IL SEGNO

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Storia, tradizione ed arte nella vita dei Campanari di Verona

fotografie di Gabriele Rodriquez testi di Nicola Patria

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l segno è il nome generico di un pezzo musicale che i campanari eseguono, deriva dai “signa” ossia dai segnali di più svariata natura dati con le campane, il segno è l’indicazione del maestro agli esecutori durante un passo difficile e segno è anche il punto esatto della corda dove le mani del suonatore devono intrecciarsi. Segni sono le immagini che troverete e le frasi che le corredano, secolari sussurri di storici maestri campanari della città di Verona che ancora si accavallano riecheggiando come sospiri nelle torri. Anche i campanari sono segno di qualcosa: non solo di storia, di tradizione, di veronesità, di cultura, di fede, di arte, di amicizia, di scelte di vita, di sacrifici e di vibrante passione. La loro perseveranza che dura da 240 anni all’ombra dei campanili indica che dietro ad essi c’è qualcosa di valore: un significato, appunto. In un mondo pieno di risposte facili essi vogliono, invece, far nascere dalle domande: perchè esistono appassionati che dedicano le loro vite a far squillare le campane? Speriamo che ognuno di voi sia invogliato da questo libro a cercare per conto proprio una risposta. Gabriele Rodriquez è partito per questo viaggio col piede giusto, una mattina di Natale in cui si aggregò come spettatore al nostro gruppo impegnato nella consueta volata per le torri di Verona. La gratitudine verso di lui e verso tutti coloro che si sono spesi per questa opera divulgativa trascenderà la durata del presente lavoro e farà si che la nostra famiglia si sia arricchita di nuovi amici, che porteranno nuovi sorrisi ed esempi di umanità a vivificare le sale celate nelle mura dei nostri campanili, sopra i tetti di Verona.

M°Nicola Patria presidente Scuola Campanaria Verona in S. Anastasia

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LA CAMPANE, LE SENTI DA LONTANO

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e campane ... le senti da lontano. Se scandiscono il tempo, fungono da orologio; se suonano fuori orario, allora ti chiamano; se suonano a festa (din, don, dan) o ritmano il solitario suono da funerale (dong, dong, dong), fungono da ambasciatrici; se le suonano degli esperti, ti fanno pregare, in particolare il canto dell’Ave Maria; se suonano dei principianti, ti fanno semplicemente sognare, immaginando melodie mai concluse, pur composte con pochissime note. Le campane ... le senti da lontano. Il loro suono deve raggiungere tutti, propagarsi tre le case, inondare le campagne. Chi nasce vicino al campanile ne sente la mancanza quando vengono taciute. Chi trova casa vicino al campanile, ne avverte la presenza, come ingombrante. Le campane ... le senti da lontano. Sono grandi, sono in alto, quasi non le vedi, eppure le senti. Sono sul campanile, se le vuoi vedere da vicino devi salire in alto, là dove contemplare il vasto mondo a cui si rivolgono. Le campane ... le senti da lontano. Sono diventate parte di molte storie, diventandone la colonna sonora. In particolare storie di fede ... o forse è l’unica parte di fede rimasta di molte storie di cui sono diventate parte. Le campane ... le senti da lontano. La loro storia comincia da lontano. Parlare di campane e di campanili sa di vecchio, sa di religioso. Eppure, mai come in questo caso vecchiaia e devozione sono sinonimi di fascino, storia e mistero. Entrare in un campanile per la prima volta è sicuramente avventuroso. Suonare le campane: all’inizio può sembrare un gioco. Piace ai bambini, soprattutto se si aggrappano alla fine della campana più potente. Per un attimo rimangono sospesi tra terra e cielo al ritmo di ogni rintocco. Le meravigliose immagini raccolte in questo libro raccontano come la tradizione campanaria sia vivace, non tramonta, raccoglie ancora molti giovani. La stessa idea di questa pubblicazione è il “segno” di questa vitalità. Molta memoria popolare è custodita dalle pietre, dalle costruzioni, dai monumenti, elementi trasformati e logorati dal tempo, che decorano le nostre città. Non è così per le campane, non è così per il suono delle campane. Esso è lo stesso, è sempre il medesimo suono vivo e squillante così come è stato rintoccato la prima volta.

Don Martino Signoretto Vicario Episcopale per la Cultura, l’Università e il Sociale

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ono onorato di accompagnare con queste brevi note la pubblicazione di un libro, primo nel suo genere, che tratta dei Campanari Veronesi e della storia dell’Arte Campanaria nella nostra città. Onorato, innanzitutto perché il libro nasce da plurime vitali passioni: per l’arte monumentale, per la melodia, per la storia, per la fotografia. Tutti coloro che vi hanno contribuito, e che in qualche modo hanno “indirizzato” le inquadrature fotografiche, sono uniti dal medesimo anelito interiore, che trova forma ed espressione verticale negli imponenti campanili e nell’armonia dei suoni. Chi non è legato al proprio campanile, chi non ne ricorda il battito delle ore? Chi non ne ammira la bellezza quando si reca in località sconosciute? È il simbolo in cui si riconosce la civiltà occidentale, l’elemento che accomuna l’Europa e ancor più caratterizza l’Italia, la nazione dai “centomila campanili”. I campanili sono il tracciato della storia delle nostre municipalità, a testimonianza di quanto fossero vivi la devozione religiosa e il gusto della bellezza architettonica: sobri ed eleganti nelle costruzioni e nei colori, indicatori di percorso per i viandanti. Ed è sorprendente come l’Arte Campanaria, che ha proprio nelle nostre chiese le più remote tracce, sia sopravvissuta nei secoli, resistendo alla moderna tecnologia e ad alternative artistiche apparentemente più attraenti; capace di affascinare le giovani generazioni, di far nascere associazioni, di stimolare la ricerca e lo studio dei reperti documentali. Contribuendo così a rigenerare quella preziosa eredità culturale che proviene dalle nostre radici Cristiane, a custodire la memoria degli eventi fondativi della nostra società. “A volere che una repubblica viva lungamente è necessario ritirarla spesso verso il suo principio”, scriveva il Machiavelli nei Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio: cioè, occorre fare continuo memoriale delle proprie solide origini. Solide come le campane, che resistono al logorio del tempo. Invito quindi i miei concittadini, ma anche i graditi “forestieri”, a non perdere questa occasione, di poter conoscere la complessa storia di Verona attraverso i suoi campanili e attraverso un’Arte, quella campanaria, che si rivela straordinariamente giovane e vitale. Guidati dalla mano sapiente di un fotografo amatoriale, che ringrazio di essersi cimentato in questa inedita, affascinante impresa, che dà lustro alla nostra città.

