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Norme anti-pirateria nell’Impero Romano d’Oriente?

Norme anti-pirateria nell’Impero Romano d’Oriente?

Il «caso» del Nomos Rhodion Nautikos (Νόμος Ῥοδίων Ναυτικός)

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Danilo Ceccarelli Morolli

Professore ordinario nel Pontificio Istituto Orientale (diritto romano, diritto bizantino, geopolitica). Professore associato di Istituzioni di diritto romano e Storia del diritto romano presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università G. Marconi di Roma e ivi docente di geopolitica nonché membro del Collegio dei docenti del dottorato di ricerca in «Scienze giuridiche e politiche». È membro corrispondente del Pontificio comitato di scienze storiche e della Società italiana per la storia del diritto; Member of the Royal Historical Society; Fellow of the Royal Geographical Society; membro della Society for the Law of the Eastern Churches. In qualità di docente universitario ha frequentato (XIV sessione speciale) l’Istituto Alti Studi per la Difesa (CASD) ed è Ufficiale superiore della riserva selezionata della Marina Militare. Inoltre è membro del Comitato scientifico della Rivista Marittima; membro del Comitato scientifico della Rassegna dell’Arma dei Carabinieri; membro del Comitato scientifico della rivista Diritto e Politica dei Trasporti; membro del Comitato scientifico del Bollettino d’Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare.

§1. Premessa

La sicurezza marittima è connessa con la navigazione sin dagli albori della stessa e come ha osservato l’insigne studioso di diritto romano Gianfranco Purpora: «l’incertezza della navigazione antica e le frodi frequenti dei marinai dovevano contribuire a rendere l’eventualità della scomparsa della nave non rara» (1); in tale ambito la pirateria (2) rientra, da sempre, tra le minacce alla sicurezza marittima e alla navigazione stessa.

La civiltà romana si inizia a porre il problema allorquando giunge a una dimensione «conflittuale con le mire espansionistiche di Roma e con l’esigenza di dare sicurezza ai mari del nuovo ordine realizzato dal-

Veduta dall’alto di Costantinopoli in epoca bizantina (ricostruzione) (historyancient.ru).

l’impero» (3). Così la Lex Gabinia (detta anche Lex de piratis persequendis) del 67 a.C. concede a Pompeo Magno amplissimi poteri per risolvere la minaccia dei pirati; Pompeo — cui si deve la celebre frase navigare necesse est — vi riesce in una quarantina di giorni (grazie a 500 navi di allora e un contingente di di circa 120.000 uomini) (4). Su queste premesse ci si aspetterebbe allora di leggere nel Digesto di Giustiniano norme sulla pirateria, mentre invece il vocabolo «pirata» non compare, al posto del quale appare la perifrasi rate nave espugnata. Il Digesto infatti parla di «nemici» e il passaggio giuridico è molto chiaro: «nemici sono ritenuti coloro che pubblicamente ci hanno dichiarato guerra o ai quali noi abbiamo dichiarato guerra: gli altri sono ladroni o predoni» (5), e aggiunge: «nemici sono coloro ai quali il popolo romano pubblicamente ha dichiarato guerra o che hanno dichiarato guerra al popolo romano, gli altri vanno chiamati ladruncoli o predoni» (6). Chiaramente i nemici si combattono e i predoni si perseguono. Come ha sottolineato, in una sua brillante monografia, Sara Galeotti «[…] il mare costituisce una realtà anomica alla quale i Romani tendono ad adattare regole formulate nell’ambito di un diritto che appare legato allo spazio terrestre persino sotto il profilo lessicale: dal punto di visa della nomenclatura, per esempio, i pirati sono sovente definiti latrones, non diversamente da color che razziano le

campagne» (7). E infatti Cicerone, nel De Officiis, non esitava ad asserire che: «il pirata non rientra tra i nemici pubblici ma tra i comuni nemici di tutti» (8).

Ho accennato a ciò, perché l’Impero Romano d’Oriente, come ben noto, sviluppa il proprio diritto a partire proprio dall’opera codificatrice di Giustiniano (imperatore d’Oriente dal 527 al 565). Il Digesto giustinianeo si occupa anche delle problematiche giuridiche del diritto della navigazione (9), partendo dalla stessa definizione di nave, data dallo stesso Ulpiano, come qualunque mezzo in grado di galleggiare (10). Non entro, volutamente per ragioni di tempo e spazio, nel discorso della storia del diritto romano riguardo le misure adottate per la predazione marittima e lo spoglio dei naufraghi, ma anche qui il Digesto dice la sua (11), probabilmente partendo anche dall’editto pretorio (12).

