleonora d’Arborea e anzi in alcune zone dell’isola ancora molto popolare anche tra la gente comune, quasi come un mito. Lo dimostra proprio il volume cui prima facevamo riferimento, scritto da Marco Ledda, ex preside della scuole medie di Ales, cultore delle tradizioni locali del suo paese, Ales appunto, dove diversi luoghi, in primis le rovine del vicino castello di Barumeli, in cui avrebbe soggiornato la nobildonna, sono il pretesto per rinverdire ancora oggi racconti ormai antichi, tramandati oralmente di padre in figlio, in cui è protagonista Violante Carròs. Perché dunque si

conserva tale popolarità, perché Violante Carròs è ancora una leggenda? C’è da chiedersi se sia sufficiente a spiegare questo fenomeno la fosca vicenda nella quale fu coinvolta in prima persona, cioè l’assassinio, proprio ad Ales, del sacerdote Giovanni Castangia, di cui fu accusata di essere il mandante. Si tratta certo di un fatto eclatante ma a nostro giudizio esso da solo non basta: i motivi della fama di Violante risiedono infatti in tutta la sua non lunga vita, ma neanche breve, considerata la durata media dell’esistenza umana del tempo, vita caratterizzata da numerosi avvenimenti, che misero a dura prova la sua resistenza psicologica e che questa donna riuscì a superare, o perlomeno ad affrontare dimostrando un carattere molto forte. Cominciando sin dalla sua prima infanzia. Infatti benché almeno dal punto di vista economico e del 55


potere fosse una privilegiata assoluta in quanto designata come unica erede dal padre Giacomo, conte di Quirra, allora il più potente signore feudale nell’isola dopo i marchesi di Oristano, ben presto a tre anni divenne orfana di madre e a dodici anni le morì anche il padre a seguito delle ferite provocategli da un incendio sviluppatosi nella superba residenza familiare, il castello di San Michele, in quel tempo molto più lontano e isolato rispetto alla città di Cagliari, tutta chiusa nelle sue mura turrite che la cingevano anche nelle appendici. Non si è ancora ben riusciti a comprendere il motivo che spinse Giacomo a nominare nel testamento come tutore di Violante, sua unica figlia legittima- egli aveva generato anche tre “bastardi”- il cugino Nicolò Carròs, all’epoca viceré e capo clan del ramo dei Carròs di Arborea, imparentato con i Carròs di Quirra ma ad essi avverso per una fiera contesa di interessi. Resta il fatto che Nicolò si comportò da quello che era appunto, cioè il leader di un clan ostile, si sbarazzò in qualche modo degli altri due tutori designati dal cugino defunto e amministrò i beni della nipote a proprio favore. A coronamento di questo suo atteggiamento Nicolò costrinse Violante, allora giovanissima, a sposare il di lui figlio Dalmazzo, con il chiaro scopo di unificare i grandi patrimoni delle due famiglie, unite da vincoli di sangue ma nemiche. Si può immaginare lo stato d’animo della nobildonna ancora adolescente, diventata strumento passivo nelle mani dello zio, soggetta sia a lui che al suo imposto marito. Ma il destino fu contrario ai Carròs d’Arborea. Nel 1478 prima morì il giovane Dalmazzo poi il padre Nicolò. Rimasta sola Violante riuscì a riprendere il dominio dei beni aviti ma ben presto dovette difendersi dagli attacchi della vedova di Nicolò e madre di Dalmazzo, donna Brianda, la quale pretendeva diritti sul patrimonio in entrambe le vesti. Si sviluppò allora una lunghissima lite civile di circa quindici anni- anche allora i processi avevano tempi storici, altro che processo breve!- alla quale non sopravvisse né Brianda, né la figlia Beatrice, ma che fu continuata ostinatamente dal vedovo di Beatrice, Pietro Massa di Liçana. Il voluminoso incartamento del procedimento giudiziario al quale intervennero numerosi testimoni, è conservato presso l’Archivio della Corona d’Aragona, a Barcellona ed è stata la fonte principale dei diversi studi che ha dedicato alla nostra nobildonna Maria Mercè Costa, per anni direttrice dello stesso Archivio, la quale per lei ha coniato l’epiteto di contessa dissortada, cioè sfortunata. Sfortunata ma anche grintosa e tosta: infatti resistette impavida durante la lite, chiedendo i conti dell’amministrazione dei 56

