ryan mendoza almost american
museo castel nuovo
ryan mendoza almost american
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ryan mendoza
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almost american museo castel nuovo, napoli 8 novembre - 10 dicembre 2002
a cura di / curated by alessandra paudice & emma underhill - up projects testi di / texts by alessandra paudice & emma underhill patricia ellis barry schwabsky giovanna nicoletti progetto di / project by mimmo scognamiglio marco izzolino organizzazione / organization associazione nuovi percorsi napoli
regione campania comune di napoli assessorato alla cultura
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almost american museo castel nuovo, napoli 8 novembre - 10 dicembre 2002
a cura di / curated by alessandra paudice & emma underhill - up projects testi di / texts by alessandra paudice & emma underhill patricia ellis barry schwabsky giovanna nicoletti progetto di / project by mimmo scognamiglio marco izzolino organizzazione / organization associazione nuovi percorsi napoli
regione campania comune di napoli assessorato alla cultura
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“ Br ead and But t er ”
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“ Br ead and But t er ”
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“ Wor k Whack Wor r y Wai t ”
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“ Wor k Whack Wor r y Wai t ”
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“ Repai r Daddy”
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“ Repai r Daddy”
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“ Madonna e l a Pi et à”
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“ Madonna e l a Pi et à”
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“ I t ol d you not t o”
Somebody, anybody, nobody. Alessandra Paudice & Emma Underhill
Sono persone comuni, senza una precisa identità, quelle che popolano il mondo artistico di Ryan Mendoza. I soggetti sono selezionati da vecchie fotografie di sconosciuti, ritagli di giornale, che interpretati attraverso la pittura perdono l’originaria individualità per trasformarsi in un quidam: qualcuno, chiunque o nessuno. Un’occhiata, una smorfia, uno sguardo assente rivelano il mondo segreto di sentimenti e sensazioni che questi fantasmi del passato e del presente portano con sé. Sono talvolta personaggi rozzi e violenti, spesso depravati o esaltati, hanno semplicemente un’espressione spaurita, inquieta, spaventata. Ryan Mendoza esprime una narrativa dell’inconscio. La sua opera svela la turbolenza delle emozioni proibite, esponendo un flusso di pensieri altrimenti sepolti alla luce penetrante e rivelatrice di una poderosa radiografia.
Common people, with no specific identity inhabit the world of Ryan Mendoza’s paintings. He selects his subjects from anonymous old photos, press cuttings and media references, which, once translated through paint, lose their original individuality and turn into a quidam: somebody, anybody or nobody. A look, a grimace, a vacant stare reveals the undisclosed world of feelings and sensations that these ghosts from the past and the present carry with them. They are sometimes crude and violent characters, often perverted or intoxicated, or sometimes they simply wear a scared, anxious and frightened expression on their faces. Ryan Mendoza is concerned with the narrative of the unconscious. His work confronts you with the turbulence of forbidden emotions, exposing a stream of hitherto buried thoughts to the penetrating and revealing glare of a powerful x-ray.
In Training Wheels, il disegno di una bicicletta da bambino si sovrappone al volto in primissimo piano di un
In Training Wheels, a drawing of a child’s bicycle is superimposed over the dramatically cropped face of an
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“ I t ol d you not t o”
Somebody, anybody, nobody. Alessandra Paudice & Emma Underhill
Sono persone comuni, senza una precisa identità, quelle che popolano il mondo artistico di Ryan Mendoza. I soggetti sono selezionati da vecchie fotografie di sconosciuti, ritagli di giornale, che interpretati attraverso la pittura perdono l’originaria individualità per trasformarsi in un quidam: qualcuno, chiunque o nessuno. Un’occhiata, una smorfia, uno sguardo assente rivelano il mondo segreto di sentimenti e sensazioni che questi fantasmi del passato e del presente portano con sé. Sono talvolta personaggi rozzi e violenti, spesso depravati o esaltati, hanno semplicemente un’espressione spaurita, inquieta, spaventata. Ryan Mendoza esprime una narrativa dell’inconscio. La sua opera svela la turbolenza delle emozioni proibite, esponendo un flusso di pensieri altrimenti sepolti alla luce penetrante e rivelatrice di una poderosa radiografia.
Common people, with no specific identity inhabit the world of Ryan Mendoza’s paintings. He selects his subjects from anonymous old photos, press cuttings and media references, which, once translated through paint, lose their original individuality and turn into a quidam: somebody, anybody or nobody. A look, a grimace, a vacant stare reveals the undisclosed world of feelings and sensations that these ghosts from the past and the present carry with them. They are sometimes crude and violent characters, often perverted or intoxicated, or sometimes they simply wear a scared, anxious and frightened expression on their faces. Ryan Mendoza is concerned with the narrative of the unconscious. His work confronts you with the turbulence of forbidden emotions, exposing a stream of hitherto buried thoughts to the penetrating and revealing glare of a powerful x-ray.
In Training Wheels, il disegno di una bicicletta da bambino si sovrappone al volto in primissimo piano di un
In Training Wheels, a drawing of a child’s bicycle is superimposed over the dramatically cropped face of an
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“ Br ot her s”
adolescente. La bicicletta con le rotelline sembra un tatuaggio sulla sua memoria. Rappresentata in miniatura, simboleggia il ricordo della familiare paura di perdere l’equilibrio - la metafora della paura di crescere. Il quadro zooma sull’occhio terrorizzato fino a che la tela non contiene più il volto, in aspro contrasto con l’immagine piccola, quasi insignificante, della bicicletta. Utilizzando scale diverse ed applicando diverse tecniche pittoriche, Mendoza definisce il limite tra la materia percettibile all’occhio e quello che è invece rappresentazione dell’artista di pensieri altrimenti intangibili. In questo senso, il rapporto tra il sentimento e la causa di quel sentimento appare quasi spontaneamente all’occhio dello spettatore. L’agitazione sul volto del ragazzo è accentuata dal cupo tono violaceo che Mendoza usa per il primo strato dell’immagine, e che esprime chiaramente il pallore della paura. Come l’autore di un romanzo, Mendoza inserisce nei suoi quadri riferimenti che consentono allo spettatore di oltrepassare la fisicità ed entrare nella dimensione intuitiva del subconscio. Quelle sensazioni che tutti provano, prima o poi; paura, umiliazione, sottomissione, perversione, masochismo, sadismo, tutte trovano posto nelle sue tele. Diventano visibili grazie a violente pennellate, permeate di passione sessuale – quasi un conato creativo provocato dall’espulsione di sensazioni ed emozioni represse. Mendoza, alla ricerca di una risposta, suggerisce le proprie definizioni della parte inquieta, e talvolta perversa, della natura umana che possono essere esorcizzate, accettate, distrutte, condivise o ignorate. Sta allo spettatore decidere che farne. Ma quando la scelta è compiuta, il mondo di Mendoza
adolescent boy. The bicycle with its stabilising wheels appears as a tattoo on his memory. Miniature in scale, it symbolises a recollection of a familiar fear of losing the supporting wheels - a metaphor for the fear of growing up. The painting zooms in on the terrified eye to the point where the face can no longer be contained within the canvas, in stark contrast to the small, almost insignificant drawing of the bicycle. By applying different scales and a diversity of painterly modes and gestures Mendoza defines the line between what is perceptible to the eye, and what is instead an artist’s rendition of otherwise intangible thoughts. In this way the link between the feeling and the cause of that feeling appears almost effortless to the viewer. The turmoil contained in the boy’s face is accentuated by the dark tone of purple that Mendoza uses for the first layer of the image, clearly expressing the pale complexion of one who is in a deep state of panic.
As if the author of a novel, Mendoza injects into his paintings references that allow the viewer to step over what is physical and enter the intuitive dimension of the subconscious. Sensations that all humans feel at some point in their lives; fear, humiliation, submission, perversion, masochism, sadism, all find a place in his canvases. They become visible through his strong violent brushstrokes and are imbued with sexual passion – almost like creative retching provoked by the expulsion of repressed senses and emotions. Mendoza, in search of an answer, suggests notions of the turbulent and sometimes perverted side of human nature that can be exorcized, accepted, destroyed, shared, or ignored. It is the viewer who must then decide whether to accept these notions or not. Once the decision is made, Mendoza’s world suddenly becomes clearer, and his portraits of unknown people start speaking a common language. As in Pirandello’s play ‘Six
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“ Br ot her s”
adolescente. La bicicletta con le rotelline sembra un tatuaggio sulla sua memoria. Rappresentata in miniatura, simboleggia il ricordo della familiare paura di perdere l’equilibrio - la metafora della paura di crescere. Il quadro zooma sull’occhio terrorizzato fino a che la tela non contiene più il volto, in aspro contrasto con l’immagine piccola, quasi insignificante, della bicicletta. Utilizzando scale diverse ed applicando diverse tecniche pittoriche, Mendoza definisce il limite tra la materia percettibile all’occhio e quello che è invece rappresentazione dell’artista di pensieri altrimenti intangibili. In questo senso, il rapporto tra il sentimento e la causa di quel sentimento appare quasi spontaneamente all’occhio dello spettatore. L’agitazione sul volto del ragazzo è accentuata dal cupo tono violaceo che Mendoza usa per il primo strato dell’immagine, e che esprime chiaramente il pallore della paura. Come l’autore di un romanzo, Mendoza inserisce nei suoi quadri riferimenti che consentono allo spettatore di oltrepassare la fisicità ed entrare nella dimensione intuitiva del subconscio. Quelle sensazioni che tutti provano, prima o poi; paura, umiliazione, sottomissione, perversione, masochismo, sadismo, tutte trovano posto nelle sue tele. Diventano visibili grazie a violente pennellate, permeate di passione sessuale – quasi un conato creativo provocato dall’espulsione di sensazioni ed emozioni represse. Mendoza, alla ricerca di una risposta, suggerisce le proprie definizioni della parte inquieta, e talvolta perversa, della natura umana che possono essere esorcizzate, accettate, distrutte, condivise o ignorate. Sta allo spettatore decidere che farne. Ma quando la scelta è compiuta, il mondo di Mendoza
adolescent boy. The bicycle with its stabilising wheels appears as a tattoo on his memory. Miniature in scale, it symbolises a recollection of a familiar fear of losing the supporting wheels - a metaphor for the fear of growing up. The painting zooms in on the terrified eye to the point where the face can no longer be contained within the canvas, in stark contrast to the small, almost insignificant drawing of the bicycle. By applying different scales and a diversity of painterly modes and gestures Mendoza defines the line between what is perceptible to the eye, and what is instead an artist’s rendition of otherwise intangible thoughts. In this way the link between the feeling and the cause of that feeling appears almost effortless to the viewer. The turmoil contained in the boy’s face is accentuated by the dark tone of purple that Mendoza uses for the first layer of the image, clearly expressing the pale complexion of one who is in a deep state of panic.
As if the author of a novel, Mendoza injects into his paintings references that allow the viewer to step over what is physical and enter the intuitive dimension of the subconscious. Sensations that all humans feel at some point in their lives; fear, humiliation, submission, perversion, masochism, sadism, all find a place in his canvases. They become visible through his strong violent brushstrokes and are imbued with sexual passion – almost like creative retching provoked by the expulsion of repressed senses and emotions. Mendoza, in search of an answer, suggests notions of the turbulent and sometimes perverted side of human nature that can be exorcized, accepted, destroyed, shared, or ignored. It is the viewer who must then decide whether to accept these notions or not. Once the decision is made, Mendoza’s world suddenly becomes clearer, and his portraits of unknown people start speaking a common language. As in Pirandello’s play ‘Six
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“ Tr ai ni ng wheel s”
diventa improvvisamente più chiaro, ed i suoi ritratti di sconosciuti iniziano a parlare una lingua comune. Come nei pirandelliani ‘Sei personaggi in cerca d’autore,’ i personaggi di Mendoza iniziano a parlare apertamente della propria pena, del disagio e dell’inquietudine a chiunque voglia ascoltarli, per continuare a vivere nell’animo dello spettatore. I quadri giocano con la nostra psiche, ci invitano all’immersione in una realtà esplicita, dalla quale non possiamo scappare perché è tanto saldamente connessa alle esperienze soggettive. Ironicamente, usando oggetti che tanto ricordano un ambiente familiare, Mendoza sfrutta un semplice sotterfugio per attirare l’occhio ed invitarlo a cercare la seconda immagine celata sotto il primo strato della rappresentazione. In Rubber Gloves, un paio di ‘Marigold’ gialli per lavare i piatti svela una doppia verità. I guanti di gomma sono il simbolo di una dimensione domestica che
characters in search of an author’ Mendoza’s characters begin to talk openly about their sorrow, discomfort and anxiety to whoever is receptive, enabling these personalities to carry on living in the viewer’s mind. The paintings play with our psyche, inviting us to dive into an explicit reality from which we cannot escape because it is so strongly linked to subjective experiences. Ironically, by using objects that are so much part of a domestic environment, Mendoza introduces simple subterfuge to attract the eye, and invite it to seek the second picture that lies beneath the first layer of imagery. In Rubber Gloves a pair of yellow ‘Marigolds’, commonly used for washing dishes, serve to disclose a double truth. The rubber gloves are a symbol of domesticity that everyone can recognize – an emblem of familiarity, cleanliness and protection, and yet they also insinuate the stifling claustrophobia that the latter can inflict. The gloves overlay the torso of a brawny man, gesturally set against a white
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background which accentuates the purple colour of his skin. His body appears bruised. Is he a pugilist? Is he somebody just fighting for life? He doesn’t seem to have the means for the latter; he needs proper boxer’s gloves. This canvas can be read as a personal statement that incorporates Mendoza’s theory about existence: “I want to be a boxer,” he says, “not because I want to be aggressive but because I want to be strong and well trained to go through life”. For Ryan Mendoza life is difficult, it is a struggle, because what has been given is not necessarily what we want, and what we see is not necessarily the truth. The use of drawings, text, signs and symbols are tools that Ryan Mendoza uses to direct the viewer to understand his paintings. It is a technique that is more evident in his early works where words written in a child-like hand appear in some of his canvases. His use of semiotics later becomes more subtle, evolving into a juxtaposition of images. In his
“ Boxeur ”
chiunque può riconoscere – emblema di intimità, pulizia e protezione, eppure insinuano anche l’asfissiante claustrofobia che quella protezione può infliggere. I guanti si sovrappongono al tronco di un uomo muscoloso, plasticamente ritratto su di uno sfondo bianco che accentua il colore livido della pelle. Il corpo è tumefatto. È un pugile? O forse è un uomo che lotta per sopravvivere? Non sembra averne i mezzi, quello di cui avrebbe bisogno sono veri guantoni da boxe. Sembra di poter leggere una dichiarazione della teoria esistenziale di Mendoza: “Voglio essere un pugile,” dice, “non perché voglia essere aggressivo, ma per essere forte ed allenato ad affrontare la vita ”. Per Ryan Mendoza la vita è difficile, è una lotta, perché ciò che ci è stato dato non è necessariamente ciò che vogliamo, e quello che vediamo non è necessariamente la realtà. I disegni, i testi, segni e simboli grafici sono lo strumento con cui Ryan Mendoza indica allo spettatore la via verso la comprensione dei suoi quadri. La tecnica è più evidente in alcuni dei suoi primi lavori, dove appaiono parole scritte con calligrafia infantile. L’uso della semiotica diventa in seguito più sottile, evolvendo in una giustapposizione di immagini. Nei lavori più recenti il simbolismo è racchiuso in un’immagine unica, dove la concentrazione su piccoli dettagli implica un significato più ampio. In The Dunce, un grande cappuccio blu incornicia il volto cinereo di un giovane che tiene in bocca un ciuccio azzurro. L’immagine è al contempo ridicola e patetica; il ciuccio è una metafora dell’umiliazione e del senso di inadeguatezza. È un quadro sconcertante, con le sue implicazioni sulla vulnerabilità dell’infanzia, che mette a nudo una fragilità del maschio spesso ignorata, perché agli uomini non è concesso mostrare in pubblico il loro lato debole e sottomesso. In
most recent works the symbolism is incorporated into one unified image, where the focus on small details implies a much broader meaning. In The Dunce a dominant blue hood frames an ashen face of a young man sucking a pale blue dummy. The image is both ridiculous and pitiful; the dummy is a metaphor for humiliation and inadequacy. The painting is disconcerting, with its connotations of the vulnerability of childhood. It discloses the fragility of the male sex that is not often acknowledged, because men are not allowed to show their weak and submissive side in public. Mendoza engages the viewer first with humour, and then leads to more controversial and hard-hitting questions about the roles of the sexes within society. Mendoza borrows compositional techniques from photography and film; dramatic cropping and close-up shots instil a certain expectation, as if there is more to come. This approach can also be seen in the work of his contemporaries. Luc Tuymans, for instance, often focuses
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“ Tr ai ni ng wheel s”
diventa improvvisamente più chiaro, ed i suoi ritratti di sconosciuti iniziano a parlare una lingua comune. Come nei pirandelliani ‘Sei personaggi in cerca d’autore,’ i personaggi di Mendoza iniziano a parlare apertamente della propria pena, del disagio e dell’inquietudine a chiunque voglia ascoltarli, per continuare a vivere nell’animo dello spettatore. I quadri giocano con la nostra psiche, ci invitano all’immersione in una realtà esplicita, dalla quale non possiamo scappare perché è tanto saldamente connessa alle esperienze soggettive. Ironicamente, usando oggetti che tanto ricordano un ambiente familiare, Mendoza sfrutta un semplice sotterfugio per attirare l’occhio ed invitarlo a cercare la seconda immagine celata sotto il primo strato della rappresentazione. In Rubber Gloves, un paio di ‘Marigold’ gialli per lavare i piatti svela una doppia verità. I guanti di gomma sono il simbolo di una dimensione domestica che
characters in search of an author’ Mendoza’s characters begin to talk openly about their sorrow, discomfort and anxiety to whoever is receptive, enabling these personalities to carry on living in the viewer’s mind. The paintings play with our psyche, inviting us to dive into an explicit reality from which we cannot escape because it is so strongly linked to subjective experiences. Ironically, by using objects that are so much part of a domestic environment, Mendoza introduces simple subterfuge to attract the eye, and invite it to seek the second picture that lies beneath the first layer of imagery. In Rubber Gloves a pair of yellow ‘Marigolds’, commonly used for washing dishes, serve to disclose a double truth. The rubber gloves are a symbol of domesticity that everyone can recognize – an emblem of familiarity, cleanliness and protection, and yet they also insinuate the stifling claustrophobia that the latter can inflict. The gloves overlay the torso of a brawny man, gesturally set against a white
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background which accentuates the purple colour of his skin. His body appears bruised. Is he a pugilist? Is he somebody just fighting for life? He doesn’t seem to have the means for the latter; he needs proper boxer’s gloves. This canvas can be read as a personal statement that incorporates Mendoza’s theory about existence: “I want to be a boxer,” he says, “not because I want to be aggressive but because I want to be strong and well trained to go through life”. For Ryan Mendoza life is difficult, it is a struggle, because what has been given is not necessarily what we want, and what we see is not necessarily the truth. The use of drawings, text, signs and symbols are tools that Ryan Mendoza uses to direct the viewer to understand his paintings. It is a technique that is more evident in his early works where words written in a child-like hand appear in some of his canvases. His use of semiotics later becomes more subtle, evolving into a juxtaposition of images. In his
“ Boxeur ”
chiunque può riconoscere – emblema di intimità, pulizia e protezione, eppure insinuano anche l’asfissiante claustrofobia che quella protezione può infliggere. I guanti si sovrappongono al tronco di un uomo muscoloso, plasticamente ritratto su di uno sfondo bianco che accentua il colore livido della pelle. Il corpo è tumefatto. È un pugile? O forse è un uomo che lotta per sopravvivere? Non sembra averne i mezzi, quello di cui avrebbe bisogno sono veri guantoni da boxe. Sembra di poter leggere una dichiarazione della teoria esistenziale di Mendoza: “Voglio essere un pugile,” dice, “non perché voglia essere aggressivo, ma per essere forte ed allenato ad affrontare la vita ”. Per Ryan Mendoza la vita è difficile, è una lotta, perché ciò che ci è stato dato non è necessariamente ciò che vogliamo, e quello che vediamo non è necessariamente la realtà. I disegni, i testi, segni e simboli grafici sono lo strumento con cui Ryan Mendoza indica allo spettatore la via verso la comprensione dei suoi quadri. La tecnica è più evidente in alcuni dei suoi primi lavori, dove appaiono parole scritte con calligrafia infantile. L’uso della semiotica diventa in seguito più sottile, evolvendo in una giustapposizione di immagini. Nei lavori più recenti il simbolismo è racchiuso in un’immagine unica, dove la concentrazione su piccoli dettagli implica un significato più ampio. In The Dunce, un grande cappuccio blu incornicia il volto cinereo di un giovane che tiene in bocca un ciuccio azzurro. L’immagine è al contempo ridicola e patetica; il ciuccio è una metafora dell’umiliazione e del senso di inadeguatezza. È un quadro sconcertante, con le sue implicazioni sulla vulnerabilità dell’infanzia, che mette a nudo una fragilità del maschio spesso ignorata, perché agli uomini non è concesso mostrare in pubblico il loro lato debole e sottomesso. In
most recent works the symbolism is incorporated into one unified image, where the focus on small details implies a much broader meaning. In The Dunce a dominant blue hood frames an ashen face of a young man sucking a pale blue dummy. The image is both ridiculous and pitiful; the dummy is a metaphor for humiliation and inadequacy. The painting is disconcerting, with its connotations of the vulnerability of childhood. It discloses the fragility of the male sex that is not often acknowledged, because men are not allowed to show their weak and submissive side in public. Mendoza engages the viewer first with humour, and then leads to more controversial and hard-hitting questions about the roles of the sexes within society. Mendoza borrows compositional techniques from photography and film; dramatic cropping and close-up shots instil a certain expectation, as if there is more to come. This approach can also be seen in the work of his contemporaries. Luc Tuymans, for instance, often focuses
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“ The head mast er wear s a bear d”
portarlo a domande più scottanti e controverse sui ruoli dei sessi nella società. Mendoza prende in prestito le tecniche compositive della fotografia e del cinema; tagli drammatici e primi piani inducono una certa attesa, come se ci si dovesse aspettare altro. È un approccio che si individua anche nei lavoro di alcuni contemporanei. Luc Tuymans, per citare un esempio, spesso mette a fuoco un dettaglio del volto o del corpo, così che la parte diventi il tutto e non ci sia alcun bisogno di letteralità. Come un editor della vita moderna, Mendoza trae il suo patrimonio di immagini da giornali, fumetti, Internet, televisione, pubblicità, vita cittadina e cultura popolare, tagliando e incollando fino al risultato desiderato. Eppure, non con l’approccio iconografico dei suoi predecessori americani della Pop Art: piuttosto si serve di loro con disincanto, non più esaltato dal Sogno Americano. I suoi quadri trasudano un’insoddisfazione post-moderna al mondo contemporaneo. Le immagini
the whole and there is no need to be literal any more. As if an editor of modern life Mendoza lifts his imagery from newspapers, cartoons, the Internet, television, advertising, urban life and popular culture - cutting and pasting until he has the desired result. Yet not with the iconographic approach of his American Pop Art predecessors, instead he employs them with a sense of delusion, no longer excited by the American Dream. His paintings exude a post-modern dissatisfaction with our contemporary world. Explicit images of naked, faceless whores in the series of paintings Prostitute #1,2,3 describe the squalor of urban life, but their anonymous and resigned poses also imply their acceptance and indifference to their situation. They have the compliance of Rineke Dijkstra’s nudes. In Bread and Butter smutty words are painted over the subject as if written on street walls, they are immediate messages disclosing a more perturbing essence. There is no glamour but simply a portrayal of a seedy and disoriented world.