Dott. Rosario Russo Consigliere Comunale del Comune di Verona

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IL SEGNO

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n giorno di primo autunno del 2014 telefono ad un mio caro compagno di liceo: “Ciao Giulio, come stai? Senti una cosa, mi hanno detto che sei un appassionato di campane e per hobby fai il “Campanaro”. Vorrei chiederti se posso venire a trovarti al campanile, domenica mattina, dopo la Messa, per esporti un mio progetto”. Questa pubblicazione nasce così. Certamente non in modo casuale, era da molto tempo che la cosa mi girava in testa, ma non era mai iniziata: un po’ per pigrizia e un po’ perché pensavo, in modo forse superficiale, a qualcosa di più “Minimal”. Di certo, non mi aspettavo tutto quello che avrei vissuto in più di un anno di sali e scendi nei più bei campanili del mondo. Non so se sia vera l’ultima affermazione, ma a me così è sembrato. Sono stato accompagnato in questo percorso da tanti volontari che sono poi diventati amici, curiosi di quello che facevo. In realtà ero più curioso io man mano che prendevo coscienza di ciò che vedevo e di quello che mi andavano narrando. Per brevità, mi hanno spiegato che un concerto di campane, un “Segno”, è la partitura in musica di 5/6/11 campane che, a ritmo e per nota, suonano un tema trascritto, di solito di natura religiosa o popolare. Il sistema di suono veronese, da 240 anni, permette - per la sua peculiarità - di eseguire un concerto. Tutto qua. Già, ma in realtà la cosa è assai più complessa, tenuto conto che si muovono campane anche del considerevole peso di 45 quintali, manovrate insieme in un complesso organizzato da un Maestro che chiama “Il Segno” e un minimo di 5/6 persone che suonano: i “Campanari”! Di solito vengono chiamati, prima o dopo la cerimonia liturgica, due “Segni” intervallati da circa 5 minuti uno dall’altro. Il campanile del Duomo di Verona è composto da un concerto di 11 campane, che necessita di 20/22 persone per farlo suonare. Se poi tutto questo viene collocato in un excursus temporale di 240 anni di suono, in un contesto di torri che hanno anche 900 anni, capite bene che c’è da rimanere quantomeno impressionati. Ho scoperto che la campana più antica della Cristianità è stata fusa nel 700, un’anziana di 1300 anni, e si trova presso l’abazia di San Zeno qui a Verona: la Campana del Figar. Ho scoperto che il più grande complesso al mondo di campane rotanti, e il più piccolo, sono sempre a Verona, rispettivamente il Duomo e la Chiesa di San Carlo. Ho scoperto una grande storia che vale la pena di raccontare. Mi sono reso conto che era molto importante dare testimonianza a questi appassionati, ai “Campanari”, perché testimoni di una tradizione centenaria tramandata probabilmente da padre in figlio e per generazioni. I campanili restano immobili nelle pieghe del tempo a testimonianza di una fede e di una storia, i

