Volti e Storie Dalla Terra Delle Acque N.4 - MAGGIO 2014
ph. Paritani
3| SOMMARIO
5 EDITORIALE La notte porta consiglio
6 NOTIZIE E DINTORNI ‘Sei di Viserba se...’ Festa delle acque il grande abbraccio
14 PAGINE DI STORIA Il cunicolo di accesso alla stazione
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Leo Santi, l’autista del tenore
20 SPECIALE VETRINE DI IERI E DI OGGI La piazza, mercato della città L’edicolante con la passione per il teatro Il fotografo della movida viserbese Il parrucchiere delle signore
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Mezzo secolo in blue jeans
Vis a Vis periodico semestrale Anno III - N.4 - MAGGIO 2014 • Supplemento a: Chiamami Città N.730 del 21/05/2014 a cura dell’Associazione Ippocampo Viserba Laboratorio Urbano della Memoria tel. 0541 735556 info@ippocampoviserba.it www.ippocampoviserba.it
‘La Fonte’ da bottega a Superstore
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54 PERSONAGGI
‘Fiore di maggio’ sopra uno scoglio di Viserbella
• Progetto creativo, contenuti culturali, servizi e foto d’epoca: Associazione Culturale Ippocampo Viserba Presidente: Pierluigi Sammarini
Carlo Ardini, maestro e poeta Buon compleanno nonno
66 PROSPETTIVE
• Direttore editoriale: Marzia Mecozzi AUDIO TRE s.r.l. - Rimini
• Responsabile commerciale: Ruggero Testoni
Sogni di Sabbia ricordi di mare
Sfumature di luce nei dettagli della realtà
• Direttore responsabile: Stefano Cicchetti
• Caporedattore: Maria Cristina Muccioli
50 CURIOSITÀ E TIPICITÀ
I nuovi quartieri a monte della ferrovia
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Viserba vista dall’altalena
74 SPORTIVI DI CASA NOSTRA
• Ufficio promozionale: Nerea Gasperoni, Paolo Morolli
Dalla terra alle acque
• Fotografi: Angelini, collezioni archivio Ippocampo, Paritani, Graziano Villa
In copertina:
• Progetto grafico e impaginazione: Rosalia Moccia AUDIO TRE s.r.l. - Rimini • Stampa: La Pieve Poligrafica Editore Villa Verucchio s.r.l. • Hanno collaborato: Silvia Ambrosini, Roberto Drudi, Nerea Gasperoni, Maria Marzullo, Manlio Masini, Marzia Mecozzi, Maria Cristina Muccioli, Francesca Perazzini, Claudia Protti, Pierluigi Sammarini, Ruggero Testoni
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Alvaro Angelini Mirella Ravagli Carlo Alberto Bianchi Fernando Gualtieri Claudia Silvi Marcello Sivieri Maria Zanzani Crociati Giuseppe Bellavista Rossana Ardini
• Chiuso in redazione il 26/05/2014
Sfoglia la rivista on line su www.ippocampoviserba.it
L’IPPOCAMPO
5| EDITORIALE
La notte porta consiglio Mi capita spesso di lavorare la notte... anzi spessissimo. E quando, a notte fonda, rientro a casa da un incontro per la nostra Viserba o da un incontro dell’Ippocampo, mi piace guardare la città con gli occhi del ladro. Scusate, non vorrei scandalizzare nessuno: intendo dire che rubo con gli occhi e col cuore i dettagli delle cose, osservo le porte chiuse, le vetrine buie, i marciapiedi sbroccolati, i campanelli… e nel silenzio dolce e profumato della primavera, immagino il mattino dopo e il risveglio delle attività. Un risveglio diverso per ogni età della nostra storia. Portoni ieri e saracinesche oggi, ieri carri e oggi pulmini, un formicolio discreto prima e sempre più brulicante poi, rumori e puzze di animali recalcitranti un tempo ed oggi quelli dei mezzi in divieto di sosta o che bloccano la strada ancora deserta… e sopra a tutti l’odore buono del pane che avvolge donne e uomini che iniziano la giornata: in negozio, in albergo, nello stabilimento balneare. Il lavoro, più o meno lo stesso di sempre, che c’era e che oggi manca o è incerto, di sicuro un’incognita per i nostri figli. Che sconquasso in un secolo soltanto! Nelle notti di lavoro e senza sonno, dunque, spero sempre che la nuova alba sia quella giusta, ricca di profumate novità e lo auguro a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che sanno cos’è la fatica. Noi, con spiccato senso storico, ci crediamo, e andiamo avanti, anzi, in questo ricco numero di Vis a Vis, il quarto, dedicato alle vetrine di ieri e di oggi, parliamo proprio di tutta la voglia di fare che il nostro territorio ha sempre manifestato e lo facciamo grazie anche al contributo sempre più fattivo di voi che ci leggete. Chi l’avrebbe mai detto che ci sarebbe stata la fila per portare la propria testimonianza su questa rivista! Esserci per raccontare, manifestarsi per incidere e valorizzare il proprio quotidiano e al contempo la comune storia. Non possiamo accontentare tutti subito, per oggettive ragioni di spazio e di temi affrontati, ma vedrete che, col tempo, saremo in grado di raccogliere e presentare al meglio ogni risvolto della nostra storia. Il ringraziamento più sentito va a tutti gli inserzionisti per aver condiviso e sostenuto la pubblicazione, senza il loro contributo Vis a Vis non esisterebbe! e, per il prezioso contribuito che generosamente ci offre, lo storico Manlio Masini; la sua ‘noterella’ sul sottopasso della stazione è un affascinante spaccato storico che dobbiamo anche leggere come metafora: la voglia di arrivare al mare, di raggiungere la piazza coi suoi sapori, i suoi profumi, le sue strade assolate le sue attività commerciali, gli incontri, l’accoglienza dei residenti, la festa e l’amicizia, quella che nasce nell’attesa di un acquisto in una bottega o dal parrucchiere, all’ombra di un bar sulla spiaggia o dentro la hall di un albergo. Leggete sereni questo Vis a Vis e che le sue storie accompagnino anche durante la notte chi, come me, insonne lavora per rendere i sogni realtà. Buona Estate a tutti.
Pierluigi Sammarini - presidente Associazione Ippocampo
6| NOTIZIE E DINTORNI Tre eventi in un ricordo Dal 18 al 31 maggio, tre iniziative rendono omaggio a Elio Pagliarani, il poeta riminese scomparso nel 2012 che a Viserba ha vissuto tanti anni della sua vita. Il primo degli appuntamenti è datato domenica 18 maggio e si svolge a Rivabella sulla spiaggia antistante la Pensione Villa Manzi in Via Toscanelli nell’ambito del ciclo d’eventi Riverside. Si tratta dell’omaggio al poeta con la lettura del suo capolavoro “La ragazza Carla”, con Sonia Bergamasco e musiche originali eseguite dal vivo di Teho Teardo, guest Joe Lally. Elio Pagliarani, già protagonista della scena letteraria del secondo Novecento, - dice Irina Imola assessore ai servizi generali del Comune di Rimini - ha saputo recuperare le sue e le nostre radici, precorrendo i tempi, mettendo in versi un’umanità subalterna straziata dalla massificazione che già a fine anni ’50 egli intravedeva, attraverso la sua sperimentazione linguistica”. A seguire, venerdì 30 maggio, a Viserba, la cerimo-
nia di intitolazione del percorso pedonale dedicato al poeta a cui parteciperà, oltre all’assessore Irina Imola, la moglie Maria Concetta Petrollo scrittrice e direttrice di importanti Biblioteche. Un percorso pedonale, quello che sarà intitolato a Pagliarani, parallelo a viale Bologna e viale Gaetano Genghini, molto prossimo alla zona dove il poeta ha vissuto negli anni giovanili e dove ancora vi si recava in vacanza con la famiglia. Un luogo dove molto vivo è il ricordo della presenza e delle passeggiate del Poeta verso il mare. Infine, sabato 31 maggio, al Liceo “A. Serpieri” di Viserba si terrà la cerimonia d’intitolazione della biblioteca scolastica a Elio Pagliarani: “Elio Pagliarani: un serpierino straordinario” - Percorso grafico-poetico - Elaborazioni visive, installazioni e letture, con la partecipazione di studenti, docenti, genitori, rappresentanti di Istituzioni locali e Ufficio Scolastico Territoriale, l’assessore Irina Imola, e la moglie del poeta Maria Concetta Petrollo.
I big del Tchoukball invadono Viserba quest’anno venti campi sui quali si sono sfidati 1300 giocatori divisi in 150 squadre miste, ovvero composte da ragazze e ragazzi, proveniente oltre che dall’Italia, da Svizzera, Francia, Gran Bretagna, Germania, Austria, Repubblica Ceca, Danimarca e Polonia. Non sono mancati gli eventi collaterali ai tornei, tra cui la caccia al tesoro fotografica aperta a tutti Tchouk-a con partenza dall’Hotel Roma Spiaggia, la Festa della Birra presso La Tavernetta Sul mare e la festa in spiaggia Tchoukball Fluo Party con discoteca presso il Bagno Marinagrande - Bar Dune. Si è svolta il 10 e l’11 maggio la dodicesima edizione dell’International Beach Tchoukball Festival, manifestazione sportiva che ha consolidato il suo successo anno dopo anno e che porta a Rimini
squadre da tutto il mondo. Dopo il campionato europeo del 2003 seguito dalla prima edizione del festival, la città ha da allora ospitato ogni anno questo evento. Le spiagge di Viserba hanno predisposto
Il gruppo degli organizzatori; in prima fila da sinistra, il presidente Chiara Volontè
7| NOTIZIE E DINTORNI
Festa delle acque Il grande abbraccio “Se la Festa delle Acque 2014 si dovesse riassumere in qualcosa, che sia un verbo o una parola o un pensiero o uno scatto o un gesto sarebbe questo: un grande abbraccio.” Con queste parole Mattia Morolli, responsabile e coordinatore della manifestazione in programma per sabato 7 giugno, racconta la seconda edizione dell’evento che apre l’estate viserbese. “Infatti cos’è, se non un abbraccio, portare nella festa la zona industriale - che quest’anno compie 30 anni - con le sue aziende e i suoi mestieri, la zona Peep con i suoi primi 10 anni di vita e quattromila e cinquecento storie di neo viserbesi, nella zona storica di Viserba? E come altro si può definire il lavoro di coloro che, con la generosità del paleontologo, cercano di tessere la storia locale, come l’associazione culturale Ippocampo, insieme a una forza d’urto telematica quale quella del fenomeno “Sei di Viserba se...”? Eccolo, il grande abbraccio.” Un gesto, dunque, ancora più grande perché il pubblico che interverrà alla festa troverà: attività, aziende e negozianti, tutti insieme nella sera di Festa. “Quella sera si fa festa alla Festa e basta. – prosegue Morolli - Quindi si
ballerà, dal liscio al beat dei giovanissimi beatboxer, dal pop anni 80 ai ritmi ossessivi dei dj; dalle foto alle mega bolle, dal rock ai bikers, dalla torta al gelato speciale fino alla piada e al sardoncino; dalla nonna al nipote, perché c’è un ritmo per ogni gusto, per ogni età…Chiuderemo con i fuochi d’artificio di Scarpato e con una ‘sorpresa’. Altro non dico, perché varrà la pena esserci per vedere con i propri occhi! Infine lo spazio “futuro”, coi primi segni di riqualificazione per Viserba: dal grande intervento fognario al nuovo ponte di via Coletti fino al completamento di via Sozzi; elementi che dicono che, oltre alla Festa, c’è un domani positivo per i viserbesi. Ringrazio la “squadra” che da sei mesi lavora per realizzare la Festa delle Acque: Chiara Francesconi, Claudia e Valeria Sivieri, Nicola Sammarini, Nicola Serafini, Raimon-
do, Loredana, Enrico e Monica Morolli, Paolo Morolli, Maria Cristina Muccioli, Danilo Vienna, Claudio Cit, Roberto Volanti, Luca Nadiani, il Comitato Turistico di Viserba, Ippocampo, don Aldo, don Giuliano e ... Viserba e i viserbesi e la loro passione.” 7 giugno 2014. Venite vestiti di azzurro e portate gli amici; Viserba vi aspetta con un grande abbraccio.
Manifesto della seconda edizione, realizzato da Nicola Sammarini e Valeria Sivieri
8| NOTIZIE E DINTORNI Golosità tradizionali e vegane Silvia Sangiorgi e Emiliano Boga sono una coppia non solo nella vita ma anche sul lavoro, più precisamente nel loro negozio di gastronomia con piada e cassoni che si trova nella zona di Viserba, in piazza fratelli Rosselli, vicino alla vecchia corderia. Nel 2012, pensare ad una impresa, anche se ‘piccolina’ ci vuole davvero un coraggio avventuroso ed è quello che ha animato Emiliano, diplomatosi alla scuola alberghiera con il desiderio di una attività nel campo della gastronomia. Silvia si ritrova così sottoposta a corsi accelerati e costanti di cucina, tenuti da Emiliano. Che fatica, ma anche: che divertimento! “L’accoglienza dei residenti è stata ottima. - racconta Silvia - La zona è
ancora carente nei servizi ma con lo storico bar, la nuova farmacia, l’ambulatorio medico, la toelettatura per animali ed un ampio libero parcheggio, ci sono prospettive. Noi ci abbiamo messo del nostro, presentiamo mediamente quaranta specialità di piade utilizzando prodotti di
stagione e del territorio. Serviamo inoltre una clientela vegana, pescato del nostro mare in frittura, primi piatti espressi e, su prenotazione, lasagne fatte in casa e pizza al taglio.” Cari lettori, non ci resta che andare a trovarli!
Dal Trentino al mare
Il lavoro annuale, rispetto a quello stagionale le concede più spazio, amiche e clienti aumentano, la conoscenza di luoghi e persone si amplia e a Viserba nella gelateria della piazzetta Dossi che allora era di Carlo Rossi, conosce il futuro compagno Giancarlo Casadei (la famiglia gestisce in concessione una fetta di arenile). Maddalena e Giancarlo nel 1982 aprono il loro primo negozio in via Marconi nello stabile che ospitava anche le scuole. Giancarlo, appassionatosi al lavoro della moglie, abbandona l’attività estiva e si ritrova anche lui parrucchiere. Nel 1993, grazie al successo e all’esigenza di ingrandirsi, si cambia sede. Il trasferimento è nella adiacente piazzetta Dossi che, destino vuole, faceva da sfondo nella loro prima foto in gelateria...
Abitare al mare, a Viserba, è una scelta di vita e di lavoro che alcuni attuali residenti, provenienti da diverse città d’Italia, hanno fatto. Maddalena Zendrini di professione parrucchiera è uno di questi. Maddalena è arrivata a Viserba nel 1975 dalla provincia di Trento come stagista presso un parrucchiere di Torre Pedrera. Terminato il periodo estivo, la giovane torna a casa per terminare gli studi e diplomarsi, ma la vita della riviera, i colori della sera, la brezza marina, le rimangono nel cuore e per altre estati i viaggi si rinnovano, fino al 1979 quando il datore di lavoro le chiede di rimanere anche per il periodo invernale.
Investire sulla… bellezza È nei momenti di crisi che la creatività, l’ingegno e il coraggio possono fare la differenza. La giovane Claudia Silvi, viserbese ‘doc’, è una giovane imprenditrice di talento che ha recentemente aperto nella zona artigianale il suo nuovo studio di estetica, Dea. Dopo essersi diplomata estetista, Claudia inizia a lavorare come dipendente presso alcuni studi e centri di estetica; negli anni affina le sue qualità e infine il desiderio di creare una attività tutta sua. “Fare l’imprenditrice, quando ero più giovane mi spaventava un po’- dichiara - Poi è successo che, durante un weekend, fra un panino ed una risata, una lunga chiacchierata con una signora mi ha fatto intravedere una possibilità imprenditoriale inaspettata nella mia Viserba.” Oggi, grazie a quella chiacchierata di primavera, in via Peppino Impastato, nella nuova zona artigianale di Viserba quella che corre parallela alla via Popilia (molte carte topografiche neanche la tratteggiano) c’è il centro estetico Dea che offre i più avanzati metodi, trattamenti e consulenza estetica.
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10| NOTIZIE E DINTORNI Scuola di musica all’Edimar Crescere con la musica: una scuola per tutte le età. Da qualche mese a Viserba è stata inaugurata una nuova scuola di musica, con sede presso il Teatro Edimar di via Mascagni 6, in zona Sacramora. Durante un affollato Open Day, il 6 aprile, si sono potuti conoscere gli insegnanti e le attività proposte: la metodologia e gli indirizzi musicali. I corsi, di canto e di strumento, sono di vari livelli e per allievi di ogni età. La scuola viserbese è gestita dall’associazione culturale “Distretto della Musica Valmarecchia”, che da circa due anni opera sul territorio della provincia di Rimini con diverse sedi (Bellaria, San Leo, San Clemente, Novafeltria, Pennabilli, Riccione, Montescudo), dove gestisce scuole di musica, con corsi particolari anche per bambini dai tre anni di età utilizzando il metodo Rusticucci. L’associazione, con i suoi
trenta insegnanti, si occupa anche della propedeutica in nidi e scuole di ogni livello. Inoltre, è convenzionata per i corsi pre-accademici con gli Istituti Superiori di Studi Musicali “G. Lettimi” di Rimini e G. Verdi” di Ravenna. “La nostra scuola è ad ampio raggio - spiega il direttore Pasquale Montuori - ma la sede viserbese si caratterizza per la musica moderna e jazz, in quanto gli insegnanti provengono dalla formazione accademica nella musica jazz, con anni di esperienza consolidata nel live e concertismo.” Oltre al Maestro Montuori, insegnante di batteria, faranno riferimento alla sede del Teatro Edimar altri sette docenti: Luca Angelici (basso), Andrea Brugnettini (orientamento allo strumento), Denny Busi (chitarra), Simone Migani (violino), Manuela Prioli (canto), Michela Prioli (propedeutica musicale), Luca Quadrelli (sax).
gioco, magari in sostituzione di uno rotto e/o usurato? I bambini con disabilità di Rimini, Viserba, Santarcangelo e dintorni vogliono avere pari diritti al gioco dei loro amici che possono muoversi liberamente. Nella pagina Facebook ‘Diritto al
gioco’ parliamo dei parchi inclusivi che esistono in Italia e all’estero, di giochi accessibili e progetti a sostegno del diritto al gioco per tutti i bambini. Ci date una mano a condividere la realtà del parco per tutti?”
