AV GRAdo 2

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PRIMO INCONTRO B

LA RICERCA

1 Grado B 1

23/09/11 11:56


LECTIO

INPUT La Parola Zaccheo – Lc 19,1-10 (Gesù) Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7 Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8 Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». 1

2 Grado B 2

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L’eco

Che cosa fa Zaccheo? Anche Zaccheo compie quattro azioni: mosso probabilmente dalla curiosità vuole andare a vedere chi è quel famoso maestro cha attira tanta folla; quindi, la curiosità diventa un desiderio sempre più forte per cui addirittura si arrampica su una pianta (il sicomoro); in terzo luogo obbedisce con prontezza all’invito di Gesù, scende “in fretta” dalla pianta e accoglie “pieno di gioia” il Signore nella sua casa; infine, per mettere a tacere ogni voce maligna dei benpensanti, prende un impegno di eccezionale generosità (“dividere la metà dei propri beni con i poveri e rendere quattro volte a chi è stato truffato” va ben oltre le prescrizioni della legge giudaica), che segna definitivamente il suo cambio di vita.

Che cosa sta succedendo? Gesù si trova al termine del lungo viaggio che lo sta portando a Gerusalemme, dove inizialmente sarà accolto trionfalmente, per poi essere consegnato in mano a coloro che lo vogliono uccidere. L’ultima tappa di questo cammino è la città di Gerico, che si trova in una profonda valle a 30 km a nord est della Città Santa. E’ uno dei centri abitati più antichi della Palestina: lì incontra, come stiamo leggendo nel capitolo 19 di Luca, il ricco Zaccheo, un pubblicano, cioè un esattore delle tasse per conto dei Romani, che era perciò considerato un pubblico peccatore ed era odiato da tutti; poi racconta ai suoi discepoli la parabola delle mine (si tratta di una misura monetaria) e infine si mette in cammino verso Gerusalemme.

Che cosa mi porto via? Dalla lettura di questo celebre episodio del Vangelo di Luca ci portiamo via cinque idee forti. 1. Noi siamo anzitutto dei cercati, poiché Gesù ci mostra che Dio è colui che cerca i suoi figli. 2. L’“oggi” (cioè la vita quotidiana) è il luogo in cui Dio si fa incontrare e dona la salvezza. 3. Nessuno può dirsi così malvagio, così lontano, che Dio non lo voglia trovare; per i benpensanti Zaccheo era un pubblico peccatore da evitare come la peste, per Gesù era un amico da andare a visitare nella sua casa. 4. L’incontro con Gesù può nascere anche da una semplice curiosità, come per Zaccheo, ma alla fine porta sempre qualcosa di nuovo se si è disposti ad accoglierlo nella propria vita. 5. Se una persona si apre in profondità all’incontro con Cristo la sua vita cambia radicalmente, così come è successo a Zaccheo, e si diventa “pieni di gioia”.

Che cosa fa Gesù? Gesù compie quattro azioni: anzitutto entra nella città, attirando a sé una grande folla, tanto che le persone piccole di statura (come Zaccheo) non riescono a vederlo; quindi, scorgendo Zaccheo, lo invita ad accoglierlo nella sua casa; poi entra nella casa di Zaccheo, suscitando lo scandalo dei benpensanti, poiché era un pubblico peccatore e anche solo frequentare la sua casa avrebbe attirato la maledizione di Dio (per usare un’espressione ebraica, avrebbe reso impuri); infine, per mettere a tacere tutte le chiacchere delle gente su di lui, dà un giudizio che chiarisce la propria scelta. Questo giudizio di Gesù (vv. 9-10) si articola in due passaggi: in primo luogo dichiara con forza che la salvezza di Dio è entrata nella casa del pubblicano, poiché egli si sta comportando come un degno figlio di Abramo, mostrando fiducia in Dio e generosità verso i poveri; in secondo luogo mostra il ruolo che lui stesso ha avuto in questa apertura di Zaccheo (il “Figlio dell’uomo” è un titolo proprio del Messia; è Cristo in persona), poiché Gesù ci mostra che Dio è venuto a cercare l’uomo, soprattutto quando questo si trova in difficoltà o nel peccato.

3 Grado B 3

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Per la tua vita…

perché Dio ti ha cercato? Quali persone sono state per te la mediazione (cioè la concretizzazione) di questa ricerca da parte di Dio? Oggi per questa casa è venuta la salvezza. L’incontro con Gesù porta sempre qualcosa di bello e di nuovo nella nostra vita. Che cosa speri di portarti via dal cammino del GRADO? Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri. L’incontro con Gesù ci spinge sempre a fare un passo in più, un progresso, un atto concreto nella via del bene. Prova già a delineare un proposito, un impegno concreto da portarti via da questo incontro GRADO, per poi verificarlo al prossimo incontro. NB: prima di ritornare a casa, confrontati con uno dei salesiani presenti sull’impegno che ti sei preso.

Un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco. La situazione di partenza di Zaccheo è tutt’altro che semplice: è un pubblico peccatore ed è odiato dai suoi concittadini. A che punto ti trovi del tuo cammino di vita cristiana? Quali sono gli ostacoli più grandi che ti tengono lontani da Gesù? Cercava di vedere chi era Gesù. Zaccheo all’inizio è mosso probabilmente da semplice curiosità. Per quale motivo hai accettato di venire al GRADO? Hai una domanda che si muove dentro di te? Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare Nessuno è così lontano da non esser cercato da Gesù. Sai di essere un figlio amato e cercato da Dio? Sai che sei qui, al primo incontro del GRADO,

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4 Grado B 4

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5 Grado B 5

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INSEGNACI A PREGARE

Chiedete e vi sarà dato: Lo spirito La preghiera di domanda e di invocazione

G:

Davanti a Te Signore, quando percepiamo la Tua grandezza immediate salgono al nostro cuore le miriadi di richieste: per il nostro corpo e la nostra vita, per coloro a cui vogliamo bene e per chi soffre, per la nostra serenità e la vera pace. Domande che da sempre Ti hanno interpellato. Domande che salgono a Te anche da chi non è cristiano. E a volte anche da chi non si dice credente, ma nel bisogno… cerca ancore di salvezza. Domande, richieste, suppliche che neppure noi sappiamo se corrispondono al nostro vero bene. E ancora una volta Tu ci insegni a pregarTi. Ci insegni a rapportarci con Te. A chiedere il nostro vero bene. E allora guidaci Tu.

Canto: Io domando

Un amore che fiorisce, una vita che finisce, una luce che si accende, un’angoscia che ti prende, io domando… Un amore senza tempo, una vita senza senso, un sorriso che si schiude, una porta che si chiude, io domando… Io domando dove porta l’altalena della vita dove spesso ciò che vale, sembra proprio ciò che muore. Io domando e mi risponde la Tua voce, mi risponde, io Ti cerco e Tu sei qui io Ti cerco, Tu mi chiami e capisco che sei Tu l’incredibile speranza della vita e continuo a camminare con la mano nella Tua e con tutti gli altri amici che Tu hai.

Quando rido con gli amici, quando piango di nascosto, quando parlo con le cose, quando penso al mio silenzio, io domando… Quando tutti sono uniti, quando gli altri son nemici, quando il mondo è la mia casa, quando Tu rimani fuori, io domando… Io domando quanto tempo si resiste nella vita Prima di desiderare che la vita sia finita.

6 Grado B 6

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PRIMA TAPPA Chiedere è secondo la tua volontà

Lettura biblica

Gesù disse ai suoi discepoli “Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete.” Mt 21,22 Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto

Lc 11,9-10

1L:

Signore Tu vuoi che innalziamo a Te la nostra richiesta. Tu sai che siamo deboli. Ma sai che a volte non sappiamo neppure cosa sia davvero importante chiedere. Vorremmo tutto e di fatto non sappiamo cosa sia essenziale. Ora vogliamo avere questo, dopo vogliamo quell’altro e dopo ancora preferiremmo un’altra cosa.

2L:

Tu attendi da noi che ci esprimiamo con chiarezza. Che Ti gridiamo cosa veramente ci sta a cuore. Che cerchiamo il nostro vero bene. Da Te, come un dono prezioso. Da Te, come unica fonte. Da Te, come verità di noi stessi.

G:

Ci hai fatto delle promesse enormi, Signore. Ci hai detto che il Padre risponderà di certo alle nostre suppliche ma solo se lo faremo con fede.

1L:

Ti chiediamo fin troppo, con una marea di parole ripetute con meccanicità in pochi minuti strappati alle mille altre cose. aspettando magiche soluzioni.

3L:

Chiedere con fede È chiedere avendo scelto ciò che davvero ci sta a cuore. È chiedere avendo selezionato fra le tante esigenze. È chiedere dopo una buona riflessione di fondo. Chiedere con fede è dentro una relazione di amicizia profonda, perché solo all’amico si chiedono le cose grandi. Chiedere con fede è chiedere senza titubanza... perché si chiede a un…papà.

7 Grado B 7

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2L:

Chiedere con fede, è essere certi che ci donerai ciò che abbiamo bisogno, è vivere nell’umiltà di chi non pretende, ma attende un dono che non gli è dovuto. Chiedere con fede è lasciarTi fare o Dio, consegnandoti le nostre fatiche.

1L:

Chiedere con fede è pregarTi con costanza, segno di buona volontà e di amore concreto. Chiedere con fede, significa chiederTi con insistenza uscendo dalla superficialità del “tutto e subito”, riconoscendo che senza di Te non siamo nulla.

Cosa chiedo? Sono costante?

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8 Grado B 8

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SECONDA TAPPA Chiedere secondo la Tua preghiera.

Lettura biblica

Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiticome noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Mt 6,7-13 G: TUTTI: G:

TUTTI: G:

TUTTI: G:

Signore ci dici che le domande giuste sono tutte nella Tua preghiera. Sia santificato il tuo nome: Ti domando Signore che nella mia vita TUTTO parli di Te, rimandi a Te, trovi in Te forza, così chi mi vede comprenda che senza Te nulla ha senso e quindi a Te si affidi. Venga il tuo regno Ti chiedo Signore che La tua logica, l’amore abiti in tutte le relazioni, sia presente in tutti i pensieri, nelle parole che pronuncio, nei gesti che compio, Ti chiedo che con gradualità Ti assomiGli sempre più nei pensieri, nelle parole, nei gesti. Sia fatta la tua volontà Ti chiedo Signore che il mio e altrui egoismo non blocchi mai la realizzazione dei Tuoi disegni perché solo nella Tua volontà c’è la vera gioia. Ti chiedo in particolare di farmi comprendere dove mi hai pensato nella Chiesa al servizio Tuo e degli altri.

9 Grado B 9

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TUTTI: G:

TUTTI: G:

TUTTI: G:

Dacci oggi il nostro pane quotidiano Signore dacci il pane materiale dallo a Tutti e non permettere che nessuno soffra per l’ingiustizia di vedersi privato dell’essenziale mentre altri hanno troppo Dacci però anche il pane spirituale per far crescere la nostra vita e non permettere che aumentino in noi superficialità e banalità che ci uccidono. Rimetti a noi i nostri peccati Trattaci non come noi trattiamo gli altri non misurarci come noi giudichiamo perché solo gustando la Tua bontà, cambieremo e impareremo ad amare E non ci indurre in tentazione e liberaci dal male: E donaci la forza di resistere al male all’egoismo che distrugge al diavolo che divide al peccato che uccide.

10 Grado B 10

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1. Che immagine di Dio “passa” dalla mia preghiera di domanda? 2. Il Dio slot machine: metto il gettone preghiera, incrocio le dita e spero che mi vada di… fortuna. 3. Il Dio dell’istante: all’occorrenza e quando non se ne può più. 4. Il Dio lontano a cui chiedo ma che poi… mi lascia a far da me. 5. Il Dio della tegola: chiedo che si faccia la Sua volontà ma che non mi cada addosso la tegola della vocazione... E speriamo che Lui non mi chieda nulla…

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11 Grado B 11

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TERZA TAPPA Tu ci doni il massimo: Dio, lo Spirito G:

È straordinario. Le Tue promesse arrivano là dove noi non ci saremmo neppure immaginati. Non solo vuoi donarci Tutto ciò che chiediamo con fede che chiediamo con costanza che chiediamo con profondità di vita e in una relazione d’amicizia con Te. Ma vuoi darci il Tuo tutto. Vuoi darci Dio, dandoci lo Spirito. Vuoi darci davvero il TUTTO.

Lettura biblica

Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se li chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!”. Lc 11,11-13 1L: G:

Tu vuoi donarci il massimo: Dio Spirito. Ma noi lo vogliamo veramente questo “massimo”? Avere lo Spirito significa avere TUTTO, perché è avere Dio e tutto il resto viene di conseguenza. In ogni situazione. Per ogni cosa. In ogni tempo. Possiamo invocare questo dono.

Canto finale: Vieni Qui tra Noi (Gen) Vieni Vieni Vieni Vieni

qui qui qui qui

tra tra tra tra

noi come fiamma che scende dal cielo. noi, rinnova il cuore del mondo. noi, col tuo amore rischiara la terra. noi, soffio di libertà.

Nel silenzio tu sei pace, nella notte luce, Dio nascosto, vita, Dio tu sei, Amore. Tutto si ricrea in te, tutto vive in te. Scalda col tuo fuoco terra e cielo. Tu, che sai raccogliere ogni gemito, semina nel nostro cuoreuna speranza d’eternità. Vieni qui tra noi... Amore, Dio in mezzo a noi!.

12 Grado B 12

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DALL’AURORA Chiedete e vi sarà dato: lo Spirito Preghiera del mattino

Canto: Lo Spirito di Cristo Lo Spirito di Cristo fa fiorire il deserto, torna la vita, noi diventiamo testimoni di luce. (2v.)

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Non abbiamo ricevuto uno Spirito di schiavitù, ma uno Spirito d’amore, uno Spirito di pace, nel quale gridiamo “Abbà Padre, Abbà Padre”. Lo Spirito che Cristo risuscitò darà vita ai nostri corpi, corpi mortali, e li renderà strumenti di salvezza, strumenti di salvezza. Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come desiderio che divampi nel mondo, e porti amore ed entusiasmo in tutti i cuori.

Salmo 130 1C Dal profondo a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia preghiera. 2C Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere? Ma presso di te è il perdono: e avremo il tuo timore. 1C Io spero nel Signore, l’anima mia spera nella sua parola. L’anima mia attende il Signore più che le sentinelle l’aurora. 2C Israele attenda il Signore, perché presso il Signore è la misericordia e grande presso di lui la redenzione. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe.

TUTTI: Gloria al Padre…

13 Grado B 13

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Lettura biblica

Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe? Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano! Mt 7,7-11

Intercessioni

Certi che il Signore non lascia cadere la nostra preghiera, ripetiamo insieme:

Ascoltaci, o Signore. Signore, aumenta la nostra fede. Aiutaci a chiedere con la fiducia di figli. Preghiamo. Aiutaci Signore a vivere nell’umiltà profonda di chi non pretende, ma attende da te doni non dovuti. Preghiamo. Ti consegniamo le nostre fatiche Signore. Fa che sentendoti vicino sappiamo compiere con serenità le scelte importanti sulla nostra vita. Preghiamo. Accompagnaci Signore nel cammino della nostra vita: dacci la forza di uscire dalla superficialità del “tutto e subito” e di saper riconoscere che senza di Te non siamo nulla. Preghiamo.

Padre Nostro Affidamento a Maria: Ave Maria

Ave Maria, ave. Ave Maria, ave. Donna dell’attesa e madre di speranza ora pro nobis donna del sorriso e madre del silenzio ora pro nobis donna di frontiera e madre dell’ardore ora pro nobis donna del riposo e madre del sentiero ora pro nobis. Donna del deserto e madre del respiro ora pro nobis donna della sera e madre del ricordo ora pro nobis donna del presente e madre del ritorno ora pro nobis donna della terra e madre dell’amore ora pro nobis

14 Grado B 14

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ACTIO La Risposta 1. Quando sei stato invitato al gruppo del GrAdo, che tipo di gruppo ti aspettavi di incontrare? 2. Perché hai accettato di partecipare al GrAdo? 3. Cosa ti rende veramente felice? 4. Cos’è per te la vocazione?

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15 Grado B 15

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La ricerca: perché? Creati per essere felici Perché dovremmo faticare in un cammino di ricerca? Per cercare cosa? Oggi più che mai il fare fatica è considerata cosa da evitare: ad esempio la fatica dello studio, la difficoltà nella puntualità agli orari indicati dai genitori, la fatica di “sporcarsi” le mani per un servizio gratuito. Ma la fatica è invece necessaria per la vita. In particolare la fatica della ricerca. Fermiamoci allora sulla prima domanda: perché cercare? Rispondo con le parole di monsignor Giuseppe Mani: “Insieme alla vita Dio ci dona la felicità. La felicità è la pienezza di quella gioia di cui il cuore ha bisogno e nessuno può vivere senza questa gioia; al massimo, potrà sopravvivere. Una persona sen­ za gioia è come una barca a vela senza vento. La felicità deriva dal sentirsi sicuri, li­ beri da ogni paura, così da essere nella gioia anche quando le cose non vanno per il verso giusto; la nostra felicità infatti, non dipende dalle cose o dagli avveni­ menti della vita ma dal modo con cui li viviamo […]. Per essere felici e portare la Croce, basta sentire su di se la mano di Dio. Tra molti, ricordo un grande maestro: mio pa­ dre. Era un uomo semplice, trasparente e molto sensibile: era un artista. Nella vita ha portato tante croci fin dalla sua gio­ vinezza e nella tarda età ha fatto propria l’esperienza di Giobbe e come Giobbe si è comportato. L’ho sentito tante volte “litigare” con Dio e quando, dopo aver pregato, la croce diventava ancora più pesante, allora ripeteva: “Questa, il Naza­ reno, me la dovrà spiegare. Sì, di questo,

voglio la spiegazione!” E andava avanti, con coraggio, fino alla prossima croce dove ripeteva lo stesso ritornello. Morì tra le mie braccia. Dopo uno spa­ simo più forte, che mi ricordò il grande grido del Signore, spirò e il suo volto si compose subito in una grande serenità. Ebbi la chiara sensazione che il “Nazare­ no” gli aveva chiarito tutto ed era entrato in quella perfetta felicità per cui era stato creato. Nonostante tutto, la sua vita è sta­ ta felice, perché ha sempre avvertito su di se la mano di Dio. […] Solo con la fede, un padre fedele e innamorato della propria sposa e dei pro­ pri figli, può reggere alla prova di vedere la propria famiglia distrutta perché un’al­ tra persona si è portata via tutto: solo con la fede, due genitori possono continuare a sperare e vivere per un figlio, schiavo della droga, che, regolarmente, demoli­ sce se stesso e la sua famiglia. […] Per la mia vecchiaia, se il Signore lo concederà, sogno di mettermi in un uf­ ficio sulla cui porta vi sarà scritto: “Qui si aiuta a portare la croce” e son certo che, da quella stanza, vedrò uscire persone più serene e sorridenti dopo aver fatto loro scoprire come Dio li tenga per mano. È noto il lamento di Padre Pio: “Tutti vengono a chiedere di liberarli dalla croce, nessuno viene a chiedere forza, per portarla insieme al Signore” (Mons. Giuseppe Mani, 3 febbraio 2003). Fatti per la felicità dunque. Anche don Bosco lo dice esplicitamente nella famosa lettera da Roma del 1884: “Vicino o lontano io penso sempre a voi. Uno solo è il mio desiderio: quello di vedervi felici nel tempo e nell’eternità”.