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Campanari no. Maturava la convinzione, mano a mano che procedevo nel mio racconto fotografico, che era importante divulgare il più possibile questa tradizione, una straordinaria cultura che rischia di scomparire per tante ragioni. Probabilmente perché si dà per scontato un qualcosa che così non è, siamo presi dalla quotidianità che ci travolge, ragion per cui il suono delle campane, forse, è l’ultimo dei nostri problemi. Ero abituato a passare davanti alle Chiese e sentire le campane che suonavano, tralasciando il suono meccanizzato delle ore, in modo scontato come probabilmente avviene per molti di noi. E quando per la prima volta sono entrato in una cella campanaria e ho assistito a un Segno, ho capito che valeva la pena spendere tempo ed energie per dare testimonianza a quello che resta nascosto ai più. Ci sono molti scritti sui vari campanili, anche di grande qualità storica; probabilmente c’è uno studioso in ogni chiesa che ha scritto del Suo campanile, ma nessuno mai il quale abbia citato le persone che hanno dedicato la loro passione al mantenimento di tale cultura. Questo libro è dedicato a loro, ai Campanari. I Campanari sono gente strana, come mi ha detto uno di loro, molto gelosi del loro sapere, ma anche molto orgogliosi e generosi nel divulgare la loro arte. Custodi consapevoli di una tradizione. Ascoltando le loro storie credo che mai termine più corretto e più opportuno sia stato coniato nel descrivere la loro passione: “Campanilismo”. Le squadre sono composte da persone giovani, che spesso si fanno accompagnare anche dalle “Morose”, e meno giovani ad indicare con la loro presenza il solco della tradizione. Il volume inizia con un omaggio/tributo alle vecchie squadre, con fotografie d’epoca, le quali - con la loro presenza - sono a testimoniare quest’arte antica. Si passa, poi, alle immagini dell’Antica Fonderia Cavadini, una delle fonderie di campane storiche più importanti della città di Verona e che, purtroppo, oggi non è più esistente. Le fotografie sono state gentilmente concesse dagli amici, valenti fotografi Veronesi, Enzo e Raffaello Bassotto; tratte dal loro libro “L’Officina degli Angeli”. Da qui inizia un racconto fatto d’immagini statiche e in movimento dei Campanari moderni in jeans e T-shirt, raccolte in vari momenti della vita liturgica annuale nei campanili più importanti della città di Verona. Credo sia necessario e importante far presente, per non dimenticarlo, che anche questo comunque è un cammino di fede e di devozione. Le campane suonano al Signore e testimoniano la Fede di quanti chiamano la Sua attenzione. Un giornalista indiano del New Delhi Times, un giorno, dopo aver visto alcune mie fotografie pubblicate su Facebook, mi ha fatto notare che i Campanari con il loro suono stavano mandando un Sms a Dio! Il percorso d’immagini si interrompe con la sintesi del diario di un campanaro veronese, tale Luigi Gardoni nato nel 1793 e di professione Campanaro. Il diario, dimenticato e poi scoperto nella Biblioteca Civica di Verona, nonché tradotto in un dialetto per noi più consono, descrive in modo pedissequo la

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vita quotidiana dei primi del 1800, con dovizia e puntigliosità che spesso sfociano in aneddoti molto gustosi. Il racconto prosegue fino alla parte “Accademica”, corredata da dati, tabelle e quant’altro possa far felice ogni studioso, per poi finire con il dovuto e necessario omaggio alle squadre dei Campanari dei nostri tempi. Purtroppo alcune torri non hanno la presenza dei campanari perché non tutti i campanili sono fruibili, per diverse ragioni, non ultima la grande necessità di restauro che queste abbisognano. Questo libro non ha nessuna pretesa di essere antologico e/o esaustivo. Esiste una realtà importante di campanili, di squadre, di storia e di grande tradizione fuori daVerona città. Sarebbe occorso altrettanto tempo per documentare tutto ciò e non è detto che non si possa fare in un prossimo futuro. La scelta del Bianco e Nero mi è sembrata doverosa. Mai come in questo contesto il colore non deve sviare l’attenzione del lettore dai contenuti. Credo inoltre che questa scelta dia ancora più risalto alla solennità degli stessi. Concludo ringraziando, ovviamente, i Campanari che mi hanno sopportato in tutto questo periodo. Ci sono giornate, sabati, domeniche e festività dove di corsa, letteralmente si “salta” da un campanile a un altro. Il giorno di Natale, Pasqua e Pentecoste ogni squadra suona mediamente in 5/6 campanili, e tutto nell’arco di una mattinata per comunicare ai fedeli la gioia della festività. Al di là della grande responsabilità nel mantenere alta la Tradizione, la Cultura e l’Arte che i Campanari moderni si sono addossati, permettetemi di dire in modo un po’ faceto che la vita del Campanaro è dura, serve un gran fisico! Ah, quasi dimenticavo, sono stato nominato …. “Campanaro Ad Honorem”.

Gabriele Rodriquez fotografo

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RINGRAZIAMENTI Fra tutti ho l’obbligo di ringraziare Giulio Veneri che mi ha inserito nel mondo dei Campanari, Nicola Patria –presidente della Scuola Campanaria di Verona- che mi ha accompagnato in questo viaggio, Eles Belfontali – presidente dell’Associazione Suonatori di Campane a Sistema Veronese nonché della Federazione Nazionale Suonatori di Campane. Inoltre voglio ringraziare tutti coloro che con la loro attività mi hanno aiutato alla stesura di questo libro: Stefano Maschi per tutta la parte grafica, Faccioli Moreno e il suo laboratorio Ombra di Luce, Maurizio Pedrini per la correzione dei testi, Moreno Bronzato per il supporto fiduciario e tutti quanto mi hanno aiutato in questo lavoro. In ultimo ma non ultimi le squadre dei Campanari che mi hanno accolto e accompagnato nei vari campanili spesso pestando loro i piedi perché gli spazi dentro i campanili non sono certo confortevoli. Fra tutti Matteo, Mattia, Alessandro, Davide, Maurizio e tanti altri che mi scuseranno se non riesco a nominarli tutti. Devo ringrazieare inoltre la dott.ssa Vittoria Brunelli per la sua preziosa versione inglese dei testi.

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ARCHIVIO FOTOGRAFICO

Storia, tradizione ed arte nella vita dei Campanari di Verona

Gabriele Rodriquez

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- Cattedrale di Santa Maria Matricolare - Pausa -

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- Cattedrale di Santa Maria Matricolare - Le funi di manovra -


- Cattedrale di Santa Maria Matricolare - Avvio della campana maggiore -

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- Cattedrale di Santa Maria Matricolare - Chiamata -


- Cattedrale di Santa Maria Matricolare - Fermata delle campane -

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- Cattedrale di Santa Maria Matricolare - Suonata in corso -


- Cattedrale di Santa Maria Matricolare - Suonata in corso -

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- Cattedrale di Santa Maria Matricolare - Scelta dei segni -


- San Michele Extra - Fermata della campana maggiore -

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- San Michele Extra - Vecchie memorie -

