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RAVENNA
MENSILE DI INFORMAZIONE SU SALUTE E BENESSERE - N. 1 - GENNAIO 2015
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IL LATTE D’ASINA INOLTRE
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LA POLIOMIELITE I CALCOLI RENALI I FERMENTI LATTICI I DISTURBI SESSUALI FEMMINILI - LO SVEZZAMENTO DEL GATTO
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Nr. 1 - GENNAIO 2015 - www.salute10piu.it ALIMENTAZIONE
2 GYMNENA SILVESTRYS Dott.ssa Maria Nives Visani MALATTIE INFETTIVE
5 LA POLIOMIELITE Dott. Andrea Drei PEDIATRIA
8 I GEMELLI Dott.ssa Maria Cristina Digilio CARDIOLOGIA
10 MORIRE IN POCHI MINUTI Dott. Vladimir Guluta ORTOPEDIA
12 IMPARARE A CAMMINARE CON UNA PROTESI D’ANCA Dott. Marco Manfrini MEDICINA
13 LE CELLULE STAMINALI DEL SANGUE Dott. Alfonso Zaccaria UROLOGIA
16 I CALCOLI ALLE VIE URINARIE Dott. Roberto Nonni SANITÀ
18 I FALSI MITI DEI VACCINI Alberto Mantovani FARMACI
20 SOFOSBUVIR, LA MOLECOLA CHE CURA L’EPATITE C Dott. Andrea Baldisserri SALUTE
21 I BENEFICI DEI FERMENTI LATTICI Dott. Luciano Lozio SESSUALITÀ
24 IL LATTE D’ASINA di Angela Nanni SESSUALLITÀ
26 I DISTURBI SESSUALI FEMMINILI Edda Plazzi SOCIETÀ
28 DONAZIONE D’ORGANI, UNA SCELTA IN COMUNE Stefano Cresci I NOSTRI AMICI ANIMALI
30 LO SVEZZAMENTO DEL GATTO Dott.ssa Federica Piras SALUTE 10+ - Anno 5 - N. 1.2015 - Aut. Trib. Ravenna n. 1381 del 23/11/2011 - www.salute10piu.it
Proprietà, redazione e realizzazione - Multiservice sas: via A. Gnani, 4 - 48100 Ravenna Tel. 0544.501950 - multiredazione@linknet.it - Direttore responsabile: Spada Gabriele Stampa: Modulgrafica Forlivese - Forlì (FC) - www.modulforlivese.it
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ERBORISTERIA
GYMNENA
SYLVESTRIS Una pianta rampicante predisposta ad ELIMINARE GLI ZUCCHERI.
Dott.ssa
Maria Nives Visani
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Nel numero 6.2014 di SALUTE 10+ ho descritto le attività della GARCINIA CAMBOGIA sottolineandone la proprietà di bloccare la produzione di acidi grassi e colesterolo riducendo così il rischio di accumulo nel tessuto adiposo. È importante però sottolineare che l'uti-
lizzo di Garcinia per lungo tempo Il principio attivo che si trova nelle potrebbe innalzare il livello di gluco- foglie di Gymnema è l'acido gymnesio ematico determinando un mico che svolge un'azione ipogliceaumento del rischio di insulino-resi- mizzante attraverso due meccanismi: stenza e iperglicemia non certo auspicabile ai fini del mantenimento 1 INIBIZIONE dell'assorbimento dello zucchero di uno stato di buona salute. Per que(saccarosio) a livello dell'intestino tenue sto motivo è bene associare all'uso di Garcinia Cambogia un'altra pianta: Studi compiuti in Giappone e in USA la Gymnema Sylvestris. hanno dimostrato che l'acido gymnePrincipali caratteristiche mico possiede una molecola simile a La Gymnema è una pianta rampicante quella del saccarosio, ma più grossa, dell'India, di Ceylon e dell'Africa tropi- essa si lega ai recettori presenti nei villi cale. Secondo la medicina ayurvedica, intestinali adibiti all'assorbimento del confermata dagli studi recenti, svolge saccarosio bloccandoli reversibilmente. un'azione ipoglicemizzante. In lingua Quest'azione di blocco è abbastanza Indu è chiamata Gurmar ovvero “elimi- veloce (circa 1 ora) e rimane per diverse ore (circa 6) per cui le dosi vanno natore degli zuccheri”.
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somministrate più volte al giorno; la sua azione riguarda circa il 50% dell'assorbimento dello zucchero. Con lo stesso meccanismo si attiva il blocco dei recettori per il dolce delle papille gustative, mettendo sulla lingua piccole quantità di Gymnema entro pochi istanti viene annullata la percezione del dolce e dell'amaro mentre rimane intatta la percezione del gusto salato, acido e metallico. 2 AUMENTATA TRASFORMAZIONE metabolica del glucosio a livello cellulare Si è osservato che la Gymnema è in grado di riportare alla normalità i valori di quelle sostanze responsabili di complicazioni cardiovascolari, opacizzazione della cornea e del cristallino, difficoltà di cicatrizzazione ecc. dovuti ad alti valori di polisaccaridi quali esosammine, emoglobina glicata, glicosaniminoglicani, acido sialico ecc. tipici dell'iperglicemia diabetica o alimentare. Queste sostanze sono responsabili della maggior parte degli
effetti dannosi provocati dal diabete e da una alimentazione troppo ricca di zucchero come è quella industriale odierna. È importantissimo, al riguardo, leggere attentamente le etichette di tutto ciò che si acquista ed accertarsi che i prodotti siano dolcificati con malto o stevia i quali non influiscono sul picco glicemico e non caricano il sistema insulinemico. La migliore trasformazione metabolica del glucosio è dovuta ad un'aumentata disponibilità di insulina conseguente alla stimolazione delle cellule Beta di Langerhans deputate alla produzione di insulina stessa e/o ad un'aumentata sensibilità del recettore di membrana che indirizza il glucosio nella corretta
via metabolica del ciclo di produzione di energia. La Gymnema è in grado di ridurre i picchi insulinemici postprandiali sia nel paziente normale che nel diabetico per questo può essere utilizzata anche nell'ambito di diete dimagranti soprattutto quando si tratta di obesità da carboidrati. È importante notare che la pianta non svolge la sua azione su animali in cui è stato sperimentalmente asportato il pancreas. Si elenca tra le proprietà anche una leggera azione ipocolesterolemizzante ed un'attività epatoprotettiva.
Qualche controindicazione Tutti gli studi tossicologici confermano che non esiste tossicità ai dosaggi consigliati, ma possono interagire con farmaci ipoglicemizzanti orali potenziandone l'effetto con il rischio di crisi ipoglicemiche. È comunque sconsigliato l'uso in gravidanza e sotto i 12 anni. FINE
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MALATTIE INFETTIVE
POLIOMIELITE E’ PROVOCATA DAL POLIOVIRUS. L’uomo rappresenta l’unico serbatoio naturale del virus, che colpisce principalmente i bambini sotto i tre anni. Un recente focolaio in Congo ha riacceso i riflettori su questa patologia.
Dott.