16 Grado B 16

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Ancora don Bosco: “Due sono gli inganni principali con cui il demonio suole allontanare i giovani dal­ la virtù. Il primo è di mettere loro in men­ te che servire il Signore consista in una vita triste e lontana da ogni divertimento e piacere. Non è così, cari giovani. Io voglio insegnarvi un modo di vita cristiana che possa, nel tempo stesso, rendervi allegri e contenti, e mostrarvi quali sono i veri divertimenti e i veri piaceri, così che pos­ siate dire con il profeta Davide: Serviamo il Signore in santa allegria. Tale appunto è lo scopo di questo libretto: insegnare a servire il Signore e a star sempre allegri. L’altro inganno è la speranza di una lunga vita, di convertirvi poi nella vec­ chiaia o in punto di morte. Badate bene, miei figlioli, che molti furono in tal modo ingannati. Chi ci assicura di venir vecchi? Bisognerebbe patteggiare con la morte che ci aspetti fino a quel tempo; ma vita e morte sono nelle mani del Signore, il qua­ le può disporne come a Lui piace. […] E vuol dire: se noi cominciamo una buona vita ora che siamo giovani, buoni saremo negli anni avanzati, buona sarà la nostra morte e principio di un’e­ terna felicità. Al contrario se i vizi prende­ ranno possesso di noi in gioventù, per lo più continueranno in ogni età nostra fino alla morte, caparra funesta d’una infelicis­ sima eternità. Perché questa disgrazia a voi non accada, vi presento un metodo di vita breve e facile, ma sufficiente per­ ché possiate divenire la consolazione dei vostri parenti, l’onore della patria, buoni cittadini in terra, per essere poi un giorno, fortunati abitatori del Cielo. Miei cari, io vi amo di tutto cuore; e basta che siate giovani, perché io vi ami assai. Troverete scrittori di gran lunga più virtuosi e più dotti di me, ma difficilmen­ te potrete trovare chi più di me vi ami in Gesù Cristo, e più di me desideri la vo­ stra vera felicità. Vi amo perché nel vostro cuore voi conservate il tesoro della virtù,

possedendo il quale avete tutto, mentre, perdendolo, divenite gli esseri più poveri e sventurati del mondo. Il Signore sia sempre con voi, e fac­ cia che, praticando questi pochi sugge­ rimenti, possiate giungere a salvare l’ani­ ma vostra e ad accrescere così la gloria di Dio, unico scopo di questo libretto. Il Cielo vi conceda lunghi anni di vita felice, e il santo timor di Dio sia ognora quella grande ricchezza, che vi colmi di celesti favori nel tempo e nell’eternità” (Cfr. G. Bosco, Il giovane provveduto, introduzione). Cercare cosa? La teoria della felpa Rispondiamo alla seconda domanda: cosa bisogna cercare? Per raggiungere la felicità è necessario rispondere alla propria vocazione. Oggi spesso i giovani cercano la felicità in tante cose passeggere, senza per questo raggiungerla. A volte si hanno grandi attese su un evento, un incontro, una cosa, ma poi appena soddisfatta questa attesa, tutto torna come prima. E non c’è la vera felicità. Altre volte le persone hanno un concetto di felicità che non corrisponde in pieno al senso stesso della felicità. Mi spiego con degli esempi. A volte la ricerca della felicità è legata al piacere: il riposo troppo prolungato, il divertimento sfrenato, … sono esempi di felicità che però è ben lontana da quella vera. Infatti non portano alla crescita integrale della persona, ma la fanno chiudere in se stessa e nelle proprie pulsioni. Fino a diventarne schiavo. La vera felicità è una condizione stabile nella vita, che rende “diverse” le cose che viviamo. Si raggiunge quando la nostra vita è conforme a ciò per cui siamo fatti. Ecco il tema della vocazione. Attenzione!!! Spesso quando si pensa alla vocazione si arriccia il naso, pensando a preti e suore … . Ma la vocazione è ben di più. Partiamo dal significato del termine. “Vocazione” deriva dal latino vocare, che significa chiamare, e questo da vox, voce. La vocazione è quindi una chiamata da parte di una voce, che ogni persona

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sente nel proprio cuore. E’ fare ciò che è per te, che è fatto per te, che ti realizza e quindi ti rende felice. Non si deve aver paura della vocazione. Anche se in modi differenti, tutti abbiamo una vocazione, perché tutti siamo chiamati a compiere qualcosa di grande nella nostra vita. E’ la teoria della felpa. Ci viene fatto un grande dono dal Signore. E’ la possibilità di “indossare” la felpa della vocazione, quella felpa che ci porta alla vera felicità. Quale sarà la felpa che fa più per me? Quella che più può realizzarmi come uomo autentico? Quella non troppo stretta né troppo larga? Quella che mi fa stare a mio agio, che non mi lega nei movimenti, ma mi fa essere me stesso? Al di là delle semplificazioni, la vocazione è così: è la strada che ci fa stare a nostro agio, per non sentire la vita troppo stretta, che ci realizza pienamente. La ricerca. Gli strumenti del cammino Per cercare la propria vocazione ci sono vari strumenti. Come per la montagna, è necessario un equipaggiamento adatto. Mi limito ad accennare ad alcuni strumenti dell’equipaggiamento. Per iniziare. a. G li scarponi: scegliere ciò che mi costa di più. Non è masochismo, diffida sempre di chi ti offre qualcosa a costo di una fatica pari a zero. La vita è impegno e responsabilità ed è solo attraverso lo sforzo che si realizza il meglio di noi stessi.

a. L o zaino: preferire sempre ciò che serve di più agli altri. Il capitale non si aumenta conservandolo, ma investendolo bene. Don Bosco, riferito al sacerdote, diceva che questo non si salva da solo. Ma questo non vale solo per il sacerdote, ma per ciascuno di noi. È solo rendendolo un autentico servizio ad altri, cercando di svolgerlo il meglio possibile mettendoci del mio, che un lavoro, anche se non scelto ma subìto per le innumerevoli traversie della vita, può diventare qualcosa che mi realizza, e non un peso a. Il moschettone: scegliere solo ciò che mi dà la vera pace del cuore. La scelta più autentica, anche se molto difficile, è quella che, sia quando la immagino che quando l’attuo, è capace di farmi sentire bene; è quella che dà pace al mio cuore inquieto, facendomi sentire al giusto posto. a. La corda: consultarmi con una persona adulta e che mi conosce bene. Cerca un “amico dell’anima” (confessore, guida spirituale) che ti conosce e ti può accompagnare nei passi che compi. Attenzione! Applicare queste regole, vuol dire contestare il comune modo di pensare che, invece, preferisce ragionare così: “Se vuoi essere pienamente realizzato, scegli solo ciò che ti fa guada­ gnare di più e con meno fatica possibile!” Stai attento: in gioco c’è la tua felicità (Cfr. Lettera pastorale di Mons. Giuseppe Mani, 3 febbraio 2003).

Per RIFLETTERE ... 1. Qual è il desiderio nascosto nel tuo cuore, il sogno della tua vita? 2. Ora che hai capito cos’è la vocazione, dove ti vedresti meglio? 3. Ogni giorno siamo chiamati a prendere delle decisioni. Scegliamo quello che fa più bene anche agli altri o soltanto ciò che ci fa più comodo? 4. Che servizio puoi fare per chi ti è vicino? 5. Hai una guida spirituale? Hai mai pensato di averne bisogno? Perché?

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OUTPUT Per la mia vita ‌

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SECONDO INCONTRO B

IDENTITA’ E FAMIGLIA

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LECTIO

INPUT La Parola Gesù – Lc 2,41-52 I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45 non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io 41

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devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. 51 Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

L’eco Che cosa sta succedendo? I primi tre capitoli del Vangelo di Luca costituiscono una lunga introduzione alla missione pubblica di Cristo, la quale ha inizio al cap. 4,13 con la sua prima predica nella Sinagoga di Nazaret, e sono costruiti mettendo continuamente in parallelo Giovanni Battista (che chiude l’Antica Alleanza) e Gesù (che apre la Nuova). Il passo che stiamo leggendo è la conclusione dei cosiddetti “racconti dell’infanzia”, che occupano i primi due capitoli del terzo Vangelo e che danno a noi lettori le prime “pennellate” sull’identità unica ed eccezionale di Gesù: egli viene presentato come “concepito dallo Spirito Santo”, “Figlio di Dio”, “Salvatore e Cristo Signore”, “salvezza di Dio e luce dei pagani”. Ora, nel contesto del tutto ordinario del pellegrinaggio che i pii Israeliti compivano annualmente a Gerusalemme Gesù dodicenne – è per gli Ebrei l’età della maturità religiosa – per la prima volta nel testo lucano prende parola e dichiara di esser venuto con una missione speciale, “occuparsi delle cose del Padre suo” (ovviamente non sta parlando di Giuseppe, ma di Dio…). Che cosa fa Gesù? Gesù, ad una prima lettura, compie una sventatezza che solo un ragazzo che sta entrando nell’adolescenza può fare: approfittando della confusione della carovana rimane a Gerusalemme, mentre i suoi genitori, che lo pensano avviato anch’egli sulla via del ritorno, ripartono per Nazaret. In realtà compie dei gesti di forte valore simbolico:  si fa trovare nel cortile del Tempio (dove stavano abitualmente i Dottori della Legge), come fosse casa sua;  pur essendo appena dodicenne (diremmo oggi, avendo appena ricevuto la Cresima) sostiene con autorevolezza il confronto con i Dottori della Legge, cioè i massimi esperti della Sacra Scrittura;  dichiara di avere una missione più grande, che viene da YHWH, che lui chiama “Padre”.

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3. La tua famiglia di origine rimane sempre il luogo privilegiato della tua crescita armoniosa, per cui, fintanto che non sei adulto, devi interagire in modo positivo con i tuoi genitori e vivere nell’atteggiamento dell’obbedienza.

Egli dunque dichiara fin da subito di avere un’identità eccezionale ed una missione da compiere affidatagli da Dio; nel contempo però rientra nella vita di un normale ragazzo della sua età, vive nell’affetto e nell’obbedienza ai propri genitori (cfr. v. 51) e cresce in modo sereno ed armonioso (cfr. v. 52). Che cosa fa Maria? Maria ha una triplice reazione davanti alla “stranezza” di questo figlio: dapprincipio si allarma (come farebbe qualsiasi mamma), poiché Gesù è scomparso e impiegano quattro giorni a ritrovarlo (cfr. vv. 43-48); quindi, davanti alla “strana” risposta che Gesù dà alle sue legittime domande, non comprende, e con lei nemmeno Giuseppe (cfr. v. 59); alla fine, da vera credente, sceglie di “serbare nel cuore” questi fatti eccezionali, di custodirli anche se non li capisce, poiché intuisce che si tratta di qualcosa che viene dall’alto e che un giorno farà comprendere (come di fatto avverrà nella Pasqua). Anche Mamma Margherita, davanti ai segni che mostrava Giovannino Bosco ed alla sua caparbietà nel voler studiare e diventare prete, probabilmente non riusciva a capire; tuttavia ha custodito nel cuore ed ha pregato perché su questo figlio così amato si realizzasse il progetto di Dio. Che cosa mi porto via? Questo episodio evangelico dice qualcosa di importante per la tua vita. 1. Anche se sei molto giovane puoi comprendere che Dio ti chiama ad una vocazione “speciale”, data da lui. 2. Di fronte ai tuoi genitori devi avere la libertà di poter dire ciò che senti nel cuore, anche se essi non riescono – com’è naturale – a capire tutto.

Per la tua vita… Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Il dodicenne Gesù mostra una grande autonomia rispetto ai propri genitori, poiché sa che deve compiere qualcosa di più grande. Rispetto alla tua famiglia stai cominciando a costruirti una tua identità ed una tua autonomia? Sei capace di scelte libere su dimensioni importanti della tua vita? Prova a trovare qualche esempio in cui sei stato “grande ed autonomo”. Sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo. La famiglia, che certe volte ci pare un po’ stretta, rimane sempre il luogo degli affetti e dei legami belli che ci costruiscono. Trova le “cose belle” che la tua famiglia ha dato alla tua vita. (Gesù) rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio». Gesù adolescente è già conscio di avere un’identità ed una vocazione propria, che dichiara esplicitamente davanti ai suoi genitori. In che cosa ti senti “diverso” dai tuoi? Saresti disposto a fare delle scelte di vita che senti tue ma che non farebbero contenti i tuoi genitori? (Gesù) stava loro sottomesso… e cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. In questa fase della tua vita la condizione per la tua crescita è il rapporto sereno e fiducioso (=obbedienza) con i tuoi genitori. Coltivi la serenità in casa o cerchi sempre il conflitto? In caso di diversità di opinioni sei capace di mediare e di cedere o vivi ancora nella logica infantile del “tutto e subito”?

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24 Grado B 24

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25 Grado B 25

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INSEGNACI A PREGARE

In ogni cosa rendete grazie La preghiera di ringraziamento

Canto: Ti ringrazio mio Signor Ti ringrazio mio Signore e non ho più paura perché con la mia mano nella mano degli amici miei cammino tra la gente della mia città e non mi sento più solo, non sento la stanchezza e guardo dritto avanti a me perché sulla mia strada ci sei tu. Amatevi l’un l’altro come Lui ha amato voi, e siate per sempre suoi amici; e quello che farete al più piccolo tra voi, credete l’avrete fatto a Lui. Se amate veramente perdonatevi tra voi, nel cuore di ognuno ci sia pace; il Padre che è nei cieli vede tutti i figli suoi: con gioia a voi perdonerà. Da Te, come unica fonte.

26 Grado B 26

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PRIMA TAPPA La malattia della pretesa ingrata

Lettura biblica

Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!». Lc 17,12 - 13 G:

La sanguisuga ha due figli, il loro nome è: Dammi! Dammi!Pr 10,15 Nella preghiera di domanda c’è una piccola tentazione che si nasconde spesso nel nostro cuore: Dammi! Dammi! Ed ecco la pretesa, l’accumulo, l’egoismo che vuole per sé e non ringrazia. Gesù ci mette in guardia e nel grido pretenzioso dei dieci lebbrosi ci mostra come a volte domandiamo senza ringraziare, chiediamo senza riconoscere, pretendiamo senza donare. E così ancora una volta Lui ci insegna a pregare.

Lettura biblica

Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati. Lc 17,14 G:

TUTTI:

Tutti siamo un poco malati, malattie diverse ma che hanno un’unica conseguenza: ci tolgono la vita, ci tolgono la linfa vitale della serenità, ci tolgono la bellezza dell’amicizia profonda, ci tolgono la forza del dono. La malattia dell’ingratitudine da cui Gesù vuol guarirci. Siamo malati di ingratitudine Signore ma primariamente siamo malati di cecità. Non vediamo la miriadi di doni che abbiamo e ci lamentiamo senza sosta. Non vediamo che tutto attorno a noi è gratuità e continuiamo a pretendere. Non vediamo che Tu sei la fonte da cui deriva ogni cosa e non diciamo mai Grazie, Eucaristia.

27 Grado B 27

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1. Quali sono i doni che riempiono la mia vita? 2. Dove si esprime normalmente la mia pretesa lamentosa? 3. Riconosco che TUTTO ciò che ho arriva da Dio datore di ogni bene?

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SECONDA TAPPA La terapia del ritorno

Lettura biblica

Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. Lc 17,15-16 2L:

G:

L’unica terapia è tornare indietro riprendere coscienza delle cose e non attendere di perderle per vederne il valore. Tornare ai sensi. E ri-conoscere, conoscere di nuovo il valore della vista.

Tutto si spegne Non vi sono più contorni. Non vi è più colore. Non vi è più nulla. Tutto pare inesistente.

Si riaccendono le luci

28 Grado B 28

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TUTTI:

Grazie Grazie Grazie Grazie

Signore per il dono degli occhi e della vista. perché gli incontri sono possibili. perché la vita è bellezza. perché alla Tua luce tutto prende senso.

Scrivi tre cose belle che apprezzi con la vista

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Tornare ai sensi. E ri-conoscere, conoscere di nuovo il valore della vista.

Si introduce del profumo o incenso nel luogo della preghiera Profumo che dalle narici invade la nostra mente, tocca i ricordi, rende le cose gradevoli. Profumo della natura che parla della cura con cui hai creato le cose. Profumo dei sapori che parla dell’amore con cui le persone ci curano. Profumo che parla di incontri che lasciano il segno. TUTTI:

G:

Grazie Signore per il dono dell’olfatto che ci narra di un’invisibilità che ci incontra della bellezza della realtà al di là della visibilità del gusto con cui incontrare le cose per apprezzare, scegliere, prediligere il meglio Tornare ai sensi. E ri-conoscere, conoscere di nuovo il valore dell’udito.

Musiche diverse – suoni – parole Suoni che dicono una armonia perfetta. Suoni che narrano di una precisione matematica. Suoni che parlano di realtà inconfondibili. Suoni che rivelano le persone, il loro incontro, la condivisione del loro cuore. TUTTI:

Grazie Signore dell’udito, senza il quale le relazioni divengono complesse e il mondo pare finire in me. Grazie perché tutto ha la misura dell’armonia e della perfezione e che per questa siamo stati fatti. Grazie perché l’udito costruisce incontri, apre all’altro. Grazie perché possiamo così ascoltarTi, certi che parli al nostro cuore e per noi hai una parola di vittoria che vuole donarci felicità.

29 Grado B 29

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G:

Tornare ai sensi. E ri-conoscere, conoscere di nuovo il valore del tatto

Musica - Scambio di pace Di un abbraccio che dice accoglienza. Di un bacio che dice amore. Di una stretta di mano che dice impegno. Di un incontro che riconosce. Di un tatto che sa distinguere l’accoglienza dalla formalità il bacio dal tradimento l’accordo dal possesso l’incontro dallo scontro. TUTTI:

G:

Grazie Signore per il dono del nostro corpo via dell’amore, dell’impegno vero, della conoscenza. Grazie perché attraverso il nostro corpo, che si pone in relazione, verifichiamo la nostra maturità, entriamo in amicizia, uscendo da noi per essere come Te, dono.

Tornare ai sensi. E ri-conoscere, conoscere di nuovo il valore del gusto

Musica - Viene spezzato e distribuito del pane dolce da consumarsi Sapori delle cose e sapore della vita: buono e gustoso, dolce e amaro. Capacità, attraverso ciò che ci doni, di cogliere le diversità più profonde: fra bontà e cattiveria fra dolcezza nell’incontro e chiusura che soffoca fra ciò che fa crescere e ciò che mortifica. TUTTI:

Grazie Signore per il gusto che rimanda al sapore dell’anima. Grazie per ciò che siamo per il nostro corpo per le nostre doti, che spesso non conosciamo o non ri-conosciamo. Grazie per i tanti doni che da Te provengono e ci rendono uomini. Grazie perché ci hai fatto come un prodigio.

30 Grado B 30

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TERZA TAPPA Il club dei tre D

Lettura biblica

Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a render grazie a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». Lc 17,17-19 TUTTI: 1L: TUTTI: 2L: TUTTI: 1L: TUTTI: 2L: TUTTI: 1L: TUTTI: 2L:

Ringraziare è solo per chi è intelligente, per chi sa leggere dentro le cose e gli avvenimenti. Ringraziare è solo per chi ha cuore, per chi sa di essere amato in ogni istante, come in ogni istante batte il suo cuore. Ringraziare è solo per chi è gioioso e vuole la felicità per chi non si fa vincere dal negativo, dalla sconfitta, dal male. Ringraziare è solo per chi è equilibrato e sta crescendo, ponendo Dio e se stesso al giusto posto, senza voler invertire i ruoli. Ringraziare è solo per chi vuol fare una strada semplice, senza perdersi per i sentieri complessi di speculazioni. Ringraziare è per tutti, non necessità di doti straordinarie, di cultura eccezionale, di strumenti adatti, di parole sublimi, ma solo di occhi puri che vanno dalla superficie alle profondità, di desiderio di comprendere i doni ricevuti, di gioia per l’esistente, dell’idea che Dio è buono, è Padre, è Amore. Ed ama continuamente TE.

31 Grado B 31

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G:

Ringraziare è continuità. Ringraziare anche quando ci pare un suono vuoto, senza sentimento. Ringraziare per ogni cosa proprio perché Tu Signore ami continuamente e non abbandoni mai.

TUTTI: E così Ti riconosciamo presente in ogni avvenimento, in ogni persona, in Me. E viviamo dicendo a Tutti e a Te in ogni cosa, GRAZIE! G: Vogliamo anche noi entrare Signore nel club dei 3D Riconoscendo nel silenzio della preghiera della sera 3 Doni che ci hai fatto A partire da ora

Sul pacco dono posto al centro ciascuno, con un pennarello scrive 3 D mentre si esegue il canto. Canto finale: Popoli tutti Mio Dio, Signore, nulla è pari a Te. Ora e per sempre, voglio lodare il Tuo grande amor per noi. Mia roccia Tu sei, pace e conforto mi dai. Con tutto il cuore e le mie forze, sempre io Ti adorerò. Popoli tutti acclamate al Signore, gloria e potenza cantiamo al re, mari e monti si prostrino a te, al tuo nome, o Signore. Canto di gioia per quello che fai, per sempre Signore, con te resterò. Non c’è promessa, non c’è fedeltà che in te.