Diritto al gioco su Facebook Diritto al gioco, come sancito dalla convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia. “Parchi con giochi accessibili per tutti i bambini”, la pagina Facebook aperta da Claudia Protti (vedi articolo a pag. 70) e Raffaella Bedetti, in poco più di un mese ha raccolto quasi 4.000 adesioni. Ecco cosa scrivono le due amiche viserbesi. “Siamo Claudia e Raffaella, due mamme di tre bimbi: Samuele e Cristian, (due diavoletti di 6 anni), e Mattia (piccolo arrampicatore folle). Viviamo in Romagna, zona dove non esistono giochi accessibili a bambini con disabilità. Tanti parchi, alcuni davvero belli, altri poco curati. Ma con in comune il fatto di vedere installati giochi solo per bambini che sono in grado di arrampicarsi, correre veloci, vedere e sentire. A quando qualche
Sinergie che trasformano un limite in risorsa Il ponte di via Coletti, arteria fondamentale di collegamento via mare fra la zona nord di Rimini e Marina Centro, è in fase di ricostruzione. Mentre i nostri concittadini stanno seguendo con curiosità e grande spirito di attesa i lavori, avvertiamo i gentili ospiti che, dovendo raggiungere il centro città, potrebbero incorrere in qualche disagio. Tuttavia, per fare di necessità virtù, i comitati turistici di Rivabella e San Giuliano, insieme, hanno creato una sinergia di intenti con una rilevanza socioculturale ed economica per i residenti e per le attività in seguito alla chiusura del ponte. La presidente del comitato di San Giuliano, Giovanna Salvatori, e il presidente del comitato di Rivabella, Cristian Censi, hanno presentato l’evento “Margherita, elisir di primavera” che si è svolto con grande successo di pubblico: alimentazione, agricoltura, ambiente ed ecologia, concerti, spettacoli e fuochi d’artificio hanno allietato il weekend di Pasqua. Inoltre è stato attivato con 45 giorni di anticipo il traghetto per collegare le due sponde del fiume e limitare così i disagi relativi alla ricostruzione del ponte. Questo è stato il primo di una serie di eventi che si terranno a San Giuliano e Rivabella e che rientrano nel programma del Comune di Rimini dal titolo “Rimini-Riverside”, arte, performance, concerti, spettacoli, gastronomia, da San Giuliano a Rivabella, dall’Ausa al mare tra maggio e giugno 2014. A collegare le due aree il nuovo ponticello pedonale dal quale per tutta l’estate si potranno osservare i lavori di costruzione.
12| NOTIZIE E DINTORNI Un bel progetto per Viserbella
‘Sei di Viserba se...’
Ha quasi ventinove anni Stefano Benaglia, recentemente nominato presidente del Comitato Turistico di Viserbella. Stefano, che succede a Guerriero Bernardi, è fra quei giovani che, con impegno ed energia, si stanno affacciando oggi sulla scena sociale ed economica con la volontà e l’obiettivo di dare un contributo moderno e nuova linfa allo sviluppo del nostro territorio. “Ho accettato questo incarico sostenuto dalla fiducia di tante persone, - dichiara Stefano - alcune di queste ora sono consiglieri e membri attivi del comitato che è costituito da tanti volontari. Li voglio ringraziare pubblicamente, perché senza di loro tutto quello che è stato fatto e che faremo, non sarebbe possibile. Il merito delle iniziative è da dividere
con tutti i membri del direttivo che sono Luca, Davide, Maurizio, Marco e Daniele. Ci accomuna l’amore per la nostra comunità e il fatto che insieme ci divertiamo moltissimo. Durante l’inverno abbiamo dedicato molte energie al dialogo con la pubblica amministrazione, proponendo progetti che saranno realizzati, speriamo in brevissimo tempo. Tutto questo lavoro spero sia servito per ricreare quell’unità che a Viserbella è mancata per molti anni. I progetti per la riqualificazione e valorizzazione del nostro territorio e della nostra cultura sono tanti, anche grazie al contributo del nostro museo E’Scaion, che ci sta supportando in tutte le nostre iniziative. Vogliamo aumentare il numero degli eventi, che quest’anno saranno più di quaranta, mantenendo inalterata la qualità delle feste e la quantità di divertimento da offrire sia ai nostri ospiti, che ai nostri concittadini.”
Su Facebook ci si incontra, ci si ritrova, si scambiano opinioni, nascono dibattiti… è davvero la nuova piazza, virtuale, di tut-
ti. Da qualche tempo, l’identità locale ha generato il fenomeno ‘Sei di… se…’ e a Viserba la pagina non poteva mancare.
Oltre 1760 membri attuali, di cui i primi mille iscritti nel giro di una sola settimana e migliaia di post pubblicati in pochi mesi, con foto, battute in italiano e in dialetto, citazioni di luoghi e personaggi, ricordi comuni e chi più ne ha più ne metta! La fondatrice del gruppo è Letizia Neri giovane studentessa universitaria che ha tratto l’idea dalla pagina ‘Sei di Viserbella se…’ che a sua volta faceva parte di una serie di gruppi locali diffusasi con la velocità della luce sul social. Non è solo un’operazione che riguarda la memoria, ma soprattutto una volontà di mettere in comune la propria storia perché anche le cose più semplici e quotidiane, come i pensieri o i ricordi scritti di getto possano non andare perdute. Con l’augurio che questo bel luogo d’incontro possa continuare ad essere uno dei nuovi punti di riferimento della storia locale, invitiamo chi ancora non ha aderito alla pagina a iscriversi o visitare ‘Sei di Viserba se…’
Nella pagina a fianco, Stefano Benaglia presidente Comitato Turistico di Viserbella Sotto, gruppo iscritti alla pagina Facebook “Sei di Viserba se...” e l’ideatore e amministratore Letizia Neri
14| PAGINE DI STORIA
Il cunicolo
di accesso alla stazione di Manlio Masini | foto archivio Ippocampo
Le tre “strade” che dalla ferrovia conducono al mare. Noterella d’inizio secolo.
Il 10 gennaio 1889 è inaugurata la linea ferrata Ferrara-Ravenna-Rimini. Quel giorno, per la prima volta, un convoglio ferroviario sosta nella borgata di Viserba, minuscola frazione del Comune di Rimini con 710 abitanti sparsi per il contado e 86 concentrati nel caseggiato ubicato sulla strada Romea. Il binario separa il territorio viserbese in due aree distinte: quella a monte della ferrovia, dove si trovano il vecchio paese e la filanda, e quella a mare, una striscia di sabbia sfigurata da secoli di abbandono, ric-
ca di canneti e vegetazione selvatica. La Stazione ferroviaria si colloca al centro di un ipotetico percorso rettilineo che dall’opificio conduce al mare (grosso modo le odierne vie Paolo Marconi, un tempo via Corderia, e Roma, già via della Stazione). Sui treni, in partenza e in arrivo, il traffico è quasi tutto di cordame. Al carico e scarico di questa merce si aggiunge anche uno sparuto viavai di passeggeri, di solito stravaganti igienisti desiderosi di inoltrarsi tra le dune per assaporare l’aria salmastra del luogo.
15| PAGINE DI STORIA
Col passare degli anni e l’incremento dei bagni di mare, l’andirivieni di bagnanti cresce e il posizionamento della Stazione inizia a presentare l’inconveniente della lontananza dalla spiaggia e dalle ville che sorgono come funghi sul litorale. L’urbanizzazione, che senza un vero e proprio piano regolatore procede in maniera disordinata, è carente di tutto, ma in modo particolare di strade e il fastidio si manifesta proprio nel rapporto con la ferrovia. La Stazione, concepita in funzione della fabbrica, ha la fronte rivolta verso il vecchio paese; per andare al mare offre tre opzioni: la prima, la più agevole ma anche la più lunga, consiste nel procedere a sinistra (l’odierna via Eugenio Curiel) sino al passaggio a livello del casello 119 dove c’è la strada che immette sul litorale (1); la seconda nell’imbucare un cunicolo di scolo delle acque che si trova sotto i binari: un pertugio «stretto, sporco e maleodorante»; la terza, la più breve ma anche la più spericolata, consiste nell’attraversare le rotaie e “scendere” dal greppo. La ferrovia, ricordiamolo, a quei tempi era posta ad un’altezza di 3-5 metri rispetto al livello del mare: da lassù, “atterrare” con valigie, pacchi e pacchetti procurava un’emozione da brividi, con il rischio di «rompersi l’osso del collo» (2). Per il greppo non solo si scende, ma si sale anche. Non pochi, infatti, trovandosi distanti dal cunicolo e dalle sbarre scelgono proprio la scorciatoia della “scalata” con l’accondiscendenza del personale della ferrovia. Per agevolare il raggiungimento della Stazione e anche per facilitare l’accesso al lavatoio, nei pressi della Fossa dei Mulini, nel 1910 viene realizzato un tratto di strada costeggiante il binario dal lato del mare, subito chiamato via Lavatoio (l’odierna via
Giuseppe Mazzini) (3). Il nuovo itinerario, «necessario e utile», non modifica le distanze: il “buco” resta la via più breve per attraversare la linea ferrata, anche se inzuppa di melma le scarpe e i vestiti. L’utilizzo sempre più massiccio di questo budello sotterraneo innervosisce il Municipio che, «a tutela della decenza e del decoro del luogo», tenta di vietarne l’accesso con avvisi esposti nell’atrio della stazione. «I viaggiatori che giungono a Viserba per ferrovia – recitano le disposizioni comunali – devono percorrere la strada principale» (4). La «strada principale» è quella che conduce al passaggio a livello, un tragitto che alla distanza, come abbiamo già sottolineato, aggiunge l’incognita della chiusura delle sbarre. L’imprevisto, che impone snervanti attese, dà adito a una sequela di lagnanze, che molto spesso hanno l’onore della cronaca dei giornali (5). E così, per evitare lungaggini, la gente continua imperterrita a fruire del cunicolo di scolo delle acque. Intanto, mentre ci si innervosisce su queste perdite di tempo, la “Nuova Viserba”, che prende corpo sul lido, acquista sempre più lo spes-
A lato, Albergo Principale sul viale della stazione, odierna via Roma, in una foto dei primi Novecento Sotto, sullo sfondo la stazione ferroviaria e il passaggio a livello, in una foto dei primi Novecento
16| PAGINE DI STORIA
Cartolina d’epoca che ritrae la stazione e la spiaggia nei primi Novecento
sore di luogo balneare: aumentano i villini signorili, aumentano le abitazioni popolari e aumentano anche i residenti. Quello che non aumenta è l’ignobile fenditura utilizzata per raggiungere la Stazione ferroviaria: una vistosa macchia nel bel vestito nuovo del quartiere di marina. Il cunicolo è in cima alla lista delle rivendicazioni del Comitato “Pro Viserba”. Da tempo la benemerita associazione si batte per allargarne la sezione «da m. 0,80 a m. 2 con innalzamento da m. 1,80 a 2 metri» (6). Per reperire i fondi di quest’opera si apre addirittura una sottoscrizione tra i possidenti, ma l’iniziativa, sebbene caldeggiata dalla “Pro Viserba”, non ha successo: racimola appena poche centinaia di lire (7). La gente, per principio, sostiene che la spesa dei lavori debba essere ripartita tra il Comune e la Ferrovia. Sulla base di questo sacrosanto convincimento, il Comitato cambia strategia, abbandona le collette e comincia a lavorare ai fianchi le due amministrazioni con una sfilza di sfibranti richieste. La pressione è talmente asfissiante che alla fine riesce a scaldare l’imperturbabile freddezza del Muni-
cipio e della dirigenza ferroviaria. Il 22 aprile 1911 la questione del cunicolo è affrontata in Consiglio Comunale. «Dalla borgata di Viserba a mare – si legge sul verbale dalla seduta – per accedere alla Stazione ferroviaria è necessario fare un giro vizioso di quasi mezzo chilometro costeggiando la ferrovia, lato mare, dalla strada principale che trovasi all’altezza della stazione, fino al passaggio a livello per poi retrocedere di altrettanto dal lato a monte della sede ferroviaria per raggiungere la stazione. Moltissimi per evitare quel lungo tratto di strada si adattano a passare sotto un cunicolo di scolo che attraversa la ferrovia e sbocca a pochi passi dalla suddetta strada principale; incomodo per la sua ristrettezza e quasi sempre impedito dal fango e dall’acqua che vi ristagna... » (8). Illustrato il disagio, il Consiglio Comunale delibera di concorrere al progetto di allargamento dell’apertura con un contributo di 1.200 lire, delegando il Comitato “Pro Viserba” di trattare con l’Amministrazione della Ferrovie e di interessarsi dell’opera (9). Dopo il danaro del Comune arriva anche quello della Ferrovia con la relativa autorizzazione ad allargare il passaggio sotterraneo. L’ultimo atto di questa vicenda si compie nel novembre del 1911 allorché il Consiglio Comunale di Rimini, approvando lo schema di convenzione con la Ferrovia, dà il via ai lavori di ampliamento del cunicolo di scolo delle acque, che da quel momento acquista il titolo di «sottopassaggio di accesso alla Stazione dalla Borgata di Viserba mare» (10). La conferma di tale pomposa dicitura la troviamo facendo un balzo in avanti di qualche anno, andando a sfogliare l’“Annuario di Viserba” curato da Mario Becca nella sua “Gui-
da di Rimini e dintorni” del 1923. A pagina 98 leggiamo: «Uscendo dalla stazione (a monte della linea ferroviaria) si accede alla Zona Marina per mezzo di un sottopassaggio pedonale o per mezzo della strada carrozzabile che attraversa la ferrovia al casello 119. Subito dopo il sottopassaggio pedonale, un po’ a sinistra, si imbocca il Viale della Stazione (attuale viale Roma) che conduce alla Litoranea». Con il “sottopassaggio pedonale” il Viale della Stazione acquista un rilievo centrale e strategico, basti pensare alle strutture che vi si installano: dall’Hotel Lido (all’angolo con la via Litoranea) all’Albergo Principale, dall’Hotel Ferrara al Ristorante della Stazione e al Cinematografo Centrale (11).
Note 1) Cfr. Atti del Consiglio Comunale di Rimini (d’ora in avanti: ACCR), seduta pubblica del 9 marzo 1898. 2) Cfr. Emilio Rosetti, “La Romagna Geografia e Storia per l’Ing. Emilio Rosetti”, Hoepli, Milano, 1894. 3) Cfr. ACCR, sed. pub. del 29 novembre 1909. 4) Cfr. ACCR, sed. pub. del 21 maggio 1909. 5) Cfr. Il Momento, 13 febbraio 1913. 6) Cfr. ACCR, sed. pub. del 22 aprile 1911; Allegato n. 6. 7) Ibidem. 8) Ibidem. 9) Ibidem. 10) Cfr. ACCR, sed. pub. del 29 novembre 1911. In Consiglio Comunale intervengono sulla questione, per conto del Comitato “Pro Viserba”, Giovanni Battista Bavassano (fu Giuseppe) e Vittorio Vidoni (fu Ambrogio). 11) Cfr. Mario Becca, a cura di, “Guida di Rimini e dintorni”, 1923.
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Leo Santi,
l’autista del tenore di Silvia Ambrosini | foto famiglia Santi, archivio Ippocampo
Qualche ricordo inedito del secolo scorso, quando le auto si contavano sulla punta delle dita e a Viserba villeggiavano i più noti artisti dell’epoca. Leo Santi in “uniforme” da autista con un amico Sotto, al mare con la figlia Elena A fianco, la villa del tenore in viale Cimarosa e il tenore Alessandro Bonci
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Il villino è ancora lì con la sua targa intitolata a lui: Alessandro Bonci, il tenore nativo di Cesena che a Viserba, e precisamente in viale Cimarosa, trascorreva le estati con la sua famiglia. Infatti, colui che rivaleggiava col grande Caruso, terminati gli impegni in giro per il mondo amava rifugiarsi nel suo villino al mare. Oggi quel villino non appartiene più alla famiglia Bonci, gli ultimi parenti ad abitarvi sono stati la figlia del tenore e il marito. Elena Santi, che ci regala qualche ricordo inedito del secolo scorso, ai tempi di Alessandro Bonci non era ancora nata, ma nella sua memoria sono vivi i racconti che le faceva suo padre Leo, autista del grande tenore. Leo, nato nel 1915 e scomparso qualche anno fa, era fra i pochi a saper condurre un’auto e l’artista gli aveva affidato la sua, con la quale Leo lo accompagnava nei suoi viaggi e spostamenti, fino a Bologna, dove Bonci regolarmente si recava per ritirare i diritti d’auto-
re. Quando il tenore era all’estero in tournee l’autista accompagnava nelle loro uscite la moglie e la suocera che restavano a Viserba. “Mio babbo – ricorda Elena - oltre a fare l’autista aiutava suo padre, nonno Raffaele, giardiniere di alcune delle più belle ville di Viserba e Viserbella. Erano gli anni Trenta circa, e il lavoro di giardiniere consisteva nel tenere pulite le ville in inverno, togliendo ad esempio la neve perché non si formasse umidità, piantando fiori perché all’arrivo i signori potessero trovare splendidi e rigogliosi giardini. Era talmente bravo che vinse un premio per la creazione del giardino più bello.” Elena Santi ricorda con affetto la famiglia Bonci, soprattutto Giuseppe, il figlio più giovane del tenore: ancora oggi, ogni tanto si telefonano ricordando i tempi andati e i loro padri che non ci sono più. E sembra quasi di vederli, uno in livrea, l’altro in doppiopetto percorrere la litoranea come in un film di Luchino Visconti.