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“ The head mast er wear s a bear d”
portarlo a domande più scottanti e controverse sui ruoli dei sessi nella società. Mendoza prende in prestito le tecniche compositive della fotografia e del cinema; tagli drammatici e primi piani inducono una certa attesa, come se ci si dovesse aspettare altro. È un approccio che si individua anche nei lavoro di alcuni contemporanei. Luc Tuymans, per citare un esempio, spesso mette a fuoco un dettaglio del volto o del corpo, così che la parte diventi il tutto e non ci sia alcun bisogno di letteralità. Come un editor della vita moderna, Mendoza trae il suo patrimonio di immagini da giornali, fumetti, Internet, televisione, pubblicità, vita cittadina e cultura popolare, tagliando e incollando fino al risultato desiderato. Eppure, non con l’approccio iconografico dei suoi predecessori americani della Pop Art: piuttosto si serve di loro con disincanto, non più esaltato dal Sogno Americano. I suoi quadri trasudano un’insoddisfazione post-moderna al mondo contemporaneo. Le immagini
the whole and there is no need to be literal any more. As if an editor of modern life Mendoza lifts his imagery from newspapers, cartoons, the Internet, television, advertising, urban life and popular culture - cutting and pasting until he has the desired result. Yet not with the iconographic approach of his American Pop Art predecessors, instead he employs them with a sense of delusion, no longer excited by the American Dream. His paintings exude a post-modern dissatisfaction with our contemporary world. Explicit images of naked, faceless whores in the series of paintings Prostitute #1,2,3 describe the squalor of urban life, but their anonymous and resigned poses also imply their acceptance and indifference to their situation. They have the compliance of Rineke Dijkstra’s nudes. In Bread and Butter smutty words are painted over the subject as if written on street walls, they are immediate messages disclosing a more perturbing essence. There is no glamour but simply a portrayal of a seedy and disoriented world.
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“ Shoes”
portarlo a domande più scottanti e controverse sui ruoli dei sessi nella società. Mendoza prende in prestito le tecniche compositive della fotografia e del cinema; tagli drammatici e primi piani inducono una certa attesa, come se ci si dovesse aspettare altro. È un approccio che si individua anche nei lavoro di alcuni contemporanei. Luc Tuymans, per citare un esempio, spesso mette a fuoco un dettaglio del volto o del corpo, così che la parte diventi il tutto e non ci sia alcun bisogno di letteralità. Come un editor della vita moderna, Mendoza trae il suo patrimonio di immagini da giornali, fumetti, Internet, televisione, pubblicità, vita cittadina e cultura popolare, tagliando e incollando fino al risultato desiderato. Eppure, non con l’approccio iconografico dei suoi predecessori americani della Pop Art: piuttosto si serve di loro con disincanto, non più esaltato dal Sogno Americano. I suoi quadri trasudano un’insoddisfazione post-moderna al mondo contemporaneo. Le immagini esplicite di prostitute nude, senza volto, nella serie di quadri Prostitute #1,2,3 descrivono lo squallore della vita urbana, ma le pose anonime e rassegnate implicano anche l’accettazione e l’indifferenza alla propria condizione. C’è la remissività dei nudi di Rineke Dijkstra. In Bread and Butter si leggono parole oscene dipinte sul soggetto come su di un muro, messaggi immediati che svelano un’essenza più inquietante. Non c’è glamour, solo la rappresentazione di un mondo decadente e disorientato. I lavori più recenti di Mendoza sono forse meno dichiaratamente ritratti degli aspetti più squallidi dell’esistenza. Appaiono in qualche modo più maturi. Le figure hanno contorni più tenui, i colori sono sfumati ed i personaggi più intensi, come se comunicassero una
the whole and there is no need to be literal any more. As if an editor of modern life Mendoza lifts his imagery from newspapers, cartoons, the Internet, television, advertising, urban life and popular culture - cutting and pasting until he has the desired result. Yet not with the iconographic approach of his American Pop Art predecessors, instead he employs them with a sense of delusion, no longer excited by the American Dream. His paintings exude a post-modern dissatisfaction with our contemporary world. Explicit images of naked, faceless whores in the series of paintings Prostitute #1,2,3 describe the squalor of urban life, but their anonymous and resigned poses also imply their acceptance and indifference to their situation. They have the compliance of Rineke Dijkstra’s nudes. In Bread and Butter smutty words are painted over the subject as if written on street walls, they are immediate messages disclosing a more perturbing essence. There is no glamour but simply a portrayal of a seedy and disoriented world.
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portarlo a domande più scottanti e controverse sui ruoli dei sessi nella società. Mendoza prende in prestito le tecniche compositive della fotografia e del cinema; tagli drammatici e primi piani inducono una certa attesa, come se ci si dovesse aspettare altro. È un approccio che si individua anche nei lavoro di alcuni contemporanei. Luc Tuymans, per citare un esempio, spesso mette a fuoco un dettaglio del volto o del corpo, così che la parte diventi il tutto e non ci sia alcun bisogno di letteralità. Come un editor della vita moderna, Mendoza trae il suo patrimonio di immagini da giornali, fumetti, Internet, televisione, pubblicità, vita cittadina e cultura popolare, tagliando e incollando fino al risultato desiderato. Eppure, non con l’approccio iconografico dei suoi predecessori americani della Pop Art: piuttosto si serve di loro con disincanto, non più esaltato dal Sogno Americano. I suoi quadri trasudano un’insoddisfazione post-moderna al mondo contemporaneo. Le immagini esplicite di prostitute nude, senza volto, nella serie di quadri Prostitute #1,2,3 descrivono lo squallore della vita urbana, ma le pose anonime e rassegnate implicano anche l’accettazione e l’indifferenza alla propria condizione. C’è la remissività dei nudi di Rineke Dijkstra. In Bread and Butter si leggono parole oscene dipinte sul soggetto come su di un muro, messaggi immediati che svelano un’essenza più inquietante. Non c’è glamour, solo la rappresentazione di un mondo decadente e disorientato. I lavori più recenti di Mendoza sono forse meno dichiaratamente ritratti degli aspetti più squallidi dell’esistenza. Appaiono in qualche modo più maturi. Le figure hanno contorni più tenui, i colori sono sfumati ed i personaggi più intensi, come se comunicassero una
the whole and there is no need to be literal any more. As if an editor of modern life Mendoza lifts his imagery from newspapers, cartoons, the Internet, television, advertising, urban life and popular culture - cutting and pasting until he has the desired result. Yet not with the iconographic approach of his American Pop Art predecessors, instead he employs them with a sense of delusion, no longer excited by the American Dream. His paintings exude a post-modern dissatisfaction with our contemporary world. Explicit images of naked, faceless whores in the series of paintings Prostitute #1,2,3 describe the squalor of urban life, but their anonymous and resigned poses also imply their acceptance and indifference to their situation. They have the compliance of Rineke Dijkstra’s nudes. In Bread and Butter smutty words are painted over the subject as if written on street walls, they are immediate messages disclosing a more perturbing essence. There is no glamour but simply a portrayal of a seedy and disoriented world.
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“ Shoes”
portarlo a domande più scottanti e controverse sui ruoli dei sessi nella società. Mendoza prende in prestito le tecniche compositive della fotografia e del cinema; tagli drammatici e primi piani inducono una certa attesa, come se ci si dovesse aspettare altro. È un approccio che si individua anche nei lavoro di alcuni contemporanei. Luc Tuymans, per citare un esempio, spesso mette a fuoco un dettaglio del volto o del corpo, così che la parte diventi il tutto e non ci sia alcun bisogno di letteralità. Come un editor della vita moderna, Mendoza trae il suo patrimonio di immagini da giornali, fumetti, Internet, televisione, pubblicità, vita cittadina e cultura popolare, tagliando e incollando fino al risultato desiderato. Eppure, non con l’approccio iconografico dei suoi predecessori americani della Pop Art: piuttosto si serve di loro con disincanto, non più esaltato dal Sogno Americano. I suoi quadri trasudano un’insoddisfazione post-moderna al mondo contemporaneo. Le immagini esplicite di prostitute nude, senza volto, nella serie di quadri Prostitute #1,2,3 descrivono lo squallore della vita urbana, ma le pose anonime e rassegnate implicano anche l’accettazione e l’indifferenza alla propria condizione. C’è la remissività dei nudi di Rineke Dijkstra. In Bread and Butter si leggono parole oscene dipinte sul soggetto come su di un muro, messaggi immediati che svelano un’essenza più inquietante. Non c’è glamour, solo la rappresentazione di un mondo decadente e disorientato. I lavori più recenti di Mendoza sono forse meno dichiaratamente ritratti degli aspetti più squallidi dell’esistenza. Appaiono in qualche modo più maturi. Le figure hanno contorni più tenui, i colori sono sfumati ed i personaggi più intensi, come se comunicassero una
the whole and there is no need to be literal any more. As if an editor of modern life Mendoza lifts his imagery from newspapers, cartoons, the Internet, television, advertising, urban life and popular culture - cutting and pasting until he has the desired result. Yet not with the iconographic approach of his American Pop Art predecessors, instead he employs them with a sense of delusion, no longer excited by the American Dream. His paintings exude a post-modern dissatisfaction with our contemporary world. Explicit images of naked, faceless whores in the series of paintings Prostitute #1,2,3 describe the squalor of urban life, but their anonymous and resigned poses also imply their acceptance and indifference to their situation. They have the compliance of Rineke Dijkstra’s nudes. In Bread and Butter smutty words are painted over the subject as if written on street walls, they are immediate messages disclosing a more perturbing essence. There is no glamour but simply a portrayal of a seedy and disoriented world.
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“ Man wi t h hat i n ai r pl ane”
consapevolezza più romantica. In Sleeping Beauty #2, la ragazza in un aderente abito anni ‘80 e tacchi alti, abbandonata su una poltrona, potrebbe essere appena tornata da un party o giacere disfatta dal sesso. Il dipinto allude a qualcosa di osceno o spiacevole, ma con un linguaggio più sobrio e minimalista. I ricorrenti accenni di Mendoza alla pornografia, al sadomaso e alla violenza non sono più essenziali. Almost American è il primo autoritratto di Mendoza. Riproduce gli occhi tristi e malinconici di un soldato deluso e rassegnato al pensiero di abbracciare una cultura di ingiustificato patriottismo. La sua posa crea uno stridente contrasto con la sgargiante bandiera americana dietro di lui. Quando Jasper Johns dipinse Flag 1954/55, voleva celebrare la cultura americana e produsse una tela che sostituisse visivamente il suo prototipo - il quadro diventava bandiera. Mendoza non ha un tono elogiativo nella sua interpretazione dell’America. Il ritratto non è particolarmente somigliante, eppure esprime il personale rifiuto di Mendoza alla nozione comune di America. Aveva lasciato New York sperando di scoprire cosa si nascondeva dietro la cultura pop dell’ottimismo post-bellico, alimentata dalle immagini e dall’iperrealismo dei media. Ma le allusioni troppo esplicite non sono tra i suoi obiettivi. Mendoza non vuole fare spettacolo o scioccare lo spettatore, ma piuttosto dire quello che tutti sappiamo e raramente vogliamo ammettere. “Il più grande errore che possa commettere sarebbe mettermi a fare proclami. Saprete da me solo ciò che ho provato, solo dopo che l’avrò provato e tenuto segreto”. In questa dichiarazione c’è l’essenza del suo lavoro: aprire una porta per mostrare ciò che si cela sotto la superficie.
Mendoza’s recent works are less explicitly about the seamy side of life. They seem more mature, somehow. Figures are smoothly contoured, colours blend into one another and his characters are more intense, seeming to communicate a more romantic awareness. In Sleeping Beauty #2 an 80s girl in tube-dress and high heels, drapes herself across an armchair, she could be on a post-club comedown or in post-coital repose. The painting hints at something dirty, or unpleasant through the use of a more sober and minimal language. Mendoza’s recurring direct references to pornography, S&M and violence are no longer essential. Almost American is Mendoza’s first self-portrait. It depicts the sad and melancholic eyes of a young soldier who is deluded and resigned to the thought of embracing a culture of unjustified patriotism. His attitude is in stark contrast to the flamboyant American flag behind him. When Jasper Johns painted his Flag 1954/55 he was celebrating the American culture and produced a canvas that visually substituted its prototype - the painting became the flag. For Mendoza there is no laudatory language in his interpretation of America. The portrait is not an accurate physical likeness, yet it embodies Mendoza’s personal rejection of what it is to be American. He left New York hoping to discover what is beyond a pop culture based on post-war optimism fuelled by media icons and hyper-reality. Easy reference is not Mendoza’s aim. He doesn’t want to create a spectacle, or shock people, he just wants to inform us about something that we all already know but rarely admit. “ The greatest error I could make would be to proclaim. You will know when I have, only when I have felt it and kept it a secret”. With this statement he describes the fundamental nature of his work, which aims to open a gate to expose what is beneath the surface. Mendoza’s paintings reawaken a turbulence of mind,
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“ Man wi t h hat i n ai r pl ane”
consapevolezza più romantica. In Sleeping Beauty #2, la ragazza in un aderente abito anni ‘80 e tacchi alti, abbandonata su una poltrona, potrebbe essere appena tornata da un party o giacere disfatta dal sesso. Il dipinto allude a qualcosa di osceno o spiacevole, ma con un linguaggio più sobrio e minimalista. I ricorrenti accenni di Mendoza alla pornografia, al sadomaso e alla violenza non sono più essenziali. Almost American è il primo autoritratto di Mendoza. Riproduce gli occhi tristi e malinconici di un soldato deluso e rassegnato al pensiero di abbracciare una cultura di ingiustificato patriottismo. La sua posa crea uno stridente contrasto con la sgargiante bandiera americana dietro di lui. Quando Jasper Johns dipinse Flag 1954/55, voleva celebrare la cultura americana e produsse una tela che sostituisse visivamente il suo prototipo - il quadro diventava bandiera. Mendoza non ha un tono elogiativo nella sua interpretazione dell’America. Il ritratto non è particolarmente somigliante, eppure esprime il personale rifiuto di Mendoza alla nozione comune di America. Aveva lasciato New York sperando di scoprire cosa si nascondeva dietro la cultura pop dell’ottimismo post-bellico, alimentata dalle immagini e dall’iperrealismo dei media. Ma le allusioni troppo esplicite non sono tra i suoi obiettivi. Mendoza non vuole fare spettacolo o scioccare lo spettatore, ma piuttosto dire quello che tutti sappiamo e raramente vogliamo ammettere. “Il più grande errore che possa commettere sarebbe mettermi a fare proclami. Saprete da me solo ciò che ho provato, solo dopo che l’avrò provato e tenuto segreto”. In questa dichiarazione c’è l’essenza del suo lavoro: aprire una porta per mostrare ciò che si cela sotto la superficie.