32 Grado B 32

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DALL’AURORA in ogni cosa rendete grazie Preghiera del mattino

Canto: Dall’aurora al tramonto Dall’aurora io cerco te fino al tramonto ti chiamo ha sete solo di te l’anima mia come terra deserta Non mi fermerò un solo istante sempre canterò la tua lode perché sei il mio Dio il mio riparo mi proteggerai all’ombra delle tue ali. Dall’aurora ... Non mi fermerò un solo istante io racconterò le tue opere perché sei il mio Dio unico bene nulla mai potrà la notte contro di me.

Salmo 136 G:

Lodate il Signore perché è buono:

Lodate il Dio degli dei:

TUTTI : perché eterna è la sua misericordia..

perché eterna è la sua misericordia..

Lodate il Signore dei signori:

perché eterna è la sua misericordia..

Egli solo ha compiuto meraviglie:

perché eterna è la sua misericordia..

Ha creato i cieli con sapienza:

perché eterna è la sua misericordia..

Ha fatto i grandi luminari:

perché eterna è la sua misericordia..

Il sole per regolare il giorno:

perché eterna è la sua misericordia..

la luna e le stelle per regolare la notte:

perché eterna è la sua misericordia..

Percosse l’Egitto nei suoi primogeniti:

perché eterna è la sua misericordia..

33 Grado B 33

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Da loro liberò Israele:

perché eterna è la sua misericordia..

con mano potente e braccio teso:

perché eterna è la sua misericordia..

Divise il mar Rosso in due parti:

perché eterna è la sua misericordia..

Guidò il suo popolo nel deserto:

perché eterna è la sua misericordia..

Percosse grandi sovrani

perché eterna è la sua misericordia..

uccise re potenti:

perché eterna è la sua misericordia..

Seon, re degli Amorrei:

perché eterna è la sua misericordia..

Og, re di Basan:

perché eterna è la sua misericordia..

Diede in eredità il loro paese;

perché eterna è la sua misericordia..

in eredità a Israele suo servo:

perché eterna è la sua misericordia..

Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi:

perché eterna è la sua misericordia..

ci ha liberati dai nostri nemici:

perché eterna è la sua misericordia..

Egli dá il cibo ad ogni vivente:

perché eterna è la sua misericordia..

Lodate il Dio del cielo:

perché eterna è la sua misericordia..

Gloria al Padre…

Lettura biblica

Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Alzati e và; la tua fede ti ha salvato!». Lc 17,12-19

34 Grado B 34

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Intercessioni

Riconoscenti a Dio per il Suo amore, lo ringraziamo dei doni ricevuti: Ti ringraziamo Signore per le nostre famiglie. -Attraverso di loro aiutaci a riconoscere il tuo amore.

Ti ringraziamo Signore per come siamo: il nostro carattere, le nostre emozioni, il nostro corpo, tutta la nostra vita. - Parlaci a partire dalla nostra storia personale.

Ti ringraziamo Signore per la tua presenza in mezzo a noi.

- Aiutaci a riconoscerti presente in ogni avvenimento, in ogni persona, in me stesso.

Ti ringraziamo Signore perchĂŠ ci hai fatto come un prodigio. - Sostienici nelle difficoltĂ , ricordandoci che siamo importanti ai tuoi occhi.

Padre Nostro Affidamento a Maria: Madre della speranza Ave, ave Maria, piena di grazia e d’amore, piena di Dio: madre che ci precedi, madre che ci accompagni, madre che parli al cuore dei figli tuoi. Tu che sei Madre della speranza, veglia sul nostro cammino e su di noi: tu che ci doni Cristo, tu che ci porti a Dio, donaci la fiducia nella vita. (2V)

35 Grado B 35

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ACTIO La Risposta

Conoscenza di sè CHI SONO? Ascoltiamo don Bosco: “Sono nato nel giorno in cui si fe­ steggia la Madonna Assun­ ta in Cielo. Era l’anno 1815. Vidi la luce a Morialdo, frazio­ne di Castelnuovo d’Asti. Mio papà si chiamava Francesco, mia mamma Margherita Occhiena. Erano contadini. Si guadagnavano onestamen­ te il pa­ne della vita con il lavoro. Tiravano avanti evitando ogni spesa inutile. Mio papà, quasi solo con il lavoro delle sue braccia, procu­rava da vivere a sua mamma settantenne, tribolata dagli acciacchi della vecchiaia, e a noi, suoi tre figli. Il più grande era Anto­nio, che egli aveva avuto dal suo primo matrimo­ nio. Il secondo si chiamava Giuseppe. Il più giovane ero io, Giovanni. Viveva­ no nella nostra casa anche due lavoran­ ti, che aiutavano mio pa­dre nei campi. Non avevo ancora due anni, quando Iddio misericordioso ci colpì con una grave sventura. Mio papà era nel pieno

delle forze, nel fiore degli anni, ed era im­ pegnato a darci una buona edu­cazione cristiana. Un giorno, tornando dal lavoro madido di sudore, scese senza pensarci nella cantina sotterranea e fredda. Fu assalito da una febbre violenta, sin­ tomo di una grave pol­monite. Fu inutile ogni cura. In pochi giorni la malattia lo stron­cò. Nelle ultime ore ricevette i santi Sacramenti e raccomandò a mia madre di avere fiducia in Dio. Cessò di vivere a 34 anni. Era il 12 maggio 1817. Di quei giorni ho un solo ricordo, il pri­ mo ricordo della mia vita: tutti uscivano dalla camera dove mio papà era mancato, ma io non volevo seguirli. Mia mamma mi diceva: - Vieni, Giovanni, vieni con me. - Sé non viene papà, non vengo - ri­ sposi. - Povero figlio, non hai più papà. Così dicendo, mamma scoppiò a piangere, mi prese per mano e mi portò fuori. Anch’io piangevo, ma solo perché la vedevo piangere. Per l’età, non potevo capire che grave disgrazia fosse la perdita del padre. Questo avvenimento gettò tutta la fa­ miglia nella costerna­zione” (MO, 1). Queste sono le origini di don Bosco, la famiglia che gli ha dato la vita, con i suoi valori e i suoi limiti, le gioie e le fatiche. Don Bosco non si è mai vergognato della sua famiglia, anche se povera, riconoscendo in essa l’origine della sua fede, della sua educazione, della sua crescita. All’interno di un cammino vocazionale è necessario partire dalla propria storia, per scoprire che Dio ci parla proprio a partire dalle nostre origini. Dio ci parla dal nostro vissuto, dalle esperienze che compiamo, dall’accadere della vita e della storia. Partiamo dalla nostra storia per comprendere cosa Dio ci sta dicendo.

36 Grado B 36

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1. Frutto dell’amore

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Noi siamo il frutto dell’amore dei nostri genitori. La loro storia, il loro carattere, anche le loro caratteristiche fisiche sono determinanti per la nostra storia, il nostro carattere, le nostre caratteristiche fisiche. A volte il rapporto con i nostri genitori è conflittuale, non sereno. Non ammettiamo che ciò che siamo lo dobbiamo innanzitutto a loro. Capire la nostra famiglia, i nostri genitori, significa capire la nostra storia. E dalla nostra storia si può partire per un cammino di crescita umana e vocazionale:

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crescita umana: i nostri difetti, il carattere, ma anche i doni che abbiamo possono essere messi a frutto per realizzare la nostra felicità (…e quindi il sogno di Dio su di noi); crescita vocazionale: rileggendo la storia della nostra famiglia, la storia in cui siamo inseriti, possiamo rileggere con chiarezza anche la nostra storia. In essa Dio ci parla e ci fa capire ciò che ci sta chiedendo.

Per RIFLETTERE ... 1. Scrivi dieci caratteristiche dei tuoi genitori. 2. Indica quali di queste caratteristiche hai ereditato da loro. 3. Tra gli elementi individuati, quali devi impegnarti a far crescere e a cambiare?

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Capire chi sono a partire dalla mia famiglia Nella nostra famiglia non sono presenti solo i genitori. Spesso abbiamo una famiglia più “allargata”: fratelli, sorelle, nonni, persone significative per la nostra crescita. Anche loro ricoprono un ruolo decisivo per la nostra crescita umana e vocazionale. Significativo come al termine del famoso sogno dei nove anni, Giovannino indica anche i commenti della sua famiglia sul sogno stesso: “Al mattino ho tosto con premura rac­ contato quel sogno prima ai miei fratelli, che si misero a ridere, poi a mia madre ed alla nonna. Ognuno dava al medesimo la sua interpretazione. Il fratello Giuseppe di­ ceva: - Tu diventerai guardiano di capre, di pecore o di altri animali. - Mia madre: - Chi sa che non abbi a diventar prete. - Antonio con secco accento: - Forse sarai capo di briganti. - Ma la nonna, che sapeva assai di teologia ed era del tutto analfabeta, diede sentenza definitiva dicendo: - Non bisogna badare ai sogni. - Io era del parere di mia nonna, tuttavia non mi fu mai possibile di togliermi quel sogno dalla mente” (MB I, 125126).

bene, Giovanni, gli chiese, sei contento? - Non posso essere contento, perchè mi continua vivo il desiderio di studiare; vedo che gli anni passano e sono sempre allo stesso punto. - Là, poveretto; sta allegro, lascia fare a me, ci penserò io; conduci la mandria ai loro padroni, e poi ritorna presso tua madre e dille che fra poco passerò a parlarle. - Ma, mia madre mi sgriderà, se mi vede tornare a casa. - Fa come ti dico io: sta tranquillo, ag­ giusterò tutto, fidati di tuo zio. Ora vado al mercato, e ritornando andrò a parlare con tua madre, e vedrai che il tuo desiderio sarà soddisfatto. Se fa di bisogno, per mandarti a scuola, ci metterò del mio. Sei conten­ to? Giovanni obbedì. Fecero le meraviglie i padroni nel vedersi così presto ricondurre a casa le vacche; ma accettarono le scuse e lo lasciarono andare, augurandogli che, secondo il suo desiderio, riuscisse prete. Giovanni si allontanava profondamente commosso da quella cascina così ospitale” (MB I, 205-206).

Come si può notare, per Giovannino le idee e le opinioni della sua famiglia valgono molto dato che sono in grado anche di condizionare tutto il suo agire.

Come si vede, Dio agisce nella vita di ciascuno di noi attraverso delle mediazioni che passano prima di tutto grazie alla nostra famiglia. Nelle scelte che essa ha preso per noi, nelle decisioni, nei passi importanti e più delicati (…anche i più sofferti), Dio agisce misteriosamente e ci indirizza verso la strada che vuole farci percorrere.

Un discorso analogo può essere fatto parlando della “famiglia allargata”, che coinvolge anche altri parenti o amici intimi. Nella storia vocazionale di Giovannino è determinante ad esempio l’incontro con uno zio, alla cascina Moglia, che lo aiuterà negli studi: “Si era verso il fine del mese di dicem­ bre, quando un giorno, verso le ore otto del mattino, passò di là il fratello di mamma Margherita, Michele Occhiena, che andava al mercato di Chieri, e vedendo il nipote che spingeva l’armento fuori della stalla: - Eb­

Questo vale anche per le persone che incontriamo e che percorrono con noi un tratto di cammino. Ne è un bell’esempio come Giovanni Bosco aveva suddiviso i propri amici: “Nelle prime quattro classi dovetti impa­ rare a mie spese a trat­tare con i compagni. Li avevo divisi mentalmente in tre categorie: buoni, indiffe­renti, cattivi. I cattivi, appena conosciuti, li evitavo assoluta­mente e sem­ pre. Gli indifferenti li avvicinavo se ce n’era biso­gno e li trattavo con cortesia. I buoni cercavo di farmeli amici, li trattavo con fa­

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miliarità. All’inizio, in città non conoscevo nessuno. Tenevo quindi una certa distanza con tutti. Dovetti tuttavia lottare per non di­ ventare lo schiavetto di nessuno. Qualcuno voleva portarmi in un teatro, un altro a gio­ care a soldi, un terzo a nuotare nei tor­renti. Un tizio voleva arruolarmi in una banda che faceva man bassa di frutta negli orti e nella campagna. Un tale fu così sfac­ciato da invi­ tarmi a rubare un oggetto prezioso alla mia padrona. Mi sono liberato da tutti questi squallidi compagni evitan­do rigorosamente la loro compagnia man mano che scopri­ vo di che pasta erano fatti. Quelli che ave­ vano cercato di farmi partecipare alle loro squallide imprese, a scuola erano un disa­ stro. Così cominciarono a rivolgersi a me in maniera diversa: mi chiedevano la ca­rità di prestare loro il tema svolto, la traduzione fatta. Il professore, venuto a conoscere la faccenda, mi rimproverò severamente. «La tua è una carità falsa - mi disse -, per­ché incoraggi la loro pigrizia. Te lo proibisco assolutamente». Cercai una maniera più corretta per aiutarli. Spiegavo ciò che non avevano capito, li mettevo in grado di su­ perare le difficoltà più grosse. Mi procurai in questa maniera la riconoscenza e l’affetto dei miei compagni” (MB I, 257-258). La nostra identità si costruisce a partire dalle relazioni che abbiamo con le persone che conosciamo, dalla loro vicinanza, dalla loro influenza. E’ ammirevole come si parla dell’amicizia di Giovanni con Luigi Comollo: “Mi ricordo che un giorno, chiacchie­ rando con lui, passai davanti ad una chiesa senza scoprirmi il capo. Egli mi disse tosto in modo assai garbato: - Giovanni mio, tu sei così attento a discorrere cogli uomini, che dimentichi perfino la casa del Signore. - Altra volta accadde che, scherzando, mi servii sbadatamente parole della S. Scrittu­ ra, udite da persone di chiesa. Comollo vi­ vamente mi riprese dicendomi non doversi faceziare colle parole del Signore.

Interrogandolo un giorno sui monumen­ ti più ragguardevoli di Chieri, e vedendo come egli non ne fosse punto informato, gli dissi: - Tante persone partono da lontano per venirli a vedere, e tu che dimori in Chieri non ti dai nemmeno pensiero di visitarli. Eh, mio caro, rispose scherzando; ciò che non giova per domani, mi do poca premura di cercarlo oggi - volendomi con ciò signi­ ficare che se tali rarità avessero contribuito ai beni eterni, che formavano il suo domani, non le avrebbe trascurate. In un giorno di vacanza, mentre ritor­ navamo da una passeggiata, traversando Chieri e giunti alla piazza detta del Piano, ci siamo trovati vicino ad un saltimbanco, che con giuochi e salti tratteneva i buontemponi e gli oziosi. - Guarda qui un momento, dis­ sero due compagni al Comollo; ascolta che belle cose! costui ne dice tante, che fa ri­ dere assai - Il Comollo con una strappata si licenziò dai due poco delicati amici, dicen­ do: - Costui dirà dieci parole per farvi ridere, ma l’undecima è cattiva e vi darà scandalo; d’altronde mio zio mi ha molto raccoman­ dato di non mai fermarmi ad assistere nè ai ciarlatani, nè ai saltimbanchi, nè ai giocatori di bussolotti, nè ad altri pubblici spettacoli; perchè egli diceva: In questi luoghi uno può andare coll’anima innocente, ma sarà un miracolo se ne ritorna nel medesimo stato” (MB I, 338-339). Concludendo, si può affermare che le nostre origini, la nostra famiglia, i nostri amici, sono capaci di segnare la nostra esistenza, sia in positivo che in negativo. Ma nelle trame della nostra esistenza Dio è presente e ci parla. Dobbiamo solo essere in grado di ascoltarlo. Cresciamo nel senso di gratitudine per la nostra famiglia, perché è da lì che parte la nostra storia, anche vocazionale.

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Per RIFLETTERE... 1. Quali persone sono, oltre i tuoi genitori, significative per la tua vita? 2. Se dovessi classificarli con il sistema insegnato da don Bosco (buoni- indifferenti-cattivi), come li classificheresti? PerchĂŠ? 3. Ripensa alla tua storia: cosa pensi che il Signore ti stia dicendo attraverso di essa?

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OUTPUT Per la mia vita ‌

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Terzo INCONTRO B

scelte per diventare grandi

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Lectio

INPUT La Parola Maria – Lc 1,26-39 Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». 29 A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30 L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». 34 Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose 26

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l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei. 39 In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.

L’eco Che cosa sta succedendo? Come dicevamo già nello scorso incontro, i primi tre capitoli del Vangelo di Luca costituiscono una lunga introduzione alla missione pubblica di Cristo, la quale ha inizio al cap. 4,13 con la sua prima predica nella Sinagoga di Nazaret, e sono costruiti mettendo continuamente in parallelo Giovanni Battista (che chiude l’Antica Alleanza) e Gesù (che apre la Nuova). Infatti il passo che stiamo leggendo (l’annuncio a Maria della nascita di Gesù) è costruito in modo perfettamente simmetrico all’annuncia a Zaccaria della nascita del Battista (cfr. vv. 5-25), così come la nascita e la circoncisione di Giovanni (cfr. vv. 57-66) ha il suo corrispettivo con la nascita e la circoncisione del Figlio di Dio (cfr. vv. 2,1-21). Che cosa fa Dio? In uno sperduto villaggio della Galilea, alla fine del I sec. a.C., il Dio Altissimo manda il proprio messaggero – l’Angelo Gabriele – e dà ad una ragazza giovanissima una notizia sconvolgente. Dicendole “Rallegrati” le porta un annuncio di salvezza, come già tante volte avevano fatto i profeti dell’Antico Testamento (cfr. Sof 3; Zac 9); chiamandola “piena di grazia” (cioè beneamata) le dice ella ha trovato un posto speciale nel cuore di Dio; dicendole, quasi per prevenire il suo legittimo turbamento, che “il Signore è con lei” le ricorda, come già aveva fatto con tanti personaggi dell’Antico Testamento (Mosè; Gedeone; Geremia;…), che ella ha ricevuto una vocazione dall’alto e che quindi non deve aver paura di nulla; annunciandole che “stenderà su di lei la sua ombra” il Signore le fa vedere come la presenza efficace di Dio, che già tante volte si era manifestata nella storia di Israele (cfr. Es 40; Nm 9), si farà presente nella sua vita in modo straordinario, poiché darà alla luce in modo prodigioso un figlio chiamato Gesù (Dio salva), che sarà il Messia; facendole memoria, come già ad Abramo e Sara per la nascita di Isacco (cfr. Gn 18), che “nulla è impossibile a Dio”, le mostra che ella è inserita in un grande progetto di salvezza e che si stanno compiendo tutte le promesse fatte ai Padri.

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Che cosa fa Maria? Maria è definita dall’evangelista Luca con tre pennellate: è “una vergine”, cioè una ragazza giovanissima, di 14-16 anni; è “promessa sposa di Giuseppe”, cioè è fidanzata ufficialmente con questo giovane uomo e quindi, secondo l’uso giudaico, agli occhi della gente era già come se fossero marito e moglie (con il connesso d'impegni di reciproca fedeltà); “non conosce uomo”, cioè non ha ancora avuto rapporti intimi con Giuseppe e vivevano ancora ciascuno per conto proprio giacché solo dopo un certo tempo di fidanzamento lo sposo introduceva la fidanzata in casa propria, dando compimento al matrimonio. Davanti a ciò che le annuncia l’angelo ella prova anzitutto un sentimento fortissimo (“fu molto turbata”, che potremmo meglio esprimere con “fu sconvolta”); quindi, ispirata dalla fede che cerca luce, fa una domanda del tutto legittima a Gabriele (la nascita verginale di un bambino non è un fatto ordinario!); infine, come tanti chiamati della Bibbia (Abramo; Samuele;…) risponde “Eccomi”, dando la propria piena disponibilità e definendosi con un titolo – servo/a di YHWH – che in tutta la Bibbia è sentito come carico di onore. Che cosa mi porto via? Da questo episodio evangelico puoi portarti via tre certezze. 1. Dio può passare dove vuole, quando vuole e chiamare anche se si è molto giovani, a 14-16 anni. 2. Il dono che Dio fa con la sua chiamata è straordinario e supera ogni nostra attesa. 3. Questo dono è allo stesso tempo un passo che Dio ci spinge verso la salvezza e un invito a fare, nella fede, scelte importanti che fanno crescere; è un invito a dire “Eccomi”.