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- San Tomaso Cantuariense all’Isolo - Scale -


- Santo Stefano Protomartire - Cripta -

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- Abbazia di San Zeno Maggiore - Movimenti -




- San Massimo all’Adige - Suonata in corso -

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- San Massimo all’Adige - Piano dell’orologio -


- San Massimo all’Adige - Cella campanaria -

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- San Massimo all’Adige - Sgancio motore -


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- Santa Maria della Scala - Cella campanaria -


27 maggio 1826, si dice che si habbia tachato foco la casa del Arsiprete a Tomba. (M° campanaro Luigi Gardoni, 1793-?) 18 giugno 1826, si raconta che il Podestà Fracastoro e delegazione ha ordinato che le campane fosser suonate un minuto, non è possibile questa cosa perché nelle solenità si deve suonar discretamente è così a San Nazar per Sant’Antonio hanno suonato sufficientemente e le spie son state pronte a riportare alla delegazione che fece chiamare il sacrestan. Invece c’è andato il sig. Arciprete ed ha risposto che quella è chiesa sua e che vol sonare e se i vol meter in prison i ghe meta e così sono restati stupidi senza poder parlar. (M° campanaro Luigi Gardoni, 1793-?) 21 luglio 1826, una donna alla Satta a San Stefano per accidente si ha de botto annegata e un pistor l’ha chiapata viva e la bela scampata via giù per l’acqua memoria di L.C.G. che scrive. In sul campanile di San Nasar è cascata giù la campana terza in sul volto senza rompersi. (M° campanaro Luigi Gardoni, 1793-?) 22 luglio 1826, in Legnago mentre che pioveva un poveretto stava in mezzo alla strada si memoria che una saetta lo abbia insenerito come si dice. 10 agosto detto è toccata una saetta in nel campanile di Cà di Dai. (M° campanaro Luigi Gardoni, 1793-?) 3 settembre 1826, io Luigi Gardoni vegnendo da Erbezo chiapo l’acqua fin a Gressana e poi mi fermo a tore un cafè e far una sonadina co miei bronzini. Potevo restare ma penso di venir via verso sera e trovo due altri che veniva a casa, ci abbiamo fatto coragio ed abiamo passato il progno vicino al osteria di Pojan ed io L.C.G. mi sono annegato debboto in nel medesimo, ma per ora sono vivente memoria e così salvi anche li 2 altri cui assieme statti siamo memoria. (M° campanaro Luigi Gardoni, 1793-?) 8 settembre 1826, di sera fù fatta una illuminazione a coette in sul campanile di San Steffano in onore di Don Zanoni

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della medesima contrada che ha cantato messa novella la prima volta, ma senza campanò in grazia de nostri moderni di governo di quei tempi che per una cattiveria non hanno permesso per suo comando falso. Ma in nel campanile illuminazione e coette e i loro pretti di San Stefano sono michioni che invece di sparar coette i ha sparà soffioni perché le medesime erano subito fuori di mano invece di andar alte andava in terra e così si sono rabiatti e hanno dimesso subito la medesima illuminazione perché invece di tor le coette da quel di San Giovan in Val i le ha tolte da un tal Polidi librar in sul introl delle Fosse, novello delle medesime, e così i ha fatto fiasco e così il proverbio degli antichi ne fa molto: che non si lascia la strada vechia per la nuova, memoria. (M° campanaro Luigi Gardoni, 1793-?) 16 ottobre 1826, ssasini hanno saltato il oste del Platano […]. I hanno principiato a suonare a mezza ora di notte il segno anche la campana grossa rotta per la consacrasione della chiesa a Sant’Anastasia per il giorno 20 detto memoria. (M° campanaro Luigi Gardoni, 1793-?) 24 marzo 1828, fu messo 3 ore in arresto ai Scalzi il sacrestan di Sant Maria in Organo perché ha suonato le campane secondo il suo solito, ma i nostri di governo o delegazione che i vuol comandare a queste cose di Chiesa sono tutti protestanti contro la religione che perfino non i hanno fatto campanò alla Torre per la Annunsiata che è di voto il farlo che è la deliberazione della peste l’anno 1467 come si fa memoria di questi birboni di nostra città di Verona di governo di cativeria di cui parlemo nel 1828 memoria. (M° campanaro Luigi Gardoni, 1793-?) 30 giugno 1828, detto abbitano in nel convento del SS Redentore in un locale un tal Battista Battiston damaschar e Romualdo Girlanda la quale si andava anche il sul campanile si pensò lui con suoi lavoranti di fare una baracca ovvero sia una merenda e bevare e stare allegri in sul campanile e per combinazione vi era anche io Luigi Gardoni Campanar e Calzetar e li ho divertiti col mio sonare i bronzini da me fatti ed inventati e le mie campanelle portate il sul medesimo per star di buona alegria tutti di buona compagnia memoria. (M° campanaro Luigi Gardoni, 1793-?)

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I CAMPANARI DI VERONA di Nicola Patria L’autore desidera ringraziare per la lettura delle bozze: Mons. Franco Alvise Segala, Mario Patuzzo, Luciano Rognini e Matteo Padovani.

