DAKAR 2017 MEDIA CLIPPINS in Italy
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Motori R Concluso il raid più famoso del mondo
DOMENICA 15 GENNAIO 2017 LA GAZZETTA SPORTIVA
1 Loeb 2 a soli
fIL MITO STÉPHANE
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5’ poi Després: è tris Peugeot. Primo successo britannico con Sunderland nelle moto
Cyril Després, 42 anni, terzo, aiuta Stéphane Peterhansel, 51, a... contare le vittorie
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Maria Guidotti
redici. Non una, o due vit torie. O magari anche tre o quattro, comunque un gran bottino da consegnare al la storia. Tredici. Una fetta di vita. E di avventure. E trionfi. Stéphane Peterhansel aggiun ge, ce ne fosse bisogno, un altro capitolo alla sua leggenda di re dei raid, conquistando per la settima volta in auto il rally più duro e massacrante al mondo, dopo averlo fatto altre 6 volte in moto, quando la Dakar vive va sulle sabbie africane.
BUENOS AIRES (ARGENTINA)
«S
Mr Dakar
Peterhansel leggenda infinita Trionfo numero 13
CHE VOLATA Dopo 9 mila chi lometri tra Paraguay, Bolivia e Argentina e quasi 4 mila di spe ciali, Mister Dakar e l’Extrater restre dei rally si sono trovati separati da un pugno di minuti, al termine di tappe intensissi me durante le quali si sono sca LA DATA valcati a più ri prese. E se Pete rhansel può fe steggiare grazie a un gran finale e Sam Sunderland, 27 anni, inglese, al primo trionfo AFP alla decisione della giuria di re L’anno della prima stituirgli il tem vittoria in moto (6, vedere il tra le della Manica, nelle sue cin po perso per soc guardo. que partecipazioni precedenti correre il moto l’ultima nel ‘98), non era mai riuscito a conclu a ciclista sloveno questa è la 7 in BRITANNIA RU- dere la gara. Questa, volta, in da lui stesso col auto, la 1a nel 2004 LES Se Peterhan vece, dopo l’uscita di scena nel pito nella terzul sel è la confer la quarta tappa del favoritissi tima tappa, Loeb alla seconda ma, nelle moto ecco la novità di mo Toby Price, l’australiano partecipazione ha imparato co Sam Sunderland, primo bri vincitore 2016 che in una cadu me si affronta una corsa di que tannico a vincere alla Dakar. ta si è fratturato il femore, Sun sto tipo. Cosa che invece non Trasferitosi a Dubai da quando derland a partire dalla quinta può dire Carlos Sainz, che an aveva 19 anni, il 27enne di Poo tappa si è portato al comando, cora una volta non è riuscito a le, cittadina con vista sul cana per non mollarlo più. «Era faci
‘91
le farsi delle illusioni. Invece ho mantenuto i nervi saldi, af frontando un giorno alla volta. La gara è lunga, mi ripetevo, si decide a Buenos Aires», ha rac contato la sua gara contro la pressione Sunderland. DÉBACLE HONDA Fa festa la Peugeot per la tripletta, le si ac coda la Ktm, che oltre a Sun derland spedisce sul podio an che Mathias Walkner e Gerard Farres Guell. Per la Casa au striaca è il 16o trionfo di fila, per la Honda, che era convinta di poter finalmente vincere, un altro fallimento, con quel rifor nimento illegale durante la 4a tappa che ha chiuso anticipata mente ogni velleità. Quanto agli italiani, il migliore è stato Simone Agazzi (Honda), 37o davanti al debuttante Alessan dro Ruoso (Ktm), Manuel Luc chese (Yamaha) 51o, Dioclezia no Toia (Ktm) 58o e l’eterno Franco Picco (Yamaha), che a 61 anni ha concluso 85°. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Terzo posto assoluto fra i camion (dove s’è imposto il Kamaz di Eduard Nikolaev) per l’Iveco Powerstar di Gerard De Rooy. Tutti gli Iveco sono arrivati a Baires: 4° Federico Villagra, mentre Tom van Genugten e Wuf van Ginkel sono arrivati 16o e 17o.
i dice che il 13 porti sfortuna, ma è un passag gio necessario quando punti a nuovi successi»: il canni bale Stéphane Peterhansel non è sazio di vittorie. Al termine della speciale sprint di 64 km a Rio Cuar to, è festa per il team Peuge ot che centra una storica tri pletta. Ma il capannello di giornalisti e tv internazio nali è stretto intorno a lui. Il 13 porta fortuna a Mr. Dakar che può aggiungere un nuovo meritatissimo ti tolo in bacheca. Partito co me favorito, Peterhansel ha giocato tutte le sue carte per tenere a bada Sebastien Lo eb, 9 titoli mondiali rally e velocità da vendere. Per l’al saziano, un boccone amaro da ingoiare, ma anche la tranquillità di aver fatto il massimo in una corsa che non perdona errori. Per Pe terhansel, la soddisfazione di aver battuto un campione ormai maturo per vincere la Dakar. Che sapore ha questo tredicesimo successo? «Questa vittoria è bellissima per l’intensità con cui si è combattuta la gara. Peugeot non ha dato ordini di scude ria, dando prova di un gran de fair play. Così ce la siamo giocata ad armi pari con Se bastien Loeb. E’ stata una bagarre incredibile. Uno contro l’altro, un lavoro di squadra con il copilota. La vittoria non era assoluta mente scontata perché ce la vedevamo con un 9 volte campione del mondo capa ce di gestire la corsa e la ten sione. É un autentico onore aver combattuto con lui, ha veramente tutto il mio ri spetto». Qual è stato il momento decisivo per la zampata finale? «La Dakar è una corsa ad eli minazione. Al via eravamo otto piloti in grado di lottare per la vittoria. Al giorno di riposo il numero si è ridotto a 4 con 3 Peugeot e Nani Ro ma (Toyota; n.d.r.). L’ultima settimana si è conclusa con un duello tra me e Seb. Ab biamo giocato di esperien za, perché Sebastien è im
battibile sui terreni stile WRC. La tappa numero undici, da San Juan a Rio Cuarto, è stata di sicuro quella decisiva. Seb partiva con 3 minuti di svan taggio ed è stato costretto ad attaccare, esponendosi a rischi enormi. Una foratura nel tratto finale sulle veloci piste di Cor doba a lui familiari, ci ha servi to la vittoria su un piatto d’ar gento. Con 5’32 di vantaggio, ho dormito sonni tranquilli al la vigilia dello sprint finale di soli 64 km».
Motori R Raid
MERCOLEDÌ 11 GENNAIO 2017 LA GAZZETTA DELLO SPORT
fLA TAPPA
Peugeot, che lotta Ora Loeb davanti a Peterhansel
Come valuta la prova di Loeb? «Nel 2016 Seb era stato velocis simo, ma aveva commesso de gli errori. Quest’anno solo una foratura di troppo. Anche Da niel Elena, il suo copilota, ha fatto un lavoro eccezionale e forse Seb è stato il pilota che si è perso meno di tutti. Sono sta ti bravi e credo che il successo arriverà presto anche per lo ro». Peugeot centra una tripletta storica, un trionfo per la 3008DKR. «È una macchina eccezionale su ogni tipologia di terreno, dal deserto ai passaggi di mon tagna. Mi sono divertito a gui dare. Nella tappa undici, al ter mine della prima speciale, ho visto Seb madido di sudore, io invece sono uscito dall’auto ri posato come fosse stata una passeggiata in autostrada!». A proposito di terreni, ama più la sabbia o il fango, sovrano in questa Dakar 2017? «Sono un uomo del deserto. Mi piace la sabbia, ma non disde gno il fango. Odio invece le pie tre, perché è facile fare danni alla macchina». Cosa le riserva il futuro? «Il prossimo anno la Dakar fe steggia il 40o anniversario, è un bel traguardo per cui vale la pena esserci». © RIPRODUZIONE RISERVATA
MELANDRI CON LA BICI DI POZZATO
(a.fr.) Gianluca Tassi è il primo pilota con disabilità italiano a terminare la Dakar. Alla guida del Ford Raptor SVT T2, con il co-pilota Massimiliano Catarsi e Alessandro Brufola Casotto, ha chiuso 42° nella categoria auto. Il 55enne umbro ha dimostrato, ancora una volta, che la volontà non ha limiti. Migliori italiani i fratelli De Lorenzo su Toyota che hanno chiuso 31esimi. Al 56° la PanDakar di Giulio Verzeletti, 57° Graziano Scandola.
«Durante l’ultimo anno di stop ero deluso, non ho seguito le moto. Ora sono pronto al rientro con la Ducati. Voglio rendere la vita dura a Davies». Così Marco Melandri ieri alla presentazione di Rossano Veneto della Wilier-Triestina, squadra di ciclismo dell’amico Filippo Pozzato: il ravennate utilizzerà le bici del team per i suoi allenamenti. Il Mondiale Sbk partirà il 26 febbraio.
fLA STORIA «NON AVEVO EQUILIBRIO, HO RIPRESO CON LE MOTINE: SONO ALTO... 1,91» LUCA MANCA MOTOCICLISTA
1Il 9 volte iridato rally domina e supera il compagno di squadra. Moto: c’è solo Sunderland al comando
«Ho reimparato a camminare e parlare per la Dakar»
Ancora una volta l’esperienza ha avuto la meglio sulla velocità? «Direi proprio di sì. Hanno vin to l’esperienza e la costanza, perché in termini di velocità di punta Seb è superiore. Spesso abbiamo aperto la pista, facili tandogli il lavoro. Nella tappa undici, decisiva per la vittoria, abbiamo invece giocato in dife sa. Siamo rimasti dietro di lui, mettendogli ancora maggiore pressione».
AVVENTURA A LIETO FINE
Tassi, primo disabile italiano a finire la gara: 42o
IVECO SUL PODIO GRAZIE A DE ROOY
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«Seb è più veloce e presto vincerà Io l’ho battuto con l’esperienza»
Paolo Ianieri
DOMINATORE Ha fatto grande la Yamaha, questo 50enne francese schivo che divide la propria vita assieme ad Andrea Mayer, motociclista pure lei (però nel 2004 in auto chiuse al 5° posto la Dakar), che una volta passato alle auto ha do minato con qualsiasi mezzo ab bia avuto a disposizione: tris con la Mitsubishi negli ultimi anni africani (20040507), doppietta con la Mini (2012 13) che avrebbe potuto essere anche qui tripletta senza gli or dini di scuderia imposti a favo re di Nani Roma e, da ieri, altra doppietta con la Peugeot che, al terzo anno dal rientro alla Dakar, piazza tre DKR2008 ai primi tre posti a 27 anni dall’ul tima volta, con Sébastien Loeb che alla fine ha alzato per poco più di 5’ bandiera bianca nella lotta tutta francese e con Ciryl Desprès, altro grande ex delle due ruote.
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1Luca Manca nel
Sebastien Loeb e Daniel Elena su Peugeot ieri in un passaggio pericoloso per alcuni spettatori REUTERS
S
ebastien Loeb sferra l’at tacco al volante della sua Peugeot, e nella 8a tappa di una Dakar che saluta la Boli via per tornare in Argentina, si riprende il comando della clas sifica generale, strappandolo al compagno di squadra e con nazionale Stephane Peterhan sel. Se lunedì, nella prima par te della tappa marathon che aveva portato fino a Uyuni era stato il secondo a vincere la giornata per una manciata di secondi, ieri il 9 volte iridato rally si è ripreso tutto con gli interessi, precedendo Pete rhansel per 3’35”, per un van taggio in generale di appena 1’383”. Che dopo quasi dicei giorni di gara e parecchie mi gliaia di chilometri alle spalle, rappresentano davvero un nul la. Nei prossimi giorni, il mini mo errore potrebbe essere de cisivo per decretare chi dei due campionissimi salirà da vinci tore sul podio di Buenos Aires. A completare la grande giorna ta della squadra francese, ecco poi il terzo posto di Cyril De sprès, 3° anche in generale a 17’17” da Loeb
BARREDA FA IL BIS Nelle mo to, invece, ormai tagliato fuori dai giochi per la vittoria finale dopo la penalizzazione di un’ora per rifornimento irrego lare, Joan Barreda si è preso la seconda vittoria di tappa di questa edizione, precedendo dopo 4h28’01” con la sua Hon da, per 3’51” la Ktm dell’au striaco Mathias Walkner e di 3’54” l’altra moto austriaca del sempre più leader della classi fica Sam Sunderland. Il pilota inglese, grazie al terzo posto di giornata allunga infatti ancora un po’ nei confronti del più im mediato (si fa per dire!) inse guitore, ovvero il cileno Pablo Quintanilla (Husqvarna), che chiude la giornata al 7° posto a 7’07” da Barreda, cedendo al tri 3’ al leader della corsa. Quando mancano appena 4 tappe alla conclusione (oggi si parte da Salta per arrivare fino a Chilecito, Sunderland può in fatti vantare ben 20’58” di van taggio su Quintanilla, con il terzo in classifica, il francese Van Beveren con la Yamaha, a 28’49. © RIPRODUZIONE RISERVATA
LA GUIDA
Maria Guidotti
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UYUNI Tupiza BOLIVIA
10 gennaio CILE
2010 ebbe un terribile incidente: dopo il coma e 7 anni, è ritornato
San Salvador de Jujuy
SALTA ARGENTINA
La nona e quartultima tappa della Dakar (che si concluderà sabato a Buenos Aires) porterà oggi i piloti da Salta a Chilecito. Soprannominata come la «Super Belén», sulla carta sarà uno dei momenti-chiave della corsa: è la tappa più lunga (977 chilometri, 406 dei quali di speciale) e pure quella più complessa a livello di navigazione. RED BULL TV — La web tv di Red Bull trasmetterà la sintesi e le interviste anche delle ultime quattro tappe della Dakar 2017.
uca Manca guarda lon tano. Il buon senso lo vorrebbe tranquillo nella sua Sardegna a goder si la moglie e i due figli. In vece, sette anni dopo il terri bile incidente alla Dakar 2010 che ha fatto temere per la sua vita, Manca si ri mette in gioco per una sfida d’orgoglio personale. RAPPORTO SPECIALE Ad Asuncion, prima del via del la Dakar 2017, Marc Coma si è fermato spesso a parlare con lui. E così quasi ogni giorno. «Mi ha emozionato vederlo allo start», ha rac contato il 5 volte vincitore della Dakar, oggi direttore sportivo della corsa. I due sono legati da un rapporto speciale che va oltre l’amici zia. Il destino li ha uniti quel 6 gennaio 2010. Per la gio vane promessa italiana, ca pace di lottare nella top 10, Coma era il pilota di riferi mento. Così nella 6a tappa
di quell’edizione, l’italiano non esitò a dargli la sua ruota per permettere al campione di con tinuare la sua corsa. Il giorno seguente Manca cadde nella polvere mentre cercava di re cuperare posizioni. Il risveglio dal coma dopo tanti giorni tra scorsi nell’ospedale di Santia go del Cile ebbe il sapore del miracolo.
nonostante i giudizi pesanti di quanti non mi consideravano normale». RESPINTO Lo scorso anno la sua richiesta di partecipazione alla Dakar fu rifiutata. «Fu Marc (Coma, n.d.r.) a chiamar mi per dirmelo. L’organizza zione non era sicura del mio stato di salute. Un altro bocco ne amaro, mi sono rimesso al lavoro. A maggio ho terminato il Merzouga Rally per ottenere l’idoneità». «Mi sono commos so a vederlo nuovamente in moto», ha confessato Coma, che stavolta gli ha dato l’ok. L’emozione della prima specia le di questa Dakar è stata for tissima. «Ero nervoso, poi sono tornato a divertirmi, ma chiu do il gas ogni volta che incon tro piloti caduti a terra. Il mio obiettivo è finire un’impresa ri masta incompiuta. Voglio di mostrare quello che valgo og gi, che sono tornato normale».
IL RISVEGLIO «Ero come mor LO DOVEVO A PAPA’ Il ritorno to. Quando staccarono i mac lo dedica alla moglie che lo ha chinari, mi sono risvegliato», sempre sostenuto in tutti que ricorda il sti anni, ma an 36enne pilota di che al padre, TEMPO Sassari che ha mancato qual impiegato sette che tempo fa. anni per tornare «Gli avevo pro a correre la messo di torna Dakar. La riabili re, eccomi qui. tazione è stata Porto la sua foto lunga. Manca ha I mesi trascorsi sempre con me dovuto imparare in coma da Manca sul serbatoio». nuovamente a Ora punta ad ar parlare, a cam a Santiago del Cile rivare in fondo. minare, ad an dopo la caduta «Mi voglio ad dare in bicicletta di 7 anni fa dormentare ogni e infine in moto. sera sereno di «Il sogno di tornare alla Dakar aver dato il massimo. Le diffi è stato uno stimolo a non mol coltà ci sono. Per esempio non lare mai e a superare le diffi posso prendere medicamenti coltà che i postumi di un coma per l’altitudine perché ho subi comportano — racconta Luca to danni al cervello. Mi fermo —. Non avevo equilibrio, così quando incontro un’auto me ho dovuto ricominciare dalle dica per prendere l’ossigeno». basi. Dopo un anno sono torna Manca ha nel mirino Buenos to in moto, ma in quelle piccoli Aires, «ma non voglio guardare ne per bambini, nonostante la la classifica per non farmi mia stazza di 1 metro e 91. Non prendere dall’ansia. La parte mi sono mai vergognato e ho più dura deve ancora venire». © RIPRODUZIONE RISERVATA continuato per la mia strada,
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04.01 GAZZETTA DELLO SPORT
Motori R Raid
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SABATO 7 GENNAIO 2017 LA GAZZETTA DELLO SPORT
DALLA CORSA
Laia Sanz sulla sua KTM durante la prima tappa tra Asuncion (Paraguay) e Resistencia (Argentina) AP
Sainz si ritira Che incidente, ma piloti illesi
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Motori R Raid
IL RE
STEPHANE PETERHANSEL NATO A: ÉCHENOZ-LA-MÉLINE (FRA) IL: 6 AGOSTO 1965 DAKAR VINTE IN MOTO: 6 DAKAR VINTE IN AUTO: 6
1Stop alla 5ª tappa per pioggia dopo 219 km: al comando ora Peterhansel e Sunderland
La regina della Dakar sogna il «suo» Sahara e spaventa i maschi 1Laia Sanz, nona assoluta nel 2015, punta ancora in alto «Questa corsa ti marca nel profondo, però il deserto...»
Maria Guidotti
P
ossono sembrare solo dei semplici grani di quarzo che si estendono all’infi nito. Racchiusi in una clessidra, invece, misurano lo scorrere del tempo. Sabbia e cronome tro rappresentano l’essenza e il fascino intramontabile della Dakar, una corsa massacrante per uomini veri che ha stregato anche la bella Laia Sanz, che dopo aver conquistato 18 titoli mondiali femminili (13 nel trial e 5 nell’enduro) ha deciso di confrontarsi con gli uomini. E di batterli. SCINTILLA L’amore per questa corsa leggendaria è nato quan do era ancora una ragazzina e la guardava in tv. È diventata passione pura in Senegal, sulle sponde del Lago Rosa, quando nel 2007 fu invitata dallo spon sor Repsol ad assistere alle ulti me tappe della Dakar. Nel 2010
è passata ai rally, quando ormai la gara si era trasferita dal Sahara alla Cordigliera delle Ande. Quindicesima lo scorso anno, nona della generale nel 2015, Sanz è molto di più della migliore donna di sempre in questa disciplina. Ha coraggio da vendere: dopo lo strepitoso 9° posto del 2015 ha perfino la sciato la Honda ufficiale per passare alla Ktm. Alta, robusta ma aggraziata, è temuta anche dai più forti. «All’inizio suscita vo sorpresa», racconta la 31enne catalana, figlia di una terra di grandi campioni, come Marc Coma, Nani Roma nei ral ly, Marc Marquez o Dani Pedro sa in MotoGP. «Mio papà mi racconta sempre che quando ho iniziato ad andare in moto, a 6 anni, i padri degli altri bambi ni dicevano ai loro figli che po tevano anche arrivare penulti mi, ma dovevano assolutamen te battere la bambina. Fin da piccola ho lottato per vincere. Da quando ho conquistato il 9°
posto assoluto alla Dakar tutti mi rispettano, soprattutto chi l’ha corsa. Poi c’è sempre il soli to cretino che può fare il com mento pesante, ma è raro». CONFRONTO Nei rally la cam pionessa ha cercato nuovi sti moli, ma anche un terreno di
Primo piano per la catalana Laia Sanz,31 anni, 18 titoli mondiali tra trial (13) ed enduro (5) AFP
Carlos Sainz, 54 anni, precipita con la Peugeot
sfida. «Sento di poter migliora re ancora. Il mio obiettivo è competere con gli uomini. Non ero più interessata a vincere nei campionati femminili». I suoi genitori l’hanno sempre soste nuta, anche se è cresciuta la preoccupazione. «La Dakar è una corsa che non perdona. Il mio punto di forza è la testa, ma anche la tecnica, grazie alla carriera nel trial, mentre fatico un po’ con la meccanica. Per fortuna la Ktm è abbastanza fa cile a livello di manutenzione». FASCINO I suoi grandi occhi marroni si illuminano quando si parla di Dakar: «Prima era un sogno nel cassetto, adesso è la mia vita. È un’esperienza uma na, prima ancora di una compe tizione. Le condizioni estreme ti mettono a nudo e impari a co noscerti nel profondo. Allo stesso modo conosci bene gli al tri. Sono due settimane di gara, ma sembrano tre mesi. Amo sfi dare i miei limiti, mi piace il cli ma di solidarietà che si instaura tra noi piloti». La spagnola nel le speciali navigate fa mangiare la polvere a tanti rivali. Adesso è 24° nella generale e punta a chiudere nei primi 15: «Il livel lo quest’anno è altissimo. Ma sono contenta, mi sto diverten do. Il mio segreto? Mi conosco bene. So quando attaccare e quando limitare i danni. Ho vi sto tanti brutti incidenti fino ra». Contesa dagli sponsor spa gnoli e sui social media, con ol tre 357.000 amici su Facebook, Laia sogna un futuro sulle 4 ruote, magari in Africa. «Sareb be bellissimo tornare a sfidarsi nel Sahara». Ma, almeno per il prossimo futuro, la regina del deserto dovrà aspettare. © RIPRODUZIONE RISERVATA
U
na Dakar da brividi, che ieri ha perso un altro favorito alla vittoria finale, Carlos Sainz, protagonista giovedì — a pochi chilometri dall’arrivo — di un triplo ca pottamento con la sua Peugeot 3008DKR al l’uscita da una curva sulla destra prima di precipitare per una ventina di metri in una scarpata. Illesi lo spagnolo e il suo navigatore Lucas Cruz. I due sono poi riusciti a comple tare la tappa, ma i danni erano troppo ingenti per consentire una riparazione prima del via di ieri mattina. Sainz, vincitore nel 2010, è al quinto ritiro consecutivo nella Dakar. TAPPA NEUTRALIZZATA Ma le sorprese non erano finite: ieri era previsto un peggiora mento delle condizioni meteo, ma la pioggia troppo intensa in Bolivia ha costretto gli or ganizzatori a neutralizzare la quinta tappa, da Tupiza a Oruro, di 692 km, dopo 219 km di speciale. I problemi di navigazione hanno poi stravolto ulteriormente la classifica. Fra le auto Sebastian Loeb ha preso subito il co mando mantenendolo sino all’interruzione della tappa, precedendo Nani Roma di 44” e Stephane Peterhansel di 1’31”, quest’ultimo nuovo leader della generale con 1’04 su Loeb e sull’altra vettura del Leone di Cyril Despres a 5’03”. Roma è quarto a 5’14”. Dietro di lui, il vuoto: Mikko Hirvonen, quinto, è crollato a 41’55”. Si è ritirato anche il boliviano Fortu nato Maldonado: 70 anni, era il più anziano concorrente della Dakar di quest’anno. SCATTO SUNDERLAND Classifica stravolta anche fra le moto, dopochè Joan Barreda (che con il secondo posto di giovedì aveva mantenuto la testa della generale), è stato penalizzato di un’ora per rifornimento irre golare e ieri è andato in difficoltà per la navi gazione. L’inglese Sam Sunderland (KTM) si è aggiudicato la tappa ridotta (con 7’07 su Paulo Goncalves e 7’29” su Adrien Van Beve ren), andando al comando della generale con 11’50” su Pablo Quintanilla e 15’57” sul fran cese della Yamaha. Oggi sesta frazione, da Oruro a La Paz, con la più lunga speciale di questa edizione: 527 km per auto e moto. Do mani è in programma il giorno di riposo. f.g. © RIPRODUZIONE RISERVATA
MERCOLEDÌ 4 GENNAIO 2017 LA GAZZETTA DELLO SPORT
Romanzo Dakar
LO SFIDANTE SEBASTIEN LOEB
NATO A: HAGUENAU (FRA) IL: 26 FEBBRAIO 1974 STAGIONI WRC: 16 (5 PARZIALI) TITOLI: 9 (CONSECUTIVI)
NELL’ENDURO Nel 1981 debutta nel campionato francese che vincerà 11 volte. E’ stato due volte campione del mondo 250, nel 1997 e nel 2001.
GLI ESORDI Primi rally del 1995, nel 1998 vince 4 gare del Trofeo Citroen Saxo su 4 e diventa uomoCitroen.
12 VITTORIE IN TOTALE Debutta nel 1988, in moto. Nel 1991, il primo trionfo. Nel 2000 passa alle auto, vince la prima volta nel 2004. Questa è la sua 28ª partecipazione: 10 in moto, 18 in auto, 6 vittorie per ciascuna
I 9 MONDIALI Tra il 1999 e il 2001 partecipa a qualche prova, nel 2002 la prima vittoria, in Germania. Dal 2004 al 2012 vince tutti e 9 i titoli mondiali di fila. In totale ha vinto 78 prove, di cui 11 nel solo 2008
Peterhansel-Loeb, sfida da Leoni
1Uno è campione in carica e re incontrastato della gara, lo sfidante è il più
grande rallista di sempre. Entrambi francesi e sotto la «criniera» della Peugeot
Maria Guidotti
SAN MIGUEL DE TUCUMAN (ARG)
L
a Dakar è appena partita ed è già la battaglia nella battaglia. Per la vittoria ma anche per la supremazia in casa Peugeot. Stephane Pete rhansel, il campione dei cam pioni del deserto contro il vinci tutto dei rally che si è converti to alla maratona motoristica più massacrante con la 3008DKR del Leone. «La Dakar è adrenalina, rischio e avventu ra, ma anche piacere di guida e soprattutto una bella parte del la mia vita». Stephane Pete rhansel, 52 anni, 28 partecipa zioni e 12 vittorie è il pilota sim bolo della Dakar. Sorridente e con un’aria distesa, nonostante le profonde rughe che gli solca no il viso, il francese sembra avere sempre la situazione sot to controllo, anche l’inizio di questa edizione 2017. ARIA «Guardando il percorso mi aspetto una prima settima na più in stile rally con l’altitu dine a partire dalla 4° tappa a
complicare le cose. Sulla carta posso fare la differenza nella seconda settimana, ma a dire il vero in Sud America mi sento un po’ perso. E’ difficile fare una strategia perché ci sono tante incognite, meteo incluso, con la pioggia che può far alza re bruscamente le difficoltà. Quando si correva in Africa, in vece, sapevo di poter approfit tare delle tappe di fuoripista nel deserto aperto come tra Ti chit e Tidjikdja in Mauritania». INCOGNITE Con la tranquillità che deriva dall’esperienza, Pe terhansel non è uomo di grandi proclami, ma è chiaro che ha la 13ª vittoria nel mirino. Nel suo terreno di caccia, il re dovrà lot tare contro se stesso e gli avver sari. «E’ vero, ho vinto molto, ma nessun successo è arrivato facilmente. La Dakar è una cor sa lunga, dove non si può dare niente per scontato. Potrei fare un errore io o il mio copilota e se guardo all’interno del team, siamo 4 piloti forti. Tra i favori ti, metto anche Nasser AlAtti yah (vincitore della prima spe ciale, n.d.r.)». Se gli si chiede
quale sia il suo punto debole, ci pensa un po’ e ride. «L’età».