Per la tua vita… L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine. Dio manda il suo messaggero ad una ragazza adolescente per portarle un messaggio straordinario; il Signore infatti sceglie chi vuole, quando vuole e per lo scopo che vuole. Prova a trovare quei fatti nella tua vita in cui riesci a vedere che Dio ti ha chiamato a qualcosa (per es., per Michele Magone l’incontro con don Bosco e l’invito del Santo a seguirlo a Torino all’Oratrorio). Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te. L’Angelo riferisce a Maria che lei è oggetto di una predilezione straordinaria da parte del Signore. Riconosci (e scrivi) i segni (cioè i fatti belli, gli incontri, le persone,…) che nella tua vita ti fanno vedere che anche tu sei oggetto di una predilezione da parte di Dio. A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. Maria è legittimamente sconvolta e nel suo cuore sorgono molte domande; anche tu, nella tua vita di adolescente, hai certamente fatto esperienza di sentimenti contrastanti e di domande incalzanti sul senso della tua vita. In che circostanze hai vissuto questa situazione? Che cosa era capitato? Hai trovato risposta a queste domande? Ti sei confrontato con qualcuno? Ne hai palato con Gesù nella preghiera? Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore. Maria è forte nella fede e si mostra disponibile facendo una scelta “coraggiosa”: sarà la madre del Messia. Quando nella tua vita ti si sono presentate delle scelte da fare per crescere? Le hai fatte o ti sei tirato indietro? Che cosa ti ha aiutato a dire sì, oppure, al contrario, che cosa ti ha bloccato e non ti ha fatto andare avanti?

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48 Grado B 48

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INSEGNACI A PREGARE

Pregate incessantemente senza stancarvi La preghiera: i suoi tempi e i suoi modi

G:

Pregare è come amare, l’intimità chiede esclusività. Pregare è come studiare, non si può apprendere nella confusione. Pregare è come incontrare l’amico del cuore, con tempi e modi unici. Gesù ha dato molta importanza al tempo, al luogo ed ella posizione della preghiera: non tutto è uguale perché Gesù conosce bene come siamo, sa che tutto può servire all’incontro o tutto può distrarre, allontanare, svilirne il valore. Ancora una volta chiediamogli: “Signore insegnaci a pregare”.

Canto: Vivere la vita Vivere la vita con le gioie e coi dolori di ogni giorno, è quello che Dio vuole da te. Vivere la vita e inabissarti nell’amore, è il tuo destino,è quello che Dio vuole da te. Fare insieme agli altri, la tua strada verso Lui, correre con i fratelli tuoi, scoprirai allora il cielo dentro di te, una scia di luce lascerai. Vivere la vita è l’avventura più stupenda dell’amore, è quello che Dio vuole da te. Vivere la vita, e generare ogni momento il Paradiso, è quello che Dio vuole da te. Vivere perché ritorni al mondo l’unità, perché Dio sta nei fratelli tuoi… scoprirai allora il cielo dentro di te, una scia di luce lascerai, una scia di luce lascerai.

49 Grado B 49

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Prima TAPPA Quando il tempo di un primato

Lettura biblica

Gesù al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Mc 1,35 Gesù al mattino… G

Mc 1,35

C’è un tempo per ogni cosa. Un tempo privilegiato per nutrirsi: un tempo che il corpo reclama. Un tempo privilegiato per riposare: un tempo che il corpo urge. Un tempo privilegiato per pregare: un tempo per incontrarlo. Un tempo non lasciato al caso, un tempo non abbandonato all’ultimo momento, un tempo scelto, curato, programmato. Ho mai programmato e scelto con cura i tempi di incontro con il Signore? Quali sono i tempi della mia preghiera?

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Il mattino, il tempo del ringraziamento: ancora per una volta aprendo gli occhi scopriamo la vita come dono immeritato. Il mattino, il tempo della consegna della giornata, perché Tu Signore la custodisca. Il mattino, il tempo della fede rinnovando la coscienza che tutto sarà dono Tuo.

50 Grado B 50

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TUTTI

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TUTTI

G

TUTTI

Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questa notte. Ti offro le azioni della giornata: fa’ che siano tutte secondo la tua santa volontà, per la maggior tua gloria. Preservami dal peccato e da ogni male. La tua grazia sia sempre con me e con tutti i miei cari. Amen. I tempi del nutrimento. Il tempo di un segno di croce: rimando all’amore con cui siamo amati. Il tempo della benedizione: lode per i doni ricevuti. Il tempo del grazie: responsabilità per non sciupare nulla. Benedici o Signore noi e i doni che riceviamo dalla Tua bontà. Fa’ che ce ne serviamo sempre in bene. Per Cristo nostro Signore. Amen La sera, il tempo del ringraziamento per la miriadi di doni ricevuti. La sera, il tempo della consegna per il bene fatto, per il bene che avremmo potuto fare, per ciò che non siamo riusciti a vivere. La sera, il tempo della fede che ci rende certi che tutto è nelle Tue mani e solo Tu porterai a frutto ogni seme gettato. Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questo giorno. Perdonami il male oggi commesso e se qualche bene ho compiuto, accettalo. Custodiscimi nel riposo e liberami dai pericoli. La tua grazia sia sempre con me e con tutti i miei cari. Amen.

Suono delle campane e giro dell’orologio.

51 Grado B 51

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Sac

Io sono il figlio di colei che tua madre ti insegnò a salu­tare tre volte al giorno.

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I tre tempi del sole: i tempi con Maria. I tempi per ricordare che Tu Ti sei fatto uomo e sempre sei con noi, i tempi per dirTi il nostro “sì”.

G

L’angelo del Signore portò l’annuncio a Maria.

TUTTI G TUTTI G TUTTI G TUTTI G

TUTTI

Ed ella concepì per opera dello Spirito Santo. Ecco, io sono la serva del Signore. Si compia in me la tua parola. Il Verbo di Dio si è fatto uomo. E venne ad abitare in mezzo a noi. Ave, o Maria... Prega per noi, santa Madre di Dio. E saremo degni delle promesse di Cristo. Preghiamo. O Padre. tu hai voluto che il tuo Verbo si facesse uomo nel grembo della Vergine Maria: concedi a noi, che adoriamo il mistero del nostro Redentore, vero Dio e vero uomo, di essere partecipi della sua vita immortale. Per Cristo nostro Signore. Amen.

52 Grado B 52

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SECONDA TAPPA Come un corpo che parla

Lettura biblica

Gesù al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di Mc 1,35 casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. G

Gesù si alza

Musica – ci si alza in piedi Sta in piedi. Il suo corpo parla al Padre e dice attenzione disponibile, pronta a partire, ad obbedire. Stare in piedi è l’atteggiamento dei risorti di chi ha dignità. E noi, stando davanti a Dio in piedi, sentiamo, Signore, che ci dici che noi abbiamo una grande dignità. Che siamo Figli del Padre fratelli, famigliari di Gesù animatati dalla stessa potenza, dallo stesso Spirito.

Lettura biblica

Gesù si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Mt 26,39b Però non come voglio io, ma come vuoi tu!» G

Gesù si prostra, si pone in ginocchio davanti al Padre.

Musica – ci si mette in ginocchio

53 Grado B 53

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G

Adora la sua volontà, si sottomette a Lui, si consegna nelle Sue mani. Il suo corpo parla al Padre e dice totale disponibilità, totale consegna, totale obbedienza. E noi stando in ginocchio facendo la fatica di piegare la nostra comodità, il nostro agio davanti a Te davanti all’Eucaristia davanti alla Tua presenza riconosciamo che solo Tu sei Dio che solo Tu sei il Tutto.

1L

Il nostro corpo parla al Padre in piedi dice una presenza che sta d’innanzi e di una missione che deve essere attuata in ginocchio parla di una Signoria, di una Regalità a cui dare adorazione seduto ascolta con una attenzione piena. Con le mani alzate parla di una supplica che si rivolge verso il cielo.

2L

Nulla è escluso dal nostro rapporto con Dio. Nulla è indifferente dalla nostra amicizia con Gesù. Il corpo parla dell’anima. L’anima si esprime nel corpo. E l’uno e l’altra manifestano l’importanza che l’Altro ha per me.

G

Il corpo influenza ogni nostra relazione, anche quella con Gesù. Ed allora può essere strumento o ostacolo nella preghiera e se lui prega lo spirito entra in sintonia. Ma se il corpo si oppone difficilmente arriveremo alla concentrazione del cuore.

54 Grado B 54

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Che compostezza ho nella mia preghiera? Mi sono abituato a fare gesti con senso? Sono cosciente, esprimendolo con il corpo, di essere davanti al Dio che i cieli dei cieli non possono contenere?

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55 Grado B 55

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TERZA TAPPA Dove una casa non è un altra

Lettura biblica

Gesù al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Mc 1,35 G

Il luogo deserto dice solitudine, silenzio, raccoglimento. Non favorisce la strada, non pone in una relazione di dialogo l’I-pod, o la musica nelle orecchie per tutto il giorno non pone una relazione un corpo sdraiato, svaccato, distratto. Il luogo concentra lo sguardo, il luogo orienta la mente, il luogo dice un tipo di relazione.

Lettura biblica

Gesù disse “Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera…” Mt 6,6 Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga. Lc 4,16 G

Il luogo deserto, il luogo del raccoglimento. La camera, un luogo raccolto. La sinagoga, il tempio, la casa di Dio. In ogni luogo posso pregare. Ma non ogni ambiente ci può aiutare ad incontrare il Signore che parla, chiama ed invia.

56 Grado B 56

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Qual è il luogo che più mi aiuta alla preghiera? Scelgo lo spazio della mia preghiera o “dove capita capita”? Curo gli spazi con l’ordine, dei simboli (croce, icona, candela…), la loro cura?

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Canto finale Laudato Laudato Laudato Laudato

sii, sii, sii, sii,

o o o o

mi’ mi’ mi’ mi’

Signore. Signore. Signore. Signore.

E per tutte le creature, per il sole e per la luna, per le stelle e per il vento e per l’acqua e per il fuoco. Per sorella madre terra ci alimenta e ci sostiene, per i frutti, i fiori e l’erba, per i monti e per il mare. Perché il senso della vita è cantare e lodarti, e perché la nostra vita sia sempre una canzone. Per sorella nostra morte che noi tutti incontreremo, ma se a lui ci affideremo non avremo mai paura.

57 Grado B 57

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DALL’AURORA Pregate incessantemente senza stancarvi Preghiera del mattino

Canto: VOI SIETE DI DIO

Tutte le stelle della notte le nebulose e le comete il sole su una ragnatela è tutto vostro e voi siete di Dio. Tutte le rose della vita il grano, i prati, i fili d’erba il mare, i fiumi, le montagne è tutto vostro e voi siete di Dio. Tutte le musiche e le danze, i grattacieli, le astronavi i quadri, i libri, le culture è tutto vostro e voi siete di Dio. Tutte le volte che perdono quando sorrido, quando piango quando mi accorgo di chi sono è tutto vostro e voi siete di Dio. E’ tutto nostro e noi siamo di Dio

Salmo 138 1L

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore: hai ascoltato le parole della mia bocca. A te voglio cantare davanti agli angeli, mi prostro verso il tuo tempio santo.

2L

Rendo grazie al tuo nome per la tua fedeltà e la tua misericordia: hai reso la tua promessa più grande di ogni fama. Nel giorno in cui t’ho invocato, mi hai risposto, hai accresciuto in me la forza.

Tutti Ti loderanno, Signore, tutti i re della terra,

quando udranno le parole della tua bocca.

Canteranno le vie del Signore,

perché grande è la gloria del Signore;

1L

eccelso è il Signore e guarda verso l’umile ma al superbo volge lo sguardo da lontano. Se cammino in mezzo alla sventura tu mi ridoni vita;

2L

contro l’ira dei miei nemici stendi la mano e la tua destra mi salva. Il Signore completerà per me l’opera sua.

Gloria al Padre…

58 Grado B 58

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Lettura breve

Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Mt 6,5-13

Intercessioni

Chiamati a pregare incessantemente, senza stancarsi, ripetiamo insieme: Ascoltaci Signore. Tutti: Ascoltaci Signore. Ti chiediamo, Signore, il dono della fedeltà alla nostra preghiera personale. Diventi ogni giorno momento atteso di incontro con Te. Preghiamo. Aprici all’ascolto della Tua parola, Signore. E’ il modo con il quale ti comunichi a noi oggi. Preghiamo. Manda il Tuo Spirito su di noi: fa che sappiamo aprire il nostro cuore alla guida spirituale, con sincerità e fiducia. Preghiamo. Signore, fa crescere in noi lo spirito del servizio nei confronti di chi ci è vicino: in famiglia, con gli amici, in oratorio, a scuola. La nostra disponibilità ci metta ogni giorno in gioco. Preghiamo.

Padre Nostro Affidamento a Maria: Madonna nera

C’è una terra silenziosa dove ognuno vuol tornare, una terra e un dolce volto con due segni di violenza; sguardo intenso e premuroso che ti chiede di affidare la tua vita ed il tuo mondo in mano a Lei. Madonna, Madonna Nera, è dolce esser tuo figlio! Oh, lascia, Madonna Nera, ch’io viva vicino a te. Lei ti calma e rasserena, Lei ti libera dal male, perché sempre ha un cuore grande per ciascuno dei suoi figli; Lei ti illumina il cammino se le offri un po’ d’amore, se ogni giorno parlerai a Lei così.

59 Grado B 59

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ACTIO La Risposta

Diventare grandi Ascoltiamo don Bosco: “Nonostante tanto lavoro e tanta buona volontà, Antonio non era soddisfatto. Un giorno, con tono deciso, disse a mia madre e a mio fratello Giuseppe: - È ora di farla finita con quella grammatica. Io sono diventato grande e grosso e non ho mai avuto bisogno di libri. In uno scatto di dolore e di rabbia risposi: - Anche il nostro asino non è mai andato a scuola, ed è più grosso di te. A quelle parole andò sulle furie, e a stento potei evitare scappando una pioggia di pugni e di schiaffi” (MO cap. 3).

A volte anche noi ragioniamo come Antonio, il fratello di Giovannino Bosco. Ci concentriamo su ciò che si vede all’esterno (il corpo, i vestiti, l’apparire, …), ma in realtà non curiamo tutta la nostra persona. Molte persone sono disposte a fare sacrifici per rendere il proprio corpo più bello, più forte, più armonico. Si sottopongono a lunghi allenamenti a cui sacrificare tempo ed energie e soprattutto che richiedono grande fedeltà. Per far crescere alcune parti di noi (come il nostro corpo) siamo disposti ad affrontare molti sacrifici. Ma il corpo è solo una delle dimensioni della nostra persona, che è irriducibile alla sola corporeità. Faccio alcuni esempi: siamo consapevoli che è determinante per la nostra vita anche la crescita nella dimensione dello studio? E la vita dell’anima? Possiamo fare ancora tanti altri esempi, ma per ora ci fermiamo qui. Ma per diventare uomini autentici? Per diventare grandi, siamo disposti ad affrontare altrettante fatiche? A volte lo riteniamo inutile, pensando che per diventare grandi sia sufficiente lasciare che le cose vadano per proprio conto, senza grande intervento da parte nostra. Ma così non si cresce, anzi si rischia di prendere strade sbagliate. I si e i no che noi diciamo sono essenziali per la nostra vita. Anche se piccoli possono portare a grandi scelte. Pensate ad esempio cosa sarebbe successo se i nostri genitori non avessero detto il loro si alla vita. Non saremmo neppure nati! Tutta la nostra giornata è piena di si e di no che siamo chiamati a dire. Ma ricorda: quando nella nostra vita non cresciamo, non siamo fermi, ma retrocediamo! Nella ricerca della propria vocazione è fondamentale intraprendere questo cammino di crescita: siamo chiamati infatti a mettere in gioco tutti noi stessi per poter realizzare al meglio ciò che è per noi.

60 Grado B 60

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Per RIFLETTERE ... 1. Dove hai scelto di impiegare le tue energie (studio, allenamento sportivo, servizio in oratorio,‌)? 2. Che criteri usi per scegliere questi ambiti di impiego delle tue forze? 3. Quali sono i si e no che devi dire in questo momento della tua vita?

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61 Grado B 61

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Don Bosco: profondamente uomo, profondamente uomo di Dio Anche don Bosco ha dovuto faticare per diventare il santo che conosciamo. Anche lui ha detto i suoi si e i suoi no, per poter diventare un uomo autentico. Come tutti i santi, non è nato santo, ma lo è diventato con un cammino quotidiano, “combattendo” contro il proprio carattere, non sempre facile: “La vita di don Bosco trabocca di so­ prannaturale e di fatti meravigliosi, ma a noi piace innanzitutto considerarlo nella sua creaturalità, “uomo come noi”, quasi “uno di noi”, seppure immensamente più grande. Perciò segnato dalle incompiu­ tezze della natura e dalle sue pesantez­ ze, tentato dal mondo del peccato e dal maligno. Questa prospettiva, nella quale si con­ frontano limitatezza umana e grazia divina corrisposta, è già un incoraggiamento alla nostra debolezza. Don Bosco, come tutti, non era nato santo; lo è diventato abbandonan­ dosi alla potenza dello Spirito Santo, e contraddicendo se stesso, scalan­ do passo passo la vetta della santità” (P. Brocardo, Don Bosco. Profondamente uomo profondamente santo, Las, Roma 2007, 21). Don Bosco ha saputo superare le proprie inclinazioni naturali per raggiungere e vivere pienamente la propria vocazione. Facciamo alcuni esempi. Innanzitutto don Bosco non aveva un facile temperamento: “Benchè dotato di splendide qualità umane, don Bosco non era, per natura, l’uomo paziente, mite e dolce che co­ nosciamo. Dei due figli di mamma Mar­ gherita, Giuseppe e Giovanni, si sarebbe

detto che il più salesiano era il primo, non il secondo. Giuseppe infatti è ricor­ dato come un fanciullo mite, affettuoso, docile e paziente: tale resterà per tutta la vita. Correva incontro agli ospiti, di­ scorreva volentieri con loro e si faceva subito voler bene. Antiche testimonian­ ze descrivono invece Giovannino come un fanciullo piuttosto serio, un po’ taci­ turno, quasi diffidente; non concedeva famigliarità ad estranei, non si lasciava accarezzare, parlava poco, era attento osservatore” (Ibi, 22). Un chiaro esempio del difficile carattere di don Bosco lo possiamo trovare nel sogno dei nove anni dove, per difendere generosamente i diritti di Dio, don Bosco si “rivela un temperamen­ to focoso, impulsivo, e persino violento, quando si avventa con impeto sui piccoli bestemmiatori per farli tacere a colpi di pugni” (Ibi, 22). Inoltre “provava anche – è una sua confes­ sione – grande ripugnanza ad ubbidire, a sottomettersi. […] Diciamolo chiaramen­ te: era portato all’orgoglio, ad un forte amor proprio; lo confessava lui stesso” (Ibi, 22). Don Bosco poi possedeva anche una forte carica affettiva che lo ha contraddistinto per tutta la vita, con la quale ha dovuto convivere imparando a gestirla: “La signora Clotilde Vergnano, figlia del proprietario della casa, diceva nel 1889, che essa allora giovinetta non vide mai stare oziando e far ricreazione nel cortile cogli altri fanciulli del vicinato: che alcune volte lo incontrava su per le scale, mentre andava a prender acqua per un buon prete, D. Arnaud, e che mai le fu dato di vederlo alzar gli occhi e fis­ sarla in viso” (MB II, 291).

