Portfolio Sabrina Cerea

Page 1

cereasabri@yahoo.it +39 388 6166556 +41 (0) 78 302 20 30

Was born in Erba, Italy in 25.11.89 At the moment lives in Lugano Switzerland

Bachelor of Arts SUPSI, Visual Communication

Sabrina Cerea

from 25.11.89 to 01.2012

SPECIAL EDITION

MY NEWS

Graphic Design Photography Audiovideo Thesis Project Curriculum 2

24

34

40

58


Graphic Design

Artichoke magazine University Project SUPSI Lugano Teacher: Sidi Vanetti Article about Felice Varini artist X.2010 XII.2010

Made an interview to Felice Varini and wrote the article for the school magazine. The editorial project is reflecting the basic idea of the artist’s works of making geometrical forms by using the space. The pages can be folded in order to make the full name of Felice Varini appear.


Organizziamo il viaggio per incontrare Felice Varini in Italia, a Roma: l’appuntamento è fissato per mercoledì 6 ottobre nel pomeriggio. Il gruppo – composto da Gioele, Giulia, Sabrina e Valeria – si ritrova alla stazione di Milano Centrale alle 6.50 con destinazione Roma Termini. È mattino presto, fa freddo e siamo soli nello scompartimento, un’ottima occasione per metterci comodi e riposare. Arriveremo a destinazione solo dopo otto ore. Poco dopo la stazione di Firenze Santa Maria Novella riceviamo una telefonata. È Sidi Vanetti, docente capo progetto di Artichoke. Ci informa che Felice Varini oggi è a Napoli, per inaugurare un suo lavoro, anziché a Roma. Abbiamo poco tempo per decidere se attenderlo a Roma, dove ci raggiungerebbe l’indomani, o andare da lui a Napoli oggi stesso. Gli zii di Gioele ci possono ospitare a Napoli per la notte: è fatta, decidiamo di raggiungerlo oggi stesso. Lasciamo il nostro treno a Roma, pranzo veloce e di nuovo in viaggio, su un convoglio piuttosto scomodo. Arrivati a Napoli decidiamo di andare subito alla mostra. Dopo aver preso la metropolitana chiediamo indicazioni a un negoziante, che ci dà un’informazione sbagliata; girovaghiamo per una buona mezz’ora nel centro storico prima di raggiungere, esausti, la mostra. Carichi di borse, stanchi e spaesati, dopo più di dodici ore di viaggio, finalmente arriviamo alle 19.00 allo Studio Trisorio, giusto in tempo per l’inaugurazione. Felice Varini ci riconosce, si presenta e ride a proposito del malinteso sul luogo dell’appuntamento. L’inaugurazione è cominciata, gli invitati all’aperitivo sono molti e così l’artista ci propone d’intervistarlo l’indomani a Roma dove andremo con la sua automobile. Siamo molto curiosi di vedere l’opera e dopo una breve introduzione dell’autore entriamo in una stanza buia: l’unica fonte di luce è l’opera stessa, grazie all’utilizzo di una particolare vernice i cui pigmenti sono fosforescenti e liberano luce, dopo averne accumulata in precedenza. È la seconda installazione realizzata da Varini con questa tecnica. Passiamo molto tempo a osservare da vicino come le figure tocchino particolari punti della stanza, come gli stipiti delle porte, gli spigoli, il centro perfetto dell’intradosso. Tutti particolari che si possono apprezzare davvero solo vivendoli in prima persona. Usciti dalla stanza, approfittiamo dell’occasione per intervistare una collaboratrice della galleria: inaugurato nel 1974 da Pasquale e Lucia Trisorio con una mostra di Dan Flavin, lo Studio Trisorio attraversa i settori dell’arte contemporanea per rendere testimonianza delle varie tendenze. Riceviamo infine da Varini l’invito a raggiungerlo dopo cena a casa di Lucia Trisorio, dove troveremo alcuni amici

The trip is organised in order to meet Felice Varini in Italy, in Rome to be precise. The appointment is for the afternoon on Wednesday 6th of October. The group made up of Gioele, Giulia, Sabrina and Valeria sets out from Milan’s Central Station at 6:50. Our destination is the station of Roma Termini. It’s early in the morning, it’s cold and we have the compartment to ourselves. A good occasion for making ourselves comfortable and for resting a bit. We’ll arrive at our destination only after eight hours. A little way out of the station of Santa Maria Novella (Florence) we receive a phone call. It’s Sidi Vanetti, our teacher and project chief of Artichoke. He tells us that today Felice Varini is in Naples - instead of Rome - for the inauguration of one of his works. We don’t have much time to decide whether to wait for him in Rome, where he would arrive the following day, or else go and meet him today in Naples. Gioele’s aunt and uncle can put us up for the night in Naples. The decision is made. We’re going to meet him today. We get off our train in Rome, have a quick lunch and set out again in a rather uncomfortable compartment. On having arrived in Naples we decide to go to the exhibition immediately. After having taken the Underground we ask a shopkeeper for directions. The information is wrong. We wander around the historical centre for a good half hour before arriving - exhausted - at the exhibition. Laden with bags, tired and feeling lost, after a trip of more than twelve hours we finally arrive at the Studio Trisorio, just in time for the inauguration at 19.00. Felice Varini recognises us. He presents himself and laughs about the misunderstanding regarding the place of our meeting. The inauguration has begun. A lot of people have been invited to the aperitif and so the artist proposes to interview him the next day in Rome (where he’ll take us in his car). We’re very curious to see the work and following a brief introduction by the artist we enter a dark room. The only source of light is the work itself thanks to the use of a special paint whose pigments are phosphorescent and which free light after having previously accumulated it. It is the second installation created by Varini which uses this technique. We spend a long time observing from close-up how the figures touch particular points of the room such as the door-jambs, the corners and the perfect centre of the intrados. All details that can only really be appreciated by living them personally. On having left the room we profit from the occasion by interviewing a lady who works for the gallery. Opened in 1974 by Pasquale and Lucia Trisorio with an exhibition by Dan Flavin, the Studio Trisorio spans all the sectors of contemporary art, testifying to its various tendencies. At the end

a pieg

ntain

ou te m

on am

fold

73


Signs Castelgrande Bellinzona 2001

piega a monte/ mountain fold

Segni Castelgrande Bellinzona 2001

e artisti ospiti della curatrice della galleria. Prendiamo così la via per Napoli alta e ben presto raggiungiamo gli zii di Gioele: le ragazze vengono messe al corrente degli usi e costumi della città, mentre Gioele e suo cugino Dario vanno ad acquistare la cena, ovviamente pizza. Nonostante la fame e l’ineguagliabile prelibatezza, facciamo fatica a finire tutto. È il momento di tornare da Varini: è tardi e la funicolare è chiusa, dobbiamo affrontare una lunga passeggiata, ma tutta in discesa. Guidati dal navigatore satellitare, raggiungiamo il castello dove risiede Lucia. Una volta entrati, cerchiamo di metterci a nostro agio aiutati da un bicchiere di vino bianco e qualche pasticcino: ci troviamo in un ambiente e con una compagnia fino a poco fa impensabile e irraggiungibile. Varini ci presenta i vari ospiti fra cui spicca Mimmo Jodice, fotografo napoletano incontrato anche durante i nostri studi. Attorno a noi centinaia di libri di arte, in particolare contemporanea. Sabrina e Giulia non riescono a stare ferme un secondo e sfogliano tutto quello che riescono: manuali, cataloghi, monografie, ogni cosa. Siamo gli ultimi a lasciare casa Trisorio e quindi accompagniamo Varini verso il suo appartamento facendo quattro passi nel centro di Napoli. Ci suggerisce un taxi per il ritorno ma decidiamo di raggiungere il mare per poi riprendere la via di casa con le nostre gambe. Facciamo però male i conti e poco dopo aver salutato l’artista dandoci appuntamento alla mattina dopo, siamo troppo stanchi e, senza raggiungere nemmeno il lungomare, torniamo verso casa. Il mattino, sveglia alle 8.40, doccia veloce per tutti e dopo aver salutato chi ha avuto la gentilezza di averci ospitato, facciamo rotta per piazza dei Martiri. Ormai ci muoviamo a passo sicuro grazie all’esperienza del giorno precedente. Arriviamo veloci a destinazione e cerchiamo di caricare quanti più bagagli possibile sull’auto di Felice Varini. Il luogo dell’appuntamento è lo Spazio Trisorio in vicolo delle Vacche a Roma. Gioele viaggerà in treno. Dopo un primo momento d’imbarazzo, Varini rompe il ghiaccio chiedendo alle ragazze quale impressione si sono fatte sull’esperienza della serata precedente: scoprendo con sconcerto che era la loro prima volta a Napoli, dirotta l’auto in un giro turistico sul lungomare, fra battute di spirito, venditori ambulanti, bancarelle abusive e impavide inversioni a U. Fuori città l’artista nota i volti ancora assonnati delle sue compagne di viaggio e propone una sosta per la colazione perché, parole sue: «Non bisogna soccombere alla vita». Dopo aver chiacchierato così del più e del meno, approfittiamo delle due ore di viaggio che ancora mancano per iniziare l’intervista.

we receive the invitation from Varini to join him after dinner at the home of Lucia Trisorio where we’ll find some friends and artists who are the guests of the gallery owner. And this point we take the road for the upper part of Naples and we soon arrive at the home of Gioele’s aunt. The girls are given a quick lesson in the customs of the city while Gioele and his cousin, Dario, go off to buy dinner. Pizza, of course. And notwithstanding its fame and incomparable deliciousness we struggle to finish it all. It was time to go back to meet Varini. It’s late and the funicular is closed. We have to face a long walk although it’s all downhill. Guided by our Sat Nav we reach the castle where Lucia lives. As soon as we enter we try to settle down, helped by a glass of white wine and some pastries. We find ourselves in an atmosphere and with company that only a short time before was unthinkable and ‘out of reach’. Varini presents us to the various guests including Mimmo Jodice, the Neapolitan photographer we have also met during our studies. Around us there are hundreds of art books, contemporary in particular. Sabrina and Giulia can’t sit still for a moment and page through everything they can: manuals, catalogues, monographs... everything there is. We’re the last to leave the Trisorio household and then on foot in the centre of Naples we accompany Varini in the direction of his flat. He suggests we take a taxi but we decide to reach the seafront before taking the road back, again on foot. However we miscalculate and soon after saying good night to the artist, with an appointment for the morning, we realise we’re too tired. Without even reaching the seafront we turn back home. The next morning. The alarm clock goes off at 8:40, speedy showers for all of us. And after having thanked who was kind enough to give us hospitality we set off for Piazza dei Martiri. At this point we know how to move around, after the previous day’s experience. We quickly arrive and try to stuff as much luggage as possible in Varini’s car. The appointment is at the Spazio Trisorio in Vicolo delle Vacche in Rome. Gioele is going to travel by train. After a certain embarrassment at the beginning Varini ‘breaks the ice’, asking the girls what impression they had had regarding the previous evening. Disconcerted at discovering that it was their first visit to Naples, he ‘hijacked’ his own car and took off for a tour along the seafront amidst witticisms, street sellers, ‘illegal’ stalls and undaunted U-turns. Now outside of the city the artist noticed the still drowsy faces of his fellow travellers and proposed a stopoff for breakfast because - as he put it - “One mustn’t succumb to life”. After having chattered about ‘this and that’ we took advantage of the remaining two hours of the journey to begin the interview.