Mendoza’s recent works are less explicitly about the seamy side of life. They seem more mature, somehow. Figures are smoothly contoured, colours blend into one another and his characters are more intense, seeming to communicate a more romantic awareness. In Sleeping Beauty #2 an 80s girl in tube-dress and high heels, drapes herself across an armchair, she could be on a post-club comedown or in post-coital repose. The painting hints at something dirty, or unpleasant through the use of a more sober and minimal language. Mendoza’s recurring direct references to pornography, S&M and violence are no longer essential. Almost American is Mendoza’s first self-portrait. It depicts the sad and melancholic eyes of a young soldier who is deluded and resigned to the thought of embracing a culture of unjustified patriotism. His attitude is in stark contrast to the flamboyant American flag behind him. When Jasper Johns painted his Flag 1954/55 he was celebrating the American culture and produced a canvas that visually substituted its prototype - the painting became the flag. For Mendoza there is no laudatory language in his interpretation of America. The portrait is not an accurate physical likeness, yet it embodies Mendoza’s personal rejection of what it is to be American. He left New York hoping to discover what is beyond a pop culture based on post-war optimism fuelled by media icons and hyper-reality. Easy reference is not Mendoza’s aim. He doesn’t want to create a spectacle, or shock people, he just wants to inform us about something that we all already know but rarely admit. “ The greatest error I could make would be to proclaim. You will know when I have, only when I have felt it and kept it a secret”. With this statement he describes the fundamental nature of his work, which aims to open a gate to expose what is beneath the surface. Mendoza’s paintings reawaken a turbulence of mind,
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“ Sl eepi ng beaut y#2”
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“ Sl eepi ng beaut y#2”
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“ Mr s. Mendoz a: what a babe! ”
Everybody’s All American Almost Patricia Ellis
Ryan Mendoza è il tipico all-American boy. Assolutamente: sua madre è stata Miss Pennsylvania; suo fratello è un velocista da medaglia d’oro alle Olimpiadi per disabili; suo padre un affermato poeta che ha lavorato con Norman Rockwell. Tutto vero. Vivevano nell’Upper East Side, una tipica famiglia quasi-televisiva dove sarebbe germinata la distopica visione del mondo mendoziana. Non che Mendoza abbia mai consapevolmente deciso di diventare un pittore-ragazzaccio, è andata così, come in una bizzarra sperimentazione sociale alla Atomised1 o The Thanatos Syndrome2. Le sue intenzioni sono sempre state tra le migliori. Tuttavia, come accade spesso, era solo questione di tempo perché tutto andasse nel modo sbagliato. Ma a guardar bene, questo modo sbagliato sembra tanto la cosa giusta3. Parlare con Mendoza è come frequentare la parte più sfrenata dell’esistenza, scendere in ascensore in un mondo sotterraneo. È come un disertore dei giorni nostri; un uomo
Ryan Mendoza is an all-American boy. Really. His mother was Miss Pennsylvania. His brother is a gold medallist sprinting champion in the Special Olympics. His dad’s a famous poet who worked closely with Norman Rockwell. No shit. They lived on the Upper East Side. A proverbial made-for-TV hothouse; the germination of Mendoza’s dystopian worldview. It’s not that Mendoza ever set out to be a bad-boy painter, it just kind of happened that way, like some weird social experiment à la Atomised1 or The Thanatos Syndrome2. He always had the best intentions. Like most things, it was only a matter of time before it all went wrong. But everybody knows that wrong just feels so right3. Talking with Mendoza is like hanging out on the wild side, taking an elevator to the Underground. He’s like a modern day draft dodger; a man with a mission, on the run, living in self-imposed exile in Naples4. It’s like he’s on a quest, drawn into a bygone notion of an ancient, intellectual Europe,
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“ Mr s. Mendoz a: what a babe! ”
Everybody’s All American Almost Patricia Ellis
Ryan Mendoza è il tipico all-American boy. Assolutamente: sua madre è stata Miss Pennsylvania; suo fratello è un velocista da medaglia d’oro alle Olimpiadi per disabili; suo padre un affermato poeta che ha lavorato con Norman Rockwell. Tutto vero. Vivevano nell’Upper East Side, una tipica famiglia quasi-televisiva dove sarebbe germinata la distopica visione del mondo mendoziana. Non che Mendoza abbia mai consapevolmente deciso di diventare un pittore-ragazzaccio, è andata così, come in una bizzarra sperimentazione sociale alla Atomised1 o The Thanatos Syndrome2. Le sue intenzioni sono sempre state tra le migliori. Tuttavia, come accade spesso, era solo questione di tempo perché tutto andasse nel modo sbagliato. Ma a guardar bene, questo modo sbagliato sembra tanto la cosa giusta3. Parlare con Mendoza è come frequentare la parte più sfrenata dell’esistenza, scendere in ascensore in un mondo sotterraneo. È come un disertore dei giorni nostri; un uomo
Ryan Mendoza is an all-American boy. Really. His mother was Miss Pennsylvania. His brother is a gold medallist sprinting champion in the Special Olympics. His dad’s a famous poet who worked closely with Norman Rockwell. No shit. They lived on the Upper East Side. A proverbial made-for-TV hothouse; the germination of Mendoza’s dystopian worldview. It’s not that Mendoza ever set out to be a bad-boy painter, it just kind of happened that way, like some weird social experiment à la Atomised1 or The Thanatos Syndrome2. He always had the best intentions. Like most things, it was only a matter of time before it all went wrong. But everybody knows that wrong just feels so right3. Talking with Mendoza is like hanging out on the wild side, taking an elevator to the Underground. He’s like a modern day draft dodger; a man with a mission, on the run, living in self-imposed exile in Naples4. It’s like he’s on a quest, drawn into a bygone notion of an ancient, intellectual Europe,
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“ Sl eepi ng beaut y”
che ha una missione, in fuga, in esilio volontario a Napoli4. Come se fosse alla ricerca di qualcosa, trascinato verso un’antica rappresentazione dell’Europa intellettuale per dilatare la propria visione del mondo, su una strada già battuta verso la scoperta. Salta fra le lingue come un jukebox automatico, le parole gli schizzano fuori di bocca come ad un Dennis Hopper tossico: un rapido psicobalbettio di flussi di coscienza, profondamente solcato di filosofia, un’opinione su tutto, tutto intrecciato a una specie di teoria mistica del caos. Un vero personaggio letterario: una strana mistura di Kurtz5 e Larry Darrell6. Forse con un pizzico di Jerry Springer. Ryan Mendoza non è un banale sognatore o un vagabondo, in realtà è sul punto di essere un leader apocalittico. Dipinge per cambiare il mondo. Mendoza spiega: “I dipinti parlano di malattia. Una malattia a trasmissione elettronica. Televisione ed internet stanno cambiando le usanze della società. Hieronymus Bosch non sarebbe sorpreso del nostro mondo7. Internet è il luogo
expanding his worldview, a well trodden road to discovery. He flips between languages like a jukebox auto-shuffle, words spew from his mouth like some Dennis Hopper junkie: rapid stream-of-consciousness psycho-babble, trenched deep in philosophy, an opinion on everything, all is intertwined in some mystical chaos theory. He’s truly a literary character: a weird mixture of Kurtz5 and Larry Darrell6. Maybe a little Jerry Springer thrown in for good measure. Ryan Mendoza isn’t the normal dreamer or outcast, he actually verges on being an apocalyptic leader. He’s making paintings to change the world. Mendoza explains: “The paintings are about disease. Disease transmitted over electronic means. Because of television and internet, society is developing new habits. Hironymous Bosch would not be surprised by the world today7. The internet is a place you can access to see millions of images which you have never seen – anti-Semitism8, homosexuality, fetishism9. The internet
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“ Sl eepi ng beaut y”
che ha una missione, in fuga, in esilio volontario a Napoli4. Come se fosse alla ricerca di qualcosa, trascinato verso un’antica rappresentazione dell’Europa intellettuale per dilatare la propria visione del mondo, su una strada già battuta verso la scoperta. Salta fra le lingue come un jukebox automatico, le parole gli schizzano fuori di bocca come ad un Dennis Hopper tossico: un rapido psicobalbettio di flussi di coscienza, profondamente solcato di filosofia, un’opinione su tutto, tutto intrecciato a una specie di teoria mistica del caos. Un vero personaggio letterario: una strana mistura di Kurtz5 e Larry Darrell6. Forse con un pizzico di Jerry Springer. Ryan Mendoza non è un banale sognatore o un vagabondo, in realtà è sul punto di essere un leader apocalittico. Dipinge per cambiare il mondo. Mendoza spiega: “I dipinti parlano di malattia. Una malattia a trasmissione elettronica. Televisione ed internet stanno cambiando le usanze della società. Hieronymus Bosch non sarebbe sorpreso del nostro mondo7. Internet è il luogo
expanding his worldview, a well trodden road to discovery. He flips between languages like a jukebox auto-shuffle, words spew from his mouth like some Dennis Hopper junkie: rapid stream-of-consciousness psycho-babble, trenched deep in philosophy, an opinion on everything, all is intertwined in some mystical chaos theory. He’s truly a literary character: a weird mixture of Kurtz5 and Larry Darrell6. Maybe a little Jerry Springer thrown in for good measure. Ryan Mendoza isn’t the normal dreamer or outcast, he actually verges on being an apocalyptic leader. He’s making paintings to change the world. Mendoza explains: “The paintings are about disease. Disease transmitted over electronic means. Because of television and internet, society is developing new habits. Hironymous Bosch would not be surprised by the world today7. The internet is a place you can access to see millions of images which you have never seen – anti-Semitism8, homosexuality, fetishism9. The internet
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“ As I was about t o eat ”
dove andare a cercare milioni di immagini che non si sono mai viste prima: antisemitismo8, omosessualità, feticismo9. Internet tira fuori il mostro che è in noi. I miei quadri non ritraggono il mostro. Sono divertenti. Descrivono una tragedia tanto profonda da essere divertente.”10 Pronunciando queste parole Mendoza non suona affatto bizzarro, sembra anzi che sia mettendo a parte l’ascoltatore di una verità fondamentale. Un quadro dice mille parole, un autoritratto anche di più. Almost American è un’immagine commisurabile a Diane Arbus. Un giovane soldato (o forse un ribelle dalla testa rasata) sta ritto davanti alla bandiera americana; ingenuo, confuso, fiducioso, condannato. Il futuro di una nazione: provinciale, ottuso, ciecamente incapace di domande, in una situazione più grande di lui. È Mendoza, e non sembra a suo agio. Per lui il regno del disagio è il luogo migliore che si possa trovare. Mendoza dipinge ormai da dieci anni e non ha prodotto nemmeno un paesaggio o una composizione floreale. È una persona decisamente cupa: pedofilia11, sadomaso, bondage, hardcore e white trash12. Le oscure verità dell’esistenza, a fornire le prove di una natura nei suoi elementi essenziali. Tuttavia, l’aspetto più inquietante dei dipinti di Ryan Mendoza è che sono dipinti. Immagini prese da pagine internet, istantanee di amici, fotografie di persone ormai morte. Immagini del malessere dell’America borghese, immediatamente banali e da buttar via; hanno una nostalgia biografica più intima della pornografia. Un’onestà incosciente che colpisce come un mattone. In quanto foto, non varrebbero la pena di una seconda occhiata. In quanto dipinti, si trasformano in immagini epiche.
opens up the monster inside of us. My paintings aren’t about the monster. They’re funny. They’re about a tragedy so intense it’s funny.10” When Mendoza says this it doesn’t sound weird, it’s like he’s sharing some primal truth. A picture says a thousand words, a self-portrait even more. Almost American is an image of Diane Arbus proportions. A young soldier (or perhaps rebel skinhead) stands in front of an American flag; naive, confused, hopeful, doomed. The future of a nation: local yokel, dumb, blindly unquestioning, in way over his head. This is Mendoza, looking uncomfortable. For him the realm of discomfort is the cosiest place to be. Mendoza’s been painting for ten years now and there’s not a nice landscape or flower arrangement in the lot. He’s a strictly dark kind of guy: paedophilia11, S&M, hardcore bondage, and white trash12. The swarthy truths of existence, compiling evidence of a basic nature. The most disturbing thing, however, about Ryan Mendoza’s paintings is that they are paintings. The pictures taken from internet homepages, snapshots of friends, photos of people who are dead. Images of American bourgeois malaise, immediately banal and disposable; they have a biographical nostalgia more intimate than pornography. A conscious-less honesty which hits like a brick. As photos, they probably wouldn’t be given a second thought. As paintings these images become epic. Intensely studied, rendered with passionate care, Mendoza recreates each image with a personal intensity; the ultimate luxury of the voyeur, the hallmark of self-disclosure13. “Consider what’s going on inside my head,” Mendoza demands, “ – If I’m sick, you’re sick.” Every one of
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“ As I was about t o eat ”
dove andare a cercare milioni di immagini che non si sono mai viste prima: antisemitismo8, omosessualità, feticismo9. Internet tira fuori il mostro che è in noi. I miei quadri non ritraggono il mostro. Sono divertenti. Descrivono una tragedia tanto profonda da essere divertente.”10 Pronunciando queste parole Mendoza non suona affatto bizzarro, sembra anzi che sia mettendo a parte l’ascoltatore di una verità fondamentale. Un quadro dice mille parole, un autoritratto anche di più. Almost American è un’immagine commisurabile a Diane Arbus. Un giovane soldato (o forse un ribelle dalla testa rasata) sta ritto davanti alla bandiera americana; ingenuo, confuso, fiducioso, condannato. Il futuro di una nazione: provinciale, ottuso, ciecamente incapace di domande, in una situazione più grande di lui. È Mendoza, e non sembra a suo agio. Per lui il regno del disagio è il luogo migliore che si possa trovare. Mendoza dipinge ormai da dieci anni e non ha prodotto nemmeno un paesaggio o una composizione floreale. È una persona decisamente cupa: pedofilia11, sadomaso, bondage, hardcore e white trash12. Le oscure verità dell’esistenza, a fornire le prove di una natura nei suoi elementi essenziali. Tuttavia, l’aspetto più inquietante dei dipinti di Ryan Mendoza è che sono dipinti. Immagini prese da pagine internet, istantanee di amici, fotografie di persone ormai morte. Immagini del malessere dell’America borghese, immediatamente banali e da buttar via; hanno una nostalgia biografica più intima della pornografia. Un’onestà incosciente che colpisce come un mattone. In quanto foto, non varrebbero la pena di una seconda occhiata. In quanto dipinti, si trasformano in immagini epiche.
opens up the monster inside of us. My paintings aren’t about the monster. They’re funny. They’re about a tragedy so intense it’s funny.10” When Mendoza says this it doesn’t sound weird, it’s like he’s sharing some primal truth. A picture says a thousand words, a self-portrait even more. Almost American is an image of Diane Arbus proportions. A young soldier (or perhaps rebel skinhead) stands in front of an American flag; naive, confused, hopeful, doomed. The future of a nation: local yokel, dumb, blindly unquestioning, in way over his head. This is Mendoza, looking uncomfortable. For him the realm of discomfort is the cosiest place to be. Mendoza’s been painting for ten years now and there’s not a nice landscape or flower arrangement in the lot. He’s a strictly dark kind of guy: paedophilia11, S&M, hardcore bondage, and white trash12. The swarthy truths of existence, compiling evidence of a basic nature. The most disturbing thing, however, about Ryan Mendoza’s paintings is that they are paintings. The pictures taken from internet homepages, snapshots of friends, photos of people who are dead. Images of American bourgeois malaise, immediately banal and disposable; they have a biographical nostalgia more intimate than pornography. A conscious-less honesty which hits like a brick. As photos, they probably wouldn’t be given a second thought. As paintings these images become epic. Intensely studied, rendered with passionate care, Mendoza recreates each image with a personal intensity; the ultimate luxury of the voyeur, the hallmark of self-disclosure13. “Consider what’s going on inside my head,” Mendoza demands, “ – If I’m sick, you’re sick.” Every one of
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“ Senz a t i t ol o”
Intensamente studiata, trasformata con appassionata attenzione, in Mendoza ogni immagine è ricreata con intensità personale; il sommo lusso del voyeur, il marchio della rivelazione di sé13. “Considera quello che succede nella mia testa,” chiede Mendoza, “se sono malato io, sei malato anche tu.” Tutti i dipinti di Mendoza hanno il piacere erotico di un livido. Blu, marrone e nero: devono istintivamente essere accarezzati. Mendoza spera sinceramente che chi guarda i suoi quadri faccia qualcosa di meglio della propria vita. È un desiderio più che utopico, è pienamente americano. La rivelazione è il nuovo inno americano, il supremo esercizio democratico. Condividere il dolore è la nuova parola d’ordine del nazionalismo. Sensitivi da tabloid14, impegni solenni, psicoanalisi da salotto15, programmi in 12 fasi16, talk-show televisivi17, confessioni religiose in pay per view. I’m OK, you’re OK18. Non esistono furfanti o eroi, solo
Disclosure is the new American anthem, the ultimate democratic practice. Sharing pain is the new buzzword in Nationalism. Tabloid psychics14, affirmative action, homebrew psychoanalysis15, 12 step programs16, talk show TV17, pay per view religious confessions. I’m OK, you’re OK18. There are no villains or heroes, just brutality, loneliness, and self-affirmation. In the brotherhood of victimisation, everyone is validated. It’s the ultimate American dream, an experiment derailing in slow motion. Bad Girl #1 – The schoolgirl is bent over a stool, skirt hiked up, held down by a gloved hand. She glances back to the camera, her expression impossible to read. Her knowingness makes her complicit. She’s infinitely fuckable. Sleeping Beauty #2 – Party girl in the late 80s dress, passed out in an armchair. Probably after a wild night out.
brutalità, solitudine e dichiarazioni solenni. Nella fratellanza della vittimizzazione, ognuno trova il suo riconoscimento. È l’estremo sogno americano, una prova di deragliamento al rallentatore. Bad Girl #1 – La scolaretta è piegata su uno sgabello, la gonna tirata su, bloccata da una mano guantata. Guarda la macchina fotografica, la sua espressione è indecifrabile. La sua consapevolezza la rende complice. È infinitamente scopabile. Sleeping Beauty #2 – La ragazza indossa un vestito fine anni ’80 e giace inanimata su una poltrona. Forse dopo una notte brava. Ma qualcosa nella scena puzza di Retinal. Si sente quasi l’odore di uno squallido bungalow vicino ad un aeroporto. Woman Drinking – Niente fa bene quanto il latte, ma quasi
But somehow the scene smacks of Retinal. You can almost smell the shitty two-bedroom bungalow near an airport. Woman Drinking – Nothing more wholesome than milk, but it’s almost certainly not. This simple action feels utterly, diabolically filthy. The secret of Mendoza’s paintings is their ability to tell a good story. The compelling aspects are in what’s not said. Each image is cropped to its bare essentials; pure minimalism – sketchy anonymous backgrounds, a skirting board, a chair, a stool, just a shadow on a wall – all the specifics are like props. The psychological is based on theatre. For Mendoza, art branches in two directions: religious and circus works. “They’re both valid. They’re validated because they have meaning for the people who look at them.” Mendoza explains. “The meanings of the pieces change over time. Gericault’s Raft of The Medusa
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“ Senz a t i t ol o”
Intensamente studiata, trasformata con appassionata attenzione, in Mendoza ogni immagine è ricreata con intensità personale; il sommo lusso del voyeur, il marchio della rivelazione di sé13. “Considera quello che succede nella mia testa,” chiede Mendoza, “se sono malato io, sei malato anche tu.” Tutti i dipinti di Mendoza hanno il piacere erotico di un livido. Blu, marrone e nero: devono istintivamente essere accarezzati. Mendoza spera sinceramente che chi guarda i suoi quadri faccia qualcosa di meglio della propria vita. È un desiderio più che utopico, è pienamente americano. La rivelazione è il nuovo inno americano, il supremo esercizio democratico. Condividere il dolore è la nuova parola d’ordine del nazionalismo. Sensitivi da tabloid14, impegni solenni, psicoanalisi da salotto15, programmi in 12 fasi16, talk-show televisivi17, confessioni religiose in pay per view. I’m OK, you’re OK18. Non esistono furfanti o eroi, solo
Disclosure is the new American anthem, the ultimate democratic practice. Sharing pain is the new buzzword in Nationalism. Tabloid psychics14, affirmative action, homebrew psychoanalysis15, 12 step programs16, talk show TV17, pay per view religious confessions. I’m OK, you’re OK18. There are no villains or heroes, just brutality, loneliness, and self-affirmation. In the brotherhood of victimisation, everyone is validated. It’s the ultimate American dream, an experiment derailing in slow motion. Bad Girl #1 – The schoolgirl is bent over a stool, skirt hiked up, held down by a gloved hand. She glances back to the camera, her expression impossible to read. Her knowingness makes her complicit. She’s infinitely fuckable. Sleeping Beauty #2 – Party girl in the late 80s dress, passed out in an armchair. Probably after a wild night out.
brutalità, solitudine e dichiarazioni solenni. Nella fratellanza della vittimizzazione, ognuno trova il suo riconoscimento. È l’estremo sogno americano, una prova di deragliamento al rallentatore. Bad Girl #1 – La scolaretta è piegata su uno sgabello, la gonna tirata su, bloccata da una mano guantata. Guarda la macchina fotografica, la sua espressione è indecifrabile. La sua consapevolezza la rende complice. È infinitamente scopabile. Sleeping Beauty #2 – La ragazza indossa un vestito fine anni ’80 e giace inanimata su una poltrona. Forse dopo una notte brava. Ma qualcosa nella scena puzza di Retinal. Si sente quasi l’odore di uno squallido bungalow vicino ad un aeroporto. Woman Drinking – Niente fa bene quanto il latte, ma quasi
But somehow the scene smacks of Retinal. You can almost smell the shitty two-bedroom bungalow near an airport. Woman Drinking – Nothing more wholesome than milk, but it’s almost certainly not. This simple action feels utterly, diabolically filthy. The secret of Mendoza’s paintings is their ability to tell a good story. The compelling aspects are in what’s not said. Each image is cropped to its bare essentials; pure minimalism – sketchy anonymous backgrounds, a skirting board, a chair, a stool, just a shadow on a wall – all the specifics are like props. The psychological is based on theatre. For Mendoza, art branches in two directions: religious and circus works. “They’re both valid. They’re validated because they have meaning for the people who look at them.” Mendoza explains. “The meanings of the pieces change over time. Gericault’s Raft of The Medusa
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“ Dead bi t ch”
certamente si tratta di altro. Un’azione semplicissima sembra totalmente, diabolicamente ripugnante. Il segreto dei dipinti di Mendoza è la loro capacità di raccontare storie. L’aspetto più convincente è proprio nel non detto. Ogni immagine è ritagliata fino alla sua più nuda essenzialità; minimalismo puro – sfondi anonimi appena abbozzati, lo zoccolo di una parete, una sedia, uno sgabello, solo un’ombra sul muro – ogni dettaglio sorregge il tutto. La forza psicologica è nella teatralità. Per Mendoza, l’arte si dirama in due direzioni: opere religiose e opere circensi. “Sono entrambe legittime, e la legittimazione sta nel fatto che hanno un significato per chi le osserva,” spiega Mendoza. “Il significato delle opere cambia nel tempo. La Zattera della Medusa di Gericault fu originariamente usata in un circo. Era il quadro più grande al mondo19. Era considerato il Maurizio Cattelan del suo tempo, ed adesso è arte religiosa.” Quando si tratta di dipingere, Mendoza non cazzeggia. La sua materia è totalmente calata nella contemporaneità, ma è il mezzo che è destinato a durare nel tempo. Per Mendoza, la sfida dell’arte è l’abilità: composizione, stile, colore e trasformazione. “La pittura è tattica ed è morta, ma cerco ancora di usarla. È come cercare di fare una musica innovativa con vecchi strumenti. Se hai un linguaggio ricco puoi sempre produrre qualcosa di valido ed onesto.” Mendoza impara dai migliori: Tuymens, Polke, Hume, Sarmento. Ma c’è anche qualcosa di hi-tech nei suoi lavori: i contorni marcati e spessi creano un falso senso di spazio, che ricorda l’animazione digitale. Stilizzati e osceni, i suoi dipinti sono trincerati nella stessa struttura dei film indipendenti20, trasandate riproduzioni verità da riviste di criminologia, hanno la stessa sporcizia tossica
was originally used in a circus. It was the biggest painting in the world19. He was considered the Maurizio Cattelan of his time. Now it’s a religious art.” When it comes to making painting, Mendoza isn’t fucking around. His imagery is contemporary, but it’s the medium which will stand the test of time. For Mendoza, the challenge of being an artist lies in the craft: composition, style, colour and rendering. “Painting is tactical and dead, but I’m still trying to use it. It’s like trying to make new music with old instruments. If you have a full language you can make something new which is valid and honest.” Mendoza is learning from the best: Tuymens, Polke, Hume, Sarmento. But there is also something hi-tech about the works: the thick outlines create a false sense of space like digital animation. Stylised and dirty, his paintings are entrenched in the format of indie film20, smudgy verité reproductions in true crime magazines, they have the same toxic griminess of newspaper ink. Figures seem to almost bubble out from the canvas: thick and luscious like chocolate icing. His paintings look almost good enough to eat21. “A lot of my work is about slowing down” Mendoza explains. Like a cure for the electronic disease; a retreat back into real-time, a forced and prolonged look at a freakish normalcy. On the surface, Mendoza’s serving up the gritty and hardcore, promenading degeneracy and all that is wrong. But fight the temptation to look away, and the beauty emerges: something passionate and soulful, utterly poignant and right. There’s an inner peace in the frenzy, a raw splendour to be engaged. Mendoza offers a spiritual enlightenment; a rocky path to enrichment. His is a warped experiment: a utopia based on stretching
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“ Dead bi t ch”
certamente si tratta di altro. Un’azione semplicissima sembra totalmente, diabolicamente ripugnante. Il segreto dei dipinti di Mendoza è la loro capacità di raccontare storie. L’aspetto più convincente è proprio nel non detto. Ogni immagine è ritagliata fino alla sua più nuda essenzialità; minimalismo puro – sfondi anonimi appena abbozzati, lo zoccolo di una parete, una sedia, uno sgabello, solo un’ombra sul muro – ogni dettaglio sorregge il tutto. La forza psicologica è nella teatralità. Per Mendoza, l’arte si dirama in due direzioni: opere religiose e opere circensi. “Sono entrambe legittime, e la legittimazione sta nel fatto che hanno un significato per chi le osserva,” spiega Mendoza. “Il significato delle opere cambia nel tempo. La Zattera della Medusa di Gericault fu originariamente usata in un circo. Era il quadro più grande al mondo19. Era considerato il Maurizio Cattelan del suo tempo, ed adesso è arte religiosa.” Quando si tratta di dipingere, Mendoza non cazzeggia. La sua materia è totalmente calata nella contemporaneità, ma è il mezzo che è destinato a durare nel tempo. Per Mendoza, la sfida dell’arte è l’abilità: composizione, stile, colore e trasformazione. “La pittura è tattica ed è morta, ma cerco ancora di usarla. È come cercare di fare una musica innovativa con vecchi strumenti. Se hai un linguaggio ricco puoi sempre produrre qualcosa di valido ed onesto.” Mendoza impara dai migliori: Tuymens, Polke, Hume, Sarmento. Ma c’è anche qualcosa di hi-tech nei suoi lavori: i contorni marcati e spessi creano un falso senso di spazio, che ricorda l’animazione digitale. Stilizzati e osceni, i suoi dipinti sono trincerati nella stessa struttura dei film indipendenti20, trasandate riproduzioni verità da riviste di criminologia, hanno la stessa sporcizia tossica
was originally used in a circus. It was the biggest painting in the world19. He was considered the Maurizio Cattelan of his time. Now it’s a religious art.” When it comes to making painting, Mendoza isn’t fucking around. His imagery is contemporary, but it’s the medium which will stand the test of time. For Mendoza, the challenge of being an artist lies in the craft: composition, style, colour and rendering. “Painting is tactical and dead, but I’m still trying to use it. It’s like trying to make new music with old instruments. If you have a full language you can make something new which is valid and honest.” Mendoza is learning from the best: Tuymens, Polke, Hume, Sarmento. But there is also something hi-tech about the works: the thick outlines create a false sense of space like digital animation. Stylised and dirty, his paintings are entrenched in the format of indie film20, smudgy verité reproductions in true crime magazines, they have the same toxic griminess of newspaper ink. Figures seem to almost bubble out from the canvas: thick and luscious like chocolate icing. His paintings look almost good enough to eat21. “A lot of my work is about slowing down” Mendoza explains. Like a cure for the electronic disease; a retreat back into real-time, a forced and prolonged look at a freakish normalcy. On the surface, Mendoza’s serving up the gritty and hardcore, promenading degeneracy and all that is wrong. But fight the temptation to look away, and the beauty emerges: something passionate and soulful, utterly poignant and right. There’s an inner peace in the frenzy, a raw splendour to be engaged. Mendoza offers a spiritual enlightenment; a rocky path to enrichment. His is a warped experiment: a utopia based on stretching
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“ Maj or Gener al
D. C. Buel l ”
dell’inchiostro dei giornali. Le sagome sembrano quasi ribollire fuori delle tele: dense e succulente come cioccolato fuso. I suoi quadri sono quasi da mangiare21. “Molto del mio lavoro è sulla lentezza” spiega Mendoza. Come cura per la malattia elettronica; una ritirata nel tempo reale, uno sguardo obbligato e prolungato ad una capricciosa normalità. Ad un’occhiata superficiale, l’esposizione di una degenerazione audace, hardcore, vagheggiante e quant’altro, è sbagliata. Ma basta opporsi alla tentazione di distogliere lo sguardo, ed ecco emergere la bellezza: impetuosa e appassionata, profondamente commovente e giusta. C’è una pace interiore nella frenesia, uno splendore grezzo da assorbire. Mendoza offre un’illuminazione spirituale; un sentiero sconnesso verso l’arricchimento. Come in un esperimento distorto: un’utopia le cui fondamenta poggiano sull’atto di travisare i confini, porre domande, fare scelte, sguazzare nella corruzione. Va bene non star bene. È meglio essere confusi. Il disagio è la dimora più accogliente. Nei dipinti di Mendoza, ognuno è vittima, carnefice, spettatore colpevole. Ogni sguardo offre un’approvazione esplicita, la pubblicità di un realista sociale per un nuovo mondo reinventato. Dove tutti sono all-American, quasi. Entrando, sembra di essere a casa.