62 Grado B 62

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E ancora: “Se alcune volte si presentava a lui una signora vestita un po’ vanamente, teneva gli occhi fissi al suolo, come tutti videro sempre, e come attestano D. Rua, D. Piano e cento altri” (MB V, 160). Don Bosco aveva imparato a gestire la propria carica emotiva, mettendo in atto tutti i metodi migliori per poter convivere con essa senza inconvenienti. Vediamo altre testimonianze sul suo temperamento focoso, quando don Bosco era sacerdote: “Una volta, dicono le Memorie Biogra­ fiche, di ritorno da Roma, avendo perso il treno in una piccola stazione e dovendo attendere per ore, si mostrò assai contra­ riato, ma non tardò a rassegnarsi e ricon­ quistare la calma. Durante il secondo Capitolo Generale (1880) don Barberis – si legge nei verbali – non finiva di parlare impedendo persino a don Bosco di esprimere il suo pensie­ ro. Il santo non perse le staffe, come altri, ma, «un po’ seccato», finì per zittirlo con una frase piemontese che destò ilarità. Poteva essere, ad esempio, un «piàntla lì tarluc»: espressione quasi intraducibile, il cui senso dipende molto dal tono di voce con cui viene pronunciata: «Smettila, sciocchino!». Una sera ad Alassio- febbraio 1879 – don Bosco si confida con alcuni intimi; ma­ nifesta le sue sofferenze: affronti subiti, udienze impedite, lettere intercettate, opposizioni palesi e segrete da più fron­ ti, parole dure, mortificanti… Ma ad un tratto s’interruppe, riflettè un istante e poi disse davanti a tutti: «Ho parlato troppo». E quella sera stessa volle confessarsi” (P. Brocardo, Don Bosco. Profondamente uomo profondamente santo, Las, Roma 2007, 83). Prima di essere santo Don Bosco era quindi profondamente uomo, con i suoi doni e le sue difficoltà, fatiche, gioie, carattere,… .

Possiamo così sintetizzare questa idea: “Ciò che di primo acchito colpiva in don Bosco era l’uomo, non il santo. Se la sua profonda unione con Dio non poteva esse­ re oggetto diretto di osservazione, lo erano invece le sue splendide qualità umane at­ traversate e sublimate dalla grazia” (Ibi, 34). In don Bosco si ammirano infatti numerose qualità umane che ha costruito durante tutta la sua vita: la serenità, la capacità di un amore gratuito, la bontà e la dolcezza, la sua austerità, la dedizione totale, il sorriso sempre presente sul suo volto, la profondità di vita, … . Don Bosco è riuscito a piegare la sua natura per realizzare qualcosa di grande nella sua vita. Si è sentito chiamato da Dio per realizzare il Suo sogno di salvezza per i giovani. Si è accorto che il sogno di Dio era ciò che faceva per lui, era ciò che lo avrebbe reso felice, era ciò che lo avrebbe reso più uomo. Don Bosco ha saputo dire i suoi si/no senza paura, coltivare in sé ciò che lo aiutava ad essere profondamente uomo, ma anche capace di tagliare ciò che gli impediva di “volare alto”.

I passi per crescere: gli ingredienti dello spirito (Cfr. G. Bosco, Il giovane provveduto, Il giovane nella scelta dello stato) Questi passi sono come gli ingredienti dello spirito: Lasciati aiutare Un primo ingrediente fondamentale per diventare grandi è quello del lasciarsi aiutare. Spesso siamo tentati di fare tutto da soli, quasi che da ogni situazione siamo chiamati ad uscirne da soli. Invece è davvero fondamentale scoprire che accanto a noi c’è qualcuno che ci può condurre sulla strada giusta per noi. Una persona che ci conosce e che vuole il nostro bene, può vedere in noi alcuni aspetti del nostro carattere che noi nemmeno riusciamo a conoscere. Il suo consiglio è fondamentale per un cammino di crescita umana.

63 Grado B 63

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Ma chi scegliere? La persone più indicate sono il tuo confessore e la guida spirituale, con le quali aprire il tuo cuore e verso le quali avere un atteggiamento di ascolto obbediente. Ascolta i loro consigli, certo che ciò che cercano è il tuo bene e la tua felicità. Indico in primis il confessore e la guida spirituale e non genitori/amici per vari motivi: chi ti consiglia deve avere come caratteristica quella di essere un uomo spirituale, che cerca con te la Volontà di Dio e che ha vissuto sulla propria persona un cammino di crescita umana e spirituale. Così può accompagnare con maggior capacità e sicurezza chi gli si affida. Rimboccati le maniche Un altro ingrediente per diventare grandi è quello del “rimboccarsi le maniche”. Un cammino di crescita umana non avverrà mai se non c’è continuità nel cammino. Spesso ci capita di iniziare qualche cosa e poi di abbandonarla a metà perché troppo difficile, impegnativa, che porta poca soddisfazione, … . Un serio cammino di crescita umana invece, richiede un impegno costante, portato avanti giorno dopo giorno. La fedeltà è fondamentale per diventare uomo autentico, in un cammino quotidiano di impegno. Sporcarsi le mani Per diventare uomo autentico è necessario crescere nella disponibilità e nel servizio: in poche parole “sporcarsi le mani”. Crescere nella dimensione del servizio è fondamentale per ogni persona: ci insegna ad amare. Mettersi a servizio significa lasciare tutte le proprie comodità per l’altro, è donare tempo per l’altro, energie. E così impariamo a mettere l’altro davanti e se stesso, imparando a voler bene. Elemento fondamentale della nostra vita.

Sincerità Impariamo ad essere sinceri. Prima di tutto con se stessi: impariamo a riconoscere tutto ciò che c’è di bello nella nostra vita, i nostri pregi, le doti, e anche i difetti e le difficoltà. La sincerità con se stessi è fondamentale per chiamare per nome le situazioni che stiamo vivendo. E’ poi necessaria una sincerità anche con gli altri. Sia con la propria guida spirituale, sia con le persone che frequentiamo quotidianamente. Gli altri infatti possono farci prendere coscienza di alcuni pregi e difetti che non sono da noi immediatamente visibili. Impariamo ad accogliere anche i suggerimenti di chi ci sta vicino, senza sentirsi criticati. Quando qualcuno ci fa innervosire per un certo comportamento, chiediamoci se il nervosismo nasce dal fatto che l’altro ha colpito un nostro punto debole! “Ci solleverà su ali d’aquila” Infine un ultimo elemento è chiedere al Signore la grazia di crescere nella nostra umanità, assomigliando sempre più all’Uomo Autentico: Gesù. Il Figlio di Dio infatti porta in sé tutta la perfetta umanità. Basta osservarlo quando è in mezzo alla gente, la cura per gli ammalati, verso chi soffre, chi tende la mano. L’umanità verso i propri discepoli, quando si commuove e piange, quando perdona. Chiediamo a Lui, nella preghiera, di crescere nella nostra umanità. Purifichiamo il nostro cuore con la Parola di Dio, che ci fa comprendere come Dio ci vuole; con l’esame di coscienza quotidiano, attraverso il quale possiamo revisionare la nostra vita; con la preghiera personale (bastano alcuni minuti al giorno), nella quale chiedere a Dio come ci vuole; nell’Eucaristia settimanale (… magari anche infrasettimanale), per avvicinarsi a colui che si è “spezzato” per noi. Allora davvero Gesù “ci solleverà su ali d’aquila” (Sal 90).

64 Grado B 64

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Per RIFLETTERE ... 1. Quali aspetti positivi trovo in me, che Dio mi ha dato per diventare santo/grande? 2. Quali sono i difetti del mio temperamento che devo imparare a gestire? Come? 3. Sono libero oppure ho qualcosa che condiziona le mie scelte, il mio stile di vita, il mio giudizio? 4. Hai trovato un servizio concreto da fare per gli altri (oratorio, famiglia, amici, scuola, ‌)? 5. Sei fedeli agli impegni presi nel tuo cammino di crescita? PerchÊ? 6. Ti sei affidato ad una guida spirituale? Sei sincero con lei?

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65 Grado B 65

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OUTPUT Per la mia vita‌

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Grado B 66

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Quarto INCONTRO B

LA SIGNORIA DI GES첫

67 Grado B 67

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La Parola Lc 15,11-32 Disse ancora: “Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. 13Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. 17Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18 Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; 19 non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. 20 Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21 Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. 22Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. 23Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. 11

INPUT

68 Grado B 68

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Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26 chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. 27Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. 28Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. 29Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. 31Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. 25

L’eco Che cosa sta succedendo? Ci troviamo nella sezione centrale del Vangelo lucano: il lungo viaggio (capp. 9-19) che Gesù compie dalla Galilea verso Gerusalemme, durante il quale compie miracoli e, soprattutto, lascia ai discepoli ed ai Giudei che lo ascoltavano alcuni dei suoi insegnamenti fondamentali. In particolare, il nostro capitolo (15) si apre con l’annotazione che i pubblicani ed i peccatori erano così colpiti da Gesù che si avvicinavano per ascoltarlo ed egli si intratteneva e sedeva a mensa con loro, suscitando così lo scandalo dei benpensanti Farisei, i quali “mormorano” contro di lui (cfr. v. 2). Allora Gesù rivolge a loro un lungo discorso, che occupa tutto il cap. 15 e contiene tre celebri parabole: la pecora smarrita e ritrovata (vv. 4-7), la moneta perduta (vv. 8-10) e, infine, il padre ed i due figli (è il testo che stiamo leggendo). Che cosa fa il padre? Il padre della parabola evangelica compie tre gesti che lasciano il lettore “a bocca aperta”. In primo luogo è così rispettoso della libertà del figlio, che vuole uscire di casa, da apparire troppo arrendevole, quasi inerme e disarmato, davanti alle pretese immotivate del giovane. In secondo luogo, andando contro non solo il “buon senso”, ma anche i costumi della cultura dell’Oriente, non attende che il figlio giunga alla soglia di casa, ma gli corre incontro, lo abbraccia e lo bacia, donandogli così un perdono incondizionato. In terzo luogo, davanti alle proteste del ragazzo, che –ragionevolmente- non si sentiva più figlio per quello che aveva fatto, non solo lo riammette pienamente nella sua casa, ma addirittura lo fa rivestire del vestito migliore, gli mette l’anello al dito (segno di autorità) ed i calzari ai piedi (segno dell’uomo libero, in contrapposizione allo schiavo). Quindi fa celebrare una grande festa ed uno splendido banchetto che riempie di gioia tutta la casa!

69 Grado B 69

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Che cosa fa il figlio minore? Questo giovane anzitutto si considera orfano, giacché chiede al padre la propria parte di eredità, come se questi fosse già morto; il frutto di questa azione è una vita disordinata, che all’inizio gli pare bella, ma che alla fine lo porta alla miseria ed alla degradazione (deve “pascolare i porci”, la cosa più ripugnante per un ebreo). Poi, riprendendo un poco di sensatezza, riconosce il proprio errore, cui dà il nome che si merita (“peccato contro il cielo e contro suo padre”) e si rimette sulla via di casa. Tuttavia non riesce più a considerarsi figlio, per cui gli basterebbe essere riaccolto, senza poter pretendere nulla; come abbiamo visto, però, il gesto sorprendente del padre gli ridona in pieno la dignità filiale. Che cosa mi porto via? “Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. Questa espressione del padre, che è ripetuta due volte (v. 23 e v. 32) e che fa da “risposta” ai farisei benpensanti –i quali, come il fratello maggiore della parabola, trovano inconcepibile che il figlio dissoluto sia riammesso a pieno titolo nella casa- è il “succo” di tutto il discorso di Gesù: il peccato è una cosa terribile, perché ci fa vivere da schiavi e da orfani, non da figli e ci rende “morti”; tuttavia il cuore del padre è così grande che, quando un figlio rientra a casa pentito, è riammesso subito, incondizionatamente e con gioia. Nulla può mai cancellare l’amore del Padre per i suoi figli! Nella biografia di don Bosco troviamo diversi episodi in cui dei giovani si accostavano a lui per confessarsi ed egli riusciva a far comprendere così profondamente l’amore del Padre che questi ragazzi scoppiavano in un pianto di gioia e la celebrazione del Sacramento si chiudeva con un abbraccio di don Bosco.

Per la tua vita… Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta. Il figlio minore si considera orfano e vuole vivere da orfano, anche se il padre è ancora vivo e vegeto. Quando, nella tua vita di giovane cristiano, non ti comporti da figlio di Dio, da figlio che ha un padre nel cielo? In quali situazioni vuoi “cavartela da solo” dimenticandoti che noi siamo anzitutto dei figli che vivono in costante rapporto col padre celeste? …lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Il peccato ci pare una cosa bella e attraente, in realtà è abbruttimento della persona. Quali sono, nelle tua esistenza, le manifestazioni più forti del peccato, quelle che ti degradano e rendono la tua vita meno bella? Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Quello di Dio è sempre un abbraccio benedicente, che dona la pace. Quando ti confessi, sperimenti questa realtà? Oppure confessarti è solo un peso ed una fatica? Quali fatiche trovi? Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa. Per il figlio povero ed affamato che rientra a casa il padre prepara una festa ed imbandisce un banchetto. Noi possiamo sperimentare questa realtà ogni domenica, quando partecipiamo all’Eucarestia, il banchetto che Dio prepara per i suoi figli peccatori. Sei fedele all’Eucarestia domenicale? Vi partecipi con gioia? Quali sono le fatiche più grandi che incontri? Per quali ragioni? Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Questa è la risposta che il padre dà al fratello maggiore il quale, come i farisei, trova inconcepibile una perdono così grande. Hai mai pensato che Dio è un padre che è capace di un perdono così? Oppure lo immagini come un giudice duro e come un nemico per la nostra libertà e la nostra felicità?

70 Grado B 70

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71 Grado B 71

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INSEGNACI A PREGARE

Dove due o tre... io sono in mezzo a loro La preghiera della Chiesa

Canto: Beatitudine Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sarò con loro, pregherò con loro, amerò con loro perché il mondo venga a Te, o Padre, conoscere il tuo amore e avere vita con Te. Voi che siete luce della terra, miei amici, risplendete sempre della vera luce, perché il mondo creda nell’amore che c’è in voi, o Padre, consacrali per sempre e diano gloria a Te. Ogni beatitudine vi attende nel mio giorno se sarete uniti, se sarete pace, se sarete puri perché voi vedrete Dio che è Padre, in lui la vostra vita gioia piena sarà. Voi che ora siete miei discepoli nel mondo siate testimoni di un amore immenso, date prova di quella speranza che c’è in voi coraggio, vi guiderò per sempre, io rimango con voi. Spirito che animi la Chiesa e la rinnovi, donale fortezza, fa che sia fedele, come Cristo che muore e risorge perché il Regno del Padre si compia in mezzo a noi e abbiamo vita in lui si compia in mezzo a noi e abbiamo vita in lui .

72 Grado B 72

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PRIMA TAPPA Il corpo di Gesù che prega Cellule di uno stesso corpo

G

Gesù ci ha insegnato a pregare al plurale per uscire anche nel rapporto con Dio da ogni egoismo. Sì, perché siamo cellule vive di uno stesso corpo, il Suo corpo, il corpo di Gesù. Ecco perché Lui è in mezzo a noi.

Musica – ciascuno consegna il suo cartoncino che compone il volto di Gesù 1L

Tu corpo di Cristo. Tu parte del corpo di Cristo insieme ai fratelli che hai accanto e anche quanti nel mondo sono battezzati nel Suo nome. Pregare con e per gli altri è allora curare il nostro stesso corpo, il Suo corpo. Pregare con e per gli altri, vicini e lontani, di condizioni diverse, di età, storia, lingua, cultura diverse, ma tutti dello stesso corpo: il Suo.

Musica – vengono posti i cartoncini all’intorno di quelli consegnati che delineano il mondo Lettura biblica

Gesù disse loro: In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro. Mt 18,19-20

G

Gesù ci ha svelato il segreto di una potenza: la Sua presenza quando siamo uniti. Quando siamo uniti fisicamente ma anche quando siamo uniti nella stessa richiesta, quando siamo uniti per la stessa preghiera. Ecco la liturgia ed in particolare la liturgia delle ore

73 Grado B 73

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2L

G

Tutti nel mondo, con lingue diverse, con stili diversi: dal monaco che veglia nella notte alla famiglia che prega prima del lavoro, dal sacerdote con la sua parrocchia al religioso con la sua comunità; con temi diversi: dall’oriente all’occidente. Tutti innalzano la stessa supplica, la stessa lode, la stessa invocazione. Tutti, corpo, chiesa, cattolica ossia universale. Di tutta la chiesa che cammina nel tempo, ma anche la chiesa che è già davanti a Dio. Tutti unica voce, unica intenzione, unico corpo, nel corpo di Gesù. Ecco la nostra potenza, non siamo più noi a pregare ma Gesù prega in noi.

SECONDA TAPPA La liturgia

G

La preghiera del corpo, del Suo corpo. La preghiera della Chiesa, corpo di Cristo. La preghiera di Cristo. La liturgia. La preghiera con Cristo: è Lui che pone sulle nostre labbra ciò che gli sta a cuore. La preghiera in Cristo: è Lui che prega con la nostra voce. La preghiera per Cristo: è Lui che ci attira a sé.

74 Grado B 74

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1. Che coscienza ho del fatto che quando celebro la preghiera della chiesa o l’Eucaristia è Gesù che prega? 2. Sento che non posso più pregare solo per me e per le “mie” cose? 3. Che consapevolezza do a gesti, parole, formule che vivo con gli altri?

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TERZA TAPPA Cristo nel tempo

Lettura biblica

Gesù al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Mc 1,35

Musica – vengono girati i cartoncini del mondo e divengono contorni per un grande orologio con numeri romani

75 Grado B 75

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G

È il tempo del silenzio che non è stato ancora distrutto, dove le forze ristorate vorrebbero guardare lontano, dove la mente libera si confronta con l’ideale che colma la vita dove il cuore è più puro e può scegliere il bene che può immediatamente incontrare il Mistero di Dio.

Musica – l’orologio posto al centro viene spostato sul tempo del mattino G

1L

La chiesa come madre sapiente che conosce le nostre fatiche ci regala in quest’ora la preghiera delle Lodi preghiera di benedizione, lodi per il dono del nuovo giorno, di una vita che anche oggi gratuitamente abbiamo ricevuto, preghiera che anticipa tutto il possibile che potrà accadere, nell’antica preghiera dei salmi: che è lode, supplica, invocazione, ringraziamento, preghiera di consegna di ogni istante perché Lui la custodisca. Preghiera che nelle intercessioni si fa voce per tutti: per il giovane e l’anziano per il sano ed il malato per il credente e il lontano da Dio per chi nasce come il sole e per chi muore nel tramonto.

Lettura biblica

Gesù…passò la notte in orazione.

Lc 6,12

Musica – l’orologio posto al centro viene spostato sul tempo della sera

76 Grado B 76

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G La chiesa come madre sapiente che conosce le nostre fatiche ci regala in quest’ora la preghiera del vespro preghiera di ringraziamento per il dono del giorno appena trascorso, di eventi, persone, situazioni che oggi gratuitamente abbiamo ricevuto preghiera che nella calma e nel silenzio fa riecheggiare la Parola di Dio con Parole di uomini, i salmi che danno un significato a quanto abbiamo vissuto. Parole che parlano di doni per cui rendere grazie parole che parlano di prove per le quali supplicare aiuto parole che vantano una bellezza a cui tutti aneliamo parole che gridano il dolore che cerca risposte parole di Dio in bocca all’uomo, perché il dialogo sia vero. 2L

Preghiera di consegna perché nulla vada sciupato di ciò che abbiamo vissuto preghiera che prega per tutti e a nome di tutti per chi è nella gioia, per chi è nella prova, per chi è nel dolore, per chi è nella pace. Preghiera della Chiesa perché tutto il mondo in questo momento così Ti prega. Preghiera della chiesa perché ci fa uscire dai nostri piccoli recinti e ci proietta sugli spazi infiniti della chiesa. Preghiera della Chiesa perché pregata in ogni tempo da Gesù sino ad oggi passando per ogni credente dal santo al peccatore. Preghiera universale.

Musica – l’orologio posto al centro viene spostato sul tempo della notte G

Ed arriva il tempo del riposo. E prima di chiudere gli occhi al giorno. A Te Signore consegniamo tutto: il passato avvenuto ed il futuro che verrà. La chiesa come madre sapiente che conosce le nostre fatiche ci regala in quest’ora la preghiera di Compieta.

77 Grado B 77

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1L

Preghiera che fa sintesi del giorno e della nostra amicizia con Te, preghiera di richiesta di perdono: con l’esame di coscienza preghiera con le Tue Parole, nel salmo che consegna ogni nostro sentimento preghiera di consegna nel Cantico di Simeone, preghiera affidamento nel ricordo della Vergine Maria.