Il tenore Alessandro Bonci, al quale la città di Cesena ha dedicato il teatro lirico, era nato a Cesena il 10 febbraio del 1870 e morì a Viserba l’8 agosto del 1940. Il talento lo portò prima al Teatro alla Scala di Milano, poi in tutta Europa, infine alla compagnia del Manhattan Opera House di New York. Dopo l’esperienza newyorchese, fra il 1910 e il 1911 Bonci intraprese un lungo tour canoro intercontinentale durato più di un anno. Nel 1914 entrò a far parte della Chicago Opera Company. Durante la prima guerra mondiale fu richiamato alle armi, per poi fare ritorno in America al termine del conflitto per un tour di tre stagioni che lo riportarono sul palco del Metropolitan di New York e poi ancora a Chicago. Nei primi anni Venti fu primo tenore del teatro Costanzi di Roma e annoverò fra i suoi ammiratori G.Verdi e G.Carducci. Abbandonò il teatro nel 1927 dopo un’acclamata esecuzione della Messa da Requiem verdiana al teatro di Cesena privilegiando nei suoi ultimi anni l’attività di maestro a Milano.
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La piazza,
mercato della cittĂ di Maria Marzullo | foto archivio Ippocampo
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Piazza Pascoli con il mercato ambulante e le prime botteghe in una cartolina degli anni Trenta
La piazza Pascoli, fotografata nelle diverse stagioni della sua storia, è una finestra sulla quotidianità che cambia senza perdere del tutto la sua originaria identità…
La piazza, in ogni città e paese del mondo, è il cuore pulsante della vita della comunità, luogo d’incontro e partecipazione religiosa e commerciale, di aggregazione e scambi. Strutturata per valorizzare tutti questi elementi, la piazza di Viserba, dove un tempo si svolgeva anche il mercato settimanale, si presta a tutta una serie di osservazioni sull’evolversi della società mettendo in risalto la determinazione delle persone che hanno contribuito all’economia locale nelle sue varie epoche. Per raccontare la storia del commercio a Viserba, una pagina fondamentale è quella di Elio Biagini nel suo libro “Racconti Viserbesi”, grazie alla quale conosciamo questa piccola porzione di territorio com’era circa ottant’anni fa: specchio di una vita laboriosa e umile,
ma ricca di saldi valori. “In piazza Pascoli c’erano tanti negozi. – scrive Biagini - Tre negozi di frutta (la Olga ad Vani ad Giachini, la Pierina ad Bernabé, la Maria dla Palmina) e il macellaio Achmein. Negli anni trenta è arrivato da San Mauro Michele Bersani, ‘e’ Bublot’, macellaio. Poi dal Ravennate è arrivato Tannesini, sempre macellaio, ed infine il macellaio Baldelli. Dopo il negozio dell’Elvira (che descrivo qui sotto) c’era quello di Ioli, dove si vendevano stoffe per vestiti. Poi c’era il forno degli Imolesi, dove ora c’è un bar. Di fianco alla piazza Pascoli, lato via Roma, nelle case di Garnéla il marinaio, c’era il calzolaio Gugnali che riparava scarpe. Andando verso la pescheria, sulla destra c’era Fanin che riparava biciclette. Di fronte alla pescheria c’era
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la sartoria di Dino Tordi ‘e’ sarturain’. Un ricordo che è nella mente di tanti viserbesi è la magnanimità della signora Elvira. Questa nostra mamma (per noi bambini era una mamma perché ha sfamato tanti viserbesi) si fidava del libretto che quasi ogni famiglia aveva in casa. La signor Elvira aveva una salumeria in piazza Pascoli; ai tempi della mia gioventù non c’erano tanti supermercati, iper e tanti negozi. C’era a Viserba un’unica salumeria e in questa ci rifornivamo di tutto. Ogni famiglia aveva il suo libretto e lì si segnava tutto ciò che si comperava: un etto d’olio, un etto di mortadella, tre etti di pasta, un etto di riso e tante altre cose. Fuori dal negozio l’Elvira teneva un barile di acciughe, che avevano un particolare profumo e d’inverno se ne mangiavano tante. Poi aveva le filze di ‘lumbardoun’, lo stoccafisso, e anche di questo se ne mangiava tanto. Il libretto
durante l’inverno veniva riempito di segni e nei mesi primaverili, quando venivano i primi bagnanti che cercavano l’appartamento da affittare per il periodo estivo e trovavano il nostro di loro gradimento, lasciavano una piccola caparra e mio babbo correva con quei soldi dall’Elvira e così diminuiva il debito. Quando in estate, con i soldi dell’affitto, non si riusciva a saldare il debito invernale, mio babbo correva dall’Elvira e le faceva presente che i soldi erano pochi. Ella, candidamente, rispondeva di non preoccuparsi; anzi, se mio babbo aveva delle difficoltà, lei era pronta a fare un prestito e a inserirlo nel piccolo libretto… Questa donna da noi viserbesi non sarà mai dimenticata per il suo altruismo.” Rimanendo in tema di saldi valori, laboriosità e determinazione, veniamo ai giorni nostri, alla nuova mappa del-
Una veduta della Piazza degli anni Trenta
le attività che insistono sulla piazza e sulle strade limitrofe. La geografia del commercio si è molto modificata con gli anni e la modernità, eppure ci sono realtà ancora fortemente radicate nella tradizione e nell’identità locale. Iniziamo con la tradizione per eccellenza, con la testimonianza di una coppia speciale che tutti conoscono: Elsa e Giovannino, titolari del negozio di piada e cassoni che ancora oggi si affaccia sulla piazza. “Sul finire degli anni Settanta, abbiamo aperto un negozietto minuscolo nella piazzetta Soldati – spiega Elsa - nello stabile di Fanin. Le stagioni in albergo erano dure e incerte, così, io e mia cognata abbiamo provato ad intraprendere un’attività annuale.” Elsa, nativa di Dogana di San Marino, versante italiano, nel 1968 sposa un riminese della “Castlaza” o Castellaccia (zona del vecchio ospedalino vicino al ponte di Tiberio), Giovannino, un tipo sportivo amante e praticante di corse podistiche che ci mostra foto ed immagini documentando i ricordi. Spiega che ha iniziato a lavorare giovanissimo, andando ‘a bottega’, fra artigiani e falegnami da cui ha appreso arte e mestiere, e che da operaio in un’importante impresa riminese produttrice di cucine, negli anni Ottanta, in seguito alla crisi dell’azienda, ha deciso di cambiare mestiere e di affiancare la moglie nella sua nuova attività che nel frattempo era stata spostata dal piccolo locale di piazza Soldati a quello attuale e più ‘centrale’ della piazza Pascoli. Insomma, dalla pialla... alla piada... Oggi, al trentaseiesimo anno di attività, Elsa e Giovannino si dichiarano soddisfatti. “Ci sono turisti che telefonano ancor prima di raggiungere la riviera – dice Elsa, - per farsi preparare piade e cassoni da gustare immediatamente all’arrivo,
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altri che, prima della partenza per il rientro, si fanno preparare decine e decine di piadine da portare a casa e anche da regalare ad amici e parenti.” Ancora oggi nelle pagnotte di piada, di ben 220 grammi cadauna, oltre al particolare dosaggio di materie prime, viene inserito quel filo di strutto necessario, come ricetta di un tempo vuole. Fulcro della quotidianità più genuina, quest’area urbana ha ospitato negli anni botteghe di ogni genere: latteria, forno, macelleria, pasta fresca, merceria, parrucchiere, edicola, negozi di abbigliamento, bar… è stata anche parcheggio delle auto negli anni in cui il perimetro non era stato ancora pedonalizzato; fino all’ultima trasformazione dell’arredo urbano che avviene fra il 1996 e il 1997. Oggi vanta ben tre bar, una banca, un’agenzia immobiliare e, ogni mattina, il tradizionale mercatino della frutta e del pesce di via Panzacchi, con la pasta fresca e la macelleria, dove si respira a pieno l’aria cordiale
e accogliente della Romagna. In determinate ore del mattino, attraversando la piazza, ti avvolge la tipica fragranza di pane appena sfornato che stimola i ricordi di vecchie abitudini e antichi sapori, di quando il pane era il principe della tavola. Inspiri a pieni polmoni i profumi del Vecchio Forno di Mirella Ravagli che, dalla primavera del ’96 ancora oggi assistita dalle sue prime collaboratrici Iola e Cristina, con la nuova gestione ha ripreso anche la produzione in proprio. Pane ciambelle e biscotti con ricette tradizionali o sapientemente rielaborate, spianate, pizze e un reparto dolci che si avvale dell’opera del pasticciere Bruno, anche lui stretto collaboratore da quel lontano primo aprile 1996. Intenti ad assaporare tutti i profumi del Vecchio Forno, alcuni clienti in attesa di essere serviti ci invitano ad osservare la piazza attraverso la vetrata... La piazza Pascoli pedonalizzata, dovrebbe essere una piccola oasi, ove permettere a donne con bambini di sostare con carrozzine per acquisti, o ai ragaz-
zi dell’adiacente oratorio di vivere qualche ora in aggregazione, “sarebbe bello un po’ di verde – dicono – e magari una struttura che fungesse da copertura o da riparo dal sole o dalla pioggia che potrebbe migliorare l’arredo e l’ospitalità di questo luogo di aggregazione per eccellenza.” Idee, consigli, desideri. Anche questa è la piazza, il luogo in cui mettere in comune pensieri e critiche, opinioni e progetti; cuore della città, laboratorio di progettualità, scena della vita quotidiana della collettività, che si modifica pur rimanendo fedele a se stessa nelle diverse epoche della sua vita.
A sinistra, l’Albergo Stella d’Italia in una cartolina dei primi anni Sessanta In alto, uno scorcio della piazza con la vecchia chiesa
SHOW ROOM via Curiel, 42 - Viserba di Rimini (RN) tel. e fax 0541 738573 - info@navacchi.it SHOW ROOM via Madonna dello Schioppo, 40 - Cesena (FC) tel. e fax 0547 381472 - info@navacchi.it PRODUZIONE via dell’Arte, 15 - Santarcangelo di Romagna (RN) tel. 0541 622880 - fax 0541 1831299
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L’edicolante
con la passione del teatro di Marzia Mecozzi | foto archivio Ippocampo
La sua storia racconta tante storie. Le raccoglie e le collega dal suo avamposto d’osservazione fra la piazza e il lungomare. Il suo nome è Maria Zanzani Crociati, per tutti semplicemente Eugenia.
Eugenia Zanzani oggi
Da donna del pubblico quale è sempre stata, Eugenia si racconta volentieri, regalandoci una Viserba come molti ancora la ricordano. La memoria fa tappe antiche, sugli anni dell’infanzia e si spinge ancor più in là, all’epoca in cui sua nonna, che era una Renzi e veniva da Rimini, aveva conosciuto suo nonno: Eugenio Crociati. “È una storia di famiglia piuttosto curiosa - esordisce - la nonna era vedova e aveva tre figli, anche il nonno era vedovo e aveva sei figli. La nuova famiglia nasceva numerosa! Ma la cosa più interessante è che due dei figli di lei sposarono due dei figli di lui.” Al di là delle curiosità genealogiche, la nonna Renzi-Crociati è figura importante per Viserba quale fondatrice del primo albergo. “Nei primi anni del secolo la nonna
aveva avuto un ristorante a Rimini - spiega Eugenia - e così, a Viserba, dove adesso viveva col nuovo marito carpentiere, aveva deciso di aprire una trattoria. Non era un ristorante come potremmo immaginarlo oggi: la gente del posto era povera e viveva semplicemente, arrivava e coceva sulla stufa le cozze pescate; la trattoria offriva solo la mescita del vino, ma si stava insieme in allegria!” Da quella prima rudimentale esperienza di ospitalità proviene l’Albergo della Stazione, che successivamente i Crociati costruiscono in via Roma, pionieri nella cittadina turistica dei decenni successivi. Poi arrivò la prima edicola. Era un chioschetto che, da via Polazzi, ebbe successive destinazioni: prima in piazza, poi di fronte a quella
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che oggi è la “jeanseria 71” e infine ebbe pianta stabile nel palazzo che la ospita attualmente. Non sull’angolo, bensì in un sottoscala, stretto fra il negozio che oggi è della Wilma e il bar. Qui, una piccola Eugenia aiutava la nonna con i resti, poi correva in spiaggia con gli altri ragazzini e alla nonna non rimaneva che sperare di rivederla al tramonto. E mentre il racconto si impernia sulle estati dei primi anni ’40, con le ville dei borghesi villeggianti, i costumi castigati delle signore, quelli in affitto e quelli in prestito dei ‘viserbesi per bene’, ecco spuntare una cartolina: “Villino con negozio Zanotti”. Il negozio è il medesimo di oggi, con mezzo secolo in meno; si intravedono la piazza e il viale sul quale alla sera si animava il passeggio e che raccontano di un mondo semplice ma raffinato. “I signori villeggianti dopo cena scendevano sul corso in abiti da sera. – riprende Eugenia – Qui vivevano o trascorrevano le va-
canze anche nomi noti del panorama nazionale, fra questi il tenore Bonci, il soprano Concato (nonna del cantautore Fabio Concato) proprietaria di una villa in via Canuti a Viserbella (ora albergo Villa dei Fiori),il sassofonista Tabanelli che abitava in via Garibaldi. Era, insomma, un luogo vivace, dal via vai interessante. Dopo la guerra c’è stata la trasformazione. Sotto tutti i punti di vista, la fisionomia del paesaggio è cambiata radicalmente. Le ville, pian piano hanno lasciato il posto ai piccoli alberghi, poi sempre più grandi. Il volto di Viserba a Mare è diventato un altro. Negli anni Cinquanta il bar Turismo si trovava dove oggi c’è il negozio l’Albero degli Gnomi, dove ora c’è il bar c’era invece un piazzale affacciato sulla spiaggia. Ricordo un giovanissimo Franco Franchi, ancora sconosciuto alle grandi platee, che faceva la gag di un vincitore di schedina. Ci faceva morire dalle risate! E pensare che, per pagarsi le vacan-
Sotto, l’albergo Stazione negli anni Cinquanta e, a lato, il negozio di giornali nel “passetto” di piazza Pascoli Francesca Renzi Crociati nell’edicola in una foto del 1935
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Villino Zanotti, edificio originario dell’attuale edicola A lato, pagina pubblicitaria del Kursaal, all’interno di una guida balneare degli anni Venti Nella pagina a fianco, l’auto pubblicitaria del Garden Ceschi
ze, lui e il suo socio Ciccio Ingrassia facevano come gli artisti di strada di oggi: dopo l’esibizione passavano per la questua col piattino (o forse faceva parte della gag?).” Era il tempo in cui si ballava sulle terrazze, all’Hotel Stazione, all’Hotel Milano, all’Hotel Lido, c’era il Kursaal... “I locali da ballo sono conquista successiva, il primo locale è stato fondato proprio dalla mia famiglia, si chiamava Il Tondo, - ricorda Eugenia - poi sono arrivati il Garden Ceschi, la Villa dei Pini, la Sirenetta…” Nel decennio del ‘50 e per tutto il successivo, si assiste al grande sviluppo della Viserba del turismo e dell’intrattenimento. Gran parte della nuova fisionomia che la cittadina viene assumendo si deve alla presenza dei villeggianti di spicco che sempre più numerosi affollano le sue spiagge e commissionano le eleganti ville e i signorili villini che ancora oggi sono pregio e vanto (ma soprattutto ricordo) della miglior epoca della “Regina delle Acque”. Hotel sempre più grandi, strutture come il Kursaal (o
Circolo Bagnanti), sale cinematografiche dislocate un po’ ovunque e giardini con zampillanti fontane nascono per ospitare i vip dell’epoca: artisti, ma anche professionisti come medici, avvocati, generali… e i primi turisti tedeschi. Le feste da mille e una notte, gli spettacoli, le commedie, le danze in questo paradiso da boom economico sono all’ordine del giorno: si balla sulle terrazze degli alberghi e nei giardini avviluppati nel verde. Basta una pista da ballo e un cerchio di sedie perché la festa abbia inizio. “La Villa dei Pini e il Garden Ceschi hanno fatto la storia della Viserba di questi anni. - riprende Eugenia - Ospitavano serate memorabili, personaggi dello spettacolo, orchestre e cantanti famosi in tutta Italia. Ricordo Gorni Kramer, Walter Chiari… Amavo ballare, ma poi, al mattino presto avevo la consegna dei giornali. E perché i miei genitori non s’accorgessero che non ero tornata a casa a dormire, prima di andare al lavoro correvo in camera a disfare il letto! C’era tanta bella gente, una so-
cietà borghese e mondana che ruotava attorno a noi. Fra questi ricordo Enzo Ferrari, il generale Luigi Nelson Pirzio Biroli, il dottor Giovanni Battista Lazzarini (padre della contessa Lidia Gorra, personaggio molto amato a Viserba); la contessa Silvia Piccinini, il conte Merenda, il generale Durando, il dottor Valenza. E poi pittori, musicisti famosi, cantanti…” Una società patinata e alla moda si muove su scenari che oggi non esistono più. Le persone si conoscono quasi tutte fra di loro, s’incontrano nei Caffè, al Circolo dei Bagnanti, frequentano i cinema e i teatri. “Di queste sale, al chiuso e all’aperto, - spiega Eugenia - ce n’erano moltissime quella volta: il Cinema Roma, il Teatro Nuovo in via Milano divenuto poi Rivoli, il Cinema Imperiale, il Cinema Italia… Noi, in negozio, attendevamo la fine degli spettacoli per accogliere l’ultimo passeggio e vendere gli ultimi giornali.” Poi i ricordi cambiano stagione e, abbandonata l’estate, tornano all’evento clou dell’anno che per i viserbesi
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era la Festa dei Fiori. “Si svolgeva nel mese di febbraio al Teatro Nuovo. – racconta- Era il momento più atteso, sia dalle ragazze che dai ragazzi. Le donne facevano a gara per avere il vestito più bello, che allora veniva cucito in casa o dalle sarte, e c’era anche un concorso vero e proprio. Gli uomini si impegnavano ad imparare a ballare per non sfigurare e io, che ero una brava ballerina, nelle settimane precedenti il Ballo, con l’amico Alvaro Angelini, davo qualche lezione agli amici; con un giradischi facevamo le prove nella pensione Colonna. Fra gli habitué della serata c’era Enzo Bastoni. Vittorio Corcelli cantava.” Oltre al ballo e al cinema, il teatro era ancora la passione di molti. Era soprattutto la commedia che piaceva alla gente, che spopolava in ogni città e paese, che riempiva i teatri. Faceva divertire tutti e in tanti si improvvisavano attori, fin nei piccoli teatri delle parrocchie. Di questo ambiente suggestivo e un po’ pittoresco, Eugenia parla con affetto e passione, attrice fino in fondo all’anima e fin dall’adolescenza. “Ho recitato tantissime commedie, in italiano e in dialetto. La più brava regista che ricordo è certamente la signora Pirzio Biroli, moglie del generale. Una donna di classe, capace, creativa. Con lei ho recitato i titoli ‘L’amore che passa’, ‘Maritiamo la suocera’, ‘Casa altrui’: tutte commedie brillanti che costituivano un repertorio interessante. Dopo la Pirzio Biroli è arrivato ad orchestrare la compagnia il maestro Matteoni: anche con lui ho portato in scena tantissimi lavori teatrali. Ho recitato di tutto. Ho persino fatto la parte di don Abbondio nei Promessi Sposi!” Fra gli anni ‘60 e ‘70, oltre a gestire l’edicola di sua proprietà, il lavoro di Eugenia Zanzani comprende la distribuzione dei giornali in
cinque edicole di zona. Suo compito è quello di recarsi ogni mattina in stazione, perché i quotidiani arrivano dalle grandi città. Poi, con il suo furgoncino, li consegna a tutte le rivendite che dipendono da lei. “All’inizio lo facevo in bicicletta, quando i giornali erano ancora pochi. Poi mi sono ammodernata!” Il lavoro e il teatro, ma anche le danze, le amicizie e il mare hanno riempito la vita dell’Eugenia, che rivolge agli anni andati un amarcord vivace e pieno di energia, come si addice ad una donna solare e carica di entusiasmo, brillante nella conversazione e soprattutto disponibile a lasciarsi coinvolgere in prima persona nell’avventura che “l’Ippocampo” chiama “salotto della memoria”.