28 partecipazi oni alla Dakar da parte di Peterhansel (sopra nella foto AFP), sempre più simbolo della corsa più dura del mondo
una Dakar si vince con la rego larità per cui sarà importante non fare grandi errori, spingere quando è possibile, e conserva re la macchina nei passaggi più difficili. Abbiamo le idee più chiare e spero che questo mi permetterà di essere più com petitivo sui diversi tipi di terre no».
AMBIZIONI Mr. Dakar non no mina direttamente Sebastien Loeb, sfidante per eccellenza e futuro alfiere di Casa Peugeot. Lo scorso anno il 9 volte cam pione del mondo rally aveva stupito al debut to, diventando PRIME REAZIONI SFIDA Da oggi la subito protago nista nella prima Stephane: «Non si dà carovana sale settimana. Poi con la prima tap un errore nelle nulla per scontato, pa in altitudine: dune aveva com ma ho un solo punto San Miguel de promesso le spe debole, l’età» Tu c u m a n S a n ranze di vittoria. Salvador de Forte di questa Sebastien: «L’anno Jujuy. Peugeot esperienza e di non ha lasciato una stagione di scorso ho capito, la niente al caso, allenamento, il prima regola è non coi test in Perù 2017 potrebbe fare grandi errori» per la vettura, essere l’anno del mentre i piloti la sua consacrazione. «Vincere hanno abituato il fisico all’aria è difficile ma è il nostro obietti rarefatta dormendo nelle tende vo, anche perché sarebbe un ipobariche. In una corsa sem peccato non provarci con un pre più sprint, dove la naviga gioiello come la 3008DKR. Il zione torna protagonista, mio punto di forza è la velocità. l’esperienza del vecchio re po Siamo rapidi sulle speciali tipo trebbe essere l’arma per argina rally tradizionale e ci siamo al re il nuovo che avanza. © RIPRODUZIONE RISERVATA lenati molto in fuoripista. Ma
LA SECONDA GIORNATA
Price subito in testa Botturi penalizzato di 5’ (m.g.) La seconda tappa della Dakar, ieri da Resistencia a San Miguel de Tucuman, per un totale di 803 chilometri nel nord-est dell’Argentina, tra le moto è stata vinta dall’australiano Toby Price (Ktm), già trionfatore nell’edizione 2016 della competizione. Con questo successo Price ha guadagnato anche il primo posto in classifica. Nella prova a cronometro di 275 chilometri Price ha chiuso in 2h e 37’32”, davanti al portoghese Paulo Gonçalves (Honda, +3’51”) e al francese Xavier De Soultrait. Nella generale Gonçalves segue Price a 2’39”. Alessandro Botturi (Yamaha) nono a 6’20”, poi penalizzato di 5’ per eccesso di velocità è sceso al 16° posto di tappa e nella generale è 15° a 11’08”. Tra le auto il successo è andato a Sébastien Loeb su Peugeot, che ha sfruttato al meglio un tracciato rapido, molto consono alle sue caratteristiche. Con questa vittoria Loeb si è assicurato anche la testa della classifica. Il nove volte campione del mondo di rally ha conquistato la cronometro in 2h 06’55”, davanti a Nasser Al Attiyah (Toyota), staccato di 1’23”, e a Carlos Sainz (Peugeot, +2’18”). In classifica il qatariota è a 28” da Loeb, lo spagnolo a 1’56”.
02.01 GAZZETTA DELLO SPORT Special Dakar
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SPECIALE
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Lunedì 2 gennaio 2017
Stéphane Peterhansel su Peugeot 3008 DKR durante l’edizione 2016 RED BULL CONTENT POOL
Speciale R Oggi il via
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Sarà caccia a Peterhansel e Loeb L’edizione più estrema di sempre
Nuovi orizzonti, resta il mito 1Scatta oggi l’edizione numero 39 della corsa più tosta e affascinante del mondo
Quest’anno si parte da Asuncion (Paraguay) e si tocca quota 4mila metri in Bolivia
Paolo Ianieri
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rentanove anni di mito, di leggenda, di grandi imprese e altrettanti grandi tragedie. Inizia un nuo vo anno e, per chi ama l’avven tura, quello con la corsa moto ristica più massacrante del mondo rappresenta un appun tamento da non perdere. Dici Dakar e il nome inevitabil mente ti porta a pensare a de serti, lande inesplorate, ino spitali, paesaggi mozzafiato,
fatica, sudore, sfide con se stessi prima ancora che con quello che ti circonda, caldo insopportabile e gelo insoste nibile, battaglie vinte e delu sioni cocenti. COME UNA GALERA «La Dakar c’est la galère». Le sei parole con le quali per anni la corsa inventata da quel visionario geniale che era Thierry Sabine a fine Anni 70 è stata marchia ta, bastano a spiegare che cosa significhino 15 giorni di sfide continue. Per i piloti degli
squadroni uffi ciali ma, soprat tutto, per i tan tissimi piloti pri vati, i veri eroi di una corsa che anno dopo anno è diventata una leggenda.
me Eden da rag giungere dopo giorni e giorni di sudore e sabbia impastata in go la. Da nove anni è il Sud America, da quando un mondo sempre più impazzito ha costretto gli or ganizzatori a tracciare nuove rotte. Altrettanto affascinanti, anche se, grazie (ma forse non troppo) alla tecnologia, la cor sa è logicamente cambiata,
IERI E OGGI
In principio fu l’Africa, con i suoi paesaggi indimenticabili; da 9 anni si corre in Sud America
GIRAMONDO In principio fu l’Africa, con quei suoi paesaggi indimenticabili, le città dal fascino misterioso, gli spazi infiniti, il Lago Rosa della capitale del Senegal co
trasformandosi. La chiamano l’Odissea, e il nome raffigura alla perfezione quello che i concorrenti sono chiamati ad affrontare, dalle lande polve rose infuocate agli immensi la ghi salati a una quota di oltre 4.000 metri, dove il poco ossi geno che alimenta il cervello può portarti a intravvedere in lontananza la tua irraggiungi bile Itaca. NUOVI ORIZZONTI Quest’an no, con la partenza da Asun cion, capitale del Paraguay, la
Dakar sbarca nel ventinovesi mo Paese della sua storia, pri ma di inerpicarsi oltre i quat tromila metri boliviani e poi gettarsi in picchiata verso l’Ar gentina. Ma già si guarda avanti, verso nuovi Paesi, co me il Brasile, o magari anche un ritorno da mamma Africa, guardando al Sud, Namibia, Botswana, Sud Africa. È il fa scino di una corsa intramonta bile, sempre uguale nella fati ca, ogni volta diversa nelle tra iettorie da seguire. © RIPRODUZIONE RISERVATA
1Peugeot è la squadra da battere, ma occhio a Toyota con Nasser Al Attiyah Maria Guidotti
L
a Dakar è da quasi 40 anni follia, avventura, rischio as soluto. Un appuntamento straordinario anche in Sud Ame rica (dal 2009). La nona edizio ne, su 39 assolute, che scatta og gi da Asuncion, capitale del Pa raguay (la prima grande novità 2017), si annuncia come una maratona dei grandi numeri e delle grandi emozioni. Basta guardare le Case in gara: Peuge ot, Toyota, Mini nelle auto, KTM/Husqvarna, Honda, Yamaha nelle due ruote, con al meno 10 piloti candidati alla vit toria per ciascuna categoria. Con le moto che avrebbero potuto of frire anche di più, se non ci fosse ro state le defezioni dell’ultimo minuto, causa incidenti, di Meo (KTM) e Benavides (Honda), 4° lo scorso anno. FATICA Sarà una Dakar «estre ma». L’esperta mano di Marc Co ma, 5 volte vincitore del rally, oggi d.s., ha disegnato un per
corso duro che si snoda tra Para guay — 29° Paese ospitante — Bolivia e Argentina toccando le tre capitali: appunto Asuncion, da cui la carovana partirà, La Paz, che ospiterà il riposo l’8 gennaio, per chiudere a Buenos Aires il 14. I 316 mezzi al via (146 moto, 37 quad, 83 auto e 50 ca mion) dovranno percorrere qua si 9.000 km, di cui 4.000 di prove cronometrate, in 12 tappe. Pre viste 6 speciali da oltre 400 km e una settimana sull’altopiano bo liviano a 3.500 metri. Occorrerà fare i conti con i bruschi sbalzi di temperatura: 40° in Paraguay,
LA PANDAKAR CI RIPROVA 1. Marc Coma, 5 vittorie alla Dakar oggi d.s., con Etienne Lavigne 2. Nasser Al-Attiyah sulla Mini 3. Alessandro Botturi su Yamaha 4. La PanDakar versione 2017
sotto zero in Bolivia, ancora cal do torrido in Argentina. SORPRESA La Dakar è diventata una gara sempre più veloce. Lo scorso anno al debutto, il 9 volte campione del mondo rally Séba stien Loeb si è aggiudicato il maggior numero di vittorie di tappa. Il francese ci riprova, sem pre con la Peugeot. Troverà il compagno di squadra, il re della Dakar, Stéphane Peterhansel, forte delle sue 12 vittorie. «L’obiettivo è ripetersi», dice il vincitore 2016. La Casa del Leo ne schiera ancora con la 3008
DKR evoluzione uno squadrone a 4 punte: oltre a Peterhansel e Loeb, ci sono il 2 volte iridato ral ly Carlos Sainz e Cyril Despres, 5 volte vincitore del rally in moto. ATTACCO Toyota mette al volan te della sua Hilux Nasser Al Atti yah, il principe del deserto con i suoi 2 trionfi alla Dakar, Nani Roma (vincitore 2004 in moto e 2014 in auto) e il sudafricano Gi niel de Villiers. Mentre la Mini del Team XRaid punta sul fin landese Mikko Hirvonen (4° al l’esordio lo scorso anno), «Orly» Terranova, Yazeed Al Rahji e 1
491 I partecipanti alla 39a edizione della Dakar, per un totale di 316 veicoli al via, 146 moto, 37 quad, 83 auto e 50 camion. Sono 59 le nazioni presenti: 68.7% per l’Europa, 22% per il Sud America
2
Bryce Menzie, la star statuniten se 3 volte vincitore della Baja 500. MOTO La KTM, imbattuta da quando il compianto Fabrizio Meoni vinse nel 2001, resta la fa vorita con la 450 Rally, che l’an no scorso ha riempito l’intero po dio, grazie al fortissimo austra liano Toby Price, al privato Ste fan Svitko, veloce e concreto, ed al cileno Pablo Quintanilla (con Husqvarna, marchio del Grup po), Campione del Mondo Cross Country Rally 2016. Tutti ricon fermati come i compagni di 3
02.01 GAZZETTA DELLO SPORT Special Dakar
31.12 GAZZETTA DELLO SPORT The adventure of the PanDAKAR LUNEDÌ 2 GENNAIO 2017 LA GAZZETTA DELLO SPORT
III
fLA PATTUGLIA AZZURRA
Da Picco a Botturi Quanto entusiasmo per i nostri piloti
1L’Italia è la 5
Nazione più presente con 11 moto, 5 equipaggi auto e 2 camion. La storia di Tassi, primo azzurro disabile a
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Giorno di riposo 8 gennaio
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Partenza 2 gennaio ASUNCIÓN
5 gennaio 10 gennaio
San Salvador de Jujuy
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2 gennaio
4 gennaio San Miguel de Tucumán
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3 gennaio
Resistencia
Chilecito
ARGENTINA
12 gennaio San Juan 13 gennaio
Rio Cuarto
URUGUAY
11 gennaio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4
BOLIVIA
7 gennaio
A
GIGANTI E FESTA Ben 50 ca mion saranno al via della Dakar 2017. I 4 Team Iveco De Rooy partiranno da favoriti come cam pioni in carica, ma dovranno ve dersela con i 4 Kamaz iscritti dal la Casa russa, che vanta 12 delle ultime 16 vittorie. Si preannun ciano numeri importanti a livello di pubblico nei Paesi ospitanti. «Ci aspetta una “Fiesta Fenome nal”» ha annunciato il patron della Dakar, Étienne Lavigne. Che l’odissea abbia inizio.
IL PERCORSO 9 MILA KM A
squadra Matthias Walkner, Sam Sunderland e Laia Sanz per KTM, così come Quintanilla e «Pela» Renet in Husqvarna. Cer cherà di arrestare questo strapo tere Joan Barreda, punta di dia mante dello squadrone Honda HRC che ha perso il promettente argentino Benavides, ma resta forte grazie a Paulo Goncalves (2° nel 2015), Ricky Brabec e Mi chael Metge. Yamaha si presenta con una squadra ulteriormente rafforzata, con il nostro Alessan dro Botturi, Helder Rodrigues (5° nel 2016), il promettente Adrien Van Beveren, 6° lo scorso anno al debutto, e il nuovo arrivo australiano Rodney Faggotter.
è sempre un buon motivo per correre la Dakar». E se lo sostiene Franco Picco, veterano della pattuglia tricolore con i suoi 61 anni e le 25 partecipazio ni, c’è da crederci. Per il pro fessionista che insegue il ri sultato, come per il semplice appassionato in cerca di av venture. Quest’anno saran no ben 28 gli italiani, quinta Nazione più rappresentata: 11 moto, 5 equipaggi auto, 2 camion. SPERANZE Tra veterani e giovani, le moto potrebbero regalarci bellissime sorpre se. Ci riproverà Alessandro Botturi, pilota ufficiale Yamaha. Col contratto in scadenza, il «Bottu» punta al riscatto. «Con la navigazione che torna protagonista, po trò fare la differenza. L’obiet tivo è finire ogni giorno nella top 10». Punta sulla costanza anche la rivelazione 2016, Jacopo Cerutti. Dodicesimo al debutto e migliore italia no, il 27enne pilota di Hu sqvarna Italia è chiamato a riconfermarsi, mentre po trebbe stupire Alessandro Ruoso (KTM), due volte campione del Mondo Baja, al debutto. La Dakar è un conto in sospeso per Luca Manca, al via per concludere un’im presa interrottasi con una caduta nel 2010. Promessa del rally italiano, Manca era nono in generale alla 6a tap pa, quando decise di aiutare Marc Coma, fermo per un problema, dandogli la pro pria ruota. L’indomani la sua corsa finì nella polvere men tre cercava di recuperare.
Arrivo 14 gennaio BUENOS AIRES 14 gennaio
GDS
Gianluca Tassi, 55 anni
Dell’incidente e del coma, Luca non ricorda molto, ma tutto di lui parla dei lunghissimi mesi di convalescenza per tornare a camminare, ad andare in bici e in moto. Oggi Manca vuol di mostrare quanto vale e scaccia re i fantasmi del passato. FAI DA TE I nostri potranno fare bene anche in «malle moto», la categoria più estrema, senza as sistenza. A partire dall’instan cabile Franco Picco, che ha esperienza da vendere, mentre quanto a velocità le speranze sono riposte su Manuel Lucche se, 28 anni, sul podio nel 2016. Tra le promesse anche Diocle ziano Toia e Livio Metelli. Per Matteo Olivetto si tratta invece del debutto ed il regalo per i suoi 40 anni. Completano la li sta moto Domenico Cipollone e Simone Agazzi. SFIDA Cinque equipaggi in au to, cinque storie da raccontare. Come quella di Gianluca Tassi, primo pilota azzurro diversa mente abile ad affrontare la Dakar. In sedia a rotelle dal 2003 per un incidente, Tassi de butta in Sud America dopo aver corso in moto in Africa. «La mia vuole essere una sfida per di mostrare, a chi si trova nelle mie condizioni, che si possono inseguire le passioni e affronta re le avventure più estreme» spiega Tassi che punta a finire con una Ford Raptor preparata dal Team RalliArt. Un camion in gara con Renato Rickler, il figlio Cesare e il meccanico Giovan netti vigileranno su Tassi e la se conda auto del team viareggino che schiera Graziano Scandola, Campione Europeo Baja e side by side, e Giammarco Fossà. Tra i veterani saranno da seguire VerzellettiCabini, pronti a sfi dare l’altopiano boliviano con la simpaticissima PanDakar. A supporto dell’utilitaria anche un Mercedes Unimog con Paolo Calabria, Loris Calubini e Bep pe Fortuna. Fanno 8 Dakar in totale per i restanti due equi paggi italiani con gli aretini Ste fano Marrini e Stefano Rossi e i gemelli Dario e Aldo De Loren zo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Chi sono
FRANCO PICCO IL VETERANO È nato a Vicenza, il 4 ottobre 1955. È uno dei veterani della Dakar, con ben 25 partecipazioni.
ALESSANDRO BOTTURI PILOTA YAMAHA È nato a Brescia, il 12 luglio 1975. È uno dei piloti ufficiali che Yamaha ha scelto per questa edizione.
LUCA MANCA LA GRANDE SFIDA Classe 1980, nella Dakar 2010 in Cile per un grave incidente è stato in coma alcuni mesi. Ma nel 2011 è tornato in sella.
28.12 CORRIERE DELLA SERA
15. 01 GAZZETTA DELLO SPORT 15.01 GAZZETTA DELLO SPORT CRONACHE
Corriere della Sera Mercoledì 28 Dicembre 2016
25 #
Dai veterani a chi cerca un riscatto La sfida dei 28 italiani alla Dakar
Il percorso BOLIVIA La Paz
Uyuni
La gara si corre dal 2 al 14 gennaio Il percorso è di 9.000 km tra Paraguay, Bolivia e Argentina. Le tappe sono 12 I partecipanti sono 491, di 56 nazionalità
È la corsa più massacrante e pericolosa del mondo e come una calamita continua ad attirare campioni, dilettanti e avventurieri da ogni angolo del pianeta. La Dakar a ogni cambiamento resiste mutando. È sopravvissuta alla scomparsa del suo inventore, Thierry Sabine, precipitato quasi 31 anni fa su un elicottero in Mali. Ha digerito il trasferimento coatto in Sud America e le minacce di Al Qaeda conservando l’Africa solo nel nome. Ha superato polemiche infinite per la lunga scia di sangue lasciata in 39 edizioni. Che sia un atto di coraggio o di follia se ne può discutere all’infinito. La molla dell’avventura però continua a scattare e il 2 gennaio al via ad Asunción ci saranno anche ventotto italiani dei quali ben undici in moto. Tanti. Il nostro è il quinto Paese
La parola RALLY DAKAR È nata come Parigi-Dakar, quando il percorso iniziava nella capitale francese e terminava in Senegal. Nel 2008 è stata annullata dopo le minacce di attentati terroristici. Dal 2009 si svolge in Sud America e si chiama Dakar
per numero di iscritti e la percentuale rispetto alla passata edizione è in crescita. Accanto a veterani come Alessandro Botturi — pilota ufficiale Yamaha— e Franco Picco, storie di riscatto, audacia e solidarietà. Uomini che hanno risparmiato fino all’ultimo centesimo per raccontarlo un giorno ai nipoti. Dovranno affrontare novemila chilometri pieni di fascino e insidie attraverso Paraguay, Bolivia e Argentina. Dalle salite a 5.000 metri ai 50 gradi del deserto, fino al traguardo finale di Buenos Aires due settimane dopo lo start. «Sarà l’edizione più dura di sempre» hanno spiegato gli organizzatori. Chi c’era ai tempi del Sahara oggi fa finta di crederci. Daniele Sparisci
Tupiza
Salta
Chilecito S. Juan
PARAGUAY
2 gennaio PARTENZA S. Salvador Asunción de Jujuy
S. Miguel de Tucuman Resistencia Rio Cuarto
ARGENTINA
14 gennaio ARRIVO Buenos Aires
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Aldo e Dario De Lorenzo
Luca Manca
«Uniti nella vita e in gara Così giriamo il mondo»
«La rinascita dopo il coma «Io in sedia a rotelle, Mi sembra la prima volta» corro contro le barriere»
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«L
oialtri le cose le facciamo per bene. Perché siamo cadorini e gemelli». Tra qualche giorno Aldo De Lorenzo, commerciante di occhiali di Pieve del Cadore, sarà ai nastri di partenza ad Asuncion, dentro una Toyota. Il suo noialtri comprende il fratello gemello Dario. In due hanno 120 anni. Dario è il pilota, Aldo il navigatore. Da più 30 anni girano il mondo con auto e camion nei rally più duri. Aldo spiega la sua teoria dell’affidabilità, che attira gli sponsor. «Divisione dei compiti. Faccio un esempio. Noialtri vendiamo occhiali: Dario li compra e io amministro. In gara: lui guida, io faccio il resto». Dario s’è sposato, Aldo pure. Dario ha divorziato e il gemello l’ha seguito. La passione per il rally l’hanno scoperta a 18 anni a Milano. Dove erano andati per vendere occhiali. La prima
gara? «Ci siamo cappottati con una Panda». Poi dopo aver girato l’Africa da turisti con un fuoristrada, si sono iscritti alla Parigi-Dakar. Era il 2001. Com’è andata? «Ci siamo fermati in Mauritania, s’è rotto il cambio». Nel 2005 il miglior piazzamento: 31° posto. Molte volte si sono persi. «Io seguo e leggo la mappa. Dico a Dario: a 200 metri svolta a sinistra, c’è una palma, c’è un sasso. Ma a volte la palma non si vede. E il sasso non c’è più». Durante una tappa in Mauritania, sono partiti alle 10 del mattino e sono arrivati il giorno dopo. Il luogo più bello? «La Libia, affascinante. Ci facevano perdere un sacco di tempo alla frontiera per il timbro sul passaporto. Ma grazie alla Dakar noialtri abbiamo imparato una cosa: fuori dall’Italia si deve essere un po’ tolleranti». Agostino Gramigna © RIPRODUZIONE RISERVATA
500
Oruro
Il via dal Paraguay il 2 gennaio. Siamo il quinto Paese per numero di iscritti La scheda
km
a seconda chance te la devi creare da solo». Ultimi ritocchi ai bagagli — «Ci metto anche la bandiera della Sardegna, la porto ovunque» — poi Luca Manca partirà per la trasferta sudamericana. Trentasei anni e due vite, prima dell’incidente e dopo. «Ma non ricordo nulla di quel giorno». Era il 7 gennaio 2010, il motociclista di Sassari si schiantava nel deserto del Cile. Andava veloce, il giorno prima aveva perso posizioni per aiutare il campione spagnolo Marc Coma, rimasto in panne. Manca è grave, resta in coma due mesi all’ospedale di Santiago. Poi il risveglio, la battaglia per tornare alla normalità e quel sogno che non si spegne. Rimontare in sella, rifare la Dakar, tornare al vecchio amore per i rally sbocciato quando era ragazzino e vedeva Fabrizio Meoni allenarsi sull’isola. «Sapevo
Gianluca Tassi
che ce l’avrei fatta». Cinque anni di allenamenti massacranti e tanti momenti difficili: «La parte più dura è stata riprendere ad andare in moto in sicurezza e poi aumentare il ritmo». Ma il fisico non basta: «Per una gara così bisogna essere forti mentalmente». E i piloti privati come lui non hanno alle spalle squadre superorganizzate, devono fare da soli, anche ripararsi il mezzo. Una sfida vinta grazie alla tenacia e all’affetto di parenti e amici. «Mi hanno aiutato tutti, perché i costi sono altissimi. Mia moglie mi ha incoraggiato in tutti modi». Da casa lo seguirà insieme ai due bimbi. Gli organizzatori non volevano farlo iscrivere, li ha convinti a colpi di esami medici e risultati. Ora si ricomincia: «Che emozione, mi sembra di partecipare per la prima volta». D. Spa. © RIPRODUZIONE RISERVATA
«È
una lotta contro le barriere, un messaggio per dire che la volontà non ha limiti. Non conta in che posizione finiremo». Gianluca Tassi è il primo pilota italiano disabile a partecipare al raid più famoso del mondo. Lo farà al volante di un pick-up con modifiche speciali. «Il senso della sfida è incoraggiare tutti quelli che sono nella mia condizione a non restare chiusi in quattro pareti. Che siano in casa o in ospedale». Dalle colline del Trasimeno al deserto, Tassi nel 1999 sfrecciava in moto sulle dune del Sahara quando la Dakar era ancora una corsa africana. Quattro anni dopo è costretto a girare in carrozzina: durante un viaggio in Perù cade dalla sua enduro e perde l’uso delle gambe. Ma non la voglia di gareggiare; continua a correre in macchina, poi fonda la Onlus «Uno di Noi»
e una scuola guida per «quelli come me». «Questi progetti sono il mio lavoro, la mia vita». Come Zanardi si rialza: «Gente come Alex, come Bebe Vio, ma anche tanti altri atleti, sono simboli di forza e speranza. Ho avuto la fortuna di insegnare a guidare a Giada Rossi (bronzo nel ping-pong alle Paralimpiadi di Rio ndr)». A 55 anni racconta da dove è partito per tornare alla Dakar: «Da lontano: bisogna essere pronti a sforzi fisici pazzeschi. Tutti i giorni ho percorso 400-500 km, mi sento in perfetta forma. La testa però conta più dei muscoli: ci sono momenti in cui devi gestire la mancanza di sonno, la stanchezza». Sul 4x4 sarà in compagnia di due amici storici: il navigatore Massimiliano e Alessandro, «loro mi hanno spinto a rimettermi in gioco». D. Spa. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Il velodromo mai concluso che doveva essere un simbolo Ritardi e controversie: i lavori a Paternò sono iniziati 23 anni fa. E sorge vicino a un’area di vulcanetti Le tappe Lo stadio di Paternò fu ceduto alla Provincia di Catania negli anni 90 per iniziare, nel ‘93, i lavori per il velodromo L’opera si fermò per una controversia fra la Provincia e la ditta costruttrice
Il velodromo di Paternò, città ai piedi dell’Etna, doveva essere un simbolo dello sport italiano ed è diventato una metafora delle tante opere pubbliche incompiute del Mezzogiorno. Una storia di inefficienze e di fondi spesi inutilmente: gli addetti ai lavori indicano una cifra di oltre dieci miliardi di vecchie lire. La vicenda risale agli anni Ottanta. L’idea dell’impianto venne ad un politico, Antonio Torrisi, il cui progetto trovò consensi bipartisan. Ma Torrisi morì prematuramente nel 1988 ed ebbe inizio l’odissea
Abbandonato L’esterno del velodromo di Paternò, ai piedi dell’Etna
del velodromo: lo stadio di calcio di Paternò venne ceduto alla Provincia di Catania negli anni ‘90 e i lavori cominciarono nel 1993. Due lustri dopo la struttura sembrava completa-
ta, l’anno seguente venne realizzata la pista ciclabile. Ma l’opera si fermò «all’ultimo metro» della pista, sorse una lunga controversia fra la Provincia e la ditta costruttrice che più avanti fallì. Il velodromo non è mai stato completato e aperto al pubblico. Da simbolo della velocità è stato ribattezzato con ironia dal giornalista Anthony Distefano nel suo sito 95047.it come il «lentodromo». Nel 2013 la Provincia lo cedette nuovamente al Comune. La struttura è da tempo in uno stato di grave degrado, più vol-
te è stata vandalizzata. L’unico record segnato è quello in negativo: 23 anni passati invano. Paradosso nel paradosso, l’impianto è stato costruito vicino ad un’area, le Salinelle, soggetta a fenomeni di vulcanesimo secondario fra i più importanti d’Italia. I vul-
Vandalizzato L’impianto non è mai entrato in funzione ed è stato più volte attaccato dai vandali
canetti eruttano colate di fango di solito innocue. Ma se vi si costruisce accanto — o sopra — è chiaro che il problema sorge. Nell’area ci sono anche alcune abitazioni. Sopra i vulcanetti. Un caso unico al mondo. Esiste un piano di salvaguardia in caso di una eruzione più ampia dei vulcanetti? «Il governo locale non dice nulla in merito» spiega la presidente del consiglio Laura Bottino. Nella Sicilia di Pirandello: «Così è (se vi pare)». Salvo Fallica © RIPRODUZIONE RISERVATA
CORRIERE DELLO SPORT ITW BOTTURI
29.11 L’UNIONE SARDA
24 Corriere dello Sport Stadio
L’intervista
sabato 31 dicembre 2016
MOTO
Il team manager della Rossa ci porta per mano nella nuova stagione
di Paolo Scalera
TARDOZZI
«La Ducati corre per il Mondiale»