Su queste premesse si muove l’Impero Romano d’Oriente e la sua legislazione; il Digesto infatti verrà «ripreso» dalla monumentale compilazione giuridica del IX secolo ovvero i Basilikà (13); tuttavia prima di questa abbiamo una interessante fonte del diritto della navigazione, il Nomos Rhodion Nautikos, all’interno del quale possiamo rinvenire norme circa la nostra tematica (14).

Dunque proprio su questa fonte intendo concentrare l’attenzione al fine di compiere alcune brevi riflessioni.

§2. Il «caso» del Nomos Rhodion Nautikos: uno

sguardo alle norme sulla pirateria

L’Impero Romano d’Oriente conosce la pirateria che viene praticata sia su piccola che su vasta scala, come ben ha sintetizzato a suo tempo Angeliki E. Laiou (1940-2008) (15). Si può asserire, in base alle fonti, che nel «millennio bizantino» (16) tale fenomeno abbia avuto un andamento sinusoidale (17). Infatti questa sembra procedere all’incremento in coincidenza con una minore presenza della forza imperiale. Fino al VII secolo abbiamo pirati dall’Isauria e dalla Cilicia, poi dal X secolo si «affaccia» una pirateria «araba» ovvero degli «Agareni» (cioè i Saraceni) (18), anche se dal X all’XI secolo questa subisce una flessione per poi riprendere nel XII secolo (19), ove addirittura si parla di «talassocrazia dei pirati» (20). I secoli della decadenza dell’Impero sono ovviamente contrassegnati da un revival del fenomeno (sia nel Mar Egeo che nel Mar Nero) in cui si presentano anche i Turchi. Tuttavia — come è stato recentemente osservato — circa la pirateria nella civiltà bizantina possediamo poche testimonianze (21). Nelle fonti, i vocaboli greco-bizantini sono: πειρατής (pirata) e κουρσάριος (corsaro), ma ambo appaiono senza una precisa connotazione lessicale (22), anche se entrambe tali figure si macchiano di λῃστεία («brigantaggio»). Tra le fonti giuridiche, stricu sensu, dell’Impero Romano d’Oriente, abbiamo il Nomos Rhodion Nautikos (Νόμος Ῥοδίων Ναυτικός, qui di seguito sempre abbreviato con la sigla NRN). Tale fonte, redatta da un anonimo, è accostata ad altre dell’epoca isaurica (VIII-

Una mappa della competizione navale arabo-bizantina nel Mediterraneo, dal VII all'XI secolo (wikipedia.org).

IX secolo), ovvero le così dette «Leggi Sociali», quali: la «Legge Agraria» (Nomos Georgikos-Νόμος Γεωργικός) e la «Legge militare» (Nomos Stratiotikos-Νόμος Στραιωτικός). Riguardo la datazione del NRN, chiaramente non sono mancati dibattiti scientifici e dottrinari; alcuni, infatti, hanno suggerito il terzo quarto dell’VIII secolo, mentre altri hanno proposto addirittura la fine del IX secolo. A ogni modo, la dottrina maggioritaria ritiene oggi che tale fonte sia ascrivibile in un periodo di tempo che va dal VII all’VIII secolo. Volendo ora offrire al lettore la composizione del NRN, questo si compone di tre parti come segue. Una prima parte è rappresentata da un prologo (che, tuttavia, compare solo in alcuni manoscritti); una seconda parte, comprendente 19 capitoli, e una terza parte, che consta di 47 capitoli. Chiaramente ambo queste due ultime parti riguardano a vario titolo e misura istituti del diritto marittimo. Al riguardo, si ritiene necessario dare un cenno sintetico del contenuto di tale fonte come segue (a esclusione del prologo) (23).

Seconda parte. I primi sette capitoli riguardano il profitto spettante all’armatore (1-7); i capitoli dall’8 al 13 contengono norme sui passeggeri e il 14-15 indica una responsabilità limitata del comandante per i valori del passeggero nel caso in cui il passeggero li abbia depositati presso di lui. Il capitolo 16 fornisce un metodo di valutazione della nave per avaria generale, mentre i capitoli 17-19 riguardano il prestito marittimo.