Andrea Drei
Pronto Soccorso Medicina d’Urgenza Ospedale di Faenza - E-mail: andrea.drei@alice.it
Nello scorso ottobre è ricorso il 100° anniversario della nascita di Jonas Salk, il ricercatore americano che mise a punto il primo vaccino efficace contro la poliomielite. Curiosamente tale ricorrenza si è verificata proprio in concomitanza con la pubblicazione su un'autorevole rivista scientifica americana della notizia relativa allo scoppio di una violenta epidemia di poliomielite verificatasi nella Repubblica del Congo. Ciò ha portato le istituzioni sanitarie internazionali ad innalzare il proprio livello di guardia nei confronti di quella che è stata una delle malattie più temute di tutto il 20° secolo e che sembrava ormai completamente debellata. Vediamo pertanto di ricostruire storia, epidemiologia e caratteristiche cliniche di questa malattia.
sone di tutte le età, ma principalmente si manifesta nei bambini sotto i tre anni. Il virus penetra nell'organismo umano generalmente attraverso la via oro-fecale, tramite l’ingestione di acqua o cibi contaminati. Meno frequentemente si trasmette tramite la saliva e le goccioline emesse con i colpi di tosse e gli starnuti da parte di malati o portatori sani. Il poliovirus si moltiplica nelle cellule della mucosa oro-faringea, dell’intestino e nei tessuti linfatici sottostanti e può essere eliminato con le feci o con le secrezioni faringee. Il periodo di incubazione si aggira
mediamente intorno ai 10-15 giorni con variazioni da 5 ai 40. Nella grande maggioranza dei casi l'infezione decorre senza sintomi riconoscibili o in maniera aspecifica: febbre, cefalea, nausea, stanchezza, faringite, irregolarità dell'alvo (canale intestinale). In una piccola percentuale di casi, stimabile intorno all'uno per cento, il virus si diffonde attraverso il torrente circolatorio o le fibre nervose nel sistema nervoso centrale, localizzandosi in particolare nei motoneuroni della sostanza grigia del midollo spinale e più raramente del bulbo.
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Cos’è la poliomielite La poliomielite è una malattia infettiva provocata dal poliovirus, di cui esistono tre sottotipi. L’uomo rappresenta l’unico serbatoio naturale del virus, che può colpire per-
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con il piede equino, immagine che richiama fortemente gli esiti della polio. Questi e alcuni altri reperti suggeriscono che la malattia sia stata endemica da migliaia di anni.
Cosa succede I motoneuroni vengono danneggiati e spesso distrutti dalla moltiplicazione virale e come tutte le cellule nervose non sono in grado di rigenerarsi. Trattandosi delle cellule nervose deputate alla trasmissione degli impulsi motori, alla distruzione dei motoneuroni conseguono la distruzione delle fibre nervose e di seguito anche delle fibre muscolari. I muscoli interessati pertanto diventano intensamente dolenti, ipotonici e vanno incontro ad atrofia. Ne consegue una paralisi flaccida con una distribuzione tipicamente focale e asimmetrica, che predilige gli arti inferiori. All'atrofia muscolare conseguono a distanza di tempo le deformazioni ossee.
Può condurre alla morte La gravità può essere estremamente variabile, passando dal semplice lieve indebolimento di un singolo muscolo, alla paralisi completa di tutti i muscoli del corpo. La morte sopravviene in una significativa percentuale di casi che varia dal 5 % al 25 % nelle diverse epidemie. Nelle forme più gravi con paralisi dei muscoli respiratori i pazienti in passato venivano collocati nel respiratore a pressione negativa, il cosiddetto polmone d'acciaio. www.privatassistenza.it
GIOVANNA BENZI E IL POLMONE D’ACCIAIO
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Di qui il nome dato alla malattia, dai termini greci polios e mielos che significano rispettivamente grigio e midollo.
Nel Settecento furono descritti casi sporadici di poliomielite, fra cui rimase celebre quello che colpì lo scrittore Walter Scott.
Si trattava di un grande cilindro stagno dove il paziente era introdotto per intero con la sola eccezione della testa e a volte era costretto a rimanervi per anni. Celebre è stato il caso di Rosanna Benzi che vi rimase per 29 anni. Alla sua persona Papa Giovanni XXIII dedicò una lettera personale e la sua vicenda ispirò un film: “Il vizio di vivere”.
Non esiste una terapia specifica per la poliomielite e l'unica misura efficace è la vaccinazione. La storia che ha portato l'uomo ad avere la meglio su questa malattia dalla storia millenaria merita di essere ricostruita.
Nella seconda metà dell'Ottocento vennero descritte le prime grandi epidemie, che colpirono diversi paesi europei, e in seguito l'Australia e la California. Man mano che miglioravano le condizioni igieniche si assistette alla diminuzione della frequenza reale della malattia, ma paradossalmente crebbero le ondate epidemiche, con aumento dell'età media dei soggetti colpiti e con frequente peggioramento della gravità degli esiti.
Il primissimo caso di polio diagnosticato, fu riscontrato in una mummia egiziana del 3700 a.c.. In una stele di calcare egizia, datata intorno al 1400 a.c., esposta al museo Glypotek di Copenhagen, viene raffigurato un uomo con la sua famiglia mentre presenta offerte alla Dea Astarte. L'uomo presenta una gamba sottile e avvizzita
Dall'inizio del Novecento si intensificarono gli sforzi per la messa a punto di un vaccino, con impiego di ingenti finanziamenti per la ricerca, specie negli Stati Uniti, dove si era diffusa una particolare sensibilizzazione verso la malattia, che aveva colpito anche il presidente Roosevelt. Un vaccino sperimentale messo a punto negli anni tren-
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SALUTE_10piu_n.1.15_CASA NOTIZIE cesena n1.2007 12/01/15 11:39 Pagina 7
ta fu somministrato a migliaia di bambini con risultati che si dimostrarono poi fallimentari. Tale fu la delusione dei ricercatori che uno di questi, Maurice Brodie, si suicidò. Un significativo passo in avanti si ebbe con la scoperta di un metodo per coltivare i virus in laboratorio, compiuta nel 1949 dal batteriologo John Franklin Enders. Fu grazie anche a questa scoperta che Jonas Salk allestì il suo vaccino con il quale nel 1954 venne avviata una campagna di vaccinazione di massa negli Stati Uniti. Nei 7 anni successivi si ebbe un abbattimento dei casi di polio che si ridussero di quasi il 90%. Nel frattempo nel 1955 un altro ricercatore, Albert Sabin, polacco naturalizzato statunitense, mise a punto un vaccino costituito da virus vivi attenuati che poteva essere somministrato per via orale. Ciò si dimostrò più efficace sia per la maggiore facilità di somministrazione, sia perchè in questo modo i soggetti vaccinati venivano ad eliminare con le feci i virus inattivati che venivano così a competere con i virus “selvaggi” creando un effetto di favorevole “impatto ambientale”. Il risultato fu un ulteriore drastico abbattimento dei casi di poliomielite.
In Italia dopo l'epidemia del 1958 che aveva registrato 8000 casi notificati, l'introduzione del vaccino Salk fra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta, nonché l'introduzione del Sabin dal 1964 portò agli stessi successi registrati negli altri paesi. Dal 1967 la vaccinazione orale con metodo Sabin fu resa obbligatoria. L'ultimo caso autoctono in Italia fu registrato nel 1982. Alcuni casi negli anni successivi furono registrati come effetto del vaccino stesso, per cui venne successivamente modificata la schedula vaccinale.Da segnalare poi un'epidemia che si verificò in Olanda nel 1992, con 72 casi e 2 decessi, in una piccola comunità che rifiutava i vaccini per motivi religiosi.
Nonostante il progresso… …dal 2013 al 2014 si è registrato un inaspettato trend in aumento dei casi di poliomielite dovuti in parte alla circolazione di virus dai paesi endemici. In particolare l'epidemia registrata in Congo è apparsa inquietante per due motivi: un tasso di mortalità inaspettatamente alto (47%) e per le mutazioni rilevate nel genoma del virus che lo ha reso resistente ai vaccini utilizzati finora. Ciò ha portato l'OMS a dichiarare l'emergenza sanitaria internazionale e a disporre drastiche misure per limitare la diffusione del virus dai paesi endemici. Una copertura vaccinale più completa sarà necessaria, ma non è escluso che debba essere messo a punto un nuovo vaccino FINE modificato.