74


L’intervista Felice Varini non ha mai amato particolarmente lo studio. Ha vissuto in Ticino fino a venti anni ma sentiva qualcosa che lo spingeva a lasciare Locarno, la sua città natale. Decise quindi di trasferirsi a Ginevra dove restò per sei anni. A ventisei anni si trasferì a Parigi grazie a una borsa di studio ricevuta dal canton Ticino. «A Parigi ho trovato una città viva dove si respirava il clima del ‘68: era una fiera quotidiana e sentivo di dover sfruttare tutto ciò che la città offriva». Si iscrisse così all’Université de Versailles, dove iniziò a lavorare con gli spazi, andando alla ricerca di edifici in disuso che diventavano ambiente e culla delle sue opere: «In questo periodo collaboravo con un gruppo di amici, anche loro studenti a Versailles, trovavamo da soli i luoghi dove esporre le nostre opere, non avevamo gallerie di riferimento, era un lavoro indipendente e innovativo. Alle mostre partecipavano artisti della sfera parigina». Il luogo più determinante per lui fu l’usine Palicao, a Parigi, una vecchia fabbrica in disuso che doveva essere demolita perché tutto il quartiere doveva essere rinnovato. Divenne così per due anni un luogo di avvenimenti di ogni tipo dove trovavano spazio anche numerose esposizioni, tra cui la prima personale di Felice Varini: era il 1981. Di quell’esperienza l’artista ricorda: «Arrivò tanta gente, il mio lavoro venne visto e apprezzato e da quel momento fui invitato a fare altre esposizioni e il legame che si era così costruito fra me e quel mondo crebbe, stringendosi anche con persone importanti del mondo dell’arte. Così fu per me e per altri artisti che si trovavano là». «Grazie a quell’esperienza conobbi gente già affermata come Daniel Buren e Niele Toroni (nato a Muralto nel 1937), un artista ticinese che viveva a Parigi dal 1959. Artisti che hanno sviluppato un lavoro sulla pittura nel periodo minimale e concettuale a cavallo fra gli anni sessanta e ottanta». Nel 1983, leggendo un articolo sul quotidiano Libération, seppe di un’imminente esposizione che avrebbe ospitato solo artisti già conosciuti, anche internazionali, presso una chiesa sconsacrata destinata alla demolizione situata proprio nel centro della città. Fu organizzata da giovani artisti per permettere di esporre anche a chi operava in modo diverso dalle correnti che gallerie e musei erano disposti ad accogliere, personaggi che lavoravano a cavallo di diverse tecniche, non rispettando le regole tradizionali, soprattutto nelle modalità di esposizione. Si trattava infatti per lo più di installazioni, happening, lavori strettamente connessi allo spazio che li ospitava. C’erano artisti da tutta Europa, oltre a quelli provenienti dall’America. «Artisti di cui, sinceramente, conoscevo poco» confessa Varini. Dato che si trattava di una chiesa sconsacrata, regola dell’esposizione era che ogni tre mesi il pubblico veniva

The interview Felice Varini never really liked studying. He lived in the Canton of Ticino until he was twenty although he felt something that urged him to leave Locarno, his birthplace. He decided to move to Geneva where he stayed for six years. At the age of 26 he then moved to Paris, thanks to a scholarship awarded by the Canton of Ticino. “In Paris I found a dynamic city where you breathed the atmosphere of ‘68: it was like a festival everyday and I felt I had to make the most of everything the city had to offer”. He enrolled at the Université de Versailles where he began to work with spaces, looking for abandoned buildings which became the environment and ‘cradle’ of his works: “During this period I collaborated with a group of friends who were also students at Versailles. We used to find the places ourselves where we exhibited our works. We didn’t have galleries as a point of reference, it was an independent and innovatory work. Artist from Paris took part in these exhibitions”. The most significant place for Varini was the Palicao factory in Paris, an old abandoned building which was to be demolished for the renovation of the quarter. For two years it became a place for events of every kind. It was also the site of numerous exhibitions including Varini’s first one- man exhibit in 1981. The artist recalls that experience as follows: “A lot of people came. My work was seen and liked by the visitors. From that point on I was invited to take part in other exhibitions and the bind that had been created between me and that world became more consolidated, also involving important personalities of the art world. This was true for myself and for other artists. [...] Thanks to that experience I got to know people who were already affirmed, such as Daniel Buren and Niele Toroni - born in Muralto, Canton of Ticino, in 1937 - who had lived in Paris since 1959: artists who had developed their pictorial work during the Minimal and Conceptual period that bridged the 1970s- 1980s”. After reading an article in 1983, published in the French daily Libération, he learned about a planned exhibition that would only have exhibited artists who were already known - also international ones - to be housed in a deconsecrated church awaiting demolition located in the centre of the city. The exhibition was organised by young artists in order to also exhibit those who worked in ways that were not in line with the currents that the galleries and museums were prepared to house: artists who employed diverse techniques and who didn’t ‘respect’ the traditional rules, above all regarding exhibitions. In fact, these were mostly installations and happenings, works intimately connected to the space that housed them. There were artists from all over Europe, besides those from the United States. “Artists about whom, quite sincerely, I knew very little”, Varini confesses.

Cinque cerchi ordinatamente in disordine, Studio Trisorio, Roma, 2010

Five circles orderly in disorder, Studio Trisorio, Roma, 2010

75


convocato alle undici del mattino della domenica per scoprire la nuova situazione: era un modo per mantenere la ritualità connessa al luogo. Era comunque lasciata ai vari artisti la decisione di rinnovare o meno le proprie installazioni, scegliendone autonomamente tempi e modalità, creando così un’armonia senza l’autorità di un curatore. Terminato l’articolo, un solo pensiero echeggiava nella mente del giovane artista ticinese: «Questo mondo allora esiste, è molto vicino a ciò che faccio e che voglio fare: devo assolutamente esporre in questo spazio». Varini ci spiega come all’epoca fosse complesso reperire ogni genere di contatto personale, perché non esistevano telefoni cellulari. Riuscì comunque a ottenere il numero di telefono della responsabile dell’iniziativa, esprimendo così la volontà di mostrare i propri lavori, nella convinzione che quello fosse il posto giusto per lui. Ottenne così un appuntamento al quale però non trovò nessuno ad accoglierlo: se ne erano dimenticati, erano tutti a pranzo. Attese e la sua pazienza fu premiata: arrivò Daniel Buren, cui sottopose le diapositive delle opere, dicendo: «Credo di poter esporre in questo luogo». «Che sfrontatezza!» fu la risposta. Dopo aver visionato appena una decina di immagini, Buren concluse dicendo: «Credo vada bene, puoi esporre». Sopraggiunsero altri artisti e galleristi che confermarono: «Se va bene a Daniel, va bene anche a noi». «In un attimo mi sono trovato in mezzo a questo mondo – racconta Varini –. Quello fu un momento importantissimo per me. Ho partecipato a questa avventura durata un anno e mezzo o due. Ho conosciuto un fulcro importante nel mondo dell’arte e le cose si sono accese molto di più di prima. A volte non si osa, stupidamente, ma se quello che fai è chiaro nella tua testa non si deve aver timore nel mostrarlo. Io ero sicuro di ciò che facevo e ho voluto rischiare. Più tardi mi sono accorto che mai nessun artista è stato accolto così come avvenne per me. Perciò Daniel Buren è stato determinante per la mia carriera». Felice Varini decise di abbandonare la pittura su cavalletto e da studio una volta giunto a Parigi e da allora lo stile delle sue opere non è molto cambiato. Tale decisione maturò grazie alla voglia di andare oltre alla bidimensionalità della tela e di lavorare con lo spazio, giocare con la sua tridimensionalità. Diveniva importante aumentare le possibilità offerte dalla pittura tradizionale ed esprimersi al di là di una superficie prestabilita. Cominciando a operare in questo modo, l’artista decise di porsi delle regole: «Ogni opera andava creata partendo da un punto di vista che permettesse di creare un rapporto diretto con lo spazio. Una volta completata l’opera, esso va abbandonato: capiti quel che capiti, deve prevalere l’espressione dell’astratto che va oltre il desiderio dell’arti-

Given that it was a deconsecrated church the exhibition ‘rule’ was that every three months the public was invited at 11 o’clock on a Sunday morning in order to discover the new exhibition situation: a way by which to maintain the ritual nature represented by the church. However, the decision to replace or leave their installations as they were initially presented was up to the various artists, autonomously choosing times and methods, in this way creating a harmony without the authority of a curator. On having read the article there was only one thought that continued to echo in the mind of the young Ticinese artist: “So this world does exist. It’s very close to what I do and to what I want to do. I absolutely have to exhibit in this space”. Varini explained to us how it was complex in those years to get hold of personal contacts given that cell phones didn’t exist. He nevertheless managed to obtain the telephone number of the person in charge of the in this way expressing his desire to exhibit convinced that this was the right place for him. an appointment at which, however, he found no one to meet. Everyone was at lunch and had simply forgotten. But he waited and his patience paid off. Daniel Buren arrived. Varini showed him the slides of his work, saying: “I think I’m able to exhibit here”. “What a nerve!”, Buren replied. After having seen just about a dozen slides Buren concluded by saying: “I think it’s okay, you can exhibit”. Other artists and gallery owners arrived and agreed: “If it’s okay by Buren then its okay by us”. In Varini’s words: “In a moment I found myself in the middle of this world. That was a very important time for me. I took part in this ‘adventure’ which lasted for eighteen months or two years. I got to know an important fulcrum of the art world and things began to move much more than before. Sometimes - and stupidly - you don’t dare but if what you do is clear in your head then you mustn’t be afraid to show it. I was sure of what I did and I wanted to risk. Later I realised that no other artist had been accepted as I had been. Daniel Buren had therefore been fundamental for my career”. Varini abandoned easel and studio painting as soon as he had arrived in Paris and since then the style of his works has not changed very much. He came to this decision thanks to his wanting to go beyond the bidimensionality of the canvas: he wanted to work with space, to play with its tridimensionality. It became important to increase the possibilities offered by traditional painting, to express himself beyond that of a preestablished surface. In beginning to work in this way the artist decided to impose rules: “Every work was to be created by starting out from a vantage point (or viewpoint) which allowed creating a direct relationship with space. On having completed the work it was initiative, his works, He arranged to be abandoned: no

aa pieg te/

mon ntain

mou

76

fol


sta. L’opera diviene così indipendente dalla volontà dell’artista. Le forme che si ottengono da un altro punto di vista sono inattese e indescrivibili: non c’è più un cerchio, un quadrato, un esagono…». Facciamo notare all’artista come lo spettatore tende comunque a cercare il punto di vista che gli permette di vedere l’opera nella sua totalità, ma egli ribadisce come esso sia utile solo alla costruzione di partenza: bisogna andare oltre, e non piegarsi alla sua dittatura. «Se lo spettatore si accontenta di quel punto di vista sono fatti suoi, ma se è attivo osserverà tutto ciò che capita ed è in quel momento che la cosa diventa interessante, per lui ma soprattutto per me». L’importante è l’esperienza soggettiva che ogni fruitore ha dell’opera. Felice Varini parla di sé come un artista che lavora in modo terribilmente egoista, per il suo profondo interesse e per quella che pensa che la pittura abbia ancora da dire «scoprendo nuovi terreni non ancora arati». Tornando al punto di vista spiega come esso sia puramente meccanico, ottenibile solo attraverso gli strumenti del mestiere che un occhio umano non potrà mai percepire precisamente: «Un cerchio – continua – è solo una visione dello spirito: che lo si voglia o meno un cerchio perfetto non lo potremo mai vedere». Sì apre così una parentesi sulla percezione e la prospettiva dove l’artista spiega: «Osservando lo schermo del nostro computer dal nostro punto di vista non possiamo dire che sia un rettangolo, sarà piuttosto un trapezio, ma diciamo comunque che si tratta di un rettangolo perché siamo strutturati in questo modo. Nella mia strategia metto nello spazio un certo tipo di processo per far apparire delle cose che assumono una loro dinamica, una loro realtà». «Io utilizzo forme geometriche perché gioco con l’alfabeto del reale, gioco con le architetture che hanno una forma geometrica articolata. Parto da forme geometriche semplici che poi diventano complesse una volta abbandonato il punto di vista. La forma semplice si trasforma in mille forme più complesse». Per quanto concerne invece l’uso dei colori, adotta tinte piatte, primarie o secondarie perché nello spazio si confrontano con la luce e le superfici, modificandosi in diverse sfumature: all’interno dello stesso spazio lo stesso colore viene percepito diversamente a seconda della superficie su cui è applicato, come legno o muratura, degli altri colori cui è accostato, della luce che viene riflessa in quel preciso momento: le opere sottoposte alla luce del sole, infatti, sono soggette a una luce che non solo cambia nell’arco della giornata, ma anche nell’intero anno solare. Possiamo così provare a sintetizzare il pensiero dell’artista per quanto concerne l’uso di forme e colori. Forme: la re-

matter what happens, what has to prevail is the expression of the abstract which transcends what the artist wants. In this way the work becomes independent from the wishes of the artist. The forms obtained from another vantage point are unexpected and undescribable: there is no longer a circle, a square, a hexagon...”. We point out to the artist how the viewer tends in any case to look for the vantage point which permits seeing the work in its totality. Varini replies that it is only useful for the initial construction, that it is necessary to move beyond this and not bow to its dictatorship. “If the viewer is satisfied with that vantage point then this is his or her own business. If, on the other hand, the viewer is active then he or she will observe everything that takes place and it is in this moment that the thing becomes interesting, for the viewer but above all for me”. The important thing is the subjective experience which every person has of the work. Varini talks about himself as an artist who works in a terribly egoistic way due to his profound interest and because of what he thinks painting still has to say in “discovering new ground that has not yet been ploughed”. Going back to the vantage point, he explains how it is purely mechanical, only attainable by means of professional instruments which a human eye will never be able to perceive precisely. And he continues: “A circle is only a vision of the spirit: whether one likes the fact or not, we shall never be able to see a perfect circle”. In this way one opens a parenthesis regarding perception and perspective, explained as follows by the artist: “On observing the screen of our computer from our vantage point we cannot say that it is a rectangle. If anything it is a trapezium. We nevertheless say that it is a rectangle because we are structured in this way. In my strategy I include a certain type of process in the space in order to make things appear which take on a dynamism, a reality of their own”. “I use geometrical forms because I play with the alphabet of the real, I play with architectures that have an articulated geometrical form. I start out from simple geometrical forms which then become complex as soon as the vantage point is abandoned. The simple form is transformed into a thousand more complex forms”. Regarding the use of colours, instead, he employs flat colours, primary or secondary colours because within the space they comes to terms with light and the surfaces, modifying themselves into different shades and tones: inside the same space the same colour is perceived differently depending on the surface it is applied to, as in the case of wood or masonry, the other colours with which it is ‘coupled’ and the light reflected in that precise moment. In fact, the works exposed to sunlight are subject to a light that not