La terza parte è più estesa e contiene ben 47 capitoli. I capitoli 1-8 concernono norme di polizia marit-

tima: dalla condotta del ladro che rubi la nave all’ancora (cap. 1-2), al furto su nave in danno del passeggero o del mercante (cap. 3), alla responsabilità del comandante allorquando si rechi in acque infeste da ladri (cap. 4). I capitoli dal 5 al 7 riguardano i vari tipi di attriti o risse tra equipaggio e mercanti e capitano; il capitolo 8 l’abbandono di beni o di denaro a bordo da parte del capitano e dell’equipaggio; il capitolo 9 del getto e il capitolo 10 la responsabilità per gli infortuni marittimi; il capitolo 11 dissuade i mercanti dal caricare merci troppo pesanti su vecchi battelli esprimendo così una valenza esortativa; i capitoli dal 12 al 14 sono dedicati ai depositi; il 15 tratta i casi in cui l’imbarcazione è costretta a rimandare la partenza e lascia indietro i passeggeri; i capitoli 16-18 hanno per oggetto il prestito marittimo e la partnership marittima; i capitoli 19-25 hanno per oggetto, principalmente, le questioni relative al noleggio per poi trattare delle controversie tra capitani nella società (cap. 21) nonché del contratto tra capitano e mercante per il cargo (cap. 23) e infine del commerciante che non rispetta i tempi previsti dal contratto (cap. 25) . I restanti capitoli, ovvero dal 26 al 44, trattano di svariate questioni; il capitolo 26 afferma la responsabilità dei marinai e del comandante verso i danni alla nave stessa in loro assenza; i capitoli 27-33 fissano la responsabilità dei mercanti a contribuire ai danni della nave quando è carica (27-29) e quando è in viaggio (30-32) o anche dopo che è stata scaricata (33); e, sempre in tema di responsabilità, il capitolo 34 afferma la responsabilità da danno giungente dall’umidità (dei beni), mentre il 35 prevede il contributo per il danno dell’albero (maestro). Il capitolo 36 tratta della collisione tra due navi, mentre i capitoli 37, 40 e 41 assegnano le proporzioni dei contributi in caso in cui la nave è persa. I capitoli 38 e 39 sono dedicati alle navi trasportanti mais. Il capitolo 42 assegna al capitano l’autorità di trasferire il carico da un’altra nave qualora la sua subisca una perdita. Di nuovo, i capitoli 43 e 44 trattano della contribuzione, mentre i capitoli dal 45 al 47 hanno per oggetto il salvataggio e le ricompense ai salvatori.

Il NRN, in breve, appare dunque una compilazione che riflette usi e costumi, nonché norme giuridiche, relative al mondo marittimo con particolare riferimento alle varie figure contrattuali marittime (dal trasporto, al deposito, al prestito marittimo) fino alle problematiche — anch’esse contrattuali — relative al getto in mare, la contribuzione in avaria comune, l’urto tra navi, ecc. Non di meno è presente una parte di atti e condotte illecite, fonti da sempre di obbligazioni (come il furto, l’ablazione non violenta di cose di naufraghi, il danneggiamento causato da un urto colposo e le lesioni semplici fra marinai). Infine vi è anche una sezione penalistica, ossia i singoli reati d’ambito marittimo (dall’omicidio preterintenzionale causato da un marinaio, alle lesioni gravi o gravissime fino ai crimina di falso, ablazione violenta di cose di naufraghi, ecc.). In sostanza, dalla lettura del NRN, emerge un quadro pressoché completo di quanto in mare possa avvenire, incluse le relazioni tra marittimi — marinai propriamente detti (ναῦται) — comandante e passeggeri, nonché viene tratteggiata la figura dell’armatore (patronus navis detto ναύκληρος). Tale fonte offre dunque un quadro policromo e complesso che ovviamente in un breve articolo è impossibile delineare compiutamente.

Volendo ora andare ai testi, ovvero come nella nostra fonte la pirateria viene affrontata, in essa alcuni punti risultano rilevanti anche se — lo premetto subito — poche sono le norme che menzionano i pirati, ma non di meno queste appaiono interessanti.

Pertanto, si fornisce il testo (in traduzione italiana dell’originale greco che si pone in nota riprendendo l’edizione di Ashburner).

NRN, parte terza, §1°: una nave che è nel porto o sulla riva che viene depredata dalle sue ancore. Il ladro colto in flagrante e confessa. La legge stabilisce che sia frustato, che egli renda il doppio del danno arrecato (24). NRN, parte terza, §2°: i marinai di una nave sotto il comando del proprio capitano che rubano le ancore di un’altra nave che sia in porto o che sia a riva. La «seconda» nave viene dunque persa. Allora se ciò è provato, che il capitano che abbia diretto la ruberia risarcisca il danno all’altra nave e con essa tutto il suo contenuto. Se qualcuno poi ruba l’at-

Dipinto del XIV secolo di una galea leggera, proveniente da un'icona al Museo bizantino e cristiano di Atene (wikipedia.org).