suoi beni da parte dello zio Nicolò ed anzi ne aprì parallelamente un’altra sempre con gli stessi Carròs d’Arborea – Massa. L’occasione fu quanto mai triste: dopo la morte di Dalmazzo Violante aveva sposato, questa volta per amore, nel 1479 Filippo de Castre - So, cugino del primo marito, ma anche questa volta dopo pochi anni, nel 1482, l’uomo morì, lasciando Violante sola con due bambini.

QUARTIERE DI STAMPACE Quando si accingeva a dare sepoltura al suo sposo nella chiesa di San Francesco di Stampace la nobildonna si accorse che gli odiati Carròs d’Arborea avevano invaso con le loro tombe la zona riservata alla sua famiglia e si infuriò sviluppando una nuova lite proprio sulla localizzazione delle rispettive aree sepolcrali riservate ai due clan nel tempio francescano, luogo eletto da molti cagliaritani nobili o meno, come propria eterna dimora. Non è noto dalle carte l’esito dei due processi, entrambi conservati a Barcellona, certo è che Violante sopravvisse a entrambi e probabilmente non ne uscì male. Indurita da tutte queste vicissitudini e soprattutto anche dalla morte prematura anche dei due figli, Giacomo e Filippo, la nobildonna si


dedicò ad amministrare il suo grande feudo. Fu in questo periodo che avvenne il fattaccio, cioè l’uccisione del religioso Giovanni Castangia: è incerta la data dell’omicidio; Marco Ledda, insieme ad altri studiosi, ipotizza il 1508 nel suo libro. Ancora più avvolte nel mistero le motivazioni di questo gesto scellerato: motivi di interesse, mancanza di fedeltà o di rispetto da parte del prete verso la signora o addirittura un movente passionale. Da una pergamena regia conservata nell’archivio vescovile di Ales, giustamente messa in risalto dall’ex preside alerese, si apprende che l’omicidio avvenne proprio ad Ales e che la contessa di Quirra, individuata come mandante, fu probabilmente messa sotto sorveglianza a Cagliari e che, riuscita ad allontanarsi in qualche modo, si recò in Spagna, implorò e ottenne la remissione della colpa da Ferdinando il Cattolico, sovrano d’Aragona. Molto probabilmente poi tornò in Sardegna: un’altra grandissima preoccupazione gravava sul suo ani- mo. Violante infatti era stata scomunicata per il suo delitto e ora voleva assolutamente riconciliarsi con Santa Madre Chiesa. Sappiamo che riuscì ad ottenere dal vescovo di Ales, Giovanni Sanna, il perdono ma probabilmente in quello che fu l’ultimo periodo di vita s’impegnò ancor più del passato in opere di misericordia per espiare il suo peccato. Infatti continuò a prodigarsi sul piano finanziario nell’edificazione della cattedrale di Ales, già ini- ziata prima dell’uccisione del Castangia, proseguì nel tradizionale, per la sua famiglia, affiancamento all’azione religiosa dell’ordine francescano. Morì tra la fine del 1510 e i primi del 1511, anche la data della sua morte è incerta, come sconosciuto, almeno finora, è anche il luogo della morte: in Spagna o in Sardegna e dove? Secondo quanto racconta Giovanni Spano nel suo famoso volume del 1861 Guida della città e dei dintorni di Caglia ri, Violante avreb-