Il Mondiale riprenderà ufficialmente il 25 gennaio, a Sepang, allorché i collaudatori delle sei case ufficialmente presenti in MotoGP (Honda, Yamaha, Suzuki, Ducati, Aprilia, KTM) torneranno in pista con i propri collaudatori fino al 28, in attesa di fare sul serio con i piloti ufficiali dal 30 al 1° febbraio. Intanto a farsi i dispetti Yamaha e Ducati hanno iniziato da subito. Se infatti la casa italiana, da tempo, aveva prenotato la data del 20 gennaio per la sua presentazione a Bologna, quella giapponese per rubarle la scena ha deciso di svelarsi il giorno prima a Madrid, in Spagna. Sembra proprio che quel- Davide Tardozzi, 57 anni, team manager del team ufficiale Ducati lo fra Valentino Rossi e il neoducatista Jorge Lorenzo sarà un bello scontro. Magnificato anche dall’attesa per le nuove moto, che nel 2017 dovranno fare i conti con l’ennesimo cambio regolamentare che proibisce ogni appendice aerodinamica. Le famose ali che tanto hanno fatto discutere la scorsa stagione per la supposta pericolosità in caso di contatto fra piloti. «E pensare che in Ducati erano state pensate proprio per migliorare la sicurezza sbotta Davide Tardozzi, team manager della Rossa a due ruote - gli spoiler rendevano la moto più stabile sul rettilineo, in frenata e diminuivano le impennate nella fase di accelerazione. Il fatto che tutti ci abbiamo copiato ci ha dato ragione, persino quei piloti che dicevano che le ali non servivano a niente e ora si sono resi conto di quanto meno stabile sia la moto in frenata, tanto per non far polemica... Ma dal 2017 dovremmo farne a meno. Sot- Lo spagnolo Jorge Lorenzo, 29 anni, in sella alla Ducati in occasione dei test di fine stagione a Valencia CIAMILLO tolineiamo che così la sicurezza è diminuita, non au- finitiva sarà quella che corsateci». mentata». rerà il 26 marzo in Qatar: è CALENDARIO 2017 ovvio che prima di fare le ulIl Mondiale inizierà su tre Sarà imperativo seguire i time scelte tecniche aspetpiste favorevoli alla Ducati: test in Malesia. Chissà qua- tiamo di conoscere le senLosail, Austin e Rio Hondo. GP del Qatar Losail (in notturna) li diavolerie aerodinami- sazioni di Lorenzo e Dovi- 26 marzo «Vero, e ciò vuol dire che sarà GP d’Argentina Termas de Rio Hondo ancora più difficile vincere che dobbiamo aspettarci zioso. Peraltro nel test a Va- 9 aprile 23 aprile GP degli Stati Uniti Austin a Sepang... lencia coincidevano». su quelle piste perché i no7 maggio GP di Spagna Jerez «Non da parte nostra. Farestri avversari non si faranGP di Francia Le Mans mo dei test comparativi fra Come si farà a recuperare 21 maggio no trovare impreparati. PiutGP d’Italia Mugello le vecchie e le nuove carena- il carico perso con l’aboli- 4 giugno tosto il vero banco di prova 11 giugno GP di Catalogna Montmelò ture, ma esteriormente non zione delle ali? per noi sarà la quarta prova, GP d’Olanda Assen vedrete grandi differenze». «Con prove di bilanciamen- 25 giugno a Jerez perché è un circuito GP di Germania Sachsenring to. Dovremmo trovare anche 16 luglio dove abbiamo sempre fatiGP della Rep. Ceca Brno Si va verso lo stile F.1 con la stessa trazione. Cerchere- 6 agosto cato molto». GP d’Austria Red Bull Ring Mercedes e Ferrari che sve- mo un compromesso, per- 13 agosto GP di Gran Bretagna Silverstone lano la nuova aerodinami- ché se la moto accelerasse 27 agosto Avete già il programma dei GP di San Marino Misano ca solo in occasione del pri- senza ali come con gli spoi- 10 settembre test? GP di Aragona Aragon mo Gran Premio? ler questi non sarebbero ser- 24 settembre «Inizierà Michele Pirro il 25 GP del Giappone Motegi «Le nuove moto inizieran- viti a niente. Abbiamo ovvia- 15 ottobre gennaio e proverà tre giorni. GP d’Australia Phillip Island no ad essere assemblate il 10 mente fatto anche degli studi 22 ottobre Casey Stoner probabilmente GP di Malesia Sepang gennaio a Borgo Panigale. Si- in galleria del vento. Quali? 29 ottobre solo due, dal giorno succesGP Com. Valenciana Valencia curamente però la GP17 de- Ce li teniamo per noi, scu- 12 novembre sivo. Quindi dal 28 all’1 feb-
«Se ingaggi un tre volte campione iridato non puoi più nasconderti. Ma ci diamo due stagioni per farcela»
Si comincia il 26 marzo a Losail
La nuova Ducati «Le sensazioni di Lorenzo e Dovizioso coincidono. Vedrete la vera GP17 solo al via, in Qatar» La terza moto «Potrebbe essere Petrucci a testare un’evoluzione qualora ce ne fosse un solo semplare» Gli avversari «Yamaha e Honda schierano campioni del mondo, ma occhio alla Suzuki in mano a Iannone» L’aerodinamica «Le alette erano la strada giusta, ce le hanno copiate tutti Senza, la sicurezza è diminuita» Le nuove regole «Si potranno usare due carenature più quella del 2016, ma il regolamento non è per nulla preciso»
braio al 29 ci occuperemo dell’istallazione delle GP17 di Lorenzo e Dovizioso che proveranno dal 30 al 1 febbraio». Chiariscici, per favore, qual è il nuovo regolamento tecnico relativo all’aerodinamica. «Semplice. A Valencia è stata omologata una carenatura. Nel 2017 se ne potranno sviluppare solo due, una delle quali dovrà essere omologata prima del GP del Qatar. Durante l’anno si potrà indifferentemente utilizzare una delle due, o eventualmente quella 2016 senza ali. Purtroppo il regolamento non è precisissimo su ciò che si può fare e ciò che non si può fare, tant’è che l’ultima parola, inappellabile, spetterà al direttore tecnico della Dorna, Danny Aldridge, che dopo un esame visivo dirà “sì, va bene” o “no, non si può fare”». Un sistema discutibile, a dir poco. Specie tenendo conto che aerodinamicamente parlando si è fatto un grosso passo indietro. Non solo la MV Agusta provò con degli spoiler sulla carenatura, ma la Suzuki li utilizzò con Barry Sheene dal 1976. «Inutile rivangare. Ora non rimane che andare in pista a provare». Nel 2017 ci saranno tre GP17 in pista. Ne avrà infatti anche una il team Pramac per Danilo Petrucci. «All’inizio della stagione saranno identiche fra di loro. Poi è possibile che, qualora una evoluzione sia disponibile in un unico esemplare Dall’Igna decida di farlo pro-
vare a Petrucci». L’obiettivo quest’anno è dichiarato. Se nel 2016 quello di vincere un Gran Premio è stato centrato con le vittorie di Iannone e Dovizioso... «...nel 2017 proveremo a stare sempre lì davanti con i migliori, cercando di vincere il titolo. Quando una casa prende un tre volte campione del mondo non ci si può più nascondere dietro ad un dito. L’obiettivo è il mondiale entro il 2018. Ci diamo due stagioni di tempo ma quella che io chiamo l’”era Dall’Igna” fino ad oggi è stata estremamente positiva se ci ha consentito di ingaggiare un pilota del calibro di Lorenzo». Fra gli avversari chi temete di più fra Yamaha ed Honda? «Entrambi, perché entrambi hanno in squadra piloti campioni del mondo che ci hanno già mostrato di cosa sono capaci. Senza dimenticare la Suzuki con Iannone, un pilota di cui abbiamo grande rispetto». Jorge Lorenzo è già venuto a farvi visita al reparto corse? Troverà qualche rinforzo tecnico? «La risposta è no per entrambe le domande. Jorge sta rispettando il suo contratto con la Yamaha quindi verrà a Borgo Panigale solo dopo le feste, dal 9 febbraio. Quanto a rinforzi tecnici, crediamo di non averne bisogno. Com’è noto Lorenzo ha portato con sé solo il suo meccanico storico, Juan Llansa, mentre il suo capotecnico Christian ‘C2’ Gabarrini, l’ex di Stoner che lo aveva seguito in Honda ora è tornato con noi». Buffer Overflow
RAID DAKAR
Botturi: Porto la mia Yamaha a 5000 metri lunedì in paraguay sarà l’unico centauro italiano al via. «per prepararmi mi sono allenato per mesi nel deserto» di Riccardo Guglielmetti
Nel suo volto c'è voglia di riscatto. È questo l'obiettivo di Alessandro Botturi per la Dakar, che prenderà il via lunedì 2 gennaio da Asunción, in Paraguay. Ancora una volta sarà l'unico pilota tricolore, degli undici presenti, in sella a una moto ufficiale. Avrà il compito di tenere alti i colori Yamaha con i compagni Helder Rodrigues, Adrien Van Beveren e Rodney Faggotter. Per il pilota di Lumezzane l'edizione 2016 del RAID sudamericano è stata di quelle da dimenticare. Nei suoi occhi c'è ancora un pizzico di amarezza: «Un anno fa ero partito con ben altre aspettative: inizialmente ho rimediato quell'infortunio al polso che ha reso tutto più complicato. Alla sera, appena arrivavo al bivacco, mi facevo subito curare dai medici, senza nemmeno pensare
alla moto o confrontarmi con meccanici e ingegneri. Poi c'è stato qualche problema alla Yamaha, tanto da essere costretto al ritiro». FIDUCIA. Adesso però è giunto il momento di voltare pagina. Il peggio è ormai alle spalle e Alessandro Botturi e pronto per la nuova sfida: «A febbraio mi sono sottoposto all'intervento chirurgico al polso - ha spiegato - in seguito ho ripreso gli allenamenti in palestra e con la bicicletta». Poi la fase conclusiva della preparazione in Marocco: «Negli ultimi mesi mi sono allenato nel deserto. E’ fondamentale, perché ti permette di entrare già in clima gara. Ora mi sento in forma, consapevole di avere le motivazioni che servono per questa mia settima partecipazione al Raid». STRATEGA. L'edizione 2017 del-
Alessandro Botturi, 41 anni REUTERS
la Dakar è stata definita come una delle più estreme di sempre, tanto che si arriverà a sfiorare addirittura i 5000 metri. Le tappe in Bolivia potranno diventare quindi decisive per la classifica. «Le prove in entrata e uscita avranno sicuramen-
to a concludere ogni prova nella top ten. Nell'ultima edizione, nonostante l'infortunio, riuscivo ad essere vicino ai primi dieci e so che posso ripetermi anche in questa occasione. La navigazione rimane il mio punto forte e mi concentrerò soprattutto su questo aspetto».
«La navigazione rimane il mio punto forte: voglio concentrarmi su questo aspetto»
SORPRESE. Ovviamente si dovrà fare i conti con la concorrenza, più agguerrita che mai. Tutti i favori del pronostico sono per il campione in carica, Toby Price, primo australiano nella storia a vincere una Dakar. Secondo Botturi non mancheranno però le sorprese: «Toby ha vinto l'ultima Dakar e sarà l'avversario da battere. Io però dico di fare molta attenzione a Barreda. È un pilota veloce, inoltre la sua Honda sarà molto competitiva. Potrebbe essere proprio Joan una delle rivelazioni di quest'anno».
te un peso speciale - ha analizzato Botturi - l'altitudine si fa sentire, inoltre il meteo potrebbe riservare colpi di scena». Rispetto allo scorso anno, questa volta il pilota lombardo avrà una strategia differente: «In passato decisi di partire subito all'attacco, adesso invece voglio essere regolare, pun-
ass
LE TAPPE
Partenza da Asunción (r.g.) Sarà il Paraguay, 29° Paese nella storia ad ospitare la Dakar, a dare il via all'edizione 2017 nella giornata di lunedì 2 gennaio. Ben 9000 chilometri di percorso con circa 4200 chilometri di prove suddivise in dodici tappe. Dal Paraguay all'Argentina, per poi passare alla Bolivia, dove la carovana arriverà a sfiorare i 5000 metri di altitudine. Domenica 8 gennaio la giornata di riposo a La Paz, poi si riparte per il gran finale e il tradizionale arrivo a Buenos Aires. Tra auto, moto e camion saranno ben 28 i piloti azzurri al via del RAID. L'Italia è la quinta Nazione
tra le più rappresentate dopo Francia, Olanda, Argentina e Spagna. LE TAPPE DELLA DAKAR
2/01 Asunción - Resistencia; 3/01 Resistencia - San Miguel de Tucumán; 4/01 San Miguel de Tucumán San Salvador de Jujuy; 5/01 San Salvador de Jujuy Tupiza; 6/01 Tupiza - Oruro; 7/01 Oruro - La Paz; 8/1 - Giorno di riposo a La Paz; 9/01 La Paz - Uyuni; 10/01 Uyuni - Salta; 11/01 Salta Chilecito; 12/01 Chilecito - San Juan; 13/01 San Juan - Rio Cuarto; 14/01 Rio Cuarto - Buenos Aires. ass
02.01 L’UNIONE SARDA
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Sette s.r.l. editori Rivista bimestrale
GENNAIO FEBBRAIO
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al mondo dell’enduro
About a Boy
Intervista a Marc Coma
Oggi il gps è fondamentale per lasteVe sicurezza del pilota e diviene HolcoMbe impossibile poterne fare a meno".
VAnni odderA
P.I. 04/01/2017 - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/02/2004 n° 46) Art. 1, Comma 1, DCB-Perugia
endurista :: numero 44 :: Gennaio / Febbraio 2017 ::
RIVISTA BIMESTRALE INTERAMENTE DEDICATA AL MONDO DELL’ENDURO
MArc coMA AlessAndro botturi luCa MaNCa • ivaN CervaNtes Gerard Farres • MiGuel Puertas
Per molti piloti, l'evoluzione della pratica off-road su 2 ruote segue spesso questa parabola: enduro e poi rally, mentre i professionisti passano a volte all’automobile ottenendo da subito ottimi risultati. Ritieni che l’uso delle due ruote in qualche modo aiuti a guidare anche l’auto? test tecnicA "Sicuramente la percezione tuo set-uP HondA crF 450rX delsosPeNsioNi Kit X-oNe dal soGGio HusqVArnA occhio alla velocità serve nella moto tMt4 tirecHArger te 300 / Fe 250 • 2017 come nell’auto. Auto e moto però sono discipline molto differenti, con l’auto sei chiuso nell’abitacolo e isolato dal parabrezza, invece con la moto sei esposto e vivi sulla tua pelle tutte le sensazioni come pioggia, vento, sabbia ecc… Personalmente non sono attratto dall’esperienza dell’auto, ho partecipato a qualche gara e mi sono divertito, ma quando sei pilota professionista di moto non si ha tanto tempo per fare altro". Per un rallista e per un endurista la tecnica nella guida è fondamentale per ottenere la massima prestazione. A questo si aggiunge anche un’adeguata preparazione fisica, quali sono le differenze di preparazione tra un pilota di rally e un pilota di enduro? "Potremmo parlare di questo per per ore. La resistenza è la preparazione fondamentale per una gara come la
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Dakar ed è completamente diverso da una gara di enduro. Sono discipline dfferenti ed entrambe esigono preparazioni precise. Ci sono sempre due ruote e una moto da condurre, ma il tempo di guida e la fisicità impiegata cambiano completamente la preparazione. Potremmo paragonare il tutto all’atleta che partecipa ad una maratona o ad un centometrista". Ci puoi indicare brevemente quali sono gli esercizi fisici che tassativamente un rallista non può fare a meno di praticare (ad esempio cardio, bici, etc..)? "Quando mi preparavo alla Dakar il mio allenamento era di un anno intero, un anno di lavoro a fuoco. Una preparazione per una gara come la Dakar è una preparazione molto impegnativa, progressiva e che varia dal cardio al potenziamento, alla guida. E’, come al solito, una combinazione di tutto, ci vuole una grande pianificazione, una grande forza di volontà perché richiede un enorme investimento di energie e la cosa buffa è che nel mio caso iniziava nuovamente appena terminata la gara".
dakariani Alessandro luca Botturi manca In previsione di questa Dakar 2017, non potevamo non riservare spazio a due personaggi illustri. Per questo abbiamo intervistato per voi Alessandro Botturi, l'unico pilota italiano "ufficiale" a prendere il via alla corsa e Luca Manca, all'inseguimento del suo sogno interrottosi qualche anno fa in seguito ad un brutto incidente proprio durante questa corsa.
Ultima cosa: Gio Sala mi ha chiesto di domandarti se era più bravo come tuo uomo ombra o come preparatore? "Ahahahah Gio è fantastico davvero". ||
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Dakariani interview
Botturi e Manca
Alessandro Botturi Testo: Edoardo Disetti Foto: Rally Zone, Bauer Barni
Intervista ad Alessandro Botturi
C
iao Alessandro, partiamo così a freddo. Chi è Alessandro Botturi? Come nasci e dove sei arrivato? Be’, sono nato come tutti gli altri, credo… ;) Sono un motociclista che ha alle spalle tanti anni di enduro e, oggi, la soddisfazione di aver raggiunto discreti risultati. Ho vinto diversi titoli italiani e 2 mondiali a squadre. Ho conquistato alcune vittorie di tappa nel mondiale e il podio a fine campionato. Il rammarico più grande che ho - che peraltro non è proprio un rammarico, dal momento che mi sono sempre impegnato al 100% - è stato il titolo mondiale individuale, dove ho raggiunto il podio alla finale, ma mai la vittoria. Questo anche perché ho trovato sempre avversari molto forti come Merrimann (se non ci fosse stato lui avrei vinto qualche titolo italiano degli assoluti) e Mika Ahola, solo per citarne alcuni.
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In che anno hai partecipato al tuo primo mondiale? Il mio primo mondiale risale al 1999, dopodiché ho corso sino al 2011. Dodici anni di gare sono davvero tanti. Ora sono nel mondo del rally da 5 anni durante i quali ho vinto in Sardegna, al Merzouga e al Transanatolia. Insomma, qualche rally internazionale l’ho portato a casa, come anche il titolo italiano nel rally TT e il titolo italiano motorally assoluto. In fondo non mi posso lamentare, ma sarebbe davvero bello fare qualcosa di importante alla Dakar. Che dici della Dakar, ce la portiamo a casa quest’anno? Be’, vincere la Dakar è complicato perché il livello è davvero altissimo, però il mio obiettivo anche per quest’anno sarà di fare bene e dare sempre il massimo. Non mi aspetto niente di “fuori di testa” ma almeno voglio essere molto competitivo, che per me è la cosa
più importante: mi è sempre piaciuto gareggiare e battagliare per la vittoria. A tal proposito mi viene in mente quella volta all’Hell’s Gate in cui ho lottato fino alla fine arrivando, però, secondo dopo un certo Blazusiak. Caratterialmente come pilota non mi sono mai accontentato e questo è sempre stato un grande stimolo per dare sempre il 120%. Magari ho sempre peccato un po’ sulla tecnica, ma nella mia carriera ho colmato questo vuoto con la grinta! Che differenza trovi tra l’enduro e il mondo dei rally a livello professionale? Oggi nei rally internazionali, come per esempio la Dakar, c’è molta professionalità e soprattutto molta velocità, il che rende l’enduro e i rally discipline molto simili; questo aspetto della professionalità e alto livello mi piacerebbe fosse applicato anche nel motorally italiano e sto lavorando in questa direzione.
Oggi sono arrivati piloti molto giovani, velocissimi e bravi a navigare e credo di essere stato un buon traino. Penso che anche gli organizzatori abbiano capito il mio impegno per far crescere e alzare il livello di questa disciplina. Sono ormai 3 anni che sei con Yamaha (questa è la terza Dakar col marchio giapponese). Cosa è cambiato in termini di preparazione della moto? Hai fatto più test quest’anno rispetto agli anni scorsi o hai curato di più la tua preparazione atletica? Lo sviluppo della moto l’ha curato di più il mio compagno di squadra, Elder Rodriguez, che in questo si è dimostrato veramente bravo e un ottimo collaudatore.
Quando è entrato in Yamaha si è assunto da subito questa responsabilità e si è creato un team dedicato proprio per svolgere questa funzione. Io ho curato più la mia preparazione e ho dato il mio supporto nel far crescere un giovane pilota come Adrien Van Beveren. La richiesta lo scorso anno è arrivata da Yamaha e io ho accettato molto volentieri. Per quanto riguarda il mio rapporto con la casa dei tre diapason, posso dire che ho un contratto firmato fino alla fine di questa Dakar e per quanto riguarda il futuro ho diversi progetti a cui sto pensando. Ho recentemente scoperto che la mia immagine non è soltanto quella di pilota di enduro e rally, ma anche quella di una persona aperta al dialogo e che sa stare in mezzo alla gente. In occasione dell’inaugurazione al salone
di Milano sono stato presentato al fianco di Agostini e Max Biaggi. Eventi come questi sono molto stimolanti per me e trovo che, in generale, il fatto che un pilota off-road sia invitato a presenziare accanto a velocisti che hanno fatto la storia del motociclismo italiano nel mondo, sia un fattore molto importante per le discipline dell’enduro e del rally. In questi giorni ho fatto un’intervista per la rivista Rolling Stone e penso che sdoganare il mondo dell’enduro e portarlo a questi livelli possa fare solo del bene. In effetti nel mondo dell’off-road, solo Antonio Cairoli è riuscito ad arrivare a questi livelli di popolarità. Si certo, Tony ci è riuscito e non va dimenticato che lui ha fatto davvero la storia del motocross mondiale e per
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Dakariani interview
luca manca
Botturi e Manca
questo ho grande stima di lui. Quando atleti come Cairoli o, per esempio, Valentino Rossi riescono non solo a vincere, ma anche a rendere così popolare l’ambiente in cui gareggiano con un seguito di milioni di fans, mantenendo la competizione sempre a livelli altissimi e nel rispetto della sportività, tutti dovrebbero rendere loro merito.
Cosa ci dici della tua moto? Pensi che la Yamaha, a livello competitivo, abbia recuperato il gap con le altre? La Yamaha c’è, ma anche i nostri avversari stanno lavorando moltissimo sui loro mezzi. KTM, ad esempio, riesce sempre all’ultimo, a sprigionare qualche cavallo in più.
Dunque Alessandro Botturi avrà anche un progetto fuori dalle gare? Si, a 40 anni ho la motivazione giusta, tuttavia mi sto ancora divertendo come pilota e ho tantissimi stimoli.
Quanti cavalli servono per tentare la vittoria in un rally come la Dakar? Si superano i 60 cv e per essere davvero competitivi il pilota deve poter superare la velocità di 170 Km/ora con agilità. E’ molto importante poi anche l’erogazione del motore per poter riprendere la velocità. Diviene quindi fondamentale lavorare molto sulla coppia.
A proposito del tuo infortunio, come va il polso? Non sono ancora al 100%, ma ho raggiunto un buon livello. Già in Marocco ho fatto delle ottime tappe e sono riuscito a terminarle senza dolore. Certo dopo tanti chilometri in moto provo ancora della sofferenza e fastidi, ma ho quasi 2 mesi per recuperare completamente.
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Ma la base della tua Yamaha rimane sempre il modello cross? No, la moto con cui correrò alla Dakar nasce dallo sviluppo del modello base WR 450F. Yamaha ha poi in programma
di sviluppare questo kit di trasformazione e metterlo a disposizione dei piloti privati appassionati che vogliono trasformare la propria enduro in una vera moto da rally a prezzi, però, competitivi. Qualche aneddoto sull’ultima Dakar? La mia ultima Dakar ha avuto un po’ il sapore amaro dal momento che il secondo giorno mi sono rotto il polso. Da quel momento ho iniziato a soffrire, ma non ero intenzionato a ritirarmi perché ero in decima posizione e in fase di recupero. Tuttavia poco dopo mi sono ritirato per la rottura della moto. Ero molto dispiaciuto, ma effettivamente in quelle condizioni non potevo davvero fare di più. Quale è stato il momento più bello dei tuoi 6 anni di Dakar? Non c’è nulla di più bello come la partenza della prima Dakar. Una grandissima emozione, per me un’esperienza unica. Ricordo come fosse ora che sotto il casco ridevo e non mi
rendevo nemmeno conto di essere effettivamente al via della Dakar. Quindi anche tu sei un essere umano e come un semplice amatore, hai provato un’emozione fortissima? Si, ero quasi incredulo. A fine Dakar poi ho apprezzato tutti i partecipanti ed ero contento per tutti loro solo per il fatto di aver portato a termine un’impresa incredibile. Ma quando facevi enduro avresti mai pensato di correre un giorno la Dakar? Devo confessarvi che correre la Dakar è sempre stato un mio grande sogno, un sogno che ho rincorso sin da ragazzino. Erano un po’ di anni che desideravo parteciparvi e mi è sempre piaciuto pensare di poter chiudere la mia carriera con la partecipazione almeno ad un’edizione. …e alla fine ne hai fatte ben 6! Grazie Botturi e in bocca al lupo!
Foto: Alessio Corradini, Rally Zone, Bauer Barni
DUE PAROLE CON LUCA MANCA di Alessio Corradini Partiamo da lontano, raccontaci del tuo incidente alla Dakar. Mi ricordo fino ad un’ora prima dell’incidente. Stavo recuperando moto e quad su un plateu molto veloce. Poi il buio fino ad addirittura due anni dopo. Ho preso psicofarmaci a lungo, avevo un grosso ematoma e sono rimaste cicatrici nel cervello. Ho avuto problemi a parlare e con la memoria a breve termine. È stato come essere bambino una seconda volta, ho dovuto imparare da capo molte cose. Ho recuperato completamente ma ci è voluto molto tempo ed impegno.
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Dakariani interview
Botturi e Manca
ducati racing story il primo FASCiColo: lA deSmoSediCi gp 2016
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E 3 ,00
the test triumph bonneville
bobber
sfide 2017 2. puntata 17/23 gennaio 2017 - Settimanale - Anno XLI - Fascicolo 1999
dall’igna riflessioni alla vigilia
marco melandri
di una stagione attesissima
tecnica moto2 perché la triumph
sostituirà la honda
supercross usa roczen-dungey sfida stellare
enduro soreca e cavallo
Qual è il tuo obiettivo? In quale posizione pensi di poter viaggiare? Penso di poter stare con i primi. Farò del mio meglio. In questi ultimi mesi ho lavorato e mi sono allenato il più possibile. Niente vita sociale, tra un po’ neanche quasi con mia moglie! ;)
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La Dakar è cambiata, però. Ora i piloti della vecchia guardia faticano un po’. C’è poca navigazione e molta velocità. È vero, ma è anche molto più dura fisicamente ed io sono ben preparato. Ci vuole anche testa, bisogna tenere duro fino alla fine. Vado con l’obiettivo di finire la gara, ma penso che se tutto fila liscio riuscirò a fare anche un buon piazzamento. L’importante è essere sereni! In bocca al lupo. Ci vediamo al ritorno!
ESCLUSIVO
nEgLI OCChI dELL’
aprilia
l’evoluzione, il ruolo attuale, la motogp e l’insolito legame con sBK e stocK. priorità e oBiettivi. parla romano alBesiano
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resta imbattuta
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Parliamo di Dakar sud americana, con quale team correrai? Andrò con il Pedregà team, ero con loro anche al Merzouga. Saremo quattro piloti e quattro meccanici e correrò con la KTM 450 rally. Avrò delle buone sospensioni, fornite dalla casa madre appositamente.
dakar da 16 anni la ktm
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Qual è stato il primo rally in cui sei tornato a correre? Prima di tornare ai rally ho preso parte al mondiale di enduro ed al Baja. La prima gara in Africa è stata il Merzouga Rally e di recente l’Oilibya Rally per supportare Carlo Seminara.