trezzatura di una nave o qualunque cosa in uso a bordo, come per esempio cime, cavi, vele, pelli, barche e simili, che il ladro risarcisca il doppio (25). NRN, parte terza, §4°: il capitano che porta la nave in un luogo infestato da ladri o pirati, sebbene i passeggeri indichino al capitano qual è il pericolo del posto e avviene una rapina. Che il capitano risarcisca della perdita coloro che l’hanno subita. D’altro canto, se i passeggeri portano la nave nonostante le rimostranze del capitano e accade qualcosa di spiacevole, che i passeggeri sopportino la perdita (subita) (26). NRN, parte terza §15°: una nave trasporta passeggeri o mercanti o schiavi che il capitano ha preso in deposito. Il capitano arriva in una città, in un porto o in una spiaggia, e alcuni lasciano la nave. I ladri danno la caccia o i pirati fanno un attacco e il capitano dà il segnale e si allontana. La nave viene salvata con la proprietà dei passeggeri e dei mercanti e lascia che coloro che sono usciti riprendano i loro rispettivi beni e beni mobili. Se qualcuno ha intenzione di litigare con il capitano per averlo lasciato a terra in un luogo infestato da briganti, nessun effetto deve essere dato a ciò che dice perché è stato solo quando sono stati inseguiti dal capitano e dall’equipaggio. Se un mercante o un passeggero aveva in deposito lo schiavo di qualcun altro e lo lasciava in qualsiasi luogo, ripaghi il danno al suo padrone (27). NRN, parte III, §28°: se una nave ostacolata nell’imbarco da un commerciante o da un socio, e passa il tempo fissato per l’imbarco, e accade che la nave si perda a causa della pirateria o per incendio o per naufragio, chi ha causato l’impedimento ripaghi il danno (28).

§3. Qualche riflessione in margine

Come si può comprendere dai testi sopra riportati, le norme sulla pirateria, come accennavo ab initio, sono scarse. Eppure tra i pericoli della navigazione rientra la pirateria a pieno titolo (insieme al naufragio e all’incendio).

Raffigurazione di una battaglia marina, da una copia del XIII secolo della Cynegetica di Oppiano (de.wikipedia.org).

In base al NRN abbiamo varie «tipologie»: mercanti attaccati dai pirati in mare aperto oppure aggrediti nei porti; predoni terrestri che tagliano gli alberi delle navi o rubano le ancore oppure rapiscono mercanti o marinai per richiederne il riscatto, infine saccheggiatori di navi sospinte a riva e addirittura predoni che, con dolo, attirano le navi a riva mediante false luci.

Possiamo sintetizzare come segue: i predoni tagliano le cime o rubano l’ancora (§1 e §2); il capitano che a dispetto dei passeggeri conduca la nave in acque infestate dai pirati deve risarcire i passeggeri e i loro beni (§ 4); se qualcuno dei passeggeri scende a terra, e il capitano si è allontanato improvvisamente per paura dei rapinatori, non incorre in alcuna responsabilità verso chi rimane indietro (§ 15).

Queste norme riflettono un dato chiaro: ai tempi in cui il NRN fu redatto la pirateria era presente e avvertita come un pericolo reale e non potenziale. Leggendo tutto il NRN appare chiaro il problema della responsabilità contrattuale del comandante e anche degli equipaggi, tema che era già stato affrontato dai prudentes romani (cfr. Digesto) (29) e che questa fonte riprende ovviamente. In poche parole non ci si può sottrarre alla vis piratica poiché a questa non si può, ovviamente, resistere (cui resisti non potest). Il NRN sanziona anche eventuali condotte illegittime e causanti danno come per esempio la seguente:

NRN, parte terza, §3°: un marinaio che sotto gli ordini del capitano rubi a un mercante o a un passeggero. Il marinaio è scoperto e catturato. Che il capitano risarcisca il doppio delle cose rubate ai defraudati e che il marinaio riceva cento frustate. Se il marinaio commette il furto di sua spontanea volontà e viene catturato o condannato da testimoni, sia ben picchiato, specie se si tratta di denaro, e risarcisca il danno al derubato.

Qui l’azione non è di pirateria bensì di furto; eppure il NRN prende in considerazione anche questo caso di condotta fraudolenta del marinaio. È solo un esempio, ma ci attesta a distanza di secoli quanta attenzione questa fonte abbia posto alle varie possibili fattispecie.

Il principio-base, frutto della riflessione dei prudentes romani, (30) che viene sostanzialmente accolto nel NRN, è che vi sia un esonero di responsabilità anche verso i beni trasportati in caso di pirateria. Parimenti nel Digesto si afferma che «se la nave sia stata riscattata dai pirati, Servio, Ofilio e Labeone affermano che tutti i “locatori” devono

La flotta pirata saracena salpa in direzione di Creta. Dal manoscritto di Madrid di Scilitze (wikipedia.org).

contribuire; ciò, poi, che i predoni abbiano sottratto, lo deve perdere colui che ne era il proprietario, e “affermano” che non si deve contribuire per colui che abbia riscattato le proprie merci» (31).