be passato gli ultimi giorni della sua vita penitente in un “camerino nell’ingresso a destra del chiostro di San Francesco in Stampace” ma non vi sono prove documentarie di quanto appena sostenuto dal canonico archeologo e rettore dell’università di Cagliari. É invece molto probabile, anche se non si ha la certezza anche in questo caso archivistica, che sia stata sepolta non all’interno della stessa chiesa francescana ma poco fuori del tempio, proprio in segno di espiazione; così sarebbe stato disposto in un codicillo al suo testamento, codicillo finora non ritrovato mentre sono note le sue ultime volontà stese nel 1504 attraverso copie di tale atto attualmente conservate nel convento di Oristano dei frati francescani conventuali. Dopo la rovina della bellissima chiesa e dell’annesso convento minorita di Stampace, avvenuta nella seconda metà dell’Ottocento, rovina di cui noi cagliaritani non finiremo mai di rammaricarci abbastanza, alcune sue vestigia furono messe in vendita e così avvenne di un bellissimo sarcofago in pietra, sul quale sono impresse le insegne dei Carròs- Manrique e che ormai da tempo viene generalmente identificato come la sepoltura di Violante. Fu comprato dai conti Cao - Pinna che lo mandarono in una loro tenuta a Decimomannu,dove venne utilizzato come abbeveratoio per animali e poi come fioriera. Quando ci rese conto della sua importanza storica e artistica fu conservato con maggior cura e mi risulta che oggi è collocato nel cimitero della medesima cittadina vicina a Cagliari. E’ lì che anch’io desidero recarmi per elevare un pensiero alla memoria di questa donna, che nel bene e nel male, ha lasciato un segno indelebile nella storia della Sardegna. 57


A

tutto Rock con Lula

Lei, la sua Band e la forza della musica di Sandra Sulcis

S

ale sul palco ad appena nove anni Lula. La sua prima esperienza con il pubblico arriva grazie alla partecipazione al programma “L’orsacchiotto” in onda su una televisione locale di Carbonia. A tredici anni, si rese conto però che cantare le piaceva e fece parte del gruppo dell’agenzia di “Gabriele e Friends” iniziando così le sue prime esperienze a contatto con il pubblico. L’entusiasmo aumentò sempre più e si sviluppa in lei il desiderio di cantare. Nel 2008 in giro per la Sardegna partecipa a rassegne canore, presentando, riadattandole, alcune cover Pop- rock italiane e straniere. Sempre nello stesso anno incide il suo primo inedito "Dannata", una canzone rock scritta da lei e arrangiata da Luis Pascia'. Il progetto Lula gode della collaborazione con altri artisti sardi incidendo "Domani"cover con lo scopo di aiutare i terremotati Abruzzesi. Come è nata la tua esperienza con la musica? La prima volta che salii su un palco fu a nove anni quando mia madre mi iscrisse a una trasmissione che all’epoca si chiamava “l’orsacchiotto” e andava in onda su una televisione locale di Carbonia. Ero una bambina molto timida e riservata mi emozionavo a esibirmi in pubblico, mi resi conto però che cantare era importante e piano piano cercai di coltivare questa passione. Così iniziai a partecipare diverse serate e a farmi conoscere in pubblico. Come mai il tuo nome d’arte è Lula Rock? E’ stato scelto dai miei fan perchè, mi ispiro a cantanti come Alanise Morisette e Avril Lavigne che richiamano questo genere musicale.