boundaries, asking questions, making choices, revelling in the corruption. It’s OK to be not OK. It’s better to be confused. Discomfort is the most welcoming place to be. In Mendoza’s paintings, everyone’s a victim, a perpetrator, a less-than-innocent bystander. Every glance offers an explicit endorsement, a social realist advertisement for a new, reinvented world. Where everybody’s All-American, almost. Looking in, it feels just like home.
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“ Maj or Gener al
D. C. Buel l ”
dell’inchiostro dei giornali. Le sagome sembrano quasi ribollire fuori delle tele: dense e succulente come cioccolato fuso. I suoi quadri sono quasi da mangiare21. “Molto del mio lavoro è sulla lentezza” spiega Mendoza. Come cura per la malattia elettronica; una ritirata nel tempo reale, uno sguardo obbligato e prolungato ad una capricciosa normalità. Ad un’occhiata superficiale, l’esposizione di una degenerazione audace, hardcore, vagheggiante e quant’altro, è sbagliata. Ma basta opporsi alla tentazione di distogliere lo sguardo, ed ecco emergere la bellezza: impetuosa e appassionata, profondamente commovente e giusta. C’è una pace interiore nella frenesia, uno splendore grezzo da assorbire. Mendoza offre un’illuminazione spirituale; un sentiero sconnesso verso l’arricchimento. Come in un esperimento distorto: un’utopia le cui fondamenta poggiano sull’atto di travisare i confini, porre domande, fare scelte, sguazzare nella corruzione. Va bene non star bene. È meglio essere confusi. Il disagio è la dimora più accogliente. Nei dipinti di Mendoza, ognuno è vittima, carnefice, spettatore colpevole. Ogni sguardo offre un’approvazione esplicita, la pubblicità di un realista sociale per un nuovo mondo reinventato. Dove tutti sono all-American, quasi. Entrando, sembra di essere a casa.
boundaries, asking questions, making choices, revelling in the corruption. It’s OK to be not OK. It’s better to be confused. Discomfort is the most welcoming place to be. In Mendoza’s paintings, everyone’s a victim, a perpetrator, a less-than-innocent bystander. Every glance offers an explicit endorsement, a social realist advertisement for a new, reinvented world. Where everybody’s All-American, almost. Looking in, it feels just like home.
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“ As seen i n Gl amour ”
1 Lo strano bio-romanzo di Michel Houellebecq sull’uomo che scopre il segreto della pace universale attraverso lo spiritualismo anni ‘70, la liberazione sessuale e la clonazione del DNA. $5.95 su Amazon.com 2 Il classico di Walker Percy. Un gruppo di scienziati contamina le acque di una cittadina con enormi quantità di sodio per creare la società ideale, ma finisce col trasformare tutti gli abitanti in primati con deviazioni sessuali. Si può comprare a $10.50. 3 Gli americani amano gli antieroi: Rambo, Ali, Mickey Rourke, Charles Bronsen, Sean Penn, Al Pacino, Jack Nicholson, Mike Tyson, Eminem, ecc. Tutti simboli idilliaci di una nazione. 4 Secondo quanto si legge in quivis.com, la destinazione più popolare per i disertori non sarebbe Napoli, ma la contea di Palm Beach, in Florida. 5 Kurtz non era cattivo, solo incompreso. 6 L’adorabile eroe della I Guerra Mondiale alla ricerca dell’illuminazione nell’alta società, in Il filo del rasoio di Somerset Maugham (se non amate la lettura, cercate da Blockbuster: la versione del 1946 con Tyrone Power o quella del 1984 con Bill Murray.) 7 Oh, immaginate le prospettive professionali di Bosch nella Bible Belt.
8
COOL KLAN TEES ! Divertimento per tutta la famiglia: il Klu Klux Klan ha davvero una linea di abbigliamento per bambini. In vendita su www.kkk.com 9 Per il termine feticismo, la Catholic Encyclopaedia online ha una definizione lunga 7124 parole, tre volte e mezzo questo testo. Non ha niente a che vedere col sesso ed è molto noiosa. Per qualcosa di più concreto, date un’occhiata a: http://members.aol.com/~inflate123/. Si tratta di palloncini. 10 Come il Darwin Award, che commemora coloro che migliorano il patrimonio genetico dell’umanità togliendosi di mezzo nei modi più stupidi. Centinaia di concorrenti su: Darwinawards.com 11 Mendoza ha accarezzato l’idea di creare per la mostra un pezzo dal titolo “Chi non è pedofilo scagli la prima pietra” nel quale gli spettatori avrebbero potuto lanciare uova piene di vernice contro l’interpretazione di Mendoza di uno stronzo che sorride. 12 Se non siete sicuri che il termine sia adatto a voi, mandate una foto a: amiwhitetrash@whitetrashworld.com Loro vi diranno se potete andare.
13 L’arte della confessione delle celebrità non è iniziata con il talk-show di Oprah Winfrey, ma con le Confessioni di Jean Jacques Rousseau, dandy parigino e teorico sociale, nel 1782. “Con la sensualità che bruciava nelle mie vene fin quasi dalla nascita, mi mantenni puro e immacolato fino all’età in cui si erano sviluppati gli umori più freddi ed immobili. A lungo tormentato, senza sapere da che cosa, indugiavo con occhi febbrili su adorabili donne, ricordandole incessantemente nella mia immaginazione, ma solo per usarle a modo mio come tante M.lle Lamberciers.” Qualcosa di piccante dall’autore de Il contratto sociale, Discorso sull’origine dell’ineguaglianza, e Considerazioni sul governo della Polonia. 14 Le previsioni dei sensitivi pubblicate dai tabloid per il 2002-2003 profetizzano: “Il principe William deve stare attento alle macchine rosse, il pericolo può essere imminente” ; “Ci sarà un’enorme tsunami sulla città di New York e ci saranno numerose vittime” ; “Gli americani inizieranno a mettere in discussione la legittimità delle imposte sui redditi” ; “I film di animazione avranno più successo.” ; e “Saranno svelati al pubblico i grandi segreti celati dalla sfinge, che cambieranno quello che abbiamo sempre creduto sulle origini dell’umanità.” Poi non dite che non eravate stati avvertiti. 15 Il Dott. Phil McGraw dello show di Oprah ha individuato le dieci regole di vita che tutti dovrebbero conoscere. Sono leggi come la legge di gravità - esistono, non si discutono. Imparatele, usatele e migliorerete praticamente ogni aspetto della vostra vita, dal lavoro alla famiglia, dallo spirito alla materia: #1: O ce la fai, o no. #2: Sei tu a creare la tua esperienza. #3: La gente fa le cose che funzionano. #4:
1 Michel Houellebecq’s faddish bio-novel of the man who discovered the secret to universal peace via 70s new age spiritualism, sexual liberation, and DNA cloning. $5.95 on Amazon.com 2 Walker Percy classic. A team of scientists contaminate a small town’s water supply with huge doses of sodium in an attempt to create an utopian society, but wind up turning all the inhabitants into sexually deviant primates. This one goes for $10.50. 3 American’s love their heroes tarnished: Rambo, Ali, Mickey Rourke, Charles Bronsen, Sean Penn, Al Pacino, Jack Nicholson, Mike Tyson, Eminem, etc. Idyllic symbols of a nation, each of them. 4 According to quivis.com, the most popular hangout for draft dodgers is Palm Beach County in Florida, not Naples, Italy. Go figure. 5 Kurtz wasn’t bad, just misunderstood. 6 The lovable WW1 hero searching for spiritual enlightenment in high-society life in Somerset Maugham’s The Razor’s Edge. (If you’re not a reader, check it out at Blockbuster: Tyrone Power’s version from 1946, or the Bill Murray version from 1984.) 7 Oh, just imagine Bosch’s career prospects in the Bible Belt.
8 COOL KLAN TEES ! Fun for the whole family: The Klu Klux Klan actually has a children’s clothing line. Buy at www.kkk.com 9 The online Catholic Encyclopaedia’s entry on fetishism is 7124 words long. That’s three and a half times longer than this text. None of it has anything to do with sex, it’s all very boring. For the real stuff, check out: http://members.aol.com/~inflate123/. These guys are into balloons. 10 Like the Darwin Award, which commemorates those who improve our gene pool by removing themselves from it in really stupid ways. 100’s of contenders at: Darwinaward.com 11 Mendoza actually toyed with the idea for the exhibition to make a piece called “He who is not a paedophile throw the first rock” which would give viewers the opportunity to pelt paint filled eggs at Mendoza’s rendering of a smiling scuzbag. 12 If you are uncertain if this term applies to you, send your photo to: amiwhitetrash@whitetrashworld.com and they will tell you if you qualify. 13 The art of celebrity tell-all began not with Oprah Winfrey, but with The Confessions of Jean Jacques Rousseau, Parisian dandy and social theorist back in 1782. “With sensuality burning in my blood almost from my birth, I kept myself pure and unsullied up to an age when even the coldest and most backward natures have developed. Tormented for a long while by I knew not what, I feasted feverish eyes on lovely women, recalling them ceaselessly to my imagination, but only to make use of them in my own fashion as so many Mlle Lamberciers.” Racy stuff from the guy who penned The Social Contract, Discourse on The Origin of Inequality, and Considerations of the Government of Poland. 14 Tabloid psychic predictions for 2002-2003 reveal: “Prince William should beware of red cars, danger may be imminent” ; “There will be a giant Tsunami wave over New York City and many people will die as a result” ; “Americans will begin to question en masse the legitimacy of the income tax” ; “Animated films will be more successful.” ; and “Important secrets hidden under the sphinx will be revealed to the public that will change our understanding about humanities origins.” Don’t say you weren’t warned. 15 Oprah’s Dr. Phil McGraw has identified the ten laws of life that every person needs to know. These laws are like the laws of gravity - they exist, and you don’t get a vote. Learn them, use them, and improve virtually every aspect of your life, from work to home to spiritual to physical: #1: You either get it, or you don’t. #2: You create your own experience. #3: People do what works. #4: You cannot change what you do not acknowledge. #5: Life rewards action. #6: There is no reality;
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“ As seen i n Gl amour ”
1 Lo strano bio-romanzo di Michel Houellebecq sull’uomo che scopre il segreto della pace universale attraverso lo spiritualismo anni ‘70, la liberazione sessuale e la clonazione del DNA. $5.95 su Amazon.com 2 Il classico di Walker Percy. Un gruppo di scienziati contamina le acque di una cittadina con enormi quantità di sodio per creare la società ideale, ma finisce col trasformare tutti gli abitanti in primati con deviazioni sessuali. Si può comprare a $10.50. 3 Gli americani amano gli antieroi: Rambo, Ali, Mickey Rourke, Charles Bronsen, Sean Penn, Al Pacino, Jack Nicholson, Mike Tyson, Eminem, ecc. Tutti simboli idilliaci di una nazione. 4 Secondo quanto si legge in quivis.com, la destinazione più popolare per i disertori non sarebbe Napoli, ma la contea di Palm Beach, in Florida. 5 Kurtz non era cattivo, solo incompreso. 6 L’adorabile eroe della I Guerra Mondiale alla ricerca dell’illuminazione nell’alta società, in Il filo del rasoio di Somerset Maugham (se non amate la lettura, cercate da Blockbuster: la versione del 1946 con Tyrone Power o quella del 1984 con Bill Murray.) 7 Oh, immaginate le prospettive professionali di Bosch nella Bible Belt.
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COOL KLAN TEES ! Divertimento per tutta la famiglia: il Klu Klux Klan ha davvero una linea di abbigliamento per bambini. In vendita su www.kkk.com 9 Per il termine feticismo, la Catholic Encyclopaedia online ha una definizione lunga 7124 parole, tre volte e mezzo questo testo. Non ha niente a che vedere col sesso ed è molto noiosa. Per qualcosa di più concreto, date un’occhiata a: http://members.aol.com/~inflate123/. Si tratta di palloncini. 10 Come il Darwin Award, che commemora coloro che migliorano il patrimonio genetico dell’umanità togliendosi di mezzo nei modi più stupidi. Centinaia di concorrenti su: Darwinawards.com 11 Mendoza ha accarezzato l’idea di creare per la mostra un pezzo dal titolo “Chi non è pedofilo scagli la prima pietra” nel quale gli spettatori avrebbero potuto lanciare uova piene di vernice contro l’interpretazione di Mendoza di uno stronzo che sorride. 12 Se non siete sicuri che il termine sia adatto a voi, mandate una foto a: amiwhitetrash@whitetrashworld.com Loro vi diranno se potete andare.
13 L’arte della confessione delle celebrità non è iniziata con il talk-show di Oprah Winfrey, ma con le Confessioni di Jean Jacques Rousseau, dandy parigino e teorico sociale, nel 1782. “Con la sensualità che bruciava nelle mie vene fin quasi dalla nascita, mi mantenni puro e immacolato fino all’età in cui si erano sviluppati gli umori più freddi ed immobili. A lungo tormentato, senza sapere da che cosa, indugiavo con occhi febbrili su adorabili donne, ricordandole incessantemente nella mia immaginazione, ma solo per usarle a modo mio come tante M.lle Lamberciers.” Qualcosa di piccante dall’autore de Il contratto sociale, Discorso sull’origine dell’ineguaglianza, e Considerazioni sul governo della Polonia. 14 Le previsioni dei sensitivi pubblicate dai tabloid per il 2002-2003 profetizzano: “Il principe William deve stare attento alle macchine rosse, il pericolo può essere imminente” ; “Ci sarà un’enorme tsunami sulla città di New York e ci saranno numerose vittime” ; “Gli americani inizieranno a mettere in discussione la legittimità delle imposte sui redditi” ; “I film di animazione avranno più successo.” ; e “Saranno svelati al pubblico i grandi segreti celati dalla sfinge, che cambieranno quello che abbiamo sempre creduto sulle origini dell’umanità.” Poi non dite che non eravate stati avvertiti. 15 Il Dott. Phil McGraw dello show di Oprah ha individuato le dieci regole di vita che tutti dovrebbero conoscere. Sono leggi come la legge di gravità - esistono, non si discutono. Imparatele, usatele e migliorerete praticamente ogni aspetto della vostra vita, dal lavoro alla famiglia, dallo spirito alla materia: #1: O ce la fai, o no. #2: Sei tu a creare la tua esperienza. #3: La gente fa le cose che funzionano. #4:
1 Michel Houellebecq’s faddish bio-novel of the man who discovered the secret to universal peace via 70s new age spiritualism, sexual liberation, and DNA cloning. $5.95 on Amazon.com 2 Walker Percy classic. A team of scientists contaminate a small town’s water supply with huge doses of sodium in an attempt to create an utopian society, but wind up turning all the inhabitants into sexually deviant primates. This one goes for $10.50. 3 American’s love their heroes tarnished: Rambo, Ali, Mickey Rourke, Charles Bronsen, Sean Penn, Al Pacino, Jack Nicholson, Mike Tyson, Eminem, etc. Idyllic symbols of a nation, each of them. 4 According to quivis.com, the most popular hangout for draft dodgers is Palm Beach County in Florida, not Naples, Italy. Go figure. 5 Kurtz wasn’t bad, just misunderstood. 6 The lovable WW1 hero searching for spiritual enlightenment in high-society life in Somerset Maugham’s The Razor’s Edge. (If you’re not a reader, check it out at Blockbuster: Tyrone Power’s version from 1946, or the Bill Murray version from 1984.) 7 Oh, just imagine Bosch’s career prospects in the Bible Belt.