Se questa Dakar va bene, pensi che si possano aprire le porte di un team ufficiale? Non vado male, penso di poter fare un buon risultato. Quindi perché no? Ho sempre corso da privato, grazie a sponsor e amici. Il mio sogno è fare un risultato di rilievo, ho trentaquattro anni e mi piace pensare che ho ancora molti anni per correre. Fabrizio Meoni a 45 anni correva ancora e se la giocava con i primi. Un team ufficiale è possibile, ci spero!
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Mi sono allenato in bicicletta e poi con il 125 in pista, correvo insieme ai bambini con l’85. Per i grandi ero d’intralcio! Ho dovuto imparare da capo i salti, la percorrenza in curva…
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 46/2004) art.1, c.1, DCB Bologna PTE CONT. 5,50 Euro - CH CT 7,70 Chf
speranze azzurre
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i l b i l a n c i o di Edoardo bauEr
Sam Sunderland, britannico residente in Dubai ed ex crossista, molte volte nella sua carriera è stato tradito dall’entusiasmo. Ma questa volta non ha sbagliato, e ha vinto.
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UENOS AIRES - Settecento chilometri di interminabile asfalto, da Rio Cuarto a Buenos Aires, dopo una prova speciale breve e tranquilla. L’ultima fatica prima di salire sull’agognato podio della Dakar nella capitale argentina. Dodici tappe scivolate via giorno dopo giorno, tra storie umane commoventi, gioie, dolori, fatica. La Dakar è un mondo, un microcosmo che ti fa sentire parte di qualcosa di grande, unico, una scuola di vita e di sopravvivenza, «Una sfida per chi partecipa, un sogno per chi resta a casa» come era solito dire il suo inventore Thierry Sabine, che forse neppure immaginava
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Gli avversari più pericolosi si autoeliminano, la squadra Honda viene penalizzata per un rifornimento: sam sunderland non sbaGlia e vince. Ktm imbattuta da 16 anni
WONDERLAND
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IL BILANCIO
come la sua gara si sarebbe evoluta in questi quarant’anni. Evoluzione, tecnologia, team ufficiali super esperti, moto sempre più sofisticate e affidabili, alla Dakar non sono sufficienti: in questa sfida estrema il fattore umano è sempre importante e in questa 39a edizione ha brillato la stella di Sam Sunderland, inglese di Poole ma residente in Dubai. Proveniente dal motocross, Sam ha avuto una carriera non semplice nei rally, costellata di ritiri e incidenti, ma in questa Dakar ha sbagliato meno degli altri, certo meno del vincitore della scorsa edizione e grande favorito, Toby Price, fuori nella quarta tappa con un femore rotto. Sunderland ha poi avuto in Pablo Quintanilla l’avversario più pericoloso, lo stesso con cui ha combattuto, perdendo, per tutto il Mondiale 2016, ma anche il cileno si è autoeliminato nella terzultima tappa in seguito a una caduta. Alle spalle del britannico al traguardo di Buenos Aires si è così installato Matthias Walkner, anch’egli ex crossista e pupillo di Heinz Kinigadner. Una grande soddisfazione per l’austriaco, da poco rientrato alle gare dopo un incidente all’inizio della scorsa stagione.
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Matthias Walkner si è ben ripreso dall’infortunio di cui è stato vittima all’inizio della scorsa stagione. Sotto, la festa di Sunderland; sotto a destra, il super privato Farres, terzo.
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IL BILANCIO
Barreda (11) ha rimontato ferocemente dopo la penalizzazione ma è risalito solo fino al quinto posto, alle spalle di Van Beveren (in basso), re dell’Enduro del Touquet.
l’impronta di marc coma
è stata dura! Ritmi elevatissimi e più impoRtanza alla navigazione. l’incognita del maltempo
Ma che Dakar è stata la 39a edizione? Quella delle tre Capitali Asuncion, La Paz e Buenos Aires? È stata la prima con una forte impronta da parte di Marc Coma, il direttore sportivo, che nel suo disegno globale aveva in mente soprattutto di ridare alla navigazione un ruolo fondamentale. Oltre a questo, intendeva rendere la Dakar una sfida ancora più estrema per uomini e mezzi. Compiti non facili in un’epoca nella quale la tecnologia ha cambiato molto lo spirito dei rally, ma il cinque volte vincitore della Dakar sta mettendo in campo tutta l’esperienza di anni di corse ai massimi livelli e ovviamente conosc tutti i trucchi del “mestiere”. L’introduzione dei nuovi WPC, punti GPS di passaggio obbligatorio che vengono convalidati solo quando vi si transita in prossimità, sta sortendo gli effetti sperati, e le penalità per il salto degli stessi sono fioccate copiose in questa edizione, così come gli errori di navigazione che non hanno risparmiato nessuno. La nuova generazione di piloti che sono approdati negli ultimi anni alla Dakar ha impresso ritmi allucinanti e velocità stratosferiche, aumentando quindi il rischio di errore, come dimostra l’incidente di Price. Questo Marc Coma lo sa bene e sta cercando tutte le vie praticabili per abbassare un po’ il ritmo.
Ma il più felice
di tutti era forse Gerard Farres, terzo al traguardo in sella a una KTM privata del Team Himoinsa. “Farreti” è un veterano dei rally, ha corso con Aprilia ai tempi di Chaleco Lopez ed era alla sua decima Dakar, e – pur consapevole del suo potenziale – non si sarebbe mai aspettato di finire sul podio. Ha lottato sul filo dei secondi con l’ufficiale Yamaha Adrien Van Beveren, l’asso dell’Enduro del Touquet, tanto che nell’ultima speciale i 48 secondi che li separavano non sono cambiati di una virgola. F Sorprende non vedere nemmeno un pilota Honda nelle primissime posizioni e il motivo è presto spiegato: tutti i piloti HRC sono stati penalizzati di un’ora per un rifornimento non autorizzato. Nella quarta tappa che portava da San Salvador de Jujuy a Tupiza, in Bolivia, c’era un breve tratto di neu-
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Quanto alla durezza, con l’annullamento della sesta tappa per maltempo, e della nona – seconda parte della tappa marathon –, oltre all’accorciamento di alcune speciali, la Dakar si è mantenuta sui suoi standard. Senza gli annullamenti, con tutta probabilità staremmo parlando della Dakar più dura della storia sudamericana, come quella vecchia volpe di Marc Coma aveva promesso… Quanto visto in questa edizione è stata un’escalation di elementi atmosferici che hanno fatto sembrare la Dakar una fornitissima spa, un “centro benessere” che ha accolto i piloti con il bagno turco del Paraguay, la sauna finlandese dell’Argentina e la crioterapia con fanghi della Bolivia, senza contare i problemi legati all’altitudine, dato che si è viaggiato costantemente tra i 3500 e i 4500 metri per tutta la permanenza boliviana. Gli annullamenti e i problemi climatici sono diventati una costante negli ultimi anni, la cosiddetta estate boliviana non risparmia niente e nessuno e questo dovrebbe convincere gli organizzatori a rivedere un po’ le cose, soprattutto i trasferimenti lunghissimi che hanno costretto le assistenze e tante altre figure a ritmi disumani.
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IL BILANCIO
tralizzazione per passare la frontiera e Barreda, Gonçalves, Brabec, Metge e Caimi sono andati a rifornirsi al vicino distributore, dato che erano partiti con meno carburante degli altri. Una “leggerezza” costata carissima a piloti che puntavano senza mezzi termini a vincere la Dakar. Martino Bianchi, il general manager HRC, l’ha spiegata così: «È stato un errore del team, al briefing della sera prima si era capito che ci sarebbe stato un rifornimento dell’organizzazione nel tratto di neutralizzazione alla frontiera boliviana, ma non era così, quindi i piloti sono stati costretti a rifornirsi al vicino distributore».
TanT’è,
Joan Barreda come suo solito ha vinto speciali su speciali, riguadagnando terreno giorno dopo giorno e risalendo fino alla quinta posizione, e lo stesso ha fatto il suo compagno di squadra Paulo Gonçalves. I 43 minuti di distacco da Sunderland, detratti dei 58 di penalità… consegnerebbero abbondantemente la vittoria allo spagnolo, ma questa è solo mera filosofia che alla Dakar lascia il tempo che trova. Quel che è certo è che Barreda è sembrato determinato come non mai, così come Gonçalves e l’intero team HRC, che per una leggerezza ha perso un’occasione eccezionale. Il risultato finale suona come una maledizione per tutte le Case che non siano colorate di arancione: tre KTM sul podio, una delle quali privata…
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l’avventura all’italiana
classifica finale
Undici azzurri al via, cinque al traguardo. Agazzi il migliore ma Picco è un superuomo Degli undici italiani al via ne sono arrivati al traguardo cinque. I nostri due migliori esponenti, Alessandro Botturi e Jacopo Cerutti, sono usciti rispettivamente nella quarta e nella terza tappa. Cerutti ha riportato un profondo taglio alla mano, ha finito la speciale ma i medici lo hanno vivamente consigliato di non ripartire. Botturi è caduto a pochi chilometri dalla fine della quarta giornata, picchiando con la testa sulle pietre e rimanendo svenuto per alcuni minuti. Nulla di grave per fortuna, dopo i controlli medici il Bottu è ricomparso alla giornata di riposo di La Paz, prima di rientrare in Italia. Il miglior esponente nazionale al traguardo è stato così Simone Agazzi, alla sua seconda Dakar con una Honda ufficiale tra le mani. 37° al traguardo, ha preceduto Alessandro Ruoso, specialista della baja al suo secondo rally e alla sua prima Dakar. Ruoso ha dovuto stringere i denti per una frattura alla mano occorsagli nella decima tappa. Poi troviamo gli eroi della “malles moto”, quelli la cui vita alla Dakar è racchiusa in una cassa di metallo, quelli che devono fare tutto da soli e passano le notti a sistemare i danni della tappa: Manuel Lucchese è 51°, Diocleziano Toia 58°, il sessantunenne Franco Picco 85°. Ritirati Domenico Cipollone, Livio Metelli, Matteo Olivetto (sfortunato con il motore out nella penultima tappa) e Luca Manca.
Simone Agazzi (sopra), trentasettesimo, è stato il migliore degli italiani, ma Franco Picco (sotto), arrivato in fondo a 61 anni, è stato eroico. Sotto a sinistra, Paulo Gonçalves, sesto. Essere velocissimo non è bastato.
1. Sunderland (KTM) in 32’06’22”; 2. Walkner (KTM) a 32’00”; 3. Farres (KTM) a 35’40”; 4. Van Beveren (Yamaha) a 36’28”; 5. Barreda (Honda) a 43’08”; 6. Gonçalves (Honda) a 52’29”; 7. Renet (Husqvarna) a 57’35”; 8. Caimi (Honda) a 1’42’18”; 9. Rodrigues H. (Yamaha) a 2’03’06”; 10. Rodrigues J. (Hero Speedbrain) a 2’19’37”; 11. Salvatierra (KTM) a 2’22’53”; 12. Klymciw (Husqvarna) a 2’23’30”; 13. Pedrero Garcia Sherco a 2’32’46”; 14. Metge M. (Honda) a 2’38’32”; 15. Duplessis (KTM) a 3’01’04”; 16. Sanz (KTM) a 3’01’54”; 17. Gyenes (KTM) a 3’48’36”; 18. Smith (KTM) a 3’53’25”; 19. Oliveras Carreras (KTM) a 3’59’57”; 20. Patrao (KTM) a 4’04’30”; 21. España Muñoz (KTM) a 4’10’26”; 22. Metge A. Sherco a 4’19’09”; 23. Gimeno García (KTM) a 4’39’15”; 24. Nosiglia Jager D. (Honda) a 4’53’33”; 25. Svitko (KTM) a 5’17’50”; 26. Reis (KTM) a 5’25’11”; 27. Cardona Vagnoni (KTM) a 5’25’15”; 28. Cornejo Florimo (KTM) a 5’29’15”; 29. Sola Terradellas (Yamaha) a 5’31’31”; 30. Triisa (Husqvarna) a 5’48’43”; 31. Minaudier (KTM) a 5’50’18”; 32. Ivaniutin (Husqvarna) a 6’17’22”; 33. Cabrera (Kawasaki) a 6’18’21”; 34. Engel (KTM) a 6’27’10”; 35. Fuentes (KTM) a 6’35’02”; 36. Crosbie (KTM) a 6’37’15”; 37. Agazzi (Honda) a 7’03’37”; 38. Ruoso (KTM) a 8’19’51”; 39. Poskitt (KTM) a 8’21’28”; 40. Kozac (KTM) a 8’35’07”; 41. Nosiglia Jager W. (Honda) a 8’40’41”; 42. Sousa (KTM) a 8’57’02”; 43. Van Pelt (Husqvarna) a 9’13’34”; 44. Hart (Husqvarna) a 9’19’46”; 45. Pabiska (KTM) a 9’24’42”; 46. Pascual (KTM) a 9’32’48”; 47. Chunchunguppe (Hero Speedbrain) a 9’54’54”; 48. Rodriguez (KTM) a 10’05’49”; 49. Mota (Yamaha) a 10’38’41”; 50. Verkade (KTM) a 10’39’12”; 51. Lucchese (Yamaha) a 10’39’39”; 52. Hunt (Husqvarna) a 11’01’55”; 53. Oliveira (Yamaha) a 11’11’14”; 54. Ontiveros Beta a 11’14’00”; 55. Meeru (Husqvarna) a 11’32’18”; 56. Desi (KTM) a 12’23’11”; 57. Bianchi Prata (Honda) a 12’31’59”; 58. Diocleziano (KTM) a 12’38’23”; 59. Fliter (Honda) a 12’55’16”; 60. Echeveste (KTM) a 13’13’58”; 61. Payen (KTM) a 13’22’30”; 62. Carbonero (Kawasaki) a 13’59’51”; 63. Gracida Garza (Husqvarna) a 14’09’45”; 64. Anguiano Reig (KTM) a 14’14’40”; 65. Guldman Gonzalez (Kawasaki) a 14’19’46”; 66. Lazard (KTM) a 14’53’20”; 67. Kazama (Yamaha) a 14’53’56”; 68. Vlcek (Husqvarna) a 15’17’03”; 69. Candia (KTM) a 15’37’57”; 70. Cavelius (KTM) a 15’48’25”; 71. Butuza (KTM) a 16’07’10”; 72. Menard (KTM) a 16’14’14”; 73. Saghmeister (KTM) a 16’25’17”; 74. Moreno Kristiansen (KTM) a 16’48’03”; 75. Nifontova (Husqvarna) a 17’18’45”; 76. Vanderweyen (KTM) a 17’34’59”; 77. Garcia Merino (Yamaha) a 17’53’22”; 78. Monin (KTM) a 18’14’10”; 79. Vellutino (KTM) a 18’22’35”; 80. Romero Font (KTM) a 18’52’48”; 81. Stasiaczek (KTM) a 19’00’05”; 82. Lhotsky (KTM) a 19’22’03”; 83. Bos (Husqvarna) a 19’51’28”; 84. Watson (KTM) a 20’10’56”; 85. Picco (Yamaha) a 20’28’02”; 86. Reinike (KTM) a 20’58’44”; 87. De Soultrait (Yamaha) a 22’37’55”; 88. Morat (KTM) a 22’56’46”; 89. Alrubaian (KTM) a 23’14’59”; 90. Comoglio (KTM) a 24’03’40”; 91. Chollet (Yamaha) a 24’31’19”; 92. Deliege (KTM) a 28’54’51”; 93. Vacherand (KTM) a 28’57’05”; 94. Hembert (Yamaha) a 32’49’41”; 95. Evans (KTM) a 32’55’22”; 96. Roquesalane (KTM) a 33’07’18”; 97. Nogales Copa (KTM) a 33’17’43”.
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KTM 450 RALLY FACTORY
PESO VARIABILE A SECONDA DEI PERCORSI SERVE UN BILANCIAMENTO DIVERSO, PER QUESTO I PILOTI POSSONO SELEZIONARE DA QUALI SERBATOI FAR SVUOTARE PRIMA IL CARBURANTE le, anche gli ostacoli più impegnativi presi a velocità prossime ai 100 km/h vengono annientati con naturalezza senza che venga trasmesso nulla al pilota. Quindi viene voglia di spingere e i 140-150 km/h arrivano presto anche se ci si trova in mezzo ai boschi, chiaramente dopo essere passati almeno cinque volte nello stesso punto e con lo sguardo fisso a dove si mettono le ruote, di certo senza guardare il road book. Una volta recuperato il giornalista smarrito si riparte per la seconda tappa, e la velocità aumenta grazie ai consigli ricevuti dai piloti ufficiali: «Non
Motospint 29.11- 06.12 2016 weekly sports magazine SPECIAL DAKAR 2017 by Maria Guidotti
ANTOINE MEO devi pensare di guidare una moto da cross, non spingere e soprattutto non avanzare: stai sempre seduto indietro così quando leggi le note hai una visuale di dove stai andando». È davvero così, ci sono dei momenti in cui si è talmente concentrati a leggere le note da dimenticare di guardare dove si sta andando ed è pericolosissimo. Comunque riusciamo a portare a casa la moto intatta e a concludere il giro senza fare danni. L’esperienza è stata fantastica così come la moto e lo staff, la sensazione è quella che si prova dopo un tappone lunghissimo: non è una cosa che si limiti al piano fisico, è la fatica di mantenere alta la concentrazione che distrugge! L’ultima curiosità viene dalla verifica su un navigatore personale, portato per vedere successivamente che giro avessimo fatto. L’impressione era di essere andati lontanissimi, la realtà è che il gruppo non si è mai allontanato più di 7 km dalla base. No, per partecipare alla Dakar ci vuole molto più allenamento!
DOCCIA FREDDA NIENTE DAKAR IGUALADA - Antoine Meo, ex campione del mondo di enduro, è sconsolato alla fine dell’ultimo test prima della partenza dei mezzi per la Dakar. Pronto per partire? «Purtroppo no, è una decisione che abbiamo preso pochi minuti fa, alla fine di questo test: non partirò, il polso non me lo permette. Posso guidare al 100% solo per uno o due giorni, poi il dolore diventa insopportabile. L’avere fatto una tappa con il polso rotto l’anno scorso ha creato moltissimi problemi all’articolazione che non ho ancora risolto. Fra qualche settimana affronterò un’ulteriore operazione qui in Spagna e poi si vedrà, ma in queste condizioni non posso partire».
DAKAR ieRi e oggi Marc coMa spiega le novità, edi orioli ricorda i teMpi eroici
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Il road book va evidenziato e poi inserito nell’alloggiamento come sta facendo il nostro Bruno Salina. L’avanzamento è comandato da una levetta sulla sinistra. Sotto, la KTM Rally priva della carrozzeria.
motogp
29 novembre/5 dicembre 2016 - Settimanale - Anno XLI - Fascicolo 1994
nei gran premi
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Amarco tU pER tU melandri
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FINITA
la prima tappa ci raggruppano ed effettivamente uno di noi si è perso, arriverà scortato dalla “scopa”
nel 2016 le cadute sono aumentate del 34%
DoSSIER come è camBiata la tv
circa un’ora dopo. Nel frattempo ci viene permesso di girare in un anello di 3 km che dopo due giri diventa un piccolo circuito, qui riesco a guidare e mettere alla frusta la moto ufficiale perché so dove vado, ed è semplicemente fantastica: leggerissima, con il peso talmente in basso che gira in spazi ristrettissimi nonostante la mole. Guidarla in piedi sulle pedane è la posizione più naturale, peccato che così non si veda il road book. Il motore è infinito e potentissimo ma la stabilità sul veloce è incredibi-
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 46/2004) art.1, c.1, DCB Bologna PTE CONT. 5,50 Euro - CH CT 7,70 Chf
tachilometri è andato avanti e bisogna rimetterlo subito in linea, quindi è un continuo armeggiare con levette e pulsanti. I primi venti chilometri sono un incubo ma poi tutto diventa più naturale. Resta però il problema fondamentale nel quale è difficile districarsi: o guido la moto e sbaglio strada, o navigo e vado a passo d’uomo.
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gliere da quale serbatoio consumare la benzina e un altro selettore per la mappatura del launch control. Siamo pronti per partire ma ho già mal di testa. Si parte distanziati di 3 minuti e il road book inizia subito all’uscita del cancello della factory. Il rumore della moto è poderoso, effettivamente fastidioso come ci dicevano: lo scarico è praticamente libero. Già prima di entrare nello sterrato sbaglio strada due volte, il problema è che ad ogni errore bisogna tornare al punto noto ma nel frattempo il con-
the test
DUCATI MONSTER 1200 S Il RITORNO
SPECIALE SBK
la stangata
jonathan rea più veloce delle motogp nell’ultimo test collegiale prima della pausa invernale. vi spieghiamo perché
SPECIALE
D A K A R 2 0 1 7 DI mARIA guIDottI
TuTTi conTro Toby Price e la KTM iMbaTTuTa addiriTTura dal 2001, l’anno del PriMo Trionfo di Meoni. Honda, yaMaHa e Husqvarna lanciano la sfida nei 9000 cHiloMeTri cHe PorTano da asuncion a buenos aires
ACCERCHIATI
DAKAR 2017
DAKAR 2017
L TOBY PRICE dopo il terzo posto al debutto, nel 2015, l’australiano ha conquistato la dakar. a 29 anni, il pilota ktm può aprire un’era vincente
a Dakar 2017 sarà la più dura edizione tra le Dakar che si sono corse in Sud america. Ne è sicuro Marc Coma che, al suo secondo anno da Direttore Sportivo, ha voluto riportare quel sapore delle origini, l’avventura con la a maiuscola che negli anni ha reso tanto celebre questo rally. I numeri e le novità introdotte vanno in questa direzione. Una delle sfide più grandi che attendono i protagonisti sarà la corsa in quota: una settimana si correrà infatti sull’altopiano Boliviano con 5 tappe che oscilleranno tra i 3500 e i 4500 metri di altezza. Gli sbalzi di altitudine metteranno a dura prova la respirazione dei piloti che affronteranno questo problema per lunghi periodi. La grande corsa scatterà il 2 gennaio da asuncion, in Paraguay (29esimo Paese ad ospitare la Dakar) e attraverserà il confine con l’argentina per poi puntare verso la Bolivia e salire, in tutti i sensi, fino alla sua capitale La Paz, dove l’8 gennaio la carovana effettuerà il giorno di riposo. Quindi inversione di rotta e via in picchiata verso argentina, costeggiando la Cordigliera delle ande, con tappa a Salta, Chilecito, San Juan, rio Cuarto ed infine concludere il 14 gennaio a Buenos aires. Oltre 9.000 km da percorrere in 12 giorni con 7 speciali oltre 400 km e di cui una di 500 km, con i concorrenti che raggiungeranno il bivacco a notte fonda, come succedeva in africa. Un percorso impegnativo, con meno sabbia ma più difficoltà, sia logistiche, come le tappe a 4.000 metri, che di navigazione. Il raid che si correrà dal 2 al 14 gennaio pros-
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simi si estenderà su quasi 9000 km tra argentina, Bolivia e Paraguay.
scorrendo
la lista degli iscritti, balzano agli occhi i factory team. In una corsa dove gli amatori rappresentano la stragrande maggioranza, il supporto della Casa permette di fare la differenza e i favoriti restano i piloti ufficiali. La lotta per la vittoria è iniziata con un lungo anno di test e preparazione. riuscirà la Honda a interrompere lo strapotere kTM, imbattuta dal 2001, l’anno del primo trionfo di Fabrizio Meoni? «Con la vittoria del 2016 è iniziata l’era Toby Price» ha affermato Pit Beirer, capo del Motorsport a Mattighofen. Ma la kTM schiera una rosa di piloti veloci come Matthias Walkner (iridato MX3), Sam Sunderland e antoine Meo (4 volte campione del Mondo Enduro dal 2010 al 2013). Stefan Svitko, secondo nel 2016, si ripresenterà come “privato” con la kTM. La Honda rinforza la squadra con Joan Barreda, Paulo Gonçalves, kevin Benavides (4° nel 2016 e vincitore del Merzouga rally), l’americano ricky Brabec e Michael Metge, nel ruolo di “portatore d’acqua” di Barreda, che resta il riferimento per la Casa giapponese, al suo quinto tentativo di conquistare la gara più dura al mondo. «La moto è un’evoluzione dello scorso anno. abbiamo lavorato soprattutto sull’affidabilità» ha dichiarato al GP Valencia Shuhei Nakamoto che, lasciata la MotoGP perchè fra pochi mesi andrà in pensione, continuerà a seguire il progetto Dakar. «Nel corso della stagione abbiamo seguito un intenso programma di allenamento, coprendo in totale una distanza che supera tre Dakar – ha commentato roberto Boasso, il team manager – . La CrF 450 www.motosprint.it
Luca Manca, sopra, torna in gara dopo aver rischiato la vita nel 2010. A sinistra, Alessandro Botturi è uno degli ufficiali del team Yamaha. Sotto, Jacopo Cerutti, alla seconda Dakar, e Manuel Lucchese, in corsa con una Yamaha.
la missione di botturi e manca
due volte campione del Mondo Baja, nel biennio 2013-14. Vive la sua prima Dakar anche Domenico Cipollone, 50 anni di Torino, manager di una multinazionale, mentre per Maurizio Sanna Cocco si tratta della prima volta in Sud America dopo cinque Dakar in Africa.
Il primo è l’italiano più ambizioso, il sardo torna a sette anni dal grave incidente
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ono 28 (al momento) gli italiani al via nelle tre categorie con 11 piloti in moto, 5 equipaggi in auto e 2 camion. La presenza italiana è in crescita: nel 2017 saranno 18 gli equipaggi contro i 15 dello scorso anno. L’Italia sale così al 5° posto delle nazioni rappresentate, dietro a Francia, olanda, Argentina e Spagna con il 6% di concorrenti in totale. Tra veterani e nuove leve, l’unico ufficiale è Alessandro Botturi. Alla sua terza avventura con Yamaha, il “Bottu” non sente la pressione. «Lo scorso anno la mia gara venne condizionata dalla caduta al secondo giorno. Mi frattu-
rai il polso e danneggiai i legamenti. Continuai nonostante il dolore, mettendomi a disposizione della squadra per fare anche test di sviluppo. Ma fui costretto a ritirarmi alla decima tappa per un problema alla moto quando ero undicesimo della classifica generale». Quest’anno, però, la Yamaha arriva preparata. «La moto è migliorata in ogni area, a partire dall’affidabilità. Abbiamo svolto numerosi test. In Yamaha non ci sono ordini di scuderia, ad eccezione di Rodney Faggoter, il “portatore d’acqua” di Helder Rodrigues. Io e Van Beveren faremo la nostra gara. De Soultrait invece userà un kit clienti in vendita dal prossimo anno. Punto a compiere una gara intelligente e finire costantemente nei primi dieci, sono sicuro di poter far bene.
La Dakar è una corsa ad eliminazione, richiede esperienza, strategia e anche una buona dose di fortuna».
un capitolo
a parte merita invece il ritorno di Luca Manca. Sardo, classe 1980, Manca torna alla Dakar per completare un’impresa iniziata sei anni fa. Nei primi giorni del gennaio 2010 Manca – considerato la promessa del rally italiano – stava correndo la Dakar in sella a una KTM privata ed era nono in classifica generale alla sesta tappa. Marc Coma, davanti a lui, fu costretto a fermarsi per un problema alla gomma, Manca decise di aiutarlo e dargli la sua ruota, con un atto di pura amicizia e generosità. L’indomani, forse per recuperare le posizioni perdute, Luca viaggiò a ritmo elevato e nella polvere perse il controllo della moto e cadde. Un gra-
sempre
a proposito di moto clienti, sarà interessante la corsa di Simone Agazzi: proprietario di una concessionaria Honda a Bergamo, correrà con la CRF 450 Rally, con la quale a gennaio Kevin Benavidez fu quarto. Tra gli azzurri più promettenti è da tenere d’occhio la rivelazione 2016: il ventiseienne Jacopo Cerutti, 12° e miglior italiano al debutto. Supportato da Husqvarna Italia, il campione italiano motorally 2016 punta alla top 10, anche se è reduce da due mesi di stop per infortunio. Tra gli esordienti di lusso da segnalare Alessandro Ruoso,
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DAKAR 2017
Rally presenta diverse novità a livello di ciclistica, ha un nuovo serbatoio posteriore, e abbiamo lavorato a livello di sospensioni per avere maggiore stabilità; ma soprattutto serve creare un forte spirito di squadra». La Yamaha è la terza forza, con una struttura potenziata e una moto rivista. Helder Rodrigues resta il pilota più esperto con la new entry Rodney Faggoter, come scudiero. Confermati anche il nostro Alessandro Botturi, Adrien Van Beveren e De Soultrait. Husqvarna parte con le migliori speranze grazie al cileno Pablo Quintanilla, fresco campione del Mondo del Cross Country Rally 2016 e sul podio nel gennaio scorso, e il due volte iridato nel Mondiale Enduro ‘Pela’ Renet, mentre Sherco sarà al via con Joan Pedrero e Adrien Metge. Per quanto riguarda le donne, oltre a Laia Sanz (KTM) e Rosa Romero (Himoinsa), al via ci sarà la russa Anastasiya Nifontova, su Husqvarna.