Nella pagina a fianco, in alto, personaggi viserbesi alla Villa dei Pini negli anni Sessanta Al centro e in basso, una giovane Eugenia con le amiche e con una delle compagnie teatrali
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Il fotografo
della movida viserbese di Maria Cristina Muccioli | foto archivio famiglia Angelini, archivio Ippocampo
Quanta vita è passata davanti al suo obiettivo! Col suo ‘clic’ ha immortalato generazioni di viserbesi, turisti e vip, fotografando gli anni d’oro della nostra storia.
Alzi la mano chi non è stato fotografato da Alvaro! Inconfondibile, non passava certo inosservato. D’estate lo si poteva trovare ogni sera nei paraggi del suo negozio, sul lungomare di Viserba. Ma anche in tutte le feste, cerimonie, manifestazioni e inaugurazioni dei dintorni. Come si riconosceva? Facile! Lunghi capelli candidi, sorriso stampato in viso e abbigliamento originale. Alvaro e la sua inseparabile Nikon F3, i completi sgargianti, gli occhiali da sole portati anche di notte… In occasioni speciali vestiva chic: di solito bianco totale, dai capelli alla punta delle scarpe. Più spesso era variopinto, ma sempre con un filo conduttore: o tutto giallo o tutto rosso, magari con una scarpa
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A fianco, l’indimenticabile sorriso di Alvaro Alvaro con il suo staff in epoche diverse Sotto, con Mike Bongiorno e, a sinistra, Neri “Naccari”della Villa dei Pini
di un colore e una dell’altro. Distintivi erano i calzoncini a scacchiera, suo marchio per oltre quarant’anni. “Per farmi notare tra gli ombrelloni, come la bandiera da starter”, spiegava. L’idea era stata copiata dal telo da spiaggia di una bella turista svizzera, che gli fornì poi per anni la stoffa a scacchi, allora introvabile in Italia. Alvaro Angelini: da quando è scomparso, il 30 ottobre 2001 (era nato il 13 novembre 1927), alle estati viserbesi manca qualcosa. Soprattutto la sua figura e il suo sorriso, sempre
presenti di fronte al negozio di via Dati, ora gestito dalle figlie Ivana e Milva (mentre Silvia ha un’altra attività). Davanti a quella vetrina molti viserbesi, ma anche numerosi turisti, si davano appuntamento con Alvaro per un saluto e una battuta, all’ora della passeggiata serale, con la scusa di ordinare o ritirare le fotografie scattate durante le giornata. Nonostante le figlie e i tanti bravi allievi dai calzoncini a scacchi cresciuti da Alvaro continuino la sua opera, manca il suo tocco unico e inimitabile: la verve e la professionalità con cui sapeva vivacizzare ogni singolo scatto, rendendolo un po’ più prezioso. Quanta gente è passata davanti al suo obiettivo, dal suo esordio, nel lontano 1938! Riminesi e turisti, gente semplice e personaggi famosi. Raccontava: “Iniziai da bambino, nel periodo anteguerra, con lo zio. In piazza Giulio Cesare (ora Tre Martiri) aspettavamo i ‘signori’ che uscivano dalla messa dei Paolotti. Era l’unica occasione in cui potevamo fotografarli col vestito della festa. Poi mi sono diplomato geometra, ma evidentemente nel mio destino non c’erano tavoli da disegno. Il grande
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amore, che poi è durato per sempre, è stato quello con la macchina fotografica. Nel 1954 rilevai il negozio di Viserba da mio cugino e mi lanciai nell’avventura. Con successo: sono stato il primo fotografo accreditato alla Fiera di Rimini e fino al 1995 sono stato il fotografo ufficiale di ‘Italia in Miniatura’, fotografando anche tutte le 280 riproduzioni di monumenti del parco. E poi, quanti personaggi! Ai tempi d’oro passavano da Viserba Gorni Kramer, Mike Bongiorno, Milva, Lucio Dalla... Una volta, alla Villa dei Pini, c’era un ragazzino impacciato che cantava. Qualcuno mi disse: ‘Guardalo bene, farà strada’. Era Gianni Morandi.” Nonostante i capelli bianchi, Alvaro non è mai stato “anziano”: sembrava un ragazzo anche lui, quando, rac-
contando la sua storia, ripercorreva quella di tutta una comunità. “Conosco tutte le famiglie di Viserba. - diceva - Una generazione dopo l’altra: battesimi, cresime, matrimoni… E i turisti sulla spiaggia; le miss al Garden Ceschi, alla Villa dei Pini, alla Sirenetta...” Se sfogliassimo l’immenso archivio di Foto Angelini, troveremmo sicuramente tutti i viserbesi, nessuno escluso. Eccoli: bimbi col costumino e il salvagente nelle prime foto in bianco e nero, poi immortalati da grandi con i loro figli. Nella stessa posizione di trent’anni prima, ma in immagini a colori: dal moscone a remi al variopinto pedalò di plastica. E con l’immaginazione ci piace pensare, dietro ad ogni foto, l’indimenticabile sorriso di Alvaro.
Sotto, Alvaro durante la rievocazione in piazza Pascoli dell’epopea del Garden Ceschi
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Il parrucchiere delle signore
di Marzia Mecozzi | foto archivio famiglia Bianchi, Paritani
Sul lungomare, ai piedi dell’Hotel Byron, per 62 anni si è affacciata la vetrina dei parrucchieri Bianchi, sulle cui poltroncine si è accomodato oltre un secolo di storia locale.
Carlo Alberto Bianchi in un recente scatto
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Distinto e con la dialettica sciolta, capelli d’argento e abbronzatura da habitué della spiaggia, Carlo Alberto Bianchi è uno dei più appassionati conoscitori della storia di Viserba. E si è anche dilettato a scriverne, con piacevole e leggera esposizione, a capitoli brevi, fra aneddoti e momenti di vita famigliare, nel libro intitolato “Viserba e un suo paesano che si racconta”. Dalla sua vetrina di parrucchiere affacciata sul lungomare, dove quest’anno è stata aperta una nuova gelateria, Carlo Alberto di storia ne ha vista passare parecchia. E altrettanta ne ha fatta accomodare sulle sue poltroncine, nelle lunghe sedute di bellezza, “con un orecchio che ascolta, - rivela sorridendo - e l’altro che dimentica.” Il mestiere di parrucchiere, Carlo Alberto lo ha imparato ed ereditato dal padre Angelino, che aveva avuto fin da giovane un negozio di parrucchiere per signora nel centro di Viserba. Qui Angelino Bianchi esercitava con grande passione un mestiere che an-
dava prendendo sempre più piede a mano a mano che il paese fioriva e si sviluppava come frequentata località balneare. Le signore che venivano dal nord trovavano nel giovane coiffeur un punto di riferimento per la cura e la bellezza delle proprie chiome, anche in vacanza. Tagli “à la garçonne”, ondulazioni a ferro e le prime permanenti erano le pettinature alla moda in quegli anni. Carlo Alberto, classe ’32, col fratello Sergio, di un anno più giovane, è cresciuto a Viserba, scolaro della signora Perdicchi, sorella del generale e moglie del signor Soldati. Ragazzino negli anni della guerra, ha raccolto e descritto nel suo libro-biografia alcuni eventi storici di cui è stato testimone, con il padre lontano a compiere il suo dovere di soldato e la mamma a fronteggiare da sola una situazione pericolosa e incerta. Qualche pagina è dedicata alla sorprendente notte dei bengala con il cielo illuminato a giorno, il finimondo di boati, di vetri infranti, di tetti devastati e alla terri-
bile scoperta, all’indomani, dei vicini sepolti sotto le macerie… Pagine piene di speranze e timori, fino al termine della guerra, della lontananza del babbo, della paura. “Finita la guerra, mio padre riprese la sua attività – racconta – e nonostante avesse impiegato un po’ di tempo a risistemare le cose, la vita piano piano ritornò alla normalità con i villeggianti sempre più numerosi. Terminate le scuole medie, con la signora Gorra, figlia del conte Lazzarini, come insegnante di lettere e la signorina Paolini come professoressa di matematica, nostro padre ci assunse come apprendisti nel negozio.” Carlo Alberto nel reparto dedicato alle signore e Sergio in quello maschile. E con altrettanta passione con la quale lui stesso aveva imparato e si era perfezionato, Angelino si dedicò ad insegnare ai figli l’arte del taglio e della piega, del colore e della permanente. “A me quel lavoro non piaceva – confessa Carlo Alberto – e mi lamentavo continuamente con mia
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madre. Non sopportavo di trascorrere tutta la giornata in negozio, mentre fuori gli amici vivevano la solita vita, con la spiaggia a due passi e l’estate attraente più che mai… Mio fratello, invece pareva apprezzarlo e nel tempo libero si dedicava ai suoi allenamenti allo stadio.” Sul finire degli anni Quaranta, iniziò una lenta e progressiva trasformazione del volto di Viserba, le case si alzarono di un piano o due, fiorirono le attività commerciali e il turismo andò trasformandosi da fenomeno elitario a fenomeno più popolare. “Viserba però, così raccolta e frequentata da habitué, italiani e stranieri, costituiti per lo più dai proprietari delle ville fra Viserbella e Viserba, per lungo tempo ha continuato a conservare quel fascino retrò che s’è perso definitivamente in questi ultimi decenni.- riflette Carlo Alberto – Di quegli anni, ricordo quando furono costruiti il Nautic, bar e albergo, con i tavolini all’aperto, frequentato da molti stranieri e luogo di ritrovo serale per noi ragazzi del posto e l’Hotel Byron, circondato da bei negozi, dove anche noi, nel ’62, dopo la morte del babbo, abbiamo trasferito la sede dell’attività.” La carrellata delle signore che hanno frequentato il salotto dei parrucchieri Bianchi è ricca di nomi illustri, di blasoni e famose parentele. Fra questi la cantante lirica Renata Tebaldi, la moglie del generale Ferroni ministro della guerra, le sette sorelle del professor Scaglietti, le sette sorelle Baraldi di Cento. “Fra i nostri clienti c’erano appartenenti alle famiglie Alemagna, Arrigoni, Mellin; c’erano contesse, mogli di illustri medici, figlie di generali, nipoti di ministri e, fra gli uomini, curavamo i capelli dell’ingegner Enzo Ferrari quando era a Viserbella per le
vacanze. In negozio c’era un viavai gioioso che arrivava a contare anche novanta clienti al giorno! Ci sono stati anni in cui si facevano anche dieci permanenti al giorno, con una media di un cliente ogni quarto d’ora. C’è da dire che, quella volta, le signore venivano dal parrucchiere spessissimo rispetto ad oggi, anche solo per farsi pettinare e rifarsi l’acconciatura, e noi eravamo gli unici a Viserba. Ho iniziato ad appassionarmi veramente al mio mestiere nei primi anni Cinquanta, quando iniziai ad avere una certa autonomia professionale, clienti mie e le prime soddisfazioni. La perdita di mio padre, tuttavia, lasciò un grande vuoto che per tanto, tanto tempo, è stato difficile colmare.” Carlo Alberto ha attraversato la migliore epoca di questo paese, assaporandone la parte più cosmopolita (sia lui che il fratello Sergio hanno sposato due ragazze tedesche, Gaby e Renate). Seduto ai tavolini del Nautic, della Villa dei Pini, del Garden Ceschi, ha incrociato il cammino
con tutti i personaggi che sono transitati da questo lido; ha pettinato e conosciuto il fior fiore della vacanziera classe dirigente italiana, ha avuto migliaia di clienti fedeli ed amichevoli. Bianchi si definisce un uomo fortunato per aver vissuto e lavorato in seno ad una famiglia amorevole che gli ha trasmesso tanto e, ripensando ai lunghi anni trascorsi in questo paese, conclude: “Io, in questa cara Viserba, ci ho vissuto bene!”
Nella pagina a fianco, a sinistra, la vetrina del negozio del parrucchiere Bianchi negli anni Ottanta circa e, a destra, Carlo Alberto al lavoro Sotto, la gelateria che ha sostituito il parrucchiere
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Mezzo secolo in blue jeans
di Marzia Mecozzi | foto archivio famiglia Sivieri, Angelini
...E siccome a Viserba i soprannomi sono per sempre, ‘Toscano’ fu Severino e ‘Toscani’ tutti i suoi, da quel momento in poi.