G

Tutto il nostro tempo è tempo di Dio. Ma in alcuni momenti particolari il tempo diventa più favorevole. Tempo della Chiesa.

Musica – consegna della compieta a quelli del I anno Lodi e vespri della I dom. al II anno Preghiera del mattino e della sera al III anno Tutti:

Santa Maria Madre della Chiesa Che mai ti sei chiusa su te stessa ma sempre sei stata centro di unità per i discepoli che con Te pregavano riuniti nel Cenacolo che con Te ascoltavano la Parola che con Te invocavano la liberazione di Pietro dal carcere che con Te ringraziavano per le cose belle che Dio compiva Che con Te imparavano ad essere il corpo vivente del Tuo Figlio che ora era accanto al Padre. Santa Maria Madre della Chiesa Fa che la nostra preghiera non sia mai espressione di egoismo Ma rendici coscienti di essere corpo di Gesù Testimoni della Sua presenza, Coscienti della Sua famigliarità, vicinanza, amicizia. Al punto da essere Sua voce, sua Parola, Suo Corpo. Insegnaci ad amare la Chiesa. Insegnaci a pregare con Lei, Insegnaci ad essere corpo di Cristo. Amen

Canto: Madre della Speranza Ave, Ave Maria piena di grazia e d’amore piena di Dio Madre che ci precedi, Madre che ci accompagni, Madre che parli al cuore dei figli tuoi Tu che sei Madre della speranza veglia sul nostro cammino e su di noi Tu che ci doni Cristo Tu che ci porti a Dio, donaci la fiducia nella vita (2 Volte)

78 Grado B 78

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DALL’AURORA Due o tre, Io in mezzo a loro Preghiera del mattino

Lodi della prima domenica del tempo ordinario Canto: VOI SIETE DI DIO

Tutte le stelle della notte le nebulose e le comete il sole su una ragnatela è tutto vostro e voi siete di Dio. Tutte le rose della vita il grano, i prati, i fili d’erba il mare, i fiumi, le montagne è tutto vostro e voi siete di Dio. Tutte le musiche e le danze, i grattacieli, le astronavi i quadri, i libri, le culture è tutto vostro e voi siete di Dio. Tutte le volte che perdono quando sorrido, quando piango quando mi accorgo di chi sono è tutto vostro e voi siete di Dio. E’ tutto nostro e noi siamo di Dio

Salmo 138 1L

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore: hai ascoltato le parole della mia bocca. A te voglio cantare davanti agli angeli, mi prostro verso il tuo tempio santo.

2L

Rendo grazie al tuo nome per la tua fedeltà e la tua misericordia: hai reso la tua promessa più grande di ogni fama. Nel giorno in cui t’ho invocato, mi hai risposto, hai accresciuto in me la forza.

Tutti Ti loderanno, Signore, tutti i re della terra,

quando udranno le parole della tua bocca.

Canteranno le vie del Signore,

perché grande è la gloria del Signore;

1L

eccelso è il Signore e guarda verso l’umile ma al superbo volge lo sguardo da lontano. Se cammino in mezzo alla sventura tu mi ridoni vita;

2L

contro l’ira dei miei nemici stendi la mano e la tua destra mi salva. Il Signore completerà per me l’opera sua.

Gloria al Padre…

79 Grado B 79

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ACTIO La Risposta

Per iniziare ‌ 1. Secondo te, cosa sono l’Eucaristia e la riconciliazione? 2. Come vivi questi due sacramenti?

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80 Grado B 80

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EUCARESTIA INVITATI E… CACCIATI La santa Messa è cominciata. Il Sacerdote sta ai piedi dell’altare. Si prega: «Io confesso a Dio Onnipotente... che ho molto peccato con pensieri, parole, opere e omissioni per mia colpa, per mia colpa, per mia grandissima colpa». E quante volte pronunziamo la parola «colpa», ci si batte il petto. Cosa significa dunque questo battersi il petto? Dobbiamo compiere bene l’atto per capirlo… Non toccarci appena colla punta delle dita il vestito; il pugno chiuso deve colpire il petto… È una percossa, non un gesto cerimonioso. Ha da attraversare le porte del nostro mondo interiore e scuoterlo. Allora comprendiamo cosa significa. Questo mondo ha da essere pieno di vita, pieno di luce, forza ed attività vigorosa. Ma come si presenta esso in verità? Gravi esigenze ci si presentano, doveri, bisogni, inviti alla decisione, ma a stento alcune di esse hanno un’eco dentro di noi. Così, siamo magari gravati da qualche colpa, ma non ce ne preoccupiamo. «Nel fervore della vita siamo circondati dalla morte», ma non vi pensiamo. Ma ecco una voce di Dio che ammonisce: «Destati! Guardati attorno! Rifletti su di te! Convertiti! Fa’ penitenza! ». Questo monito prende forma concreta nella percossa del petto. Questa ha da penetrare; ha da scuotere, intimorire il mondo interiore, affinché si desti, apra gli occhi, si converta a Dio.

PARLA E INFIAMMA: I luoghi della presenza di Gesù. L’Eucaristia sta a dirti che il Signore non è assente, non è lontano, c’è. L’Eucaristia è il modo che Gesù ha inventato per farci capire che Lui è sempre con Te, che Lui c’è ed è presente in modo vivo, che su di Lui puoi contare, e che per Lui Vivi.

L’altare Il termine indica la mensa destinata a ricevere gli olocausti offerti in dono e quasi in cibo alle divinità, ma anche sollevare, indicando il posto elevato dove si facevano le offerte di incenso o di animali in forma cruenta. Ecco alcuni significati attribuiti all’altare: - Luogo Pietra angolare che è Cristo. “Stringendovi a Lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1Pt 2,4-5). - Dei sacrifici: Presso gli Ebrei l’altare (mizbeah, ciò su cui si sacrifica) era in origine connesso con una apparizione di Dio (Mosè elevò uno ai piedi del Sinai: Esodo 24, 4) e su di esso si uccideva l’animale offerto alla divinità. - Tomba (cfr. reliquie dei martiri, partecipi del sacrificio di Cristo): se l’altare è il Cristo e il Corpo di Cristo, allora dobbiamo comprendere quest’ultima espressione in tutta la sua ampiezza: essa designa anche il Corpo mistico. Tale è la significazione delle reliquie che sono inserite obbligatoriamente in ogni pietra d’altare. - Banchetto della Pasqua: L’altare è la mensa dell’ultima cena, il Calvario della Passione. - Mensa del Paradiso: l’altare dei nostri templi non è altro che il simbolo terrestre di questo archetipo celeste. (Allora l’angelo mi disse: «Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell’Agnello!». Poi aggiunse: «Queste sono parole veraci di Dio» Ap 19,9).

La Parola Nell’Eucaristia il Signore ti parla, ha una parola speciale per te. Con un messaggio proprio per il tuo cuore, che da significato alla tua giornata.

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Egli accende un fuoco eterno, quello del Suo amore per te, perché bruci dentro il tuo cuore, riscaldi, illumini, rinnovi la forza… Ecco perché il segno del bacio all’evangeliario. Il Bacio è l’espressione più intensa dell’amore. È una comunione, un affetto che si fa tangibile, è una manifestazione chiara del donarsi. Il Bacio è un gesto di venerazione, di comunione e di tenerezza rispettosa di Adorazione. Quando il sacerdote e il diacono alla Messa baciano l’altare, esprimono la loro comunione con Dio, con Cristo e con tutta la Chiesa del cielo, la cui presenza è simbolizzata dalle reliquie dei santi. Alla Messa, dopo aver letto il Vangelo, il diacono o il sacerdote baciano l’evangeliario, in segno di adesione rispettosa alla parola di Cristo.

IL SIGNORE OSPITA ED è OSPITATO!

ai commensali. Gesù ha compiuto questi gesti in occasione delle due moltiplicazioni dei pani e nel momento dell’istituzione dell’Eucaristia. Il rito della frazione diventava allora il simbolo di Cristo Servo che dona la sua vita perché noi abbiamo la vita in abbondanza: egli si consegna per essere «spezzato» (dalla sofferenza) e distribuito fra tutti. «Spezzare il pane» diventa così l’atto centrale della liturgia cristiana.

TU, EUCARISTIA L’Eucaristia non è fatta per stare sempre a tavola. Ad un certo punto il Signore ci spedisce, ci invia. È come se ci desse un calcione con il quale tu non puoi più restare incollato alla sedia, ma devi partire, uscire fuori, andare ad annunciare. È la logica vocazionale dentro quel pane spezzato. Chiamato, nutrito per essere COME LUI.

La tavola un luogo a Gesù e a noi caro. Lui ospita, prepara tutto per bene ma desidera anche essere ospitato nell’accettazione del Suo invito. Lui ti invita, Lui ti chiama, è Lui ti convoca, vuole proprio aver a che fare con te… e tu come rispondi? La Tradizione ci ha consegnato i due gesti della preparazione dei doni e della raccolta delle offerte, il cui significato si ricollegano a quanto fece. Gesù che nell’Ultima Cena prese il pane e il vino. La preparazione dei doni è molto spesso introdotta dalla cosiddetta processione offertoriale, allorquando i fedeli presentano il pane e il vino. Quanto viene presentato deve essere effettivamente donato al Signore e portato una volta sola. In alcune determinate circostanze si potranno offrire anche altri doni oltre quelli soliti, purché siano significativi per le necessità della Chiesa o dei poveri o della comunità, oppure per sottolineare qualche circostanza particolare. Noi ci uniamo al rito della presentazione dei doni deponendo normalmente la nostra offerta in denaro.

SPEZZATO PER NOI… La “frazione del Pane” è uno dei più antichi nomi dell’Eucaristia. Il rituale ebraico dei pasti prevedeva che il presidente, dopo aver pronunciato la benedizione, spezzasse il pane per distribuirlo

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RICONCILIAZIONE DIO è MORTO-IL PECCATO Il peccato II peccato è un’azione. Ma un’azione non esiste in sé, esiste la persona che agisce. Non esiste il peccato in astratto, esiste il peccatore, la persona che pecca. E’ una presa di posizione, una scelta cosciente e libera della persona, per cui la persona vuol raggiungere un obiettivo. Perciò è la persona che conta nel valutare il peccato, la persona con tutta la sua storia e i suoi condizionamenti: il peccato non è una «cosa» ma è una persona che agisce. Il peccato è l’esclusione di Dio dal raggio dell’uomo, una rottura, una disobbedienza. Rompe l’equilibrio interiore dell’uomo e fa esplodere contraddizioni e conflitti. È una lacerazione anche nei rapporti con gli altri. È un atto personale e responsabile. Indebolisce la volontà dell'individuo e oscura l'intelligenza. Come si differenzia? Normalmente lo differenziamo tra mortale e veniale. San Tommaso lo descrive così: - il peccato mortale: «un disordine che va fino alla separazione da Dio»; - il peccato veniale: «un disordine al di qua della separazione da Dio». Ma precisa: «Non c'è da disperare della salvezza di nessuno in questa vita, considerata l’onnipotenza e la misericordia di Dio». La Chiesa costantemente parla di peccato mortale (che causa morte eterna) e di peccato veniale (remissibile). Il peccato grave si identifica nella dottrina e nell’azione pastorale della Chiesa col peccato mortale: il peccato che, se non rimesso, fa contrarre una pena eterna. La catechesi della Chiesa precisa che «è peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che inoltre viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso». In parole povere, si parla di peccato mortale nel

senso che il rifiuto di comunione di amore con Dio stacca dal principio di vita che è lui: è scelta di morte. Che cosa c’è da dire del peccato veniale? «Il peccato veniale non è qualcosa di automaticamente trascurabile, o un peccato di poca importanza». Il Papa tiene a precisare: «Senza dubbio si possono dare situazioni molto complesse e scure sotto l’aspetto psicologico che influiscono sulla imputabilità soggettiva del peccatore». Ecco una interessante osservazione di sant’Agostino sul peccato grave e sul peccato veniale: «Cosa importa se ti schiaccia il piombo (il peccato mortale) oppure la sabbia (il peccato veniale). Il piombo è una massa compatta, la sabbia sono tanti piccolissimi granelli: ma il loro numero ti schiaccia! Anche i peccati possono essere come gocce. Ma non vedi come con tante piccole gocce possono gonfiarsi i fiumi e inondare le campagne? Gocce minute, ma sono tante!». Insomma, il peccato veniale è una realtà negativa pesante! Guai a chi lo disprezza e non ne tiene conto. «Chi è infedele nel poco è infedele anche nel molto», dice il Vangelo. Il peccato veniale trascurato prepara al peccato grave. Sant’Agostino continua in un altro sermone: «I peccati veniali, uno per uno, non hanno la capacità di ferire mortalmente, come l’omicidio, l’adulterio e altre simili colpe gravi. Ma tutti insieme rappresentano una sorta di scabbia. Si può morire anche di malanni leggeri se aggrediscono tutti in una volta».

I DONI-LA RICONOSCENZA Si può ringraziare soltanto una persona. Un «grazie» o un «prego» sono possibili soltanto fra un «io» e un «tu». Lo posso fare per cortesia, quando per esempio mi viene consegnato l'importo pattuito, affinché tutto scorra nello stile d'un'educazione civica; ma non si può parlare d'un vero ringraziamento poiché questo è l'espressione d'un incontro personale in una necessità dell'esistenza. Invece due persone, di cui una è nella situazione di avere o di potere, e l'altra invece non ha o non può, sanno gli occhi negli occhi l'una di fronte all'altra. L'una prega e l'altra è pronta; l'una dona e l'altra ringrazia, e le due sono congiunte dalla

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dimensione umana. Allora è possibile il «grazie», e dimostra d'essere una forma fondamentale della comunione umana.” Il mondo è il continuo dono di Dio a noi. Il fatto che io sia, e sia ciò che sono, che possa respirare, sentire, lavorare, tutto ciò non è affatto comprensibile per se stesso, ma è qualcosa degno di adorante meraviglia. Sapere ciò è una componente della coscienza fondamentale dell'uomo. Riceversi di continuo dalla mano di Dio è dunque anche ringraziare per questo è una componente dell'atteggiamento essenziale dell'uomo: dell'uomo reale, che sta nella propria autentica essenza. L’atteggiamento opposto è quello della lamentela.

DIETRO FRONTIL MOVIMENTO DELLA LIBERTà Quali sono le caratteristiche del pentimento autentico? Possiamo dire che sono queste tre. La schiettezza II peccato è sempre menzogna, è sempre rigetto della verità. È facile capirlo. Quando offende Dio l’uomo cerca sempre di mentire a se stesso. Si può anche non colpire direttamente Dio quando lo si offende, però si fa finta di non pensarci, ci si schiera a cuor leggero contro la sua volontà. Il che è come dire: «Scusami, voglio fare quel che piace a me». La menzogna accompagna tutti i passaggi della mente e della volontà. Si comincia a dire nella mente: è bello, è affascinante, è anche giusto, lo fanno Intuiti, che male c’è? Ma è menzogna, tutti capiscono che si sta mentendo. II pentimento sta lì, in un atto di sincerità genuina, sincerità con se stessi, sincerità di fronte a Dio. Poi, la conversione sta nel ricostruire l’amore. Il Papa insinua che il peccato è sempre sinonimo di egoismo. Spesso è egoismo allo stato puro. Non è spiegabile il peccato, se lo si toglie dal suo contesto egoistico. Chi si converte, chi si pente, deve anzitutto «voltar le spalle al peccato», il che significa prendere delle decisioni serie, fare dei tagli netti con tutto ciò che è male. Perché la volontà sappia fare questo c’è bisogno di sincerità, occorre vedere con chiarezza

il proprio male e le sue conseguenze, occorre accettare le proprie responsabilità e ammettere le proprie debolezze. È certamente un certo ripudio del male la schiettezza coraggiosa che denuncia i propri sbagli. La schiettezza di fronte alla propria coscienza, di fronte a Dio, di fronte al confessore è una garanzia molto forte che la rottura col male è a buon punto. D’altra parte, il cercare con troppa cura un confessore che non disturbi rivela doppiezza e volontà legata al male, rivela una volontà di confessione truccata. Ecco una riflessione di una grande donna, Adriana von Speyr, sulla schiettezza nel sacramento: «Dobbiamo essere inesorabili con noi stessi, guardare negli occhi il Signore abbandonandoci alla sua verità... Il Sacramento non è un affare psicologico in cui si fa autoriflessione e introspezione, ma è questione di avvicinarsi a Dio, il che si raggiunge solo con la volontà efficace di mostrarsi a Dio come si è». E ammonisce: «Badiamo bene che l’accusa non sia una cicalata». Le decisioni legate al pentimento È un test molto valido. Si può essere tremendamente sinceri nel confessare il peccato, ma può succedere che non si sia altrettanto sinceri nella volontà di staccarsi dal peccato. È importante denunziare il peccato, ma è ancora più importante prendere le decisioni necessarie per staccarci definitivamente da esso. Le decisioni, per essere valide e sicure, dovrebbero rispondere a queste caratteristiche: - essere precise, - essere concrete, - essere proporzionate. Se la decisione non è precisa, è difficile che resista allo scontro con la nostra debolezza, ed è difficile che resista al tempo, che sia costante. Una decisione aerea non da garanzie di sicurezza. Una decisione senza contorni precisi non ha incisività sulla nostra vita pratica. Poi occorre che la decisione sia realistica, vada al pratico, non abbia paura di scendere ai particolari. Più la decisione scende nei particolari concreti più da buone garanzie. Infine, le decisioni devono essere proporzionate. Non si ripara a un vizio che in noi ha preso piede illudendoci che basti la vigilanza. Davanti a un muro crollato non

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basta alzare qualche paletto, bisogna rimboccarsi le maniche, ricorrere a chi è competente, e rifare tutto da capo. Le decisioni non sono cerotti da applicare con facilità sui nostri mali: se c’è un cancro, i cerotti non sono adeguati e non lo saranno mai. La volontà floscia è il tranello aperto a tutte le ricadute, la volontà forte è la difesa. Naturalmente, una delle mortificazioni più efficaci è la preghiera umile e costante sulla nostra debolezza. Non c’è mortificazione e penitenza più valida di questa. Pregare, pregare sodo, in quantità e in qualità, è la più bella penitenza ed è il più bel rafforzamento della volontà. È in ginocchio che viene la forza di Dio per superare le nostre lotte. È in ginocchio che l’uomo diventa potente della potenza di Dio. Riparazione Quando si è pronti a soffrire, ecco il pentimento vero, profondo. Quando si è pronti, per Dio, a far sanguinare il cuore operando i tagli netti e profondi che occorrono, quando si è pronti a rinunciare a tutti i capricci pur di riavere l’abbraccio di Dio, quando si è pronti a cambiare rotta pur di ritornare alla casa del Padre, questa è la vera conversione. «Il dispensatore nascosto di questa forza salvatrice è lo Spirito Santo», così dice il Papa. E allora? Allora è mettendoci in ginocchio che costruiamo il pentimento efficace dei nostri peccati. Non c’è da illudersi: è solo lo Spirito Santo, lo Spirito di verità che è capace a togliere le maschere alla nostra menzogna. È solo lo Spirito Santo che è capace di farci approdare alla verità con noi stessi e con Dio. È solo lo Spirito Santo che sa spezzare i nostri egoismi e aprirci il cuore alla sofferenza di Dio, alle lacrime di un padre che aspetta da tanto tempo il figlio perduto. Il pentimento si costruisce in ginocchio. Il pentimento si implora dallo Spirito Santo. Il pentimento è dono dello Spirito Santo: «In ogni fatto di conversione viene lo Spirito Santo», ha scritto il Papa (ivi). Se il pentimento è vero, è profondo, si ha bisogno di riparare al male che abbiamo fatto. Quando si ripara si ha veramente volontà di distaccarsi dal male. Naturalmente la riparazione occorre sia adeguata. Non si ripara ad un adulterio recitando un rosario. Non si ripara ad una ingiustizia facendo un’elemosina.