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a storia veronese dei campanili1, delle campane e dei loro artefici si snoda su quattordici secoli, densi di avvenimenti. Il presente lavoro ha però lo scopo di concentrarsi sulle vicende dei concertisti campanari, veri maestri del rintocco. Tale scelta ci costringe a saltare a pie’ pari medioevo e rinascimento, salvo brevi accenni necessari come incipit. A Verona le memorie dell’anno 622, riprese da Lodovico Moscardo, parlano già di campane suonate per annunciare eventi importanti, ma a questo si limitano. Di poco successiva a quest’epoca, secondo gli studiosi, è quella “dei temporali”, così chiamata poichè era considerata capace di scacciare calamità atmosferiche: di forma ottagonale è fra le più antiche campane fuse in bronzo ancora integre di tutta la cristianità e riposa nella cripta di San Zeno. Fino all’avvento degli attuali “concertisti” i campanari erano incaricati tra persone di fiducia della comunità, istruiti da un predecessore e retribuiti in generi alimentari. Uno di loro è immortalato nella cella del campanile di San Zeno dove, scolpita nel tufo, si può leggere la firma di un antico suonatore: Wilcario. Sul campanile di Santa Maria della Scala, offerto da Cangrande nel 1324, l’autografo di un altro campanaro immortala l’inaugurazione del Rengo, la grande campana della Torre civica, nel 1557. Dalle ricerche archivistiche del M° Mario Carregari2 sappiamo che nella Torre dei Lamberti, almeno a partire dalla metà del XIV secolo, risiedevano famiglie di sentinelle-campanari, stipendiati solo con vitto ed alloggio, tenuti a dare suoni di allarme e segnali orari. Quando, nel XVI-XVII secolo, andarono comparendo i primi insiemi di campane che contavano quattro-cinque-sei voci, talvolta accordate fra loro, ci fu bisogno di disporre di una nutrita schiera di elementi qualificati per suonarli. Il fenomeno interessò, inizialmente, solo le chiese principali: San Zeno Maggiore, Santa Maria in Organo (campanile che poggia sulla torre del vecchio segnatempo romano), Santa Maria della Scala, Santa Anastasia, San Bernardino, Sant’Eufemia, San Nicolò in Bucadarena e la Cattedrale, in cui erano stati installati bronzi ad opera del fonditore Pesenti che aveva laboratorio laddove oggi c’è un famoso negozio chiamato “Le due campane”3. Proprio nel campanile del Duomo, dal 1532, risultano operative ben tre compagnie campanarie di suonatori laici residenti in periferia, i quali erano stipendiati sotto forma di agevolazioni nell’affitto di terreni coltivabili.4 L’antica tecnica del campanò (carillon), che consisteva nel produrre virtuosismi ritmici percuotendo le campane da ferme, era già di certo praticata e si sarebbe estinta solo

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nella prima metà del ‘9005. A parte le memorie del musicista e “perito di campane” Luigi Gardoni, ne accennano le ricevute di pagamento negli archivi parrocchiali di S. Eufemia, S. Lucia, Chievo e San Zeno dove i bronzi suonavano dal campanile e le cornamuse carnevalesche di merliniana memoria facevano eco dalla piazza. Il canto del complesso zenoniano, di timbro malinconico e supplichevole, è inconfondibile e, davvero, è paragonabile ad un richiamo continuo dei fedeli ai sacri uffici. E’ probabile, prendendo analogìa da quanto succedeva in altre regioni della penisola, che, per essere resi più piacevoli, pure i segni ad oscillazione prevedessero una sorta di ordine nei rintocchi: sono di questo tempo le prime testimonianze di campane equipaggiate con ruota e contrappeso, per agevolarne la manovra e rendere più facile l’alternarsi del suono6. A metà del XVIII secolo arrivarono altri tre complessi campanari di un certo interesse: uno per la chiesa dei Santi Fermo e Rustico, fuso in loco dal lombardo Crespi, uno per Santa Lucia in Sant’Elisabetta, a firma del veronese Larducci, ed un’altro a San Giorgio in Braida, approntato dal leggendario fonditore emiliano Ruffini nel 17767. Crediamo che San Fermo avesse sostituito volentieri i suoi bronzi medievali, che furono addirittura suonati personalmente da Cansignorio Della Scala, ma che erano soprattutto legati alla spiacevole memoria di una banda di malviventi che, al loro suono, si riuniva per commettere i propri crimini8. A Santa Lucia, invece, con l’occasione era stato costruito anche un nuovo campanile che neppure le cannonate piemontesi - le cui cicatrici sono ancora visibili - sarebbero riuscite ad abbattere.

ARRIVANO I CAMPANARI ....

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GLI AUTORI Gabriele Rodriquez Vive a Verona con la moglie e 3 figli. Docente di materie aziendali fino al 1997. Esercita la professione di Dottore Commercialista dal 1990. Prestato alla fotografia, fin da giovane questa è diventata un’attività che via via si è rivelata più che una passione, più che un semplice hobby. La fotografia ha riempito probabilmente un’area della sua vita culturale che gli studi seguiti hanno solo sfiorato. Nel corso della sua attività ha conseguito 52 primi premi in vari contest nelle varie piattaforme specialistiche di cui 2 internazionali, varie mostre singole e collettive, relatore in varie occasioni divulgative di incontri con l’autore. Amante di reportage in genere e di viaggio nello specifico. Con il presente lavoro ha voluto dare testimonianza fotografica di una memoria storico/culturale di fede nel territorio Veronese mettendo al centro del reportage i protagonisti di questa tradizione. Nicola Patria Nato in una famiglia di musicisti e cresciuto al Saval, patria delle grandi dinastie dei campanari di Verona, all’età di 3 anni è già un frequentatore di campanili. Dal 2010 è presidente e maestro della Scuola campanaria Verona in S. Anastasia con la quale lavora “sul campo” recuperando torri in disuso e divulgando tramite le più svariate iniziative la conoscenza di quest’arte con la speranza di assicurarle un roseo avvenire.