Come in ogni città e paese del mondo, anche a Viserba vi sono luoghi ‘simbolo’ per una moderna mappatura della storia locale e fra questi vi è decisamente la jeanseria 71. Forse per uno straniero (ma molto molto straniero) potrebbe sembrare un’eresia definire una jeanseria ‘luogo simbolo’ della città, ma qui, nella terra della moda, compressi fra Milano Marittima e Riccione, tutto è possibile e il 71, con i suoi Sessant’anni di storia, merita di essere raccontato
così. Anzitutto una precisazione: se il resto del mondo dice ‘l’ho comprato al 71’, i viserbesi dicono ‘l’ho comprato dal Toscano’. Ed è da qui che vogliamo partire. “La nonna, Vittoria Lapucci, nativa di Ancona, abitava già da alcuni anni a Rimini quando nostro babbo, Severino Sivieri giunse qui da Campi Bisenzio in provincia di Firenze. – racconta Marcello Sivieri. – Rimasto senza lavoro, con la moglie Dina Ballerini e i figli Rosy (classe 1941) e Marco (1942) subito
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dopo la guerra raggiunge sua madre con la speranza di un lavoro.” Inizia quindi con un banco in piazza a Viserba e due biciclette che lui e la moglie Dina caricavano con due valigie ciascuno per raggiungere i mercati di Rimini e di Bellaria, l’avventura da commerciante di Severino Sivieri detto ‘il Toscano’ per la sua provenienza e per la cadenza fiorentina nel suo parlare. E siccome a Viserba i soprannomi sono per sempre, ‘Toscano’ fu Severino e ‘Toscani’ tutti i suoi, da quel momento in poi. Nel 1946 nasce la figlia Anna e, nel 1953, l’ultimogenito Marcello, mentre nel 1949 i due coniugi aprono la ‘Bottega del Risparmio’ al nuemro 71 di via Dati, che vende biancheria, tessuti, merceria e abbigliamento. “Ma soprattutto che faceva credito. – precisa Marcello – Erano anni difficili per tutti ma ci si aiutava l’uno con l’altro. Ricordo una frase che mio padre era solito ripetere: ‘bisogna comprare dalla gente del posto, bisogna favorire un viserbese!’. Eravamo tutti piuttosto poveri, quella volta, poi le cose piano piano sono migliorate per molti. Noi vivevamo in affitto in metà della casa al numero 71 del lungomare e d’inverno abitavamo nell’appartamento al primo piano; d’estate invece ci trasferivamo nella soffitta e nel piano terra, dove sono nato io, e subaffittavamo l’appartamento ai bagnanti. Con i soldi che prendevamo riuscivamo a pagare l’affitto per tutto l’anno.” I ricordi di Marcello ripercorrono soprattutto le estati, momenti indimenticabili per i bambini e i ragazzi. “Sulla spiaggia avevamo le galline che razzolavano – prosegue - e d’estate arrivavano anche i nostri parenti dalla Toscana e da Trieste. Mangiavamo tutti insieme sulla grande terrazza di fronte alla spiaggia e poi tutti di nuovo al lavoro. Ricordo
quando, subito dopo pranzo o dopo cena (quando mangiavamo nella cucina al piano terra), arrivavano gli amici di mio fratello a chiamarlo e lui saltava dalla finestra sullo sbocco a mare. Al mattino i miei genitori facevano i mercati, li accompagnava un camion dei fratelli Bottini prima e Zavattini poi, al pomeriggio invece confezionavano camicette da donna chiamate bluse che anche le zie aiutavano a cucire. Mia sorella Rosy dopo il turno in negozio preparava le fasce per le Miss che venivano elette d’estate al Garden Ceschi e io andavo a consegnale ancora con la vernice fresca… ci davamo tutti un gran da fare.” Il racconto prosegue a più voci; nel luminoso soggiorno della bella casa di Marcello in via Predieri, Rosy e Anna sfogliano vecchi album di fotografie corredando di divertenti aneddoti la successione degli eventi di casa Sivieri e, dall’aria che si respira, si intuisce il legame di affetto e amicizia fra questi fratelli che hanno sempre lavorato insieme in grande accordo e condivisione, come accade piuttosto raramente. Dei primi anni Sessanta è la costruzione della casa in via Bologna al numero 7: una bella casa con cinque appartamenti
Nella pagina a fianco, i quattro fratelli Sivieri, da sinistra: Rosy, Marco, Anna e Marcello davanti alla vetrina del 71 a Viserba Sotto, il banco dei Sivieri in piazza Pascoli Severino e Dina in una foto degli anni Ottanta
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Banco in viale dei Platani a Bellaria in una foto degli anni Sessanta Sotto, in una recente foto con tutto lo staff
e tre negozi. “Grazie a questi negozi – prosegue Marcello – si era formato un piccolo centro in periferia dove, oltre al negozio di parrucchiera e alla lavanderia gestita dalla signora Ofelia e dal signor Riccardo, vi era la sartoria del nostro compianto amico Mimmo che poi diventò un importante massaggiatore ad altissimo livello che ha curato tanti viserbesi dai quali, ne sono certo, non si è mai fatto pagare.” Nel racconto Marcello desidera non dimenticarsi di nessuno ed è con grande precisione che ha annotato nomi e fatti importanti per lui e per la storia della sua famiglia
oppure semplicemente piacevoli da ricordare, come l’apertura del noleggio dei tandem, più un divertimento che un lavoro: “tutte le sere d’estate, verso le undici arrivavano i miei amici Lello Bernardi e Daniele Pacassoni e insieme ce ne andavamo in giro per Viserba con le carrozzelle a tre ruote. La nostra specialità era fare le curve su due ruote. Che bei tempi!” E che bei tempi quelli dei decenni futuri! con l’avvento dei primi jeans Levi’s, evento epocale per la gioventù locale, un vero e proprio colpo di fulmine per i pantaloni dei cow boy americani. Negli anni Settanta, il negozio, che intanto aveva cambiato nome in Jeans Centre 71 conosciuto per i prezzi bassi e il vastissimo assortimento, certi giorni era preso d’assalto. “Viserba viveva un bel momento, - ricorda Marcello - con i suoi luoghi alla moda come l’osteria del Gallo di Todro Panighelli e Pierluigi Bernabei, il bar Roxy della famiglia Fabbri, l’oreficeria di Rino Bertozzi e Tina Bernardi, il fotografo Alvaro Angelini, la ferramenta Ivano ‘il ladro onesto’, il ristorante da Todro, l’Old American Bar di Roberto Baldrati e Giulio Bernabei, il cinema Rivoli con i suoi film d’essai e poi ancora i negozi di Casalini, l’America Stracci di Mauro Varriale amico di Diego Abatantuono che potevi anche incrociare nelle sere d’estate ai tavolini di questi locali… Ma soprattutto la nostra pizzeria preferita: il Mum Susy della famiglia Panigalli con i suoi buonissimi wurstel inzuppati nella salsa piccante, con ricetta segreta della mamma di Ivano.” Negli anni Ottanta e Novanta il trend positivo del 71 come ‘tempio’ del jeans e dell’abbigliamento casual e sportswear prosegue e i punti vendita gestiti dalla famiglia, da amici, parenti ed ex dipendenti dei Sivieri arri-
vano a otto. Ma la chiave del grande successo qual è? “Credo che la fortuna sia stata prima di tutto l’unione fra di noi fratelli - afferma Marcello – e la strategia di offrire ai clienti un assortimento sempre molto vasto. Rilevante è stata la figura di mio fratello Marco che ha sempre avuto grandi e lungimiranti vedute; ha girato il mondo ed ogni volta che tornava da un viaggio portava e ancora porta belle novità. Marco ha la dote di cogliere nelle cose quello che altri non vedono e ha saputo sempre rinnovare e migliorare i nostri negozi. Le mie sorelle hanno avuto il grande merito di dedicarsi con entusiasmo e generosità al lavoro, senza orari e sempre con il sorriso. Oggi la nostra famiglia si è allargata a dismisura tanto che nella rimpatriata di Santo Stefano, a casa della Rosy a Verucchio, fra figli e nipoti, generi e nuore a tavola siamo in quarantacinque e la nostra attività prosegue. Abbiamo anche una piccola immobiliare gestita da mio nipote Francesco mentre i negozi sono seguiti da altri giovani, sempre di famiglia, che hanno inventato anche un nuovo marchio di abbigliamento “Wolli” creato da Valeria Sivieri.” Alla fine della lunga chiacchierata Marcello si preoccupa di non aver potuto menzionare tutti i viserbesi che, come dice “ci hanno aiutato” però ci tiene a nominare la mitica sarta Anna Gattei per la quale nessuna riparazione è impossibile e vorrebbe avere a disposizione tante righe ancora che forse un giorno troveranno posto in un libro-biografia che ha il sogno di scrivere, dedicato a Viserba da uno dei suoi ‘Toscani’.
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‘La Fonte’
da bottega a Superstore di Maria Cristina Muccioli | foto Paritani
Il 2 settembre 2010 è una data importante per la storia commerciale di Viserba, una data che fa da trait d’union tra passato e presente.
Una giornata che ha cambiato l’aspetto e le potenzialità di un quartiere, influenzandone anche la viabilità urbana, portando luce e vivacità in una zona fino ad allora periferica e poco frequentata. È il 2 settembre 2010. Con un taglio del nastro sotto il flash dei fotografi e alla presenza di autorità, imprenditori e collaboratori, progettisti e numerosissimi cittadini, apre la “Galleria Commerciale Sacramora”, di proprietà del viserbe-
se Dante Rossi e della sua famiglia. Aggiungendosi al Centro Studi poco distante, che tra via Morri e via Sacramora vede la presenza di scuole di tutti i gradi (dall’asilo nido agli istituti superiori), la nuova realtà va a completare e integrare un quadro nuovo e dinamico, con vari servizi a disposizione di tutta la città, allargando il bacino di utenza all’intera provincia. “Nel giorno dell’inaugurazione arrivò un mare di gente che
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non ci aspettavamo! - ricordano Giuseppe Bellavista e Patrizia Celli del Superstore Conad ‘La Fonte’, la principale attività commerciale ospitata nella Galleria Sacramora - Fummo letteralmente presi d’assalto, in un clima di festa e di curiosità collettiva.” Un successo confermato poi nel tempo, dove protagonisti, dicono all’unisono Giuseppe e Patrizia, sono i clienti. “Già da quel giorno, riscontrando un afflusso di pubblico mai visto, abbiamo capito una volta di più che la clientela ci vuole bene e ci segue. Avevamo lasciato il negozio di via Pallotta proprio per rispondere alle esigenze dei nuovi consumi, in un quadro che ha visto cambiare i tempi, le dinamiche e la città stessa. Dai 250 metri quadrati degli esordi del 1973, grazie a due diverse ristrutturazioni eravamo arrivati ai 500 metri del 2010. Nonostante ciò quella sede ormai andava stretta a tutti: gli spazi di vendita, le casse, i magazzini, i parcheggi erano inadeguati alla richiesta. Su questa consapevolezza, unita al desiderio di migliorare, abbiamo ragionato, insieme ai signori Rossi, proprietari della Galleria Sacramora e del palazzo della vecchia sede, per circa sette anni. Alla fine, i
Nella pagina a fianco, addetti reparto pane e salumi In alto, addetti reparto frutta; al centro, addetti reparto pescheria e sotto, addetti reparto macelleria
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progettisti hanno realizzato il nuovo negozio seguendo totalmente le nostre indicazioni. Il risultato? Il punto vendita attuale, di cui siamo molto orgogliosi.” Non più un semplice supermercato, bensì un “superstore”, che, nella scala del Conad (il Consorzio Nazionale Dettaglianti, a cui “La Fonte” è affiliato), si colloca un po’ più sotto di un ipermercato. “E questa è proprio la nostra fortuna! – spiegano Giuseppe e Patrizia – La superficie attuale, pari a 1.500 metri quadrati di vendita, rappresenta infatti una realtà media, dove
ai vantaggi del legame con Conad, che è una bella garanzia nel settore del commercio a livello nazionale, si può mantenere quella cordialità col cliente, propria dei negozi di paese, che ci ha sempre contraddistinto.” La passione e il rapporto col cliente, dunque, non sono cambiati. Saranno anche stati aggiunti reparti e servizi (la pescheria, la cottura del pane, il pronto-cuoci, tipologie merceologiche prima non presenti, un parcheggio enorme e comodissimo)... sarà anche aumentata la forza-lavoro, con circa quaranta persone in più assunte
negli ultimi tre anni... ma la “misura” della cordialità è rimasta la stessa: dietro ai banconi, fra le scaffalature, alle casse ci sono ragazze e ragazzi, donne e uomini i cui volti sono ben noti a tutti i viserbesi. Li si chiama per nome, si ricevono assistenza e consigli... Per non parlare di tutti coloro che lavorano nell’ombra: nella preparazione della merce, nei magazzini, negli uffici. Insomma, una bella realtà imprenditoriale, non solo sotto l’aspetto qualitativo. “Siamo davvero tanti! - confermano Giuseppe e Patrizia - Comprendendo anche la realtà bellariese, attualmente, oltre ai dodici soci, lavorano alla Fonte novantasei dipendenti, di cui il 70% sono donne. Collaboriamo anche con enti di formazione accogliendo allievi in stage, con un’attenzione particolare a percorsi di accompagnamento per giovani che partecipano a progetti speciali.” Dodici soci, un totale di oltre cento addetti, uno sviluppo così importante... Chissà se questo traguardo era fra gli obiettivi dei soci fondatori, che in quel lontano 1973 partirono con l’avventura de “La Fonte”. La risposta spetta di diritto a Giuseppe Bellavista, oggi direttore del Superstore. Non sembrerebbe, ma lui “c’era”. Ed era un ragazzino... “Sono passati più di quarant’anni. spiega emozionato - Io ero, semplicemente, il garzone di uno di loro: commesso da Mario Giardi, che aveva un piccolo negozio di alimentari sulla via Sacramora, dove ora c’è un tabacchi. L’idea fu di Graziano Mulazzani, che aveva un analogo negozio nella stessa via, accanto all’attuale forno Sacramora: propose al mio datore di lavoro e ad altri due commercianti della zona (Giancarlo Rocchi, lattaio in via Pallotta e Sergio Ronci, con macelleria di fronte alla
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in certi momenti, anche a diciassette. Nel 1979, seguendo la necessità e la voglia di allargarsi, i soci viserbesi acquistarono un negozio già avviato di Bellaria, sito presso il Centro Direzionale di via don Milani, ponendo anche lì l’insegna “La Fonte”. La compagine attuale, come già detto, è di dodici soci: nel negozio di Bellaria operano Mauro Bergantini, Stefano Marconi, Paolo Nucci, Stefano Pari, Terziano Montanari; nel Superstore di Viserba, oltre al direttore Giuseppe Bellavista, troviamo Patrizia Celli (responsabile amministrazione), Marzia Goretti (responsabile casse), Marco Lotti (responsabile ortofrutta), Luigi Bordoagni, Massimo Corbelli e Adriano Romani (responsabili salumeria). Tutti volti noti ai viserbesi, essendo sempre a fianco dei dipendenti: una squadra impegnata in prima linea al servizio della clientela. E se chiediamo a queste imprenditrici e a questi imprenditori i loro progetti per il futuro, sorridono e rispondono senza tentennamenti. “Offrire il meglio ai nostri clienti: per il momento siamo concentrati su questo, anche se siamo aperti a tutte le esperienze...” bottega di Giardi) di fare squadra, aprendo quello che fu uno dei primissimi supermercati di tutta Rimini. La sede era a metà di via Pallotta, comodamente raggiungibile da tutti i vecchi clienti dei singoli negozianti: nuova di zecca, al piano terra del grande condominio appena costruito dai fratelli Rossi. Erano i tempi in cui si vendevano ancora i prodotti sfusi: un chilo di pasta, mezzo di riso, tre etti di zucchero... cartocci di carta, bilance meccaniche, conti a matita. Fu un bel salto nella modernità, in contemporanea con quanto accadeva in tutta la nazione: la gente poteva
trovare in un unico posto tante qualità di merce, senza dover girare da un negozio all’altro. Graziano fu un vero precursore: aveva visto lungo! Il suo ricordo è sempre vivo in tutti noi. L’avventura del supermercato, che venne chiamato ‘La Fonte’ in onore della sorgente che contraddistingue questa zona, iniziò sotto i migliori auspici e venne accolta bene dai clienti. Per tanti anni anche le mogli dei soci hanno lavorato a contatto col pubblico, alle casse e al banco: Marisa Mulazzani, Anna Rocchi e Gina Giardi. Nei decenni successivi si sono aggiunti altri soci, arrivando,
Nella pagina a fianco, sopra, il primo supermercato di via Pallotta; da sinistra: Primo De Paoli, Giancarlo Rocchi, Graziano Mulazzani, Sergio Ronci e sotto, i ragazzi delle corsie In alto, il direttore Giuseppe Bellavista con le addette del reparto accoglienza; sotto, le ragazze delle casse
Ogni volta che si apre una nuova attività imprenditoriale, sia esso un albergo, un bar, un negozio o, come in questo caso, un ristorante-pizzeria, siamo di fronte ad una vera e propria “botta d’orgoglio”. Iniziative che salutiamo con piacere, perché in tempi in cui la gente guarda al futuro con incertezza, rincuora davvero trovare chi, invece, ci mette del suo e si rimbocca le maniche.
Da sinistra, Giovanni Ziroli e Oscar Piastra
In questo contesto di rinnovamento, i due amici viserbesi, già soci in una precedente attività ristorativa, hanno voluto scommettere, mettendo in gioco la loro professionalità sotto una nuova insegna: “Da chi Zuclon”. L’occasione è arrivata dalla ristrutturazione appena messa in atto dalla famiglia Morolli, proprietaria dell’ex pensione Gemma di Campo ora trasformata in residence turistico alberghiero: un nuovo assetto dell’edificio che lasciava libero tutto il piano terra e il giardino.
Giovanni e Oscar, già soci per diversi anni nella gestione del ristorantepizzeria “Prima o poi”, in zona Lagomaggio, hanno fatto il resto: arredi moderni e funzionali, colori giovani e, soprattutto, un’offerta gastronomica di ottimo livello, a cui nel periodo estivo si aggiunge la “Frutteria”. La pizzeria con forno a legna a vista, quindi, è il regno di Giovanni Ziroli, erede di Carmine (se le ricordano ancora, le sue pizze in via Pallotta, gli ex ragazzi di Viserba!). Servizio in sala e direzione nelle mani di Oscar Piastra, che fra l’altro è stato direttore della pizzeria O’Malomm a San Patrignano. Volendo fare un bilancio di questi primi anni, i “Zuclon” non hanno dubbi. “Siamo più che soddisfatti della risposta della nostra clientela. – dicono Giovanni e Oscar – Anche nelle varie evoluzioni del locale: alla pizzeria tradizionale abbiamo infatti affiancato un reparto cucina di ottima qualità, specializzato in piatti di pesce e con una paella ormai rinomata e molto richie-
sta. Poi abbiamo inaugurato lo spazio estivo della ‘Frutteria’, che rappresenta una sorta di pub all’aperto, con aperitivi, cocktail e una vasta scelta di preparazioni a base di frutta fresca.” E, mentre l’estroso Giovanni si sbizzarrisce a sperimentare nuove pizze, anche con l’utilizzo di impasti particolari che riscuotono grande successo, Oscar organizza eventi, serate a tema (come la cena argentina o il grand buffet di pesce in giardino), giochi a premi (gare di biliardino, birra pong, quizzone)… Mai fermi, dunque, sempre con un occhio particolare alle esigenze e alle richieste dei clienti. “Infatti! – confermano – E proprio per loro, anzi per i loro bambini, abbiamo creato uno spazio-giochi recintato, con strutture colorate e divertenti, dove i più piccoli possono sfogare la loro vivacità sotto l’occhio dei genitori che nel frattempo si godono la pizza o l’aperitivo. Un locale per tutte le età. Quindi, appuntamento… “Da chi Zuclon”!
Un nome che è tutto un programma Letteralmente il nome del locale suonerebbe come “Da quei zoccoloni”. La scelta non è casuale, ma dettata da ragioni che potremmo definire “storico-geografiche”.“Da piccolo venivo a giocare nel parco della Villa Ombrosa, che apparteneva a don Pietro Lodolini, conosciuto anche come ‘don Zuclòn’. - racconta il pizzaiolo Giovanni - Quando ho visto disponibile il locale proprio confinante con questo luogo, che per me era così misterioso, mi sono venute in mente mille cose, le scorribande con i compagni, don Zuclòn che ci rimproverava, le corse, i dispetti. Una grande nostalgia e tenerezza per gli anni della mia infanzia. Per questo mi è piaciuto il posto e con Oscar, mio amico e socio in questa avventura imprenditoriale, non abbiamo avuto dubbi: ci chiameremo ‘Da chi Zuclòn’.” Ed è quindi sotto questa insegna che è partita l’avventura.