8 COOL KLAN TEES ! Fun for the whole family: The Klu Klux Klan actually has a children’s clothing line. Buy at www.kkk.com 9 The online Catholic Encyclopaedia’s entry on fetishism is 7124 words long. That’s three and a half times longer than this text. None of it has anything to do with sex, it’s all very boring. For the real stuff, check out: http://members.aol.com/~inflate123/. These guys are into balloons. 10 Like the Darwin Award, which commemorates those who improve our gene pool by removing themselves from it in really stupid ways. 100’s of contenders at: Darwinaward.com 11 Mendoza actually toyed with the idea for the exhibition to make a piece called “He who is not a paedophile throw the first rock” which would give viewers the opportunity to pelt paint filled eggs at Mendoza’s rendering of a smiling scuzbag. 12 If you are uncertain if this term applies to you, send your photo to: amiwhitetrash@whitetrashworld.com and they will tell you if you qualify. 13 The art of celebrity tell-all began not with Oprah Winfrey, but with The Confessions of Jean Jacques Rousseau, Parisian dandy and social theorist back in 1782. “With sensuality burning in my blood almost from my birth, I kept myself pure and unsullied up to an age when even the coldest and most backward natures have developed. Tormented for a long while by I knew not what, I feasted feverish eyes on lovely women, recalling them ceaselessly to my imagination, but only to make use of them in my own fashion as so many Mlle Lamberciers.” Racy stuff from the guy who penned The Social Contract, Discourse on The Origin of Inequality, and Considerations of the Government of Poland. 14 Tabloid psychic predictions for 2002-2003 reveal: “Prince William should beware of red cars, danger may be imminent” ; “There will be a giant Tsunami wave over New York City and many people will die as a result” ; “Americans will begin to question en masse the legitimacy of the income tax” ; “Animated films will be more successful.” ; and “Important secrets hidden under the sphinx will be revealed to the public that will change our understanding about humanities origins.” Don’t say you weren’t warned. 15 Oprah’s Dr. Phil McGraw has identified the ten laws of life that every person needs to know. These laws are like the laws of gravity - they exist, and you don’t get a vote. Learn them, use them, and improve virtually every aspect of your life, from work to home to spiritual to physical: #1: You either get it, or you don’t. #2: You create your own experience. #3: People do what works. #4: You cannot change what you do not acknowledge. #5: Life rewards action. #6: There is no reality;
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“ Woman Dr i nki ng”
Non puoi cambiare quello che non riconosci. #5: La vita premia l’azione. #6: Non c’è realtà, solo percezione. #7: La vita si gestisce, non si cura. #8: Siamo noi che insegniamo agli altri come trattarci. #9: C’è potere nel perdono. #10: Devi dare un nome alle cose prima di pretenderle. Vi sentite già meglio? L’originale su Philmcgraw.com 16 Date un’occhiata a www.everythings.net, il negozio virtuale che offre tutto quello che serve per le 12 fasi per trovare sé stessi: medagliette premio a partire da 35¢, Tazze “I’m a Miracle” da $6.95, adesivi “Practice Random Kindness & Senseless Acts of Beauty” da $2.50, magneti per il frigorifero “Lord Help Me Hang In There” a soli $4.95, candele “We Find Our Way One Step At A Time”, un affare per $11.95, accendini “Screw Guilt” solo $1.75, magliette “On The Road To A Happy Destiny”, $14.95. Se avete una ricaduta, ci sono 7 giorni per esercitare il diritto di recesso. 17 Condividere i sentimenti non è mai stato più facile. Basta contattare il Jerry Springer show: Avete un terribile segreto? Numero verde 1-888-321-5376, email jsproducer7@aol.com ; Siete, o conoscete, una prostituta con un terribile secreto? Scrivete due parole a jsproducer5@aol.com ; Siete un transessuale con una storia da raccontare? Chiamate Kerry al 1-888-321-5383 o scrivete: jsproducer6@aol.com ; Qualcuno sta cercando di farvi separare? Chiamate Gina al numero verde 1-888-321-5370 o scrivete a: jsproducer4@aol.com ; Il vostro partner vi ha lasciato e lo rivolete indietro? Se si, rispondete a: jsproducer2@aol.com ; Siete combattuti tra due amanti e volete decidere nel nostro show? Allora chiamate Mike al 1-888-321-5360 / jsproducer3@aol.com
only perception. #7: Life is managed; it is not cured. #8: We teach people how to treat us. #9: There is power in forgiveness. #10: You have to name it before you can claim it. Feel better yet? Get Real at Philmcgraw.com 16 Check out www.everythings.net, the online self-help shopping centre catering to all your 12 step needs: achievement medallions from 35¢, “I’m a Miracle” coffee mugs from $6.95, “Practice Random Kindness & Senseless Acts of Beauty” bumper stickers for $2.50. “Lord Help Me Hang In There: fridge magnets only $4.95, “We Find Our Way One Step At A Time” candles, a bargain at $11.95, “Screw Guilt” cigarette lighters only $1.75. “On The Road To A Happy Destiny” T-shirts, $14.95. There is a 7 day return policy in case you have a relapse. 17 Sharing has never been easier. Just contact the Jerry Springer show: Do you have a shocking secret? Call toll-free 1-888-321-5376, email jsproducer7@aol.com ; Are you or do you know a prostitute with a shocking secret? Drop a line to jsproducer5@aol.com ; Are you a trans-sexual with a story to tell? Call Kerry at 1-888-321-5383 or write: jsproducer6@aol.com ; Is someone trying to break up your relationship? Call Gina at toll-free 1-888-321-5370 or email: jsproducer4@aol.com ; Did your lover leave you for someone else and you want them back? If so, respond to: jsproducer2@aol.com ; Are you torn between two lovers and want to make a decision on our show? The guy to call is Mike at 1-888-321-5360 / jsproducer3@aol.com
18 Il collaudatissimo testo sacro per “chi non è mai stato bene con sé stesso.” Ma siete fortunati: su Amazon vendono le copie usate a solo 1¢. Almeno una cosa di cui essere contenti.
18 This tried and true bible is still available for those “people who never before felt OK about themselves”. Lucky break – you can buy used copies from Amazon for only 1¢. That should at least make you feel good about something.
19 La Zattera della Medusa fu dipinto nel 1819 e misura solo 4,19 x 7,16 m. Attualmente il Guinness dei Primati non contiene il record per il Quadro più grande del mondo, ma i russi Vladimir Dubossarsky & Alexsander Vinogradov sono in lizza per il primo posto. Il loro Long Painting misura 2m x 90m e cresce continuamente.
19 The Raft of the Medusa was painted in 1819 and is only 4.19 x 7.16 m. Currently there is no entry in the Guinness Book Of Records for the Biggest Painting, but Russian painters Vladimir Dubossarsky & Alexsander Vinogradov are contenders for the title. Their Long Painting is currently 2m x 90m and still growing.
20 Mendoza cerca di catturare quel senso di elegante amoralità che è diventata sinonimo dell’estetica cinematografica di Harmony Karine, Larry Clark, Danny Boyle, ed altri.
20 Mendoza manages to capture that sense of too-cool filth which has become synonymous with the movie aesthetics of Harmony Karine, Larry Clark, Danny Boyle, et al.
21 È il più bel complimento che Mendoza abbia mai ricevuto per il suo lavoro. Lo adora. Sussurrateglielo delicatamente all’orecchio e si squaglierà tra le vostre mani.
21 This is the highest compliment Mendoza’s ever received about his work. He just loves it. Whisper it gently in his ear and he will melt like putty in your hands.
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“ Woman Dr i nki ng”
Non puoi cambiare quello che non riconosci. #5: La vita premia l’azione. #6: Non c’è realtà, solo percezione. #7: La vita si gestisce, non si cura. #8: Siamo noi che insegniamo agli altri come trattarci. #9: C’è potere nel perdono. #10: Devi dare un nome alle cose prima di pretenderle. Vi sentite già meglio? L’originale su Philmcgraw.com 16 Date un’occhiata a www.everythings.net, il negozio virtuale che offre tutto quello che serve per le 12 fasi per trovare sé stessi: medagliette premio a partire da 35¢, Tazze “I’m a Miracle” da $6.95, adesivi “Practice Random Kindness & Senseless Acts of Beauty” da $2.50, magneti per il frigorifero “Lord Help Me Hang In There” a soli $4.95, candele “We Find Our Way One Step At A Time”, un affare per $11.95, accendini “Screw Guilt” solo $1.75, magliette “On The Road To A Happy Destiny”, $14.95. Se avete una ricaduta, ci sono 7 giorni per esercitare il diritto di recesso. 17 Condividere i sentimenti non è mai stato più facile. Basta contattare il Jerry Springer show: Avete un terribile segreto? Numero verde 1-888-321-5376, email jsproducer7@aol.com ; Siete, o conoscete, una prostituta con un terribile secreto? Scrivete due parole a jsproducer5@aol.com ; Siete un transessuale con una storia da raccontare? Chiamate Kerry al 1-888-321-5383 o scrivete: jsproducer6@aol.com ; Qualcuno sta cercando di farvi separare? Chiamate Gina al numero verde 1-888-321-5370 o scrivete a: jsproducer4@aol.com ; Il vostro partner vi ha lasciato e lo rivolete indietro? Se si, rispondete a: jsproducer2@aol.com ; Siete combattuti tra due amanti e volete decidere nel nostro show? Allora chiamate Mike al 1-888-321-5360 / jsproducer3@aol.com
only perception. #7: Life is managed; it is not cured. #8: We teach people how to treat us. #9: There is power in forgiveness. #10: You have to name it before you can claim it. Feel better yet? Get Real at Philmcgraw.com 16 Check out www.everythings.net, the online self-help shopping centre catering to all your 12 step needs: achievement medallions from 35¢, “I’m a Miracle” coffee mugs from $6.95, “Practice Random Kindness & Senseless Acts of Beauty” bumper stickers for $2.50. “Lord Help Me Hang In There: fridge magnets only $4.95, “We Find Our Way One Step At A Time” candles, a bargain at $11.95, “Screw Guilt” cigarette lighters only $1.75. “On The Road To A Happy Destiny” T-shirts, $14.95. There is a 7 day return policy in case you have a relapse. 17 Sharing has never been easier. Just contact the Jerry Springer show: Do you have a shocking secret? Call toll-free 1-888-321-5376, email jsproducer7@aol.com ; Are you or do you know a prostitute with a shocking secret? Drop a line to jsproducer5@aol.com ; Are you a trans-sexual with a story to tell? Call Kerry at 1-888-321-5383 or write: jsproducer6@aol.com ; Is someone trying to break up your relationship? Call Gina at toll-free 1-888-321-5370 or email: jsproducer4@aol.com ; Did your lover leave you for someone else and you want them back? If so, respond to: jsproducer2@aol.com ; Are you torn between two lovers and want to make a decision on our show? The guy to call is Mike at 1-888-321-5360 / jsproducer3@aol.com
18 Il collaudatissimo testo sacro per “chi non è mai stato bene con sé stesso.” Ma siete fortunati: su Amazon vendono le copie usate a solo 1¢. Almeno una cosa di cui essere contenti.
18 This tried and true bible is still available for those “people who never before felt OK about themselves”. Lucky break – you can buy used copies from Amazon for only 1¢. That should at least make you feel good about something.
19 La Zattera della Medusa fu dipinto nel 1819 e misura solo 4,19 x 7,16 m. Attualmente il Guinness dei Primati non contiene il record per il Quadro più grande del mondo, ma i russi Vladimir Dubossarsky & Alexsander Vinogradov sono in lizza per il primo posto. Il loro Long Painting misura 2m x 90m e cresce continuamente.
19 The Raft of the Medusa was painted in 1819 and is only 4.19 x 7.16 m. Currently there is no entry in the Guinness Book Of Records for the Biggest Painting, but Russian painters Vladimir Dubossarsky & Alexsander Vinogradov are contenders for the title. Their Long Painting is currently 2m x 90m and still growing.
20 Mendoza cerca di catturare quel senso di elegante amoralità che è diventata sinonimo dell’estetica cinematografica di Harmony Karine, Larry Clark, Danny Boyle, ed altri.
20 Mendoza manages to capture that sense of too-cool filth which has become synonymous with the movie aesthetics of Harmony Karine, Larry Clark, Danny Boyle, et al.
21 È il più bel complimento che Mendoza abbia mai ricevuto per il suo lavoro. Lo adora. Sussurrateglielo delicatamente all’orecchio e si squaglierà tra le vostre mani.
21 This is the highest compliment Mendoza’s ever received about his work. He just loves it. Whisper it gently in his ear and he will melt like putty in your hands.
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“ 531 Gut hr i e St . ”
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“ 531 Gut hr i e St . ”
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“ Al most Amer i can”
Normal Painting Barry Schwabsky
E che fare, allora, quando il dipinto rappresenta, allo stesso tempo, la nostra punizione e il nostro crimine? Non avrebbe, almeno, la virtù di tenerci nella nostra stanza? Pierre Klossowski
What, then, of a painting that represented at once our punishment and our crime? Would it not at least have the virtue of keeping us in our room? Pierre Klossowski
Devo ammettere che quando vidi per la prima volta il lavoro di Ryan Mendoza, attraverso il mezzo distorto delle riproduzioni fotografiche di un catalogo, non ne fui particolarmente colpito. Altri quadri di fotografie, pensai. Conosciamo Richter da anni, e Celmins e Morley, e poi Dumas e Tuymans ed altri ancora — abbiamo proprio bisogno di altri quadri di fotografie? Ed è vero: l’agone tra pittura e fotografia va ormai avanti da centocinquant’anni, e da almeno quaranta è la materia stessa della pittura — sin dall’avvento della Pop art, del Realismo capitalista e del Fotorealismo nei primi anni ‘60. Si vedono tanti lavori di giovani artisti che non possono ignorare il fascino che
Let me admit that when I first caught sight of the work of Ryan Mendoza, through the distorting medium of photographic reproductions in an exhibition catalogue, I was not terribly impressed. More paintings of photographs, I thought. After we’ve known Richter for so many years, and Celmins and Morley too, followed by Dumas and Tuymans and so many others—how many more paintings of photographs do we need? And it’s true: the agon of painting and photography has been going for a hundred and fifty years now, and has been the direct subject of painting for at least the last forty—since the emergence of Pop art, Capitalist Realism, and Photorealism in the early
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“ Al most Amer i can”
Normal Painting Barry Schwabsky
E che fare, allora, quando il dipinto rappresenta, allo stesso tempo, la nostra punizione e il nostro crimine? Non avrebbe, almeno, la virtù di tenerci nella nostra stanza? Pierre Klossowski
What, then, of a painting that represented at once our punishment and our crime? Would it not at least have the virtue of keeping us in our room? Pierre Klossowski
Devo ammettere che quando vidi per la prima volta il lavoro di Ryan Mendoza, attraverso il mezzo distorto delle riproduzioni fotografiche di un catalogo, non ne fui particolarmente colpito. Altri quadri di fotografie, pensai. Conosciamo Richter da anni, e Celmins e Morley, e poi Dumas e Tuymans ed altri ancora — abbiamo proprio bisogno di altri quadri di fotografie? Ed è vero: l’agone tra pittura e fotografia va ormai avanti da centocinquant’anni, e da almeno quaranta è la materia stessa della pittura — sin dall’avvento della Pop art, del Realismo capitalista e del Fotorealismo nei primi anni ‘60. Si vedono tanti lavori di giovani artisti che non possono ignorare il fascino che
Let me admit that when I first caught sight of the work of Ryan Mendoza, through the distorting medium of photographic reproductions in an exhibition catalogue, I was not terribly impressed. More paintings of photographs, I thought. After we’ve known Richter for so many years, and Celmins and Morley too, followed by Dumas and Tuymans and so many others—how many more paintings of photographs do we need? And it’s true: the agon of painting and photography has been going for a hundred and fifty years now, and has been the direct subject of painting for at least the last forty—since the emergence of Pop art, Capitalist Realism, and Photorealism in the early
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“ Al l
I want f or Chr i st mas”
questo tema esercita su di loro, ma che nemmeno trovano una via per trarre da esso conclusioni originali. Sembra ormai un soggetto piuttosto accademico o, in altri termini, è diventato un aspetto normale della pittura contemporanea. Dopo aver visto il catalogo, decisi comunque di visitare la mostra e mi resi conto di quanto fuorviante fosse la mia prima impressione — ma forse sto andando troppo lontano, perché prima che io possa spiegare chiaramente le mie reazioni ai quadri di Mendoza (non alle riproduzioni di quei quadri) sarà necessario indagare almeno un po’ più a fondo il rapporto sempre tormentato, talvolta affascinante ma anche accademico, tra pittura e fotografia. C’è qualcosa di importante da sottolineare al riguardo: non è vero, come si sente dire, che l’invenzione della fotografia abbia creato difficoltà alla pittura perché era una tecnologia superiore per la rappresentazione della realtà. Piuttosto, il contrario. Già da tempo i pittori dominavano capacità di rappresentazione ben superiori a quelle offerte dalla
‘60s. One sees a great deal of work by young painters who can neither neglect their fascination with this theme nor find their way clear to draw any fresh conclusions from it. As a topic, it seems to have become somewhat academic. Or, to put it another way, it has become a normal part of contemporary painting. Soon after I saw that catalogue, I took the trouble to visit the exhibition itself and realized that the impression I had gathered from the reproductions had misled me completely—but here I am perhaps getting ahead of myself, since before I can properly explain my reactions to Mendoza’s paintings (rather than to the reproductions of those paintings) it will be necessary to work through, at least a bit further, this question of painting and its always troubled, sometimes fascinating but sometimes academic relation to photography. What it will be important to remember about this question is the following: it is not true that, as is sometimes said, the invention of photography
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“ Al l
I want f or Chr i st mas”
questo tema esercita su di loro, ma che nemmeno trovano una via per trarre da esso conclusioni originali. Sembra ormai un soggetto piuttosto accademico o, in altri termini, è diventato un aspetto normale della pittura contemporanea. Dopo aver visto il catalogo, decisi comunque di visitare la mostra e mi resi conto di quanto fuorviante fosse la mia prima impressione — ma forse sto andando troppo lontano, perché prima che io possa spiegare chiaramente le mie reazioni ai quadri di Mendoza (non alle riproduzioni di quei quadri) sarà necessario indagare almeno un po’ più a fondo il rapporto sempre tormentato, talvolta affascinante ma anche accademico, tra pittura e fotografia. C’è qualcosa di importante da sottolineare al riguardo: non è vero, come si sente dire, che l’invenzione della fotografia abbia creato difficoltà alla pittura perché era una tecnologia superiore per la rappresentazione della realtà. Piuttosto, il contrario. Già da tempo i pittori dominavano capacità di rappresentazione ben superiori a quelle offerte dalla
‘60s. One sees a great deal of work by young painters who can neither neglect their fascination with this theme nor find their way clear to draw any fresh conclusions from it. As a topic, it seems to have become somewhat academic. Or, to put it another way, it has become a normal part of contemporary painting. Soon after I saw that catalogue, I took the trouble to visit the exhibition itself and realized that the impression I had gathered from the reproductions had misled me completely—but here I am perhaps getting ahead of myself, since before I can properly explain my reactions to Mendoza’s paintings (rather than to the reproductions of those paintings) it will be necessary to work through, at least a bit further, this question of painting and its always troubled, sometimes fascinating but sometimes academic relation to photography. What it will be important to remember about this question is the following: it is not true that, as is sometimes said, the invention of photography
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“ Pi edi ”
macchina fotografica. Qualsiasi abile pittore del diciannovesimo secolo era in grado di riprodurre le immagini con un’accuratezza di gran lunga superiore a quella di un fotografo, almeno fino a tempi recentissimi. Lo sviluppo di un’arte pittorica divergente da quel tipo di imitazione aveva ragioni assolutamente diverse, ed è forse più corretto supporre che una nuova tecnologia della rappresentazione, come la fotografia, sia stata inventata proprio perché i pittori stavano perdendo interesse nella rappresentazione della superficie esterna delle cose. Fu solo in pieno XX secolo che i pittori iniziarono ad inserire un approccio artistico alla fotografia direttamente nella propria arte, come suo soggetto dichiarato, e la ragione non poteva essere solo l’esistenza di una tecnologia ormai conosciuta da un secolo. Ciò che fece la differenza fu la diffusione della fotografia amatoriale, che certamente si preparava da tempo ma che esplose solo dopo la Seconda Guerra Mondiale. In realtà, la fotografia amatoriale non ha mai costituito una minaccia, in termini sociali o economici, e men che meno estetici, per la pittura come professione artistica. Soddisfa esigenze totalmente diverse. Il fotografo professionista, e persino il dilettante accanito (con quel suo tipico feticismo per la tecnologia) avrebbero potuto invadere il terreno del pittore solo se questo fosse stato inteso essenzialmente come produttore di immagini;
posed a challenge to painting because it was a superior technology for the representation of reality. Quite the contrary. Painters had long since mastered representational capacities far beyond those offered by the camera. Any nineteenth-century academic painter could produce a mimetic image far more precisely than a photographer could, at least until recently. The development of pictorial art away from that kind of mimesis had other reasons altogether, and it is probably more accurate to think that an alternative representational technology, such as photography, had to be invented precisely because painters were losing interest in depicting the outer surface of things. If it was only well into the 20th century that painters began incorporating their art’s relation to photography directly into their own art as part of its overt subject matter, the cause should not be sought in the simple existence of a technology that had already been around for a century. What made the difference was the proliferation of amateur photography, which had certainly been brewing for a long time but really took off after World War II. Now, amateur photography has never posed a challenge, either socially or economically, let alone aesthetically, to painting as a professional artistic practice. It satisfies other needs entirely. The professional photographic artisan or even the avid hobbyist (with his typical fetishism of technique) might have
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“ Pi edi ”
macchina fotografica. Qualsiasi abile pittore del diciannovesimo secolo era in grado di riprodurre le immagini con un’accuratezza di gran lunga superiore a quella di un fotografo, almeno fino a tempi recentissimi. Lo sviluppo di un’arte pittorica divergente da quel tipo di imitazione aveva ragioni assolutamente diverse, ed è forse più corretto supporre che una nuova tecnologia della rappresentazione, come la fotografia, sia stata inventata proprio perché i pittori stavano perdendo interesse nella rappresentazione della superficie esterna delle cose. Fu solo in pieno XX secolo che i pittori iniziarono ad inserire un approccio artistico alla fotografia direttamente nella propria arte, come suo soggetto dichiarato, e la ragione non poteva essere solo l’esistenza di una tecnologia ormai conosciuta da un secolo. Ciò che fece la differenza fu la diffusione della fotografia amatoriale, che certamente si preparava da tempo ma che esplose solo dopo la Seconda Guerra Mondiale. In realtà, la fotografia amatoriale non ha mai costituito una minaccia, in termini sociali o economici, e men che meno estetici, per la pittura come professione artistica. Soddisfa esigenze totalmente diverse. Il fotografo professionista, e persino il dilettante accanito (con quel suo tipico feticismo per la tecnologia) avrebbero potuto invadere il terreno del pittore solo se questo fosse stato inteso essenzialmente come produttore di immagini;