Il 21 giugno 2002 l'Europa fu dichiarata dall'OMS ufficialmente polio-free mentre le Americhe lo erano già state nel 1994. Gli sforzi per giungere ad una completa eradicazione della malattia dal pianeta si concentrarono su certe regioni dell'Asia e dell'Africa dove la polio permaneva endemica, ma le campagne di vaccinazione trovavano a volte ostacoli in una certa diffusa opposizione che alimentava dicerie contro le vaccinazioni accusate di essere apportatrici di sterilità e impotenza e l'anno prefissato per dichiarare finalmente il mondo polio-free veniva continuamente spostato in avanti.
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PEDIATRIA
GEMELLI La nascita contemporanea di due neonati si verifica in media una volta ogni settanta parti. I gemelli possono essere MONOZIGOTI (nati da un solo ovulo) o DIZIGOTI (da gravidanza bi-ovulare).
Qualche statistica
Dott.ssa
Maria Cristina Digilio
Dipartimento di Medicina Pediatrica IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Roma
Il parto contemporaneo di più individui è del tutto normale fra i mammiferi, nei quali generalmente nel corpo della femmina avviene la maturazione ed il rilascio di più uova, che vengono fecondate da singoli spermatozoi. Invece nella specie umana di norma viene rilasciato un solo ovulo per volta, per cui la nascita di gemelli (così dal punto di vista biologico si definiscono le “persone nate contemporaneamente”) è un’evenienza piuttosto rara. Mediamente il parto bigemellare si verifica una volta ogni 70 gravidanze singole. Sono invece molto più rare le gravidanze multiple spontanee, cioè quelle con tre o più nati contemporaneamente. L’età delle madri al concepimento influenza la predisposizione a gravidanze gemellari: più si alza l’età, maggiore è la probabilità di un parto multiplo. 8
Pochi sanno che la frequenza delle gravidanze gemellari varia anche a seconda dei gruppi etnici: la popolazione nera ha le percentuali più alte, mentre la frequenza più bassa è quella nella popolazione orientale. Negli ultimi anni la frequenza delle gravidanze gemellari è aumentata in relazione al maggiore utilizzo di tecniche di fecondazione assistita e di metodiche farmacologiche che stimolano la fertilità. L'incidenza delle nascite gemellari è
influenzata anche da fattori genetici: esiste una tendenza ereditaria alle gravidanze multiple e nell'albero genealogico delle famiglie di gemelli si notano spesso altri casi di gravidanze multiple. La gravidanza gemellare può essere mono-ovulare o bi-ovulare.
Gemelli monozigoti La gravidanza multipla mono-ovulare si verifica quando un solo ovocita fecondato da uno spermatozoo, prima di raggiungere l'utero, si separa in due o più parti indipendenti fra loro, ma in grado
Dott. Mauro Passarini MEDICO CHIRURGO SPECIALIZZATO CHIRURGIA OSTETRICA
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ciascuna di formare un individuo completo. Ciò porta alla nascita di gemelli monozigoti, ovvero i cosiddetti “gemelli identici”, che sono sempre dello stesso sesso e si assomigliano talmente tanto che non è affatto facile distinguerli. Il loro patrimonio genetico è identico, tuttavia possono anche manifestare caratteristiche antropometriche discordanti (altezza e peso diversi) e differenti tappe di crescita, legate per esempio alla dentizione e all’inizio della pubertà. Inoltre, i gemelli monozigoti possono presentare diverse suscettibilità alle malattie, attribuibili alle cosiddette “differenze epigenetiche”, ovvero le differenze nel modo in cui si esprimono i loro geni. A titolo di curiosità, a volte sono segnalate delle difformità nelle impronte digitali, oppure si può manifestare una lateralità speculare, cioè un gemello può essere mancino e l’altro destrimane. O ancora, uno dei due può avere un neo a destra e l'altro può averlo esattamente nello stesso punto ma a sinistra. Ad ogni modo, lo studio di migliaia di gemelli monozigoti cresciuti in ambienti diversi ha dimostrato che i geni hanno un ruolo importante sulla personalità umana, ma molto è dovuto a ciò che si apprende dall’ambiente.
Gemelli dizigoti La gravidanza bi-ovulare porta alla
nascita di gemelli dizigoti, originati dal rilascio di due o più ovociti, ognuno fecondato da un diverso spermatozoo. PLACENTA Nella gravidanza di-zigote, ciascun embrione gode di una sacca membranosa propria e la circolazione dei liquidi placentari è separata. SACCO OVULARE
In questo caso i gemelli possono essere di sesso uguale o diverso, possono assomigliarsi parecchio ma anche essere diversi, proprio come tutti i fratelli e le sorelle.
I GEMELLI MONOZIGOTI SONO IDENTICI
Non condividono esattamente gli stessi cromosomi e geni, ma hanno differenti combinazioni dei geni dei genitori. In caso di gravidanza dizigote, in genere si hanno due amnios (la sacca membra-
nosa che circonda e protegge l'embrione) e due corion (la parte più esterna dell’embrione), e anche le circolazioni placentari sono separate. Nelle gravidanze monozigoti, invece, il numero di amnios e corion dipende dal momento in cui è avvenuta la separazione. Dicevamo che più si alza l’età della madre, maggiore è la probabilità di un parto multiplo. Ebbene, dai 15 ai 39 anni aumenta progressivamente la probabilità di avere gemelli bi-ovulari, mentre dai 40 ai 44 anni aumenta la tendenza ad avere gemelli mono-ovulari.
Possibili rischi Dal punto di vista ostetrico, le gravidanze gemellari possono essere più complicate e presentare un maggior rischio di malformazioni congenite. I meccanismi che possono condurre a difetti congeniti sono diversi. A titolo di esempi, la gemellarità stessa può portare a fenomeni di incompleta divisione dell’embrione; la presenza di interconnessioni arteriose o venose nella placenta può determinare una pressione differente tra i due gemelli; la morte in utero di un gemello può creare danni al gemello superstite; infine la compressione fetale in utero può causare deforFINE mazioni.
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CARDIOLOGIA
MORIRE IN POCHI MINUTI In passato alcuni famosi cantanti durante uno spettacolo si sono accasciati al suolo, colpiti da gravi problemi cardiaci, ma sono stati salvati. MANGO e PINO DANIELE, invece, non ce l’hanno fatta. Ecco perché.
Dott.
Vladimir Guluta
Cardiologo c/o Maria Cecilia Hospital - Cotignola E-mail: vguluta@gmail.com
Nelle ultime settimane ci hanno lasciati Mango e Pino Daniele, due dei nostri cantanti tra i più sensibili e riservati. Il primo, sessant’anni anni, stroncato da un infarto durante un concerto a Policoro, nella sua Basilicata: inutili i tentativi di rianimazione. Il cantautore napoletano (sessant’anni a marzo) invece, è stato colto da un malore nella sua residenza toscana, tra Magliano e Orbetello (Gr). La loro storia mi ha fatto ricordare altri eventi simili. NEL 2006 LITTLE TONY, a 65 anni, durante uno spettacolo in Canada si sente male. Viene ricoverato immediatamente per gravi problemi coronarici e sottoposto ad un intervento di bypass aortocoronarico. Si riprende e pochi mesi dopo ricomincia a cantare. Morirà alcuni anni dopo, per una malattia oncologica.
pochi giorni, pure lei sarà operata di bypass. Anche se non riprenderà più la vita artistica si salva ed è tuttora scattante come sempre. LA STORIA PIÙ VECCHIA nel tempo che mi viene in mente è quella del cantante italobelga Salvatore Adamo A soli 40 anni, durante un concerto a Bruxelles, viene colpi-
to da un infarto e si accascia al suolo. Viene operato in emergenza di bypass. Si riprende alla grande e continua la vita artistica e sociale. Il tutto è successo nel 1984. L’ho rivisto recentemente in tv su una rete francese e l’ho trovato veramente in grande forma. Sembra anche lui “l’eterno ragazzo” per il quale il tempo non ha voglia di passare.