77


Zigzag entre le cercle et la tour, Water and Land Art Festival, Niigata, 2009

Zigzag between the circle and the tower Water and Land Art Festival, Niigata (Japan), 2009

altà è una geometria complessa di architetture e spazi. L’opera è realizzata con forme geometriche semplici. Queste forme semplici dell’opera divengono poi forme astratte più complesse una volta adattate allo spazio. Colori: la realtà è composta da migliaia di colori caratterizzata dalla diversità della luce. L’opera è realizzata con un solo colore primario o secondario, a tinta piatta. I colori dell’opera assumono diverse sfumature a seconda di spazio e luce. Secondo l’artista non esiste un mezzo realmente opportuno per documentare le sue opere: «La cosa importante è l’esperienza che si fa nello spazio. L’esperienza è unica», e non può essere documentata. Egli paragona il suo lavoro a un’opera teatrale che risuonerà diversamente a seconda del luogo che la ospita. Nonostante ciò Felice Varini utilizza la fotografia per avere memoria dei suoi lavori e come mezzo di documentazione, collaborando con fotografi professionisti. È interessante scoprire come in una prima fase l’artista indicasse ai fotografi di ritrarre l’opera solo dal punto di vista. Voleva lasciare allo spettatore la possibilità di immaginare gli altri punti. Solo in un secondo momento ha deciso di lasciare ai fotografi la libertà di riprendere le sue opere da punti di vista a loro scelta. Il fotografo decideva anche il numero degli scatti. È chiaro che in questo modo era molto presente il suo sguardo. Felice ha scelto così André Morin per seguirlo in giro per il mondo poiché conosce bene il suo lavoro ed è ritenuto dall’artista «un fotografo oggettivo e chiaro». L’audiovisivo, sempre secondo Varini, è un mezzo che si sta ancora scoprendo e ci anticipa che proprio quest’anno uscirà su di lui un documentario del regista francese David Teboul dal titolo L’art et la manière – Felice Varini: peintreplasticien: «Probabilmente l’opera migliore che sia stata realizzata su di me» Giunti a questo punto chiediamo a Felice Varini se si ritenga più un progettista o un artista, confine che nell’arte contemporanea è ormai sempre più sottile e argomento molto caro a noi studenti. La sua risposta è stata: «Mi ritengo un pittore. Sono legato al mondo della pittura e desidero fare il pittore nel mondo dell’arte contemporanea. Anche perché cosa significa essere un artista in questo periodo?» Ogni opera di Felice è realizzata per fasi ben definite e precise: alla progettazione seguono la proiezione del progetto sulla superficie, la mascheratura, la pittura, la rimozione della maschera e infine la verniciatura. Per quanto riguarda i lavori di grandi dimensioni si serve di assistenti. Importante nell’arte contemporanea è l’interazione fra lo spettatore e l’opera stessa. Per quanto riguarda le sue opere, Varini preferisce parlare di interagilità, per evidenziare

pie

ga

am

on

te/

only changes during the course of the day but also during the entire solar year. We can try to synthesise the artist’s thought as regards the use of forms and colours. Forms: reality is a complex geometry of architectures and spaces. The work is created with simple geometrical forms. These simple forms of the work then become more complex abstract forms on being adapted to the space. Colours: reality is composed of thousands of colours characterised by the diversity of light. The work is created with a sole primary or secondary colour, a flat colour. Those of the work take on different shades and tones depending on the space and light. According to the artist, a really opportune means for documenting his works does not exist: “The important thing is the experience carried out/achieved in the space. The experience is unique” and cannot be documented. Varini compares his work to a theatrical piece which will sound differently depending on the place where it is enacted. Notwithstanding this element, Varini uses photography both in order to have a memory of his work and as a means of documentation, in collaboration with professional photographers. It is interesting to discover how in an initial phase the artist instructed the photographers to portray the work only from the vantage point. He wanted to leave it to the viewer to imagine the other points. Only subsequently did Varini decide to give the photographers the freedom to portray his works from the vantage points they chose. The photographer also decided the number of photos to take. It is clear that in this way the photographer’s eye was of prime importance. In this sense Varini has chosen André Morin to follow him around the world given that the latter knows the artist’s work very well and is considered “an objective and lucid photographer”. Varini informed us that the audio-visual is a medium which he is still discovering regarding its potential, anticipating that this year a documentary will be available entitled L’art et la manière - Felice Varini: peintre- plasticien, filmed by the French director David Teboul: “Probably the best work ever done about me”. Having reached this point we ask Varini whether he considers himself to be more designer or artist, a borderline that in contemporary art is by now becoming increasingly more subtle and a question, moreover, that is of considerable interest to students like ourselves. “I consider myself a painter. I’m tied to the world of painting and I want to be a painter in the world of contemporary art. Also because what does being an artist in this period mean?”. Every work by Varini is carried out by way of very definite

78

mo

un

tai

n


il rapporto tra spazio-pittura e lo spettatore. «Le gru sono spesso i miei pennelli. Arrivo a utilizzarne fino a sessanta metri di altezza», spiega. Oggigiorno l’artista si sente libero e non costretto da alcun impedimento tecnologico: grazie alla tecnologia, gli strumenti a disposizione gli permettono di rendere le sue opere sempre più grandi. Ricorda poi un aneddoto: «Realizzando il lavoro di Bellinzona nel 2001 pensavo di aver raggiunto la dimensione massima. In seguito, nel 2007, realizzai anche quello nel cantiere navale di Saint Nazaire in Francia, che era ancora più grande. Per Bellinzona ho impiegato sei mesi dalla concezione alla realizzazione. Nonostante fosse un periodo molto impegnativo, oggi quello stesso lavoro potrei realizzarlo in quindici giorni, ma essendo il primo lavoro di quelle dimensioni mancavano le attrezzature e le conoscenze. Man mano che lo realizzavo notavo gli errori e i limiti dei mezzi. Realizzare Bellinzona è stato come vincere una gara di Formula 1 con una Fiat 500». Felice Varini realizza le sue opere su invito di gallerie e musei. Sono poi i privati ad acquistarle o a richiedere di realizzarne di nuove presso le proprie abitazioni. Ci racconta come attualmente stia lavorando molto in Giappone: a Nagoya ha appena realizzato un lavoro per un parco pubblico; a Niigata, in occasione del Water and Land Art Festival, ha invece lavorato su un’architettura molto complessa utilizzando una carta plastificata speciale, che non lascia traccia una volta rimossa. Il materiale per realizzare l’opera viene scelto in base al supporto: in quest’ultimo caso, infatti, era necessario non rovinare l’edificio. La vernice non è quindi sempre utilizzabile e, come nel caso di Bellinzona, è stato utilizzato un supporto removibile. Anche le vernici cambiano a seconda della superficie: legno, muratura, cotto, ecc. Chiediamo al nostro interlocutore come vengono scelte le forme: «In base allo spazio in cui vanno inserite. Gli angoli della forma coincidono con i punti nodali dell’architettura; in qualche modo la forma che io scelgo è già scritta nell’architettura che la ospita». Mentre le ragazze completano l’intervista, Gioele, già arrivato a Roma, cerca di raggiungere piazza Navona, a due passi dallo Spazio Trisorio. Mentre l’auto raggiunge le porte della città, Gioele gira a vuoto nel centro storico, temendo di essere in ritardo, ma pochi minuti dopo raggiunge quasi per caso vicolo delle Vacche. Passeggiando attorno a piazza Navona, dopo quasi un’ora, incontra le ragazze mentre Felice parcheggia. Varini ci mostra la sua opera, questa volta realizzata con vernice tradizionale e illuminata dalla luce del sole che

and precise phases: the planning is followed by the projection of the project onto the surface, the stencilling mask, the painting, the removal of the mask and finally the application of the final paint. In the case of large works he is helped by assistants. Something that is extremely important in contemporary art is the interaction between the viewer and the work. When referring to his own works Varini prefers to talk about interagility in order to evidence the relationship between spacepainting and the viewer. “Cranes are often my brushes. I sometimes use them at a height of sixty metres”, he explains. Today the artist feels free, no longer constrained by any sort of technological impediment. Thanks to technology the instruments available allow him to make his works increasingly larger. As Varini recalls: “When I carried out the work in Bellinzona in 2001 I thought I had reached the maximum size. In 2007 I also created the work in the naval shipyard of Saint Nazaire in France which was even bigger. In the case of Bellinzona I spent six months, from the conception of the work to its completion. Even if it was a very ‘arduous’ period today I could carry out that same work in fifteen days. Given that the Bellinzona work was the first of that size I had neither the equipment nor the experience to rely on. As I gradually created it I noticed the mistakes and the limitations imposed by the means at my disposal. Creating the work in Bellinzona was like winning a Formula 1 race with a Fiat 500”. Felice Varini creates his works when invited to do so by museums and galleries. It is then the private collectors who buy or else commission them ex novo for their homes. The artist tells us how at the moment he is working a lot in Japan. In Nagoya he has just completed a work for a public park. In Niigata, instead, on the occasion of the Water and Land Art Festival he instead worked on a very complex architecture by using a special plastic-coated paper which left no trace when it was removed. The material employed to create a work is chosen on the basis of the support. In the case of Niigata, in fact, it was necessary not to damage the building in any way. Paint is consequently not always a possibility: as in the case of Bellinzona, here a removable support was used. And also the paints are different, depending on the surface: wood, masonry, brickwork, etc. We ask Varini how he chooses the forms. “On the basis of the space into which they are to be inserted. The corners (angles) of the form coincide with the nodal points of the architecture. In some way the form I choose is already written into the architecture that acts as its host”.

Felice Varini, Studio Trisorio, Roma, 2010

Felice Varini, Studio Trisorio, Rome, 2010

79


Questione di punto di vista Torna all’inizio dell’articolo e piega le pagine secondo le istruzioni.

Question of vantage point Go to the first page, follow the instructions and fold the pages as you do in origami.

penetra dalla porta a vetri dello spazio. Ci fa notare come con quella luce l’opera assuma una magia nuova, che nemmeno lui ha mai visto. Lo lasciamo pranzare nel ristorante accanto e decidiamo di visitare il Pantheon e la fontana di Trevi: qualche foto e poi di nuovo da Varini per un’ultima chiacchierata e i saluti, nella speranza di vederlo prossimamente, magari a Parigi nel suo studio. Ci dividiamo di nuovo: Giulia e Sabrina, che conoscono già Roma, si dedicano a una passeggiata con un amico della seconda mentre Gioele e Valeria decidono di visitare quanti più luoghi possibili: piazza di Spagna, piazza del Popolo, la basilica di San Pietro, castel Sant’Angelo e il Colosseo. Dopo una rapida chiacchierata con un ragazzo inglese, prendono la metropolitana per tornare a Termini. Ci troviamo di nuovo tutti insieme, uno spuntino, cartoline e l’ultima metropolitana per Roma Tiburtina da dove partirà il treno per Milano. Prima di salire sul treno facciamo amicizia con un ragazzo che Gioele aiuta a fare il biglietto. Decidiamo di organizzarci in modo da dormire comodi ma raggiunto il nostro scompartimento lo troviamo occupato e i nostri piani saltano. Ne troviamo uno occupato da un solo ragazzo che ha avuto il nostro stesso problema: chiacchieriamo un po’ con i nostri imprevisti compagni di viaggio e cadiamo in un sonno profondo che viene interrotto dal capotreno. Arriviamo a Milano dove facciamo colazione e poi via verso Luino — Gioele e Valeria — e per Lugano — Sabrina e Giulia —. È stato per tutti un viaggio meraviglioso: decidere di raggiungere comunque Varini a Napoli nonostante tutti gli imprevisti che abbiamo dovuto affrontare strada facendo, ci ha arricchito enormemente. Oltre ad un artista, anzi un pittore, di fama internazionale, abbiamo conosciuto una persona piacevole.

While the girls complete the interview Gioele, who in the meantime has arrived in Rome, is trying to reach Piazza Navona, just a short distance from the Spazio Trisorio. While Varini’s car enters the city Gioele is aimlessly walking around in the historical centre, afraid that he’s late. Only a few minutes later - and almost by chance - he gets to Vicolo delle Vacche. Having walked around Piazza Navona for almost an hour Gioele finally meets the girls (Varini is trying to park). The artist shows us his work, this time created using traditional paint and lit by sunlight which penetrates the glass door of the space. Varini points out how thanks to that specific light the work acquires a new magic, one that not even he has ever seen. We leave our host to have lunch in the restaurant next door and decide to go and visit the Pantheon and the Trevi Fountain. Some photos and then back again to Varini for a last chat and goodbyes, in the hope to see him again in the near future. Perhaps at his studio in Paris. We separate once again. Giulia and Sabrina - who already know Rome - go off for a walk with a male friend of Sabrina. Gioele and Valeria decide to visit as many tourist sites as possible: Piazza di Spagna, Piazza del Popolo, St. Peter’s Basilica, Castel Sant’Angelo and the Colosseum. Following a quick conversation with an English boy we then take the Underground back to the station of Roma Termini. We are all together again. We have a hurried snack, mail some postcards and then take the last Underground train for Roma Tiburtina from where we take the train to Milan. Before getting on the train Gioele helps a boy to buy his ticket. We decide to organise ourselves. We want to have a comfortable sleep. Unfortunately, our compartment is already full. We instead find one only occupied by a young man who had run into the same problem. We chatter for a while and then fall fast asleep... only to be wakened by the conductor. We arrive in Milan, have breakfast and then off again: Gioele and Valeria in the direction of Luino, Sabrina and Giulia off to Lugano. It has been a wonderful trip for everyone. To have decided to join Varini in Naples ‘enriched’ us enormously, notwithstanding all the apparent confusion involved. Besides getting to know an internationally famous artist - painter, excuse me we met a really delightful person.