posed a challenge to painting because it was a superior technology for the representation of reality. Quite the contrary. Painters had long since mastered representational capacities far beyond those offered by the camera. Any nineteenth-century academic painter could produce a mimetic image far more precisely than a photographer could, at least until recently. The development of pictorial art away from that kind of mimesis had other reasons altogether, and it is probably more accurate to think that an alternative representational technology, such as photography, had to be invented precisely because painters were losing interest in depicting the outer surface of things. If it was only well into the 20th century that painters began incorporating their art’s relation to photography directly into their own art as part of its overt subject matter, the cause should not be sought in the simple existence of a technology that had already been around for a century. What made the difference was the proliferation of amateur photography, which had certainly been brewing for a long time but really took off after World War II. Now, amateur photography has never posed a challenge, either socially or economically, let alone aesthetically, to painting as a professional artistic practice. It satisfies other needs entirely. The professional photographic artisan or even the avid hobbyist (with his typical fetishism of technique) might have
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“ Pr ost i t ut e #3”
dominando il mezzo, avrebbero potuto creare qualcosa che contenesse abbastanza caratteristiche dell’arte per sfidarla sul suo stesso terreno. Ma il vero dilettante — mai. Ed infatti, quello che realmente affascina i pittori è proprio il fatto che la maggior parte delle fotografie sono realizzate senza alcuna intenzione artistica. La diffusione della fotografia amatoriale rese evidente che esisteva un modo di produrre immagini in cui qualsiasi intenzione espressiva o formale era superflua. Questo era davvero una novità: immagini dalle qualità visive totalmente casuali. Trasferita nella pittura, l’ottusità visiva dello scatto può generare una moltitudine di effetti, ma i più comuni sembrano essere forme di pathos da un lato ed ironia dall’altro — e spesso una loro sintesi. Tuttavia, queste risonanze emotive sorgono solo dalla tensione o dalla percezione della discrepanza tra immagine e quadro, ovvero tra l’entità immateriale che può essere tradotta da un mezzo all’altro senza una perdita o distorsione fondamentale (emulsione fotografica, codifica digitale, pittura ad olio e quant’altro) ed una specifica incarnazione materiale. E questa tensione o discrepanza è esattamente quello che tende a dissolversi, quando il quadro che nasce da una fotografia è tradotto nuovamente in fotografia. In una riproduzione posso certamente vedere che le singole pennellate di Mendoza non si risolvono nella illustrazione trasparente che io associo alla fotografia (e che è tipica della pittura fotorealista), ma piuttosto si manifestano a pieno titolo come vigorose presenze. Quello che invece non passa, è la percezione che queste pennellate formino una coerente struttura di relazioni reciproche (Hubertus Gaßner, nel saggio scritto per il catalogo della mostra di Mendoza del 1999 alla Galerie Bernd Klüser, parla giustamente di “dipingere come organizzazione della pittura
encroached on the territory of the painter if the latter were understood as primarily an image-maker; with their mastery of the medium, such practitioners might well have produced something with enough of the desiderata of art to challenge it on its own ground. But the true amateur— never. In fact, what is so fascinating for painters about photographs is precisely the fact that most of them are produced with no artistic intention whatsoever. What the spread of amateur photography made clear was that there was a way of producing pictures in which any expressive or formal intention was dispensable. Here was a real first: images whose visual qualities are nonetheless entirely accidental. Taken over into painting, the visual dumbness of the snapshot can engender a wide range of effects, but the most common of them seem to be forms of pathos on the one hand and irony on the other—often enough, some synthesis of the two. But these emotional resonances only arise through the tension or sense of discrepancy between the image and the painting, that is, between the immaterial entity that can be translated without fundamental loss or distortion between one medium and another (photographic emulsion, digital coding, oil paint, whatever) and a specific material embodiment. And this tension or discrepancy is precisely what tends to dissolve when the painting derived from a photograph is re-translated back into a photograph. In a reproduction I can see, certainly, that Mendoza’s individual brushstrokes do not resolve themselves into the transparent depiction I associate with the photograph (and which is typical of Photorealist painting) but rather exhibit themselves as vigorous presences in their own right. But what does not come through is the sense that these form a coherent structure of relations among themselves (Hubertus
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“ Pr ost i t ut e #3”
dominando il mezzo, avrebbero potuto creare qualcosa che contenesse abbastanza caratteristiche dell’arte per sfidarla sul suo stesso terreno. Ma il vero dilettante — mai. Ed infatti, quello che realmente affascina i pittori è proprio il fatto che la maggior parte delle fotografie sono realizzate senza alcuna intenzione artistica. La diffusione della fotografia amatoriale rese evidente che esisteva un modo di produrre immagini in cui qualsiasi intenzione espressiva o formale era superflua. Questo era davvero una novità: immagini dalle qualità visive totalmente casuali. Trasferita nella pittura, l’ottusità visiva dello scatto può generare una moltitudine di effetti, ma i più comuni sembrano essere forme di pathos da un lato ed ironia dall’altro — e spesso una loro sintesi. Tuttavia, queste risonanze emotive sorgono solo dalla tensione o dalla percezione della discrepanza tra immagine e quadro, ovvero tra l’entità immateriale che può essere tradotta da un mezzo all’altro senza una perdita o distorsione fondamentale (emulsione fotografica, codifica digitale, pittura ad olio e quant’altro) ed una specifica incarnazione materiale. E questa tensione o discrepanza è esattamente quello che tende a dissolversi, quando il quadro che nasce da una fotografia è tradotto nuovamente in fotografia. In una riproduzione posso certamente vedere che le singole pennellate di Mendoza non si risolvono nella illustrazione trasparente che io associo alla fotografia (e che è tipica della pittura fotorealista), ma piuttosto si manifestano a pieno titolo come vigorose presenze. Quello che invece non passa, è la percezione che queste pennellate formino una coerente struttura di relazioni reciproche (Hubertus Gaßner, nel saggio scritto per il catalogo della mostra di Mendoza del 1999 alla Galerie Bernd Klüser, parla giustamente di “dipingere come organizzazione della pittura
encroached on the territory of the painter if the latter were understood as primarily an image-maker; with their mastery of the medium, such practitioners might well have produced something with enough of the desiderata of art to challenge it on its own ground. But the true amateur— never. In fact, what is so fascinating for painters about photographs is precisely the fact that most of them are produced with no artistic intention whatsoever. What the spread of amateur photography made clear was that there was a way of producing pictures in which any expressive or formal intention was dispensable. Here was a real first: images whose visual qualities are nonetheless entirely accidental. Taken over into painting, the visual dumbness of the snapshot can engender a wide range of effects, but the most common of them seem to be forms of pathos on the one hand and irony on the other—often enough, some synthesis of the two. But these emotional resonances only arise through the tension or sense of discrepancy between the image and the painting, that is, between the immaterial entity that can be translated without fundamental loss or distortion between one medium and another (photographic emulsion, digital coding, oil paint, whatever) and a specific material embodiment. And this tension or discrepancy is precisely what tends to dissolve when the painting derived from a photograph is re-translated back into a photograph. In a reproduction I can see, certainly, that Mendoza’s individual brushstrokes do not resolve themselves into the transparent depiction I associate with the photograph (and which is typical of Photorealist painting) but rather exhibit themselves as vigorous presences in their own right. But what does not come through is the sense that these form a coherent structure of relations among themselves (Hubertus
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“ Spl i t i n my mout h”
o organizzazione attraverso la pittura”) e che questa struttura sia fondamentalmente indipendente o separata dall’immagine cui le pennellate danno forma. Semplificando, guardando i quadri si pensa che Mendoza sia più vicino a Robert Ryman che a John Currin, mentre guardandone le riproduzioni si potrebbe probabilmente ipotizzare il contrario. Sto forse cercando di far passare in secondo piano il contenuto delle provocative immagini che si ritrovano nei quadri di Mendoza — in una specie di censura o eufemizzazione occulta attraverso il formalismo? Assolutamente no. Ma se è vero che l’opera di Mendoza comprende lavori (non tutti esposti in questa mostra) che sembrano rappresentare individui e coppie impegnati in comportamenti sessuali che portano la stigmatizzazione sociale della devianza — un uomo addossato ad uno sgabello, la gonna che indossa tenuta su a scoprire le natiche da quel che sembra il piede di un’altra persona (Bad Girl #1); un altro uomo con un cappellino da bambino ed un ciuccio in bocca (The Dunce); una figura in piedi sulla testa di un uomo nudo (My Girlfriend); e così via — è importante ricordare che molti altri restituiscono immagini
Gaßner, in his essay for the catalogue to Mendoza’s 1999 exhibition at Galerie Bernd Klüser, rightly speaks of “painting as organizing paint or organizing through paint”) and that this structure or structuring is fundamentally unrelated to or detached from the image the brushstrokes form. To put it as bluntly as possible, a look at the paintings suggests that Mendoza might be closer to Robert Ryman than to John Currin, whereas a look at their reproductions would probably indicate the opposite. Am I trying to play down the significance of the provocative images seen in Mendoza’s paintings—a kind of furtive censorship or euphemization by means of formalism? Not at all. But while Mendoza’s oeuvre certainly contains works (not all of them included in the present exhibition) that seem to depict individuals and couples engaged in sexual behaviors socially denominated, perverse—a man leans across a stool, the skirt he is wearing pushed up over his naked ass by what seems to be the foot of another person (Bad Girl #1); another man wears a blue baby bonnet and sucking on a pacifier (The Dunce); someone stands on a nude man’s head (My Girlfriend); and so on—it is important to remember that many others among them convey images
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“ Spl i t i n my mout h”
o organizzazione attraverso la pittura”) e che questa struttura sia fondamentalmente indipendente o separata dall’immagine cui le pennellate danno forma. Semplificando, guardando i quadri si pensa che Mendoza sia più vicino a Robert Ryman che a John Currin, mentre guardandone le riproduzioni si potrebbe probabilmente ipotizzare il contrario. Sto forse cercando di far passare in secondo piano il contenuto delle provocative immagini che si ritrovano nei quadri di Mendoza — in una specie di censura o eufemizzazione occulta attraverso il formalismo? Assolutamente no. Ma se è vero che l’opera di Mendoza comprende lavori (non tutti esposti in questa mostra) che sembrano rappresentare individui e coppie impegnati in comportamenti sessuali che portano la stigmatizzazione sociale della devianza — un uomo addossato ad uno sgabello, la gonna che indossa tenuta su a scoprire le natiche da quel che sembra il piede di un’altra persona (Bad Girl #1); un altro uomo con un cappellino da bambino ed un ciuccio in bocca (The Dunce); una figura in piedi sulla testa di un uomo nudo (My Girlfriend); e così via — è importante ricordare che molti altri restituiscono immagini
Gaßner, in his essay for the catalogue to Mendoza’s 1999 exhibition at Galerie Bernd Klüser, rightly speaks of “painting as organizing paint or organizing through paint”) and that this structure or structuring is fundamentally unrelated to or detached from the image the brushstrokes form. To put it as bluntly as possible, a look at the paintings suggests that Mendoza might be closer to Robert Ryman than to John Currin, whereas a look at their reproductions would probably indicate the opposite. Am I trying to play down the significance of the provocative images seen in Mendoza’s paintings—a kind of furtive censorship or euphemization by means of formalism? Not at all. But while Mendoza’s oeuvre certainly contains works (not all of them included in the present exhibition) that seem to depict individuals and couples engaged in sexual behaviors socially denominated, perverse—a man leans across a stool, the skirt he is wearing pushed up over his naked ass by what seems to be the foot of another person (Bad Girl #1); another man wears a blue baby bonnet and sucking on a pacifier (The Dunce); someone stands on a nude man’s head (My Girlfriend); and so on—it is important to remember that many others among them convey images
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“ Senz a t i t ol o”
che in sé stesse non comunicherebbero la stessa idea di umiliazione ed abiezione. Certo, è possibile ipotizzare che il fluido giallino bevuto da un grande bicchiere in Woman Drinking sia qualcosa che pochi sarebbero ansiosi di ingoiare, ma chi può saperlo? Non si può verificare la composizione chimica di un liquido puramente pittorico. In certa misura, questo quadro potrebbe essere preso come un’allegoria di tutta la questione del rapporto forma/contenuto nel lavoro di Mendoza — laddove “forma” corrisponde a quello che finora ho chiamato il quadro, e “contenuto” significa l’immagine: nonostante la sua apparente chiarezza, il contenuto è sempre distante. “La difficoltà fondamentale di ogni forma d’arte”, scrisse il poeta Wallace, “è il problema della normalità ”. In questo impression of debasement and abjection. Sure, one can speculate that the yellow fluid being consumed out of an oversized beaker in Woman Drinking is something most people wouldn’t be so eager to swallow, but who knows? You can’t verify the chemistry of a merely pictorial liquid. In a way this painting might be taken as an allegory for the whole question of the relation of form/content in Mendoza’s paintings—where “form” corresponds to what I have been calling the painting, and “content” means the image: despite its apparent blatancy, the content is always at a distance. “The fundamental difficulty in any art”, the poet Wallace Stevens once wrote, “is the problem of the normal”. In this sense, despite any appearances to the contrary, Mendoza
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“ Senz a t i t ol o”
che in sé stesse non comunicherebbero la stessa idea di umiliazione ed abiezione. Certo, è possibile ipotizzare che il fluido giallino bevuto da un grande bicchiere in Woman Drinking sia qualcosa che pochi sarebbero ansiosi di ingoiare, ma chi può saperlo? Non si può verificare la composizione chimica di un liquido puramente pittorico. In certa misura, questo quadro potrebbe essere preso come un’allegoria di tutta la questione del rapporto forma/contenuto nel lavoro di Mendoza — laddove “forma” corrisponde a quello che finora ho chiamato il quadro, e “contenuto” significa l’immagine: nonostante la sua apparente chiarezza, il contenuto è sempre distante. “La difficoltà fondamentale di ogni forma d’arte”, scrisse il poeta Wallace, “è il problema della normalità ”. In questo impression of debasement and abjection. Sure, one can speculate that the yellow fluid being consumed out of an oversized beaker in Woman Drinking is something most people wouldn’t be so eager to swallow, but who knows? You can’t verify the chemistry of a merely pictorial liquid. In a way this painting might be taken as an allegory for the whole question of the relation of form/content in Mendoza’s paintings—where “form” corresponds to what I have been calling the painting, and “content” means the image: despite its apparent blatancy, the content is always at a distance. “The fundamental difficulty in any art”, the poet Wallace Stevens once wrote, “is the problem of the normal”. In this sense, despite any appearances to the contrary, Mendoza
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“ The Shoppi ng Car t ”
senso, malgrado ogni contraria apparenza, Mendoza è impegnato in una ricerca essenzialmente modernista sui problemi fondamentali della sua arte. Esiste oggi una pittura normale? Oppure l’investimento nella pittura (che sia l’investimento di lavoro dell’artista, l’investimento di attenzione dello spettatore o l’investimento in denaro del collezionista) rappresenta il perseguimento di una forma di piacere essenzialmente perversa, assurda, feticista, perfino ignobile? Forse esagero, nel senso che è difficile sostenere che frequentare le gallerie d’arte sia un’attività censurata socialmente quanto, per esempio, frequentare i sexy shop? È vero. Ma esagerando si coglie talvolta la realtà. Quando Mendoza disse al critico Chloe Kinsman che “l’artista è una specie di criminale ”(Tema Celeste 91, maggio-giugno 2002), non aveva davanti la concreta prospettiva dell’arresto. Esistono paesi nei quali Mendoza probabilmente finirebbe in galera per alcuni dei suoi quadri, ma la questione è piuttosto che la nostra cultura concede agli artisti licenza di frugare tra i suoi panni sporchi, di civettare con il proibito. Questa posizione ha una sua utilità sociale, e dunque raramente accade che gli artisti siano puniti per i loro eccessi, ma questo non esclude che l’artista o i suoi ammiratori non assecondino impulsi antisociali. In conclusione, sebbene io intenda non solo attribuire una seria potenza formale ed espressiva ai quadri di Mendoza, ma anche sostenere che questi quadri sono stati creati con il preciso intento di trasmettere valori formali ed espressivi — in altre parole, artistici — non posso provare che egli non li abbia prodotti come mere rappresentazioni oscene, né che il mio apprezzamento non
is engaged with an essentially modernist inquiry into fundamental problems of his art. Is there any normal painting in the present? Or is the investment in painting (whether an artist’s investment of labor, a viewer’s investment of attention, or a collector’s investment of capital) representing the pursuit of an essentially perverse, absurd, fetishistic, even shameful form of pleasure? You say I’m exaggerating—that visiting art galleries is hardly a socially discountenanced activity on the order of, say, visiting sex shops? Point taken. But there are exaggerations that tell the truth. When Mendoza told the critic Chloe Kinsman that “an artist is a kind of criminal” (Tema Celeste 91, May-June 2002), it wasn’t in any immediate expectation of imprisonment. There are countries in which Mendoza probably could be incarcerated for making some of his paintings, but the point is rather that our culture is one that gives artists a license to rummage through its dirty laundry, to flirt with the forbidden. There are socially constructive reasons why this should be so, and so artists are rarely punished for their excesses, but that does not mean that neither the artist nor his admirers are indulging antisocial impulses. In the end, although I am willing not only to attribute serious formal and expressive power to Mendoza’s paintings but to assert that these paintings were made specifically to convey formal and expressive—that is to say, artistic—values, I am not capable of proving either that he did not make them merely to convey obscene imagery nor that my appreciation of the paintings is uncontaminated by the simple non-aesthetic enjoyment of such images. Not only that, but the paintings’
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“ The Shoppi ng Car t ”
senso, malgrado ogni contraria apparenza, Mendoza è impegnato in una ricerca essenzialmente modernista sui problemi fondamentali della sua arte. Esiste oggi una pittura normale? Oppure l’investimento nella pittura (che sia l’investimento di lavoro dell’artista, l’investimento di attenzione dello spettatore o l’investimento in denaro del collezionista) rappresenta il perseguimento di una forma di piacere essenzialmente perversa, assurda, feticista, perfino ignobile? Forse esagero, nel senso che è difficile sostenere che frequentare le gallerie d’arte sia un’attività censurata socialmente quanto, per esempio, frequentare i sexy shop? È vero. Ma esagerando si coglie talvolta la realtà. Quando Mendoza disse al critico Chloe Kinsman che “l’artista è una specie di criminale ”(Tema Celeste 91, maggio-giugno 2002), non aveva davanti la concreta prospettiva dell’arresto. Esistono paesi nei quali Mendoza probabilmente finirebbe in galera per alcuni dei suoi quadri, ma la questione è piuttosto che la nostra cultura concede agli artisti licenza di frugare tra i suoi panni sporchi, di civettare con il proibito. Questa posizione ha una sua utilità sociale, e dunque raramente accade che gli artisti siano puniti per i loro eccessi, ma questo non esclude che l’artista o i suoi ammiratori non assecondino impulsi antisociali. In conclusione, sebbene io intenda non solo attribuire una seria potenza formale ed espressiva ai quadri di Mendoza, ma anche sostenere che questi quadri sono stati creati con il preciso intento di trasmettere valori formali ed espressivi — in altre parole, artistici — non posso provare che egli non li abbia prodotti come mere rappresentazioni oscene, né che il mio apprezzamento non
is engaged with an essentially modernist inquiry into fundamental problems of his art. Is there any normal painting in the present? Or is the investment in painting (whether an artist’s investment of labor, a viewer’s investment of attention, or a collector’s investment of capital) representing the pursuit of an essentially perverse, absurd, fetishistic, even shameful form of pleasure? You say I’m exaggerating—that visiting art galleries is hardly a socially discountenanced activity on the order of, say, visiting sex shops? Point taken. But there are exaggerations that tell the truth. When Mendoza told the critic Chloe Kinsman that “an artist is a kind of criminal” (Tema Celeste 91, May-June 2002), it wasn’t in any immediate expectation of imprisonment. There are countries in which Mendoza probably could be incarcerated for making some of his paintings, but the point is rather that our culture is one that gives artists a license to rummage through its dirty laundry, to flirt with the forbidden. There are socially constructive reasons why this should be so, and so artists are rarely punished for their excesses, but that does not mean that neither the artist nor his admirers are indulging antisocial impulses. In the end, although I am willing not only to attribute serious formal and expressive power to Mendoza’s paintings but to assert that these paintings were made specifically to convey formal and expressive—that is to say, artistic—values, I am not capable of proving either that he did not make them merely to convey obscene imagery nor that my appreciation of the paintings is uncontaminated by the simple non-aesthetic enjoyment of such images. Not only that, but the paintings’
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“ The Cage”
sia contaminato dal semplice godimento non estetico di queste immagini. E come se non bastasse, la potenza formale/espressiva dei quadri non può essere scissa proprio da questo dubbio, ispirato dagli stessi quadri, sulla vera fonte del piacere che procurano. Non potrebbero funzionare senza la loro impurità. In tal senso, potrebbe essere proprio laddove i quadri sembrano indulgere in un trastullo quasi infantile con i taboo sociali, che si gravano di responsabilità — nei confronti della pittura come arte e della cultura da cui scaturiscono, e che presumibilmente intendono influenzare. Altri, naturalmente, potrebbero considerare tutto ciò solo la prova delle fatali contraddizioni che infettano quella cultura. Non mi riferisco solo ai reazionari che si scagliavano contro Robert Mapplethorpe, Andres Serrano o Chris Ofili dalle pagine dei tabloid americani, o ai loro colleghi inglesi che si guadagnano da vivere quasi esclusivamente denunciando