Ma perché Mango e Pino Daniele sono deceduti? Perché non si è riusciti a fare anche per loro una coronarografia urgente e riportare il sangue (con l’aiuto di un
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NEL 2003, RITA PAVONE, a 58 anni, mentre registrava una puntata televisiva si accascia al suolo. Viene immediatamente soccorsa e, dopo 10
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Tossani BOLOGNA
Professione esercitata ai sensi della Legge 14 gennaio 2013 n.4
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intervento chirurgico o di un’angioplastica coronarica) nelle zone del muscolo cardiaco che soffrivano per la severa mancanza di ossigeno. Purtroppo la strada per loro è stata diversa, Mango E Pino Daniele hanno fatto “l’errore” di morire all’improvviso. A pochi minuti dalla chiusura delle coronarie, il cuore si ferma e non risponde ad alcuna delle manovre di rianimazione. Poi, pochi minuti dopo l’arresto della circolazione del sangue nelle coronarie, il cuore cessa definitivamente di battere. A quel punto non c’è più alcuna possibilità di riportare in vita la persona infartuata. Se l’intervento fosse stato eseguito entro poche ore, probabilmente l’epilogo del loro “incidente” sarebbe stato di esito diverso. La malattia che occlude le coronarie si presenta di solito con dolori al petto che allarmano il paziente e lo fanno andare dal medico. In questi casi, seguendo il giusto percorso, la diagnosi viene fatta rapidamente e la terapia arriva prima che le stenosi
coronariche possano peggiorare, creando gravi complicazioni. In alcuni casi però (e non sappiamo il perché) il primo segno della malattia può essere proprio l’arresto cardiaco e la morte improvvisa. In questi casi, nonostante i grandi passi fatti dalla cardiologia invasiva e dalla cardiochirurgia, il tragico evento ci toglie qualsiasi possibilità terapeutica. Ogni giorno che passa abbiamo dei farmaci più efficaci e tecniche invasive più sofisticate per
salvare la vita alle persone con infarto acuto o con minaccia di infarto. Se disgraziatamente dovessimo essere colpiti da questa malattia, almeno cerchiamo di dare ai cardiologi ed ai cardiochirurghi la possibilità di salvarci con i loro più moderni ritrovati della scienza. Per questa ragione, quando qualche paziente mi chiede che cosa può fare per lottare meglio contro la malattia coronarica, rispondo: “Cerchi di non morire all’improvviso”. FINE
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ORTOPEDIA
ZOE LA BIMBA CHE HA IMPARATO ,
A CAMMINARE CON UNA PROTESI
Al Rizzoli di Bologna le è stata impiantata una PROTESI D’ANCA. E’ la prima operazione al mondo di questo tipo, su un infante che ancora non cammina. ERA AFFETTA DA UNA RARA FORMA DI TUMORE ALLE OSSA. A cura di Tiziano Zaccaria E-mail: zaccariatiziano@alice.it Si chiama Zoe ed è una bimba greca di due anni e mezzo. Oggi cammina come tutti i suoi coetanei, ma ha imparato a farlo con una protesi all’anca che le è stata impiantata all’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna all’età di diciassette mesi. Stando a quanto è possibile sapere, si tratta del primo caso al mondo di un intervento di questo tipo su un paziente non ancora in grado di camminare. Una tappa significativa per la chirurgia ortopedica. «Zoe aveva una rara forma di tumore alle ossa, sviluppatasi nel femore spiega il DOTTOR MARCO MANFRINI coordinatore del Centro di Riferimento Specialistico Terapie chirurgiche innovative nei sarcomi muscolo-scheletrici dell’età evolutiva della Clinica Ortopedica III a indirizzo Oncologico - Con l’intervento dovevamo eliminare la parte di femore attaccata dal tumore e poi sostituirla, ma considerando che non esistevano precedenti di questo tipo in pazienti così piccoli, dovevamo capire come fare». È così partito un lavoro di squadra che ha visto in prima linea, insieme al dottor Manfrini, il Laboratorio di Tecnologia Medica del Rizzoli, che ha condotto lo studio di fattibilità sull’impianto ricostruttivo in collaborazione con la Banca 12
delle Cellule e del Tessuto Muscolo Scheletrico. Sulla base dell’anatomia della piccola paziente, è stato progettato un modello virtuale della sua anca, prevedendo l’inserimento di un innesto osseo proveniente da donatore e di una piccola protesi. «Grazie a questo studio preliminare abbiamo constatato subito che la protesi era troppo lunga per una bimba di diciassette mesi e che sarebbe stato necessario tagliarla: l’abbiamo fatto in sala operatoria, dove è stato modellato anche l’innesto osseo secondo il progetto di laboratorio - prosegue il dottor Manfrini - La collaborazione
tra diverse competenze ha consentito di ridurre i tempi dell’intervento chirurgico, particolarmente delicato a livello anestesiologico. L’utilizzo di un innesto osseo proveniente da donatore ci ha permesso di asportare esclusivamente la parte di femore malata, consentendo alla parte sana del femore di proseguire la sua naturale crescita, evidente nelle ultime radiografie fatte alla bambina». Oggi Zoe continua ad essere seguita dai medici di Atene, dove vive, e dagli specialisti del Rizzoli di Bologna, che nel tempo valuteranno le sue future necessità per mantenere intatta FINE la capacità di camminare.
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MEDICINA
LE CELLULE
STAMINALI del SANGUE COSA SONO E COME VENGONO UTILIZZATE nella cura delle leucemie. Verso un futuro senza chemioterapia e senza trapianti.
Dott.
Alfonso Zaccaria
Ex Direttore Dipartimento Oncologia ed Ematologia Azienda USL di Ravenna
Premessa Le cellule staminali (CS) costituiscono ormai un argomento familiare anche al grande pubblico in quanto sono spesso citate su riviste divulgative, per i numerosi campi in cui hanno già, o possono avere in futuro, importanti applicazioni cliniche. Data la vastità dell’argomento, ci limitiamo a parlare delle cellule staminali emopoietiche (CSE), vale a dire di quelle che danno origine alle cellule del sangue, che sono poi state le prime ad essere individuate, studiate e utilizzate in clinica. Innanzitutto dobbiamo definire cosa sono le CS, in generale: UNA CELLULA SI DEFINISCE STAMINALE QUANDO HA 2 PROPRIETÀ: 1) è TOTI - O PLURIPOTENTE, cioè è in grado di differenziarsi in diversi tipi di cellule mature (la CSE può dare origine a globuli rossi, a globuli bianchi nei loro vari sottotipi e alle piastrine).