80


Steps for doing it

1) went to Rome and Naples to interview the artist Felice Varini 2) wrote the article for the magazine 3) though about how to make the layout 3) found the layout’s idea: the title Felice Varini made by folding the pages 4) made the layout 5) folded the pages


Graphic Design

Insertion magazine University project SUPSI Lugano Alitalia magazine insert X.2008 XII.2008

Layout for Alitalia magazine insert using different variations of Univers Font.




A New Way from the Southern USA to Europe Nonstop Atlanta-Milan Leave

Arrive (next day)

Atlanta 17:35

Milan Malpensa 8:50 Vienna Austria 11:00 Prague Czech Republic 11:30 Berlin Germany 11:45 Athens Greece 13:25

All times shown are local

lstambul Turkey 13:50

Alitalia now provides daily nonstop service from Atlanta to Milan. This flight is co-shared with Delta Air Lines and operates with the state-of-the-art Boeing 767 aircraft. Alitalia provides continuing service from its hub at Milan’s Malpensa Airport to major business centers not only in Italy but also across Europe. And, many connections in Milan are less than two hours. Alitalia Reservations: www.alitalia.com +39 06 2222


Nonstop Atlanta Milan a New Way from the Southern USA to Europe. All times shown are local

Alitalia now provides daily nonstop service from Atlanta to Milan. This flight is co-shared with Delta Air Lines and operates with the state-of-the-art Boeing 767 aircraft.

Alitalia provides continuing service from its hub at Milan’s Malpensa Airport to major business centers not only in Italy but also across Europe. And, many connections in Milan are less than two hours.

Alitalia Reservations: www.alitalia.com +39 06 2222

evirrA Leave Next day Milan Malpensa 8:50 Vienna Austria 11:00

17:35 Atlanta

Prague Czech Republic 11:30 Berlin Germany 11:45

Athens Greece 13:25 Istambul Turkey 13:50


17


Graphic Design

BodYoni lettering University project SUPSI Lugano Giambattista Bodoni lab XI.2009

Bauer Bodoni font, fantasy re-made. Giambattista Bodoni was born in 1740 and was an italian typographer. Creator of the famous Bodoni Typeface. The work consists in a ironic reinterpretation over the Bauer Bodoni Font using wooden puppets.


19


Graphic Design

S. Anna yogurt label Committent: S. Anna Farm Label packaging VII.2009

Yogurt label. Yogurt produced by a farm and restaurant in Eupilio called S. Anna. The different flavours of the yogurts are identified on the top with a sticker.


YOGURT NATURALE 200 gr Ingredienti: latte, fermenti lattici vivi, purea di frutta (se alla frutta). Conservare a temperatura da +1 a +4 C Prodotto per azienda agricola S. Anna Non disperdere nell’ambiente.

SCADENZA:

SCADENZA:

YOGURT NATURALE 200 gr Ingredienti: latte, fermenti lattici vivi, purea di frutta (se alla frutta). Conservare a temperatura da +1 a +4 C Prodotto per azienda agricola S. Anna Non disperdere nell’ambiente.

SCADENZA: SCADENZA:

SIGILLO DI GARANZIA SIGILLO DI GARANZIA

SCADENZA:

SIGILLO DI GARANZIA SCADENZA:

SCADENZA:

YOGURT NATURALE 200 gr Ingredienti: latte, fermenti lattici vivi, purea di frutta (se alla frutta). Conservare a temperatura da +1 a +4 C Prodotto per azienda agricola S. Anna Non disperdere nell’ambiente.

YOGURT NATURALE 200 gr Ingredienti: latte, fermenti lattici vivi, purea di frutta (se alla frutta). Conservare a temperatura da +1 a +4 C Prodotto per azienda agricola S. Anna Non disperdere nell’ambiente.

YOGURT NATURALE 200 gr Ingredienti: latte, fermenti lattici vivi, purea di frutta (se alla frutta). Conservare a temperatura da +1 a +4 C Prodotto per azienda agricola S. Anna Non disperdere nell’ambiente.

YOGURT NATURALE 200 gr Ingredienti: latte, fermenti lattici vivi, purea di frutta (se alla frutta). Conservare a temperatura da +1 a +4 C Prodotto per azienda agricola S. Anna Non disperdere nell’ambiente.

SCADENZA:

SIGILLO DI GARANZIA

SCADENZA:

SIGILLO DI GARANZIA SIGILLO DI GARANZIA SIGILLO DI GARANZIA SIGILLO DI GARANZIA

YOGURT NATURALE 200 gr Ingredienti: latte, fermenti lattici vivi, purea di frutta (se alla frutta). Conservare a temperatura da +1 a +4 C Prodotto per azienda agricola S. Anna Non disperdere nell’ambiente.

YOGURT NATURALE 200 gr Ingredienti: latte, fermenti lattici vivi, purea di frutta (se alla frutta). Conservare a temperatura da +1 a +4 C Prodotto per azienda agricola S. Anna Non disperdere nell’ambiente.

YOGURT NATURALE 200 gr Ingredienti: latte, fermenti lattici vivi, purea di frutta (se alla frutta). Conservare a temperatura da +1 a +4 C Prodotto per azienda agricola S. Anna Non disperdere nell’ambiente.

21

SIGILLO DI GARANZIA


Editorial Water color illustration


23

Ink pen illustration


Photography

Hold the line photo Erasmus Project IADE Lisbon Photo IV.2010

Developed a photo that could identify the whole erasmus group. The photo shoot took place in a university’s photography studios.


25


Photography

Publicity photos University project IADE Lisbon Photo V.2010

The work during the Photography Lab consisted in realising pictures for advertising campaigns.


1

Photos made for an hypothetical campaign for Knorr company.

2

Photo made for a clock pubblicity. Personal take on the idea of time.

3

Woman’secret photo pubblicity.

27


Photography


29


Photography


31


Photography


33


Audiovideo

Città delle Alpi logo and video University project Real committent: Città delle Alpi Logo (1) and Iphone Application (2) X.2010.

The association Città delle Alpi is originated by the main cities of the Alps. They asked students to design their logo. Mine (1) was the chosen one to represent Città delle Alpi. It is based on the idea of a community, a group formed by each singular city around a table. The app (2) I made was an addition to the idea. http://www.youtube.com/watch?v=OsVSEqPglHU


1 35

2


Audiovideo

Wanted! Iphone App University project SUPSI Lugano Application for Iphone and spot X.2009

Creation of a new application for I-phone plus a video to showcase how to use the app. http://www.youtube.com/watch?v=Ou2UqpLCrGg


37

WANTED

AT&T WANTED

WANTED

Choose


Audiovideo

The Kid Trailer University project SUPSI Lugano Analysis and Trailer IV.2009

Realization of a trailer inspired by the analysis of the movie The Kid (1921). http://www.youtube.com/watch?v=rJ-9WnHgPY8


39

BeDifferent Animation University project IADE Lisbon Creative animation IV.2010

Short narrative animation movie. http://www.youtube.com/watch?v=ibe_YJKQDtg


Thesis Project



Thesis Project

Thesis Project Bachelor thesis project in Visual Comunication at SUPSI Lugano. Final mark: C 15.IX.2011

Thesis’s project consists on planning and communicating an image of an hypothetical exhibition of swiss design, titled: compattabile, pieghevole, componibile (compact, folding, modular). The exhibition topic is about the specific characteristics that the title remarks. The final products are the exhibition’s poster and four languages catalogue.


III.

III. III.

könnten. In diesem Zusammenhang habe ich neben den Gegenständen der Aus-

23 stellung ein neues hinzugefügt (Projekt von 21 Bruno Monguzzi, 1991, Projekt Hist(oie)res,

24 1995, Projekt Huber/Munari, 2000), um zu

La conferma e la definizione del tema è avvenuta però solo a seguito di un importante incontro con Giampiero Bosoni, architetto di Milano, nonché esperto di design. Lui ha confermato l’indubbia presenza del tema come una delle caratteristiche del design svizzero. Durante l’intervista numerosi sono stati gli aggettivi e le definizioni legate a questo argomento, ma, tra le tante, sono immediatamente emerse queste tre parole: compattabile, pieghevole, componibile.

unterstreichen, wie dieser Aspekt des kompakten, faltbaren und modularen Mechanismus, der jedes Objekt bewegt, um es nützlich zu machen, heute immer noch präsent ist und nicht nur ein besonderes Merkmal, das mit der Geschichte verbunden ist. Wer also die Ausstellung verlässt kann sich folglich damit vergnügen, denn für mich war es ein Vergnügen, die Auswahl an Gegenständen fortzuführen.

Ein Motiv für die Titelwahl Titel: kompakt, faltbar und modular - die wandelbare Anpassungsfähigkeit des schweizerischen Objekts. Seit dem Beginn war der Wille vorhanden eine Ausstellung zum schweizerischen Design zu entwickeln, ausgehend von der Auswahl einer besonderen Thematik, vom Moment dass das, was mich am meisten interessierte war nicht, einen Weg durch die Geschichte

tiforme adaptabilité de l’objet Suisses. Dès le commencement j’ai suivi la volonté de développer une exposition sur le design Suisses, en partent du choix d’une thématique particulière, du moment que ce que plus m’intéressait n’était pas le développement d’un parcours historique, mais de m’appliquer dans un approche transversale. En considérant les caractéristiques territoriales et culturelles Suisses, nous avons remarqué que souvent le peuple Suisses était identifié à travers les mots ‘rigueur’, ‘rigidité’, ‘précision’. Voilà la décision de montrer des aspects différents et opposés, à partir du ‘pliable’ en tant que conformation en apparente antithèse aux concepts de ‘précision’ et ‘rigidité’.

De toute façon, la ratification et la définition du thème a suivi un important rendez-vous avec Giampiero Bosoni, architecte de Milan, et honorable expert de design. Il m’a confirmé réelle présence du sujet comme un des fondements du design Suisses. Pendant l’interview, ils ont été tirés plusieurs adjectives et définitions liés à cet argument,

20 21

c’è forse qualcosa del design italiano pur

Il Ticino era poverissimo, si arricchirà solo in seguito grazie all’Italia tra gli anni Trenta e Cinquanta, con le banche. Nel Novecento, e molto di più nel dopoguerra, inizia invece a svilupparsi la svizzera di Ginevra, dove l’idea del lingotto e del deposito dell’oro diventa un aspetto presente che forse ha condizionato anche quest’oggetto comune. Se lo guardiamo capovolto, infatti, sembra effettivamente un lingotto d’oro. Quest’oggetto conserva, nel suo essere ibrido, delle caratteristiche tipicamente svizzere legate al processo funzionalista: le tacchette che vi sono incise sopra fanno riferimento anche al peso, non è tanto importante dirti quanto è lunga, ma sapere quanto pesa la torta e quindi quanto materiale devi usare. Il riferimento è ai pesi e non alla quantità perché ciò che metti dentro all’inizio è basso e poi si gonfia con la cottura, quindi devi sapere quanta pasta mettere per evitare che esca fuori dalla tortiera. In più, è un oggetto fatto con una sola lamina di metallo piegato: è un foglio piegato, un origami!

trasportare, pronta ad essere usata qualora dovesse succedere qualcosa. A monte di tutto ciò, forse, influisce anche l’aspetto geografico. La Svizzera è luogo di montagna, soggetto a climi e a situazioni che nella storia sono stati sicuramente molto pesanti. Lunghi momenti di isolamenti con difficoltà a reperire ogni tipo di rifornimento e clima ostile portano ad una cultura di montagna dove ogni cosa deve servire bene, a lungo ed in maniera sicura. Di conseguenza le attrezzature devono essere molto severe ed efficaci e in condizione anche estreme gli oggetti devono servire fattivamente come fosse una battaglia contro le ostilità. Quindi questa cultura di sopravvivenza, di resistenza, di capacità di affrontare i continui problemi porta a far sì che gli oggetti siano funzionali in questo senso. La cosa curiosa come succede in tutte le cose è che nei decenni, forse nei secoli, le cose cambiano e si vede la comparsa di strani ibridi nei quali rimangono delle tracce di una coerenza rispetto ad alcuni aspetti, ma allo stesso tempo c’è anche la spontanea e anch

trasportare, pronta ad essere usata qualora dovesse succedere qualcosa. A monte di tutto ciò, forse, influisce anche l’aspetto geografico. La Svizzera è luogo di montagna, soggetto a climi e a situazioni che nella storia sono stati sicuramente molto pesanti. Lunghi momenti di isolamenti con difficoltà a reperire ogni tipo di rifornimento e clima ostile portano ad una cultura di montagna dove ogni cosa deve servire bene, a lungo ed in maniera sicura. Di conseguenza le attrezzature devono essere molto severe ed efficaci e in condizione anche estreme gli oggetti devono servire fattivamente come fosse una battaglia contro le ostilità. Quindi questa cultura di sopravvivenza, di resistenza, di capacità di affrontare i continui problemi porta a far sì che gli oggetti siano funzionali in questo senso. La cosa curiosa come succede in tutte le cose è che nei decenni, forse nei secoli, le cose cambiano e si vede la comparsa di strani ibridi nei quali rimangono delle tracce di una coerenza rispetto ad alcuni aspetti, ma allo stesso tempo c’è anche la spontanea e anche desiderata voglia di mettersi al

trasportare, pronta ad essere usata qualora dovesse succedere qualcosa. A monte di tutto ciò, forse, influisce anche l’aspetto geografico. La Svizzera è luogo di montagna, soggetto a climi e a situazioni che nella storia sono stati sicuramente molto pesanti. Lunghi momenti di isolamenti con difficoltà a reperire ogni tipo di rifornimento e clima ostile portano ad una cultura di montagna dove ogni cosa deve servire bene, a lungo ed in maniera sicura. Di conseguenza le attrezzature devono essere molto severe ed efficaci e in condizione anche estreme gli oggetti devono servire fattivamente come fosse una battaglia contro le ostilità. Quindi questa cultura di sopravvivenza, di resistenza, di capacità di affrontare i continui problemi porta a far sì che gli oggetti siano funzionali in questo senso. La cosa curiosa come succede in tutte le cose è che nei decenni, forse nei secoli, le cose cambiano e si vede la comparsa di strani ibridi nei quali rimangono delle tracce di una coerenza rispetto ad alcuni aspetti, ma allo stesso tempo c’è anche la spontanea e anche desiderata voglia di mettersi al