Dunque nel NRN non troviamo norme «anti-pirateria», come le intendiamo noi oggi, ossia l’Impero Romano d’Oriente non sviluppa chiaramente una «dottrina» in merito, bensì pragmaticamente registra il fenomeno e impone norme che rimarcano il problema della esenzione della colpa allorquando si subisca un attacco pirata, oppure norme che comminano pene allorquando si compia un’azione di pirateria. Siamo lontani dal concetto di prevenzione in uso oggi, ma queste norme diventano poi una sorta di base comune a tutti gli stati rivieraschi dell’epoca. Per la cronaca, la prassi di avere a bordo uomini armati — benché non normata o non codificata nel NRN — è ben attestata nel Consolato del Mare e anche in altri documenti medievali occidentali (32), dunque non possiamo escludere che in certi casi vi siano stati ausili «militari» nelle navi bizantine.

L’impatto e l’influsso del NRN è stato ampio nella storia e nella civiltà medievale poiché questa fonte è stata utilizzata poi nel redigere molti apparati normativi delle varie repubbliche marinare dell’età di mezzo.

Se la pirateria di ieri minacciava le talassocrazie, oggi minaccia la libertà della navigazione e in entrambi i casi danneggia i commerci stabili e il flusso dei beni.

Il problema della pirateria sarà affrontato di nuovo da Bisanzio in opere non più giuridiche, bensì tecniche come i Taktikà cioè manuali militari; così, per esempio, nella Costituzione XIX dei Taktikà (33) dell’imperatore Leone VI. Ma tale opera è distante dal NRN di quasi tre secoli; anche questo dimostra che i Romani d’Oriente erano gente di mare particolarmente esperta come ha rimarcato John Pryror (34) e, in italiano, si segnala l’ottima opera di Antonio Carile e Salvatore Cosentino che tratteggiano molto bene la storia della marina imperiale d’Oriente (35).

Parimenti il NRN, come ben noto ormai, ha influenzato, in diversa misura, molti degli statuti delle Repubbliche marinare medievali occidentali (36). Occorre, infine, ricordare che — secondo la più recente dottrina — la nostra fonte figura nell’ ottavo titolo del libro cinquantatreesimo dei Basilikà (37); pertanto, come è stato osservato, si può considerare «[…] d’avanguardia, se confrontato con il diritto romano, perché caratterizzato dalla tendenza di adattarsi alle esigenze del mercato, tenendo conto dei differenti fattori economici e degli interessi, spesso contrastanti, dei diversi gruppi sociali» (38). Dunque, al di là della problematica della pirateria, ritengo che questa fonte debba essere letta, nel mondo odierno, con una modalità interdisciplinare avanzata. Infatti la sua «lettura» risulta oggi multilivello in quanto non è solo una semplice fons iuris, bensì un vero e proprio esempio di geopolitica del diritto, area d’indagine su cui da Pier Giuseppe Monateri (39) in

Rappresentazione di un attacco navale con fuoco greco (academiaplay.es).

poi, si è andata sviluppando (40). Inoltre — come riportato nel Prologo di tale fonte: «la legge del mare sia determinata da ciò che è marittimo» (41) e, riallacciandosi al Digesto, prosegue asserendo come «ciò fu determinato anche dal divino Augusto» (ndr Antonino Pio) (42), anticipando così di secoli il diritto internazionale marittimo e con esso la geopolitica degli spazi marittimi. 8

NOTE

(1) G. Purpora, Studi romanistici in tema di diritto commerciale marittimo, Palermo 1976, p. 286. (2) Per uno sguardo storico, tra i molti, v. D. Carro, Pirati di ieri e di oggi, in Rivista Marittima dicembre 2009, pp. 12-18; mentre per aspetti di storia del diritto, v. J.P. de Jorio, La pirateria marittima. Storia di ieri storia di oggi. Inquadramento giuridico di un fenomeno che è tornato di attualità dall’Oceano Indiano al Mar Mediterraneo, Napoli 2019, passim. (3) S.Tafaro, Navi e naviganti nell’Antico Mediterraneo, in Diritto@Storia 5 (2006): www.dirittoestoria.it. (4) In generale sul tema ved.: C. Sintes, I pirati contro Roma, Gorizia 2016; G. Marasco, Roma e la pirateria cilicia, in «Rivista Storica Italiana», 99, Napoli 1987, 122-146; H. Pohl, Die römische Politik und die Piraterie im östlichen Mittelmeer vom 3. bis zum 1. Jh. v.Chr., Berlin-New York 1993, 216-256; A. Lewin, Banditismo e civilitas nella Cilicia Tracheia antica e tardoantica, «Quaderni di Storia» LXXVI, Bari 1991, 167-184; I. Arrayás Morales, Bandidaje y piratería en la Anatolia meridional: definición y circunstancias en el marco de las guerras mitridáticas, in «Studia historica. Historia antigua» XXVIII, Salamanca 2010, 31- 55. (5) Digestum (D) 50.16.118 (Pomponius l.2 ad Quintum Mucium): «Hostes hi sunt, qui nobis aut quibus nos publice bellum decrevimus:ceteri latrones aut praedones sunt». (6) D. 49.15.24 (Ulpianus l.1 institutionum): «Hostes sunt quibus publice populus Romanus decrevit vel ipsi populo Romano: ceteri latrunculi vel praedones appellantur». Sul tema si segnala R. Ortu, «Captus a piratis»: schiavitù di fatto?, in Rivista di Diritto Romano X (2010), www.ledonline.it/rivistadirittoromano.