In pratica tutte le cellule che vediamo descritte nel referto dell’emocromo, sono generate dalla CSE. Le CSE sono molto poche e vivono all’interno del midollo osseo, un tessuto che si trova nelle ossa della parte centrale del corpo (sterno, costole, bacino, vertebre). Ma ci si potrebbe chiedere: se queste CSE si possono differenziare nelle cellule mature del sangue, e sono molto poche, perché non si esauriscono? QUI STA LA SECONDA PROPRIETÀ DI UNA CS 2) LA CELLULA STAMINALE PUÒ AUTO-MANTENERSI. Automantenimento significa che quando una CS si divide, una delle due cellule figlie procede verso una serie di divisioni cellulari e contemporaneamente si differenzia nella varie linee cellulari del sangue, l’altra cellula rimane nel midollo come CS. Ciò consente all’organismo di mantenere la possibilità di produrre cellule del sangue per tutta la vita con un numero molto basso di cellule progenitrici. All’interno del midollo osseo, la CSE sta dentro una “nicchia” che, per una serie di fattori locali, fra cui soprattutto una bassa pressione parziale di ossigeno, è molto protetta da fattori esterni, soprattutto sostanze tossiche naturali o artificiali.
Questo è un meccanismo di difesa naturale molto efficace che le consente di superare eventi infettivi o tossici senza sostanziali conseguenze.
Ogni tessuto ha le sue staminali Tutti i tessuti hanno le loro CS dedicate, che consentono il mantenimento della struttura e della funzionalità del tessuto stesso, sostituendo le cellule morte, o riparando eventuali danni; così si comportano, ad es. le CS del fegato, della pelle, dei capelli, dell’intestino. Un “dogma” che ha imperato per decine d’anni nei sacri testi di Medicina era l’unidirezionalità della CS, vale a dire che la CS aveva davanti a sé un “senso unico”, poteva cioè solo differenziarsi e procedere verso la formazione di cellule mature. Non era ammesso che potesse “andare indietro” verso un grado di maggiore staminalità. Ora questo dogma è stato smentito da ricerche degli ultimi 10-15 anni. Le CS, e in particolare le CSE, possono “sdifferenziarsi” e assumere, in particolari condizioni, caratteristiche di staminalità più alta. Non solo, ma possono anche, sotto determinati stimoli, differenziarsi di nuovo verso linee cellulari diverse da quella originale. Ciò significa che una CSE, che normalmente può dare origine a globuli rossi, »SEGUE globuli bianchi e piastrine… 13
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» …in
determinate condizioni può essere indotta a fare cellule di fegato, o di muscolo, o di tessuto nervoso, e così via. Al momento, queste ricerche sono ancora in gran parte limitate al banco del laboratorio di ricerca, ma alcune applicazioni cliniche sono già in corso. Sembra fantascienza, ma non lo è. A questo punto il lettore potrebbe chiedere: “d’accordo, esistono CS dei vari tessuti e queste CS posso diventare ancora più alte; ma qual è allora la CS più staminale di tutte?”. Domanda molto importante, la cui risposta è stata spesso riportata anche sui mezzi di comunicazione. La CS più staminale di tutte è la cellula embrionale, teoricamente la prima, quella originata dall’unione del gamete maschile con quello femminile. Quella cellula è la più “totipotente” di tutte perché da essa discende tutto il futuro organismo. Da quella cellula nasce il miracolo di una nuova vita, organizzata in miliardi di cellule diverse, a loro volta organizzate in sistemi e tessuti, in una attività coordinata e atta a tutte le funzioni di un organismo maturo. Queste cellule embrionali, soprattutto quelle dell’embrione di alcuni giorni, dotate di una elevatissima staminalità, sono state utilizzate per la cura di certe malattie in paesi esteri. In Italia ciò non è legale.
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Ma fortunatamente esiste oggi la possibilità, come dicevo sopra, di “sdifferenziare” cellule mature e renderle staminali e adatte al bisogno, evitando così problemi etici quali l’uso di embrioni umani.
ci, recentemente integrati con farmaci specifici, “intelligenti”, quali ad es. anticorpi monoclonali, o farmaci “biologici” in grado di correggere singole alterazioni molecolari all’interno della cellula malata, quasi senza tossicità per le celIl “trapianto di midollo” lule normali. Queste terapie consentoFin qui abbiamo parlato di CSE norma- no di guarire definitivamente una perli e del loro comportamento normale. centuale variabile di pazienti, a seconda della malattia in causa. Alcune malattie, però non possono essere guarite dalla terapia “normale”; hanno bisogno di una carica di terapia più alta, talmente alta che azzererebbe il midollo e non consentirebbe il recupero di normali valori PRELIEVO DI MIDOLLO OSSEO del sangue; proprio per questo motivo si possoLe Cellule Staminali Emopoietiche non sono una scoperta recente. La loro individuazione funzionale risale a oltre 50 anni fa, quando no utilizzare, a questo si dimostrò che singole cellule di midollo osseo davano origine a proposito, cellule stacolonie comprendenti globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, nella minali preventivamente milza di alcuni topi irradiati, quindi col loro midollo “azzerato”. prelevate dal paziente Possiamo sfruttare le loro incredibili stesso, una volta che la terapia ha fatto, capacità proliferative per la cura delle almeno apparentemente scomparire la malattie? Sì, è quello che si chiama, più malattia, o da donatore, che sia un o meno propriamente “trapianto di familiare o no. midollo”. Nel primo caso si parla di “trapianto La cura di molte malattie tumorali, e mi autologo = da se stesso”, nel secondo riferisco prettamente a quelle del san- di ” trapianto allogenico = da altro gue, quindi leucemie, linfomi e mielo- individuo”. mi, si esplica tradizionalmente attraver- E’ subito chiaro che esistono differenze so l’uso di cicli di farmaci chemioterapi- fondamentali.
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Nel caso del trapianto autologo, noi preleviamo le cellule da un midollo che conteneva la malattia che noi abbiamo ridotto molto con la terapia, ma non abbiamo eliminato del tutto. Peraltro queste cellule, essendo dello stesso paziente, una volta ridate al paziente sono perfettamente tollerate. Nel caso del “trapianto allogenico”, invece, le CS provengono da un donatore sano, quindi non c’è rischio di contaminazione da cellule malate, ma sono diverse dalle cellule del paziente.
Il rischio del rigetto Anche se si fanno test di compatibilità esiste sempre una certa diversità che può comportare gravi conseguenze. Essendo il paziente privato del suo sistema immunitario prima del trapianto, le cellule del donatore, che sono anche cellule immunitarie, trovandosi in un ambiente diverso dal loro, possono attivare un “rigetto”, chiamato “malattia da trapianto verso l’ospite”. Esattamente il contrario di quanto avviene in un trapianto ad es. di rene, dove, eventualmente, il rischio è che sia l’ospite a rigettare il trapianto. Nel caso del trapianto autologo il rischio è la ricaduta della malattia, nel caso del trapianto allogenico il rischio è la malattia da trapianto verso l’ospite. Il donatore può essere un familiare compatibile (fratello o sorella) ma le probabilità sono solo di uno su quat-
tro; oppure un donatore da registro internazionale. Oggi si usano anche CS non del tutto compatibili, come quelle provenienti da cordone ombelicale, che è ricco di CS molto “alte”, oppure da genitore o fratello semicompatibile, con particolari accorgimenti.
Ma perché la terapia, pesante e complessa, distrugge tantissime cellule tumorali, ma non tutte? Che cellule sono quelle che resistono alla terapia e danno origine alla resistenza o alla ricaduta? Sono anche loro cellule staminali, questa volta non normali ma tumorali, che hanno, come le normali, eccezionali proprietà di autodifesa all’interno di nicchie molto munite. Queste cellule, delle leucemie acute, dei linfomi, del mieloma, sono oggi oggetto di studi atti ad evi-
denziare differenze rispetto alle cellule normali, e possibilmente instaurare terapie in grado di eliminarle selettivamente, senza danneggiare quelle sane.
