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Recensioni e segnalazioni
Lionel P. Fatton, Oreste Foppiani
Japan’s Awakening: Moving toward an Autonomous Security Policy
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Peter Lang edizioni Berna 2019 pp. 374 Euro 57
La storia, a dispetto della letteratura, non sembra essere finita e continua a evolversi secondo direttrici considerate, a torto e per lungo tempo, immutabili. È il caso del Giappone; le due stelle nucleari innescate dagli Stati Uniti a Hiroshima e Nagasaki nel ’45, con una Costituzione simbolo del pensiero geopolitico ed egemonico dei vincitori, pur fiaccando per decenni qualsiasi anelito revanchista, non hanno potuto impedire che comunque si sprigionasse la scintilla del confronto politico interno. Malgrado le forti correnti pacifiste capaci di esprimere il loro più forte dissenso, la Costituzione giapponese, imposta dai giuristi americani e in particolare l’art. 9 (1), che ha contribuito a generare una forte cultura antimilitarista, è diventata oggetto di un vivace revisionismo e di contrasti nell’àmbito dell’agone politico nazionale caratterizzato, tra l’altro, dall’abdicazione, per la prima volta dopo 200 anni, dell’imperatore Akihito a favore dell’erede Naruhito. Ma perché un paese che per più di mezzo secolo ha mantenuto un profilo internazionale relativamente basso facendo affidamento sugli Stati Uniti per la sua sicurezza, ha inteso tracciare una nuova rotta? Non c’è dubbio che il riorientamento della politica securitaria di una superpotenza economica come quella del Sol Levante, rappresenta un elemento di rottura con le precedenti prassi, specialmente se si considera che il Giappone, detenendo il potenziale per rivendicare uno status internazionale pari a quello dell’anteguerra, non può essere escluso da alcuna equazione geopolitica regionale. In un contesto storico come quello attuale, con gli attriti territoriali e politici esistenti tra Tokyo e i paesi vicini, Cina e Corea del Nord in particolare, un cambiamento strategico diretto a perseguire una politica di sicurezza più autonoma e proattiva, potrebbe mettere a repentaglio la stabilità nell’intera regione Asia-Pacifico, anche e soprattutto in considerazione della rapidissima evoluzione delle dinamiche internazionali, con una marcata incertezza circa la possibile postura americana, condizionata dal conflitto commerciale con Pechino: inevitabile dunque ipotizzare forti e pericolose instabilità areali. La revisione costituzionale, con il distacco dal regime postbellico, dovrà tuttavia tenere in debita considerazione il contenimento delle preoccupazioni dei paesi viciniori, focalizzando l’attenzione sulle relazioni con le altre potenze regionali quale premessa per giungere a una normalizzazione conciliabile con la sicurezza d’area. Il Giappone, secondo un modello di adattamento pragmatico valido fin dalla restaurazione Meiji del 1868, dovrà affrontare importanti sfide per diventare più autonomo in termini bellici difensivi: vincoli di bilancio, una società che invecchia rapidamente, una forte opposizione popolare. La tendenza a una maggiore autonomia dagli Stati Uniti in termini di difesa nazionale, si riverbera nella riorganizzazione delle Forze armate e nello sviluppo di capacità anfibie, di intelligence, di attacco e di proiezione di potenza. Molto probabilmente, anche se il Giappone raggiungerà l’autonomia nella politica di sicurezza, grazie soprattutto al potenziamento della sua Marina, l’alleanza con gli Stati Uniti rimarrà un fattore rilevante, specialmente se considerato sia in funzione anti cinese, sia in considerazione della contrazione delle forze statunitensi in una regione dove i budget per gli armamenti stanno aumentando vertiginosamente e dove il gioco delle al-
leanze ingenera con facilità sensazioni di intrappolamento o abbandono. Si tratta di un’ulteriore fase espansiva del Giappone moderno, o si tratta di un passaggio di consegne e un trasferimento della supremazia statunitense a uno o più delegati? Quanto sono strette collaborazione e alleanza tra Stati Uniti, Giappone e le altre potenze regionali? È corretto vedere nel riarmo giapponese e nello spostamento del centro di gravità degli Stati Uniti verso il Pacifico una reazione agli sviluppi navali e militari della Cina? Di fatto, il processo di revisione strategica in corso può configurarsi come un’evoluzione imposta dalla necessità di armonizzare ambizioni internazionali, vincoli giuridici, sicurezza interna e relazioni d’area. La distensione ha comportato cambiamenti nella politica securitaria giapponese, mutamenti già avvertiti dal 1976, quando furono redatti il primo schema del Programma di Difesa nazionale e il Basic Defense Force Concept, quale approccio alla capacità di difesa, fino a giungere al concetto di forza di difesa di base, descritto come un’opposizione tra la teoria della contro-minaccia e la teoria oltre la minaccia, con un passaggio dalla prima alla seconda. Andare oltre la minaccia rappresenta un concetto di difesa che si fonda sulla separazione della minaccia in sé dalla pura capacità di difesa nazionale, un principio che rafforza dunque il concetto dell’a prescindere e che ha comunque dato il la a un approfondito dibattito interno. In questo contesto deve dunque essere inquadrata l’alleanza con gli Stati Uniti, unitamente allo sviluppo di una concezione strategica che porta gli interessi nazionali al di là dei confini del territorio giapponese, infrangendo il divieto che limita lo spazio di manovra. Dal 2007 le Forze di autodifesa equivalenti delle FA, sono state dotate di connotazione politica con il passaggio dell’agenzia della Difesa a ministero a cui, grazie al NIDS (2), è stata attribuita, in senso lato, la responsabilità della creazione e del perfezionamento del nuovo tipo di strumento bellico, con una particolare attenzione per la definizione di una dottrina marittima inedita e autoctona, non più mutuata da quella degli Stati Uniti e anzi sostenuta proprio dagli statunitensi, che puntano ad avere partner e alleati validi e finanziariamente in attivo. È dunque la Marina (3) l’arma fondamentale, in quanto posta in inevitabile relazione con la difesa degli interessi geostrategici, grazie anche alla prevista costituzione di un’efficace forza di proiezione in un momento in cui riemergono gli attriti con Cina e Corea del Sud per il controllo insulare e con la Corea del Nord per la sua attività nucleare e missilistica a medio lungo raggio, che ha peraltro indotto a una riconsiderazione circa il possesso di un arsenale non convenzionale. Il risveglio giapponese, stigmatizzato dal titolo del volume curato dal professor Oreste Foppiani e dal ricercatore universitario dottor Lionel P. Fatton, interessa molti aspetti che, geopoliticamente, coprono una gamma estesa di fattori: storico, giuridico economico, inerente alle relazioni internazionali. Proprio durante questi ultimi mesi il Giappone, confermando quanto esposto e analizzato nel testo, ha varato il primo dei tre battelli d’attacco diesel elettrici con batterie a ioni di litio della classe «Taigei», che andranno ad aggiungersi a quelli della classe «Soryu». Il libro, di fatto, costituisce un’occasione unica per approfondire e comprendere le dinamiche di un paese che, dopo il 1945, sta riprendendo coscienza a 360 gradi delle proprie possibilità.
Gino Lanzara
NOTE
(1) Il «popolo giapponese rinuncia alla guerra come diritto sovrano della nazione». A questo scopo «non saranno mai mantenute forze di terra, di mare, di aria e qualsiasi altra forza potenzialmente militare». (2) National Institute for Defense Studies. (3) Japan Maritime Self-Defense Force o JMSDF.