36 37

16 17

que “dans sa capacité de se prêter à chaque utilisation jusqu’à l’extrême, l’objet reste invariablement dans les limites de la rigueur pur. Dans son adaptabilité à chaque utilité, réside la capacité du design Suisses d’être toujours utile, et, donc, quand il est nécessaire, storable, décomposable” . L’objet doit s’accoutumer au service duquel on a besoin, et il se prête à ce service, il se démonte et ré-monte, s’adapte.

dietro al lusso, un qualcosa di più intrigante

1 della Movado, dove si vede la voglia di offrire,

ne più protetto da colpi. Osservando la mac5 china da cucire Elna, ad esempio, risulta quasi blindata nella sua particolare carrozzeria. Questa da un lato ha la funzione di proteggere, dall’altro presenta l’interessante invenzione racchiusa nel coperchio che diventa anche piano di lavoro. Sono queste estensioni a costituire la parte importante. Nella storia del design italiano succederà che l’aspetto della facilità di piegarsi, di muoversi, di essere leggero, diventano quasi aspetti estetici, ricercati non più per un fatto puramente estetico, ma per dare un senso di appartenenza a un modello di vita: una

dietro al lusso, un qualcosa di più intrigante

invadente, di facile trasportabilità e anche di gioco, cioè di elemento ludico nel suo essere trasformabile. Al contrario l’oggetto svizzero non ha assolutamente un aspetto ludico. È un’espressione puramente funzionalista: se serve che si pieghi lo si fa piegare, se non serve non lo si fa piegare. Questo ad eccezione di alcuni oggetti più preziosi, come l’orologio Ermeto

dente, di facile trasportabilità e anche di gioco, cioè di elemento ludico nel suo essere trasformabile. Al contrario l’oggetto svizzero non ha assolutamente un aspetto ludico. È un’espressione puramente funzionalista: se serve che si pieghi lo si fa piegare, se non serve non lo si fa piegare. Questo ad eccezione di alcuni oggetti più preziosi, come l’orologio Ermeto della Movado, dove si vede la voglia di offrire, dietro al lusso, un qualcosa di più intrigante

I. una voglia di fare un mondo leggero, poco

I. voglia di fare un mondo leggero, poco inva-

to da colpi. Osservando la macchina da cuci5 re Elna, ad esempio, risulta quasi blindata nella sua particolare carrozzeria. Questa da un lato ha la funzione di proteggere, dall’altro presenta l’interessante invenzione racchiusa nel coperchio che diventa anche piano di lavoro. Sono queste estensioni a costituire la parte importante. Nella storia del design italiano succederà che l’aspetto della facilità di piegarsi, di muoversi, di essere leggero, diventano quasi aspetti estetici, ricercati non più per un fatto puramente estetico, ma per dare un senso di appartenenza a un modello di vita:

ne più protetto da colpi. Osservando la mac5 china da cucire Elna, ad esempio, risulta quasi blindata nella sua particolare carrozzeria. Questa da un lato ha la funzione di proteggere, dall’altro presenta l’interessante invenzione racchiusa nel coperchio che diventa anche piano di lavoro. Sono queste estensioni a costituire la parte importante. Nella storia del design italiano succederà che l’aspetto della facilità di piegarsi, di muoversi, di essere leggero, diventano quasi aspetti estetici, ricercati non più per un fatto puramente estetico, ma per dare un senso di appartenenza a un modello di vita: una

1

dente, di facile trasportabilità e anche di gioco, cioè di elemento ludico nel suo essere trasformabile. Al contrario l’oggetto svizzero non ha assolutamente un aspetto ludico. È un’espressione puramente funzionalista: se serve che si pieghi lo si fa piegare, se non serve non lo si fa piegare. Questo ad eccezione di alcuni oggetti più preziosi, come l’orologio Ermeto

I. voglia di fare un mondo leggero, poco inva-

32 33

1 della Movado, dove si vede la voglia di offrire,

Il foglio F4 passerà in stampa prima con il rosso del titolo e poi con il bianco nero del catalogo in sovrastampa. compact

folding

modular

compattabile

pieghevole

componibile

kompakt compact

beweglich pliable

modular composable

Editore

during/ in occasione during/ del/ in occasione del/ bei der/ durant bei der/ durant Swiss DesignSwiss WeekDesign Week Lugano Lugano Spazio Ex Macello Spazio Ex Macello Lugano Lugano

2-10 2-10 june/ giugno/june/ Juni/giugno/ juin Juni/ juin 2012 2012

Exhibition curated Exhibition by/ curated by/ Mostra a curaMostra di/ a cura di/ Ausstellung kuratiert Ausstellung von/kuratiert von/ Exposition supervisée Exposition par supervisée par Sabrina Cerea, Sabrina Sidi Vanetti Cerea, Sidi Vanetti

Nel suo adattarsi a ogni utilità risiede la capacità del design svizzero di essere sempre utile e quindi quando occorre riponibile, scomponibile”6 . L’oggetto si deve adattare al servizio di cui hai bisogno e si presta a questo servizio, si smonta e si rimonta, si adatta.

gkeit” und “Zusammensetzung”. Die moderne Bewegung der Avantgarde zu Beginn des 20. Jahrhunderts hat die Entwicklung beobachtet von beweglichen Möbeln, die das Ziel hatten, die häusliche Ausstattung an die Bedürfnisse der neuen, industriellen Gesellschaft anzupassen; außerdem hat die Zeit des Zweiten Weltkriegs und die Nachkriegszeit die Nachfrage nach Möbeln aufkommen lassen, die für den Wiederaufbau angepasst waren. Abschließend erklärt Bosoni im Interview, dass “das Objekt in seiner Fähigkeit, sich jedem Gebrauch bis hin zum Äußersten anzupassen, bleibt es immer in den Grenzen der reinen Härte. In seiner Anpassungsfähigkeit an jede Benutzung liegt die Fähigkeit des schweizerischen Designs immer nützlich zu sein, daher wenn nötig, zusammensetzund zerlegbar” . Der Gegenstand muss sich dem Dienst dessen anpassen, der es benötigt und er leistet diesem Dienst, indem er sich zerlegt, sich aufbaut, sich anpasst. Die Präzision mit der diese Gegenstände konstruiert sind, ist zweckmäßig für den Zweck für den sie ausgerichtet sind; die

La precisione con cui questi oggetti sono costruiti è funzionale allo scopo cui sono destinati; lo studio del meccanismo, del dettaglio che permette di compattarsi, piegarsi e comporsi, è curata in modo maniacale. Con mostra compattabile, pieghevole e componibile, oltre a mostrare un aspetto tipico del design svizzero, si vuole porre l’accento su ciò che dell’oggetto spesso non si vede: la genialità del meccanismo nascosto dietro al suo funzionamento. Questo è un elemento essenziale, di cui spesso invece non ci si rende conto mentre l’oggetto viene utilizzato. Si offre, così, al pubblico un diverso modo di guardare agli oggetti, non solo per le loro qualità estetiche, ma facendolo riflettere sul perché di ogni movimento. Lo si invita

Ibidem.

Ibidem.

que “dans sa capacité de se prêter à chaque utilisation jusqu’à l’extrême, l’objet reste invariablement dans les limites de la rigueur pur. Dans son adaptabilité à chaque utilité, réside la capacité du design Suisses d’être toujours utile, et, donc, quand il est nécessaire, storable, décomposable” . L’objet doit s’accoutumer au service duquel on a besoin, et il se prête à ce service, il se démonte et ré-monte, s’adapte.

La précision avec la quelle ces objets sont construis est fonctionnelle au fin spécifique pour les quels ils sont projetés ; l’étude du mécanisme, du détail qui permet que le corps soit compact, qu’il puisse se plier et composer, il est calculé à la perfection. Avec l’exposition compact, pliable, composable, je ne montre pas seulement cet aspect typique du design Suisses, mais je veux souligner aussi la partie de l’objet que souvent on ne voit pas: la génialité du mécanisme derrière son fonctionnement. Ceci est un élément essentiel, habituellement inconsidéré au moment de la mise en ouvre de l’objet lui-même.

16 17

Ibidem.

characteristics of Switzerland I noted how often the words rigour, severity and precision were used to identify the Swiss population. From there, the decision to show different and opposing facets choosing ‘foldable’ as an apparently antithetic aspect to the concept of precision and severity.

Confirmation and definition of the theme only came about though following an important meeting with Giampiero Bosoni, a Milanese architect as well as an expert in design. He confirmed the undoubted presence of the theme as one of the features of Swiss design. During the interview many adjectives and definitions linked to this topic were used but, among the many, these three words immediately emerged: compactible, foldable and modular. The phonetic strength of these three words and the meaning that the expression conveys led them to become the title of the exhibition. Bosoni also spoke during the interview of the “changeable adaptability of a Swiss ob-

ne più protetto da colpi. Osservando la mac-

quasi blindata nella sua particolare carrozzeria. Questa da un lato ha la funzione di proteggere, dall’altro presenta l’interessante invenzione racchiusa nel coperchio che diventa anche piano di lavoro. Sono queste estensioni a costituire la parte importante. Nella storia del design italiano succederà che l’aspetto della facilità di piegarsi, di muoversi, di essere leggero, diventano quasi aspetti estetici, ricercati non più per un fatto puramente estetico, ma per dare un senso di appartenenza a un modello di vita: una

ne più protetto da colpi. Osservando la macchina da cucire Elna, ad esempio, risulta quasi blindata nella sua particolare carrozzeria. Questa da un lato ha la funzione di proteggere, dall’altro presenta l’interessante invenzione racchiusa nel coperchio che diventa anche piano di lavoro. Sono queste estensioni a costituire la parte importante. Nella storia del design italiano succederà che l’aspetto della facilità di piegarsi, di muoversi, di essere leggero, diventano quasi aspetti estetici, ricercati non più per un fatto puramente estetico, ma per dare un senso di appartenenza a un modello di vita: una

I. voglia di fare un mondo leggero, poco inva-

I. voglia di fare un mondo leggero, poco inva-

I. una voglia di fare un mondo leggero, poco

dente, di facile trasportabilità e anche di gioco, cioè di elemento ludico nel suo essere trasformabile. Al contrario l’oggetto svizzero non ha assolutamente un aspetto ludico. È un’espressione puramente funzionalista: se serve che si pieghi lo si fa piegare, se non serve non lo si fa piegare. Questo ad eccezione di alcuni oggetti più preziosi, come l’orologio Ermeto 1 della Movado, dove si vede la voglia di offrire, dietro al lusso, un qualcosa di più intrigante

dente, di facile trasportabilità e anche di gioco, cioè di elemento ludico nel suo essere trasformabile. Al contrario l’oggetto svizzero non ha assolutamente un aspetto ludico. È un’espressione puramente funzionalista: se serve che si pieghi lo si fa piegare, se non serve non lo si fa piegare. Questo ad eccezione di alcuni oggetti più preziosi, come l’orologio Ermeto 1 della Movado, dove si vede la voglia di offrire, dietro al lusso, un qualcosa di più intrigante

invadente, di facile trasportabilità e anche di gioco, cioè di elemento ludico nel suo essere trasformabile. Al contrario l’oggetto svizzero non ha assolutamente un aspetto ludico. È un’espressione puramente funzionalista: se serve che si pieghi lo si fa piegare, se non serve non lo si fa piegare. Questo ad eccezione di alcuni oggetti più preziosi, come l’orologio Ermeto 1 della Movado, dove si vede la voglia di offrire, dietro al lusso, un qualcosa di più intrigante