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ENGLISH VERSION

History, tradition and art of Verona’s Bellringers

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NICOLA PATRIA’S PREFACE

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n 1776 a group of people living in the western outskirts of Verona founded a “socìetas” with the task of ringing the bells in the towers of the city. Over time, in the rooms which are hidden by the thick walls of the thousand-year old towers, over the roofs, between the green hills and the river, the legendary masters of this society invented a technique to transform the sound of bells into music, life and prayer. After almost two and a half centuries this ancient society, which is now called Scuola campanaria Verona, still exists and is thriving. It guards the towers of Verona, and the technique it invented is widespread and practiced by dozens of local groups of concert performers in Veneto and Lombardy, which are organized in an association called “Associazione suonatori di campane a Sistema Veronese” since 1983. The bell ringers… they are hidden figures that finally deserve to be shown and protected because they belong to the cultural heritage and have a mission of great significance, even in modern times. They need to be protected, above all, from the threat of the electrification of the bells or the carelessness, which has caused hundreds of glorious bell towers to be useless or silent, leading to huge losses for this tradition. Although, unlike other neighboring regions, our local authorities are not yet concerned with the problem, Providence has caused the campanologists to survive, and, moreover, they are now gaining strength and visibility.The title of the book is not random: “segno” (sign) is the generic name of a music piece performed by bell ringers. It derives from the “signa”, that is pieces of various nature rung with bells. The “segno” is the indication of the master to the performers during a difficult passage and it is also the exact point of the rope where the hands of the ringer must clasp. Campanologists are a sign as well: they are not only a sign of history, tradition, character of Verona, culture, faith, art, friendship, life choices, sacrifices and visceral passion. In a world full of easy answers, they raise a question: why do enthusiastic volunteers devote their lives to ringing bells? We hope this book encourages each of you to look for an answer on its own. Gabriele Rodriquez left for this journey on the right foot, a Christmas morning when he joined as a spectator a group of campanologists who rang bells in the towers of Verona as usual. The gratitude towards him and all those who have spent a lot of effort for this book goes beyond the duration of this work and makes our family enriched with new friends. NICOLA PATRIA President of the Scuola campanaria Verona in S. Anastasia

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YOU CAN HEAR THE BELLS RINGING FROM AFAR

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ou can hear the bells ringing from afar. If they mark the time, they work as clocks; If they ring after hours, then they call you; If they chime (din, don, dan) or toll (dong, dong, dong), they act as ambassadors; If they are rung by masters, they make you pray, especially the song of Ave Maria; If they are rung by beginners, they simply make you dream, imagining melodies that have never been ended, though composed with very few notes. You can hear the bells ringing from afar. Their sound must reach everyone, spread among houses, flood the countryside. Who was born near the bell tower misses their sound when they are silent. Who finds a house next to the bell tower feels their presence as cumbersome. You can hear the bells ringing from afar. They are big, they are up above, you can barely see them, and yet you can hear them. They are on the bell tower, if you want to see them close, you should go up there, from where you can contemplate the vast world to which they turn. You can hear the bells ringing from afar. They have become part of many stories, becoming the soundtrack. Particularly, they are part of stories of faith ... or perhaps it is the only part of faith remaining in many of the stories they have become part of. You can hear the bells ringing from afar. Their story begins from afar. Speaking of bells and bell towers evoke something old, religious. Nevertheless, in this case antiquity and devotion are synonymous with fascination, history and mystery. Entering a bell tower for the first time is certainly adventurous. At first, ringing bells may look like a game. Children like ringing bells, especially if they hold on to the rope of the most powerful bell. For a moment, they remain suspended between earth and sky at the rhythm of each toll. The wonderful pictures collected in this book tell how the bell-tradition is lively, it does not fade, it still moves many young people. The very idea of this publication is the “sign� of this vitality. A big part of popular memory is guarded by stones, buildings, monuments, transformed and weathered elements that decorate our cities. This is not true regarding bells and their sound. It is the same, it is always the same lively and shrill sound as it tolled the first time.

Father MARTINO SIGNORETTO Episcopal Vicar for Culture, University and Social issues

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ROSARIO RUSSO’S PREFACE I am honoured to write these short notes for the publication of a book, the first of its kind, dealing with the Campanologists of Verona and the history of Campanology in our city. I am honoured, first of all, because the book was born from many essential passions: for monumental art, melody, history, photography. All those who have contributed to it, and have somehow “directed” the photographic framing, are united by the same inner strong desire, which finds form and vertical expression in the imposing bell towers and the harmony of sounds. Who is not attached to the bell tower of his church, who does not remember the ringing of the bells to mark the hours? Who does not admire the beauty of bell towers when he goes to new places? It is the symbol in which Western civilization identifies itself, the element that joins Europe and it is even more typical of Italy, the nation with “one hundred thousand bell towers”. The bell towers represent the track of the history of our municipalities, witnessing how religious devotion and the taste of architectural beauty were lively: bell towers are sober and elegant in structure and colours, landmarks for wayfarers. And it is amazing how the Art of Campanology, which has the most remote traces in our churches, has survived over the centuries, resisting modern technology and seemingly more attractive art alternatives; This art is able to fascinate young generations, to create associations, to encourage research and study of documentary evidence. Thus, it contributes to regenerate that precious cultural heritage that comes from our Christian roots, to keep the memory of the foundational events of our society. Machiavelli wrote “If you want a republic to last a long time, it is necessary to recall it often to its very beginning” in the Discourses on Livy: that is to say, it is necessary to continually remember its solid origins, which are solid like bells, that resist the strain caused by the passing of time. I call upon my fellow citizens, but also the well-accepted “foreigners”, not to miss this opportunity to get to know the complex history of Verona through its bell towers and through an Art, the Campanology, which is exceptionally young and vital, guided by the huge knowledge of an amateur photographer. I would like to thank this photographer for taking on this unusual, fascinating challenge that pay homage to our city. ROSARIO RUSSO Municipal Councilor of Verona