Ristorante Pizzeria Da Chi Zuclon | via Sacramora, 47 - Viserba di Rimini
PRENOTAZIONI 0541.734737 www.pizzeriaristorantedachizuclon.com
informazione pubblicitaria
Così hanno fatto, col loro locale, i titolari del ristorante “Da chi Zuclòn”: Giovanni e Oscar. Dopo la costruzione del Polo Scolastico di Viserba e l’arrivo, nel 2010, della Galleria Commerciale Sacramora (col Conad Superstore, bar e negozi vari), la zona a monte della ferrovia compresa fra via Pallotta e via Morri ha preso un aspetto decisamente più vissuto: nuovi palazzi (quindi nuove famiglie), parcheggi, una grande rotonda che collega la Sacramora con la via Elvis Presley.
comunicazione istituzionale
Romagna terra delle Acque È una primavera ricchissima di eventi per Romagna Acque-Società delle Fonti Spa, la società a totale capitale pubblico che è proprietaria e gestisce tutte le fonti idropotabili del territorio romagnolo. Alle attività “tecniche”, quotidiane e importantissime, che permettono ogni giorno a tutti gli abitanti della Romagna (d’estate, anche ai milioni di turisti) di bere acqua “buona” e pura, si sono aggiunti molti momenti di rilievo anche “mediatico”, grazie ad iniziative di vario genere. Una scuola per l’Emilia terremotata
Il ricordo di Zanniboni
Domenica 6 aprile, a San Possidonio - una delle località colpite nel 2012 dal sisma che sconvolse l’Emilia centrale - si è svolta la cerimonia di inaugurazione del nuovo polo scolastico: alla presenza, fra gli altri, del presidente della Regione, Vasco Errani, e del cantante Ligabue, che ha contribuito alla ricostruzione devolvendo l’incasso di alcuni suoi concerti. Fra i presenti, anche Romagna Acque, nella persona del presidente Tonino Bernabè: il 26 giugno 2012, a poche settimane dal sisma che aveva colpito l’Emilia, l’Assemblea dei Soci di Romagna Acque-Società delle Fonti Spa deliberò infatti l’erogazione di un sostegno economico di 50 mila euro a favore delle popolazioni colpite dal terremoto in Emilia - Romagna, a cui si aggiunse anche per vari mesi la presenza in Emilia dell’autocisterna per poter garantire acqua fresca e pura alle popolazioni bisognose. La donazione di Romagna Acque è stata appunto destinata al comune di San Possidonio, nel modenese, come concreto contribuito alla ricostruzione delle strutture del polo scolastico, in particolare all’ampliamento della scuola elementare e media con la nuova mensa e l’aula magna, alla costruzione della nuova scuola materna e del Micronido comunale, alla realizzazione di una nuova palestra e all’urbanizzazione del comparto. “Siamo orgogliosi di comunicare che l’impegno della Società a sostegno di questa causa ha raggiunto l’obiettivo preposto - ha detto Bernabè - aiutando concretamente la comunità colpita dal grave sisma del 2012 e in particolare favorendo la crescita delle strutture dedicate alle attività educative degli studenti del comune di San Possidonio. Vorrei anche sottolineare la serietà delle istituzioni, che in queste situazioni di emergenza hanno dimostrato capacità organizzative e impegno, contribuendo attivamente a portare così a termine i progetti di ricostruzione”.
Nella mattina di sabato 22 marzo, in concomitanza con la Giornata Mondiale dell’Acqua, il comune di Santa Sofia e Romagna AcqueSocietà delle Fonti Spa hanno reso omaggio a Giorgio Zanniboni, indimenticato amministratore locale e per anni presidente di Romagna Acque. Oltre duecento persone hanno percorso a piedi il sentiero che costeggia il fiume, collegando Santa Sofia al centro operativo di Capaccio. La passeggiata, di circa due chilometri, è costellata di sculture di artisti contemporanei: fu inaugurata nel 1993, e Giorgio Zanniboni (all’epoca presidente di Romagna Acque) ne fu il primo fautore. A Capaccio, nell’area esterna, è stata poi inaugurata un’opera dell’artista romagnolo Francesco Bombardi dedicata all’amministratore scomparso; quindi, in aula magna, si è tenuto un breve ricordo di Zanniboni ad opera di amministratori, operatori di Romagna Acque e altre personalità che ebbero la fortuna di conoscerlo e lavorare fianco a fianco con lui.
Il palco della cerimonia di San Possidonio
Foto di gruppo con la statua dedicata a Giorgio Zanniboni
L’acquedotto della Romagna al cospetto di Papa Francesco Difficilmente Papa Francesco conosceva l’acquedotto della Romagna. Ora, se il Pontefice è curioso, potrà ovviare a questa mancanza: perché a metà aprile gli è stato donato lo storico volume realizzato da Romagna Acque e dedicato appunto all’opera che permette la distribuzione della risorsa idropotabile a tutto il territorio. Protagonista della consegna del libro l’ex dirigente di Romagna Acque Pier Paolo Marini, cervese, oggi in pensione: fratello di quel monsignor Mario Marini, scomparso nel 2009, che era legato al futuro Papa da grande amicizia, anche grazie alle numerosi missioni svolte in Sud America. Papa Francesco ha ricevuto Marini in udienza pontificia: è stata l’occasione per l’ex dirigente, fra le altre cose, di donare al Pontefice il libro “L’acquedotto della Romagna”. Pier Paolo Marini dona a Papa Francesco il libro “L’acquedotto della Romagna”
La diga nel suo splendore E parlando di acquedotto della Romagna, non possiamo non chiudere con un accenno alla diga di Ridracoli, la fonte più importante fra quelle romagnole sia in termini storici che come portata d’acqua. Il lago formato dalla diga, come è noto – perfettamente inserito nel Parco delle Foreste Casentinesi – è una meta turistica di grande rilievo, visitata ogni anno da circa cinquantamila persone. In questo periodo dell’anno, la diga è ancora a livello di sfioro, e garantisce uno spettacolo mozzafiato. Ovviamente, le strutture organizzative e ricettive – a partire da Idro, l’ecomuseo delle acque di Ridracoli - sono tutte aperte: così come il battello elettrico che permette bellissime escursioni lungo il lago. Battello elettrico a Ridracoli
www.romagnacque.it
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Sogni di Sabbia ricordi di mare di Nerea Gasperoni | foto archivio Ippocampo
Torna, a grande richiesta, “Figurazioni di Sabbia”, la manifestazione estiva che per oltre mezzo secolo ha divertito e appassionato migliaia di bagnanti, adulti e bambini.
Da diversi anni, nel periodo natalizio vengono realizzati sulla spiaggia imponenti Presepi di Sabbia. Affidati alla mano di artisti di rinomata fama e all’opera volontaria dei comitati locali, rappresentano un’attrattiva straordinaria che richiama migliaia di visitatori da ogni parte d’Italia e anche dall’estero. L’arte della raffigurazione o scultura di sabbia, però, ha radici ben più antiche e sviluppi moderni in ogni parte del mondo. Esistono tante competizioni a livello mondiale di sculture e castelli di sabbia e il Campionato mondiale, chiamato
“Harrisand”, è disputato in Canada. A Viserba per oltre mezzo secolo l’evento ha movimentato le estati di residenti e turisti impegnati a realizzare opere alcune delle quali vengono ricordate in questo servizio. Cinquantadue edizioni e un piccolo patrimonio, costituito dalle belle immagini che ogni estate venivano scattate sulla spiaggia di Viserba, parlano di una delle manifestazioni più amate e attese da grandi e piccini, che da oltre un decennio non si organizzava più e che quest’anno rappresenterà invece una delle novità dell’estate. A rac-
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contare la storia delle Figurazioni di Sabbia, è Francesco Protti presidente del comitato turistico di Viserba. “Secondo la documentazione fotografica sulla quale è avvenuta la nostra ricerca per datare l’edizione della manifestazione, - spiega Protti - sembra che la prima edizione, di cui non si conosce il titolo, né il periodo preciso di svolgimento, risalga all’anno 1926 con una scultura in sabbia che rappresenta il Colosseo. Nei decenni successivi, tutti i direttivi del Comitato Turistico che si sono succeduti hanno dato ampio spazio all’evento la cui ultima edizione, la cinquantaduesima, è datata 12 e 13 luglio 2002.” Quella volta, le sculture non venivano realizzate da artisti, architetti o professionisti della sabbia, come invece avviene oggi, sia in Italia che all’estero, dove esistono vere e proprie accademie della sabbia e competizioni definite ‘World Master’; era piuttosto un gioco che coinvolgeva esclusivamente turisti e residenti nel mese di luglio. Una testimonianza della manifestazione di oltre un quarantennio fa ci viene da
Nella pagina a fianco, il piccolo Mariano Pozzi, al centro vestito di bianco nel 1926 A lato, due foto con castelli di sabbia dei primi anni Cinquanta
Antonio Scarpato della nota azienda pirotecnica nata e sviluppatasi a Viserba. “Questa foto, scattata dal fotografo Alvaro Angelini, immortala i vincitori, la mia squadra. – racconta Scarpato – Era l’estate del 1968 e il tema venne deciso proprio da me. Nella raffigurazione c’è un uomo (dovrebbe essere un nero, lo si nota solo dai capelli ricci) che piange davanti alle tombe (semplici croci con il nome di ogni defunto) di J.F. Kennedy, Martin Luther King e Robert (Bob) Kennedy. In quell’anno fummo scossi, specialmente noi ragazzi, dalla morte di questi grandi simboli della pace. Fra l’altro Martin morto in primavera, in aprile, e Robert in giugno del 1968. Due morti così vicine che scioccarono il mondo. John Kennedy era morto solo sei anni prima. Ricordo che facevo le scuole medie, il preside ci annunciò l’accaduto e, tutti in piedi, facemmo un minuto di silenzio. Ecco perché pensai a quella scultura. Vincemmo per il tema, non per l’artistica manifattura della figura in sabbia!” Il ‘concorso’, nelle sue varie edizioni, si svolgeva nel tratto di
spiaggia, da via Pedrizzi a via Montegrappa, prevedeva due categorie di partecipanti: gli adulti ed i ragazzi e si imperniava su un tema quasi sempre in relazione a fatti di cronaca, oppure a personaggi. “Quasi sempre l’evento durava due giorni, fra realizzazione delle opere e premiazioni. – prosegue Protti – Le opere venivano realizzate al mattino mentre al pomeriggio una giuria qualificata e scelta tra gli stessi turisti e guidati da professionisti locali (ricordiamo fra i tanti il maestro Bruno Botteghi il professor Bruno Militi e l’architetto Pierluigi Sammarini) sceglievano le più significative, intriganti, curiose, meglio realizzate...” Un ricordo delle particolari sensazioni che questa ‘competizione’ lasciava in coloro che vi partecipavano viene da Manuela Botteghi più volte partecipante al concorso sia come concorrente sia in giuria. “Affondare le mani nella sabbia calda è una sensazione semplice e tuttavia esaltante, sporcarsi con l’acqua ed impastare la terra ci riporta a gesti infantili. – spiega Manuela - Ai bambini viene naturale
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costruire qualcosa: un castello delle fiabe, un fiume che scorre tra argini impossibili, torri e guglie che prendono forma dal semplice movimento delle mani… La scultura di sabbia è un piccolo sogno che presto scompare, ma la soddisfazione di averlo realizzato è forte anche da grandi. Da grandi si scolpisce qualcosa di diverso, la sinuosità di un corpo addormentato, la facciata di un famoso monumento… si cerca di rappresentare concetti, si tenta l’ironia… il divertimento comunque è sempre lo stesso e il grande successo che queste manifestazioni hanno avuto e hanno in tutto il mondo lo conferma.” Non solo scultura, ma anche tutto un contorno di attesa, di selezione accurata con tanto di motivazioni e infine la premiazione con spettacolo in piazza “Il passaggio della giuria era anticipato dalla consegna delle cartoline di partecipazione nelle quali i ‘concorrenti’ dovevano inserire uno slogan che identificasse l’opera in concorso. – prosegue Protti - Nella serata del sabato, solitamente avvenivano le premiazioni con uno spettacolo musicale in piazza Pascoli e nell’occasione il primo premio era
collegato al Trofeo “Italia in Miniatura”, sponsor storico e fedele; negli anni, all’evento hanno partecipato tanti personaggi dello spettacolo italiano, cantanti e attori, fra i quali Franco Califano, Simona Ventura, le sorelle Carlucci, Sandra Milo, Serena Grandi, e tanti altri…” Francesco Protti ricorda anche che molti turisti, prenotando la loro vacanza, chiedevano innanzitutto dell’evento, con il quale facevano coincidere la loro vacanza a Viserba. Un po’ come avviene oggi con la Notte Rosa, la Molo Street Parade e come presto succederà con la Festa delle Acque! “I premi, consistenti in coppe e trofei per le prime dieci opere classificate, – conclude Francesco Protti - venivano esposti nelle vetrine del negozio di ‘Foto Angelini’ fin dalla sera precedente la premiazione. Successivamente veniva esposta un’ampia documentazione fotografica e l’elenco dei premiati grazie al magnifico lavoro del caro Alvaro che personalmente, con la giuria percorreva tutta la spiaggia. A tutti i partecipanti, inoltre veniva consegnata una pergamena quale attestato di partecipazione.” Il successo di un evento
che ha attraversato mezzo secolo di storia locale, torna ad impreziosire di momenti significativi l’estate balneare; augurandoci che la sua edizione 2014 possa riconfermarsi come un momento di svago e divertimento per tutti, l’appuntamento è a luglio con la 53° edizione di Raffigurazioni di Sabbia. “Dopo anni di assenza e grazie alle richieste pervenute, il Comitato Turistico di Viserba ha programmato nel mese di luglio di questo 2014 l’evento, con le stesse modalità di sempre ma anche con tante novità. – annuncia Protti - Ciò sarà possibile con il prezioso aiuto degli stabilimenti balneari di Viserba e la collaborazione degli albergatori che saranno portavoce presso i loro affezionati clienti.”
In alto, a sinistra, una foto della premiazione con Antonio Scarpato al centro, 1968 Foto Angelini A destra, la locandina pubblicitaria del 32° concorso di figurazioni in sabbia
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Sfumature di luce nei dettagli della realtà di Marzia Mecozzi | foto famiglia Gualtieri, Museo di Talamello
Novantaquattro primavere e un lungo memoriale, il libro “Gualtieri mon Amour” di Yvette Lichtenberg (edito da Raffaelli) che le attraversa seguendo il filo conduttore dell’opera d’arte, raccontano la storia di Fernando Gualtieri, il pittore dello Splendore del Reale. Nato a Longlaville in Francia, Gualtieri ha trascorso l’infanzia e la giovinezza a Viserba dove era giunto attorno agli anni Venti del secolo scorso per vivere con la nonna Caterina in un clima più favorevole per lui e per la sorellina Olga. Fra i suoi primi ricordi vi è l’arrivo a Viserba accolto dallo zio Galliano che lo aveva portato col calessino a vedere la piazza, poi, da viale Cristoforo Colombo (l’odierno Lungomare), Galliano aveva guidato in via Perticari per raggiungere la casetta bianca della nonna. Quella casa, dove all’ora di pranzo si ritrovavano a tavola fino in diciassette commensali, con la porta sul cortile e la fonta-
foto Graziano Villa
Una storia d’arte e d’amore quella di Fernando Gualtieri, in arte Gualfer, che i viserbesi chiamavano ‘il piccolo francese’.
foto Minghini
na dalla quale senza sosta zampillava acqua fresca, per il piccolo Fernando abituato al grigiore della cittadina della Lorena dove il padre faceva il minatore, era stata la realizzazione di un sogno, tanto che, non volendosi staccare dalla visione del mare, la nonna aveva dovuto rassicurarlo: “Ormai abiti a Viserba, avrai tutta la vita davanti per giocare sulla spiaggia!” Viserba per Fernando Gualtieri rappresenta l’infanzia con Olga, il San Bernardo Doro, il cugino William e lo zio Egisto, un uomo pieno di inventiva che faceva il mercante e fabbricava unguenti. Il calesse di Egisto, uno dei primi di Viserba, veniva caricato dei portentosi rimedi e via… alla volta dei villaggi della Romagna. Lo zio Egisto un giorno tornò a casa con una pelle di orso che aveva comprato da un circo ambulante in fallimento, insieme ad un tamburo e ai piatti della batteria circense. Il ‘piccolo francese’ - come veniva chiamato - dopo la guerra, dove era stato cartografo in Iugoslavia, aveva lasciato l’Italia alla volta di Parigi. Artista nell’animo e nell’aspetto, affida da sempre alla moglie e ‘biografa’ il racconto della sua storia ed è quindi Yvette che descrive il difficile mondo dell’arte in quella Parigi anni Cinquanta, affascinante ma poco ospitale per un pittore non d’avanguardia. Fernando che, pieno di speranze, aveva lasciato Viserba e un passato da calciatore fin nelle massime serie, da autentico artista bohemien si trovò a fare i conti con il freddo e la fame nella misera mansarda in rue des Deux-Ponts. Eppure è in quella Parigi meravigliosa e ostile che incontrò la diciassettenne Yvette, lui già maturo e brizzolato, con il doppio dei suoi anni. È Yvette l’anima dell’arte di Gualtieri verso il mondo, musa e ‘procuratore’
foto Busi
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al contempo che, con spirito guerriero, ha dedicato la vita a documentare, descrivere in poesia, raccogliere ricordi, fotografie, perché niente del lavoro di Gualfer possa andare perduto. Nel libro di memorie sono i dipinti a far da trama alla narrazione. Il gioco della Morte, Il Cesto di Bicchieri, Lacrime di Cristallo, Violino Zigano... Attorno ad ogni quadro c’è una storia, un pezzo di vita su tela; ed ogni quadro ha il suo titolo che per Fernando nasce insieme all’opera e ne rappresenta l’identità più profonda. Nel quadro intitolato La lettera, de-
finito da Claude Roger Marx, critico del Figaro Littéraire, un capolavoro del Trompe l’Oeil e che ottenne nel 1957 il primo premio alla Galleria Duncan di New York, la lettera raffigurata è quella che gli aveva annunciato la morte del carissimo zio Egisto e il biglietto da 10.000 franchi era quello che Vittorio De Sica con molto tatto ma senza acquistare quadri gli aveva donato con tutti i suoi complimenti… Yvette e Fernando si sposarono a Londra nel 1958 in occasione della sua prima personale alla Bond Street Gallery. Gli anni
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Sessanta furono gli anni dei ritratti: le nobili famiglie inglesi e scozzesi gli commissionavano ritratti come nella miglior tradizione pittorica dei secoli andati. Con il Ritratto di Lady Foster, ma soprattutto con il ritratto Moglie d’artista ottenne il primo premio del pubblico al Salon du Portrait nel 1960. In quegli anni nacquero le loro due figlie Nadia e Myriam. Determinante per il suo futuro da artista fu però l’incontro con il petroliere canadese John Scrymgeor che, impressionato dal suo lavoro, acquistò l’enorme dipinto intitolato Humanum est? (cm 200x320 Collezione Petroleum Club, Calgary) ribattezzato The Hunt, per regalarlo al club dei petrolieri di Calgary. Per oltre un decennio Fernando e Yvette trascorsero ogni estate in Canada con l’amico e ‘mecenate’ che aprì a Gualfer il mercato internazionale. Nel lungo viaggio di una vita straordinaria, raccontata così come i ricordi affiorano, Yvette e Fernando passano dalla miseria al successo, dalla soffitta sulla Senna ai luoghi più magici del mondo: Bermuda, Hong
Kong, Las Vegas, la Cappadocia, con quadri esposti ovunque: dal Centro Pompidou, al Museo delle Belle Arti di Pechino, frequentando ambasciatori, baroni, principi, capi di stato, artisti, giornalisti di tutto il mondo; tra i suoi clienti estimatori si annoverano anche Barbara Rockefeller e la baronessa Nadine Rothschild. Due i luoghi del cuore a cui fare ritorno: la Galatée Gallery in Boulevard Montparnasse che dal ‘72 possiedono a Parigi e Viserba, anzi Viserbella, nell’attico di via Spina sul grande balcone in cui Fernando, ogni estate, dipinge guardando il mare. Per i suoi 50 anni di pittura, nel 2000 Parigi ha celebrato il “Giubileo Gualtieri” con una esposizione al Carousel du Louvre patrocinata dal presidente Jacques Chirac e dal Ministro della Cultura, mentre il Comune di Parigi gli ha consegnato la medaglia d’oro. Dal 2000 il Comune di Talamello, paese di origine della sua famiglia, lo ha insignito della cittadinanza onoraria e trasformato il già Teatro Amintore Galli in Museo Gualtieri in cui oggi si possono ammirare oltre 50
A pagina 55 da sinistra, Fernando a Viserba negli anni Trenta Ritratto di Fernando con pipa realizzato dal fotografo Busi (Sala del Consiglio Comune di Talamello) Yvette e Fernando a Viserba negli anni Ottanta (foto Minghini) Sopra, ‘La lettera’ 1953 (1° premio alla Galleria Duncan di New York) Autoritratto del pittore da giovane Nella pagina a fianco, ‘Il Taleth’ 1970, immagine della mostra patrocinata da Madame Simone Veil (Museo Ebraico di Bologna) In una foto in bianco e nero scattata da Yvette a Parigi ‘La Trata’ 1996 (Museo di Talamello)
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delle sue opere. Per i suoi 92 anni il Prefetto di Rimini, Claudio Palomba, ha voluto festeggiarlo inaugurando lo ‘Spazio Gualtieri’ in cui sono esposte sei tele donate dal Maestro al Palazzo del Governo della città. La storia di Fernando e Yvette non si può raccogliere in una manciata di righe, ma se questi brevi accenni hanno destato un po’ di curiosità, invitiamo i più romantici a visitare il Museo di Rimini dove sono esposte cinque delle sue tele, a San Leo la prima sala del Palazzo Mediceo con diciassette capolavori, a Bologna la biblioteca del Museo Ebraico e, a Talamello, il bel museo chiamato ‘Lo Splendore del Reale’ che racconta molto della pittura iperrealista del Maestro Gualtieri e dove, come dice Yvette “si impara ad apprezzare gli infiniti dettagli della realtà fino alle carezze dei tessuti e alla musica dei cristalli”, oppure leggere il libro biografico “Gualtieri mon Amour” (si può trovare in libreria); per incontrarli basta a sedersi nelle sere d’estate sulle panchine del lungomare dove solitamente passeggiano mano nella mano.