formal/expressive power is inseparable from precisely this doubt, encouraged by the paintings themselves, about the source of the pleasures they provoke. They could not function without their impurity. In that sense, it might be precisely where the paintings appear to indulge in an almost childish toying with social taboos that they are really shouldering their responsibilities – both to painting as an art and to the broader culture from which they arise and which they presumably mean to influence. Others, of course, might simply put this down as evidence of the fatal contradictions infecting that culture. I’m referring not simply to the reactionaries who railed against Robert Mapplethorpe, Andres Serrano, or Chris Ofili in the pages of the American tabloid newspapers or their British colleagues who seem to make a living almost entirely by simultaneously denouncing and promoting artists like Damien Hirst and Tracy Emin—I presume their Italian counterparts exist as well—but even a respected theorist
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“ The Cage”
sia contaminato dal semplice godimento non estetico di queste immagini. E come se non bastasse, la potenza formale/espressiva dei quadri non può essere scissa proprio da questo dubbio, ispirato dagli stessi quadri, sulla vera fonte del piacere che procurano. Non potrebbero funzionare senza la loro impurità. In tal senso, potrebbe essere proprio laddove i quadri sembrano indulgere in un trastullo quasi infantile con i taboo sociali, che si gravano di responsabilità — nei confronti della pittura come arte e della cultura da cui scaturiscono, e che presumibilmente intendono influenzare. Altri, naturalmente, potrebbero considerare tutto ciò solo la prova delle fatali contraddizioni che infettano quella cultura. Non mi riferisco solo ai reazionari che si scagliavano contro Robert Mapplethorpe, Andres Serrano o Chris Ofili dalle pagine dei tabloid americani, o ai loro colleghi inglesi che si guadagnano da vivere quasi esclusivamente denunciando
formal/expressive power is inseparable from precisely this doubt, encouraged by the paintings themselves, about the source of the pleasures they provoke. They could not function without their impurity. In that sense, it might be precisely where the paintings appear to indulge in an almost childish toying with social taboos that they are really shouldering their responsibilities – both to painting as an art and to the broader culture from which they arise and which they presumably mean to influence. Others, of course, might simply put this down as evidence of the fatal contradictions infecting that culture. I’m referring not simply to the reactionaries who railed against Robert Mapplethorpe, Andres Serrano, or Chris Ofili in the pages of the American tabloid newspapers or their British colleagues who seem to make a living almost entirely by simultaneously denouncing and promoting artists like Damien Hirst and Tracy Emin—I presume their Italian counterparts exist as well—but even a respected theorist
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“ Jack and Ji l l ”
e, allo stesso tempo, promuovendo artisti come Damien Hirst e Tracy Emin — suppongo che esistano anche i loro equivalenti italiani — ma anche ad un rispettabile teorico come Paul Virilio. Quest’ultimo, nel suo nuovo libro Ground Zero, con l’ambizione di anatomizzare la debolezza della cultura occidentale a seguito degli eventi dell’11 settembre 2001, vede (in grande analogia con i fondamentalisti, cristiani o musulmani) lo scandalo dell’Occidente nella “uccisione del Creatore (la morte di Dio preannunciata nel diciannovesimo secolo, e quella del procreatore nel secolo successivo).” Ma Virilio ha una certa originalità nel far risalire questi assassinii culturali, attribuibili al desiderio di rendere l’ego sovrano, ai grandi pittori del Rinascimento Italiano. Mi si consenta di citare il direttore dell’École spéciale d’architecture: Il culto caricaturale dell’anormalità, tuttavia, perde gran parte della sua aura mitica se, come fa lo storico inglese Anthony Blunt, si cerca soprattutto ed innanzitutto di vederla come una esigenza sociale. L’esigenza, in particolare, degli artisti italiani del Quattrocento, che ambivano a liberarsi dalla soggezione alle corporazioni dei
like Paul Virilio. The latter, in his new book Ground Zero, purporting to anatomize the weakness of Western culture in the wake of the events of September 11, 2001, sees (much like all those fundamentalists whether Christian or Muslim) the scandal of the West in “the murder of the Creator (the death of God foretold in the nineteenth century—and that of the procreator in the following century).” But Virilio is somewhat original in tracing back these cultural assassinations, attributable to the desire to give sovereignty to the individual ego, to none other than the great painters of the Italian Renaissance. Let me quote the director of the École spéciale d’architecture at some length: This caricatural cult of abnormality does, however, lose much of its mythic aura if, like the British historian Anthony Blunt, one strives first and foremost to see it as a social demand. The demand, in particular, of the Italian artists of the Quattrocento, wishing to extract themselves from the constraints of craft organization and the inferior condition of manual worker….When Alberti…announces that he aspires to the totality of knowledge through the mathematical construction of the world, one can already hear how this
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“ Jack and Ji l l ”
e, allo stesso tempo, promuovendo artisti come Damien Hirst e Tracy Emin — suppongo che esistano anche i loro equivalenti italiani — ma anche ad un rispettabile teorico come Paul Virilio. Quest’ultimo, nel suo nuovo libro Ground Zero, con l’ambizione di anatomizzare la debolezza della cultura occidentale a seguito degli eventi dell’11 settembre 2001, vede (in grande analogia con i fondamentalisti, cristiani o musulmani) lo scandalo dell’Occidente nella “uccisione del Creatore (la morte di Dio preannunciata nel diciannovesimo secolo, e quella del procreatore nel secolo successivo).” Ma Virilio ha una certa originalità nel far risalire questi assassinii culturali, attribuibili al desiderio di rendere l’ego sovrano, ai grandi pittori del Rinascimento Italiano. Mi si consenta di citare il direttore dell’École spéciale d’architecture: Il culto caricaturale dell’anormalità, tuttavia, perde gran parte della sua aura mitica se, come fa lo storico inglese Anthony Blunt, si cerca soprattutto ed innanzitutto di vederla come una esigenza sociale. L’esigenza, in particolare, degli artisti italiani del Quattrocento, che ambivano a liberarsi dalla soggezione alle corporazioni dei
like Paul Virilio. The latter, in his new book Ground Zero, purporting to anatomize the weakness of Western culture in the wake of the events of September 11, 2001, sees (much like all those fundamentalists whether Christian or Muslim) the scandal of the West in “the murder of the Creator (the death of God foretold in the nineteenth century—and that of the procreator in the following century).” But Virilio is somewhat original in tracing back these cultural assassinations, attributable to the desire to give sovereignty to the individual ego, to none other than the great painters of the Italian Renaissance. Let me quote the director of the École spéciale d’architecture at some length: This caricatural cult of abnormality does, however, lose much of its mythic aura if, like the British historian Anthony Blunt, one strives first and foremost to see it as a social demand. The demand, in particular, of the Italian artists of the Quattrocento, wishing to extract themselves from the constraints of craft organization and the inferior condition of manual worker….When Alberti…announces that he aspires to the totality of knowledge through the mathematical construction of the world, one can already hear how this
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“ The Hor seman Br i de”
mestieri e dalla condizione inferiore del lavoratore manuale ….Quando Alberti… proclama di aspirare alla totalità della conoscenza attraverso la costruzione matematica del mondo, si sente già come questa nuova ambizione totalitaria al potere da parte del singolo implichi la sostituzione, o anche la distruzione del mondo fino ad allora percepito, rappresentato e vissuto in comune dalla maggioranza dell’umanità. Forse, un artista come Mendoza ci suggerisce che questo culto dell’anormale, sorto in un ristretto gruppo di artisti che cercavano di elevarsi dall’ordinarietà degli altri uomini, è prosperato tanto felicemente che adesso struttura i desideri quotidiani della gente comune. Su Internet, indubbiamente la fonte di molte delle immagini da cui Mendoza crea i suoi quadri, ogni segretaria o cameriera può essere una dominatrice, ogni manager o camionista può essere un vampiro — ogni uomo il suo Sardanapalo, ogni donna l’artista delle sue fantasie.
new totalitarian will to power on the part of a single man implies the replacement or, beyond that, the destruction of the world as up to that point perceived, represented and lived in common by the majority of humankind. What an artist like Mendoza shows us, perhaps, is that this cult of the abnormal that arose in a tiny group of artists who sought to distinguish themselves above the ordinary run of humanity has flourished so successfully that it now structures the everyday desires among the most common people. On the Internet, the undoubted source of a good many of the images from which Mendoza has derived his paintings, any waitress or secretary can be a dominatrix, any businessman or truck driver a vampire—every man his own Sardanapalus, every woman the artist of her own fantasy life. The license normally attributed to art augured the license now normal in everyday life and so the banality in which life has shrouded its own excess has in turn become part of
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“ The Hor seman Br i de”
mestieri e dalla condizione inferiore del lavoratore manuale ….Quando Alberti… proclama di aspirare alla totalità della conoscenza attraverso la costruzione matematica del mondo, si sente già come questa nuova ambizione totalitaria al potere da parte del singolo implichi la sostituzione, o anche la distruzione del mondo fino ad allora percepito, rappresentato e vissuto in comune dalla maggioranza dell’umanità. Forse, un artista come Mendoza ci suggerisce che questo culto dell’anormale, sorto in un ristretto gruppo di artisti che cercavano di elevarsi dall’ordinarietà degli altri uomini, è prosperato tanto felicemente che adesso struttura i desideri quotidiani della gente comune. Su Internet, indubbiamente la fonte di molte delle immagini da cui Mendoza crea i suoi quadri, ogni segretaria o cameriera può essere una dominatrice, ogni manager o camionista può essere un vampiro — ogni uomo il suo Sardanapalo, ogni donna l’artista delle sue fantasie.
new totalitarian will to power on the part of a single man implies the replacement or, beyond that, the destruction of the world as up to that point perceived, represented and lived in common by the majority of humankind. What an artist like Mendoza shows us, perhaps, is that this cult of the abnormal that arose in a tiny group of artists who sought to distinguish themselves above the ordinary run of humanity has flourished so successfully that it now structures the everyday desires among the most common people. On the Internet, the undoubted source of a good many of the images from which Mendoza has derived his paintings, any waitress or secretary can be a dominatrix, any businessman or truck driver a vampire—every man his own Sardanapalus, every woman the artist of her own fantasy life. The license normally attributed to art augured the license now normal in everyday life and so the banality in which life has shrouded its own excess has in turn become part of
70
“ Cadaver Dog”
La libertà normalmente attribuita all’arte prefigurava la libertà oggi normale nella vita quotidiana e, pertanto, la banalità in cui la vita ha avvolto i suoi stessi eccessi è a sua volta diventata parte del fardello dell’arte. Nei quadri di Mendoza questo normale travalicare i confini della normalità appare squallido e desolato, eppure non v’è traccia di distacco moralista dal contenuto. E per tutte le libertà che l’artista si prende nel trasformare le immagini, la trascrizione è sorprendentemente obiettiva — non si propone di innalzare o deprimere il tenore emozionale dell’immagine, né di chiosarla. C’è semplicemente un’immagine messa in mostra e, contemporaneamente, qualcos’altro, qualcosa che attiene alla superficie del quadro come entità autonoma. Il pittore “appare” esattamente attraverso questo senso di quasi stoica indifferenza: l’arte qui rappresenta l’indipendenza della mente di fronte al mondo caduto della materia, della carne, dal quale è comunque totalmente coinvolta. Ma questa effettiva assenza dai quadri che Mendoza costruisce, pennellata su pennellata, può non essere tanto diversa quanto noi crediamo dall’assenza delle persone ritratte dagli atti a cui si prestano.
the burden of art. In Mendoza’s paintings this normal trespassing of the boundaries of normality appears squalid and dreary, yet there is no sign of any moralistic distancing from this subject matter. And for all the liberties the artist takes in rendering his chosen imagery, the transcription is surprisingly objective—there is no effort either to heighten or to abate the emotional tenor of the image nor to comment on it. It is simply that the image is presented, and at the same time that something else is going on as well, something that concerns the surface of the painting as an autonomous entity. The painter “appears” precisely through this sense of almost stoical indifference: art here represents the independence of the mind in its dealings with the fallen world of matter, of flesh, with which it is nonetheless entirely concerned. But his effective absence from the paintings he constructs stroke by stroke may not be as different as we suppose from the absence of the people he depicts from the acts to which they lend themselves.
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“ Cadaver Dog”
La libertà normalmente attribuita all’arte prefigurava la libertà oggi normale nella vita quotidiana e, pertanto, la banalità in cui la vita ha avvolto i suoi stessi eccessi è a sua volta diventata parte del fardello dell’arte. Nei quadri di Mendoza questo normale travalicare i confini della normalità appare squallido e desolato, eppure non v’è traccia di distacco moralista dal contenuto. E per tutte le libertà che l’artista si prende nel trasformare le immagini, la trascrizione è sorprendentemente obiettiva — non si propone di innalzare o deprimere il tenore emozionale dell’immagine, né di chiosarla. C’è semplicemente un’immagine messa in mostra e, contemporaneamente, qualcos’altro, qualcosa che attiene alla superficie del quadro come entità autonoma. Il pittore “appare” esattamente attraverso questo senso di quasi stoica indifferenza: l’arte qui rappresenta l’indipendenza della mente di fronte al mondo caduto della materia, della carne, dal quale è comunque totalmente coinvolta. Ma questa effettiva assenza dai quadri che Mendoza costruisce, pennellata su pennellata, può non essere tanto diversa quanto noi crediamo dall’assenza delle persone ritratte dagli atti a cui si prestano.
the burden of art. In Mendoza’s paintings this normal trespassing of the boundaries of normality appears squalid and dreary, yet there is no sign of any moralistic distancing from this subject matter. And for all the liberties the artist takes in rendering his chosen imagery, the transcription is surprisingly objective—there is no effort either to heighten or to abate the emotional tenor of the image nor to comment on it. It is simply that the image is presented, and at the same time that something else is going on as well, something that concerns the surface of the painting as an autonomous entity. The painter “appears” precisely through this sense of almost stoical indifference: art here represents the independence of the mind in its dealings with the fallen world of matter, of flesh, with which it is nonetheless entirely concerned. But his effective absence from the paintings he constructs stroke by stroke may not be as different as we suppose from the absence of the people he depicts from the acts to which they lend themselves.
72
“ My si st er ’ s weddi ng”
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“ My si st er ’ s weddi ng”
“ Val er i a Mar i ni boys”
da pi ccol a con i
due cow-
“ Val er i a Mar i ni boys”
da pi ccol a con i
due cow-
76
“ Super man”
77
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“ Super man”
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79
“ Monsi gnor Di oni gi
Tet t amanz i �
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“ Monsi gnor Di oni gi
Tet t amanz i �
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“ Hog t i ed”
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“ Hog t i ed”
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83
“ Sei venut o per r i der e di l e! �
me. Come sei
cr ude-
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“ Sei venut o per r i der e di l e! �
me. Come sei
cr ude-
84
“ Senz a t i t ol o”
85
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“ Senz a t i t ol o”
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“ Senz a t i t ol o”
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“ Senz a t i t ol o”
88
“ Senz a t i t ol o”
89
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“ Senz a t i t ol o”
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91
As seen in Glamour Giovanna Nicoletti
Guardo i tuoi lavori e sento di avere dei legacci alle mani. Non le posso sciogliere e non posso permettere agli occhi di lasciare scivolare lo sguardo. Si fermano nelle pieghe.
I look at your works and I feel like I have my hands tied. I can’t free them, and I can’t let my eyes avert their gaze. They dwell on the folds.
Come hai fatto? Non c'è risposta. E' una dimensione che ha il sapore dell'antico, della memoria, ma in fondo è un gioco continuo di rimandi tra un dentro e un fuori. Ripenso alla pittura e al tuo modo di fare in maniera allarmante, duro e distaccato. La tua pittura non scivola via perché è spessa e corposa e sembra ferire la tela, si appropria dei limiti che diventano sconvolti, brevi, fitti e faticosi. Ne vorresti parlare ma temo di essere trattenuta o forse disturbata da questo continuo incedere nelle trame di un colore che ancora gocciola sospingendosi al di fuori.
How did you do it? There’s no answer. This is a dimension with all the flavor of ancient times, of memory, but in the end, it’s a continuous to-and-fro between an inside and an outside. I reflect on the painting and your alarming, hard, and detached way of working. Your painting does not slip away because it is thick and meaty and seems to wound the canvas. It assumes control of limits, upsetting and shortening them, rendering them dense and laborious. I would like to talk about it, but I am afraid of being held back or perhaps disturbed by this continuous procession in the weft of a color that is still dripping outside the confines of the picture.
Cosa ti fa più paura quando perdi il controllo della situazione? Vedo che aggredisci l'immagine.
What scares you the most when you lose control of the situation?
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As seen in Glamour Giovanna Nicoletti
Guardo i tuoi lavori e sento di avere dei legacci alle mani. Non le posso sciogliere e non posso permettere agli occhi di lasciare scivolare lo sguardo. Si fermano nelle pieghe.
I look at your works and I feel like I have my hands tied. I can’t free them, and I can’t let my eyes avert their gaze. They dwell on the folds.
Come hai fatto? Non c'è risposta. E' una dimensione che ha il sapore dell'antico, della memoria, ma in fondo è un gioco continuo di rimandi tra un dentro e un fuori. Ripenso alla pittura e al tuo modo di fare in maniera allarmante, duro e distaccato. La tua pittura non scivola via perché è spessa e corposa e sembra ferire la tela, si appropria dei limiti che diventano sconvolti, brevi, fitti e faticosi. Ne vorresti parlare ma temo di essere trattenuta o forse disturbata da questo continuo incedere nelle trame di un colore che ancora gocciola sospingendosi al di fuori.
How did you do it? There’s no answer. This is a dimension with all the flavor of ancient times, of memory, but in the end, it’s a continuous to-and-fro between an inside and an outside. I reflect on the painting and your alarming, hard, and detached way of working. Your painting does not slip away because it is thick and meaty and seems to wound the canvas. It assumes control of limits, upsetting and shortening them, rendering them dense and laborious. I would like to talk about it, but I am afraid of being held back or perhaps disturbed by this continuous procession in the weft of a color that is still dripping outside the confines of the picture.
Cosa ti fa più paura quando perdi il controllo della situazione? Vedo che aggredisci l'immagine.
What scares you the most when you lose control of the situation?
93 La corrodi. Inventi una simulazione o forse è una verità aggressiva fatta di materia. E' troppo. Sembri essere delicato nel disegno ma poi la sagoma copre l'intero profilo, scorre vicino e non appartiene più alla realtà. Taglia, frantuma, segmenta. Sgretola l'intero e restituisce un solitario ingannevole frammento. Non ci importa molto sapere perché questo avviene. E' sorprendente la lacerazione, quell'urlo trattenuto che si sfoga sul supporto, che nella meditazione si placa. Il punto di partenza è la letteratura? Ma quale? E' davvero letteratura quella che vedo scritta, composta, maldisposta sulla tela. E' titolo o epiteto. Questo è difficile da rivelare. C'è poi la storia della fotografia. Sai, quella ritrovata nei mercati, con gli sguardi dolorosi? Bene, non vale più nulla. E' una citazione e come citazione è già il passato la storia. E' fuori dal tempo. Forse è la velocità che ti attira del tempo virtuale. E' per essere dentro un tempo contemporaneo e accelerato con il quale l'indolenza della pittura non riesce ad avere niente a che fare. Mi sono scorse di fronte molte immagini ma davanti ad ognuna c'eri tu con la tua aria imbronciata e poi il tuo largo sorriso. Perché non lo trovo nei quadri che fai? Ci sono solo dei resti. Corpi che a volte non hanno le mani. Corpi piegati e molestati. Osservo e non ritrovo nemmeno il corpo. E' rimasto solo il profilo come un contenitore vuoto.
I see you attacking the image. You corrode it. You invent a simulation, or maybe it’s an aggressive truth made from matter. It’s too much. You seem to be delicate in drawing but then the form covers the entire profile, flows hard on to it, no longer belonging to reality. It cuts, fragments, and segments. It shatters the whole and renders a single, misleading fragment. We are not very interested in knowing why this happens. What surprises us is the laceration, the repressed scream that cries out on the canvas, that is placated in meditation. Is literature your point of departure? But what literature? What I see written, composed, and poorly organized on the canvas is really literature. It is a title or an epithet. This is hard to reveal. Then there’s the story of the photograph. You know, the one found at the open-air market, with the sad looks? Well, it’s not worth anything anymore. It is a quotation, and as such it is already the past, history. It is outside of time. Perhaps it is the speed of virtual time that attracts you. To be inside a contemporary and accelerated time that the indolence of painting can’t relate to. I saw a whole slew of images in front of me, but you were there in front of every one, with your grumpy air and then your big, wide smile. Why don’t you find it in your paintings? They only contain remains. Bodies that sometimes don’t have hands. Bent, molested bodies. I look but don’t even find the body. Only its profile
93 La corrodi. Inventi una simulazione o forse è una verità aggressiva fatta di materia. E' troppo. Sembri essere delicato nel disegno ma poi la sagoma copre l'intero profilo, scorre vicino e non appartiene più alla realtà. Taglia, frantuma, segmenta. Sgretola l'intero e restituisce un solitario ingannevole frammento. Non ci importa molto sapere perché questo avviene. E' sorprendente la lacerazione, quell'urlo trattenuto che si sfoga sul supporto, che nella meditazione si placa. Il punto di partenza è la letteratura? Ma quale? E' davvero letteratura quella che vedo scritta, composta, maldisposta sulla tela. E' titolo o epiteto. Questo è difficile da rivelare. C'è poi la storia della fotografia. Sai, quella ritrovata nei mercati, con gli sguardi dolorosi? Bene, non vale più nulla. E' una citazione e come citazione è già il passato la storia. E' fuori dal tempo. Forse è la velocità che ti attira del tempo virtuale. E' per essere dentro un tempo contemporaneo e accelerato con il quale l'indolenza della pittura non riesce ad avere niente a che fare. Mi sono scorse di fronte molte immagini ma davanti ad ognuna c'eri tu con la tua aria imbronciata e poi il tuo largo sorriso. Perché non lo trovo nei quadri che fai? Ci sono solo dei resti. Corpi che a volte non hanno le mani. Corpi piegati e molestati. Osservo e non ritrovo nemmeno il corpo. E' rimasto solo il profilo come un contenitore vuoto.