Dalla ricerca farmaci sempre più selettivi Le terapie moderne sono sempre più orientate a colpire in modo selettivo gli specifici difetti molecolari delle cellule neoplastiche con farmaci biologici e sempre meno con la aborrita chemioterapia tradizionale. Il trapianto di midollo è una terapia che ha consentito di curare malati là dove la terapia tradizionale non era in grado di arrivare. In futuro faremo certamente sempre meno ricorso a terapie sovra massimali, a trapianti autologhi o da donatore, perché per ogni malattia avremo farmaci efficaci e sicuri. FINE
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UROLOGIA
CALCOLI
RENALI Sono dei “SASSOLINI” originati da accumuli di cristalli minerali di varia natura, che si localizzano nelle vie escretrici renali. E’ una patologia in preoccupante sviluppo.
La patologia
Dott.
Roberto Nonni
Direttore Sanitario San Pier Damiano Hospital Faenza E-mail: rnonni@alice.it
Dagli ultimi dati statistici si evince che circa cinquanta milioni di persone nel mondo soffrono di calcolosi renali: lo dice l’European Association of Urology, sottolineando che negli ultimi trent’anni il numero di individui alle prese con i calcoli delle vie urinarie è più che raddoppiato e che a tutt’oggi un europeo su dieci soffre di questa patologia. E’ aumentato sì il numero di pazienti, ma di pari passo non è cresciuta la consapevolezza delle conseguenza che tale malattia può indurre nelle persone che ne soffrono. 16
La calcolosi renale e delle vie escretrici è una malattia molto comune, ma allo stesso tempo di scarsa visibilità e non sempre considerata con sufficiente interesse se non nella fase della colica, ove si manifesta con una sintomatologia dolorosa estremamente importante, un dolore a volte violento, insopportabile con un’intensità sovrapponibile a quella dell’infarto miocardico acuto.
Poi, passata la fase acuta, il problema viene spesso sottovalutato, soprattutto se alla colica non segue l’espulsione dei calcoli, che possono restare anche a lungo indovati (depositati) nelle vie urinarie senza sintomi, ma con possibili complicanze che possono intaccare la funzionalità del rene stesso.
Maggiormente negli uomini Si tratta di un disturbo che colpisce più
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frequentemente il sesso maschile, ma cambiamenti di stile di vita, alimentazione corretta, attività fisica fatta regolarmente ed una buona idratazione fanno sì che si arrivi ad un livellamento col sesso femminile. Quindi possiamo dire che il sovrappeso o l’obesità, associati a vita sedentaria rappresentano, come per molte malattie, un importante fattore di rischio anche per la calcolosi renale.
Cos’è nello specifico un calcolo renale? I calcoli renali sono delle concrezioni (aggregamenti) di cristalli di diversa natura che singolarmente e combinati fra di loro danno origine a sassolini di dimensioni variabili che si localizzano nelle vie escretrici renali e lì possono restare per periodi anche molto lunghi.
cio, poi di acido urico, per ultimo di urato di ammonio; molto spesso il calcolo è composto un po’ da tutti questi componenti.
Terapia Come si manifesta?
Quasi sempre con la “colica renale”, un dolore urente (bruciore) che di solito parte dalla zona lombare, poi si irradia anteriormente in basso verso l’inguine e la radice della coscia. Al dolore si può associare la presenza di febbre, a volte elevata, preceduta da brividi, ma anche nausea, vomito, dolori addominali diffusi, presenza di sangue rosso vivo nelle urine, oppure urina scura come la Coca Cola. Di fronte ad una sintomatologia come questa, la diagnosi è fatta. A volte però il quadro clinico è CALCOLI RENALI molto più sfumato, atipico, e la diagnosi diventa più difficile.
Fonte: Wikipedia
A volte possono anche non dare mai segni della loro presenza ed il loro riscontro può essere occasionale, per esempio durante un’indagine ecografica eseguita per altri problemi.
Da cosa è composto? La composizione minerale più frequente è quella di calcoli di ossalato di cal-
Altre volte la diagnosi è molto più complicata e in questi casi la diagnostica si avvale di ulteriori strumenti (Uro TC, etc.).
Diagnosi L’esame di primo livello oggi è l’ecografia dell’addome: un buon buon esame fatto da un ecografista esperto può definire con precisione la presenza del calcolo, la sua sede, le dimensioni; può pure orientare sulla natura del calcolo stesso, ma soprattutto se questo determina complicanze ostruttive impedendo al rene di funzionare.
Una volta diagnosticata la presenza e la posizione del calcolo (o dei calcoli), si pone il problema terapeutico ed i casi possibili sono i seguenti. IL CALCOLO OSTRUISCE PARZIALMENTE O TOTALMENTE LA VIA ESCRETRICE DEL RENE In questo caso è necessario intervenire per rimuovere l’ostacolo che sbarra la strada al passaggio dell’urina, in quanto un’ostruzione prolungata determinerebbe nel tempo un danno, a volte irreparabile a carico del rene; nel caso specifico sarà lo specialista urologo a mettere in atto tutti i provvedimenti utili e necessari. IL CALCOLO NON OSTRUISCE IL PASSAGGIO DELL’URINA O VIENE ESPULSO il paziente dovrà comunque affrontare il problema col proprio medico di medicina generale ed eventualmente col supporto di un nefrologo, al fine di ridurre le possibile cause che potrebbero favorire la formazione di un nuovo calcolo. Nello stesso tempo si dovrà monitorare nel tempo, con un semplice esame ecografico periodico, il possibile sviluppo di FINE una nuova calcolosi.
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SANITÀ
VACCINI I FALSI MITI DA SFATARE
Alberto Mantovani Direttore Scientifico IRCCS Istituto Clinico Humanitas e docente Humanitas University
Una vita salvata nel mondo ogni dodici secondi. I vaccini rappresentano l’intervento medico a basso costo che, più di tutti, ha cambiato la vita e la salute dell’uomo. Hanno permesso di sconfiggere malattie devastanti che, nel secolo scorso, hanno causato disastrose epidemie e innumerevoli morti. Pensiamo ad esempio al vaiolo. Oggi i nostri figli neppure si vaccinano più contro questo virus, perché le precedenti generazioni l’hanno fatto fino a far scomparire questo micidiale flagello, che in epoca prevaccino mieteva nella sola Europa 700mila vite ogni anno. Secondo le stime dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), entro il 2020 i vaccini eviteranno 25 milioni di morti, ovvero 7.000 vite salvate al giorno. Questi dati impressionanti ci dicono come i vaccini rappresentino - per citare uno dei più famosi vaccinologi al mondo, Rino Rappuoli - «la migliore assicurazione sulla vita dell’umanità». 18
Sono indispensabili: senza di loro, tornerebbero a colpirci virus da tempo debellati, e non avremmo un efficace scudo contro quelli che ci colpiranno in futuro. E’ un dato di fatto che alcune malattie prosperano là dove ci sono difficoltà oggettive a eseguire le vaccinazioni. Ne è testimonianza il recente ritorno della poliomelite in Siria, Afghanistan, Pakistan e Nigeria, dove per situazioni di fragilità non è possibile raggiungere tutti i bambini con i vaccini.