Siamo alla ricerca dei disegni di Fernando Gualtieri del periodo giovanile. Negli anni in cui Gualtieri viveva a Viserba, stiamo parlando degli anni Trenta e Quaranta, pur non essendo ancora un pittore affermato, era solito disegnare e regalare i suoi lavori ad amici e conoscenti. Chiunque sia in possesso di uno o più disegni di Fernando Gualtieri del periodo giovanile (la firma Gualfer o Fernando Gualtieri è sempre ben riconoscibile) può segnalarlo all’associazione Ippocampo che, in collaborazione con il Museo Gualtieri, sta raccogliendo i materiali finalizzati ad una mostra dei disegni perduti del Maestro.
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‘Fiore di maggio’
sopra uno scoglio di Viserbella di Maria Cristina Muccioli
Tu che sei nata dove c’è sempre il sole, sopra uno scoglio che ci si può tuffare…
Questo incipit vi ricorda qualcosa? Sì, è la famosissima canzone scritta da Fabio Concato, il noto cantautore milanese che con i suoi dischi e i suoi concerti riscuote ancora molto successo. Perché ce ne occupiamo? Oltre che per la bellezza dei versi e della musica, il motivo è soprattutto affettivo: “Fiore di maggio”, questo il titolo, è nata a Viserbella, ispirata dal suo mare e dai suoi scogli. Il brano è dedicato a Carlotta, la primogenita delle due figlie, che Concato immagina nascere posata da un gabbiano “sopra quello scoglio quadrato dal quale ci tuffavamo da ragazzini”, come ha raccontato l’autore in diverse interviste recenti. “Peccato che quello scoglio non ci sia più. A Viserba, dove è nata la mia canzone, tutto è cambiato. Tra me e quei luoghi dove risiedono i ricordi più belli della mia vita c’è un rappor-
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to combattuto. Da piccolo venivo a trascorrere le vacanze sulla Riviera Adriatica. Mia nonna nel 1923 fu la prima ‘forestiera’ a costruire una casina a Viserba, quando il turismo da quelle parti era agli albori. Dal 1953, quando sono nato, ho sempre trascorso le vacanze in questa casa, che poi, come accadeva allora con lo sviluppo del turismo, si è trasformata in albergo (“Villa dei Fiori”, n.d.a.). Alla Riviera sono quindi legati preziosi ricordi della mia infanzia e adolescenza, gli amici, le mangiate, i primi amori, il mare. Ancora oggi, quando penso al mare, penso all’Adriatico. A Viserba non vado più , è troppo cambiata, è sempre bella, ma i miei ricordi sono stati seppelliti. Per non soffrire, l’éscamotage è andare a Cervia, ma non è certo la stessa cosa: Viserba è sempre Viserba.” Il cantante milanese, il cui vero cognome è Piccaluga, è figlio e nipote d’arte: la mamma Giorgina, infatti, era giornalista e poetessa, mentre il padre (Luigi Piccaluga, chitarrista e autore jazz più noto come Gigi Concato), a sua volta era figlio dei cantanti lirici Nino Piccaluga e Augusta Concato. Fabio, così come il padre, ha tratto quindi lo pseudonimo d’arte dalla famosa nonna soprano. E proprio Fabio e suo padre ci riportano ad un quadretto viserbese che coinvolge un altro grande della musica. Alla domanda “ci sono altri cantautori che secondo lei oggi andrebbero ricordati?”, nell’intervista al quotidiano “Il Messaggero” del 13 giugno 2012 Concato risponde: “C’è Lucio Dalla, del quale non saprei cosa ricordare: era una persona piena di arte a 360 gradi. Racconterò un ricordo, di quando ero al mare, da bambino a Viserba, in Romagna nel 1959, e Lucio veniva in quella zona in vacanza. Mio padre all’epoca mi disse ‘lo
vedi quell’omino peloso che gioca a pallone? E’ uno che canta come una belva.’ Negli anni a seguire non avrei potuto dagli torto.” Le testimonianze Tante voci, raccolte dall’associazione Ippocampo in questi anni, hanno ricordato che per molto tempo Fabio Concato è stato “villeggiante” a Viserba. Anzi, più precisamente, a Viserbella. “A Viserbella c’era la villa di una famosa cantante lirica, la Concato, nonna di Fabio Concato” (dall’intervista a Eugenia Zanzani, memoria storica viserbese, riportata per esteso alle pagine (26-27) del giornale. “Confermo in pieno, e da testimone oculare, la presenza di Fabio Concato a Viserbella per diverse stagioni: anche lui andava al Bagno Rossi 43 e più volte ci siamo ritrovati involontariamente anche vicini di ombrellone. Certo a ripensarci adesso viene da sorridere, anche perché allora Concato non era ancora il cantautore affermato che è oggi, ma la sua capigliatura non passava certo inosservata in spiaggia…“ (testimonianza di Paolo Catena). “Confermo la notizia. Se non sbaglio, in quegli anni alloggiava alla pensione Popeye dei Baietta, i quali raccontano di quel giovanotto con la “criniera” che suonava sempre la chitarra. (testimonianza di Andrea Neri). I Baietta sono Vincenzo e sua moglie Vittorina. Hanno un ricordo affettuoso della signora Giorgina, la mamma di Fabio, che ha alloggiato da loro fino agli anni Settanta. “Lui era già famoso. – dice Vincenzo – Tra un concerto e l’altro veniva a Viserbella a trovare la mamma, restando due o tre giorni. Alla sera spesso si faceva un po’ di musica insieme ad altri ospiti e lui, con la sua chitarra, era sempre disponibile. A mia moglie dedicava la sua canzone ‘Rosalina’,
cambiando il nome del titolo. Quindi: ‘Vittorina, Vittorina, tutto il giorno in bicicletta, fino a sera sera....’ Mi piacerebbe incontrarlo ancora. Chissà, se passasse da queste parti...” Sapendo qualcosa in più sul contesto in cui è nata la canzone, ora, nell’ascoltarla, potremo riconoscere il mare, gli scogli, i gabbiani della nostra spiaggia.
Fiore di maggio Tu che sei nata dove c’è sempre il sole sopra uno scoglio che ci si può tuffare e quel sole ce l’hai dentro il cuore sole di primavera su quello scoglio in maggio è nato un fiore. E ti ricordi c’era il paese in festa tutti ubriachi di canzoni e di allegria e pensavo che su quella sabbia forse sei nata tu o a casa di mio fratello non ricordo più. E ci hai visto su dal cielo ci hai provato e piano sei venuta giù un passaggio da un gabbiano ti ha posata su uno scoglio ed eri tu. Ma che bel sogno era maggio e c’era caldo noi sulla spiaggia vuota ad aspettare e tu che mi dicevi guarda su quel gabbiano stammi vicino e tienimi la mano. E ci hai visto su dal cielo ci hai provato e piano sei venuta giù un passaggio da un gabbiano ti ha posata su uno scoglio ed eri tu. Tu che sei nata dove c’è sempre il sole sopra uno scoglio che ci si può tuffare e quel sole ce l’hai dentro il cuore sole di primavera su quello scoglio in maggio è nato un fiore
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Carlo Ardini, maestro e poeta di Vincenzo Baietta | foto Angelini, archivio Ippocampo
Il tuo cuore e la tua mente ci hanno lasciato una preziosa eredità e il coraggio di sognare ancora.
Era l’estate del 1958 quando conobbi il maestro Carlo Ardini. Ero a lezione di latino e italiano a casa del professore Enea Bernardi. A settembre avrei dovuto sostenere l’esame di integrazione per essere ammesso all’istituto tecnico industriale. Era agosto, e il caldo pomeridiano si faceva sentire. Una leggera brezza circolava tra la finestra e la porta della saletta lasciata appositamente aperta. Carlo apparve all’improvviso sull’uscio. Enea lo salutò e mi presentò con queste parole: “Lò l’è un Baeta e’ fiul piò znin dla mi cuseina, la Giannina. E’ va a
studiè a Fermo. Sperema da trè fura qualcosa ad bon!” (Lui è un Baietta, il figlio più piccolo di mia cugina Giannina. Va a studiare a Fermo. Speriamo di tirare fuori qualcosa di buono). Una generazione ci separava. Enea e Carlo erano entrambi nati nel 1922, mentre io sono del 1944. C’era qualcosa però che ci univa: il luogo di nascita, Viserba, e l’amore per questa nostra terra. Carlo era un bell’uomo dal fisico asciutto, alto, atletico, i lineamenti del suo volto erano ben marcati. A prima vista ciò che mi colpì fu il sorriso, con le labbra
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Nella pagina a fianco, gli ex alunni classe 1955 Sopra, da sinistra, Vincenzo Baietta A destra, il tavolo relatori con: Manuela Botteghi, Nerea Gasperoni, Roberto Biagini, Walter Raffaelli, Maria Cristina Muccioli Al centro, da sinistra, Rossana e Angelina rispettivamente figlia e moglie di Carlo Ardini; sotto Enia Marchioni
che stringevano una sigaretta appena accesa, lo sguardo attento sotto le folte sopracciglia e i suoi capelli rossi. “Buongiorno, maestro!”, dissi. E mentre gli porgevo il saluto mi venne in mente una frase che mia madre era solita dire: “l’om si cavel ròs, chi unè prova unè cnòs!” (l’uomo dai capelli rossi, chi non lo prova non lo conosce). Impegnato negli studi tecnici, poi universitari, fino all’anno accademico 1970/71 non ebbi occasione di vedere Carlo. La svolta decisiva di una nostra più profonda conoscenza ed amicizia si presenta
dopo gli anni 1974/75, data la mia nuova residenza sul lungomare di Viserbella. I colori e i suoni del “mare nostrum” erano “le sirene” che attraevano entrambi verso la marina. Per dirlo con parole sue: “un po’ per disio, un po’ per non morire...” La passione per il mare Carlo l’aveva nel sangue, come la nicotina delle numerose sigarette fumate. Ne era dipendente. La marina, l’infanzia e la gioventù, i giochi, il pallone, i tuffi, le nuotate. Ma anche il lavoro duro della tratta. Carlo infatti era, con mio nonno Togna, nella squadra dei
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Un momento della presentazione nella sala dell’Hotel Helvetia
trattaroli di Nandi. Da Nandi aveva ereditato il gusto delle camminate chilometriche sulla riva del “fecondo mare che genera e nasconde e tu non vedi quanto ci sia di vita”. Gente dal carattere forte, i “marinér de pel ròs!” (marinai rossi di capelli). Ma fu negli anni Ottanta che la nostra amicizia si consolidò. Al mio compleanno, nel marzo del 2001, salì dal mare a casa mia. Mi regalò il suo romanzo “La pesca reale”, con la dedica “all’amico Vincenzo con affetto antico”. Nel settembre 1986 (poi nel 1987 e nel 1988), su suo invito passai le ferie in un appartamentino della sua casa a Pula, in Sardegna. Lui era solito balneare a Capo Spartivento, in una meravigliosa spiaggia di sabbia granitica rosa racchiusa fra due promontori granitici impreziositi di verde. Qui trascorrevamo l’intera giornata nelle acque cristalline che non si intorbidivano mai. Rientravamo la sera per la cena. Poi uscivamo in giardino a goderci la fresca brezza marina odorosa del profu-
mo degli eucalipti. In questa piccola oasi di pace si discuteva di tutto o ci davamo lettura reciproca dei nostri scritti dialettali. E da questi bei ricordi che dopo la morte, nel settembre 2006, di Carlo, cominciai a pensare seriamente di uscire con una pubblicazione delle mie poesie e poco dopo mi feci parte interessata presso la moglie per una raccolta delle poesie di Carlo che finalmente ha visto la luce nel febbraio 2014 (“Al mimori e al novi. I ricordi e le notizie”). Chi come me amico, coetaneo o no, o alunno, ha avuto la fortuna di vivere assieme al personaggio, sa quanto grande sia stato il valore umano, morale, sociale e culturale dell’intellettuale Carlo Ardini, maestro e poeta. Chi non ricorda le sue battaglie civili in difesa dei più umili, dell’ambiente, delle testimonianze storiche della Viserba di fine Ottocento e del primo Novecento? Il suo rammarico per la perdita della Corderia e del Circolo dei Bagnanti distrutti dalla guerra,
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ma anche del vecchio lavatoio, delle fontane di via Roma e della stazione, della chiesetta “ad don Arcànzli”, distrutte invece dalle pulsioni progressiste di viserbesi che vedevano nel “vecchio” un passato conservatore da cancellare. Ma l’amaro in bocca Carlo l’aveva anche – come noi del resto – per la trascuratezza e la mancanza di politiche a tutela e salvaguardia dell’ambiente, che erano e sono causa di degrado di spazi storici: la Fossa dei Mulini, il mulino di Lèli, il Surciòn, la Fonte Sacramora, la Palazzina del Turismo. Questi ultimi imputabili ad un disinteresse amministrativo sedimentato da più decenni nei confronti della “periferia”. Così veniva e viene abbandonata la nostra storia e la nostra cultura. Contro questo Carlo ha lottato, contro questo Carlo sta, anche dopo la sua scomparsa lottando attraverso le sue opere: “La pesca reale” edito da La Stamperia, Rimini 2001 e “Al mimori e al novi. I ricordi e le notizie”, Raffaelli Editore Rimini 2014. Grazie, Carlo, per il tuo cuore e la tua mente che ci ha lasciato una preziosa eredità cosicché noi possiamo ancora sognare ad occhi aperti: davanti agli orizzonti del nostro amato mare.
Nell’immagine la copertina del libro
“Al mimori e al novi. I ricordi e le notizie.” (di Carlo Ardini - Raffaelli Editore) Domenica 6 aprile all’Hotel Helvetia Parco di Viserbella, oggi conosciuto anche come Oxygen, l’associazione Ippocampo Viserba ha curato la presentazione del libro di poesie “Al mimori e al novi, i ricordi e le notizie” di Carlo Ardini, edito da Raffaelli. Questo libro che, postumo, viene dato alle stampe, vede la luce grazie all’impegno, al lavoro di ricerca e alla cura della famiglia e di un gruppo di amici ed estimatori non soltanto dell’opera ma anche dell’uomo Ardini, fra i quali il professor Vincenzo Baietta, insegnante e poeta che con lui ha spesso condiviso discussioni e passioni letterarie. “Al memori e al novi (perché i nost vècc in mora de tòt) – scrive Roberto Biagini, assessore del Comune di Rimini alla tutela e governo del territorio ed ex alunno di Carlo Ardini, nella prefazione del libro – rappresenta una sintesi, uno spaccato geniale e poetico della storia del nostro Novecento, dove il dialetto è in grado di cogliere quelle sfumature che nessuna parola in italiano, anche quella attinta dalla tradizione che cerchi di renderne il migliore significato, è in grado di rappresentare con quella penetrazione romantica che il linguaggio dei nostri vecchi era in grado di fornire.” Fra le righe ritornano gli adorati luoghi di mare e di campagna accompagnati dalle figure caratteristiche di quei personaggi che ancora oggi popolano la memoria locale, gli eventi che hanno trasformato il territorio e le persone, ma anche la quotidianità popolare intrisa di abitudine e dolcezza e che fanno di questa raccolta un piccolo gioiello della poesia e della letteratura dialettale italiana. Nella domenica primaverile tantissimi sono stati gli amici e gli ex alunni che hanno portato con la propria presenza l’omaggio al compianto maestro. Hanno presentato il libro Pierluigi Sammarini, presidente associazione Ippocampo; Roberto Biagini, avvocato, assessore ed ex alunno che ha curato la prefazione; Walter Raffaelli, editore; Vincenzo Baietta, amico e poeta; Maria Cristina Muccioli, giornalista. Molta emozione per le poesie di Ardini lette da Vincenzo Baietta e per gli interventi e le testimonianze di alcuni alunni del maestro.