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parla coma, cinque volte trionfatore e ora direttore sportivo della gara
Nell’intento di ritornare il più possibile alle origini, in questa edizione verrà dato più spazio alle doti di navigazione dei piloti: a sinistra, il road book sulla moto; a destra, lo studio delle note da parte di un concorrente.
meno sprint, più avventura
Speciali anche da 700 km. La navigazione sarà un fattore determinante
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oN mancheranno le novità in questa edizione, ad illustrarcele è lo stesso Marc Coma (nella foto, con Toby Price), cinque volte vincitore del rally e da due anni direttore sportivo al fianco di Etienne Lavigne.
Guardando il percorso, che tipo di gara dobbiamo aspettarci? «Siamo riusciti a toccare tre capitali (Asuncion, La Paz e Buenos Aires). Abbiamo disegnato un percorso diverso dal solito, ci sarà meno sabbia, ma le difficoltà saranno amplificate dalle 5 tappe in Bolivia ad altitudine elevata. Sarà una corsa molto fisica. oltre a quelli di altitudine ci saranno parecchi sbalzi climatici. Passeremo dalle temperature tropicali del Paraguay a
quelle di alta montagna della Bolivia con il termometro che scenderà sotto lo zero, a quelle asciutte e desertiche dell’Argentina. Anche il terreno sarà insidioso: un misto di terra, sabbia, roccia in aggiunta a pioggia, vento, forse anche neve con fango e sale. Quanto ai paesaggi, attraverseremo territori diversi, dalla Pampa ai laghi salati. Sarà una Dakar da ricordare». Il primo vero scoglio è la Bolivia? «Sarà questo Paese a riservarci tante novità. Chi pensava di conoscerla dopo le tre passate edizioni nella regione di Uyuni, si sbaglia. In totale avremo sei giorni di zone con sabbia e arena e sarà proprio il tratto boliviano quello che ricorderà di più l’Africa. Tra i paesaggi più spettacolari, il lago Titicaca: un posto destinato a diventare un’icona di questa Dakar».
Quali sono le novità più importanti dell’edizione 2017? «L’imperativo è riportare l’avventura. Abbiamo introdotto speciali di 500 chilometri e una che toccherà i 700. La tappa marathon torna nel suo formato classico, con tutti i concorrenti di moto, auto e camion insieme. Non succedeva dal 2009. Abbiamo disegnato una Dakar pura. Sarà meno “corsa sprint” con la navigazione che ritorna protagonista, grazie anche all’introduzione di un nuovo way point, il WPC (Way Point Control, ndr). Lo abbiamo sperimentato per
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la prima volta in maggio al Merzouga Rally. Questo way point è un check di verifica per l’organizzazione per capire se il pilota sta seguendo il road book. Ci sono novità anche riguardo al GPS che verrà utilizzato con funzioni limitate, per mettere ancora più in risalto le qualità di navigazione del pilota». La selezione dei motociclisti è rigorosa, quali sono i requisiti? «Bisogna aver maturato una bella dose di esperienza. Riveste un ruolo fondamentale il Merzouga Rally, ormai vero e proprio banco prova in prepara-
zione della Dakar». Quali consigli daresti ad un amatore che debutta alla Dakar? «Sintonizzarsi sulla modalità “sopravvivenza”: mangiare quando è possibile e lo stesso vale per il riposo. Preparare tutto in anticipo, prevedere gli imprevisti, altrimenti la corsa ti sovrasta. Altro consiglio è dosare le forze, rispettare il proprio fisico e la moto. La Dakar è una corsa ad eliminazione, conta più la regolarità, l’esperienza, rispetto alla velocità pura. Il mio consiglio? Andare piano!».
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ve incidente, con la conseguenza di un mese di coma a Santiago del Cile, poi il risveglio, il trasporto in Italia, due anni di riabilitazione, il ritorno a parlare, a camminare, ad andare in bicicletta ed infine a stare in sella e a guidare. In tutti questi anni Manca non aveva ricevuto l’idoneità a correre la Dakar nonostante la partecipazione alla Sei Giorni 2013 con la Nazionale. A maggio, però, ha finito il Merzouga Rally, autentica prova generale per la Dakar, e ora è pronto per il via. «Torno per dimostrare ciò che posso fare e per concludere un’impresa lasciata a metà. Non voglio vivere di rimpianti, non mi piace che la gente mi veda con gli occhi del passato, quel Luca che doveva essere. L’obiettivo è finire, ma sono convinto che se riuscirò ad essere regolare, arriverà anche un bel risultato – racconta Manca –. Certo, non è stato facile trovare il budget perché la gente non crede più in me. Mi sono allenato duramente: palestra, moto e lunghe uscite in bici, ben 440 chilometri a settimana».
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l’intervista eDi OriOli
ULTIMO GIRO
Di GiOrGiO scialinO
O eravamo come
ggi Edi Orioli è un cinquantatréenne che ha ben salde tra le mani le redini della propria vita. Assieme al fratello Dino gestisce la Pratic, l’azienda di famiglia leader nel settore delle tende da sole, che grazie a loro è cresciuta in maniera esponenziale. Ma basta nominare la Parigi-Dakar per dare la stura a un mondo di ricordi. «La formula originale della Dakar era magica. Prima di tutto era una vera avventura, dovuta anche ai limiti tecnologici dell’epoca rispetto ai tempi attuali. Per cause che tutti conoscono la gara
La dakar era una vera avventura, anche per i Limiti tecnoLogici deLL’epoca. iL fascino deLL’africa era parte integrante deLLa gara
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avventurieri fai da te
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EDI ORIOLI
come commilitoni quando incrocio un pilota che ha vissuto la dakar ci abbracciamo senza parlarci. entrambi sappiamo bene cosa condividiamo: È qualcosa che rimane per la vita
ha dovuto abbandonare l’Africa, ma il fascino di quel continente era parte integrante della gara». Quello di allora era un rally molto rischioso. «Non c’erano certezze quando partivi, e prima di arrivare all’agognata spiaggia del Lago Rosa tutto poteva finire in qualsiasi momento. Un anno, nella penultima tappa, mi schiantai contro un cavallo imbizzarrito che mi aveva improvvisamente attraversato la strada. La povera bestia morì sul colpo, e avrei potuto fare la stessa fine anch’io. Avevo sfasciato mezza moto, compreso il road book, per fortuna i supporti del manubrio avevano tenuto e potei arrivare all’accampamento dove i meccanici lavorarono tutta la notte per consentirmi di ripartire». Passando dall’Africa al Sud America c’è stato un bel progresso in fatto di sicurezza. «Oggi la gara è in un’altra dimensione e in un altro continente. Sei sempre collegato e se la velocità della moto scende a zero troppo rapidamente parte automaticamente un allarme che segnala l’incidente. Se ti perdi, dopo una decina di chilometri facilmente trovi una strada asfaltata, mentre noi eravamo praticamente allo sbaraglio. Non c’erano strade, erano tutte piste di sabbia e il solo Ténéré è grande come la Francia. Il Marocco era tremendo per il fondo sassoso, al punto che quando lo avevi attraversato ti ritrovavi con le vesciche nelle mani, ma pensavi che il peggio era passato».
L’AfricA
era da affrontare con spirito d’avventura? «Per carattere sono un perfezionista e prima della Dakar pianificavo ogni cosa, fino all’ultimo indumento che infilavo nella borsa. Ho sempre pensato che se fossi caduto, mi fossi perso o avessi rotto, sarebbe stata colpa mia, ma per il resto nulla doveva essere lasciato al caso. Era tutto al limite, c’erano anche tappe superiori agli 800 km, dovevi avere 450 km di autonomia e piazzavano il camion con il rabbocco carburante al chilometro 425: se sbagliavi di soli 15 km e dovevi tornare indietro, rischiavi di perdere tutto». Situazioni in cui viene da chie-
Si può partecipare alla Dakar senza assistenza tecnica: a 61 anni ci prova Picco
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L’arrivo sulle agognate sponde del Lago Rosa (nella foto, proprio Orioli) era il sogno che ciascun pilota cullava per tutta la gara africana.
dersi: chi me l’ha fatto fare? «Io venivo dall’enduro, mi divertivo ma volevo provare qualcosa di più. Di punto in bianco Ormeni, il concessionario che gestiva la squadra Honda Italia alla Parigi-Dakar, mi propose di partecipare al Rally di Sardegna. Gareggiavo nella 125 e avrei dovuto correre con una Honda 600 4T, ma mi allenavo con le Honda CR 500 2T, quindi la cosa non mi turbava affatto. Il problema era che avevo un contratto con la Puch Frigerio e avrei dovuto usare una Honda, ma pur di avere il permesso di gareggiare rinunciai a metà del mio compenso annuale». Dalla Sardegna alla Dakar ne corre... «L’esperienza mi piacque moltissimo, e l’anno successivo mi proposero il Rally dei Faraoni. La moto non era granché e fu un’esperienza negativa, giurai
a me stesso che non sarei più tornato in Africa. Mi convinsero a farlo l’anno dopo, il 1985, con una delle moto usate nella Dakar dell’anno prima da De Petri e Balestrieri. Il motore mi mollò a metà, lo sostituimmo sulla pista e ripartii senza ormai nulla da perdere. Sebbene fossi campione del mondo di enduro, non avevo ancora preso le misure al suolo africano, ma ci misi il cuore e riuscii a vincere alla grande l’ultima tappa. Da lì mi proposero di partecipare alla Parigi-Dakar ed ebbe inizio la mia carriera “africana”».
La moto
era fondamentale in un ambiente così difficile. «La bicilindrica Honda ha fatto scuola alla Dakar. Dopo la prima vittoria ero stato 15 giorni in Giappone a sviluppare la moto con cui avrei corso l’anno suc-
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VETE letto della Dakar che partirà tra un mese in Sud America, delle novità introdotte da Marc Coma e dei ricordi di Edi Orioli, leggenda del rally quando si correva in Africa. Perché parlarne ancora, dunque? Per tornare là dove tutto è partito, ovvero allo spirito che negli Anni Settanta vide nascere le prime competizioni in Africa, ben presto seguite da quella che è stata la più grande avventura dei tempi moderni: la Parigi-Dakar. Giuseppe De Tommaso, primo giornalista di Motosprint partito al seguito della gara nel 1981, non poté mai raccontarla, ucciso da un incidente all’alba del 6 gennaio lungo la strada per Tamanrasset, in Algeria.
cessivo. In quel periodo lo staff Cagiva salì più volte a Udine e seppe far leva sul mio orgoglio nazionale (l’ingaggio era equivalente). A Parigi, alla partenza, ero in sella alla Cagiva e vidi la Honda con le mie modifiche in mano a Lalay: un gioiellino. La Cagiva, invece, non era come mi aspettavo. Il motore Ducati era una forza, ma 96 cavalli alla ruota non servivano con 67 litri di serbatoio e un motore che girava a 9900 giri contro i 5800 della Honda. Lalay vinse con la moto che avevo sviluppato io. L’anno dopo rifacemmo la Cagiva: 8000 giri, minori consumi e 54 litri di capienza serbatoio. Vincemmo tutto». Non crescevano solo le moto, si evolveva anche la tecnica di guida. «Partecipare alla Dakar a quei tempi era come inoltrarsi in un nulla sconosciuto. Le moto potevano rompersi in qualsiasi momento, le tappe avevano
una media di 660 km al giorno. C’erano le camere d’aria, e potevi forare anche tre volte al giorno quando magari ne avevi solo due di scorta. Era tutto pionieristico. Nessuno di noi della vecchia guardia, fino all’86, aveva mai attraversato una duna: si correva alla base, seguendo i “cordoni”, poi nel punto più basso si scollinava e si andava. Quello è stato il primo anno in cui abbiamo iniziato a scavalcarle». Imprese che anche oggi conservano un’aura magica. «Non c’era il GPS. Se ti perdevi avevi una valigetta con un’antenna da radioamatore perché venissero a cercarti. Si dormiva per terra. A distanza di anni quando mi ritrovo a salutare qualcuno che ha fatto la Dakar all’epoca ci abbracciamo, e senza parlarci sappiamo entrambi cosa condividiamo. È qualcosa che ci rimarrà per tutta la vita». www.motosprint.it
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di StefanO SaraGOni
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Un anno prima, partecipando alla Transafrica come concorrente in sella ad una Moto Morini 500, aveva saputo cogliere l’essenza dei rally africani, traducendola in parole che hanno ispirato quanti ne hanno seguito le orme, raccontando le tantissime storie che l’Africa, i rally, i loro partecipanti, ci hanno regalato. «Quando si riesce a stare in sella ad una moto in mezzo al deserto, cercando di tenere la manetta del gas il più aperta possibile, vuol dire che “dentro” si è riusciti a far scattare un certo meccanismo – scriveva De Tommaso nel 1980 – : in fondo è proprio questa verifica di se stessi, non solo come motociclisti ma anche come uomini, e non esclu-
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sivamente dal punto di vista pratico, il ricordo più bello di chi partecipa a queste gare». Scoprirsi capaci di superare qualsiasi terreno, trovare la strada guidati da una bussola e poche note, cavarsela in qualsiasi situazione, è la grande conquista di chi ha affrontato la Parigi-Dakar, tantopiù se ha coronato il sogno di tagliarne il traguardo. Per i Privati più “privati”, ovvero per chi affronta la sfida senza assistenza, la soddisfazione può essere unica. Oggi questi temerari che contano esclusivamente su loro stessi sono riuniti nella categoria “malle moto”, dove “malle” sta per cassetta, nella quale il pilota raccoglie tutto ciò che potrà servirgli nel corso dell’avventura. Con una grossa limitazione: la cassetta (recapitata al traguardo di tappa dall’organizzazione) ha misure obbligate: 80 cm x 45 x 35. Tutto ciò che non si riesce a stivare lì dentro, rimane a casa. «Cosa rende speciale questa categoria? La soddisfazione di giungere al traguardo potendo contare solo sulle proprie forze» dice Manuel Lucchese, 28 anni, alla quarta partecipazione. In occasione della sua venticinquesima Dakar ha deciso di misurarsi in questa categoria anche Franco Picco, più volte vicino al successo negli Anni ‘80, quando era ufficiale Yamaha. La sua scelta di affrontare la sfida nel modo più “puro” e difficile ci dice che anche a 61 anni si può continuare a sfidare se stessi. Un gran bel messaggio.
GAZZETTA DELLO SPORT 22.11.2016 Sports daily newspaper - FRANCO PICCO by Maria Guidotti Motori R La volata della GP2
MARTEDÌ 22 NOVEMBRE 2016 LA GAZZETTA DELLO SPORT
TACCUINO
Andrea Cremonesi
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on solo RosbergHamil ton. Il fine settimana di Abu Dhabi, oltre al duel lo tra Nico e Lewis per il titolo di F.1 vedrà anche nella GP2 una sfida a tre per contendersi il ruolo di successore di Stoffel Vandoorne, il belga che pilote rà la McLaren nel 2017. Una sfi da che ci riguarda da vicino perché due dei tre piloti sono italiani; così come italiana è la vicentina Prema, che all’esor dio nella categoria si è già con quistata la corona riservata ai team e quasi certamente espri merà il nuovo campione. All’ultimo appuntamento in Medio Oriente, quando restano da assegnare un massimo di 48 punti (ai 25 del vincitore di ga ra 1 e ai 15 per chi trionferà in gara 2 vanno aggiunti i 4 per la pole position e i 2 ciascuno agli autori del giro più veloce nelle corse finali), la classifica vede al comando il pugliese Antonio Giovinazzi (197) che ha 7 punti sul francese Pierre Gasly e 39 su Raffaele Marciello (158). Se per quest’ultimo, pilota del Russian Time, servirebbe un miracolo, tra Antonio, che ha raccolto 5 vittorie e due pole e Pierre (3 successi e altrettante pole) la lotta è apertissima. Co sì la Prema si trova a vivere un vero e proprio derby: «Un po’ di tensione ovviamente c’è – spie ga René Rosin, 35 anni, team principal – perché il nostro sforzo è quello di fornire a en trambi la miglior assistenza. Però siamo anche soddisfatti perché al primo anno in questa categoria siamo già al vertice». Il team Prema per la GP2 è un riuscitissimo puzzle: «Abbiamo rilevato il materiale della Laza rus, ingaggiato un po’ di mecca nici di altre squadre e ci siamo affidati all’ex d.t. della Art (Guillaume Capietto; n.d.r.): questo team ha fatto un lavoro strepitoso».
La Malesia dice stop La F.1 perde spettatori e paesi. Mentre nel weekend ad Abu Dhabi va in scena l’ultima gara del Mondiale, la Malesia ha confermato che al termine del contratto che scade nel 2018 non rinnoverà per ospitare ancora una prova del Circus. Ma anche Singapore pare intenzionata a fare lo stesso, come ha ammesso Bernie Ecclestone in una intervista: «Singapore è diventato ora molto più di un aeroporto. Ora credono di aver raggiunto il loro obiettivo e non vogliono più un Gran Premio» ha detto Bernie. Intanto Sauber ha confermato lo svedese Marcus Ericsson. In questa prima stagione in GP2 Antonio Giovinazzi ha vinto 5 gare: doppietta al GP d’Europa a Baku e successi a Spa, a Monza e a Sepang
«Giovinazzi ha già vinto Mai visto un esordio così»
1Alla vigilia del finale di Abu Dhabi è a +7 punti sul compagno Gasly Il team principal Rosin: «È lucido e razionale, merita la Formula 1» nella storia di questa categoria sono stati in grado di lottare su bito per il campionato». Pregi e difetti dei due contendenti? «Beh sono tutti e due molto bra vi a lavorare con la squadra e sanno collaborare tra di loro; diciamo che Pierre è più ag gressivo e questo gli ha creato qualche difficoltà nella gestio ne delle gomme; Antonio è freddo, lucido, razionale».
René Rosin tra Pierre Gasly, 20 anni, e Antonio Giovinazzi, 22
Gasly è uomo Red Bull: sorpresi dal fatto che non l’abbiano promosso nel 2017 in F.1? «Un po’ sì perché tutti e due so no ormai pronti al grande salto, ma la F.1 ha anche altre logi che, dove non contano spesso
solo le prestazioni. Per Antonio la strada è ancora più complica ta visto che non fa parte di un “programma giovani”. Spero che Mercedes o Ferrari ci pensi no: una chance la meriterebbe eccome». Veniamo alla sfida di sabato e domenica: il tracciato di Abu Dhabi a chi si sposa meglio? «Pierre ci ha già corso e ha otte nuto la pole nella scorsa edizio ne; Giovinazzi ha disputato so lo mezza giornata di collaudi con Carlin. Ma a questo punto della stagione, questi discorsi ormai contano poco; tutti e due andranno fortissimo e la batta glia sarà estremamente equili brata». © RIPRODUZIONE RISERVATA
MOTOGP
Test a Jerez e Sepang Iniziano domani a Jerez e a Sepang gli ultimi test della MotoGP prima dello stop regolamentare invernale. In Spagna dal 23 al 25 in pista Honda (con i collaudatori), Suzuki (Iannone), Aprilia (A. Espargaro-Lowes), Ktm (P. Espargaro-Smith) e Ducati (con il solo Pirro), con il debutto di Petrucci sulla GP17 con i colori del team Pramac. In Malesia gireranno solo la Yamaha con il duo RossiViñales che dovrà deliberare la moto 2017 e il team Tech3 con Zarco-Folger.
MOTO2 E 3 A VALENCIA
Bastianini scatenato
Moto2 e Moto3 sono invece tornate in pista a Valencia: in Moto2 Nakagami scende sotto la pole e il record del GP, con Bagnaia ottimo 3°; in Moto2 svetta ancora Bastianini, 3° Antonelli, 5° Fenati, 6° Di Giannantonio.
SUPERBIKE
Davide Giugliano lascia il Mondiale Superbike per trasferirsi in quello inglese in sella alla Bmw del team Tyco.
Picco non molla: nozze d’argento con la Dakar Maria Guidotti
G
li organizzatori francesi la chiamano «The Odis sey», ma quando si parla di Dakar, Franco Picco preferi sce citare Thierry Sabine: «Di ceva che è un’avventura per chi partecipa e un sogno per chi la guarda. Ed è vero. E pensare che la mia storia africana è ini ziata come un allenamento, per Yamaha non ero forte sulla sabbia». Invece il 3° posto al debutto nel 1985 gli guadagnò la promozione a pilota ufficia le. Grande rivale di Edi Orioli, nel 198889, sempre con Yamaha, fu 2°.
SFIDA A 61 anni compiuti, Pic co continua a stupire: il 2 gen naio ad Asuncion, Paraguay, il vicentino partirà per la sua 25a Dakar (la gara che toccherà an che Bolivia e Argentina sarà presentata domani a Parigi) tra auto, moto e assistenza, nella categoria più massacran
te, la «malle moto», classe dove si corre da soli, senza assisten za. Un azzardo? «No se sei sem pre andato in moto e ti sei te nuto in movimento. Troppo vecchio? Non sono più i 60 an ni di una volta! In queste corse conta più l’esperienza della po tenza. Ho imparato a dosare le forze, a riposarmi all’arrivo al bivacco, prima ancora di fare la doccia e mangiare. Niente dieta, bastano gli integratori, un piatto di pasta e la bistecca al bivacco. Non mi vedrete con la lingua di fuori come certi giovani. Inutile smanettare e poi finire acqua e benzina». AMARCORD La nostalgia è in tatta: «In Africa la Dakar era l’avventura con la A maiuscola. C’era veramente il rischio di perdersi perché partivi con una bussoletta meccanica mezza rotta. Venendo dal cross avevo manico, ma non ero esperto nella navigazione. L’abilità era individuare il pilo ta giusto da seguire. Hubert
con un’ora di vantaggio ta gliando in un lungo tratto in fuoripista. Il giorno dopo sono finito in un Erg, perdendo tutto il vantaggio. Il problema era partire per primi e aprire pi sta».
una Yamaha WRF 450 modifi cata «in casa» con particolari inediti. «Nella “malle moto” abbiamo a disposizione solo una piccola cassa, nella quale mettere ricambi, attrezzi e una borsa per i vestiti. La meccani ca non mi spaventa, anzi. Ho BELLEZZA Oggi sarebbe im studiato soluzioni per avere il pensabile. «C’è un regolamen massimo dei ricambi sulla mo to chiaro e col to. Ho raddoppiato GPS e la stru gli elementi fonda IL NUMERO ment azione mentali come bat non puoi per teria, catena, chia derti. La cor vi, pompa della sa è netta benzina, iniettori e mente più si sensori». cura grazie al telefono sa Il miglior risultato SOGNO ROSSO tellitare e al di Picco alla Dakar, L’obiettivo è arriva sistema iri re. Che non è poco. track che ti risale alle edizioni «Trenta anni fa sa mette in con 1988 e 1989 in sella rei partito col col tatto con l’or alla Yamaha tello fra i denti. Ora ganizzazione punto a fare una in caso di necessità. Non è cam corsa intelligente. La Dakar biato invece il fascino dei pae dura 2 settimane con 12 tappe, saggi. Le Ande non hanno è meglio essere regolari e i ri niente da invidiare in quanto a sultati arrivano». E siccome bellezza al deserto del Ténéré. non ci si stanca di sognare... E la corsa resta estrema, so «Mi piacerebbe coinvolgere la prattutto per l’altitudine con Ducati per un binomio tutto tappe a 4.000 metri e l’escur italiano. Ho già iniziato a par sione termica, dagli 0° in Boli lare, ma è prematuro. per ora via ai 40 in Argentina». ho il supporto della concessio naria di Vicenza». © RIPRODUZIONE RISERVATA FAI DA TE Picco correrà con
2°
Franco Picco, 61 anni, con la Yamaha WRF 450 con cui va alla Dakar
R«Senza assistenza,
ho raddoppiato i ricambi sulla moto. Il sogno? Correrla con una Ducati»
Auriol e Cyril Neveu erano i più bravi a recuperare le cartine geografiche e le informazioni dai beduini. La navigazione era fatta sulle carte. Poi, sono arrivati Gilles Lalay, Stephane Peterhansel, Jordi Arcarons e gli italiani con Edi Orioli, più tecnico, e Ciro de Petri, più smanettone. Che battaglie! Era una guerra fisica e psicologica. Una volta ho vinto una tappa
iL FAtto In 28 anni tanti cambi ma il mito resta intatto Le grandi Case (Toyota e Peugeot tra le auto, Ktm, Honda e Yamaha tra le moto), i grandi nomi (Peterhansel che cercherà il 13° trionfo, Sainz, Loeb, Al-Attiyah, Despres, Roma), un percorso ancora più affascinante e nuovo, con meno aiuti per la navigazione. Il mito della Dakar si rinnova per la 38ª edizione che si correrà dal 2 al 14 gennaio per la 9ª volta in Sud America, dopo che l’Africa è stata abbandonata per lo stop nel 2008. Ma il vero spirito d’avventura del rallyraid più famoso (e pericoloso, con le sue 28 vittime) del mondo si chiama Moto-Malle, la categoria delle due ruote per i “solitari”, ovvero i piloti senza assistenza, che devono arrangiarsi in tutto e per tutto con una sola cassa (letteralmente baule, come dice il francese) al seguito. Nella Dakar dei ricchi (costa tantissimo correrla) c’è spazio anche per i poveri. O meglio, i veri.
Giugliano inglese
VERSO IL SUDAMERICA
1A 61 anni, partecipa per la 25ª volta: «L’importante è arrivare, ma non mi vedrete a lingua fuori come certi giovani»
Motori La storia
po ttos rt.c
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Che differenze ci sono tra Gasly e Giovinazzi? «Il primo è istintivo, subito ve loce; il secondo invece ha biso gno di più tempo per sentirsi a suo agio al volante; ma questo dipende anche dal fatto che Pierre è già alla seconda stagio ne completa di GP2, mentre Antonio è al debutto e pochi
FORMULA 1
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DoMENiCa, 6 NoVEMBrE 2016
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TUTTOSPORT 06.11.2016 Sports daily newspaper
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ATLETICA
Dakar, la banda della cassa Da Picco a Lucchese, 5 italiani accettano lo spirito puro del raid: correre “da soli” Record di presenze nella categoria Moto-Malle, dove i piloti hanno solo un baule per ricambi, attrezzi e vestiti e non ricevono l’assistenza GiorGio PASiNi
« Non riesco a ricordare quante ore ho dormito. Non più di quattro a notte. Quando sentivo la sveglia gli rispondevo: no per favore, voglio dormire ancora! Ma questa è la vera Dakar, non avere 15 meccanici a tua disposizione e andare in branda tranquillo dopo l’arrivo. E’ stata la cosa più difficile che ho fatto in tutta la mia vita, ma per me è il vero trofeo della Dakar. Ho fatto tutto con le mie mani e non sono in molti in grado di riuscirci». L’olandese volante Jurgen van den Goorbergh, un lungo passato da comparsa nel Motomondiale, fino alla MotoGP con il quinto posto a Phillip Island nel 2002, stagione d’esordio per la quattro tempi nella top class delle due ruote in pista, racconta così il 31° posto nell’ultima Dakar, che nove mesi fa gli dato il successo nella categoria Moto-Malle, quella che incarna all’estremo lo spirito del mitico raid, visto che i piloti sono davvero “da soli”, senza assistenza. Devono correre, curare e aggiustarsi la moto, utilizzando il materiale contenuto in una cassa di appena 80x45x35 centimetri, la dimensione di un baule (che poi in francese di dice “malle”), nella quale contenere attrezzi, ricambi e vestiti. Il tutto trasportato dai camion dell’organizzazione e consegnata ai proprietario ad ogni traguardo. Una sfida che, in una Dakar alla ricerca di più avventura (verrà limitato l’utilizzo del GPS), ha già catturato nuovi proseliti anche in Italia, dove ben cinque piloti si sono iscritti alla MotoMalle dell’edizione 2017 che scatterà il 2 gennaio ad Asuncion, in Paraguay. Un record. Come la presenza di Franco Picco, uno dei nomi “pesanti” della Dakar, con alle spalle uno zaino ricchissimo di esperienza e impreziosito da tre podi (3° nell’esordio nel 1985, 2° nel 1988 e 1989) nelle 10 edizioni corse in moto e che per la 25ª (dopo altre 6 in auto, altrettante in assistenza sui camion e l’ultima, lo scorso gennaio, nei quad).
