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MICHELE VESCHI – “Il Re burla”

della nascita di questa passione.

Come i lettori più avvezzi sanno, la tematica amorosa diventa nella storia letteraria un topos ben consolidato e spesso associata a quella della malattia, nonché patologia. La malattia, in quanto fatto organico, ha cause organiche. Nella fattispecie siffatto organismo è generato da Venere, artefice stessa dell’Amore. Venere, nel I libro, prepara l’incontro tra Enea e Didone, comparendo sotto mentite spoglie a suo figlio e rassicurandolo sul fatto che incontrerà questa donna speciale, che sicuramente lo accoglierà. Nelle parole di Venere, potremmo pensare, presentare Didone come una donna che ha sofferto, ma comunque coraggiosa, serve a trasmettere al lettore l’empatia di questa donna: solo chi ha sofferto tanto, può essere disposto ad aiutare l’altro. Ma, se ciò non bastasse, Venere si assicura che Didone lo aiuti davvero; e lo fa con le armi subdole e pericolose dell’Amore, esemplificato da Cupido che lei riesce con un artificio a introdurre nel banchetto, in modo che la regina possa innamorarsi.

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L’effetto sortito da Cupido è rapido: siamo ancora nel I libro e assistiamo, alla fine del banchetto, al suo devastante ingresso nel cuore e nel corpo di Didone. Lei, molto elegantemente, dà avviò al banchetto: «gustò (i vini) soltanto con la superficie delle labbra», lasciando agli uomini il compito di tracannarlo; eppure a fine serata, ci dice Virgilio, «l’infelice Didone... beveva il lungo amore». Amore, inventato da Venere, incarnato da Cupido, ora è diventato un filtro magico, un liquido, un pharmacon. Ma phamacon, in greco, è tanto rimedio quanto veleno; un veleno i cui effetti saranno visibili compiutamente nel libro IV, dopo una apparente pausa dedicata alla narrazione di Enea, dei propri fatti. Da dolore a dolore, da testimone a testimone, i due tragicamente si troveranno a raccontarsi molto, senza poter mai davvero condividere niente.

Bibliografia GUIDORIZZI GIULIO, Enea, lo straniero. Le origini di Roma, Einaudi, Torino 2020. MARCOLONGO ANDREA, La lezione di Enea, Editori Laterza, Bari-Roma 2020.

Il Re da burla di MICHELE VESCHI

Chi pensa più al Carnevale?

Il Carnevale, sottolinea Calvino che riprende un brano tratto da uno studio nientepopodimeno che sullo stile di Dostoevskij, poetica estilistica di Michail Batchin, è uno spettacolo senza ribalta e senza divisione in esecutori e spettatori. Nella vita contemporanea, aggiunge il papà di Marcovaldo, credo siano sempre meno le persone che si ricordano o s’accorgono se è Carnevale o Quaresima. Batchin va a sottolineare che le leggi, i divieti e le limitazioni della vita normale, cioè extra-carnevalesca, durante il Carnevale sono aboliti; anzitutto è abolito l’ordinamento gerarchico, persino quello dell’età. Viene da sé che è azzerata la distanza tra le persone, entrando così in vigore quella che può definirsi una particolare postilla carnevalesca: il libero contatto familiare tra gli uomini.

Ecco perché questa parola, cui l’origine sembra da attribuire al banchetto d’addio alla carne, ossia il giorno prima delle Ceneri, ha la capacità di esprimere tutta la sua eccentricità, guizzando fuori da spazio e tempo.

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