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Buon compleanno nonno
di Maria Cristina Muccioli | foto Teresa Addis, archivio famiglia Parma, archivio Ippocampo
“I nonni ci insegnano e ci raccontano le nostre radici con la magia del vento che accarezza le nostre foglioline appena spuntate, perché noi, anche senza saperlo, prenderemo pregi e difetti di quell’albero lì, di cui facciam parte per sempre.”
Il 30 aprile, all’Oratorio Marvelli di Viserba, si è tenuta la grande festa per 102 anni di Vittorio Parma, il viserbese più anziano. Vittorio ha soffiato sulle candeline con la famiglia e il folto gruppo di amici della “Tenera Età”, che si incontra ogni settimana alla parrocchia di Viserba Mare. “Non manca mai, ha fatto un sacco di amicizie!” - dicono don Aldo Fonti e Teresa Addis, gli organizzatori degli incontri. Nato a Viserba Monte il primo maggio del 1912 (il babbo Luigi
era detto Bigìn, la mamma Maria morì giovane per l’epidemia di spagnola), Vittorio si è sposato nel ‘47 con Rina, scomparsa da alcuni anni. La coppia ha avuto due figli: Mara e Sergio. Una vita lunga e ricca di emozioni e di ricordi, che giungono a noi grazie alla voce di Michela, la primogenita di Mara, che, da brava nipote, ha sempre ascoltato e memorizzato. Quali sono i racconti più belli? “Tanti! Ascoltandolo, mia sorella ed io abbiamo imparato cos’era la fame,
la guerra, la speranza della libertà dall’oppressore nelle notti di pioggia sotto il porticato, con l’odore dell’estate che finiva e dell’Italia che veniva liberata. Con la gioia di vivere che ancora ha ci ha insegnato a far festa, stare con gli amici, mangiare di gusto.” Vittorio è stato un grande lavoratore: prima alla Corderia di Viserba (“Sono stato l’ultimo ad uscire!”), in seguito in una fabbrica di Brescia degli stessi proprietari della Corderia, poi in ferrovia come tornitore e di
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Nella pagina a fianco, Vittorio in un recente scatto Sotto, da sinistra il giorno del matrimonio con Rina, 1949 Vittorio alla batteria nel complesso dei Blu Stars Vittorio al lavoro nella corderia di Viserba, 1940 Rina e Vittorio, sulla pista da ballo di Chianciano, 1970
notte ai veglioni a suonare. “Sì, perché il nonno è stato un bravo musicista – spiega Michela – Ha imparato a suonare tutto, un po’ da solo e un po’ al conservatorio musicale Lettimi, dove si è diplomato in clarinetto. Ha suonato anche mandolino, batteria (facendo pure il maestro e costruendone per il negozio in piazza), fisarmonica (che rimarrà il suo tratto distintivo). Durante la guerra ha suonato con inglesi e tedeschi, senza capire una parola della loro lingua. Gli mettevano lo spartito davanti e stava sempre molto attento a non sbagliare una nota né a finir prima, anche se si sentivano bombardamenti o sirene,
perché per i soldati la festa non era ancora finita. ‘E mé ilé a cul strèt da la paura!’, ci raccontava.” Insieme alla moglie e ai figli, Vittorio ha anche gestito per quarant’anni la pensione “Villa Mara”, in via Monteverdi, poi trasformata nell’abitazione in cui vive ancora oggi. La ricetta di lunga vita? Forse la bella famiglia da cui è sempre circondato: Mara col marito Luigi Prioli e le figlie Michela e Manuela; Sergio con la moglie Renata Montanari e i figli Gianluca, Roberto, Stefano. Senza dimenticare la cagnolina Birba, ormai parte della famiglia e “guardia del corpo” di nonno Vittorio.
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I nuovi quartieri a monte della ferrovia di Silvia Ambrosini | foto Paritani
Quella che veniva definita ‘zona dormitorio’ appare oggi un quartiere modello, immerso nel verde e abitato da una nuova generazione di viserbesi che ama il proprio ‘borgo’.
Palazzi allineati contornati da giardini, parcheggi, piste ciclabili e ampi marciapiedi. Siamo a Viserba, destinazione nuovo Peep, complesso edilizio sorto una decina di anni fa, guardato prima con sospetto per l’arrivo di nuovo cemento, poi preso a modello per vivibilità e presenza di spazi. Quattromila persone residenti, circa settecento appartamenti, primi arrivi nel 2005, molte giovani coppie e famiglie. “Io per lavoro sono spesso fuori casa – racconta Fiorenzo Corbelli, 59enne, arrivato qui otto anni fa da San Giuliano – e quando
torno sto davvero bene. C’è molto spazio, la possibilità di passeggiare con i cani e incontrarsi con gli altri residenti. Non è vero che siamo una zona dormitorio.” Fiorenzo insieme alla moglie Nicoletta ci tiene a sottolineare questo aspetto. Sono in molti a ritrovarsi nel vicino bar o al parco soprattutto quando la bella stagione lo permette. Un paradiso felice, dunque. “Beh, proprio paradiso direi di no. Mancano ancora alcuni importanti servizi: sono presenti banche e bar, ma ci vorrebbero studi medici, un’edicola e un vero e proprio cen-
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tro di aggregazione.” La necessità più evidente è proprio questa. Se tanto è stato fatto, con la creazione di parcheggi e con l’apertura della nuova scuola per l’infanzia di via Sacco e Vanzetti, ascoltando i racconti dei residenti emerge l’esigenza di un posto dove ci si possa ritrovare. “Era previsto fin dall’inizio – spiega Oscar Tamburini, presidente dell’associazione Vivere la Vita Viserba – il famoso centro servizi che stiamo aspettando, con annessa una struttura dove potersi ritrovare anche in inverno”. Tamburini, artigiano viserbese, sessantenne, è un fiume in piena: “a giugno parteciperemo alla Festa delle Acque, poi organizzeremo una cena sotto le stelle per l’intero quartiere, tutti i giovedì sera ci sarà il cinema per bambini e in agosto la Festa con giochi e musica.” La partecipazione è sempre numerosa, segno della vo-
glia di esserci, di vivere un territorio non solo come propria residenza, men che meno dormitorio, ma anzi come luogo identitario in cui riconoscersi e incontrarsi. “Soprattutto i bambini e i giovani hanno bisogno di opportunità per vivere il tempo libero – concorda Raffaella Grossi 40enne, insegnante, romagnola doc, mamma di un bimbo di quattro anni, che vive qui con il marito e un altro figlio di 14 anni – Inoltre c’è il problema degli spostamenti; appena usciti dal quartiere non vi sono più piste ciclabili e se vuoi andare al mare o in centro le strade sono molto scomode, se non pericolose.” Operai, magazzinieri, casalinghe, rappresentanti delle forze dell’ordine, è il variegato mondo degli abitanti di questo territorio, in cui si vive bene. Con miglioramenti apportabili. Come l’autobus: “Dovrebbe passare più spesso e se
Nella pagina a fianco, una festa di compleanno di “vicinato” Sopra, Anna Barbarino; a lato da sinistra, Nicoletta e Fiorenzo Corbelli e Mario Guida a destra Sotto, Edoardo Riccio
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quello che arriva non ha la pedana per disabili devo attendere quello dopo e l’attesa diventa lunga – racconta Anna Barbarino 67enne originaria di Napoli. A seguito di un intervento è sulla carrozzina. “Gli spazi sono a prova di accessibilità, riesco a muovermi bene, anche se ci vorrebbe una farmacia più vicina, perché quella che c’era è stata spostata ed è difficile arrivarci”. Anna vive qui con la figlia, il genero e il nipote. In 51 metri quadrati. Ma ringrazia il cielo perché “almeno una casa l’abbiamo.” Infatti c’è anche chi rischia di perderla. A raccontarlo è don Roberto Costantini, parroco di Santa Maria Vergine (Viserba Monte): “Vi sono diverse famiglie con problemi economici, tanto che molti, trasferitisi qui per lavoro, una volta disoccupa-
ti, tornano nel loro paese di origine, soprattutto nel sud Italia. La Caritas, sebbene presente e attiva, non riesce a coprire tutti i bisogni, bollette da pagare o altre spese”. Ma nuovi residenti significa anche tanti battesimi, comunioni e cresime. La parrocchia è frequentatissima, tanto che, riguardo al catechismo... “non sappiamo più dove mettere i ragazzi!”, scherza don Roberto. Un campo di calcetto e un piccolo parco giochi vengono utilizzati soprattutto al pomeriggio e nei fine settimana. “Ci vorrebbero altri luoghi, perché non tutti vanno in parrocchia e c’è chi è di una religione diversa… Comincio a notare qualche segno di degrado, non vorrei che alcuni ragazzi diventassero sbandati.” La domanda di don Roberto resta sospesa. Sicuramente a questo forte bisogno di aggregazione in fu-
turo dovrà essere data risposta. Non solo per i giovani. Non solo per Viserba Monte. C’è voglia di aggregarsi di stare insieme. Incontrando le persone ti accorgi di quanti talenti e di quanta originalità ciascuna di loro apporti. Come Edoardo Riccio, Eddy per gli amici, che suona il pianoforte da quando aveva quattro anni. Appena può anima serate di karaoke anche nei vicini bar della zona. Maurizio, 64 anni, pensionato viene da Roma, è un ex pilota dell’esercito. Antonio, sorriso aperto, è tuttora sottufficiale dell’Aeronautica. Mario Guida, dalla Sicilia è arrivato qui e da subito, con la sua passione, ha guidato la protesta contro i costi troppo elevati del teleriscaldamento. Battaglia non vinta e con diversi pareri contrastanti sul tema: costi sempre alti per alcuni, situazione migliorata rispetto al pas-
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sato, per altri. Ma questa è un’altra storia, complessa quanto delicata. Come si vede le problematiche sono tante, ma anche molta è la voglia di risolverle e di andare avanti per migliorare questa zona. Anche chi non è originario del posto come Fatmir, piastrellista albanese da 25 in Italia, lo conferma: “Qui si sta bene”. Ed è il suo accento romagnolo (anzi... viserbese!) ad esprimere più di tante parole...
Nella pagina a lato, al centro, il presidente dell’associazione “Vivere la Vita Viserba”, Oscar Tamburini con alcuni residenti Sopra, don Roberto Costantini parroco di Viserba Monte
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Viserba
vista dall’altalena di Claudia Protti | foto Paritani
Parchi gioco a Viserba. In queste pagine viene proposta una mappatura degli spazi verdi dedicati ai giovanissimi. Ecco il reportage di mamma Claudia.
Sono nata nel 1972 e vivo a Viserba da quando avevo meno di due anni. Quando ero piccola, in via Pironi c’erano pochi palazzi e ricordo che dalla finestra potevo vedere le gru che servivano a costruirli. Di fianco a casa facevamo anche la fogheraccia! Ora non c’è più nessun piazzale libero: solo case e condomini. Comunque è un bel viale alberato, in fondo al quale si trova la scuola elementare che ho frequentato solo dalla terza, perché prima non c’era. Ricordo molto bene i giochi ai giardinetti in
via Curiel: a me e alle mie cuginette piaceva un sacco dondolare sull’altalena cantando le sigle dei cartoni animati e schiacciare i gusci dei pinoli con i sassi sopra le panchine di pietra. Questo parco negli anni è stato rimodernato e sotto l’ombra dei grandi pini i vecchi scivoli in metallo sono stati sostituiti da giochi in legno. Insieme ai condomini, per fortuna, a Viserba sono cresciuti anche altri parchi. Non sono grandissimi, ma permettono ai bambini di stare all’aria aperta e di giocare con i coetanei.
Nella zona monte, sotto alla statale, ce ne sono diversi. Quando mio figlio Samuele era piccino lo portavo spesso nel piccolo parco “Alberto Sordi” (conosciuto anche come “parco della tartaruga” per via dell’enorme rettile di pietra), in fondo a via Anna Magnani. Uno spazio piacevole, con pavimentazione antitrauma, un piccolo scivolo, le altalene a gabbia, il tunnel, giochi a molla, panchine e tavoli per i genitori che vogliono fare due chiacchiere mentre i figli giocano. Un parco perfetto per i bimbi da zero a quattro/cinque anni. Per i bambini più grandi e avventurosi c’è il parco “Hugo Pratt”, che si trova in via John Lennon. Qui è stata installata una specie di teleferica: agganciato a due strutture in legno, un lungo cavo di acciaio sorregge un seggiolino con cui i bimbi possono lanciarsi in velocità da una collinetta all’altra. Sempre in questo parco
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c’è un’enorme “ragnatela” su cui è possibile arrampicarsi fino in alto e fingere di essere l’uomo ragno o un esploratore. Il parco è piccolo e sono presenti solo questi due giochi, però molto apprezzati dai bambini avventurosi. Proprio di fronte troviamo il parco “Lucio Battisti”, che è abbastanza grande e dispone di un ampio spazio erboso, oltre ad uno scivolo, una struttura-gioco per arrampicarsi, panchine e gazebo. In via Baroni, vicino al supermercato A&O, ci sono altri due parchi. Uno si trova dietro al supermercato, lato monte, ed è intitolato a Iqbal Masih: altalene, giochi a molla, scivolo, qualche panchina, alberi e prato. Una zona tranquilla dove le mamme possono leggere un libro mentre i bambini giocano. L’altro è di fronte al supermercato, lato mare, con giochi simili e parecchio spazio per correre. A Viserba siamo piuttosto fortunati ad avere tanti
piccoli spazi verdi, anche se vorrei ricordare ai miei concittadini che i parchi gioco sono di tutti: importanti per grandi e piccini perché luoghi di incontri, relazioni, giochi e amicizia. Per questo motivo dobbiamo trattare con rispetto i giochi e il terreno: non imbrattiamo di scritte le strutture e non buttiamo a terra mozziconi di sigaretta (che se ingeriti sono molto pericolosi)! Inoltre, i cani nei parchi gioco non possono entrare: qualcuno spesso si dimentica di questo divieto, così come dimentica di raccogliere i bisognini del suo amico a quattro zampe. Vorrei proporre un’altra breve riflessione sui parchi pubblici. Noi adulti abbiamo il dovere di assicurarci che tutti i bambini abbiano gli stessi diritti. “Giocare” è uno dei loro diritti fondamentali. Il gioco permette di crescere in maniera sana, di imparare a relazionarsi con altri bambini, rispettare i turni (e quindi
le regole). Giocando si finge di essere mamma, papà, dottore; si imita il comportamento degli adulti, si impara ad avere rispetto dei nostri simili. Purtroppo nella maggior parte dei parchi ci sono giochi adatti a bambini normodotati, mentre sono assenti giochi che possono essere usati anche da bambini con disabilità. Sarebbe buona cosa se l’amministrazione locale prendesse in considerazione giochi inclusivi, che permettano a tutti i bambini di giocare insieme indipendentemente dalle loro abilità/ capacità e condizioni fisiche. I giochi si usurano, si rompono: magari al momento di sostituire un gioco si può decidere di acquistarne uno che possa essere usato da tutti.
I giovanissimi Samuele e Brando protagonisti di questo reportage
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Filiale Viserba Mare - Via Dati, 27 - tel. 0541 1847030 - fax 0541 1847068
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Dalla terra alle acque di Francesca Perazzini
Sportivi si nasce. E il caso di Domenico Olivieri che, dopo i successi con la racchetta, ora batte i record in piscina.
Sopra, Domenico Olivieri e, a lato, il gruppo dei nuotatori
Lo scorso 9 febbraio quattro atleti evergreen della polisportiva Garden hanno battuto il record nazionale in staffetta di nuoto master categoria “M320”. L’età complessiva del quartetto raggiunge i 323 anni! La categoria “M320”, infatti, indica la somma dell’età minima che devono possedere i partecipanti. Con il tempo di 3’33’’ il quartetto, composto da Giovanni Fantini (anni 75), Mario De Giampietro (anni 91), Filippo Bonduà (anni 79) e Domenico Olivieri (anni
78) ha raggiunto il record nazionale durante i campionati regionali Fin. Nel gruppetto ci sono due viserbesi: Filippo Bonduà e Domenico Olivieri, entrambi ex ferrovieri con la passione per il nuoto. Dei due, Domenico Olivieri non è nuovo ai giornali per le sue prodezze sportive, sebbene lo sport della sua vita non fosse il nuoto, bensì il tennis. Con il suo aspetto inusuale e una tecnica che lo contraddistingueva sui campi in terra rossa, Olivieri diventa un nome nei vari tornei. A partire dagli anni Settanta ottiene grandi soddisfazioni e riconoscimenti vincendo più di sessanta tornei, aggiudicandosi per due volte il Settebello negli anni 1976 e 1977, il torneo Sacramora, il torneo Farina, raggiungendo, nel 1994, il titolo di Campione italiano categoria Veterani. Successivamente, abbandonate le competizioni sui campi da tennis, Olivieri si dedica ad un’altra passione: il nuoto. Specializzato negli stili “delfino” e “stile libero”, comincia a vincere numerosi premi anche in questa disciplina, sia individuali sia, come nel caso del raggiungimento del record appena ottenuto, in staffetta.
ph. Paritani