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Il tuo inedito si intitola Dannata. Perchè? L'inedito Dannata è nato in un momento particolare della mia vita in cui ero particolarmente triste e rabbiata. Così in una notte ho sfogato i miei pensieri e le mie sensazioni scrivendo questo testo. Quali sono i tuoi riferimenti musicali? Ascolto molta musica straniera e italiana ma fra i miei preferiti ci sono: Avril Lavigne, perchè la sua musica mi da sempre la forza di andare avanti e amo ogni suo pezzo. Elisa perchè raffigura la perfezione con la sua bellissima voce ed infine Bon Jovi perchè credo che il mio stile si avvicini molto al suo e hanno una carica pazzesca. Di cosa parlano i tuoi testi? I miei testi spaziano dall'amore alla rabbia, sono sensazioni, pensieri e impressioni che raccolgo in tutto ciò che mi accade quotidianamente. C’è qualcosa su cui ancora non hai scritto nulla e ti piacerebbe scrivere? Si mi piacerebbe poter comporre una canzone che parli degli affetti familiari, ma ancora non mi sento pronta è una tematica a cui sono molto legata. Hai mai pensato di partecipare ad un reality? Si ci ho pensato, ho già sostenuto alcuni provini e spero di poter partecipare a X Factor. Lo considero un'importante occasione musicale per gli artisti emergenti. Un’opportunità per farsi conoscere


Tullio Boi, vignettista satirico Tullio Boi nasce a Cagliari nel 1961, fa l’ingegnere dal 1985 e su babbu dal 2003. Dal 2006 si cambia i connotati, diventa vignettista col nickname di Brulliotoi: dal 2007 al 2009 è nella homepage di panorama.it, e altravoce.net, tuttora su legnostorto.com e matchupsardegna.it. Pubblicano i suoi Quadretti Aenigmatica. it, Insertosatirico.com, Mamma.it, Il Metro, YourVirus dell’Unità e diversi altri siti . La carta stampata lo accoglie sul Quotidiano della Satira e sul Vernacoliere, tutti i quotidiani isolani lo “raccontano”, partorisce satira live su Sardegna1tv. Anche Beppe Grillo ospita i suoi disegnacci nell’estate 2007. A fine 2008 pubblica “Il Cervello della Mucca in Carrozzina”, denso di autoironia, lui stesso è un disabile motorio. E CauBoi, il muccoide in carrozzina, è sulle magliette degli atleti disabili come testimonial dei Paralympic Days del 2008. Satira in agrodolce la sua, di qualunque argomento; la trovate su www.brulliotoi.it e su facebook, sotto Tullioboi Brulliotoi. Email: tullioboi@tiscali.it

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L

‘Islam

An-Nisâ’ ‫ءاسنلا‬ Le Donne

L

’etimologia di Islam è “sottomissione”, una parola che definisce il cuore di questa religione: la schiavitù alla volontà del dio. Uno dei principi dell’Islam più conosciuti e disprezzati in Occidente è il trattamento delle minoranze, specialmente delle donne. Nella Shari’a questo concetto è spiegato nel Corano, versetto 34, sura 4, “Le Donne”: “Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre […]”. Ma il messaggio originale di Maometto, contenuto negli hadith (aneddoti della sua vita usati dai musulmani come paradigma di condotta), è una visione molto diversa, quasi moderna, della donna: “I diritti delle donne sono sacri. Provvedete che alle donne siano assicurati i diritti che spettano loro.” e “[…] gli uomini che maltrattano le loro mogli non si comportano bene. Non è dei miei chi spinge una donna a smarrirsi.”. Degno di menzione è, sempre nella sura 4, il versetto 128: “Se una donna teme la disaffezione del marito o la sua avversione, non ci sarà colpa alcuna se si accorderanno tra loro. L’accordo è la soluzione migliore.“. Una forma arcaica di divorzio che la Chiesa tuttora non riesce a concepire. Perché allora oggi la donna è così vessata nel mondo islamico? “Mille Splendidi Soli” di K. Hosseini dà una idea molto chiara di quanto sia drammatica la situazione odierna, una vera e propria involuzione rispetto all’originaria visione del profeta. Ma, nonostante 60

chiare rivendicazioni di libertà, come i moti in Iran del 2001, stavolta nessuno ha mosso un dito contro i regimi talebani, i più integralisti, che, paradossalmente, sono quelli che l’Occidente, specialmente le Grandi Potenze, più desidera tener buoni (Iran, Arabia Saudita). Secondo le parole di Churchill, però, la responsabilità è il prezzo della grandezza. Per quanto a lungo questo dovere morale di soccorso sarà eluso, in favore di una politica che, per proteggere interessi di tipo economico, distoglie lo sguardo da questo dolore? Domenico Galimi