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THE “SIGN”

An autumn day in 2014 I called a dear high school mate: “Hi, Giulio, how are you? Listen, I’ve been told you are interested in bells and you ring them as a hobby. I would like to ask you if I can come and see you at the bell tower on Sunday morning after the Mass, to explain you my project”. And so, this book was born. Certainly, it was not born in a random way. It had been running through my mind for a long time, but it never started both because of laziness and because I was thinking, maybe superficially, about something more “Minimal”. Of course, I did not expect what I experienced in more than a year visiting the most beautiful bell towers in the world. I do not know if the last statement is true, but so it seemed to me. Along this path, I went with many volunteers who have then become friends, curious about what I was doing. I was more and more curious as I became aware of what I was seeing and what they were telling me. To be concise, they explained that a bell concert, a “SIGN”, is the score in music of 5/6/11 bells, which produce a transcribed theme to a rhythm and a note, usually of a religious or popular nature. For 240 years, the Veronese sound system has allowed to perform a concert, due to its peculiarity. That’s it. Right, but in fact it is a lot more complicated, given that some bells can weight up to 4.500 kilograms, and are rung together by a group organized by a Master who calls for the “SIGN” and a minimum of 5/6 people ringing: the “BELL-RINGERS”! Usually, before or after the liturgy, two “SIGNS” are called for by intervals of about 5 minutes from each other. The bell tower of the Dom of Verona is composed of a complex of 11 bells, which requires 20/22 bell-ringers. If you think that all this has happened for 240 years, in towers that were built up to 900 years ago, it is at least impressing. I have found out that the oldest bell of Christianity was cast in the 6th century, it is a 1300-year-old elderly and is located in the abbey of San Zeno in Verona: the Bell of “Figar”. I have found out that the world’s largest and the smallest carillons are here in Verona, respectively in the Cathedral and in the Church of San Carlo. I have found out a great story worth telling. I have realized that it was very important to give voice to these enthusiasts, the “Bell-Ringers”, because they are part of a centenary tradition which was probably handed down from father to son for generations. Bell-towers remain motionless over time as proof of a faith and a story, the bell-ringers don’t. As I proceeded with this picture book, it was increasing the awareness that it was important to make this tradition known as much as possible, as it is an extraordinary culture that is likely to disappear for many reasons. Probably because we take for granted something that is not so, we are so busy with the everyday life that overwhelms us, so the bell sound, perhaps, is not important at all for us. I used to

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go in front of the Churches and hear the bells ringing, omitting the mechanized sound of the mark of hours, without noticing it, as it probably happens to many of us. And when I entered a bell tower for the first time and was witness of a “Segno”, I realized it was worth spending time and energy to point to what is hidden to the most people. There are many writings about bell towers, some of them are also of great historical quality; There is probably one scholar in each church who wrote of its bell tower, but no one ever mentioned the people who devoted their passion to maintaining that culture. This book is dedicated to them, to the bell-ringers. They are strange people, as one of them told me, very jealous of their knowledge, but also very proud and generous in making their art known. They are aware guardians of a tradition. Listening to their stories, I was convinced that the term that has been invented is the most correct and most appropriate to describe their passion: “Campanilismo” (Campanology). The teams of bell-ringers are made up of young people, often accompanied by their girlfriends, and also of old people, indicating their presence in the tradition. The book begins with a homage to the old teams, with vintage photographs, which - with their presence - are witnessing this ancient art. Then it moves on to the pictures of the Ancient Foundry Cavadini, one of the most important historical bell-foundries of the city of Verona, and that, unfortunately, it is now no longer existing. From here begins a story made of static and moving pictures of modern bell-ringers wearing jeans and t-shirts, taken at various times of annual liturgical life in the most important bell-tower of the city of Verona. I think it is necessary and important to make known, not to forget, that even this is a path of faith and devotion. Bells ring for the Lord and demonstrate the Faith of those who call upon His attention. An Indian reporter from the New Delhi Times, one day, after seeing some of my photos on Facebook, pointed out to me that bell-ringers were sending a SMS to God with the sound of the bells! The series of pictures ends with the summary of the diary of a Veronese bell-ringer, Luigi Gardoni, born in 1793. The diary had been lost and later discovered in the Civic Library of Verona and translated into a clearer dialect. It describes the daily life of the early 1800s accurately and in detail and a lot of enjoyable anecdotes are told. The story continues to the “Academic” part, including data, tables and anything that can make scholars happy, and ends up paying the adequate homage to the contemporary bell-ringers. Unfortunately, in some towers, bell-ringers cannot ring because not all bell-towers are usable, for several reasons, for example they need to be restored. This book has no claim to being anthological and / or exhaustive. There is an important reality of bell towers, teams, history and great traditions outside Verona. It would take just as long to document this and maybe it can be done soon. The choice of the Black and

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White seemed to me to be worthwhile. In this context above all, the colour does not have to divert the reader’s attention from the content. I also think that this choice gives more emphasis to the solemnity of the content. I conclude by thanking, of course, the bell-ringers who have suffered me throughout this time. There are days, Saturdays, Sundays and feasts when they rush from one bell tower to another. On Christmas, Easter, and Pentecost each team rings on average in 5/6 bell towers, all in one morning to transmit to the devoted people the joy of the festivity. Beyond the great responsibility to keep up the Tradition, Culture and Art that modern bell-ringers have, let me say, in a little bit witty way, that a bell-ringer’s life is hard, they need a great body! Ah, I almost forgot, I have been named .... “Bell Ringer Ad Honorem”.