La riparazione deve ricostruire ciò che è stato distrutto, facendo tutto quello che è possibile fare. Tanti mali non possono essere riparati su due piedi, ma il problema di coscienza deve nascere. Devo chiedermi con assoluta onestà: mi è impossibile riparare a tutto il male commesso, ma in questo momento che cosa mi è possibile fare? Per dare un segno concreto alla mia coscienza, a Dio e a colui a cui ho causato del male, devo escogitare un segno che sia prova di pentimento. Dice von Speyr: «Dobbiamo confessare i peccati come cose che devono scomparire, non come fatti incresciosi che deploriamo». E la via più sicura per far scomparire un peccato è certamente la riparazione. Se non si ripara - è segno che non si è capito la gravita del proprio male; - è segno che c'è un bel legame affettivo col male; - è segno che non esiste ancora una seria volontà di lotta; - è segno che non è ancora alzato il minimo sbarramento contro il male. La riparazione è sempre sbarramento al male; più è seria e concreta, più è sbarramento.

IL PADRE-L’AMANTE La confessio fidei: è passare da sé a Lui con un atto di fede. Il Suo amore vince su tutto, sulla morte e a maggior ragione sul nostro peccato. Spesso non crediamo a questa potenza ed allora il sacramento risulta inefficace non in sé ma per me che non lascio agire la sua potenza Il primato del Suo amore: ecco perché centrale è l’atteggiamento di Dio espresso in una serie di parole e di gesti: imposizione delle mani, la preghiera di assoluzione il segno di croce e in alcuni casi l’abbraccio di pace. Lui agisce e trasforma. Il proposito: è la nostra debole risposta a questo amore sconfinato. Amore che non può essere generico né formale.

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OUTPUT Per la mia vita‌

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Grado B 86

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Quinto INCONTRO B

APERTURA AGLI ALTRI

Fraternità e servizio

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LECTIO

INPUT La Parola Il ragazzo dei pani – Gv 6,1-13 Dopo questi fatti, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. 3Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. 5 Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». 6Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. 7Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». 8Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9«C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». 10Rispose Gesù: 1

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«Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. 11Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. 12E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». 13Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.

L’eco Che cosa sta succedendo? Siamo nella prima sezione sezione del IV Vangelo (capp. 1-12), denominata convenzionalmente “libro dei segni”, poiché Gesù compie sette gesti straordinari, che hanno funzione di segno che ci fa comprendere la sua identità: la trasformazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana (cap. 2); la guarigione del figlio del funzionario del re (cap. 4); la guarigione del paralitico (cap. 5); la moltiplicazione dei pani (cap. 6, che stiamo leggendo); il cammino sul mare in tempesta (cap. 6); la guarigione del cieco nato (cap. 9); la risurrezione di Lazzaro (cap. 11). In particolare l’episodio su cui stiamo riflettendo è ambientato in una zona isolata, lontana dai centri abitati, presso il lago di Tiberiade, in Galilea; lì Gesù si era recato dopo esser stato a Gerusalemme, dove aveva guarito un paralitico (cfr. cap. 5; infatti il racconto inizia “dopo questi fatti”). Siamo in prossimità della festa di Pasqua: è la seconda volta che l’evangelista menziona questa solennità, che occorre 3 volte nel racconto giovanneo (cfr. 2,13; 13,1), per cui deduciamo che il ministero pubblico di Gesù durò 3 anni e qui siamo al secondo. Dopo questo “segno” Gesù tiene un lungo discorso, quello del “Pane vivo disceso dal cielo”, che occupa tutto il cap. 6 e fa capire ai discepoli ed alla folla il profondo significato eucaristico del gesto miracoloso di cui erano stati testimoni. Che cosa fa Gesù? Gesù, che non ama le grandi folle poiché sa che spesso sono spinte solo dall’equivoco generato dai suoi miracoli, si ritira sull’altra riva del Mare di Galilea e, come Mosè, sale su un monte (luogo della rivelazione di YHWH); l’inizio solenne è ulteriormente evidenziato dall’indicazione cronologica (“Era vicina la Pasqua dei Giudei”; v. 4) per cui ci attendiamo che Gesù stia per compiere qualcosa di importante. Effettivamente egli, che si mostra fin dall’inizio padrone della situazione (cfr. v. 6), dapprima provoca Filippo, che è sconcertato

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poiché per dar da mangiare a tutte quelle persone bisognerebbe spendere duecento denari (cioè l’equivalente di sette mesi di salario); quindi, accogliendo il poco (cinque pani e due pesci) che si trova, fa sedere la folla sull’erba e compie sui pani e sui pesci il gesto eucaristico di rendere grazie e distribuire; il dono di Gesù è così sovrabbondante che non solo sono sfamate tutte le cinquemila persone presenti, ma addirittura ne avanzano dodici canestri. Che cosa fa il ragazzo? In questo racconto c’è un personaggio anonimo, un ragazzo, ignoto anche a Gesù, cui viene presentato da Andrea, il discepolo fratello di Simon Pietro. Eppure egli rappresenta la svolta del racconto: prima della sua comparsa c’è una difficoltà insormontabile (siamo nella steppa e non c’è niente da mangiare per una folla numerosa); con la sua comparsa e con il suo gesto di consegnare a Gesù quel poco che ha (di per sé del tutto insufficiente) la situazione cambia radicalmente e tutti possono essere sfamati da Gesù. Che cosa mi porto via? Il gesto miracoloso (o, per usare l’espressione dell’evangelista, il segno) compiuto da Gesù ci lascia quattro certezze. 1. Gesù è veramente il Signore e nei momenti di difficoltà non si scorda di noi. 2. Gesù “ha bisogno” della collaborazione dell’uomo per compiere la sua missione di salvezza; ha bisogno anche di un ragazzo adolescente che può dargli solo cinque pani e due pesci. 3. Il poco consegnato completamente a Gesù diventa un dono sovrabbondante, che è per la vita e la gioia di molti. 4. L’Eucaristia non è qualcosa di estraneo alla nostra vita: in quel gesto, che si rinnova ancora oggi per noi, vediamo la forza della carità di Gesù, che ci colma di un dono sovrabbondante, e, al contempo, ci mostra che l’unico atteggiamento “sensato” è amare e donare (come ha fatto il ragazzo del racconto evangelico).

Don Bosco, infatti, da un lato proponeva un’intensa vita eucaristica ai propri ragazzi (Messa ogni mattina; momento di preghiera quotidiano davanti al Santissimo), dall’altro non si stancava di “lanciarli” nella carità verso i propri compagni (basta pensare all’esperienza della Compagnia dell’Immacolata).

Per la tua vita… Lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Tanta gente segue Gesù per motivi superficiali. Tu, frequentando la casa salesiana, puoi dire che stai maturando e crescendo nella tua apertura agli altri e nella generosità nel servizio? Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo. Filippo dubita che Gesù possa risolvere il problema che si presentava davanti ai loro occhi: dar da mangiare a cinquemila persone. Quando ti viene chiesto un gesto di generosità o di servizio, che magari ti costa fatica, che cosa pensi? Di potertene far carico con l’aiuto di Gesù? Oppure che sia troppo, che devi studiare, che hai già i tuoi impegni, gli amici,…? C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente? Quello che può dare il ragazzo è davvero poco; eppure non lo trattiene per sé. Che cosa nella tua vita metti con generosità a servizio degli atri? Che cosa invece trattieni tutto per te e non doni? Per quale ragioni ci sono queste “zone di egoismo” nella tua vita? Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo. Il poco dato a Gesù si trasforma in un dono sovrabbondante. Prova a trovare quei fatti della tua vita in cui, donando con generosità quel poco che potevi, hai realmente aiutato qualcuno.

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INSEGNACI A PREGARE

Assidui nella preghiera… con Maria La preghiera Mariana

Canto: La mia anima canta La mia anima canta la grandezza del Signore il mio spirito esulta nel mio salvatore; nella mia povertà l’infinito mi ha guardata in eterno ogni creatura mi chiamerà beata.

La mia gioia è nel Signore che ha compiuto grandi cose in me la mia lode al Dio fedele che ha soccorso il suo popolo e non ha dimenticato le sue promesse d’amore. Ha disperso i superbi nei pensieri inconfessabili ha deposto i potenti ha risollevato gli umili ha saziato gli affamati e ha aperto ai ricchi le mani.

Viene introdotto il quadro della Vergine

92 Grado B 92

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PRIMA TAPPA La storia di Maria in un saluto

G TUTTI

Ave Maria, Shalom Miriam, Pace Maria Ciao Maria, sono Tuo schiavo Ti saluto Maria Mi sento di casa a salutarti così sento di entrare nella Tua dimora, nella Tua vita. Maria mi sento vicino a Te, o Tu accanto a me ti saluto con quell’amore con cui l’angelo, Dio stesso, ti ha salutata.

G

Piena di Grazia, piena, colma di ogni bene ricolmata di ogni bontà sovrabbondanza di doni piena di Dio

TUTTI

Grazie Maria perché Tu una ragazzina mi mostri che se stai dalla parte di Dio non perdi nulla ma ti ritrovi ad essere pieno di bene ricolmato di bontà sovrabbondante di doni.

G

TUTTI

G

Il Signore è con Te ti è accanto ti dona Tutto e nulla ti può mancare nulla devi temere, nulla ti può ferire il Signore è con Te ti è dentro nel Tuo grembo corpo del Tuo corpo In Te Maria vediamo che il Signore non è lontano che è un Dio vicino e che nulla, se c’è Lui, deve farci temere, farci dubitare o vacillare. Un Dio vicino, sì, ma anche un Dio dentro, corpo del nostro corpo quando si fa nostro cibo e noi diventiamo suoi tabernacoli, come Te Sua custodia, Suo tempio, Sua casa. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il Frutto del Tuo seno, Gesù si, di Te non si può che dire bene

93 Grado B 93

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TUTTI

Benedetta per il Sì che prontamente hai pronunciato e ci hai insegnato a non rifiutare nulla a Dio.

G

Benedetta per il servizio che subito hai donato alla cugina anziana. E così ci hai spronato a non stare comodi nelle nostre case e nelle nostre cose.

TUTTI

Benedetta per il grazie che hai cantato nel Tuo magnificat mostrandoci la via del ringraziamento come stile di vita.

G

Benedetta per l’attenzione che a Cana hai avuto nei confronti dei bisogno degli altri anche quando non avevano la forza di chiederlo.

TUTTI

Ma soprattutto sei benedetta per averci donato Gesù Lui il benedetto Lui in cui ogni dono raggiunge il vertice Lui con il quale tutto abbiamo Lui il benedetto e la benedizione.

G

TUTTI

G

Santa Maria, Madre di Dio, tu non solo sei la madre di un bimbo straordinario ma colei che ha dato alla luce Gesù: il Dio che ci sta accanto il Dio che ha assunto di noi tutto tranne il peccato il Dio che ancora abita fra noi. Prega per noi peccatori . Prega per me peccatore. Prega per me tentato di puntare in basso. Prega per me scoraggiato o meglio in balia delle emozioni. Prega per me che a volte mi ribello a quanto vivo, e invidio l’altro, sognandomi diverso, prega per me che non scelgo il Suo primato, il servizio, la profondità di vita. Adesso e nell’ora della nostra morte prega per me in questo istante: a volte faticoso a volte lieto a volte angosciante a volte insignificante a volte il tutto a volte relativo.

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TUTTI

G TUTTI

Prega per me quando morirò perché mi prepari sin da ora ad incontrare il Signore, perché prepari sin da ora il Paradiso, perché l’eternità non avrà mai fine mentre il tempo ora è breve. Prega per me, perché alla luce del cielo guardi alla terra. Amen Così sia Così si realizzi. Secondo la Tua volontà. Amen.

SECONDA TAPPA La vita di Gesù a tappe G

Maria ci conduce a Gesù. Maria ci presenta il Suo Figlio. Maria ci introduce alla Sua storia. Ce la fa guardare con i suoi occhi. Quella storia che ha il sapore del Mistero. Misteri della gioia

Musica di sottofondo. Ad ogni annuncio dei misteri viene portato un frammento di legno che comporrà il braccio della croce L’annunciazione della nascita del Verbo La visita di Maria alla cugina Elisabetta La nascita di Gesù a Betlemme Gesù presentato al tempio Gesù ritrovato nel Tempio Misteri della luce

Musica di sottofondo Ad ogni annuncio dei misteri viene portato un pezzettino di legno che comporrà il braccio della croce Gesù è battezzato nel fiume Giordano Gesù si rivela con il primo miracolo alle nozze di Cana Gesù annuncia la presenza del regno di Dio fra noi e invita alla conversione

95 Grado B 95

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Gesù si trasfigura sul monte Tabor Gesù istituisce l’Eucaristia

Misteri del dolore

Musica di sottofondo Ad ogni annuncio dei misteri viene portato un pezzettino di legno che comporrà il braccio della croce Gesù Gesù Gesù Gesù Gesù

prega e suda sangue nell’orto degli ulivi è flagellato alla colonna è coronato di spine porta la croce verso il monte Golgota muore per noi sulla croce

Misteri della gloria

Musica di sottofondo Ad ogni annuncio dei misteri viene portato un pezzettino di legno che comporrà il braccio della croce Gesù risorge da morte Gesù ascende in cielo Gesù dona lo Spirito alla chiesa riunita con Maria Maria è assunta in cielo Maria è coronata regina nella festa del Paradiso

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TERZA TAPPA Come i bambini, l’insistenza che ottiene

G

5 episodi della vita di Gesù per 4 grandi momenti detti misteri 5 Padre Nostro 50 saluti alla Vergine nelle Ave Maria 5 lodi alla Trinità nella lode del Gloria Ecco la contabilità dell’insistenza. Perché solo chi è capace di insistere ottiene. Lettura biblica «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall’interno gli risponde: Non m’importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.» Mt 7, 1-7

G

Come un bimbo che vuole ottenere continua a chiamare “mamma”, così chi crede chiama “Maria”. Impariamo a guadare a Gesù, impariamo a chiedere con insistenza con questi sentimenti meditiamo la nascita di Gesù a Betlemme, nel nostro cuore scegliamo un dono, il più urgente per la nostra vita per la vita delle persone che ci stanno a cuore o hanno più bisogno per i bisogni della chiesa e del mondo.

un attimo di silenzio mentre ciascuno sceglie una intenzione Padre Nostro

Ciascuno può dire liberamente un’Ave Maria mentre un incaricato accende a ciascuna preghiera un cero che posto a cerchio fanno una coroncina con quattro diverse intenzioni: tre per i sacerdoti, tre per i religiosi, tre per le famiglie e l’ultima per ciascuno di noi perché trovi la propria vocazione.

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Canto finale: Signora della pace Dolce Signora, vestita di cielo, Madre dolce della speranza. Gli uomini corrono senza futuro, ma nelle loro mani, c’è ancora quella forza, per stringere la pace e non farla andare via, dal cuore della gente. Ma Tu, portaci a Dio, nel mondo cambieremo le strade e gli orizzonti, e noi apriremo nuove vie, che partono dal cuore e arrivano alla pace, noi, non ci fermeremo mani perché insieme a te, l’amore vincerà (2v)

Dolce Signora vestita di cielo, Madre dolce dell’innocenza, libera il mondo dalla paura, dal buio senza fine, dalla guerra e della fame, dall’odio che distrugge gli orizzonti della vita, dal cuore della gente.

Consegna del Rosario

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DALL’AURORA assidui... con maria Preghiera del mattino

Lodi della prima domenica del tempo ordinario Canto: VOI SIETE DI DIO Tutte le stelle della notte le nebulose e le comete il sole su una ragnatela è tutto vostro e voi siete di Dio. Tutte le rose della vita il grano, i prati, i fili d’erba il mare, i fiumi, le montagne è tutto vostro e voi siete di Dio. Tutte le musiche e le danze, i grattacieli, le astronavi i quadri, i libri, le culture è tutto vostro e voi siete di Dio. Tutte le volte che perdono quando sorrido, quando piango quando mi accorgo di chi sono è tutto vostro e voi siete di Dio. E’ tutto nostro e noi siamo di Dio

Salmo 138 1L

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore: hai ascoltato le parole della mia bocca. A te voglio cantare davanti agli angeli, mi prostro verso il tuo tempio santo.

2L

Rendo grazie al tuo nome per la tua fedeltà e la tua misericordia: hai reso la tua promessa più grande di ogni fama. Nel giorno in cui t’ho invocato, mi hai risposto, hai accresciuto in me la forza.

Tutti Ti loderanno, Signore, tutti i re della terra,

quando udranno le parole della tua bocca.

Canteranno le vie del Signore,

perché grande è la gloria del Signore;

1L

eccelso è il Signore e guarda verso l’umile ma al superbo volge lo sguardo da lontano. Se cammino in mezzo alla sventura tu mi ridoni vita;

2L

contro l’ira dei miei nemici stendi la mano e la tua destra mi salva. Il Signore completerà per me l’opera sua.

Gloria al Padre…

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ACTIO La Risposta

Al servizio dei più poveri Uno degli elementi centrali dell’apostolato di don Bosco fu quello della carità pastorale. Tutto ciò che don Bosco faceva nasceva cioè dalla convinzione che il centro di tutto fosse la carità, l’amore. In sostanza, l’amore di Dio che don Bosco percepiva su di sé, lo spingeva a portarlo e trasmetterlo agli altri. Nella vita di don Bosco, questo lo si può intuire in varie occasioni. Ecco alcuni esempi di servizio e attenzione di don Bosco nei confronti dei fratelli che aveva accanto: Nelle carceri “Don Cafasso da sei anni era ormai la mia guida spirituale. Se ho fatto qualcosa di bene nella vita lo devo a lui. Domanda­ vo il suo consiglio in ogni scelta, ogni pro­ getto, ogni orienta­mento del mio lavoro sacerdotale. Egli cominciò a condurmi a visitare i carcerati. Nelle pri­gioni imparai a cono­ scere quanto è grande la malignità e la mi­seria degli uomini. Vedere un numero grande di ragazzi tra i 12 e i 18 anni, sani, robusti, intelligenti, vederli là oziosi, tor­

mentati dalle cimici e dai pidocchi, senza pane e senza una pa­rola buona, mi fece inorridire. Quei giovani infelici erano una mac­ chia per la nostra pa­tria, un disonore per le famiglie. Erano umiliati fino alla perdi­ ta della propria dignità. Quello che più mi impressionava era che molti, quando riacquistavano la libertà, erano decisi a vi­ vere in maniera diversa, migliore. Ma dopo poco tempo finiva­no di nuovo die­ tro le sbarre. Cercai di capire la causa, e conclusi che molti erano di nuo­ vo arrestati per­ ché si trovavano abbandonati a se stes­ si. Pensa­vo: «Questi ragazzi dovrebbero trovare fuori un amico che si prende cura di loro, li assiste, li istruisce, li conduce in chiesa nei giorni di festa. Allora forse non tornerebbero a rovinarsi, o almeno sarebbero ben pochi a tornare in prigio­ ne ». Comuni­cai questo pensiero a don Cafasso, e col suo aiuto cercai il mo­do di tradurlo in realtà. Avevo molta confidenza nel Signore, perché sapevo che senza il suo aiuto ogni nostro sforzo è vano” (MO cap. 11). Il colera “L’estate del 1854 portò una notizia paurosa: il colera. L’epi­ demia che ogni pochi anni desolava paesi e città investì dapprima la Liguria, facendo 3000 vitti­ me. Il 30-31 luglio si ebbero i primi casi a Torino. Il batterio responsabile della malat­ tia epidemica, il vibrio cho­lera, sarebbe stato scoperto da Robert Koch solo nel 1884. In man­canza di notizie scientifiche, come sempre accade, si diffusero in cit­ tà le solite voci alimentate dall’ignoranza e dalla paura. Scrive Bonetti che fu testi­ mone di quei giorni: «Il basso popolo... s’in­caponiva nell’idea, che i medici som­ ministrassero ai malati una bi­bita avve­ lenata, cui a Torino davasi il nome d’ac­ quetta, e ciò allo scopo di farli più presto morire e per tal modo scongiurare più fa­