Il 61enne vicentino che ha fatto della sua vita una raid (compreso il “lavoro” da accompagnatore) ha deciso di entrare nella “banda della cassa”, tornando sulle due ruote con un sogno: correre con la Ducati chi ha tirato fuori un concept fuori-strada. «C’è sempre una buona scusa per correre la Dakar e così mi rimetto davvero in gioco - afferma Picco -. Punto a far bene, ma soprattutto mi piacerebbe riuscire a coinvolgere Ducati in questo progetto. Sarebbe stupendo correre con una moto italiana».
nella penultima tappa. «Ho perso 10 chili in due settimana di Dakar, ma la sfida mi ha affascinato e non ho paura sostiene il gallaratese -. Un amatore non può competere con i professionisti per la disparità dei mezzi e del team di supporto. Nella Malle invece ho la possibilità di scrivere il mio nome nell’albo d’oro della Dakar».
Non solo preparatore
Il ritorno a 61 anni Picco di nuovo sulle due ruote per la 25ª Dakar con un sogno: un prototipo Ducati Sul podio con il suo baule impolverato c’è già salito quello che potrebbe essere suo figlio, il 28enne veronese Manuel Lucchese, 3° (44° assoluto) nella passata edizione, la sua quarta. «Cosa rende speciale questa categoria? La soddisfazione personale di giungere al traguardo potendo contare solo sulle proprie forze - racconta Manuel -. Questa volta punto alla vittoria di classe».
L’eroe dell’anno scorso
Come Diocleziano Toia, che a gennaio ha sfiorato il podio (4°) nonostante abbia tagliato il traguardo di Rosario con fratture a due costole, al femore sinistro e al piatto tibiale del ginocchio, distrutto anche per la rottura dei legamenti crociato e collaterale. L’esito di una rovinosa caduta Franco Picco, 61 anni, vicentino, tre podi alla Dakar in moto: 2° nel 1988 e 1989, 3° nel 1985. La scorsa edizione ha corso con i quad
©riProDUZioNE risErVata
LE NoVitÀ: PErCorSo E NAViGAZioNE
Paraguay e meno gps: «Riportiamo l’avventura» ricano, spostandosi verso est e attraversando un nuovo paese: il 2 gennaio infatti la corsa partirà da Asuncion, capitale del Paraguay, 29ª nazione a essere toccata dal rally-raid più famoso, massacrante e leggendario del mondo. Quindi attraverserà il confine con «Sarà una Dakar speciale» assicura Marc l’Argentina, puntare verso la Bolivia salenComa, la leggenda della Dakar a due ruote do (in tutti i sensi) verso la sua capitale La (5 successi) che per il secondo anno veste i Paz, dove l’8 gennaio la carovana effettuerà panni di direttore sportivo del raid. La Da- il giorno di riposo. Quindi inversione di rotkar (o come la chiamano adesso un po’ mi- ta e via di nuovo in picchiata verso Argentitologicamente L’Odissea) cambia rotta, sa- na, costeggiando la Cordigliera Andina per lendo un po’ più su del continente sudame- poi concludersi il 14 gennaio a Buenos Aires.
Si parte il 2 gennaio ad Asuncion, toccando il 29° paese della mitica corsa, poi Bolivia e Argentina. Coma, 5 volte vincitore e ds del raid, assicura: «Sarà una Dakar speciale»
New York, Biwott e Keytany: il Kenya ci mette la faccia
«Siamo riusciti a toccare tre capitali, raggiungiamo una nuova dimensione, e già questo è un bel traguardo - afferma Coma -. Abbiamo disegnato un percorso diverso dal solito. Ci sarà meno sabbia, ma le difficoltà saranno amplificate dalle cinque tappe che effettueremo in Bolivia ad altitudine elevata. L’imperativo è riportare l’avventura. Abbiamo introdotto speciali più lunghe, una addirittura di 700 km che vedrà i piloti arrivare nella notte, come succedeva in Africa. La tappa marathon torna nel suo formato classico, con tutti i concorrenti di moto,
auto e camion insieme. Non succedeva dal 2009. Abbiamo disegnato una Dakar pura. Sarà meno una corsa sprint con la navigazione che ritorna protagonista, grazie anche all’introduzione di un nuovo punto way point che non aiuta il pilota nella navigazione, ma è un check di verifica per l’organizzazione per capire se il pilota sta seguendo il road book. Anche il GPS verrà utilizzato con delle funzioni limitate, sempre per mettere ancora più in risalto le qualità di navigazione del concorrente».
SCHErMA
Berrè 2° e Curatoli 3°
3 tornei delle Final Series che chiudono lo European Tour. Primo il danese Olesen (195 - 65 62 68, -18). Ultimo giro in tv dalle 9.30 su Sky Sport 2.
CiCLiSMo
Lotto
Cosenza-Bogliasco 3-7. Classifica: Bogliasco, Messina e Roma 10, Plebiscito Padova 9, Catania 8, Milano 4, Cosenza e Rapallo 3, Bologna e Pescara 0.
Lopez, tibia rotta
rUGBY
(a.b.) Il colombiano Miguel Angel Lopez (Astana), vincitore della Milano-Torino, nella zona di Boyaca è finito fuori strada per colpa di un camion: frattura della tibia.
(w.b.) Il Leinster travolge le Zebre a Parma 33-10 (12-10 pt) con 4 mete.
PAttiNAGGio
Marchei-Hotarek quarti (e.g.) A Rostelecom Cup, 3ª tappa di GP, Valentina Marchei e Ondrej Hotarek scivolano al 4° posto per 1.13 punti. Quarti anche GuignardFabbri nella danza.
PALLANUoto
A1 donne: Roma rallenta (e.m.) A1 donne, 4° turno: Milano-P. Padova 2-7, O. Catania-Roma 16-16, Rapallo-Pescara 12-11, Bologna-Messina 6-13,
©riProDUZioNE risErVata
LOTTERIE
TUTTONOTIZIE
A Dakar Enrico Berrè e Luca Curatoli sul podio: 2° e 3° il loro arrivo insieme agli Eu- nella prima tappa di Coppa del ropei di corsa in montagna, Mondo di sciabola. Il primo in finale perde col francese ripartono dalla maratona. Anstett 15-11. A Saint Maur, di IN TV diretta su raisport1 dalle ore Coppa del fioretto femminile con la Errigo 3ª, battuta in 14.45 alle 18 semifinale dall’americana Ross 15-10. Trionfa la russa Solo l’uragano Sandy, che VErBANiA triCoLorE portò alla cancellazione delLa Sportway Lago Maggiore Deriglazova. la maratona nel 2012, è riuMarathon oggi assegnerà i tiscito a interrompere la stritoli italiani sui 42,195 km. Par- BoXE scia di vittorie keniane a New tenza alle ore 9 da Verbania York e il dominio sembra dePallanza con giro di boa a Stre- De Carolis kot Mondiale stinato a consolidarsi oggi con sa: favoriti Domenico Ricatti Dopo una battaglia, condotta Stanley Biwott e Mary Keitany e Carmine Buccilli, mentre per 7 round ai punti, il 32nne che partono non solo da camtra le donne la 47enne Clau- romano Giovanni De Carolis pioni uscenti, ma pure da fadia Gelsomino punta alla se- perde il Mondiale Wba dei supermedi a Potsdam contro il voriti. Stanley Biwott, 30 anni, è il campione uscente (aNsa) conda maglia tricolore. 24enne tedesco Tyron Zeuge Nelle vittorie di entrambi per kot a 2’41” del 12° round. c’è un po’ d’Italia, visto che dio Berardelli (rispettivamen- ta da Ghirmay Ghebreslas- CroSS DELLA VALSUGANA Biwott è allenato dal dottor te figlio ed ex colaboratore del sie e da Lelisa Desisa (vinci- Secondo atto per la stagione L’arbitro ha fermato il match Gabriele Rosa, mentre la Kei- dottor Rosa). «Le accuse sono tore per due volte a Boston). del cross oggi a Levico (Tn) dopo due atterramenti. tany è seguita dal torinese (re- false» ha commentato Biwott E l’Italia? Sono trascorsi 20 con il ritorno di Gabriele De sidente in Kenya) Gabriele Ni- che in aprile è giunto 2° a Lon- anni dal successo di Giaco- Nard che se la vedrà con l’az- GoLF cola. Lo stesso Biwott è inter- dra (in 2h03’51”). Per lui con- mo Leone e questa volta, tra zurro dei 3.000 siepi Abdoulvenuto sui casi di doping che fermarsi non sarà semplice: i 2.819 italiani al via, i più ti- lah Bamoussa. In campo fem- Manassero 2° in Turchia hanno scosso l’atletica kenia- dovrà guardarsi dalla concor- tolati saranno i gemelli Ber- minile Claudia Pinna affronte- Matteo Manassero da 4° a 2° na e che hanno portato in tri- renza interna (Lucas Rotich) nard e Martin Dematteis che, rà Sara Bottarelli, bronzo agli con 202 colpi (66 68 68, -11) bunale Federico Rosa e Clau- e da quella etiope, capeggia- dopo aver commosso tutti con Europei di corsa in montagna. nell’Open di Turchia, primo di
Dopo le polemiche doping (che hanno coinvolto anche il manager Rosa) gli africani puntano sulla Grande Mela. L’Italia corre coi Dematteis
Ci riprova anche Livio Metelli, cinquantenne bresciano al quale non basta vivere la Dakar di riflesso come preparatore atletico di Alessandro Botturi, l’italiano più forte (18° nell’ultima edizione). «Due anni fa l’ho seguito in assistenza e l’anno scorso ho coronato il mio sogno correndola e soprattutto finendola - racconta Licio, 43° assoluto -. Pensavo di aver concluso questa avventura, invece è come una droga. Devi tornare». Sarà un battesimo invece per Matteo Olivetto, padovano di Monselice che per il 40° compleanno ha deciso di regalarsi la Dakar. Solo col suo baule al seguito. Per lui non sarà poi così difficile, visto che alle spalle ha una vita da motociclista in viaggio, girando il mondo in solitaria. Dalla Tanzania all’India, compresa una FloridaUshuaia in sella a una Suzuki custom 600. Ma il Sud America della Dakar è un’altra cosa. E con la Malle un’altra ancora. Vera, totale. Fighissima. Roba da sentirsi un Arsenio Lupen delle due ruote, rubando a sé stesso ogni notte un po’ di ore di sonno, ma mettendosi nella propria cassa anche pezzi di sogno che valgono oro.
Celtic: Zebre travolte All Blacks battuti!
Bari CaGLiari FirENZE GENoVa MiLaNo NaPoLi PaLErMo roMa toriNo VENEZia NaZioNaLE
19 27 57 17 17 22 28 57 12 72 86
40 48 61 33 51 17 86 55 45 88 38
9 51 81 46 22 76 77 4 65 23 54
20 90 44 34 46 54 62 19 42 56 5
87 53 33 3 4 10 68 31 23 60 85
SUPErENALotto
Fermato il record di 18 vittorie 21 22 26 35 47 85 JoLLY 18 consecutive della Nuova superstar 83 Zelanda. Gli All Blakcs cedono QUotE 40-29 a Chicago con l’Irlanda, Nessun “6” che non li batteva dal 1905!
iPPiCA
Cotton Law 1° a Milano (m.sp) Galoppo, Milano, Premio Basilica S. Simpliciano. Arrivo: 1. Universo Sprite (10), 2. Cotton in Law (1), 3. King Beauty (4), 4. Maxedo King (6), 5. Sillaro (9). 2° e 3° indovinati da Tuttosport. Tris: 10-1-4 66,10 euro. Accoppiata: 10-1 da 14,57.
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9 27 46 61
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INSELLA - SPECIAL DAKAR
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STA PER PARTIRE IN SUDAMERICA L’EDIZIONE 2017 DEL RALLY PIÙ MASSACRANTE. MA I “NOSTALGICI” CORRONO ANCORA IN AFRICA
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a Dakar non è mai stata una passeggiata, né quando si disputava in Africa, né da quando si corre in Sudamerica. Ma l’edizione 2017, che partirà da Asuncion (Paraguay) il prossimo 2 gennaio, rischia di essere una delle più dure di sempre, con la “navigazione” che torna a fare da padrona.
Questa è la promessa di Marc Coma, il campione che dopo avere vinto 5 edizioni della gara ora è passato tra gli organizzatori. I concorrenti si troveranno a sfidare percorsi durissimi e condizioni meteo estreme, dai 40°C del Paraguay e dell’Argentina alle temperature glaciali della Bolivia a 5.000 metri. Come sem-
VALANGA AZZURRA
Saranno ben 28 gli italiani al via nelle tre categorie: 11 piloti in moto, 5 equipaggi in auto e 2 camion. Nelle moto, l’unico pilota ufficiale è Alessandro Botturi (Yamaha). Tra gli altri nomi di spicco, ritroviamo Franco Picco che a 61 anni si rimette in gioco nella gara a cui è più legato e Manuel Lucchese: entrambi saranno in gara nella categoria più estrema, la “Malle Moto” dove si corre senza team di assistenza. Tra l’altro, la moto “privata” che vedete a pagina 49 è quella di Manuel Lucchese che nella scorsa edizione ha centrato il terzo posto di categoria. Sempre con le “malle moto” alla Dakar ci saranno anche Diocleziano Toia (quarto nel 2016) e Livio Metelli.
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pre sarà uno spettacolo entusiasmante: in queste pagine ecco cosa c’è da sapere per goderselo fino in fondo. Chi rimpiange invece le prime edizioni, a pag. 51 trova tutte le info sulla Africa Eco Race che si correrà in contemporanea con la gara sudamericana e terminerà il 14 gennaio sulla spiaggia di Dakar.
INIZIO
FINE
DISTANZA
SPECIALE TOTALE
1
02/01
Asunción
Recistencia
39
454
2
03/01
Resistencia
275
803
3
04/01
364
780
4
05/01
San Miguel de Tucumán San Salvador de Jujul
San Miguel de Tucumán San Salvador de Jujul Tupizia
416
521
5
06/01
Tupizia
Oruro
447
692
6
07/01
Oruro
La Paz
527
786
7
09/01
La Paz
Uyuni
322
622
8
10/01
Uyuni
Salta
492
892
9
11/01
Salta
Chilecito
406
977
10
12/01
Chilecito
San Juan
449
751
11
13/01
San Juan
Rio Cuarto
288
754
12
14/01
Rio Cuarto
Buenos Aires
64
786
4088
8818
GIORNO DI RIPOSO
TOTALE
Sono dodici le tappe previste di questa edizione della Dakar, per un totale di quasi 9.000 km. Di essi, poco meno della metà saranno prove cronometrate (e di queste, 6 si svolgeranno sopra i 3.000 metri di altitudine). I concorrenti partiranno da Asuncion in Paraguay, situata a livello del mare, per poi raggiungere gli altipiani andini situati a 5.000 metri di altitudine, dove le temperature di notte scendono sotto lo zero. Di qui punteranno verso l’Argentina, dove incontreranno temperature superiori ai 50° C: un’autentica fornace che metterà a durissima prova uomini e mezzi.
LA GARA IN PILLOLE Quella del 2017 sarà la 38esima edizione della Dakar e attraverserà tre nazioni: l’Argentina, la Bolivia e, per la prima volta, anche il Paraguay. Una novità che metterà ulteriormente in difficoltà i concorrenti, perché da quelle parti a gennaio il tasso di umidità raggiunge il 100%. Sono 241 i veicoli iscritti, di cui ben 124 (più della metà) sono moto; gli altri 117 sono suddivisi tra quad (15), auto (54) e camion (48). Quanti di questi arriveranno al traguardo di Buenos Aires? Difficile dirlo: come in tutte le gare, ma in particolare alla Dakar è impossibile fare pronostici. Per seguirla in tempo reale, nei giorni della gara tenete d’occhio il sito ufficiale www. dakar.com e il nostro sito inSella.it.
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RALLY SPORT RALLY SPORT RALLY SPORT RALLY SPORT RALLY SPOR SPORT RALLY SPORT RALLY SPORT RALLY SPORT RALLY SPORT RALLY
TANTE MODIFICHE PER GLI “UFFICIALI”
INVECE LE “MALLE” SONO DI SERIE...
Fino a qualche anno fa, i team ufficiali utilizzavano potentissimi prototipi per affrontare il deserto. Oggi invece usano enduro monocilindriche derivate dalle moto di serie, ma sono sempre pesantemente modificate. Ecco per esempio la Honda CRF 450 Rally preparata da HRC: deriva dalla CRF 450 Enduro, ma i profondi interventi sul motore portano la potenza da 33,2 kW (45 CV) a oltre 45 kW (più di 61 CV) con un guadagno di oltre il 30%, mentre l’iniezione elettronica si adatta meglio alle diverse situazioni climatiche. DOPPIO SERBATOIO La CRF 450 Rally ha due “maxi serbatoi” per affrontare le lunghissime tappe della gara: uno è in posizione classica e l’altro sotto la sella, per una capacità complessiva di 33,7 litri
SCARICO ITALIANO L’impianto di scarico è realizzato da Termignoni, mentre la ciclistica sfrutta solo componentistica giapponese: sospensioni regolabili Showa e freni Nissin davanti e dietro, con dischi rispettivamente da 300 e 240 mm
SENZA QUESTA TI PERDI “La torre” (questo il nome della struttura per alloggiare la strumentazione davanti al pilota) ospita un road book cartaceo, un navigatore GPS e due ulteriori contakm digitali
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RUOTE “SU MISURA” Nonostante la somiglianza con quelle della CR 450X da enduro, le ruote sono più robuste per sopportare il maggiore peso della versione Rally che in ordine di marcia sfiora i 150 kg
Quando tutto cominciò nel 1978, alla Dakar c’erano solo piloti privati con le loro normali XT500, XL500 e DR 400. Ma oggi si può ancora partecipare da “privati”? Sì, anzi esiste addirittura una categoria apposita: si chiama Malle Moto ed è riservata ai piloti con moto di serie che corrono senza alcuna assistenza. Uno degli specialisti è l’italiano Manuel Lucchese che nella scorsa edizione ha conquistato il terzo posto tra le Malle Moto e 44esimo assoluto. Quest’anno ci riprova con una Yamaha WR 450 F my 2012 (in basso), comprata nuova a meno di 5.000 euro. Pochissimi gli interventi (costati altri 5.000 euro circa), per non compromettere l’affidabilità: ci sono due serbatoi (davanti da 18,5 litri e dietro da 10,5 litri) per aumentare l’autonomia a circa 300 km, molle sospensioni rinforzate per sopportare il maggior peso, ruote più robuste e un nuovo scarico. L’iscrizione alla gara (compresa la spedizione della moto) è costata 14.800 euro.
E CORRONO SENZA ASSISTENZA La categoria “Malle Moto” nella quale correrà Manuel Lucchese (foto qui sotto) è la più dura perché non prevede alcun tipo di assistenza: solo il pilota
può mettere mano alla moto per ripararla. L’unico “aiuto” concesso è una scatola delle dimensioni di
80x45x35 cm
(quella verde accanto a Lucchese) che l’organizzazione gli fa trovare all’arrivo di ogni tappa. Al suo interno, i
ricambi e il necessario
per intervenire sulla moto, compresi attrezzi, filo di
ferro (tanto) e nastro americano: insomma, tutto quanto può servire per rimettere assieme la moto in caso di scivolata o guasto meccanico. A lui e agli altri italiani in gara possiamo solo dire in bocca al lupo!
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MONSTER ENERGY HONDA TEAM
Ritornato in forze alla Dakar con la CRF450 Rally (oltre 61 i cavalli dichiarati per il monocilindrico di 449,4 cm3), il team ufficiale Honda ha scontato in questi due anni problemi tecnici, qualche caduta di troppo e un pizzico di sfortuna. Quest’anno potrebbe essere finalmente quello giusto per arrivare sul gradino più alto del podio, grazie anche ai fortissimi piloti ufficiali Joan Barreda,
QUALCUNO VA DAVVERO A DAKAR
Paulo Gonçalves, Kevin Benavides, Michael Metge e Ricky Brabec.
TEAM RED BULL KTM FACTORY RACING Il team ufficiale della casa austriaco punta ancora una volta alla vittoria grazie all’affidabilissima 450 Rally. E anche quest’anno il Team Red Bull KTM Factory Racing schiera uno squadrone di tutto rispetto che annovera la fortissima Laia
Sanz, Antoine Meo, Matthias Walkner e il “capitano” Toby Price (vincitore della Dakar 2016).
L’Africa Eco Race (AEO) è un rally che si svolge tra Marocco, Mauritania e Senegal, inventato da Hubert Auriol sulla base della leggendaria Parigi-Dakar di Thierry Sabine che creò la leggenda dei rally africani. L’edizione 2017 partirà il 31 dicembre da Montecarlo, in Costa Azzurra, e si concluderà sullo storico Lac Rose della capitale senegalese sabato 14 gennaio, dopo che i partecipanti avranno affrontato 12 tappe e attraversato quasi 6.000 km di deserto, di cui 3.742 di speciali cronometrate. Per seguire la gara, andate sul sito ufficiale www.africarace.com e su inSella.it! TUCANO URBANO E INSELLA.IT NEL DESERTO CON PAOLO CECI L’azienda milanese di abbigliamento da città è tra gli sponsor dei pilota emiliano Paolo Ceci (a destra nella foto assieme a Diego Sgorbati, CEO di Tucano Urbano) che correrà quest’anno alla Africa Eco Race. Ceci è uno specialista di queste gare: vincitore di 14 titoli Italiani, 2 titoli Europei e vice Campione Mondiale Cross Country Rally 2009, vanta 5 partecipazioni alla Dakar arrivando 5 volte al traguardo. Paolo Ceci sarà in gara con una Honda Africa Twin Rally (la prima preparata per questi eventi) e racconterà la “sua” Africa Eco Race ogni giorno sul nostro sito inSella.it. Forza Paolo!
YAMALUBE YAMAHA A bordo delle WR 450F Rally, i piloti Helder
Rodriguez, Adrien van Beveren, Rodney Fagotter e il “nostro” Alessandro Botturi cercheranno di ruba-
re la scena ai favoriti. La WR 450 F ha serbatoi per una capacità complessiva di 33 litri e impianto di scarico Akrapovic. La potenza del motore (non dichiarata) dovrebbe essere attorno ai 70 CV.
50 insella.it
IL PRINCIPE DEL DESERTO
T
hierry Sabine si smarrì nel deserto del Ténéré il 14 gennaio 1977… e si innamorò perdutamente dell’Africa. Un anno dopo tornò su quelle strade e quelle piste, partendo da Parigi con un po’ di amici per raggiungere la spiaggia di Dakar, in Senegal. Era l’inizio della leggenda, la prima Parigi-Dakar da cui discendono tutti i rally africani. Con la sua tuta bianca, il portamento elegante, capacità organizzative e comunicative fuori dal comune, Sabine divenne lui stesso una leggenda capace di trascinare personaggi famosi sulle dune, fino alla morte (un incidente in elicottero durante la Dakar del 1986). Se volete saperne di più su Thierry Sabine e la Parigi-Dakar, vi consigliamo i volumi di Edizioni Mare Verticale (www.edizionimareverticale.com), pieni di notizie e particolari inediti.
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MOTOCICLISMO FUORISTRADA - PREVIEW DAKAR
GARA
E Coma disse: "Sarà la più dura" DAKAR 2017
Finalmente, Marc Coma ha avuto modo di mettere le mani sulla Dakar come voleva lui. E la promette tosta, con navigazione difficile e cinque tappe in alta quota. Moto e top rider non cambiano rispetto al 2016, a parte Antoine Meo, che resta a casa
O
di Mario Ciaccia, interviste di Marco Gualdani e Luca Nagini
Ogni tanto ci sono delle Dakar anomale, fuori dagli schemi. Quella del 2016 lo è stata perché le defezioni di Cile e Perù (assenti anche quest'anno) hanno costretto a ripiegare velocemente su un percorso alternativo, riciclando tappe del WRC, più scorrevoli e meno navigate rispetto a quelle tipiche della Dakar. La cosa ha comportato la strana classifica che abbiamo visto un anno fa, con una sfilza di debuttanti giovani e scatenati 88
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nella top ten. Gente con poca esperienza, ma con la manetta infinita. Marc Coma, vincitore cinque volte tra le moto, era appena stato ingaggiato come direttore tecnico e non è stato molto contento di debuttare in un’edizione così “smanettona”. Ma ha avuto un anno per lavorarci sopra e crediamo che sia questa la sua prima, vera Dakar. Quella che lui annuncia come la più dura tra quelle sudamericane. Lui pensa che sia giusto tornare ai valori di una volta: navigazione difficile (con l'introduzione del WPC - Way Point Control - e un GPS con meno informazioni: ce ne parla Botturi più avanti) e impegno fisico, in questo caso con un aumento delle tappe in alta quota. Finora c’erano stati soltanto trasferimenti dove si sfioravano i 5.000 m, ma poi si tornava ad altitudini meno ostiche. Quest’anno, con la Bolivia interessata da cinque speciali tra i 3.500 e i 5.000 m, per di più su fondi sabbiosi, la faccenda sarà veramente tosta. La partenza dalla capitale del Paraguay sembra una grossa novità, ma in quel Paese si disputeranno solo un breve prologo di una quarantina di km e un trasferimento di 400 km che porterà in Argentina, dove sono previsti i primi tre pernottamenti.
FUORI Dakar 2017 Più interessante è il fatto che in Bolivia si correrà per cinque tappe, come dicevamo. Dopodiché, si tornerà in Argentina, per le ultime cinque speciali. Coma indica nello sbalzo termico un altro dei motivi per cui sarà una gara durissima, ma non capiamo: ogni anno ci sono sbalzi tra i 40 °C sopra lo zero delle zone desertiche e i "qualcosa sotto lo zero" delle tappe di montagna.