Quale falso mito da sfatare? Fondamentale, dunque, contrastare le opinioni diffuse, i falsi miti che vorreb-
bero legare la pratica dei vaccini all’insorgenza di malattie gravi come ad esempio l’autismo o la sclerosi multipla. Vere e proprie leggende metropolitane che, facendo percepire i vaccini come pericolosi, causano un grave rischio per la salute globale. Quanto accaduto in Inghilterra ne è un esempio lampante. Negli ultimi anni questo Paese è stato alle prese con un’epidemia di morbillo che ha provocato molti morti fra i ragazzi dai 10 ai 16 anni non vaccinati contro la malattia. Si tratta della generazione su cui ha pesato di più l'assenteismo vaccinale indotto da uno studio del 1998 che gettava ombre sul vaccino anti-morbillo, ipotizzandone
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un collegamento con l'autismo. Una vera e propria “bufala”: lo studio è stato smentito ripetutamente - oltre che ritirato dalla rivista che lo pubblicò - e sull’integrità dell’autore, Andrew Wakefield, sono stati sollevati dubbi gravissimi che hanno portato alla sua espulsione dall’ordine dei medici inglesi.
Tuttavia il condizionamento delle persone rimane forte Eppure, nonostante la comunità scientifica internazionale e l’OMS affermino senza dubbio la non pericolosità dei vaccini, queste leggende metropolitane continuano a causare una scarsa propensione delle persone alle vaccinazioni. In Italia, ad esempio, sono ancora poche le ragazze che decidono di vaccinarsi contro il papilloma virus, responsabile del cancro della cervice uterina che ogni anno nel mondo provoca la morte di 250mila donne. Invece il nostro Paese, all’avanguardia dal punto di vista della ricerca sui vaccini, dovrebbe dare il buon esempio e promuoverne l’utilizzo fra le giovani donne, anche
facilitando la sua diffusione nei Paesi in via di sviluppo, dove il papilloma virus miete il maggior numero di vittime.
Conclusione I vaccini che oggi utilizziamo sono sicuri: gli effetti collaterali sono di solito molto lievi e temporanei, ed i benefici superano di gran lunga i possibili rischi. Non utilizzarli a dovere, quindi, è un vero e proprio delitto. La sfida che abbiamo davanti è non lasciarci diso-
rientare dalle bufale e procedere con decisione nell’utilizzo dei vaccini, in particolare nei luoghi e per gli strati sociali che più ne hanno bisogno. Pensare che non ci sia motivo di vaccinarsi contro le malattie prevenibili grazie ai vaccini, perché quasi debellate nel nostro Paese, è un grave errore. Molti agenti infettivi di malattie ormai debellate restano in circolazione in alcune parti del mondo, e la globalizzazione rende la vaccinazione uno strumento FINE più che mai importante.
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FARMACI »
IL SUPERFARMACO CHE CURA
L‘EPATITE C E’ BASATO SULLA MOLECOLA SOFOSBUVIR. Il Governo italiano ha stanziato un miliardo di euro nel biennio 2015-16, per iniziare a curare i 400mila malati.
Dott.
Andrea Baldisserri
Si stima che circa 150 milioni di persone al mondo siano infettate da questo virus.
Medico-Chirurgo specialista in otorinolaringoiatria
Un esercito di ammalati
E-mail: abaldisserri@alice.it
In Italia i malati di Epatite C in condizioni difficili sono circa 400mila, mentre nel totale le persone infette nel nostro Paese potrebbero essere anche un milione e mezzo (molti non sanno di esserlo, perché la patologia spesso non presenta sintomi). Si tratta quindi di un gravissimo problema sociale. In particolare, l’Epatite C è una delle principali cause di cancro al fegato e di trapianto di fegato, per entrambi i quali l’Italia detiene il record europeo. Il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha dichiarato che, grazie ai consistenti investimenti pubblici per l’acquisto del nuovo superfarmaco, la malattia potrebbe essere eradicata dall’Italia nel giro di cinque o sei anni. L'entusiasmo, seppur supportato da ottimi risultati, andrebbe sempre usato con cautela. Speriamo che il Ministro non sia smentita dal tempo.
Si chiama Sofosbuvir ed è la molecola alla base del nuovo superfarmaco contro l’Epatite C. Il Governo italiano, nell’ultima Legge di Stabilità del dicembre scorso, ha deciso di investire un miliardo di euro nel bienno 2015-16 per garantire l'erogazione del nuovo medicinale a carico del Servizio Sanitario Nazionale. L’obiettivo è quello di curare quantomeno il gruppo di pazienti più gravi. In futuro il prezzo del farmaco, oggi ancora molto costoso, dovebbe scendere sensibilmente, per cui la terapia potrebbe essere estesa a tutti.
L’infezione colpisce il fegato L’Epatite C è una malattia infettiva causata dall'Hepatitis C virus (HCV) che colpisce principalmente il fegato. E’ spesso asintomatica, tanto che risulta generalmente evidente dopo molti anni. In alcuni casi, la sua cronicizzazione può condurre alla cicatrizzazione del fegato e alla cirrosi epatica, che porta a sviluppare insufficienza epatica, cancro del fegato, varici esofagee e gastriche. L'HCV è trasmesso principalmente per contatto diretto con il sangue infetto. 20
Il farmaco arriva dalla California Il Sofosbuvir è stato sviluppato dalla società biofarmaceutica Gilead Sciences, con sede a Foster City in California, che lo distribuisce col nome commerciale di Sovaldi. E’ stato approvato dall'ente americano per il control-
lo sui farmaci (Fda) nel 2013 e dall'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) il 9 dicembre scorso. Per l'Epatite C presente nel nostro Paese, dovrebbe permettere una totale guarigione nel 90 per cento dei casi.
Posologia personalizzata Sofosbuvir è un farmaco orale che può essere utilizzato secondo diversi schemi di trattamento: per 12 settimane in associazione a ribavirina (RBV), con o senza interferone pegilato (peg-IFN); in associazione a ribavirina per 24 o 48 settimane (o fino al trapianto di fegato). Considerata la sua efficacia e sicurezza, il farmaco consentirà di curare la maggioranza dei pazienti con Epatite C cronica, eradicando il virus anche nelle forme avanzate che portano al trapianto, evitando la temuta reinfezione dell’innesto epatico che vanifica troppo spesso il successo del trapianto stesso. Intanto sono in via di sviluppo altri farmaci antivirali che, combinati con Sofosbuvir, permetteranno di personalizzare i regimi terapeutici ad una vasta gamma di pazienti. Finora in Italia un migliaio di pazienti molto gravi hanno potuto ricevere il trattamento con Sofosbuvir nell’ambito di un programma di uso compassionevole, che ora è stato chiuso a seguito dell’autorizzazione alla rimborsabilità. FINE
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FERMENTI LATTICI
FERMENTI LATTICI
COSA SONO E PERCHE’ SONO INDISPENSABILI Sono migliaia di miliardi
Dott.
Luciano Lozio
Docente universitario e consulente farmaceutico
I fermenti lattici sono batteri che colonizzano l’intestino, svolgendo un lavoro fondamentale di degradazione delle sostanze presenti. Innanzitutto è importante una premessa sul loro nome: vengono chiamati “fermenti lattici” perché il principale prodotto della loro degradazione è l'acido lattico, sostanza ricavata dalla fermentazione di zuccheri di varia origine. Il latte quindi non c’entra nulla. Il fatto che alcuni batteri vengano usati per trasformare gli zuccheri del latte in acido lattico, producendo lo yogurt, ha creato nel tempo questo fraintendimento.