GABRIELE RODRIQUEZ

Acknowledgments Among all, I have to thank Giulio Veneri for introducing me into the world of bell-ringers, Nicola Patria, president of the Scuola Campanaria of Verona, who went along with me on this trip, Eles Belfontali, president of the Associazione Suonatori di Campane a Sistema Veronese, as well as president of the Federazione Nazionale Suonatori di Campane. I also want to thank all those who helped me with the work of this book: Stefano Maschi for the whole graphic part, Moreno Faccioli and his workshop Ombra di Luce, Maurizio Pedrini for correcting the texts, Moreno Bronzato for trustee support and all that helped me in this work. Last but not least, I want to thank the teams of bell-ringers who welcomed me and went with me in the various bell-towers. I often stepped on their feet because the narrow rooms inside the bell-towers are not comfortable at all. Among all thank to Matteo, Mattia, Alessandro, Davide, Maurizio and many others, who will excuse me if I can not name them all. I must also thank Dr Vittoria Brunelli for her precious English version of the texts.

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APPENDIX: THE BELL-RINGERS OF VERONA by Nicola Patria

T

he Veronese history of bell-towers, bells and their artisans dates back to fourteen centuries, which are full of events. This work, however, aims to focus on the events of the bell-concert performers, true masters of the art of bell-ringing. This choice forces us to pass over Middle Ages and Renaissance, except for brief hints which are necessary as introduction. In Verona, the memoirs of the year 622, taken by Lodovico Moscardo, already speak about bells rung to announce important events, but they don’t mention anything else about bells. The so-called bell “of thunderstorms” is dated back, according to scholars, to that time, slightly after. It was named so because it was considered capable of escaping atmospheric calamities: it is octagonal and one of the oldest bells founded in bronze which are still intact of all Christianity. It is hold in the San Zeno crypt. Until the advent of the current “concert performers”, bell-ringers were chosen among trusted people of the community, who were taught by a predecessor and paid for in groceries. One of them was immortalized in the belfry of the bell tower of San Zeno where, carved into the tuff, you can read the signature of an ancient bell-ringer: Wilcario. On the bell tower of Santa Maria della Scala, offered by Cangrande in 1324, the autograph of another bell-ringer captured the inauguration of the Rengo, the great bell of the Civic Tower, in 1557. From the archival research of the master Mario Carregari we know that in the Torre dei Lamberti, at least since the middle of the 14th century, lived families of watches who were also bell-ringers, and were paid only with food and lodging. They had to give alarm sounds and time signals. When, in the 16th and 17th centuries, the first sets of bells from four to five-six voices, sometimes harmonized to each other, started to be built, it was necessary to have a large array of qualified members to ring them. Initially, the phenomenon only affected the main churches: San Zeno Maggiore, Santa Maria in Organo (the bell tower is situated on the old Roman clock tower), Santa Maria della Scala, Santa Anastasia, San Bernardino, Sant’Eufemia, San Nicolò in Buca d’Arena and the Cathedral, where bronzes had been installed by the founder Pesenti who had a workshop where there is now a famous store called “Le due campane” . Since 1532, three laical bell-ringer companies of ringers living in the suburbs are working in the bell-tower of the Cathedral. They were paid with facilities in the rent of farmland . The ancient technique of the “campanò” (carillon), which consisted in producing rhythmic virtuosity by striking fixed bells, was already practiced and only extinguished in the first half of the 20th century . Apart from the memoirs of the musician and “expert of bells” Luigi Gardoni, the technique is mentioned in the payment receipts in the parish archives of S. Eufemia, St. Lucia, Chievo and San Zeno, where

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the bronzes rang from the bell tower and the ancient carnival bagpipes echoed from the square. The melancholy and imploring sound of the complex of the Cathedral is unmistakable and, indeed, it is comparable to a continuous recall of the faithful to the sacred celebrations. It is probable that, similarly to what happened in other parts of the peninsula, in order to be more enjoyable, even oscillating signs included some kind of order in the rings: the first bells equipped with wheels and counterweights are dated back to this time. These elements were added to facilitate the maneuver and to make it easier to alternate the sound . In the middle of the 18th century there were three more bell-complexes of interest: one for the Santi Fermo and Rustico church, cast on the spot by Lombard Crespi, one for Santa Lucia in Sant’Elisabetta, created by the Veronese Larducci, and another in San Giorgio in Braida, created by the legendary Emilian founder Ruffini in 1776 . We believe San Fermo gladly replaced his medieval bronzes, which were even rung personally by Cansignorio Della Scala, but which were mostly related to the unpleasant memory of a group of criminals who, at their sound, came together to commit their crimes . At Santa Lucia, on the other hand, a new bell tower was constructed, that not even the Piedmontese cannons - whose scars are still visible - were able to break down. THE ADVENT OF THE BELL-RINGERS ....

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Copyright 2017-08-24 Gabriele Rodriquez – Nicola Patria * Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta In qualsiasi forma, sia meccanica che elettronica o altro, senza il permesso scritto dell’autore Contatti e-mail: rodriquez.gabriele@gmail.com http://www.gabrielerodriquez.com/home https://issuu.com/rodriquezgabriele https://www.flickr.com/photos/gabriele_rodriquez/albums https://www.facebook.com/rodriquez.gabriele

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