I see you attacking the image. You corrode it. You invent a simulation, or maybe it’s an aggressive truth made from matter. It’s too much. You seem to be delicate in drawing but then the form covers the entire profile, flows hard on to it, no longer belonging to reality. It cuts, fragments, and segments. It shatters the whole and renders a single, misleading fragment. We are not very interested in knowing why this happens. What surprises us is the laceration, the repressed scream that cries out on the canvas, that is placated in meditation. Is literature your point of departure? But what literature? What I see written, composed, and poorly organized on the canvas is really literature. It is a title or an epithet. This is hard to reveal. Then there’s the story of the photograph. You know, the one found at the open-air market, with the sad looks? Well, it’s not worth anything anymore. It is a quotation, and as such it is already the past, history. It is outside of time. Perhaps it is the speed of virtual time that attracts you. To be inside a contemporary and accelerated time that the indolence of painting can’t relate to. I saw a whole slew of images in front of me, but you were there in front of every one, with your grumpy air and then your big, wide smile. Why don’t you find it in your paintings? They only contain remains. Bodies that sometimes don’t have hands. Bent, molested bodies. I look but don’t even find the body. Only its profile
94 L'anima dov'è? Se non nelle cose? Abiti in un luogo lontano che non conosco. Non lo so attraversare e non riconosco l'ingresso per entrare. Dove sono?
remains, like an empty container. Where is the soul? If not in things? You live in a far-off place I do not know. I don’t know how to cross it and don’t recognize its entrance. Where am I?
Non dovevo parlare della pittura se non trasversalmente. Mi viene in mente l'immagine del coniglio bianco. Ti ricordi? Quello appoggiato sulla tavola, con la faccia triste? Ha le orecchie piegate e vorrebbe scomparire. Con il tuo tocco è facile. Puoi annullarne la presenza, se credi. Noi lo abbiamo visto attraverso i tuoi occhi. Brillavano.
I was not supposed to talk about the painting if not indirectly. I remember the image of the white rabbit. Do you remember? The rabbit sitting on the table, with that sad face of his? Its ears were bent back, he wanted to disappear. With your touch, it’s easy. You can cancel its presence, if you want. We saw it through your eyes. They were shining.
Non credo alle pin up. E nemmeno tu. Non credo al mondo di stelle e strisce dal quale sei partito. Mi sembra un buon inizio per incominciare, ma non per subire l'incanto. Succede che se guardi negli occhi le immagini che fai, se riesci a percepire lo sguardo delle cose che dipingi, ti ci perdi dentro, ci affondi come per un lieve incantesimo. Poi c'è lo sfondo appiattito che ti restituisce alla realtà.
I do not believe in pin-ups. Nor do you. I do not believe in the world of stars and stripes that you left. This seems a good place to begin, but not to fall victim to some spell. It happens that if you look at your images in the eyes, if you can perceive the gaze of the things you paint, you lose yourself inside them, you sink in them as if you were under a light spell. Then there’s the flat background that sends you back to reality.
Trattengo il respiro per scoprire come hai fatto a fare questo. Le immagini sono vere, hanno una spiccata identità magnetica. Le sfiori e scopri che non affondano nello spazio, non hanno un terzo lato. Appartengono al vuoto. Hai detto parliamo della luce. Non la vedo. Non c'è. E' tutto colore. Anche il colore sa addolcire l'immagine. Sarebbe utile poter rincominciare. Ma da chi? Da che cosa?
I am holding my breath to find out how you did this. The images are real, they have a distinct, magnetic identity. You brush up against them and discover they do not recede into space, they don’t have a third side. They belong to the void. You said, “Let’s talk about light.” I don’t see it. There isn’t any. It’s all color. Even color can sweeten
Perché i corpi nella tua pittura sono spesso prostrati. A guardare bene sono più che prostrati. Questo non c'è
an image. It would be pointless to start over again. But from whom? From what? Because the bodies in your painting are often prostrate. On closer look, they are more than prostrate. This is not found in group photos, in posed portraits.
94 L'anima dov'è? Se non nelle cose? Abiti in un luogo lontano che non conosco. Non lo so attraversare e non riconosco l'ingresso per entrare. Dove sono?
remains, like an empty container. Where is the soul? If not in things? You live in a far-off place I do not know. I don’t know how to cross it and don’t recognize its entrance. Where am I?
Non dovevo parlare della pittura se non trasversalmente. Mi viene in mente l'immagine del coniglio bianco. Ti ricordi? Quello appoggiato sulla tavola, con la faccia triste? Ha le orecchie piegate e vorrebbe scomparire. Con il tuo tocco è facile. Puoi annullarne la presenza, se credi. Noi lo abbiamo visto attraverso i tuoi occhi. Brillavano.
I was not supposed to talk about the painting if not indirectly. I remember the image of the white rabbit. Do you remember? The rabbit sitting on the table, with that sad face of his? Its ears were bent back, he wanted to disappear. With your touch, it’s easy. You can cancel its presence, if you want. We saw it through your eyes. They were shining.
Non credo alle pin up. E nemmeno tu. Non credo al mondo di stelle e strisce dal quale sei partito. Mi sembra un buon inizio per incominciare, ma non per subire l'incanto. Succede che se guardi negli occhi le immagini che fai, se riesci a percepire lo sguardo delle cose che dipingi, ti ci perdi dentro, ci affondi come per un lieve incantesimo. Poi c'è lo sfondo appiattito che ti restituisce alla realtà.
I do not believe in pin-ups. Nor do you. I do not believe in the world of stars and stripes that you left. This seems a good place to begin, but not to fall victim to some spell. It happens that if you look at your images in the eyes, if you can perceive the gaze of the things you paint, you lose yourself inside them, you sink in them as if you were under a light spell. Then there’s the flat background that sends you back to reality.
Trattengo il respiro per scoprire come hai fatto a fare questo. Le immagini sono vere, hanno una spiccata identità magnetica. Le sfiori e scopri che non affondano nello spazio, non hanno un terzo lato. Appartengono al vuoto. Hai detto parliamo della luce. Non la vedo. Non c'è. E' tutto colore. Anche il colore sa addolcire l'immagine. Sarebbe utile poter rincominciare. Ma da chi? Da che cosa?
I am holding my breath to find out how you did this. The images are real, they have a distinct, magnetic identity. You brush up against them and discover they do not recede into space, they don’t have a third side. They belong to the void. You said, “Let’s talk about light.” I don’t see it. There isn’t any. It’s all color. Even color can sweeten
Perché i corpi nella tua pittura sono spesso prostrati. A guardare bene sono più che prostrati. Questo non c'è
an image. It would be pointless to start over again. But from whom? From what? Because the bodies in your painting are often prostrate. On closer look, they are more than prostrate. This is not found in group photos, in posed portraits.
97 nelle fotografie di gruppo, nei ritratti in posa. E' un immaginario differente che mi fa venire in mente un'altra forma. La testa di bue che hai lasciato, anche quella sulla tavola. Gocciolava sangue. E l'uomo seduto lĂŹ accanto si stava togliendo il pigiama. Tutto era risolto con una luce caravaggesca e una teatralitĂ per nulla sfuggente.
This is a different class of imagery that reminds me of another form. The ox head that you left, including the one on the table. It was dripping blood. And the man sitting next to it was taking off his pajamas. Everything was resolved with a Caravaggesque light and a theatricality that was anything but coy.
Ho sbirciato il tuo ultimo lavoro.
I took a good look at your last work.
Non ho visto ombre.
I did not see any shadows.
Le ho cercate negli angoli dove si sono persi i particolari, come risucchiati dal vuoto. Ho trovato invece delle metafore, delle trasposizioni. Non ci sono pause nĂŠ lentezze. La comunicazione non passa attraverso gli sguardi ma attraverso un filo. E mi ritrovo con i polsi legati.
I looked for them in the corners where the details were lost, as if they had been sucked up by the void. Instead I found metaphors, transpositions. There were no pauses or slowdowns. Communication does not pass through gazes but through a wire. And my hands are tied.
97 nelle fotografie di gruppo, nei ritratti in posa. E' un immaginario differente che mi fa venire in mente un'altra forma. La testa di bue che hai lasciato, anche quella sulla tavola. Gocciolava sangue. E l'uomo seduto lĂŹ accanto si stava togliendo il pigiama. Tutto era risolto con una luce caravaggesca e una teatralitĂ per nulla sfuggente.
This is a different class of imagery that reminds me of another form. The ox head that you left, including the one on the table. It was dripping blood. And the man sitting next to it was taking off his pajamas. Everything was resolved with a Caravaggesque light and a theatricality that was anything but coy.
Ho sbirciato il tuo ultimo lavoro.
I took a good look at your last work.
Non ho visto ombre.
I did not see any shadows.
Le ho cercate negli angoli dove si sono persi i particolari, come risucchiati dal vuoto. Ho trovato invece delle metafore, delle trasposizioni. Non ci sono pause nĂŠ lentezze. La comunicazione non passa attraverso gli sguardi ma attraverso un filo. E mi ritrovo con i polsi legati.
I looked for them in the corners where the details were lost, as if they had been sucked up by the void. Instead I found metaphors, transpositions. There were no pauses or slowdowns. Communication does not pass through gazes but through a wire. And my hands are tied.
98
Biografia Biography
Ryan Mendoza è nato a New York il 29 ottobre 1971. Vive e lavora a Napoli, Italia. Ryan Mendoza was born in New York on the 29th of October, 1971. Lives and works in Naples, Italy.
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Biografia Biography
Ryan Mendoza è nato a New York il 29 ottobre 1971. Vive e lavora a Napoli, Italia. Ryan Mendoza was born in New York on the 29th of October, 1971. Lives and works in Naples, Italy.
100
101
Mostre Personali Solo Exhibitions
2002 'Almost American' - Castel Nuovo, Napoli 'Ryan Mendoza' - Galerie Bernd Kl端ser, Munich 'Join Now for Instant Access' - White Cube, London 2001 'Ryan Mendoza' - Overbeck Gesellschaft, L端beck 2000 'Ryan Mendoza' - MART, Museo di Arte Moderna e Contemporanea, Trento 'Ryan Mendoza' - Galerie Bernd Kl端ser, Munich 'Ryan Mendoza' - Galleria Massimo Minini, Brescia 1999 'A Cake for the Dead' - Galerie Bernd Kl端ser, Munich 1998 'Ryan Mendoza' - Studio Cannaviello, Milano 1997 'Cadaver Dog' - Galleria Studio Legale, Caserta 'Oh Big Fishy' - Galleria In Arco, Torino
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Mostre Personali Solo Exhibitions
2002 'Almost American' - Castel Nuovo, Napoli 'Ryan Mendoza' - Galerie Bernd Kl端ser, Munich 'Join Now for Instant Access' - White Cube, London 2001 'Ryan Mendoza' - Overbeck Gesellschaft, L端beck 2000 'Ryan Mendoza' - MART, Museo di Arte Moderna e Contemporanea, Trento 'Ryan Mendoza' - Galerie Bernd Kl端ser, Munich 'Ryan Mendoza' - Galleria Massimo Minini, Brescia 1999 'A Cake for the Dead' - Galerie Bernd Kl端ser, Munich 1998 'Ryan Mendoza' - Studio Cannaviello, Milano 1997 'Cadaver Dog' - Galleria Studio Legale, Caserta 'Oh Big Fishy' - Galleria In Arco, Torino
102
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Indice dei lavori Index of works
“Bread and Butter” olio su tela / oil on canvas, 1997, 168 x 181 cm. Galleria Studio Legale, Caserta.
“531 Guthrie St.” olio su tela / oil on canvas, 1998, 100 x 160 cm. Fondo Gemma de Angelis Testa.
“Work Whack Worry Wait” olio e smalto su tela / oil and enamel on canvas, 1997, 111 x 104 cm. Collezione Privata, Torino.
“Almost American” olio su tela / oil on canvas, 2002, 200 x 200 cm.
“Repair Daddy” olio e smalto su tela / oil and enamel on canvas, 1997, 150 x 151 cm. Fondo Gemma de Angelis Testa.
“All I want for Christmas” olio su tela / oil on canvas, 1999, 80 x 60 cm. Fondo Gemma de Angelis Testa.
“Madonna e la Pietà” olio su tela / oil on canvas, 1997, 35 x 79 cm. Collezione Privata, Torino.
“Piedi” olio su tela / oil on canvas, 2002, 162 x 110 cm. Collezione Privata, Milano.
“I told you not to” olio su tela / oil on canvas, 1998, 200 x 200 cm. Collezione Maurizio Morra Greco, Napoli.
“Prostitute #3” olio su tela / oil on canvas, 1998, 143,5 x 143,5 cm. Collezione Maurizio Morra Greco, Napoli.
"Brothers" olio su tela / oil on canvas, 2002, 108 x 195 x 3,5 cm. Collezione Privata.
“Split in my mouth” olio su tela / oil on canvas, 2002, 222 x 175 cm. Courtesy Galleria Massimo Minini, Brescia.
“Training wheels” olio su tela / oil on canvas, 1998, 197 x 187 cm. Collezione Maurizio Morra Greco, Napoli.
“Senza titolo” olio su tela / oil on canvas, 1995, 81 x 125 cm. Collezione Privata.
“Boxeur” olio su tela / oil on canvas, 2002, 244 x 155 cm. Collezione Privata.
“The Shopping Cart” olio su lino / oil on linen, 2000, 159 x 191 cm. MART. Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.
“The head masterwears a beard” olio su tela / oil on canvas, 1998, 241 x 242 cm. Collezione Maurizio Morra Greco, Napoli.
“The Cage” olio su lino / oil on linen, 2000, 166 x 184 cm. Collezione Privata, Milano.
“Shoes” olio su tela / oil on canvas, 2002, 216 x 180 cm. Collezione Antonio Colombo, Milano.
“Jack and Jill” olio su tela / oil on canvas, 1998, 180 x 180 cm. Collezione Privata, Milano.
“Man with hat in airplane” olio su tela / oil on canvas, 2001, 200 x 300 cm. Courtesy Galleria Massimo Minini, Brescia.
“The Horseman Bride” olio su lino / oil on linen, 2000, 72 x 74 cm. Collezione Francesca Minini, Brescia.
"Sleeping beauty #2" olio su tela / oil on canvas, 2002, 167 x 229 cm.
“Cadaver Dog” olio su tela / oil on canvas, 1997, 142 x 175 cm. Collezione Privata, Milano.
"Sleeping beauty" olio su tela / oil on canvas, 2002, 271 x 230 cm.
“My sister’s wedding” olio su tela / oil on canvas, 1998, 185 x 185 cm. Collezione Alfredo Paramico, Napoli.
“As I was about to eat...” olio su tela / oil on canvas, 1998, 176,5 x 176,5 cm. Collezione Privata, Milano.
“Valeria Marini da piccola con i due cowboys” olio su tela / oil on canvas, 1997, 33 x 46 cm. Collezione Privata, Torino.
“Dead bitch” olio su tela / oil on canvas, 1998, 148 x 148 cm. Collezione Maurizio Morra Greco, Napoli.
“Superman” olio su lino / oil on linen, 2000, 160 x 208 cm. Collezione Privata, Milano.
“Major General D.C. Buell” olio su tela / oil on canvas, 1998, 174 x 174 cm. Collezione Bulbarelli, Mantova.
“Monsignor Dionigi Tettamanzi” olio su tela / oil on canvas, 1997, 32 x 54 cm. Collezione Privata.
"As seen in Glamour", olio su tela / oil on canvas, 2002, 200 x 145 cm.
“Hog tied” olio su tela / oil on canvas, 2000, 168,7 x 188 cm. Collezione Alfredo Paramico, Napoli.
“Woman Drinking” olio su lino / oil on linen, 2001, 157 x 199 cm. Collezione Privata.
“Sei venuto per ridere di me. Come sei crudele!” olio su tela / oil on canvas, 1997, 28 x 63 cm. Collezione Privata, Ovada (AL).
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Indice dei lavori Index of works
“Bread and Butter” olio su tela / oil on canvas, 1997, 168 x 181 cm. Galleria Studio Legale, Caserta.
“531 Guthrie St.” olio su tela / oil on canvas, 1998, 100 x 160 cm. Fondo Gemma de Angelis Testa.
“Work Whack Worry Wait” olio e smalto su tela / oil and enamel on canvas, 1997, 111 x 104 cm. Collezione Privata, Torino.
“Almost American” olio su tela / oil on canvas, 2002, 200 x 200 cm.
“Repair Daddy” olio e smalto su tela / oil and enamel on canvas, 1997, 150 x 151 cm. Fondo Gemma de Angelis Testa.
“All I want for Christmas” olio su tela / oil on canvas, 1999, 80 x 60 cm. Fondo Gemma de Angelis Testa.
“Madonna e la Pietà” olio su tela / oil on canvas, 1997, 35 x 79 cm. Collezione Privata, Torino.
“Piedi” olio su tela / oil on canvas, 2002, 162 x 110 cm. Collezione Privata, Milano.
“I told you not to” olio su tela / oil on canvas, 1998, 200 x 200 cm. Collezione Maurizio Morra Greco, Napoli.
“Prostitute #3” olio su tela / oil on canvas, 1998, 143,5 x 143,5 cm. Collezione Maurizio Morra Greco, Napoli.
"Brothers" olio su tela / oil on canvas, 2002, 108 x 195 x 3,5 cm. Collezione Privata.
“Split in my mouth” olio su tela / oil on canvas, 2002, 222 x 175 cm. Courtesy Galleria Massimo Minini, Brescia.
“Training wheels” olio su tela / oil on canvas, 1998, 197 x 187 cm. Collezione Maurizio Morra Greco, Napoli.
“Senza titolo” olio su tela / oil on canvas, 1995, 81 x 125 cm. Collezione Privata.
“Boxeur” olio su tela / oil on canvas, 2002, 244 x 155 cm. Collezione Privata.
“The Shopping Cart” olio su lino / oil on linen, 2000, 159 x 191 cm. MART. Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.
“The head masterwears a beard” olio su tela / oil on canvas, 1998, 241 x 242 cm. Collezione Maurizio Morra Greco, Napoli.
“The Cage” olio su lino / oil on linen, 2000, 166 x 184 cm. Collezione Privata, Milano.
“Shoes” olio su tela / oil on canvas, 2002, 216 x 180 cm. Collezione Antonio Colombo, Milano.
“Jack and Jill” olio su tela / oil on canvas, 1998, 180 x 180 cm. Collezione Privata, Milano.
“Man with hat in airplane” olio su tela / oil on canvas, 2001, 200 x 300 cm. Courtesy Galleria Massimo Minini, Brescia.
“The Horseman Bride” olio su lino / oil on linen, 2000, 72 x 74 cm. Collezione Francesca Minini, Brescia.
"Sleeping beauty #2" olio su tela / oil on canvas, 2002, 167 x 229 cm.
“Cadaver Dog” olio su tela / oil on canvas, 1997, 142 x 175 cm. Collezione Privata, Milano.
"Sleeping beauty" olio su tela / oil on canvas, 2002, 271 x 230 cm.
“My sister’s wedding” olio su tela / oil on canvas, 1998, 185 x 185 cm. Collezione Alfredo Paramico, Napoli.
“As I was about to eat...” olio su tela / oil on canvas, 1998, 176,5 x 176,5 cm. Collezione Privata, Milano.
“Valeria Marini da piccola con i due cowboys” olio su tela / oil on canvas, 1997, 33 x 46 cm. Collezione Privata, Torino.
“Dead bitch” olio su tela / oil on canvas, 1998, 148 x 148 cm. Collezione Maurizio Morra Greco, Napoli.
“Superman” olio su lino / oil on linen, 2000, 160 x 208 cm. Collezione Privata, Milano.
“Major General D.C. Buell” olio su tela / oil on canvas, 1998, 174 x 174 cm. Collezione Bulbarelli, Mantova.
“Monsignor Dionigi Tettamanzi” olio su tela / oil on canvas, 1997, 32 x 54 cm. Collezione Privata.
"As seen in Glamour", olio su tela / oil on canvas, 2002, 200 x 145 cm.
“Hog tied” olio su tela / oil on canvas, 2000, 168,7 x 188 cm. Collezione Alfredo Paramico, Napoli.
“Woman Drinking” olio su lino / oil on linen, 2001, 157 x 199 cm. Collezione Privata.
“Sei venuto per ridere di me. Come sei crudele!” olio su tela / oil on canvas, 1997, 28 x 63 cm. Collezione Privata, Ovada (AL).
106 comitato d’onore / honorary advisory antonio bassolino, achille bonito oliva, eduardo cicelyn, rachele furfaro
un particolare ringraziamento a tutti i prestatori delle opere a very special thank you to all those who loaned works
si ringrazia / thanks to elena iannone e marina vergiani / assessorato alla cultura, comune di napoli elena iannone and marina vergiani / assessorato alla cultura, comune di napoli alfonso artiaco, silvana dello russo e rosalba manzo / servizio pianificazione artistico culturale alfonso artiaco, silvana dello russo and rosalba manzo / servizio pianificazione artistico culturale marica guarriello / collaborazione orgazzativa marica guarriello / organizational support gino, enzo e marco ramaglia / collaborazione tecnica gino, enzo e marco ramaglia / technical support
questo catalogo è dedicato a michela cella this catalogue is dedicated to michela cella
ryan mendoza ringrazia personalmente maurizio morra greco ryan mendoza — my personal thanks to maurizio morra greco
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106 comitato d’onore / honorary advisory antonio bassolino, achille bonito oliva, eduardo cicelyn, rachele furfaro
un particolare ringraziamento a tutti i prestatori delle opere a very special thank you to all those who loaned works
si ringrazia / thanks to elena iannone e marina vergiani / assessorato alla cultura, comune di napoli elena iannone and marina vergiani / assessorato alla cultura, comune di napoli alfonso artiaco, silvana dello russo e rosalba manzo / servizio pianificazione artistico culturale alfonso artiaco, silvana dello russo and rosalba manzo / servizio pianificazione artistico culturale marica guarriello / collaborazione orgazzativa marica guarriello / organizational support gino, enzo e marco ramaglia / collaborazione tecnica gino, enzo e marco ramaglia / technical support
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ryan mendoza ringrazia personalmente maurizio morra greco ryan mendoza — my personal thanks to maurizio morra greco
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ryan mendoza almost american
museo castel nuovo
ryan mendoza almost american