5 china da cucire Elna, ad esempio, risulta

5

to da colpi. Osservando la macchina da cuci-

5 re Elna, ad esempio, risulta quasi blindata

nella sua particolare carrozzeria. Questa da un lato ha la funzione di proteggere, dall’altro presenta l’interessante invenzione racchiusa nel coperchio che diventa anche piano di lavoro. Sono queste estensioni a costituire la parte importante. Nella storia del design italiano succederà che l’aspetto della facilità di piegarsi, di muoversi, di essere leggero, diventano quasi aspetti estetici, ricercati non più per un fatto puramente estetico, ma per dare un senso di appartenenza a un modello di vita:

trasportare, pronta ad essere usata qualora dovesse succedere qualcosa. A monte di tutto ciò, forse, influisce anche l’aspetto geografico. La Svizzera è luogo di montagna, soggetto a climi e a situazioni che nella storia sono stati sicuramente molto pesanti. Lunghi momenti di isolamenti con difficoltà a reperire ogni tipo di rifornimento e clima ostile portano ad una cultura di montagna dove ogni cosa deve servire bene, a lungo ed in maniera sicura. Di conseguenza le attrezzature devono essere molto severe ed efficaci e in condizione anche estreme gli oggetti devono servire fattivamente come fosse una battaglia contro le ostilità. Quindi questa cultura di sopravvivenza, di resistenza, di capacità di affrontare i continui problemi porta a far sì che gli oggetti siano funzionali in questo senso. La cosa curiosa come succede in tutte le cose è che nei decenni, forse nei secoli, le cose cambiano e si vede la comparsa di strani ibridi nei quali rimangono delle tracce di una coerenza rispetto ad alcuni aspetti, ma allo stesso tempo c’è anche la spontanea e anche desiderata voglia di mettersi al

32 33

compact, folding, modular compattabile, pieghevole, componibile

presentation presentazione Präsentation présentation

kompakt, beweglich, modular compact, pliable, composable

The passion for art exhibitions guided me towards the decision to develop an exhibition as the project of my dissertation. Despite being Italian, the three years I have lived in Lugano while attending university have awoken in me a particular passion regarding anything that is Swiss and which differentiates, inevitably, from the traditions of my country of origin. As a conclusive summary of these three years as a student at SUPSI, I wanted to develop a discourse revolving around the culture of Made in Switzerland. I heard about a project for a design event for the city of Lugano and I wanted to join this initiative by proposing a parallel discourse on the culture of Swiss design. From here the idea of organising the subsequent exhibition with the aim of investigating a particular aspect present in Helvetic design: not under the pretext of explaining history objectively, but providing the chance to think about a particular feature. I want to draw special attention to those objects which match the ideas included in the title: compactible, foldable, modular, the

La passione per le mostre d’arte mi ha guidata verso la decisione di sviluppare una esposizione come progetto della mia tesi. Nonostante io sia italiana, i tre anni durante i quali ho vissuto a Lugano, per frequentare l’università, hanno fatto nascere in me una particolare passione verso tutto ciò che è svizzero e che si differenzia, inevitabilmente, dalle tradizioni del mio paese d’origine. Come lavoro conclusivo e riassuntivo di questi tre anni da studentessa presso la SUPSI, ho voluto sviluppare, di conseguenza, un discorso che ruotasse attorno alla cultura del made in Switzerland. Ho avuto notizia del progetto per un evento di design previsto per la città di Lugano e ho voluto così di allacciarmi a questa iniziativa, proponendo un discorso parallelo sulla cultura del design svizzero. Da qui l’idea di organizzare la mostra a seguito, con lo scopo di indagare un particolare aspetto presente nel design elvetico: non con la pretesa di spiegare la storia in modo oggettivo, ma offrendo la possibilità di ragionare su una particolare caratteristica. Si vuole attirare l’attenzione in particolare

Finally, the exhibition wants to highlight something different from the simple formal aesthetics of the objects, underlining instead the technical aspect, the mechanisms that govern their functionality, thus tracing a path in the sense of movement as the title already suggests. A mechanical exhibition, rigorous, precise, technical and at the same time fun. A territory where nothing is left to chance but everything follows precise rules, essential conditions that allow the object to exist and to function. The three words of the title are the soul of the object, their engine.

re una mostra sul design svizzero partendo dalla scelta di una particolare tematica, dal momento che ciò che più mi interessava era non sviluppare un percorso storico, ma intraprendere un approccio trasversale. Ragionando sulle caratteristiche territoriali e culturali della Svizzera si è notato quanto spesso le parole rigore, rigidità e precisione, andavano a identificare il popolo elvetico. Da qui, la decisione di mostrare diverse e opposte sfaccettature scegliendo il pieghevole come aspetto apparentemente antitetico al concetto di precisione e rigidità. La conferma e la definizione del tema è avvenuta però solo a seguito di un importante incontro con Giampiero Bosoni, architetto di Milano, nonché esperto di design. Lui ha confermato l’indubbia presenza del tema come una delle caratteristiche del design svizzero. Durante l’intervista numerosi sono stati gli aggettivi e le definizioni legate a questo argomento, ma, tra le tante, sono immediatamente emerse queste tre parole: compattabile, pieghevole, componibile.

könnten. In diesem Zusammenhang habe ich neben den Gegenständen der Aus-

23 stellung ein neues hinzugefügt (Projekt von 21 Bruno Monguzzi, 1991, Projekt Hist(oie)res,

24 1995, Projekt Huber/Munari, 2000), um zu

unterstreichen, wie dieser Aspekt des kompakten, faltbaren und modularen Mechanismus, der jedes Objekt bewegt, um es nützlich zu machen, heute immer noch präsent ist und nicht nur ein besonderes Merkmal, das mit der Geschichte verbunden ist. Wer also die Ausstellung verlässt kann sich folglich damit vergnügen, denn für mich war es ein Vergnügen, die Auswahl an Gegenständen fortzuführen.

Ein Motiv für die Titelwahl Titel: kompakt, faltbar und modular - die wandelbare Anpassungsfähigkeit des schweizerischen Objekts. Seit dem Beginn war der Wille vorhanden eine Ausstellung zum schweizerischen Design zu entwickeln, ausgehend von der Auswahl einer besonderen Thematik, vom Moment dass das, was mich am meisten interessierte war nicht, einen Weg durch die Geschichte

evidenziata il doppio stato dell’oggetto o in generale vengono descritti con tre aggettivi sei differenti stati dell’oggetto. È come se anche le parole del titolo fossero potenzialmente in grado di “adattarsi” alle esigenze dei loro opposti. Infine la mostra vorrebbe mettere in evidenza qualcosa di diverso dal semplice lato estetico-formale degli oggetti, sottolineandone piuttosto l’aspetto tecnico, i meccanismi che li governano e la loro funzionalità, tracciando così un percorso nel senso del movimento, come già il titolo stesso suggerisce. Una mostra meccanica, rigida, precisa, tecnica e allo stesso tempo divertente. Un territorio dove niente è lasciato al caso, ma tutto segue delle regole precise, condizione essenziale che permette all’oggetto di esistere e di funzionare. Le tre parole del titolo sono l’anima degli oggetti, il loro motore.

tiforme adaptabilité de l’objet Suisses. Dès le commencement j’ai suivi la volonté de développer une exposition sur le design Suisses, en partent du choix d’une thématique particulière, du moment que ce que plus m’intéressait n’était pas le développement d’un parcours historique, mais de m’appliquer dans un approche transversale. En considérant les caractéristiques territoriales et culturelles Suisses, nous avons remarqué que souvent le peuple Suisses était identifié à travers les mots ‘rigueur’, ‘rigidité’, ‘précision’. Voilà la décision de montrer des aspects différents et opposés, à partir du ‘pliable’ en tant que conformation en apparente antithèse aux concepts de ‘précision’ et ‘rigidité’.

De toute façon, la ratification et la définition du thème a suivi un important rendez-vous avec Giampiero Bosoni, architecte de Milan, et honorable expert de design. Il m’a confirmé réelle présence du sujet comme un des fondements du design Suisses. Pendant l’interview, ils ont été tirés plusieurs adjectives et définitions liés à cet argument,

thanks to ringraziamento dank remercie

20 21

Il Ticino era poverissimo, si arricchirà solo in seguito grazie all’Italia tra gli anni Trenta e Cinquanta, con le banche. Nel Novecento, e molto di più nel dopoguerra, inizia invece a svilupparsi la svizzera di Ginevra, dove l’idea del lingotto e del deposito dell’oro diventa un aspetto presente che forse ha condizionato anche quest’oggetto comune. Se lo guardiamo capovolto, infatti, sembra effettivamente un lingotto d’oro. Quest’oggetto conserva, nel suo essere ibrido, delle caratteristiche tipicamente svizzere legate al processo funzionalista: le tacchette che vi sono incise sopra fanno riferimento anche al peso, non è tanto importante dirti quanto è lunga, ma sapere quanto pesa la torta e quindi quanto materiale devi usare. Il riferimento è ai pesi e non alla quantità perché ciò che metti dentro all’inizio è basso e poi si gonfia con la cottura, quindi devi sapere quanta pasta mettere per evitare che esca fuori dalla tortiera. In più, è un oggetto fatto con una sola lamina di metallo piegato: è un foglio piegato, un origami! 14 Anche nell’oggetto di Jacob Müller, “Pilo” c’è forse qualcosa del design italiano pur

trasportare, pronta ad essere usata qualora dovesse succedere qualcosa. A monte di tutto ciò, forse, influisce anche l’aspetto geografico. La Svizzera è luogo di montagna, soggetto a climi e a situazioni che nella storia sono stati sicuramente molto pesanti. Lunghi momenti di isolamenti con difficoltà a reperire ogni tipo di rifornimento e clima ostile portano ad una cultura di montagna dove ogni cosa deve servire bene, a lungo ed in maniera sicura. Di conseguenza le attrezzature devono essere molto severe ed efficaci e in condizione anche estreme gli oggetti devono servire fattivamente come fosse una battaglia contro le ostilità. Quindi questa cultura di sopravvivenza, di resistenza, di capacità di affrontare i continui problemi porta a far sì che gli oggetti siano funzionali in questo senso. La cosa curiosa come succede in tutte le cose è che nei decenni, forse nei secoli, le cose cambiano e si vede la comparsa di strani ibridi nei quali rimangono delle tracce di una coerenza rispetto ad alcuni aspetti, ma allo stesso tempo c’è anche la spontanea e anche desiderata voglia di mettersi al passo

trasportare, pronta ad essere usata qualora dovesse succedere qualcosa. A monte di tutto ciò, forse, influisce anche l’aspetto geografico. La Svizzera è luogo di montagna, soggetto a climi e a situazioni che nella storia sono stati sicuramente molto pesanti. Lunghi momenti di isolamenti con difficoltà a reperire ogni tipo di rifornimento e clima ostile portano ad una cultura di montagna dove ogni cosa deve servire bene, a lungo ed in maniera sicura. Di conseguenza le attrezzature devono essere molto severe ed efficaci e in condizione anche estreme gli oggetti devono servire fattivamente come fosse una battaglia contro le ostilità. Quindi questa cultura di sopravvivenza, di resistenza, di capacità di affrontare i continui problemi porta a far sì che gli oggetti siano funzionali in questo senso. La cosa curiosa come succede in tutte le cose è che nei decenni, forse nei secoli, le cose cambiano e si vede la comparsa di strani ibridi nei quali rimangono delle tracce di una coerenza rispetto ad alcuni aspetti, ma allo stesso tempo c’è anche la spontanea e anche desiderata voglia di mettersi al

trasportare, pronta ad essere usata qualora dovesse succedere qualcosa. A monte di tutto ciò, forse, influisce anche l’aspetto geografico. La Svizzera è luogo di montagna, soggetto a climi e a situazioni che nella storia sono stati sicuramente molto pesanti. Lunghi momenti di isolamenti con difficoltà a reperire ogni tipo di rifornimento e clima ostile portano ad una cultura di montagna dove ogni cosa deve servire bene, a lungo ed in maniera sicura. Di conseguenza le attrezzature devono essere molto severe ed efficaci e in condizione anche estreme gli oggetti devono servire fattivamente come fosse una battaglia contro le ostilità. Quindi questa cultura di sopravvivenza, di resistenza, di capacità di affrontare i continui problemi porta a far sì che gli oggetti siano funzionali in questo senso. La cosa curiosa come succede in tutte le cose è che nei decenni, forse nei secoli, le cose cambiano e si vede la comparsa di strani ibridi nei quali rimangono delle tracce di una coerenza rispetto ad alcuni aspetti, ma allo stesso tempo c’è anche la spontanea e anche desiderata voglia di mettersi al

Piegando la segnatura di ottavi, per rilegare il libro la tipografia nella pagina risulterà in alcuni casi capovolta.

Il Ticino era poverissimo, si arricchirà solo in seguito grazie all’Italia tra gli anni Trenta e Cinquanta, con le banche. Nel Novecento, e molto di più nel dopoguerra, inizia invece a svilupparsi la svizzera di Ginevra, dove l’idea del lingotto e del deposito dell’oro diventa un aspetto presente che forse ha condizionato anche quest’oggetto comune. Se lo guardiamo capovolto, infatti, sembra effettivamente un lingotto d’oro. Quest’oggetto conserva, nel suo essere ibrido, delle caratteristiche tipicamente svizzere legate al processo funzionalista: le tacchette che vi sono incise sopra fanno riferimento anche al peso, non è tanto importante dirti quanto è lunga, ma sapere quanto pesa la torta e quindi quanto materiale devi usare. Il riferimento è ai pesi e non alla quantità perché ciò che metti dentro all’inizio è basso e poi si gonfia con la cottura, quindi devi sapere quanta pasta mettere per evitare che esca fuori dalla tortiera. In più, è un oggetto fatto con una sola lamina di metallo piegato: è un foglio piegato, un origami! 14 Anche nell’oggetto di Jacob Müller, “Pilo” c’è 14 forse qualcosa del design italiano pur rima-

36 37

IV.

Landi Hans Coray 1938 Blattmann Metallwarenfabrik AG Chair/Sedia/Stuhl/Siège

Die Leidenschaft für Kunstausstellungen hat mich zu der Entscheidung gebracht, selbst eine Ausstellung als Projekt meiner Diplomarbeit zu entwickeln. Obwohl ich Italienerin bin haben die drei Jahre, während derer ich in Lugano gelebt und die Universität besucht habe, in mir eine besondere Leidenschaft für alles Schweizerische entfacht, das sich unvermeidlicher- weise von den Traditionen meiner Heimat unterscheidet. Als Abschlussarbeit und Zusammenfassung dieser drei Jahre als Studentin an der SUPSI lag es mir daher am Herzen einen Diskurs zu entwerfen, der sich um die Kultur des made in Switzerland dreht. Ich habe wegen einem Design Event, der für die Stadt Lugano vorgesehen war, von dem Projekt erfahren und wollte mich dieser Initiative anschließen, indem ich einen Diskurs parallel zur Kultur des schweizerischen Designs vorschlug. Seitdem hat sich die Idee, diese Ausstellung zu organisieren, fortgesetzt, immer mit dem Ziel vor Augen, einen besonderen Aspekt des helvetischen Designs zu erforschen: nicht mit dem Anspruch die Geschichte auf objektive Art zu erklären, aber die Möglichkeit

La passion pour les galeries d’art m’a menée à la décision de façonner mon projet de mémoire sur le modèle des expositions. Même si je suis Italienne, grâce aux trois années pendant les quels j’ai vécu à Lugano pour fréquenter l’Université, il est né en moi un amour particulier pour tout ce qui est Suisses, et qui, évidemment, se différencie des traditions de mon Pays d’origine. C’est pour cela, donc, que j’ai choisi de développer un discours tout au tour de la culture du made in Switzerland: travail conclusif et résumé du période d’étude chez la SUPSI. J’ai lié mon recherche à un projet pour un événement de design mis en place par la ville de Lugano, en déroulant de mon côté un essai parallèle sur la culture du design Suisses. Voilà l’idée de créer l’exposition suivante, dans le but de rechercher un aspect spécifique et typique de ce design ; mon approche, soit clair, ne cherche pas d’expliquer l’histoire d’une manière objective, mais il veut donner un point de vue privilégiée sur une caractéristique distinctive.

8 9

refers to that part of an object that is often obscure. The mechanism concealed behind objects rendering them ‘always useful’, is a rarely exhibited aspect in my opinion, even if it is very present in every day objects and especially in Swiss design. For this reason the exhibition wants to draw attention to the mechanism objects which allow them to ‘modify’ themselves to absolve their functions (primary and secondary functions): they are compactible, they fold and are modular for a precise purpose. The characteristic of “extreme utility” has its origins in the same society in which it is developed. Being that Switzerland is a military country, as Bosoni affirms, “the object is able to absolve in fanatical and multiple ways, the mission for which it has been created”3, the architect speaks about “mission” as it is undoubtedly the conditioning of a military culture rooted within the Helvetic population4, where the object is created to be useful in extreme situations. He subsequently reaffirms the importance of the link to territorial characteristics: “being a mountainous place, where the specif-

Giampiero Bosoni, Interview, Milan, Giampiero Bosoni studio, 17.6.2011. Ibidem. Ibidem.

Gesamtheit einschließt, haben sie zu dem Titel für die Ausstellung werden lassen. Bosoni hat während des Interviews außerdem von der „wandelbaren Anpassungsfähigkeit des schweizerischen Objekts“ gesprochen: ein künstlicher und ausreichender Ausdruck, der zum Untertitel wurde. Der gewählte Titel ist in seiner Beschreibung der Verbreitung der Ausstellung nicht ausreichend (denn man versteht nur mit Hilfe des Untertitels, dass es sich um eine Ausstellung zum schweizerischen Design handelt), aber er enthält zumindest eine stark anziehende Macht: er erzeugt Neugier gerade weil er nicht alles enthüllt und die Abfolge der drei Wörter wird leicht unklar und vertauscht. In dieser starken Triade sind in Wirklichkeit sechs Adjektive versteckt, die die drei Wörter beinhalten und ihre drei Gegensätze (kompakt/zerlegbar, faltbar/ausgelegt, zusammensetzbar/auseinandernehmbar) die Richtung der Bewegung, die von dem Wort beschrieben, wird ergibt nicht automatisch eindeutig, aber es wird der doppelte Status des Gegenstandes bewiesen oder es werden allgemein sechs verschiedene Stadien

compact/non-compact): la direction du mouvement décrit par la formule résulte automatiquement non univoque, mais il vient souligné le double status de l’objet, ou, en général, ils sont décrits avec trois adjectives six états différents d’un même objet. C’est comme si même les paroles du titre avaient la capacité de s’adapter potentiellement aux exigences de ses oppositions.

Pour conclure, la mémoire cherche de se focaliser su quelque chose de nouveau par rapport au simple donnée esthétique des objets, en mettant en évidence plutôt l’aspect technique, les mécanismes qui les gèrent et les respectives fonctionnalités, traçant un parcours dans le sens du mouvement, comme déjà le titre suggère. Une exhibition mécanique, rigide, précise, technique, et, au même temps, amusante. Un champ où rien n’est laissé au hasard, mais tout suit règles précises, condition essentielle qui permettent à l’objet d’exister et de fonctionner. Les trois mots du titre sont l’âme des objets, leur moteur.

24 25

I wish to thank the Milanese architect Gampiero Bosoni for providing me with precious information; the graphic designer and artist Sidi Vanetti who collaborated on the ideas and project; Gabriela Dietrich, Alessia Contin, Kristin Haefele from the Museum of Design Zürich and the Swiss National Museum in Zürich for supplying the photographic material. For text correction I wish to thank Gabriella Pirovano. For the English translations Julie Holden; in French Felicia de Palo; in German Isabella Schwarz.

Il Ticino era poverissimo, si arricchirà solo in seguito grazie all’Italia tra gli anni Trenta e Cinquanta, con le banche. Nel Novecento, e molto di più nel dopoguerra, inizia invece a svilupparsi la svizzera di Ginevra, dove l’idea del lingotto e del deposito dell’oro diventa un aspetto presente che forse ha condizionato anche quest’oggetto comune. Se lo guardiamo capovolto, infatti, sembra effettivamente un lingotto d’oro. Quest’oggetto conserva, nel suo essere ibrido, delle caratteristiche tipicamente svizzere legate al processo funzionalista: le tacchette che vi sono incise sopra fanno riferimento anche al peso, non è tanto importante dirti quanto è lunga, ma sapere quanto pesa la torta e quindi quanto materiale devi usare. Il riferimento è ai pesi e non alla quantità perché ciò che metti dentro all’inizio è basso e poi si gonfia con la cottura, quindi devi sapere quanta pasta mettere per evitare che esca fuori dalla tortiera. In più, è un oggetto fatto con una sola lamina di metallo piegato: è un foglio piegato, un origami! Anche nell’oggetto di Jacob Müller, “Pilo” c’è forse qualcosa del design italiano pur rima-

Il Ticino era poverissimo, si arricchirà solo in seguito grazie all’Italia tra gli anni Trenta e Cinquanta, con le banche. Nel Novecento, e molto di più nel dopoguerra, inizia invece a svilupparsi la svizzera di Ginevra, dove l’idea del lingotto e del deposito dell’oro diventa un aspetto presente che forse ha condizionato anche quest’oggetto comune. Se lo guardiamo capovolto, infatti, sembra effettivamente un lingotto d’oro. Quest’oggetto conserva, nel suo essere ibrido, delle caratteristiche tipicamente svizzere legate al processo funzionalista: le tacchette che vi sono incise sopra fanno riferimento anche al peso, non è tanto importante dirti quanto è lunga, ma sapere quanto pesa la torta e quindi quanto materiale devi usare. Il riferimento è ai pesi e non alla quantità perché ciò che metti dentro all’inizio è basso e poi si gonfia con la cottura, quindi devi sapere quanta pasta mettere per evitare che esca fuori dalla tortiera. In più, è un oggetto fatto con una sola lamina di metallo piegato: è un foglio piegato, un origami! 14 Anche nell’oggetto di Jacob Müller, “Pilo” c’è forse qualcosa del design italiano pur rima-

non firmato. Un aneddoto curioso a questo proposito è storia che vede coinvolta la Blattmann Metallwaren Fabrik AG, la quale si trovò imbarazzata nel riconoscere i diritti della sedia

IV. Landi a H. Coray. Nel dopoguerra, non cioè

nel momento in cui la sedia fu disegnata ma successivamente, fu Max Bill a convincere il designer svizzero a chiedere i soldi per i diritti alla ditta. Ci fu un certo imbarazzo da parte di entrambe, sia da parte di Coray nel chiederli che da parte dell’azienda di riconoscerglieli, infatti nella tradizione Blattmann, che aveva quasi cento anni, tutti partecipavano al progetto e tutti erano progettisti alla stessa misura e nessuno aveva il diritto ad essere nominato come libero professionista. Era infatti un sentire morale, l’oggetto era di tutti. Forse la sedia Coray fu uno dei primi pezzi a creare in Svizzera questa situazione di design firmato, che invece, in Italia e in America soprattutto, era già molto sentito. Ritiene che il design svizzero abbia in qualche modo condizionato il panorama internazionale? In che modo?

40 41

132133

pieghevolepieghevolepieghevole

re una mostra sul design svizzero partendo dalla scelta di una particolare tematica, dal momento che ciò che più mi interessava era non sviluppare un percorso storico, ma intraprendere un approccio trasversale. Ragionando sulle caratteristiche territoriali e culturali della Svizzera si è notato quanto spesso le parole rigore, rigidità e precisione, andavano a identificare il popolo elvetico. Da qui, la decisione di mostrare diverse e opposte sfaccettature scegliendo il pieghevole come aspetto apparentemente antitetico al concetto di precisione e rigidità.

14 Anche nell’oggetto di Jacob Müller, “Pilo”

Nel suo adattarsi a ogni utilità risiede la capacità del design svizzero di essere sempre utile e quindi quando occorre riponibile, scomponibile”6 . L’oggetto si deve adattare al servizio di cui hai bisogno e si presta a questo servizio, si smonta e si rimonta, si adatta.

La précision avec la quelle ces objets sont construis est fonctionnelle au fin spécifique pour les quels ils sont projetés ; l’étude du mécanisme, du détail qui permet que le corps soit compact, qu’il puisse se plier et composer, il est calculé à la perfection. Avec l’exposition compact, pliable, composable, je ne montre pas seulement cet aspect typique du design Suisses, mais je veux souligner aussi la partie de l’objet que souvent on ne voit pas: la génialité du mécanisme derrière son fonctionnement. Ceci est un élément essentiel, habituellement inconsidéré au moment de la mise en ouvre de l’objet lui-même.

trasportare, pronta ad essere usata qualora dovesse succedere qualcosa. A monte di tutto ciò, forse, influisce anche l’aspetto geografico. La Svizzera è luogo di montagna, soggetto a climi e a situazioni che nella storia sono stati sicuramente molto pesanti. Lunghi momenti di isolamenti con difficoltà a reperire ogni tipo di rifornimento e clima ostile portano ad una cultura di montagna dove ogni cosa deve servire bene, a lungo ed in maniera sicura. Di conseguenza le attrezzature devono essere molto severe ed efficaci e in condizione anche estreme gli oggetti devono servire fattivamente come fosse una battaglia contro le ostilità. Quindi questa cultura di sopravvivenza, di resistenza, di capacità di affrontare i continui problemi porta a far sì che gli oggetti siano funzionali in questo senso. La cosa curiosa come succede in tutte le cose è che nei decenni, forse nei secoli, le cose cambiano e si vede la comparsa di strani ibridi nei quali rimangono delle tracce di una coerenza rispetto ad alcuni aspetti, ma allo stesso tempo c’è anche la spontanea e anche desiderata voglia di mettersi al

Finally, the exhibition wants to highlight something different from the simple formal aesthetics of the objects, underlining instead the technical aspect, the mechanisms that govern their functionality, thus tracing a path in the sense of movement as the title already suggests. A mechanical exhibition, rigorous, precise, technical and at the same time fun. A territory where nothing is left to chance but everything follows precise rules, essential conditions that allow the object to exist and to function. The three words of the title are the soul of the object, their engine.

Ibidem.