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STEPTIME INCONTRIAMO GIULIA

UNA PALESTRA AL FEMMINILE rimentare uno sport di gruppo così mi iscrissi a pallavolo. Qui assieme alle altre atlete appresi il significato dello spirito di squadra, non mi impegnavo solo per me ma, per l’intero gruppo a cui appartenevo. Fu un’esperienza che mi permise di confrontarmi con le mie potenzialità agonistiche e con i miei limiti. Sentii che lo sport era una passione che poteva permettermi anche di lavorare. Mi iscrissi all’Isef e intrapresi un percorso formativo per diventare insegnante di scienze motorie. In quegli anni frequentai le lezioni di jazz e ben presto iniziai a insegnare.

Via Strauss, 11 Quartu S.E. (CA) Tel. 070828686

Andando nelle palestre, ci si accorge immediatamente che sono sempre più numerose le donne appassionate non solo di balli di gruppo ma anche di sport. Fitness, yoga, pilates, karate, ginnastica e persino la box o la Kick boking sono sempre più praticate non solo da uomini ma anche dall’universo femminile sempre attento a prendersi cura del proprio corpo e del proprio benessere fisico e mentale. La passione delle donne per queste attività nasce spesso per curiosità, per staccare dallo stress del lavoro ma in alcuni casi come per Giulia Medda è una passione diventata un lavoro, un connubio inscindibile. Giulia ha praticato sport fin da bambina iniziando con il nuoto, per poi dedicarsi alla pallavolo e infine, dopo aver intrapreso il corso di studi dell’Isef ha iniziato a conoscere e apprezzare il mondo della danza, appassionandosi di jazz e, diventando ben presto insegnante di questa disciplina. Il suo impegno divenne sempre più costante e ben presto con la collaborazione dei suoi soci decise di aprire la palestra Step Time. Per te lo sport non è solo una passione ma anche un lavoro come è avvenuto questo connubio? La mia passione per lo sport è cominciata quando ero una ragazzina. I miei genitori mi iscrissero a un corso di nuoto, ideale nell’età della crescita per rendere elastica la colonna vertebrale e per sviluppare i muscoli del corpo in modo armonico. A 12 anni poi, volli spe-

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Cosa differenzia queste discipline? Sia lo sport che la danza sono importanti per il benessere fisico delle persone. Ma nello sport e in particolare in quello agonistico, la forza e la resistenza sono indispensabili per poter vincere una gara e battere l’avversario, nella danza invece, c’è elasticità e leggerezza, e la forza fisica viene controllata e modellata per creare armonia e rappresentare con il corpo i più profondi sentimenti dell’anima. Come mai le donne praticano questa disciplina definita tipicamente maschile? Uno dei motivi che spinge le donne ad iniziare quest’attività sportiva, è che oltre a tonificare il corpo con la dura preparazione atletica, insegna a sapersi difendere, “cosa che non guasta mai ”, rendendole più sicure, consapevoli che in caso di bisogno si può contare su riflessi pronti e su un corpo ben allenato. La kick boxing inoltre è un efficace rimedio contro lo stress, grazie alle combinazioni da fare al sacco o a coppia, molto utili a scaricare la tensione accumulata durante la giornata. Boxando si mettono in moto tutti i muscoli del tronco e degli arti superiori, delle braccia, delle spalle e della gambe. Permette insomma di sviluppare e scolpire in maniera armonica tutti i muscoli. Esistono delle differenze tra l’allenamento previsto per gli uomini e quello per le donne? Come per il settore maschile , anche per quello femminile, esiste la suddivisione in varie categorie a seconda dell’età, della cintura, del peso o dell’altezza. Da diversi anni ormai le ragazze si allenano sia atleticamente, che tecnicamente con i ragazzi, senza problemi.




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