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cilmente il pericolo per sé e per gli altri». La paura provocava «il chiudersi delle botteghe, il fuggire che tosto moltissimi facevano dal luogo invaso». (Un esempio non certo di nobile coraggio fu dato dalla famiglia reale, che fuggi in carrozze chiu­ se dalla città, e riparò nel castello di Ca­ selette). «In certi luoghi, appena uno era assalito, i vicini e talora gli stessi parenti impaurivano..., lo abbandonavano... Fu talora persino mestieri che i becchini pas­sassero per le finestre o rompessero le porte, per entrare nelle case ed estrar­ ne i cadaveri» (CL 420s). Le manifestazioni della malattia erano classiche: vomito e diar­rea profusa, disi­ dratazione, sete intensa, violenti crampi musco­lari. La morte si portava via il 50 per cento dei colpiti. La zona di Torino più colpita, com’era facile prevedere, fu la zona più inquina­ ta e sporca: Borgo Dora, confinante con Valdoc­ co. In un mese 800 colpiti, 500 morti. Nelle case vicine all’Orato­rio, ricor­ da Bonetti, «alcune famiglie scomparvero in brevissimo tempo» (CL 422). Don Bosco prese le misure del caso. «Si anticiparono gli esa­mi - ricorda Fran­ cesia - e prima che finisse luglio (cioè con un mese di anticipo) tutte le scuole furono chiuse» (VBP 183). I ra­gazzi che vollero, poterono partire per le loro case. Furono ripuli­te camere, locali, si diradarono i letti nei dormitori, migliorò il vitto. All’igiene rudimentale del tempo, don Bosco aggiunse la sua fede: «Una sera, udendo come tutti parlavano del male, che face­va strage in Torino e qui d’attor­ no a noi, ci esortò a sperare nella Madon­ na, in questa maniera: “Se voi, o miei cari, mi promettete di non commettere volon­ tariamente alcun peccato, credo di po­ tervi assicurare, che nessuno di voi sarà colpito dal colera”» (VBP 184). Due lazzaretti furono improvvisati in Borgo S. Donato, a ovest di Valdocco. Ma pochi erano i coraggiosi che si presta­ vano a cu­rare i malati. Allora don Bosco,

dopo essersi impegnato insieme ad altri sacerdoti per molti giorni, si rivolse ai suoi giovani. Disse loro che il Sindaco faceva appello ai migliori della città perché si tra­ sformassero in infermieri e assistenti dei colerosi. Se qualcuno voleva unirsi a lui in quell’opera di misericordia, lo ringraziava a nome di Dio. «Quattordici gli si presen­ tarono bentosto, pronti a compiere i suoi desideri... e pochi giorni dopo altri trenta ne se­guirono l’esempio» (MB 5,87). Furono giornate di caldo torrido, fati­ ca, puzza nauseabonda, pericoli. Francesia ricorda: «Quante volte io stesso giovanetto e picco­lo chierico, do­ vevo animare i vecchi a recarsi al lazzaret­ to -. Ma mi uccideranno! - Cosa dite mai? Anzi vi troverete meglio. E poi ci sarò io -. Sì? Ebbene portatemi dove volete». E ag­ giunge con una punta di ironia pesante: «I così detti liberali si ritirarono, e rimasero i sacerdoti...». Ma di ironia non ebbe tempo di farne molta, in quei giorni, il povero Batistin. Il colera, infatti, colpì con violenza anche sua madre. Avvisato, lasciò tutto e corse a casa. La trovò gravissima. Tornò in fret­ ta all’Oratorio, e supplicò don Bosco che venisse a confessarla e benedirla. Abitava davanti alla chiesa della Conso­lata. Don Bosco, passando davanti alla colonna dell’Immacolata posta sulla piazza, l’ad­ ditò a Batistin e gli disse: «Essa guarirà sen­z’altro tua mamma se le prometti di consacrare la tua vita, quan­do sarai prete, a farla conoscere e a farla amare». Fran­ cesia ac­cettò il patto. Salirono nella stan­ za dell’ammalata. Don Bosco la confessò e la confortò. Poi venne il medico, e come unica cura cavò sangue cinque o sei volte dalle vene di quella povera donna. «No­ nostante la cura», la mamma di Batistin guarì e visse ancora per 21 anni. Quando, con le piogge d’autunno, il colera finì, si poterono contare i morti: in Torino 1248, in Italia 320 mila. Nella ca­ pitale del Piemonte «i soci della S. Vin­ cenzo si aggirarono per le cata­pecchie a

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raccogliere sull’erba secca e sui paglie­ ricci sporchi bam­bini che il morbo aveva lasciato orfani e senza parenti prossimi» (ST 3,163). La fine dell’emergenza fu di­ chiarata il 21 novembre. Tra i 44 volontari dell’Oratorio, nes­ suno fu toccato dal cole­ra. Un risultato ai limiti del prodigioso. Ma don Bosco non si fer­ mò a contemplare le bene­ merenze. Un nuovo dramma colpiva la città: gli orfani. Ce n’era un centinaio, ammassati nel «deposito» di San Do­ menico. Con un atto di fede e di amore più grande delle sue possibilità andò a prelevarne 20, e li portò all’Oratorio” (T. Bosco, Don Bosco. Storia di un prete, Elle Di Ci, Torino 2006, 204-206). Con i ragazzi di strada «Fin dalle prime domeniche (don Bo­ sco) andò per la città, per farsi un’idea della condizione morale in cui si trova­ va la gioventù» e vide «un gran nume­ ro di giovani d’ogni età, che andava­ no va­gando per le vie e per le piazze, specialmente nei dintorni della città, giuocando, rissando, bestemmiando e facendo anche di peggio». Un vero «mercato delle braccia giovani» lo tro­ va sulla piazza del mercato generale di Porta Palazzo. Alla domenica il mercato chiuso, la piazza affollata di commer­ cianti, ragazzi in cerca di lavoro, che intanto si arrangiano facendo i mercia­ ioli, venditori di zolfanelli, lustrascarpe. «Che cosa aspettate?», domanda don Bosco. «Qualcuno che ci prenda a lavo­ rare, in cantiere, a bottega o in officina». Alcuni sono in cerca del primo lavoro, altri hanno già provato, ma sono sta­ ti scartati perchè non sufficientemente forti per sopportare i ritmi di produzio­ ne. Sono come lui, quando andò a bussa­ re alla cascina Moglia con un fagotto sot­ to il braccio. Ma non avranno mucche da strigliare o prati verdi da percorrere. II la­

voro di città darà loro mezza lira al giorno (circa 2000 lire del 1986) e li trasformerà in muratori sfi­niti nei cantieri o in piccoli sepolti vivi nelle manifatture o nelle offici­ ne. Rasentando le case in costruzione (ce ne sono moltissime in que­sto tempo) nei giorni di lavoro, don Bosco vede «fanciulli dagli 8 ai 12 anni servire i muratori, pas­ sare le loro giornate su e giù per i ponti malsicuri, al sole, al vento, alla pioggia; salire le ripide scale a pioli carichi di cal­ ce, di mattoni e di altri pesi, senza altro aiuto educativo, fuorchè villani rabbuffi o scapaccioni»” (Cfr. MB II, 57-58). La condizione dei giovani lavoratori non era quindi delle più facili: “La giornata lavorativa andava dal­ la primissima alba alla not­te. II vitto al mezzogiorno consisteva di polenta cuci­ nata da qual­che muratore. Molti giovani muratori non avevano una famiglia o dei paren­ti che li aspettassero alla sera. Era­ no immigrati stagionali. «Con­vivevano a decine, e sui magri salari dividevano le spese dell’affit­to e della polenta in co­ mune. II primo che arrivava dal lavoro ac­cendeva il fuoco e appendeva il paiolo con l’acqua. II poco com­panatico arriva­ va da casa ogni quindici giorni, a mezzo del con­ducente che portava la sacca del pan nero e degli indumenti puliti e riti­ rava la sacca della biancheria sporca». Quelli che trovavano lavoro nelle offici­ ne e nelle manifatture iniziavano l’a­gonia dei ragazzi torturati. In Piemonte «i pa­ droni, per ridurre i salari, assumevano al po­sto dell’operaio adulto, la donna e il fanciullo. Si ebbe cosi una nuova figura nel campo del lavoro: il fanciullo operaio ad otto anni. I fanciulli, i giovani operai, erano impiegati come degli adulti per 13 o 14 ore al giorno e per sette giorni alla settimana. La tenera età, i locali insalu­ bri, antigienici, il lavoro sfibrante e mo­ notono, l’orario estenuante, crescevano torme di fanciulli se­ minutriti, anemici, quasi inebetiti di sonno e di stanchezza,

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ama­reggiati e ribelli». Nel 1844, in Pie­ monte, «si conta­vano 7184 fanciulli im­ piegati nelle fabbriche di seta, di lana e di cotone, al di sotto dei 10 anni»” (Cfr. T. Bosco, Don Bosco. Storia di un prete, Elle Di Ci, Torino 2006, 85-86). Che cosa fece allora don Bosco? “Quando nel primo oratorio tutto era animato, don Bosco non assisteva a tutte le funzioni, egli girava nella zona in cerca dei ragazzi più difficili. Costoro, invece di andare in parrocchia, si radu­ navano nei prati, nei viali e specialmen­ te sotto ai portici delle case campestri a giocare. Egli si avvicinava a loro, e con aspetto indifferente, osservava il loro gioco. In mezzo, sopra una sedia o il più sovente per terra, avevano steso un faz­ zoletto che serviva di tovaglia sul quale mettevano i soldi della partita. Si gioca­ va disperatamente alle carte. Sul fazzo­ letto si trovavano ammucchiate da 15 a 20 e più lire per giocata. Non era raro il caso che una questione di gioco finisse a coltellate. Don Bosco, dunque, si in­ trometteva nel loro divertimento, e talora vi prendeva parte anche lui. Ma quando vedeva il fazzoletto pieno di soldi e i gio­ catori scaldati nel gettar le carte, veloce come un lampo, prendeva i quattro an­ goli del fazzoletto e avvolgendo i soldi e le carte, il tutto portava con se fuggendo con rapidità. I giovani sbalorditi si alzava­ no e gli correvano dietro gridando: - I soldi, ci restituisca i soldi! Ma non potevano raggiungere don Bosco, il quale nella corsa, aveva pochi che potessero stargli addietro. Di quando in quando egli volgendosi diceva loro: - State sicuri; non voglio rubarvi i sol­ di; venite con me, correte, raggiungetemi. Vi restituirò il denaro, anzi vi darò altri re­ gali dei quali voi sarete contenti. Venite, correte. E così l’uno fuggendo e gli altri inse­ guendolo giungevano alla porta dell’Ora­ torio.

La cappella era piena di giovani. Il te­ ologo Borel, era in pulpito che già predi­ cava. Ma al giungere di don Bosco con quella nuova turba di monelli, era indi­ spensabile prendere un fare spigliato ed anche scherzoso. Si trattava di calmare quei giocatori irritati dalla sorpresa poco gradita che loro era stata fatta, e di atti­ rarli in chiesa, e farli restare alla predica. Don Bosco entrava fingendosi ora un ne­ goziante, ora un giovinastro mandato per forza dalla madre a udire la predica, ora uno invitato dal Direttore a venire all’O­ ratorio, ora anche un buon compagno che aveva condotti altri suoi bravi amici. I giovani già in chiesa ridevano, e contenti della scena, che si preparava, si alzavano in piedi per vedere. Don Bosco si avan­ zava talvolta come se fosse un venditore ambulante e gridando. - Torroni, torroni! Chi compra torroni! Il predicatore dal pulpito si rivolgeva a lui - Olà, birbante: esci di chiesa! E forse questa la piazza del mercato? - Oh bella! Io faccio i miei affari dove c’è da guadagnare. Ho visto qui tanti gio­ vani e ho pensato di vendere i miei tor­ roni. - E questo è il rispetto che porti alla casa di Dio? I due interlocutori parlavano in pie­ montese coi frizzi vivacissimi di questo dialetto e, o si proseguiva l’argomento in corso, ovvero s’interrompeva, per in­ trattenersi sul rispetto alla chiesa, sul­ la santificazione delle feste, sul gioco, sulla bestemmia, sulla confessione. I giocatori, entrati in chiesa, all’udire quell’inaspettato battibecco si ferma­ vano, prestavano attenzione, ridevano, finivano con sedersi se vi era ancor po­ sto, e stavano tranquilli fino alla fine del dialogo. Per questo genere di predica­ zione don Borel e don Bosco, facendo l’uno da maestro e l’altro da allievo, di­ sponevano di tanta destrezza ed argu­ zia da durarla anche un’ora e mezzo, sì

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che i giovani provavano rincrescimento quando finiva. Si incominciava quindi il canto delle litanie. Don Bosco, era sem­ pre in fondo alla chiesa in mezzo ai “de­ rubati”. Qualcuno di questi garzoni gli diceva sotto voce. - Quando mi restituisce i soldi?

e don Bosco rispondeva: - Ancora un momento; lascia che si dia la Bene­ dizione. Allora invitava quei giovani a uscire con lui, li conduceva nel cortile, restituiva loro il danaro e se li faceva amici e da lì cominciava il tutto…” (Cfr. MB III, 122-124).

PER RIFLETTERE… 1. Cosa pensi di queste scelte di don Bosco per i giovani più abbandonati e più bisognosi? 2. Cosa avresti fatto tu se fossi stato al posto di don Bosco? 3. Quali sono le tue idee personali da abbandonare per fare dei passi di servizio e fratellanza per gli altri come ha fatto don Bosco?

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Quale cammino percorrere? Ecco alcune indicazioni per crescere nel servizio e nella fraternità per gli altri. Non si dona ciò che non si è ricevuto… La prima forte provocazione è quella di riflettere sull’importanza della passione\dono per gli altri. Ma questo impegno ha necessariamente qualcosa che lo precede. Se tu doni qualcosa a qualcuno è perché a tua volta hai ricevuto un dono. Ad esempio: non puoi insegnare ad un bimbo a guidare la bicicletta senza le rotelline, se tu a tua volta non hai ricevuto questo insegnamento da qualcuno, se da parte tua non hai imparato a compiere questa azione a tue spese. Così è nel DONO per gli altri: non si può donare entusiasmo, allegria, affetto, amicizia, se non lo si è ricevuto. Ecco allora il nostro primo impegno accostarci alla fonte del Dono, della Vita: Dio. Ecco che a volte si sente qualche ragazzo della vostra età, che ha iniziato da poco o pochissimo il cammino di animazione ed educazione dei più piccini, essere scoraggiato, sentirsi vuoto, non avere più le forze per donarsi ai suoi ragazzi, per essere per loro un vero e proprio dono pieno di passione. Questo scoraggiamento accade per alcuni motivi: Non si è chiesto il DONO di sapersi donare (non è un gioco di parole) all’unico che può darcelo, il Signore. Che tempo dedichi alla preghiera, non solo per te, ma anche per gli altri? Per prepararsi a mettersi al servizio dei più piccoli o di chi è al nostro fianco, c’è l’esigenza di “tirarsi su le maniche”. E questo esige preparazione, il dono non si improvvisa. Bisogna vivere un’esperienza di andata e ritorno. Dopo un estenuante giornata di estate ragazzi, c’è chi dice: “finalmente è finita corro a casa a farmi i fatti miei, ad uscire con gli amici…” e c’è invece chi prima di uscire dal portone dell’oratorio, dopo aver aiutato a rimettere a posto tutto, si ferma in cappellina e ringrazia il Signore per la capacità di donarsi che ha ricevuto da Lui, e gli affida i ragazzi che ha incontrato, specialmente i più poveri.

CHIAMATI ad essere “passione bruciante” e “dono sacrificato” Il servizio ai fratelli specialmente ai più piccoli è una chiamata, non siamo noi a darci la forza ed il coraggio per fare una scelta così grande ma questa forza e questo coraggio lo riceviamo da Dio. Certamente a noi sta la risposta e l’impegno positivo. L’esperienza dell’andare verso l’altro, del tendergli la mano è estremamente cristiana. Una persona non può dirsi cristiana se non va verso gli altri, se non si dona completamente ai fratelli, se non si sente chiamata a mettersi al servizio dei più poveri. Il Signore poi sceglie qualcuno ad una vita di speciale consacrazione, dove non gli chiede semplicemente di mettersi al servizio degli altri, ma gli chiede di darsi totalmente agli altri, essere per loro. Don Bosco ha sentito la bellezza di questa chiamata, la forza del desiderio di essere come Dio gli chiedeva: un dono per tutti i giovani specialmente i più poveri. Don Bosco non è riuscito a fermarsi davanti alle difficoltà dei giovani che ha incontrato, non gli è bastato dire: “poverino”, non si è accontentato di compatirli, lui ha dato tutto se stesso per la loro salvezza. Così con i giovani carcerati, con i ragazzi di strada, con i fanciulli abbandonati e senza famiglia, con i ragazzi che cercavano un senso alla loro vita, con i ragazzi che desideravano seguirlo come salesiani. Due cose dunque sono estremamente necessarie nel rispondere alla chiamata di Dio: Una PASSIONE BRUCIANTE: basta musi lunghi, incapaci di un sorriso, basta persone che per fare un piccolo servizio ci mettono un secolo, per essere sicuri se sia il caso di farlo gratuitamente oppure no, bisogna buttarsi, donarsi, spendersi per gli altri con passione e desiderio. Alcuni hanno definito la nostra epoca, un'epoca di “passioni tristi”, cioè dell’incapacità di dare colore alla vita, ne vediamo in effetti le conseguenze in tanti giovani che fanno la scelta di vivere solo sull’onda dell’emozione (stile e moda EMO), sempre dediti ad una sorta di passività emotiva, inclina sempre verso il pessimismo. Noi cristiani, noi chiamati da Dio siamo gente di passione vera e profonda, di desiderio di spendersi per gli altri… Misura la tua passione per gli altri….c’è un solo modo per accrescerla: mettersi dalla parte di Dio,

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e dire di SI ai servizi più scomodi che mi vengono chiesti, prova!!!! Vedrai che la tua passione per il bene degli altri aumenterà! Un DONO SACRIFICATO: non pensare che il mettersi a servizio ti dia subito il contentino immediato, o meglio potrebbe anche renderti contento immediatamente ma a lungo andare si ripresentano le fatiche, le difficoltà, i tradimenti. Quindi è indispensabile la fedeltà nel dono di sé, questo è indissolubilmente legata al sacrificio di sé stessi. Bisogna imparare togliere qualcosa dai propri averi, dai propri legami, dalle proprie comodità, da ciò che ci fa comodo per poter aiutare gli altri, per potersi mettere dalla loro parte. In fondo la dinamica del vero spendersi per gli altri ce l’ha insegnata Gesù stesso: passione, morte, risurrezione, questa è la linearità di un dono che per essere tale passa attraverso il sacrificio, Gesù è molto chiaro: “nessun ha un amore più grande di questo dare la vita per i propri amici”. La logica “dell’ I CARE”… una grande responsabilità In fondo il cammino vocazionale è il prendere coscienza di una chiamata che si fa sempre più

palese, più visibile ai nostri occhi. In questa logica si prende coscienza che il dono ricevuto non è per sé e non può essere tenuto stretto, per sua intima dinamica questo dono ha bisogno di essere donato. Il donare sé stessi nel carisma salesiano si specifica nel darsi da fare per i più piccoli e i più giovani. Ma quel darsi da fare è carico di responsabilità. I CARE: I CARE è una frase che il bravissimo don Milani utilizzava con i suoi ragazzi per fargli rendere conto che per darsi da fare nella vita bisogna appassionarsi alle cose, alle situazioni, bisogna davvero avere interesse. Così è nel darsi da fare per gli altri, bisogna appassionarsi, interessarsi. LA RESPONSABILITA’ Prendersi davvero cura degli altri, donare se stessi, il proprio tempo, le proprie doti senza assumersi la responsabilità di ciò che si fa, ma soprattutto delle persone a noi affidate, è indispensabile per vivere una chiamata agli altri. Siamo responsabili del bene dell’altro, delle sue gioie e delle sue tristezze, dei suoi momenti bui di tutto ciò che lui vive.

PER RIFLETTERE… 1. 2. 3. 4. 5.

Cosa intendi con la parola “donare”? Tu hai mai donato, nel senso pieno di ciò che significa? Cosa pensi del fatto che non si dona ciò che non si è ricevuto? Perché? La tua esperienza a riguardo? Passione bruciante…dono sacrificato, hai mai visto qualcuno fare questa scelta e viverla? Chi? Come? 6. Tu nella tua vita? L’hai mai fatto? 7. La logica del prendersi cura dell’altro, con responsabilità… Ti affascina? 8. Ci hai mai pensato? Farlo per tutta la vita, ha senso secondo te?

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OUTPUT Per la mia vita ‌

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