Ibidem.

gkeit” und “Zusammensetzung”. Die moderne Bewegung der Avantgarde zu Beginn des 20. Jahrhunderts hat die Entwicklung beobachtet von beweglichen Möbeln, die das Ziel hatten, die häusliche Ausstattung an die Bedürfnisse der neuen, industriellen Gesellschaft anzupassen; außerdem hat die Zeit des Zweiten Weltkriegs und die Nachkriegszeit die Nachfrage nach Möbeln aufkommen lassen, die für den Wiederaufbau angepasst waren. Abschließend erklärt Bosoni im Interview, dass “das Objekt in seiner Fähigkeit, sich jedem Gebrauch bis hin zum Äußersten anzupassen, bleibt es immer in den Grenzen der reinen Härte. In seiner Anpassungsfähigkeit an jede Benutzung liegt die Fähigkeit des schweizerischen Designs immer nützlich zu sein, daher wenn nötig, zusammensetzund zerlegbar” . Der Gegenstand muss sich dem Dienst dessen anpassen, der es benötigt und er leistet diesem Dienst, indem er sich zerlegt, sich aufbaut, sich anpasst. Die Präzision mit der diese Gegenstände konstruiert sind, ist zweckmäßig für den Zweck für den sie ausgerichtet sind; die

16

32

48 cm cm lunghezza cm altezza

Ibidem.

45

131

La precisione con cui questi oggetti sono costruiti è funzionale allo scopo cui sono destinati; lo studio del meccanismo, del dettaglio che permette di compattarsi, piegarsi e comporsi, è curata in modo maniacale. Con mostra compattabile, pieghevole e componibile, oltre a mostrare un aspetto tipico del design svizzero, si vuole porre l’accento su ciò che dell’oggetto spesso non si vede: la genialità del meccanismo nascosto dietro al suo funzionamento. Questo è un elemento essenziale, di cui spesso invece non ci si rende conto mentre l’oggetto viene utilizzato. Si offre, così, al pubblico un diverso modo di guardare agli oggetti, non solo per le loro qualità estetiche, ma facendolo riflettere sul perché di ogni movimento. Lo si invita

29

Confirmation and definition of the theme only came about though following an important meeting with Giampiero Bosoni, a Milanese architect as well as an expert in design. He confirmed the undoubted presence of the theme as one of the features of Swiss design. During the interview many adjectives and definitions linked to this topic were used but, among the many, these three words immediately emerged: compactible, foldable and modular. The phonetic strength of these three words and the meaning that the expression conveys led them to become the title of the exhibition. Bosoni also spoke during the interview of the “changeable adaptability of a Swiss ob-

pieghevole pieghevolepieghevole componibile componibile componibile

pieghevolepieghevolepieghevole compattabile compattabile compattabile componibile

modular

folding

componibile

modular composable

beweglich pliable

pieghevole

compattabile

compattabile

9

25 41 Pagina catalogo 21x20 Spazio tra le pagine: 1,4 1,14

compact

44

kompakt compact

28

13

characteristics of Switzerland I noted how often the words rigour, severity and precision were used to identify the Swiss population. From there, the decision to show different and opposing facets choosing ‘foldable’ as an apparently antithetic aspect to the concept of precision and severity.

presentation presentazione Präsentation présentation

Editore

12

The passion for art exhibitions guided me towards the decision to develop an exhibition as the project of my dissertation. Despite being Italian, the three years I have lived in Lugano while attending university have awoken in me a particular passion regarding anything that is Swiss and which differentiates, inevitably, from the traditions of my country of origin. As a conclusive summary of these three years as a student at SUPSI, I wanted to develop a discourse revolving around the culture of Made in Switzerland. I heard about a project for a design event for the city of Lugano and I wanted to join this initiative by proposing a parallel discourse on the culture of Swiss design. From here the idea of organising the subsequent exhibition with the aim of investigating a particular aspect present in Helvetic design: not under the pretext of explaining history objectively, but providing the chance to think about a particular feature. I want to draw special attention to those objects which match the ideas included in the title: compactible, foldable, modular, the

8 24

40

1

17 33

F4 90x128 cm Il numero si riferisce al numero di pagina del catalogo

133

compattabile compattabile compattabile

37

2-10 june/ giugno/ Juni/ juin 2012

componibile componibile componibile

36

21

componibile componibile componibile compattabile compattabile compattabile pieghevole pieghevole pieghevole componibile componibile componibile compattabile compattabile compattabile

pieghevole

20

5

Spazio Ex Macello Lugano

Exhibition curated by/ Mostra a cura di/ Ausstellung kuratiert von/ Exposition supervisée par Sabrina Cerea, Sidi Vanetti

III.

Il foglio F4 passerà in stampa prima con il rosso del titolo e poi con il bianco nero del catalogo in sovrastampa.

4

during/ in occasione del/ bei der/ durant Swiss Design Week Lugano

catalogue’s idea Use the red title for the main graphic elements: poster, catalogue, and invitations. In this way the title appears with the same characteristics of the objects in the exhibition.

III.

134

printing process 1) Poster: greycolor print of the images on the poster paper support. Then overprint the red title. 2) Catalogue: print the catalogue pages on a paper which size is the same of the poster size. The page size is calculated to fit the format of the poster. Then overprint the red title on the first pages of the catalogue. Fold the paper to create the pages of the catalogue. 3) Bookbinding hand process.

43


Thesis Project

1 poster of the exhibition compattabile, pieghevole, componibile.


1

45


Thesis Project


47


Thesis Project


le

compact

folding

compattabile

pieghevole

componibile

kompakt compact

beweglich pliable

modular composable

Editore

modular


bi

during/ in occasione del/ bei der/ durant Swiss Design Week Lugano Spazio Ex Macello Lugano

2-10 june/ giugno/ Juni/ juin 2012

Exhibition curated by/ Mostra a cura di/ Ausstellung kuratiert von/ Exposition supervisĂŠe par Sabrina Cerea, Sidi Vanetti


egh


table of contents indice Inhalt sommaire

Presentation

“Oltre il coltellino svizzero� interviewing Giampiero Bosoni Objects cards

Chronological index


Presentazione

Präsentation

Présentation

8

“Oltre il coltellino svizzero” intervista a Giampiero Bosoni

“Oltre il coltellino svizzero” interview mit Giampiero Bosoni

“Oltre il coltellino svizzero” interview avec Giampiero Bosoni

30

Schede oggetti

Objekte Karten

Cartes des objets

66

Indice cronologico

Chronologischen Index

Index chronologique

238


characteristics of Switzerland I noted how often the words rigour, severity and precision were used to identify the Swiss population. From there, the decision to show different and opposing facets choosing ‘foldable’ as an apparently antithetic aspect to the concept of precision and severity.

p

Confirmation and definition of the theme only came about though following an important meeting with Giampiero Bosoni, a Milanese architect as well as an expert in design. He confirmed the undoubted presence of the theme as one of the features of Swiss design. During the interview many adjectives and definitions linked to this topic were used but, among the many, these three words immediately emerged: compactible, foldable and modular. The phonetic strength of these three words and the meaning that the expression conveys led them to become the title of the exhibition. Bosoni also spoke during the interview of the “changeable adaptability of a Swiss ob-


vol re una mostra sul design svizzero partendo dalla scelta di una particolare tematica, dal momento che ciò che più mi interessava era non sviluppare un percorso storico, ma intraprendere un approccio trasversale. Ragionando sulle caratteristiche territoriali e culturali della Svizzera si è notato quanto spesso le parole rigore, rigidità e precisione, andavano a identificare il popolo elvetico. Da qui, la decisione di mostrare diverse e opposte sfaccettature scegliendo il pieghevole come aspetto apparentemente antitetico al concetto di precisione e rigidità. La conferma e la definizione del tema è avvenuta però solo a seguito di un importante incontro con Giampiero Bosoni, architetto di Milano, nonché esperto di design. Lui ha confermato l’indubbia presenza del tema come una delle caratteristiche del design svizzero. Durante l’intervista numerosi sono stati gli aggettivi e le definizioni legate a questo argomento, ma, tra le tante, sono immediatamente emerse queste tre parole: compattabile, pieghevole, componibile.

könnten. In diesem Zusammenhang habe ich neben den Gegenständen der Aus23 stellung ein neues hinzugefügt (Projekt von 21 Bruno Monguzzi, 1991, Projekt Hist(oie)res, 24 1995, Projekt Huber/Munari, 2000), um zu unterstreichen, wie dieser Aspekt des kompakten, faltbaren und modularen Mechanismus, der jedes Objekt bewegt, um es nützlich zu machen, heute immer noch präsent ist und nicht nur ein besonderes Merkmal, das mit der Geschichte verbunden ist. Wer also die Ausstellung verlässt kann sich folglich damit vergnügen, denn für mich war es ein Vergnügen, die Auswahl an Gegenständen fortzuführen.

Ein Motiv für die Titelwahl Titel: kompakt, faltbar und modular - die wandelbare Anpassungsfähigkeit des schweizerischen Objekts. Seit dem Beginn war der Wille vorhanden eine Ausstellung zum schweizerischen Design zu entwickeln, ausgehend von der Auswahl einer besonderen Thematik, vom Moment dass das, was mich am meisten interessierte war nicht, einen Weg durch die Geschichte

tiforme adaptabilité de l’objet Suisses. Dès le commencement j’ai suivi la volonté de développer une exposition sur le design Suisses, en partent du choix d’une thématique particulière, du moment que ce que plus m’intéressait n’était pas le développement d’un parcours historique, mais de m’appliquer dans un approche transversale. En considérant les caractéristiques territoriales et culturelles Suisses, nous avons remarqué que souvent le peuple Suisses était identifié à travers les mots ‘rigueur’, ‘rigidité’, ‘précision’. Voilà la décision de montrer des aspects différents et opposés, à partir du ‘pliable’ en tant que conformation en apparente antithèse aux concepts de ‘précision’ et ‘rigidité’. De toute façon, la ratification et la définition du thème a suivi un important rendez-vous avec Giampiero Bosoni, architecte de Milan, et honorable expert de design. Il m’a confirmé réelle présence du sujet comme un des fondements du design Suisses. Pendant l’interview, ils ont été tirés plusieurs adjectives et définitions liés à cet argument,

20 21


Thesis Project


57


Curriculum


59

Skills software known

InDesign, Illustrator, Photoshop, After Efect, Final-cut, Flash (basic), Microsoft Office.

Capabilities

art exhibitions, events, music, sports.

graphic design skills creative in making decisions also under time pressure enthusiastic in meeting new challenges and always eager to learn new skills and methods organizational skills very good team worker maintain a positive atmosphere working in team graphic design skills expecially related to the communication of art and events lives independently enthusiastic

Italian mother tongue Languages English B2 Portuguese good comprehension, basic speak, learned thanks to the Erasmus in Lisbon German Basic knowledge, currently attending a course in Lugano to improve it. Studing abroad 01.06.2007, 25.08.2007 PACE Language Institute, Bray, Ireland.

Hobbies and interests


Curriculum Vitae Visual communicator Data and place of birth Address in Italy Address in Swiss Nationality Driving license Telephone E-mail Education 09.2008 - 09.2011

03.2010 - 07.2010 09.2003 - 07.2008

Work Experience 20.12.2011 - now

25.10.2011 - now

01.2009 - 07.2011 12 –13.11.2009

Sabrina Cerea 25 - 11 - 1989 Erba, CO, Italy Via Fontanella 15 22030 Longone al Segrino, CO, Italy Via Trevano 71 6900, Lugano, Swiss Italian B 0039 3886166556 0041 (0)783022030 cereasabri@yahoo.it

SUPSI Scuola Universitaria Professionale Svizzera italiana, Visual Communication, Lugano, Swiss. Thesis project: planning and communication image of an ipothetic exhibition of swiss design entitled: compattabile, pieghevole, componibile (compact, folding, modular) Final mark: C IADE Escola Superior de design, Erasmus, Lisbon, Portugal Diploma di Maestro d’arte Istituto d’Arte “F. Melotti” Via F. Andina 8 22063 Cantù, CO, Italy Final mark: 98/100 Main subjects: decoration - art - project

Working with Sidi Vanetti graphic designer in Locarno, Switzerland. Graphic projects for the Museo Cantonale d’Arte Lugano, Museo d’Arte Lugano. (catalogue for the Pascal Schwaighofer Opoyaz’s exhibition, catalogue for the Rolando Raggenbass’s exibition, Museo Cantonale d’Arte Lugano and Museo d’Arte Lugano’s book program 2012). Working as an intern for m.a.x. Museo Chiasso, Switzerland. Catalogation and archive of artworks for the next exhibition, helping the curator setting up the exhibition, broker with the m.a.x Museo’s graphic design studio The Redbox Lugano. (exhibition took place in: Luciano Rigolini Un’altra immagine (27.10-8.12.2011); International Conference Baldasar Fontana from Chiasso 1661-1733 his art in Europe (16-20.12.2011); exhibition for the Gino & Gianna Macconi foundation’s painting price for young artists 2011 (14.114.12.2011); Tiepolo Nero, opera grafica e matrici (2.2-5.4.2012). Bar “Angolo dei Gaudiosi” in Erba, Italy Showed good interpersonal skills dealing with customers Worked well under pressure. Infographic work for Swiss Design Network Symposium ‘09.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.