(7) S. Galeotti, Mare monstrum mare nostrum. Note in tema di pericula Maris e trasporto marittimo nella riflessione della giurisprudenza romana (I secolo a.C. - III secolo d.C.), Napoli 2020, pp. 199-200. (8) Cic., De Officiis, III.107: «pirata non est ex perduellionis numero definitus, sed communis hostis omnium». (9) D. libro XIV, tit. 1° & 2° (actio exercitoria e Lex Rhodia de Iactu); D. Libro XII, titolo 2° (fenus nauticum); D. Libro XIX, tit. 2° (locatio-conductio); D. lib. XLVII tit. V & tit. IX (azioni contro la predazione in danno dei naviganti). (10) D. 14.1.1.6. «Navem accipere debemus sive marinam sive fluviatilem sive in aliquo stagno naviget sive schedia sit» (dobbiamo intendere per nave sia quella marittima che quella fluviale, tanto se navighi in un lago quanto se si tratti di una zattera). (11) Cfr. S. Galeotti, Mare monstrum mare nostrum, op. cit., (pp. 190-202). (12) Infatti è il pretore che, sul finire del I secolo a.C., valorizza le istanze marittime; così ad es. §189 dell’Editto pretorio recita: «de incendio ruina naufragio rate nave expugnata» (cfr. O. Lenel, Das «Edictum Perpetuum». Ein versuch zu seiner wiederherstellung, Leipzig 1927, p. 319 ss.). (13) Sui Basilikà, si riporta la più recente manualistica in lingua italiana, cfr. S. Troianos, Le fonti del diritto bizantino, Torino 2015, pp. 168 ss.; D. Ceccarelli Morolli, Il diritto dell’Impero Romano d’Oriente. Introduzione alle fonti e ai protagonisti, «Kanonika» 21, Roma 2016, pp. 85 ss. (14) Non entro, volutamente, nel problema dell’inserimento del NRN nei Basilikà, asserendo che questa fonte è recepita nei Basilikà come LIII libro di questi ultimi. Anche se problemi interpretativi non mancano. (15) A. E. Laiou, s.v. Piracy, in Oxford Dictionary of Byzantium, vol. II, Oxford 1991, p. 1679. (16) Definito da Hans Gregor Beck nella sua opera Il millennio bizantino, Roma 1981 (2a ed. it.). (17) H. Ahrweiler, Course et piraterie dans le Méditerranée Orientale au XIV-XV siècles, in AA.VV., Course et piraterie: études présentées à la Commission Internationale d’Histoire Maritime à l’occasione de son XVe coloque international pendant le XIVe Congrès International des Sciences Historiques San Francisco, août 1975, Paris 1975, pp. 1-21. (18) Tra i molti, a titolo d’esempio, ved. V. Christides, The Raids of the Moslems of Crete in the Aegean Sea Piracy and Conquest, in Byzantion 51/1 (1981), pp. 76-111. (19) Cfr. D. Penna, Piracy and reprisal in Byzantine waters: resolving a maritime conflict between Byzantines and Genoese at the end of the twelfth century, in Comparative Legal History 5/1 (2017), pp. 36-52. (20) Così si esprime lo storico bizantino Niceta Coniate (ca. 1155-1217): θαλαττοκρατοῦσιν οἱ πειραταί. (21) I. Eramo, Pirati a Bisanzio. Una minaccia alla talassocrazia della Nuova Roma, in I.G. Mastrorosa (a cura di), Latrocinium Maris. Fenomenologia e repressione della pirateria nell’esperienza romana e oltre, Roma 2018, pp. 143-170. (22) Distinzione che sarà fata dal Rev. P. Alberto Guglielmotti nella sua opera: Vocabolario marino e militare, Roma 1889 (ivi, s.v. pirata, corsaro). (23) Nel presente scritto si è fatto riferimento all’edizione moderna del NRN realizzata, in lingua inglese, da W. Ashburner, ΝΟΜΟΣ ΡΟΔΙΟΝ ΝΑΥΤΙΚΟΣ. The Rhodian Sea-Law, Oxford 1909, pp. XIII ss. Mentre per la manualistica, in cui tale fonte è tratteggiata, si segnalano le seguenti monografie (limitatamente e volutamente alla lingua italiana): A. D’Emilia, Diritto Bizantino. Parte generale. Le fonti di cognizione, Roma 1963, pp. 334 ss.; S. Troianos, Le fonti del diritto bizantino, Torino 2015, pp. 107 ss.; D. Ceccarelli Morolli, Il diritto dell’Impero Romano d’Oriente. Introduzione alle fonti e ai protagonisti, Roma («Kanonika» 21) 2016, pp. 68 ss. Infine, riguardo alle voci enciclopediche specializzate, si segnalano le segg.: A. Verger, s.v. Nomos Rhodion Nautikos, in Novissimo Digesto Italiano, vol. XI, Torino 1965, pp. 316 ss.; L. Burgmann, s.v. Rhodian Sea Law, in Oxford Dictionary of Byzantium vol. III, p. 1792, Oxford 1991. (24) Ashburner, op. cit., pp. 10-11: ἐὰν πλοῖον ὁρμῇ ἐπὶ λιμένα ἢ ἐν ἀκτῇ καὶ σύλα πάθῃ τῶν ἀγκυρῶν καὶ καασχεθεὶς ὁ κλέπτης ὁμολογήσῃ, τοῦτον κελεύει ὁ νόμος βασανίθεσται κατὰ το διπλάσιον. (25) Ashburner, op. cit., pp. 11-12: ἐὰν βουλήσει τοῦ ναυκλήρου οἱ ναῦται σύλα ποιήσωσιν ἀγκύρας πλοίου ἐτέρου ὁρμοῦντος ἐν λιμένει ἢ ἐν ἀκτῇ καὶ συμβῇ ἐυτεῦθεν ἀπώλειαν γενέσθαι τοῦ πλοίου τοῦ τὰς ἀγκύρας συληθέντος, καὶ τούτων οὕτως ἐν ἀκριβείᾳ ἀποδεικνυμένων, πᾶσαν τὴν προςγενομένην ζημίαν ἔν τε τῷ πλοίῳ καὶ τὰ ἐν τῷ πλοίῳ σῶα ἀποδιδότω ὁ ναύκληρος ὁ τά σύλα ἐπιτρέψας γενέσθαι. ἐὰν δέ τις κλέψῃ σκεύη πλοίου ἤ τι τῶν ἐν τῷ πλοίῳ χρηματιζόντων, τουτέστι σχοινίων τε καὶ κανναβίων ἢ ἀρμένων ἢ διφθερῶν καὶ καράβων καὶ λοιπῶν, διπλᾶ ἀποδιδότω ὁ τά σύλα ποιήσας. (26) Ashburner, op. cit., pp. 13: ἐάν ἐν τόπῳ συλωμένῳ ἢ λῃστευομένῳ κατάξῃ πλοῖν , μαρτυρουμένων τῶν ἐπιβατῶν τῷ ναυκλήρῳ τὴν τοῦ τόπου αἰτίαν καὶ συμβῇ συληθῆναι, ἀποδιδότω ὁ ναύκληρος τὰ σύλα τοῖς συληθεῖσιν. ἐάν δε τοῦ ναυκλήρου ἀπομαρτυρουμένου καταγάγωσιν οἱ ἐπιβάται τὸ πλοῖον καὶ συμβῇ τι, ὐποκείσθωσαν οἱ ἐπιβάται τὴν ζημίαν. (27) Ashburner, op. cit., pp. 20-21: ἐάν πλοῖον φέρῃ ἐπιβάτας ἢ ἐμπόρους ἢ δούλους παραθήκην λαβὼν ὁ ναύκληρος ἐλθὼν ἐν πόλει τινὶ ἢ ἐν λιμένι ἢ ἐν ἀκτῇ, ἐάν ἐξελθόντων τινῶν ἐκ τοῦ πλοίου συμβῇ διωγμὸν λῃστῶν ἢ πειρατῶυ ἐπιδρομὴν γενέσθαι καὶ κελεύσας ὁ ναύκληρος ἐξειλήσῃ, σωθῇ δὲ τὸ πλοῖον καὶ τὰ τῶν ἐπιβατῶν καὶ ἐμπόρων κομιζόμενα, ἀπολαμβανέτω ἕκαστος τὰ ἴδια αὐτοῦ καὶ τὰ τῶν ἐξελθόντων εἴδη καὶ σκεύη ἀπολαμβανέτωσαν. εἰ δέ θελήσῃ τις τῷ ναυκλήρῳ ἀμφισβητῆσαι ὅτι ἐν ἀκτῇ ἔασεν αὐτὸν ἐν τόπῳ ληστρικῷ, ἄκυρα ἔστω τὰ παρ ’αὐτοῦ λεγόμενα, ὅτι διωκόμενος ὁ ναύκληρος καὶ οἱ ναῦται ἔφυγον. εἰ δὲ ἐμπόρων ἢ ἐπιβατῶν τις δοῦλον ἐν παραθήκῃ ὅντα ἀλλότριον ἔασεν ἐν οἱῳδήποτε τόπο, τὴν ἀποκατάστασιν τῷ κυρίῳ αὐτοῦ ποιείτω. (28) Ashburner, op. cit., p. 28: ἐάν πλοῖον ἐν τῇ ἐμβολῇ ἐμποδισθῇ ὑπὸ τοῦ ἐμπόρου ἢ κοινωνοῦ πληρωθείσης τῆς προθεσμίας, καὶ συμβῇ ἀπὸ πειρατείας ᾒ πυρκαιᾶς ᾒ ναυαγίου ἀπὠλειαν γενέσθαι τοῦ πλοίου, ὁ τὴν ἐμπόδιον ποιήσας ἐμφερέτω τὰς ζημίας. (29) Al riguardo si ritiene fondamentale la monografia di Sara Galeotti, Mare Monstrum. Mare nostrum. Note in tema di pericula Maris e trasporto marittimo nella riflessione della giurisprudenza romana (I sec. a.C. - III sec. d.C.), Napoli 2020, p. 176 ss. (30) R. Fiori, L’allocazione del rischio nei contratti relativi al trasporto, in E. Lo Cascio - D. Mantovani (a cura di) Diritto romano e economia. Due modi di pensare e organizzare il mondo (nei primi tre secoli dell’Impero), Pavia 2018, p. 510. (31) D 14.2.2.3: «Si navis a piratis redempta sit, Servius Ofilius Labeo omnes conferre debere aiunt: quod vero prædones abstulerint, eum perdere cuius fuerint, nec conferendum ei, qui suas merces redemerit». (32) Ashburner, op. cit., pp. XXLVI ss. (33) J. Haldon, A Critical Commentary on the Tattica of Leo VI, «Dumbarton Oaks Studies» 44, Washington D.C. 2014, pp. 389-417. (34) J. Pryor, Shipping and Seafaring, in E. Jeffreys - J. Haldon - R. Cormack (eds.), The Oxford Handbook of Byzantine Studies, Oxford 2008, p. 487. (35) A. Carile - S. Cosentino, Storia della marineria bizantina, Bologna 2004. (36) Per citare un elenco, non esaustivo e provvisorio di questi ecco i seguenti: 1156-60 Constitutum Usus (Pisa); 1214 Curzola (parte più antica); 1227 Ziani (Venezia); 1229-1236 Tiepolo (Venezia); 1255 Zeno (Venezia); 1255 Marsiglia; 1258 Barcellona; 1272 Ragusa e Tortosa; 1298 Breve Curiæ Maris (Pisa); 1312 Spalato; 1313-44 Off. Gazarie (Genova); 1331 Phara (Lesina); 1354 Trapani; 1063 Ordinamenta di Trani. (37) Troianos, op. cit., p. 109. (38) Ibidem. (39) P.G. Monateri, Geopolitica del diritto. Genesi, governo e dissoluzione dei corpi politici, Roma-Bari 2013. (40) D. Ceccarelli Morolli, Per una geopolitica del diritto dell’Impero Romano d’Oriente, Roma 2020, pp. 99 ss. (41) ὁ δὲ νόμος τῆς θαλάσσης τῷ νόμῳ κρινέσθω τῷ ναυτικῷ. (42) τὸ δ αὑτὸ ὁ θεῖος Αὔγυστος ἔκρινεν. Il passo del Digesto è il seguente D. 14, 2, 9; in esso è riportata una frase dell’imperatore (Antonino Pio) come segue «Antonino Pio ha detto ad Eudemone: “io sono il signore del mondo terrestre, mentre la Legge “Rodia” lo è del mare”» («Ἀντωνῖνος εἶπεν Εὐδαίμονι · ἐγὼ μὲν τοῦ κόσμος κύριος Ῥοδίων κρινέσθω τᾧ ναυτικῷ, εν οἶς μήτις τῶν ἡμετέρων αὐτῷ νόμος ἐναντιοῦται. τοῦτο δὲ αὐτὸ καὶ ὁ θειότατος Αὔγουστος ἔκρινεν»).

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