I numeri non fanno capire
Un altro motivo per cui questa Dakar sarebbe più dura delle altre sta nella lunghezza delle prove speciali, con sei che superano i 400 km. Valutare la durezza di questa Dakar in base ai numeri, però, non rende l’idea. Abbiamo confrontato un’edizione considerata “normale” (la 2015) con una “facile” (la 2016) e una “difficile” (la 2017) e i numeri non dicono molto, come vedete dalla tabella che alleghiamo. Quest’anno avremo 12 tappe contro 13, ma i chilometri totali orbitano sempre intorno ai 9.000, i km giornalieri sempre intorno ai 700 ed il rapporto tra trasferimenti e prove speciali è sempre intorno al 50%. Anzi, quest’anno i trasferimenti saranno più lunghi delle speciali, complessivamente. Ogni anno c’è una maxi tappa di circa 1.000 km. E se è vero che quest’anno sei speciali supereranno i 400 km, contro le quattro di due anni fa e le cinque dell’anno scorso, è altrettanto vero che la speciale più lunga del 2015 misurò 781 km, contro i 527 di quest’anno. Non ci sono rivoluzioni né a livello squadre né
Toby Price è l'uomo da battere. Eppure ha corso solamente due Dakar, classificandosi prima terzo, poi primo a livello piloti: quelli al top sono rimasti dov’erano. Parliamo quindi di Barreda, Goncalves e Benavides per Honda, di Price, Walkner e Sunderland per KTM, di Quintanilla e Remes per Husqvarna, di Botturi, Rodrigues per Yamaha, di Pedrero per Sherco. Il vincitore dovrebbe essere tra questi 11, ma non vanno dimenticati gli outsider, come i francesi Van Beveren e De Soultrait per Yamaha, lo statunitense Brabec (con il mitico Johnny Campbell a fargli da portatore d'acqua) e il francese Metge per Honda, il nostro Cerutti. Manca, clamorosamente, Antoine Meo: il francese aveva eroicamente concluso la Dakar 2016, nonostante una frattura allo scafoide del polso destro che lo aveva fatto passare dal terzo al settimo posto ma, in un anno, non è riuscito a tornare a posto. S’è messo nelle mani del noto chirurgo Mir di Barcellona, non parteciperà alla Dakar e punterà tutto sul Mondiale Rally. Al suo posto è stato ingaggiato il messicano 23enne Ivan Ramirez, specialista delle baja e delle hare & scramble made in USA. Per fare pratica ha debuttato all’Oilybia Marocco dello scorso ottobre, concludendo al 14° posto una gara che ha visto sfidarsi i team più forti eccetto la Honda (ha vinto Price, davanti a Sunderland, Quintanilla, Rodrigues e De 90
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IMBATTUTA DA 15 ANNI
KTM è la squadra da battere dal 2001, quando Fabrizio Meoni vinse la prima volta. Foto grande: Toby Price, il favorito. Dall'alto: Laia Sanz, Sam Sunderland e Walkner. Nella foto piloti/meccanici qui accanto si riconoscono, da sinistra, Laia Sanz, Antoine Meo (che però ha deciso di non correre), Matthias Walkner, Toby Price e Sam Sunderland.
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FUORI Dakar 2017 Soultrait). Beffe del destino: mentre Meo è messo KO da una frattura relativamente piccola risalente a un anno fa, Toby Price, il campione in carica, è riuscito a vincere la Dakar dopo essersi devastato la colonna vertebrale nella zona del collo in una caduta, che lo aveva costretto a stare a letto, immobile, per mesi. Invece per Walkner e Sunderland la Dakar è una gara maledetta, vanno fortissimo ma non riescono mai a “quagliare” a causa di cadute nefaste. Tuttavia, il team KTM Red Bull crede in Sunderland e gli ha bloccato il contratto fino alla fine del 2019, così come ha fatto con Price. Ritentano la Dakar due grandissimi enduristi che non hanno brillato nel 2016, ovvero Pela Renet (confermato da Husqvarna) e Ivan Cervantes (confermato dal team KTM Himoinsa).
Forza Italia
Anche quest’anno abbiamo due piloti che puntano
in alto, ovvero Alessandro Botturi (confermato dalla Yamaha) e Jacopo Cerutti, che correrà per il team ceco MRG (Moto Racing Group) insieme a Milan Engel ed al quaddista Tomáš Kubiena. La cosa buffa è che lui viene indicato come pilota Husqvarna ed Engel come pilota KTM ma le moto, essendo state completamente riverniciate, delle rispettive Case mantengono soltanto il colore dei telai: per il resto sono identiche. Dopo l'impresa di Alessandro Gritti, che a 66 anni ha concluso la Sei Giorni, ecco quella di Franco Picco che, a 61 anni, correrà nella categoria “malle moto”, quella dei più duri tra i duri, dove il pilota è solo con la sua moto e, se la rompe, deve ripararla da sé. Questa è la classe più affascinante e romantica e vi corrono ben cinque degli undici motociclisti italiani iscritti alla Dakar: oltre a Picco abbiamo Livio Metelli, Diocleziano Toia, Manuel Lucchese e Matteo Olivetto.
Impressionante il ritorno di Luca Manca, vittima di una spaventosa caduta, nel 2010, che aveva fatto temere per la sua vita. Gli altri italiani al via sono Alessandro Ruoso, Domenico Cipollone e Simone Agazzi, un privato molto invidiato, perché corre con la Honda ufficiale con cui Kevin Benavides si piazzò quarto un anno fa.
Moto: nessuna novità
Le moto sono evoluzioni dei modelli che hanno già corso le ultime edizioni. In HRC hanno lavorato soprattutto per migliorare l'affidabilità della parte elettronica della Honda CRF450 Rally. Le KTM/ Husqvarna sono dei progetti vincenti fin da quando sono state presentate, due anni fa. Per loro soltanto affinamenti. La Yamaha è finalmente derivata da una enduro e non più da una cross. Ma delle modifiche a quest’ultima ce ne parla Botturi più avanti. Sherco è supportata da TVS, una delle maggiori Case indiane, che ha imposto la presenza di un pilota indiano, Aravind Prabhakar, oltre a Pedrero ed al francese Adrien Metge. L’interesse dell’India verso la Dakar è confermato da un’altra Casa motociclistica di laggiù che ha messo il suo nome su una moto europea: è la Hero, che si appoggia a un team immortale, quello Speedbrain che da sette anni lavora sulle BMW/Husqvarna. Con questa moto hanno corso Fretigne, Barreda, Botturi e Israel; adesso i piloti si chiamano Joaquim Rodrigues (Portogallo) e Santosh Chunchunguppe Shivashankar (non stiamo scherzando, è indiano ed è alla sua terza Dakar). I cinesi sono più avanti: Zongshen corre con una moto fatta da lei, la ZX450, con tre cinesi e due francesi, tra cui Thierry Bethys, vincitore di tre Touquet. Delusione italiana: Beta e TM non ci saranno neanche quest'anno.
BELLA E SENSIBILE
La Honda CRF450 Rally è un prototipo a se stante, che non deriva dalla CRF450R da cross: la testa è bialbero e non monoalbero unicam e le misure di alesaggio e corsa sono 97x60,8 mm contro 96x62,1. Utilizza un sistema di controllo trazione paragonabile al livello più blando dell’Africa Twin 1000. Moto veloce, efficace, facile da guidare, considerata una favola da chi ha avuto la fortuna di guidarla, ha sofferto finora di numerosi guasti, soprattutto all'elettronica. Nella "penna" di gruppo i piloti sono, da sinistra: Benavides, Metge, Goncalves, Brabeck e Barreda. Quelli a braccia conserte sono Barreda e Goncalves.
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FUORI Dakar 2017 JJHCVH JCJH G JKHKHKHH
Daerum sum unt alit ea nulla nonsediciis maxim quundis id essectem soluptat ditatet eum estio. Et autas ulparchicto inciis minctur mod qui temAliaet artat, viventi ssupimu ressulo
JJHCVH JCJH G JKHKHKHH
Daerum sum unt alit ea nulla nonsediciis maxim quundis id essectem soluptat ditatet eum estio. Et autas ulparchicto inciis minctur mod qui temAliaet artat, viventi ssupimu ressulo casdam Romnost? Effre, avolic fuis bonsulis. Ex senatam is, querunum pere a rei inat ve, Pala publica vistrac trunum opublic aetisus mihilin hos arbent virmilis. Ebat, fatam etili confitam abi intemni tati, pero iam apecrem poterorur, C. Uro vissedeatus,
Quintanilla, a last generation man
Pablo Quintanilla, cileno di 30 anni, è uno dei nomi sudamericani spuntati all'improvviso nella storia della Dakar. Arriva dal cross e, in pochi anni, è diventato uno dei più forti, con un bel terzo posto nel 2016. Sei di quelli che vanno in moto da piccolissimi? Sì, ho iniziato quando mio fratello convinse mio padre a comprarci una moto ciascuno. A sei anni correvo già nel campionato nazionale cileno di cross e a 11 anni mi sono trasferito negli USA per correre a tempo pieno; poi sono tornato in Cile, ho corso il Campionato Sudamericano e poi il Mondiale MX3. E come ci sei arrivato ai rally? Quando avevo 13 anni mi allenavo spesso con Carlo De Gavardo che, in quegli anni, era all’apice della sua carriera rallistica. Mi raccontava un sacco di storie e aneddoti di quel mondo, che mi affascinarono da subito. 94
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De Gavardo? Non Lopez? No, era troppo presto per lui. Ho un ottimo rapporto con Francisco, ma la passione me l'ha trasmessa De Gavardo. E così, quando a 22 anni mi sono rotto un ginocchio, pregiudicando la mia carriera crossistica, sono passato ai rally. Ma dovevo imparare tutto: il deserto, il roadbook, il GPS, le moto. Non sapevo nulla. Alla mia prima Dakar ero in sella a una Honda privata, il migliore mezzo se non avevi i soldi per una KTM Rally, ma sono arrivato impreparato. Sono partito bene, ma ho avuto un brutto infotunio alla schiena; quello è stato un momento difficile, che mi ha portato a impegnarmi di più ad imparare la navigazione e a fare una preparazione più specifica, modificando anche la mia guida. Al secondo tentativo avevo una KTM Replica, ma mi sono ritirato per una frattura a una mano; ero proprio a terra. Due infortuni così, dopo due anni di lavoro, non sono facili da digerire. Ma in quel momento c’era qualcosa dentro di me
che mi diceva di continuare a spingere e di crederci ancora. La svolta è arrivata al Rally di Atacama 2014: poco prima della gara, Lopez si era fatto male e KTM mi ha offerto la sua moto. Ho vinto la gara e per me è stato fantastico. Così come lo era lavorare con Coma. Incredibile. A quel punto KTM mi ha offerto il supporto per la Dakar 2015 e per il Mondiale Rally. Ho potuto imparare tanto da Coma, Faria e Villadoms. Hanno tantissima esperienza e mi hanno fatto crescere molto. Nel 2015 sono finalmente riuscito a finire la Dakar e sono arrivato al quarto posto, da privato. Quel risultato mi ha permesso di partecipare anche al Mondiale Rally con KTM. Ho conquistato molti podi, ho vinto anche qualche gara. Alla fine del 2015 è arrivata la proposta di Husqvarna di diventare pilota ufficiale al 100%, un’altra grande opportunità di migliorare, di godermi la carriera e infatti, nel 2016, sono arrivati il terzo posto alla Dakar e la vittoria nel Campionato del Mondo.
Hai usato Honda, KTM e Husqvarna. La Honda che usavo io non era una moto ufficiale. La facevamo praticamente in casa. La KTM è costruita apposta per i rally ed era un’altra cosa. Una grossa differenza c’è stata quando siamo passati dal carburatore all’iniezione, perché la moto è diventata più veloce, più leggera e più facile in tutto. Poi un altro cambiamento l’ho sentito quando sono passato in Husqvarna, legato al nuovo gruppo di lavoro. Sono tutte persone di grande esperienza e sanno perfettamente come lavorare per ottenere risultati in gare così difficili. È facile lavorare con loro, sanno prevedere un sacco di cose. Tutti lavorano nella stessa direzione con una bella atmosfera e, soprattutto, mi permettono di concentrarmi solo sul mio ruolo. Non devo più pensare a dove andare in hotel, alle auto, o cose del genere. Posso pensare solo a correre. Parliamo del tuo stile di guida. Non ho ancora capito se sei un pazzo o se sei super coraggioso. Ma
SAREBBERO DAKARIANE
Noi siamo vecchi. Siamo ancora legati ai tempi in cui alla Dakar si correva con bicilindriche da 250 kg, con le quali una curva come quella sopra te la potevi solo sognare. Gli artisti in azione in queste due pagine sono il cileno Pablo Quintanilla (sopra; lui compare anche nel ritratto) e il francese Pela Renet (a sinistra).
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FUORI Dakar 2017 LA POLTRONA DEL RE?
A sinistra, la Yamaha ufficiale, qui in versione Rodrigues. Rispetto alla 2016 ha i serbatoi in plastica anziché in carbonio, il telaio WR anziché YZ, la forcella BOS. Sotto a sinistra: il tappo blu che vedete davanti alla ruota posteriore serve per caricare l'acqua nel forcellone. Sotto destra: i quattro, minuscoli faretti a led, simili a bottoni, stravolgono l'estetica del frontale così come siamo abituati a vederlo.
non solo tu, tutti i nuovi arrivati vanno molto forte, sempre e comunque. Come fai? In passato la Dakar era un’avventura, con molta navigazione. Poi, col tempo, è cambiata, fino ad arrivare all’anno scorso, in cui era una gara molto poco tecnica. È sempre più scorrevole, i piloti sono più veloci e soprattutto le moto sono più potenti e molto più facili. Tutto è cambiato. Molti pensano che siamo dei pazzi, perché andiamo a manetta in posti che non conosciamo, ma non è così. È importante prestare molta attenzione al roadbook e capire bene il ritmo della gara, perché non si può andare al 100% per tutto il tempo. Dipende anche da quanto ti senti a posto, concentrato, se il tuo fisico risponde bene e non hai altri problemi. Spesso quando non sono a posto calo un po’ il ritmo e faccio delle scelte. Questo è uno sport molto rischioso e prendere la decisione sbagliata al momento sbagliato può costare caro. Per andare così forte hai bisogno di essere a posto fisicamente, al 100% della forma, devi contare su una moto preparata a dovere e con la quale ti trovi bene. Quando ti trovi in quei posti stupendi che raggiungete in gara, cosa ti passa per la testa? Quando sei in prova speciale presti attenzione solo alla pista, al roadbook e al ritmo della gara. Non hai tempo e modo di capire se sei in un bel posto. Vedi i colori attorno a te, ma magari sei a tutto gas e non puoi distrarti mai. In trasferimento, invece, ci sono dei momenti in cui pensi molto. Penso a cosa ci faccio qui, alla famiglia, al passato e al 96
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futuro. Cosa c’è che non va e cosa sì. Col passare dei giorni, poi, cambia anche il feeling che hai, perché dopo un po’ inizi ad essere stanco, dormi molto poco, stai sempre in moto, la sera devi preparare il roadbook e il cibo necessario alla tappa del giorno dopo. Non è facile. Ma è la mia missione e la mia passione; ho voglia di andare forte, so che è pericoloso, ma mi diverte moltissimo questa vita. Coma sta cercando di rendere la gara più tecnica. Per te è un bene o preferisci gare come quella scorsa? Ne sarei contento, perché sarebbe più difficile per tutti e la velocità inevitabilmente ridotta. È qualcosa che scopriremo sul posto. Quel che è certo è che sarà una Dakar dura, come sempre. Come ogni tappa. Ci sono giorni in cui ti svegli e sei ottimista che sarà semplice. Poi ti ritrovi a restare appeso alla moto perché sei nei casini. Si parla quasi sempre di Dakar, ma c’è anche il Mondiale Rally, di cui tu sei il campione. Una gara, prestigiosa, contro un campionato intero. Cos’è più importante, per te? Entrambi. Come pilota sogni di diventare Campione del Mondo. Inoltre il Mondiale è sempre più bello, le gare iniziano a diventare numerose, il livello è molto alto. Mettiamo il caso che non esistano gli infortuni, i danni alla moto e ragioniamo come se fossimo in un mondo perfetto. Chi è il più forte rallista oggi? È difficile da dire. Ci sono tanti piloti forti, ma la Dakar è una gara lunghissima ed è impossibile correrla senza
LA POLTRONA DEL RE?
Sopra, vediamo Alessandro Botturi "fotografare la foto" che gli è appena stata scattata all'Eicma da una professionista, su una bella poltrona di cuio, dove sarebbe bello incoronarlo come vincitore della Dakar 2017. Alessandro rappresenta il dakariano old style, quello che non rischia, che naviga bene, che ragiona e che tenta di opporsi all'esuberanza delle giovani leve. Questa Dakar potrebbe essere la gara giusta per lui.
fare errori e senza mai cadere. Ci sono troppi fattori che non puoi controllare; solo pochi dipendono veramente da te. Ci sono volte che rischi e altre in cui non lo fai, a volte decidi di attaccare oppure di perdere qualcosa e di recuperare l’indomani. Tutte queste cose mi fanno dire che è impossibile definire il migliore sulla carta. Ci sono giorni in cui ti senti il più forte, fai tutta la speciale benissimo, hai il miglior tempo e magari a 5 km dalla fine fai un piccolo errore che ti fa perdere tutto il vantaggio guadagnato e magari ci rimetti pure 10 minuti. Quindi chi è il più forte di quella tappa? È impossibile capirlo. Puoi dirci quanto guadagni oggi? No. Come ti alleni per la Dakar? Sono una serie di cose: faccio motocross, rally, mountain bike, palestra. È un programma molto intenso da lunedì a domenica, per mesi. Devi pensare a curare la tecnica, la
forma, a essere veloce in moto, a essere forte di testa. Tutto per raggiungere il 100% al via di una gara che dura una settimana o due. Non abbiamo idea di come ci si possa sentire quando si è pronti a una cosa così. Forse ci sentiremmo dei supereroi. È davvero una bella sensazione. Ti senti forte, ti senti molto molto bene. Sei pronto per la sfida. Ma per arrivare a quello stato di forma devi lavorare tantissimo. Alla fine della Dakar si fa un programma su quali gare affrontare in vista dell’edizione successiva e spesso usi quelle gare come allenamento. Ti alleni, ti alleni, migliori, migliori. Poi quando la Dakar si avvicina cambi preparazione in funzione solo di quella cosa lì. Ti alleni e ti alleni. Ma allo stesso tempo devi stare attento a non allenarti troppo. Questo è un rischio che si corre quando sei molto motivato. Se esageri rischi di superare un limite e non è positivo. MOTOCICLISMOFUORISTRADA | 1/2 2017
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DAKAR 2017 COME È ANDATA
POLVERE E
Sam Sunderland vince la Dakar: per la Gran Bretagna è la prima volta, per troppo pesantemente da un rifornimento fatto al momento sbagliato. E resta una
VELENI
KTM la sedicesima di fila. Ma il più forte è stato Joan Barreda, penalizzato domanda: ma è stata veramente la più dura Dakar sudamericana?
Testo Mario Ciaccia - foto DPPI, Tamboo
D
i Dakar più dura della Storia si parlò già nel 1986, quando Thierry Sabine, ossessionato dal dover alzare sempre l’asticella, organizzò una gara più lunga delle precedenti, con tratti di dune difficilissimi. Ma non ci si arrivò mai, perché Sabine morì nell’incidente del suo elicottero contro una duna e la competizione venne pesantemente ridimensionata nel percorso. Da allora, ha subito una leggera ma costante diminuzione della sua durezza, passando da tre a due settimane, per esempio, ma anche con tappe meno lunghe e un aumento della percentuale di asfalto. La navigazione, poi, è diventata più facile con l’arrivo del GPS. Quando, nel 2009, la Dakar è stata spostata in Sudamerica, il fuoristrada è stato relegato quasi del tutto alle sole prove speciali, anche
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se di tipo più tecnico rispetto a quello africano. Alle Dakar della nuova generazione la maggior parte dei piloti termina le tappe prima di cena ed è raro che qualcuno le finisca al mattino successivo, come invece succedeva spesso in passato. Ma Marc Coma, il nuovo direttore tecnico, che ha vinto cinque volte la gara, che l’ha corsa cinque volte in Africa e cinque volte in Sudamerica, ha deciso che occorreva tornare al passato. Lo abbiamo sentito ripetere fino all’ossessione che sarebbe stata la Dakar più dura tra quelle disputate dal 2009 in poi. Per ottenere questo ha complicato la navigazione, ha accresciuto le difficoltà tecniche nelle tappe con le dune e ha aumentato quelle in alta quota. Ma adesso, a gara finita, è difficile dire se sia stata davvero così dura.
Se piove è dura ma, se piove tanto...
...diventa paradossalmente meno dura, perché annullano le tappe. Il maltempo s'è accanito con un sadismo mai visto negli anni precedenti, per cui sarebbe stata veramente una corsa massacrante; ma sono state eliminate due tappe molto toste e tagliate a metà altre due, per cui i piloti sono stati graziati, in un certo senso. Annullare le tappe è stato necessario perché stavano succedendo fatti drammatici come piloti privati bloccati di notte nel fango e camion dell'assistenza che non riuscivano ad arrivare al bivacco. Tutto questo è poi passato in secondo piano quando una frana di fango ha investito un paese, provocando diversi morti. Anche in quel caso la tappa è stata annullata e l'organizzazione ha deciso di prestare il suo aiuto. Quando la Dakar
è finita, di fatto erano state disputate solo dieci tappe, di cui due dimezzate: è poco, per una gara che era arrivata ad averne 22. Però aumentare le tappe boliviane (tutte sopra i 3.000 m!) ha reso il percorso molto interessante. La Dakar resta estrema nei suoi sbalzi termici perché, a causa dei dislivelli impressionanti, i piloti passano dai 42 gradi delle pianure argentine alle nevicate come quella dell'Abra El Acay, a 4.895 m di quota, già attraversato nel 2015. Alcuni piloti hanno sofferto moltissimo la quota e il maltempo, come gli italiani Luca Manca e Manuel Lucchese. Luca, che tornava alla Dakar sei anni dopo lo spaventoso incidente in cui aveva rischiato la vita, a furia di prendere pioggia s'è ammalato di broncopolmonite ed ha mollato quando la gara era tornata alle temperature torride. Manuel, invece, ha patito
CHE SFIDA! Finalmente Sunderland (14) riesce a finire una Dakar... e la finisce vincendola. Ma, se Barreda (11) non fosse stato punito, fino alla fine sarebbe stata una bagarre pazzesca.
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l'altitudine, era sempre fiacco e faticava a respirare, ma ha anche detto che, per il resto, è stata una Dakar priva di tratti difficili, perché questi erano concentrati soprattutto nelle tappe che sono state cancellate.
Navigazione difficile, finalmente
Dove, invece, Coma è riuscito a mantenere la promessa è stato sul fronte della navigazione. Erano anni che non sentivamo parlare di piloti che pascolavano disorientati 4 km lontani dalla traccia, come successo quest'anno: certo, ai tempi delle Dakar africane era normale sentire di gente che usciva fuorirotta per 60 km, tornava indietro e restava ancora in corsa per la vittoria finale ma erano i tempi della sola bussola. Poi è arrivato il GPS, che favoriva sfacciatamente chi lo aveva. Proibirlo era inutile, era facile nasconderlo da qualche parte e tirarlo fuori in mezzo al deserto. Allora si è deciso di renderlo parte importante della navigazione, ma la gara è diventata più facile, più veloce e meno ragionata, soprattutto quando hanno introdotto i waypoint da toccare obbligatoriamente, che hanno stravolto completamente il modo di navigare. Colpi di genio come quelli di Orioli, che saltava sulla ferrovia per accorciare il percorso, sono diventati impossibili. Coma ha lavorato su questa base: non ha eliminato i waypoint, li ha resi invisibili finché non sei a 300 m di distanza. Questo vuol dire che devi seguire il road-book con molta attenzione, capire che sei in zona e, se nessun waypoint ti compare nello schermo del GPS, vuol dire che hai sbagliato strada. A quel punto, inizia il pascolo alla ricerca del waypoint perduto... Non è male, perché ha reso la gara incerta fin dall'inizio. Quando Toby Price ha vinto la seconda tappa, che era la prima importante, abbiamo subito pensato che fosse logico: lui l'ha
INCREDIBILE! Van Beveren (6) ha perso il terzo posto alla fine, per un eccesso di velocità punito con un minuto: ma Farres (8), veterano sottovalutato, il podio se lo è comunque meritato. Nell'ultima speciale, lui e Van Beveren hanno ottenuto lo stesso (miglior) tempo! Sopra, Caimi, campione argentino di enduro, pilota del team Honda Sudamerica, ottavo al traguardo: ha debuttato alla Dakar al posto di Benavides, passato alla HRC e infortunatosi poche settimane prima del via. Lo schizzone controsole è di Walkner, secondo assoluto.
HONDA PERDE LA VITTORIA PER UN'ORA... E YAMAHA IL PODIO PER UN MINUTO
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vinta un anno fa, è l'uomo da battere. Ma sapevamo anche che i protagonisti delle ultime edizioni, come Price, Brabec, Meo, Van Beveren, Monleon, Benavides, Walkner ecc. erano il frutto delle ultime generazioni di Dakar, dove contava più sapere andare forte in moto che essere esperti navigatori e che Coma, con le nuove regole della navigazione, voleva ridare chance ai veterani. Con Price di nuovo in testa alla gara non sapevamo cosa pensare: era bravissimo anche con la nuova navigazione, oppure Coma aveva enfatizzato troppo la sua innovazione? La risposta è arrivata durante la terza tappa, quando Barreda ha straccia-
to tutti, mentre Price perdeva tre quarti d'ora alla ricerca di un waypoint che non voleva farsi trovare. A quel punto, la gara diventava interessante a livelli mai visti prima, ma poi capitava il pasticciaccio Honda.
Quando un pieno ti cambia la vita
Questa gara ha una miriade di regolamenti poco chiari, che magari cambiano da un anno all'altro senza troppa pubblicità. Una di queste regole è quella che prevede di fare benzina do-
ve si vuole tranne che in speciale. Ma nessuno ha voglia di fare benzina in piena prova speciale, per cui, quando questa è molto lunga, vengono create delle zone di neutralizzazione dove pare che si debba fare benzina soltanto dove indicato dall'organizzazione, forse per evitare che qualcuno si procuri carburanti particolari. Ebbene, durante la quarta tappa, dove Barreda stava difendendo la propria leadership, il tratto di neutralizzazione comprendeva il confine tra Argentina e Bolivia. In quel punto, nella zona di Llallagua, a 4.000 m di quota, i piloti dovevano stare fermi un quarto d'ora e c'era un distributore. Così, diversi hanno fatto benzina lì, compresi quelli della Honda. Qualcuno li ha
IL VISCONTE RAMPANTE Xavier De Soultrait, che corre per un team privato Yamaha, è il più eccentrico tra i piloti di punta: appartiene alla nobiltà francese ed ha un carattere ribelle e guascone. In gara è famoso per le impennate chilometriche che fa quando vede l'elicottero (stessa passione dell'altro pilotone Yamaha, questo però ufficiale, Van Beveren). Laia Sanz (19) ha vinto come al solito la categoria femminile, ma lei punta a entrare nella top ten, come nel 2015: quindi il sedicesimo posto, anche a causa di uno strano errore di rotta (malconsigliata da un pilota pare in cattiva fede), le sta molto stretto. Pela Renet (31), settimo, è stato il migliore dei piloti Husqvarna, ma Pablo Quintanilla era anche riuscito ad andare in testa, prima di perdersi e poi ritirarsi per trauma cranico.
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fotografati e ha sporto reclamo, così sono state inflitte penalità di un'ora a ciascuno dei "colpevoli". La cosa ha, ovviamente, falsato la gara e creato rancori, malignità, veleni, illazioni. Sotto accusa è finita la Honda HRC, tanto per cominciare: avrebbe fatto partire i piloti con meno benzina, per farli andare più forte, contando su quel rifornimento. La difesa della Honda: non abbiamo fatto i furbi, volevamo soltanto una benzina di qualità superiore a quella boliviana. Non è stata una decisione dei piloti, ma del Team, che è gestito dagli italiani Martino Bianchi e Roberto Boasso. La Honda ha trovato parecchi difensori, nel paddock, perché i regolamenti non sono chiari né nel dire le cose che non vanno fatte, né nell'indicare le sanzioni. Quell'ora di penalità, che ha spezzato le gambe a tutto il team HRC - per l'ennesima volta: ma è una maledizione? - è capitata come una doccia fredda ed è giusto domandarsi come mai se uno infrange un limite di velocità in un villaggio, cosa molto pericolosa, se la cava con un minuto, mentre se fa benzina a Llallagua si vede rovinare la gara dell'anno. Ovviamente c'è anche chi ha pensato che Coma sia stato troppi anni in KTM per riuscire ad essere imparziale, ma questa sarebbe troppo grossa se fosse vera. Da lì in poi la gara ha continuato ad essere appassionante, con colpi di scena ogni giorno, ma falsata da questa penalità forse eccessiva. Sunderland, unico a non commettere grossi errori, controllava, mentre Barreda tentava un'impossibile rimonta, alternando vittorie di tappa a errori di rotta. ITALIANI, GRAN LAVORATORI A puntare in alto c'erano Alessandro Botturi (sopra), per il quale questa è una gara maledetta e Jacopo Cerutti (al guado), che nel 2016 ha terminato dodicesimo al debutto. Ma è andata male: sono usciti di scena, per cadute, entro le prime quattro tappe, mentre erano lontani dalla top ten. Noi italiani ci distinguiamo di più nella categoria "malle moto", quella eroica, dei privatoni che si riparano e mantengono la moto da soli: tra i due che sono riusciti ad arrivare in fondo vediamo, in questa pagina, Manuel Lucchese (54) e Diocleziano Toia (sotto), che i francesi continuano a chiamare Toia di nome e Diocleziano di cognome. Con il numero 61 vediamo un pilota che non ha quel numero per caso: è Franco Picco, 61 anni, uno dei pochissimi ad avere corso tutte le generazioni della Dakar. Simone Agazzi (68) è stato il migliore degli italiani, 37° al traguardo, con la ex Honda di Benavides (quarto nel 2016). Della Dakar parliamo anche sul numero di marzo di FUORIstrada.
