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Segno 274
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Anno XLIV SET/OTT 2019
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Paolo Scirpa, Ludoscopio n. 34, 1978. MACBA, Buenos Aires, 2013.
Foto Keiler Delgado
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Artisti in copertina Paolo SCIRPA
Con la sua ricerca sulla luce si è discostato dall’indagine cineticoprogrammata, perché ha introdotto nei suoi neon una valenza simbolica che vuole sfociare addirittura nella trascendenza: quanto di più lontano cioè, dall’intenzione di esattezza, misurabilità, fisicità, e controllo cui l’arte cinetica ci aveva abituati in precedenza
Quando nel 1972 Paolo Scirpa ha realizzato il suo primo “Ludoscopio”, mettendo in scena la luce creata e moltiplicata dal neon e non una luce dipinta, o suggerita, o rappresentata, l’attenzione degli artisti e del pubblico più smaliziato era già rivolta ad altro, era passata dall’interesse scientifico e analitico per i problemi della percezione, e di un’arte esatta, il più possibile oggettiva, ai problemi sociali, ai conflitti politici, alla lotta rivoluzionaria che allora era quotidiana e pervasiva di ogni azione e di ogni pensiero. Di fatto, a guardare anche quei primi lavori con la luce, per cui oggi è giustamente noto, (un versante di indagine artistica sul consumismo, che pure ha portato avanti, rimane tutt’ora meno conosciuto…) si potrebbe dire che la sua ricerca appartiene a quella branca ottico-cinetica dell’arte, che aveva conosciuto i maggiori fasti nazionali e internazionali tra il 1959 e il 1965/66,
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Paolo Scirpa, Espansione e traslazione bifrontale, 1973. 75x75x20 cm
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Paolo Scirpa, Ludoscopio n. 30, 1976. Omaggio a Kandinsky, 40x40x40 cm
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Paolo Scirpa, Ludoscopio n. 13, 1976. Espansione+traslazione a luci intermittenti. 60x60x60 cm + base
ed era poi lentamente declinato con la caduta di fiducia nelle possibilità di una società “percettivamente” migliore, e nell’ascesa di altre tendenze, come la Pop Art – che ne era agli antipodi – o l’Arte Povera, che sfruttava maggiormente l’aspetto di contestazione sociale globale. Ora, a prima vista il suo lavoro effettivamente apparterrebbe in toto a quella ricerca, ma non a quella stagione: un lungo apprendistato siciliano - Scirpa è nato a Siracusa nel 1934 – tra le file dell’astrazione, il trasferimento a Milano nel 1968, la prima personale milanese nel 1969, avrebbero fatto sì che l’aspetto ottico-cinetico del suo lavoro non sia coinciso col momento di sviluppo e di attenzione di cui invece artisti e gruppi dell’arte cinetica italiana – ricordiamo il Gruppo T o il gruppo Enne, o anche il gruppo MID – avevano goduto a pieno titolo. Tant’è: solitamente un artista è più condizionato dal proprio percorso mentale che da fattori contingenti, sociali, ambien
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Paolo Scirpa, Composizione, 1964. Collage+tempera su carta, 37x57 cm
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Paolo Scirpa, Ludoscopio E7. Espansione, 2006. 40x40x40 cm + 14 cm base
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Paolo Scirpa, Ludoscopio A10. Convergenze e divergenze dinamiche, 2006. 30x70x70 cm
tali, politici, anche se naturalmente non vanno sottovalutati, almeno per quanto riguarda il consenso. Ma Scirpa con la sua ricerca sulla luce si è anche discostato dall’indagine cineticoprogrammata, perché ha introdotto – o “re-introdotto” – nei suoi neon una valenza simbolica che vuole sfociare addirittura nella trascendenza: quanto di più lontano, cioè, dall’intenzione di esattezza, misurabilità, fisicità, e controllo cui l’arte cinetica ci aveva abituati nel decennio precedente. Gli ottico-cinetici per così dire di stretta osservanza, mostravano infatti scarsissima attenzione per ogni aspetto che volesse andare oltre i problemi della percezione umana o i problemi “storico-sociali” della percezione, intendendo con questi l’analisi non solo di ogni tipo di percezione fisiologica, ma anche l’analisi del linguaggio della visione, e l’analisi dei rapporti tra produzione della visione e ricezione della visione, con qualche sconfinamento, se si vuole, nel campo della sociologia (per non parlare del rapporto arte/
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Paolo Scirpa, Ludoscopi nn. 127, 128, 1988. Raccordo ottagonale porpora. Espansione curva convergente e divergente. 50x50x20 cm cad.
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Paolo Scirpa, Pozzo. Espansione+traslazione curve, n. 104, 1985-1998. 44x107x107 cm
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Paolo Scirpa, Percorsi comunicanti, 1989-1999. Museum Ritter Waldenbuch, 2019
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Paolo Scirpa, Espansione dinamica, 2017. Pastello a olio su tela, 80x80 cm
industria o arte auratica/arte moltiplicata che ne erano corollari importanti); al contrario, Paolo Scirpa poneva, e pone, il problema addirittura trascendentale della “luce”, di cui la luce reale – ottenuta con gli strumenti che anch’egli usa – non è che un riflesso. Come a dire che ciò che gli interessa è la luce ideale, e che per affermare questo interesse, e l’importanza che quella luce ha per sé e per l’interpretazione del mondo di cui l’artista si fa tramite, è disposto a sopperire con i poveri mezzi concreti che il mondo gli mette a disposizione, fermo restando però che questi mezzi non sono che l’ombra, il rappresentato, l’imitazione, il riflesso, appunto, di quel significato più grande. Il suo, dunque, è un mondo platonico, persino religioso (in un mio testo precedente, affermavo che Scirpa è più vicino a Beato Angelico che a Lazlo Moholy-Nagy …), che si avvale di tecnolo
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Paolo Scirpa, Vibrazione luminosa, 2002. Acrilico su tela, 150x150 cm
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Paolo Scirpa, Cubo multispaziale n. 83, 1987- 2007. 40x40x40 cm+14 cm base
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Paolo Scirpa, Cubo multispaziale, n. 137, 1987-2007. 40x40x40 cm+ 14 cm. base
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Paolo Scirpa, Progetto d’intervento n. 209, 1988. Fotomontaggio. Necropoli Greco-romana di Grotticelle, Siracusa
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Paolo Scirpa, Progetto d’intervento n. 251, 1994. Fotomontaggio. Arco della pace, Milano
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Paolo Scirpa, Il Teatro, 2019. Neon azzurro su legno. 220 x 110 x 10 cm
gie extrartistiche per l’epoca quasi nuove , non tanto per affermare con queste una raggiunta fisicità dell’arte, la presenza oggettuale e oggettiva del reale nel linguaggio espressivo, quanto piuttosto per suggerire che anche dietro questa oggettualità, questa idea di “nuovo” , di progetto e di progresso, la questione della “luce” resta comunque inafferrabile a chi non si ponga di fronte ad essa con un animo “illuminato”.
Marco Meneguzzo
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Paolo Scirpa, Percorso comunicante, 1987. 40x120x120 cm. Fabbriche Chiaramontane, Agrigento, 2017
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Paolo Scirpa, Il Teatro, 2019. Neon azzurro su legno. 220 x 110 x 10 cm
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Paolo Scirpa, Percorsi comunicanti, 1987. 40x120x120 cm cad. Installazione, 2011