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GARA
Così dura DAKAR
da esserlo di meno "La Dakar più dura da quando si corre in Sudamerica", di fatto, ha visto eliminate le sue parti più impegnative a causa del maltempo. Se si fosse corso ugualmente, sarebbe stata una corsa al massacro. Ma la navigazione ha avuto un grande peso, così come una penalità pesantissima a Barreda: e la vittoria è andata a un grande Sam Sunderland di Mario Ciaccia, foto DPPI e Tamboo
DAKARIANO 3.0.
Adrien Van Beveren è l'unico dei cinque "rookie da top ten" dell'anno scorso che sia riuscito a terminare la Dakar 2017, modificata apposta per favorire i veterani. Giovane, bello, biondo, estremamente spettacolare nella guida, si può considerare il dakariano moderno per eccellenza.
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A
A sentire i piloti, la Dakar più dura tra quelle sudamericane promessa da Marc Coma... non è stata così dura. Colpa del maltempo, che ha reso le cose talmente toste da fare annullare due tappe intere e farne dimezzare due. Questo ha comportato l'eliminazione dei tratti più tecnici e ha condannato i piloti a interminabili trasferimenti su asfalto sotto la pioggia battente. E se già c’erano in programma meno tappe che in passato, la cosa ha penalizzato la gara ancora di più. In pratica, delle 12 tappe previste ne sono state disputate 8 intere e due a metà. Tuttavia, dal punto di vista agonistico è stata comunque un'edizione avvincente, grazie al nuovo sistema di navigazione introdotto da Marc Coma, anche se "falsata" dalla punizione inflitta al team HRC, che a noi pare eccessiva. Un anno fa, per la prima volta nella Storia della Dakar (escluse le prime edizioni, per ovvi motivi), nei primi dieci s’erano classificati cinque debuttanti assoluti, tutti bravissimi a livello tecnico. Il “manico” aveva prevalso sulla navigazione e sull’esperienza, che non è una gran bella cosa per un 88
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rally di questo tipo. Coma, modificando la navigazione, ha tentato di rimettere le cose a posto: quest’anno un solo “rookie”, il campione argentino di enduro Caimi, è riuscito a terminare nei primi dieci. Dei cinque del 2016, solo Van Beveren è riuscito a concludere di nuovo nei primi dieci. Degli altri quattro, due non sono neanche partiti (Meo perché non era ancora guarito dalla frattura alla mano di un anno fa, capitatagli nelle fasi finali della Dakar e Benavides per essersi rotto un polso poche settimane prima della partenza) e due si sono ritirati: Brabec e Monleon.
Poco Uruguay
Ogni giorno, o quasi, alla Dakar 2017 c’è stato un colpo di scena. Come succede quasi sempre, la prima tappa è stata corta, serviva più che altro per lanciare la località di partenza che quest’anno era completamente nuova: Asuncion, la capitale del Paraguay. La speciale, di appena 89 km, si disputava su lunghi rettilinei di terra rossa in mezzo a una pianura verdissima. Era solo un modo "easy" di rompere il ghiaccio, ma c'erano da rilevare un paio di episodi salienti. Il visconte francese Xavier De Soultrait, che guida una Yamaha in un team privato, otteneva il miglior tempo, ma veniva penalizzato di un minuto per avere superato un limite di velocità. Commento all’arrivo: “L’ho fatto apposta. Se avessi vinto, avrei dovuto aprire la strada durante la seconda tappa”. A noi pare una “sboronata” pazzesca: è altamente improbabile che un pilota che non ha mai vinto una tappa in vita sua sia in grado di capire se sta ottenendo il miglior tempo in una prova a conometro; e poi, se davvero si fosse reso conto della cosa, gli sarebbe bastato chiudere il gas per un po’. Ma fa parte del personaggio: specializzato nelle baja, appartenente all’elite nobiliare
WINDSURF, AUTO...
Nelle due foto sopra: Sam Sunderland, 26 anni, inglese trapiantato da 7 anni a Dubai, ha vinto la sua prima Dakar dopo una lunga serie di infortuni. Lo vediamo con il dio del windsurf Robby Naish, 53 anni: a 13 anni ha vinto il primo dei suoi 23 titoli mondiali tra windsurf e kitesurf. E adesso parla di voler fare la Dakar in auto. A destra Matthias Walkner, 30 anni, secondo classificato. Per la sedicesima volta di fila, KTM vince la Dakar. Eppure Honda e Yamaha sono competitive!
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FUORI Dakar 2017 di Francia, è in realtà un guascone che, per la goduria di noi spettatori, impenna sempre la moto quando viene inquadrato dall’elicottero, guardando pure in macchina, a ribadire la cosa: “Vedete? Sto impennando!”. La Dakar di Soultrait è finita male: era nella top ten ma, durante l'undicesima tappa, ha rotto il motore, precipitando in classifica. Per alcune tappe è stato il migliore pilota Yamaha, va tenuto d’occhio in futuro. L’altro episodio saliente è Barreda, che è entrato a manetta in una pozzanghera, ha sommerso la moto d’acqua e s’è piantato in mezzo con la moto spenta. Gli toccava uscire a spinta, tentare di riavviarla, riuscirci, ripartire a manetta e superare tutti, o quasi, concludendo la tappa con appena mezzo minuto di ritardo dal primo (che
è diventato Pedrero con la Sherco). Ovvie le battute sull’affidabilità della Honda, che già nel 2015 aveva gettato la spugna per problemi elettrici legati all’umido. Seconda tappa: si attraversava la pianura argentina fino alle Ande, su interminabili rettilinei dove le moto volavano a 180 km/h (ricordate quando, fino a pochi anni fa, vigeva il divieto di non superare i 150, poi sfumato nell’oblio?). Questa tappa ha ricordato quelle tipo WRC dell’edizione passata e ha messo le ali a Toby Price, che stracciava tutti, ribadendo il suo ruolo di dominatore. L’australiano ha debuttato nel 2015 con un terzo posto assoluto, poi ha vinto nel 2016 e, nel 2017, era già in fuga durante la prima, vera tappa: c’era di che inchinarsi. Ma la terza tappa lo vedeva pascolare
disperato per tre quarti d’ora alla ricerca della retta via: Coma aveva colpito nel segno. La grossa novità stava in quei waypoint da toccare obbligatoriamente, ma che comparivano nel display del Gps solo quando ci si era praticamente sopra. Ci si poteva arrivare soltanto seguendo attentamente il road-book. Sbagliare di poco la strada significava mancare il waypoint e impiegare anche un’ora prima di trovarlo! La vittoria di giornata andava a Barreda, che creava il capolavoro della sua vita: andava fortissimo, navigava bene e la sua moto non lo tradiva. Concludeva con 13 minuti di vantaggio sul secondo, che per i tempi moderni è tanto. La tappa prevedeva una speciale lunghissima con una tratta neutrale in mezzo, durante
la quale si superava il valico sterrato dell’Abra El Acay, 4.855 m, su cui nevicava. Arriva la prima delusione per noi italiani: Jacopo Cerutti, da cui ci aspettavamo tanto, cadeva e si faceva un buco nella mano, con tanto di lesione ai tendini. Concludeva eroicamente (“Faceva male solo se chiudevo il gas, ma non se lo aprivo”, sdrammatizzava), ma poi finiva in ospedale. In queste tre prime tappe non aveva mai spiccato.
Quarta tappa, Honda nei guai
La quarta tappa, tutta di montagna, entrava in Bolivia. Barreda controllava la sua prima posizione, Price si rompeva il femore (sembra quasi un obolo: se vuoi andare forte alla Dakar con una KTM, un femore
NON È MAI SUCCESSO!
Lo spagnolo Gerard Farres, 37 anni, veterano della Dakar, dà la caccia al 25enne francese Adrien Van Beveren, specialista del Touquet ma già fortissimo dopo due Dakar. I due hanno lottato per il terzo posto finale in un modo mai visto prima: nel duello finale dell'ultimissima tappa hanno vinto la speciale con lo stesso, identico tempo! L'ha così spuntata Farres, per 48 secondi, dopo oltre 32 ore di prove speciali. Van Beveren era stato punito con un minuto in una delle ultime tappe, per un eccesso di velocità in un paese.
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FUORI Dakar 2017
devi romperti, prima o dopo – vedi Price, Walkner e Sunderland) e anche Botturi usciva di scena dopo una caduta in cui era finito in avanti, riportando un trauma facciale e la frattura di alcune costole; anche lui, come Cerutti, fino a questo momento non s’era ancora messo in luce. Ma la quarta tappa è stata quella in cui tutto il team Honda è stato penalizzato di ben un’ora per avere fatto benzina presso un distributore non previsto dall’organizzazione. Si tratta dell’episodio chiave dell’edizione 2017 della Dakar: e ancora siamo di fronte a un’armata Honda che parte con i favori del pronostico e poi perde per motivi tra i più disparati. Questo è il più folle e assurdo. L’organizzazione vuole avere sotto controllo i rifornimenti durante le prove speciali e i tratti neutrali, ma sembra che il regolamento non sia molto chiaro né nel dire cosa si può o non si può fare, né nell’indicare le sanzioni. La decisione di 92
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fare benzina nell’ultima cittadina argentina, Llallagua, non è stata dei piloti, ma di chi guidava il team, perché la benzina boliviana non è molto buona. Non sarebbe stata un’azione scorretta, bensì pratica, presa anche da diversi piloti privati. Dare un’ora di penalità per un “peccato” simile vuol dire ammazzare le chance di vittoria a chiunque: possibile che invece gli eccessi di velocità, che nei villaggi sono pericolosi, vengano puniti con un minuto? Barreda s’è così trovato a dover recuperare quaranta minuti ed ha perso tranquillità e lucidità, trovandosi a perderne altrettanti, durante la quinta tappa (dimezzata per maltempo), alla ricerca di un waypoint. In prima posizione passava così il cileno Pablo Quintanilla, con la Husqvarna e la cosa ci faceva contenti, perché avremmo intitolato questo pezzo “Buona la QuintaNilla”, visto che Pablo era alla sua quinta Dakar. Il cileno riceveva una grossa spinta,
MALEDETTA BENZINA
Il più forte pilota è stato Joan Barreda (11), vittima di una penalità per noi assurda. Renet (31) è stato il migliore pilota Husqvarna, settimo, senza brillare troppo. Caimi (67), campione argentino di enduro, è stato il miglior rookie: ottavo. De Soultrait (23) ha vinto il titolo di migliore impennatore.
dalla Fortuna, quando venivano annullate le tappe sei e sette per maltempo: essendoci in mezzo il giorno di riposo di La Paz, significava tre giorni senza correre. La settima tappa era sacrosanto annullarla, vista la tragedia del villaggio piazzato lungo il percorso e invaso dal fango, con morti e feriti. Gli organizzatori della Dakar offrivano il loro aiuto, ma la situazione era gravissima.
Quintanilla va in pallone
Le successive tappe vedevano Quintanilla andare nel pallone completo, con due grossi errori di rotta, un guasto e una caduta con conseguente ritiro per trauma facciale. A questo punto, se mai dovesse vincere nei prossimi anni, dovremmo intitolare il pezzo “A QuintaNilla piena”. Ormai, per la vittoria i giochi erano fatti: Sam Sunderland, l’inglese di Dubai (giovane crossista, a 19 anni è andato a vivere in Dubai, da MOTOCICLISMOFUORISTRADA | 3 2017
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FUORI Dakar 2017 I NOSTRI IN AFFANNO
A sinistra Manuel Lucchese, giovanissimo veterano italiano, specializzato nella malle moto, dove è vietato farsi aiutare in caso di guasto alla moto. Manuel ha patito le tappe in alta quota, quest'anno più presenti che in passato. Noi italiani siamo mancati nelle alte zone della classifica, ma siamo bravi nella malle moto.
BOLIVIA
A sinistra, Helder Rodrigues (ha corso 11 Dakar, finendole tutte, 10 nella top ten) attraversa un villaggio boliviano: finora questa nazione era stata solo "assaggiata". Alte quote e maltempo l'hanno resa tosta. Sopra, ci aspettavamo molto da Cerutti e Botturi, usciti subito di scena a causa di cadute. Sotto, due italiani arrivati alla fine: Toia e Picco (61 anni e 19 Dakar fatte: un mostro sacro dei rally).
suo zio, per rimettere a posto fisico e morale dopo un incidente), era in testa e controllava l’austriaco Walkner; e Barreda vinceva tappe su tappe, rimontando posizioni, ma sempre troppo lontano dalla vetta. Tra la sua manetta e l’affidabilità della moto, questo era l’anno giusto: che storia assurda. Stefan Svitko, il pilota sloveno che un anno fa era arrivato secondo, è andato forte anche quest'anno, finché non è collassato dopo un arrivo di tappa, per colpa del caldo. Finito in ospedale, è poi rientrato in gara, ma con una grossa penalità. Insomma, come vedete i colpi di scena non sono mancati mai. La Dakar sarebbe stata la più dura tra le sudamericane senza quelle tappe annullate, perché si sarebbero svolte su terreni tecnici (soprattutto dune) trasformati in immense fangaie. Ma la lunghezza del tratto in quota (diversi giorni), insieme alla pioggia battente, ha rappresentato un problema per molti piloti. Per esempio, i nostri Manca e Lucchese hanno faticato molto a respirare e Manca s'è pure preso la polmonite: ha continuato a correre ma è caduto colpendo il torace e facendo ancora più fatica a respirare. Ed è lì che i medici hanno scoperto che aveva la polmonite.
Auto: motociclisti contro mostri del WRC
Le auto ci incuriosiscono perché diversi ex motociclisti stanno lottando per la vittoria contro fuoriclasse del WRC come Loeb, Sainz e Al-Attiyah: quest'anno Peterhansel ha centrato la sua tredicesima vittoria (tra moto e auto), Despres ha vinto la sua prima tappa, Roma è stato a lungo in lotta per la vittoria. 94
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Il migliore degli italiani Agazzi, il più invidiato Quanti privati possono dire di avere corso la Dakar, di averla finita, di averlo fatto con una moto di sogno (la Honda CRF450 Rally) e di essere stati i migliori italiani al traguardo? Simone Agazzi può. Concessionario Honda della Bergamasca, aveva già tentato l'avventura nel 2016, con una Husqvarna 450 Rally, cadendo anzitempo ma, quest’anno, ha sfacciatamente chiesto a Martino Bianchi della HRC la disponibilità di una delle “vecchie” CRF450 Rally. Si tratta di una CRF diversa dalle enduro e cross e non solo perché ha la carena e i serbatoi maggiorati, ma anche perché ha un motore fatto apposta, con testata bialbero e controllo di trazione. “Ma la mia moto ne era priva – spiega Simone – perché si trattava di una 2015 ufficiale, utilizzata da Benavides nel 2016 e dotata del motore 2017, ma senza controllo di trazione e ride-by-wire.Quest’anno, il team Honda Sudamerica, quello di Caimi, ha avuto una 2017. Un anno fa aveva la 2015". Con il 37° posto assoluto sei stato il migliore degli italiani, ma all’inizio eri indietro: miglioravi tappa dopo tappa. Come mai? “Perché non avevo mai guidato questa moto prima del via. Durante la prima tappa ho fatto molta fatica perché le sospensioni erano tarate alla Barreda: durissime, alla mia andatura non copiavano niente. Allora me le hanno tarate su misura. A quel punto, ogni tappa era buona per conoscere meglio questa CRF”. E come va? Cosa cambia rispetto alla Husqvarna/KTM? “Mi ha stupito. La Husky era una moto da rally, alta e grossa. Questa sembrava la CRF da enduro, è incredibile”. Le moto private vanno sui 60 CV e quelle ufficiali sui 70, hai sentito questa differenza? “Sì, perché con la Honda, su terra dura, ho raggiunto i 179 km/h e con la Husky i 173”. Ma come fanno delle moto così potenti a fare tutta la Dakar senza fondere il motore? Anni fa si parlava tanto delle sostituzioni in corsa, da punire la prima con 15’ e la
seconda con 45’. Adesso è normale che un 450 cc da 70 CV regga per 10.000 km a manetta… “Aspetta, il regolamento consente di cambiare il pistone a metà gara, senza penalità e quello lo fanno tutti. Ma, al di fuori di questo, le moto da rally sono robustissime. Io ho cambiato solo olio, filtri, gomme e pastiglie, in 9.000 km”. Cosa dici della penalità inflitta alla Honda? “Sembra che qualcuno di KTM abbia scattato delle foto agli HRC che facevano il pieno. Mi dispiace, il bello della Dakar dovrebbe essere la solidarietà, non queste cose. Lo sapete che Meo si fermò per chiamare soccorsi, quando cascai un anno fa? E che Goncalves ha fatto lo stesso con Toby Price, quest’anno?”.
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Dakar Rally 2017
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DOVEVA ESSERE LA GARA DELLA NAVIGAZIONE E DELL’ESPERIENZA, HA VINTO UNO SMANETTONE CHE NON ERA NEMMENO MAI ARRIVATO IN FONDO. PERCHÈ LA REGINA DAI RALLY È COSÌ: IMPREVEDIBILE. LA RIVIVIAMO IN QUESTE PAGINE Maria Guidotti A. Lavadinho, E. Vargiolu, ASO/A. Vialatte
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on è più in Africa, ma è come il mal d’Africa: appena conclusa non vedi l’ora di tornare. La Dakar è il sogno nel cassetto, è l’impresa della vita per dimostrare a te stesso quanto vali, è una foto postata su facebook con scritto: io c’ero. Perché “le Dakar est le Dakar”, una gara dove arrivare al traguardo è già un successo. Per rendere l’idea, gli organizzatori francesi la chiamano “the Odissey”, l’odissea, mentre rimane celebre la definizione data da Thierry Sabine, l’ideatore di questo rally leggendario: “Un’avventura per chi partecipa, un sogno per chi la guarda”. Tolti i primi venti nomi della classifica, i “Pro” più o meno ufficiali, il resto sono amatori. Ma cosa spinge 491 concorrenti a percorrere 9.000 km in 12 giorni in mezzo alla polvere e al fango? Ad affrontare temperature torride, la pioggia, il freddo a 4.500 metri di altitudine? Perché un amatore arriva a spendere una fortuna per soffrire due settimane? La Dakar è da quasi 40 anni follia, avventura, adrenalina pura. Gara unica nel suo genere, prima di essere una lotta contro il cronometro è un’esperienza umana, una sfida con se stessi e la natura. Il sogno vale tanti sacrifici, perché il budget è importante: 70.000 euro – comprese moto e assistenza – è il minimo per puntare a finire la gara. E se si parla di auto, i costi triplicano. PROVACI ANCORA, SAM Per Sam Sunderland, il vincitore della Dakar 2017 nella categoria moto, è il coronamento di un sogno e di anni di duro lavoro. Fino al fatidico 14 gennaio 2017 con l’arrivo della corsa a Buenos Aires, il suo palmarès sembrava più un bollettino di guerra che il curriculum di un top rider. Trasferitosi dall’Inghilterra a Dubai quando aveva 19 anni per inseguire una carriera da professionista, dal debutto del 2012 Sunderland non aveva ancora visto il traguardo della Dakar. Le sue partecipazioni erano state costellate da fratture e disavventure, a partire dalla sua prima avventura sudamericana iniziata il giorno di Capodanno 2012, a soli 22 anni, su una Honda privata del team HT Rally Raid. Nella prima tappa aveva centrato un impressionate 7° posto prima che un guasto elettrico lo costringesse al ritiro nella terza tappa. Il 2013 sembrava essere l’anno della consacrazione: vince il Merzouga Rally con i colori del Team Honda HRC ufficiale, ma si rompe il polso nell’ultimo test di preparazione. Addio Dakar, dunque, prima ancora del via. Nel 2014 ci riprova, ma è costretto ad abbandonare la gara alla quarta tappa per problemi meccanici. Nel corso del 2014 firma per KTM e
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Nella foto grande, un tratto della tappa 10, da Chilecito a San Juan. Qui sotto, l’inglese Lyndon Poskytt. A fianco, il sorriso del vincitore Sam
Sunderland, su KTM ufficiale. Sotto, la stanchezza di Luca Manca all’arrivo di una delle prime tappe, corse con temperature oltre i 40°
C’È CHI CORRE PER VINCERE
CLASSIFICA FINALE DAKAR 2017 01. Sam Sunderland KTM 02. Matthias Walkner
+35’40’’
Yamaha
+36’28’’
05. Joan
Honda
+43’08’’
06. Paulo
Honda
+52’29’’
07. Pierre Renet 08. Franco Caimi 09. Helder
Honda +1h42’18’’
10. Juan Carlos
KTM
Goncalves
Rodrigues
Salvatierra
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+32’00’’
KTM
Barreda
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KTM
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03. Gerard Farres 04. Adrien Van Beveren
E CHI PER COMPLETARE UN’IMPRESA LASCIATA A METÀ. E CHI PER SPIRITODI AVVENTURA
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vince la prima tappa dell’edizione 2015 prima di cadere alla tappa 4. Pilota velocissimo sulla sabbia, vince il Rally del Marocco ma si rompe il femore al Merzouga Rally la settimana seguente, e al top della condizione si ritrova a guardare il via della Dakar in tv. Con i riflettori puntati sul compagno di squadra Toby Price, campione in carica e al via da favorito, Sunderland è partito senza pressioni. La caduta dell’australiano alla tappa 4 ha poi provocato un ribaltamento della classifica. “La svolta è arrivata alla tappa 5. Ho vinto la speciale e mi sono portato in testa alla generale. Non è stato facile gestire la pressione. In speciale guidi anche 14 ore, e mille pensieri ti frullano nella testa. Era facile farsi delle illusioni”. Sam è stato bravo a conservare la testa della classifica generale per otto tappe, amministrando il vantaggio sul cileno Quintanilla (Husqvarna) e sul compagno di squadra Matthias Walkner, tenendo i nervi saldi mentre intorno a lui succedeva di tutto: da Barreda penalizzato con un’ora di penalità quando era in testa per aver fatto rifornimento nel tratto di neutralizzazione alla tappa 4, all’abbandono di Quintanilla, stremato dalla fornace di San Juan. Sogno realizzato dunque per Sunderland, primo pilota inglese a vincere la Dakar. Su un podio tutto arancione – alla Dakar KTM è imbattuta dal 2001 – sono saliti anche il compagno di squadra Matthias Walkner e il 38enne spagnolo Gerard Farres del team Himoinsa, su una moto clienti.
Husqvarna+57’35’’
Yamaha +2h03’06’’ +2h22’53’’
IL RITORNO DI LUCA Se per Sunderland questa vittoria chiude i conti in sospeso che aveva con la Dakar soprattutto sul lato sportivo, per Luca Manca il ritorno, a sette anni dal terribile incidente del 2010, era una questione tutta personale. Quando alle 09:59 del 12 gennaio al PC Course è arrivato l’allarme della moto 99 e il pilota 167, Matteo Olivetto, ha richiesto soccorso per Luca Manca, la responsabile del servizio medico in corsa Florence Pommerie si è immediatamente girata verso Marc Coma, direttore sportivo, e ha domandato incredula: “Luca Manca? Stiamo parlando di quel Luca Manca?”. “Ero lì nel 2010, quando ci fu il suo incidente”, ha poi raccontato la dottoressa. “Se l’era vista davvero brutta, sono rimasta sorpresa e contenta di saperlo di nuovo in sella”. Il pilota sardo era la promessa italiana dei Rally Raid, conosciuti grazie a Fabrizio Meoni che amava allenarsi in Sardegna. In quella Dakar 2010 Manca stava lottando nella top10 quando si fermò ad aiutare Marc Coma, cedendogli la sua
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Tappa 8, da Uyuni a Salta: non è la Mauritania, ma poco ci manca... sopra, il grandissimo Simone Agazzi (68) con la
sua Honda CRF450Rally. A lato, l’arrivo a La Paz del pilota boliviano Walter Nosiglia (50) con il figlio Walter jr (66) e di Luca Manca (99)
LA DAKAR 2017 È STATA PER I PILOTI ITALIANI
UN’ODISSEA:
BOTTURI E CERUTTI FUORI PER INCIDENTE, IL MIGLIORE È STATO SIMONE AGAZZI. TOP
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ruota. Il giorno dopo quel bellissimo gesto, la sua corsa finì malamente mentre cercava di recuperare posizioni. “Il sogno di tornare alla Dakar è stato uno stimolo a non mollare mai e a superare le difficoltà che i postumi di un coma comportano”, ha raccontato Luca, 47° della generale quando un’infezione polmonare lo ha costretto ad abbandonare, alla 10° tappa. “Non avevo più l’equilibrio, così ho dovuto ricominciare dalle basi. Dopo un anno sono tornato in moto, ma in quelle piccoline per bambini, nonostante la mia stazza di più di 1 metro e 91. Non mi sono mai vergognato e ho continuato per la mia strada, nonostante lo scetticismo di tutti quelli che non credevano più in me”. Il ritorno Luca lo dedica alla moglie, che lo ha sostenuto in tutti questi anni. “Nei primi chilometri ero nervoso. Poi la tensione si è allentata, ma ho chiuso il gas ogni volta che sul percorso incontravo piloti a terra per infortunio. Il mio obiettivo era finire un’impresa rimasta incompiuta e potermi addormentare la sera sereno per aver dato il massimo”. L’AVVENTURA DI MR LYNDON Luca Manca ha scelto il deserto per ritrovare l’anima e dimostrare al mondo quante vale. E quando i Rally diventano il mezzo per esplorare sé stessi e il mondo, la Dakar può diventare anche una scelta di vita. Come nel caso dell’avventura eccezionale di Lyndon Poskitt, che ha lasciato l’Inghilterra ad aprile 2014… e ancora non ha intenzione di tornare. Ex ingegnere aeronautico con il pallino delle corse, al rientro della Dakar 2013 terminata al 46° posto Lyndon ha venduto tutto quello che aveva, ha trasformato la sua vecchia KTM 690 Rally in una “adventure bike” ed è partito. Da allora ha già visitato 52 Paesi in 5 continenti con l’originale progetto “races2places”, che si può tradurre con “correre da un posto ad un altro”. Ha corso – con la stessa moto – una gara internazionale in ogni continente che ha attraversato, dall’Europa al Rally Mongolia, dal Finke Desert Race in Australia alla Baja Rally negli Stati Uniti o il Sonora Rally in Messico. Arrivando infine alla Dakar in Sudamerica, questa volta con una KTM 450 Rally. “Gli avventurieri sono tutti un po’ folli, se i sogni si possono chiamare follia”, ha commentato il 38enne inglese all’arrivo, secondo nella categoria “malle moto”, senza il supporto di meccanici o team di assistenza. La prossima tappa sarà l’Africa. Il deserto resta un richiamo irresistibile per gli amanti dell’avventura, oltre a un continente sempre nuovo da esplorare. Perché la Dakar è anche questo. Il viaggio di una vita. x
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