I vari tipi di batteri che colonizzano il nostro intestino sono in un numero molto superiore a tutte le cellule del corpo umano. Se l’uomo è composto da circa 10.000 miliardi di cellule, la flora batterica intestinale è pari a 100.000 miliardi di batteri. E se prendiamo anche quelli presenti sulla pelle o sulle alte vie respiratorie, il numero aumenta di parecchio. Molti dei batteri dentro di noi producono scarti derivanti dal loro metabolismo, rifiuti che per lo più devono essere rimossi o resi innocui, perché irritanti o tossici. Soltanto la Candida albicans, per fare un esempio, produce ben 80 sostanze dannose, che vanno eliminate per non creare infiammazione locale o sistemica, se assorbite. Molte malattie hanno alla base proprio un eccesso di sostanze tossiche prodotte dai batteri.
L’utile lavoro dei probiotici Il tubo digerente è l'organo più antico del corpo umano, ha una storia evolutiva di 500 milioni d’anni, perciò da esso partono le connessioni con tutti gli altri organi. Come conseguenza, un intestino ben funzionante favorisce le funzioni degli altri organi del corpo. Dato che l’intestino non può funzionare senza flora batterica, si può capire bene quale è l'importanza di un corretto equilibrio della stessa (Eubiosi). La flora intestinale nel suo complesso viene definita microbiota, dividendosi in saprofita per circa il 70 per cento, parassita per circa il 12 per cento e probiotica per circa il 18 per cento. I batteri che devono mantenere l’ordine intestinale sono i Probiotici, che si dividono in due grandi famiglie: i Bifidobatteri e i Lattobacilli. Numericamente i Bifidobatteri sono da 8 a 10 volte più numerosi dei… »SEGUE 21
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» Lattobacilli,
rappresentano la quasi totalità dei probiotici nel lattante e svolgono funzioni essenziali nello sviluppo del neonato, mentre i lattobacilli intervengono in un secondo momento.
Bocca e ano, stessi batteri…
delle mucose e delle gengive ottimale, ovviamente associata ad una corretta igiene orale. I residui alimentari non rimossi sono alla base della moltiplicazione dei batteri, dato che il ristagno negli spazi interdentali favorisce la proliferazione dei microrganismi presenti; d'altro canto una stitichezza prolungata favorisce la proliferazione patogena, per ristagno dei nutrienti batterici nel colon.
Il tubo digerente è colonizzato da molti ceppi batterici a partire dalla bocca fino all'ano. Una curiosità è che la mucosa della bocca ha lo stesso foglietto embrionale di Nella bocca umana è possibile origine di quello del ritrovare batteri presenti anche retto; in altre parole i due nel retto; esiste una relazione tra gengive sanguinanti, parodontiti estremi sono, embriologie un’infiammazione dell’ultimo camente parlando, identitratto dell’intestino. In pratica, ci. In pratica i batteri premantenere una equilibrata flora batterica intestinale favorisce senti nel retto li ritroviauna corretta igiene orale. mo in parte anche in Oltre la valvola pilorica bocca. E molti stati l’ambiente diventa infiammatori della bocca basico con valori derivano da un’infiamph di 8-8,5 e la presenza di sali mazione dell’ultimo tratto biliari contribuidell’intestino. Gengive sce ad uccidere i che sanguinano, parabatteri “sfuggiti” allo stomaco. dontiti e paradontosi sono manifestazioni di L’intestino tenue è caratun disagio microbico terizzato da un ambiente nell'intestino. Affrontare poco favorevole alla colonizzazione dei batteri. il problema solo in bocca, All’interno dell’intestino e con interventi odontoiapiù precisamente nell’intrici o colluttori, non è testino ileale i batteri sufficiente. Mantenere presenti sono i bifidobatteri, autentici supervisori una corretta eubiosi inteal metabolismo delle proteine stinale favorisce il manteed al loro assorbimento. nimento di una salute
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Lo stomaco, ambiente inospitale
Lo stomaco è l'organo che per secondo lavora il cibo introdotto, dopo la bocca. Al suo interno l'acidità rende l'ambiente inospitale per i batteri; il filtro acido (pH2) uccide i microrganismi che dovessero essere introdotti con la saliva. Nella zona pilorica, vicino alla valvola d'uscita, è presente uno strato mucoso che protegge le cellule gastriche dai danni dell'acido presente in quella zona; sotto a Il tubo digerente umano è questo strato il pH è di colonizzato, dalla bocca fino 7,2 ed è possibile la all’ano da diversi ceppi batterici. sopravvivenza di coloAll’interno dello stomaco la colonie batteriche. nizzazione e la proliferazione batterica sono sfavorite da In effetti sono state un PH2, ossia un liveltrovate colonie di batlo di acidità sufficienteri, anche alcuni non te ad uccidere i microrganismi intrograditi come l'Hedotti con la saliva. licobacter Pylori o la Al livello della valSarcinia Ventriculi, tra vola ileo-cecale cui il più presente è il il numero di batteri è altissimo Lactobacillus Acido(punte di 10.000 philus. I colonizzatori miliardi) e ne è dello stomaco sono favorita la proliferazione dal transito lento delle pochi, anche perchè feci, in questa fase semi-solide. l'ambiente è estremo e Livello di acidità a lo spazio colonizzabile rischio (7,5-7,8 pH). è poco. Volendo fare 4 5 6 7 8 9 10 11 un paragone, è la colonizzazione del deserto del Sahara, in cui la densità della popolazione non è certamenLivello di acidità OKEY (4,6-4,8 pH). te elevata.
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Passata la valvola pilorica l'ambiente cambia improvvisamente, da pH2 a pH 8-8,5 con presenza di sali biliari che sono destrutturanti (scompongono) per i batteri che non sanno resistere a queste situazioni estreme. L’ambiente duodenale uccide i batteri che eventualmente sono riusciti a sopravvivere all'ambiente fortemente acido dello stomaco. Prima di seguire i batteri buoni e cattivi nel loro percorso intestinale, è importante notare che attualmente si interferisce molto con farmaci sull'acidità dello stomaco, modificando l'ecosistema gastrico, favorendo così il passaggio di batteri patogeni nel duodeno e da li in altri distretti. Sia nello stomaco che nel duodeno i probiotici presenti sono soprattutto appartenenti alla famiglia dei lactobacilli.
Intestino ileale, un covo ideale di batteri Scendendo lungo il tubo digerente, nell’INTESTINO TENUE sono presenti batteri in colonie poco numerose, più o meno come nello stomaco, ma cominciano a aumentare nell'ileo. In questa zona le frazioni proteiche vengono ridotte in aminoacidi, poi assorbiti attraverso le giunzioni serrate poste tra una cellula e l'altra. Questi aminoacidi sono il cibo preferenziale dei batteri patogeni e sono essenziali per l'uomo, dato che non ne abbiamo scorte.
Nell’INTESTINO ILEALE i batteri presenti sono i BIFIDOBATTERI che sovraintendono al metabolismo delle proteine e al loro processo di assorbimento, senza che i batteri patogeni se ne possano servire. Questa funzione ha una importanza vitale; se dovessero avvenire metabolismi patogeni con formazione di ammoniaca e perdita di aminoacidi essenziali, potremmo compromettere il nostro stato di salute in modo serio. A livello della VALVOLA ILEO-CECALE, che si trova vicino all'appendice, la concentrazione di batteri si alza fino a raggiungere picchi di 10.000 miliardi nella sola flessura splenica (curva del colon sotto alla milza). In questa zona le feci sono concentrate, semi-solide e la velocità di transito è molto rallentata, per cui si hanno le condizioni migliori per la proliferazione batterica. Se non ci fosse un contrasto probiotico efficace, la proliferazione patogena (moltiplicarsi dei batteri dannosi) sarebbe elevata, con conseguenti infiammazioni.
Il giusto PH contro le colonie di batteri Quali mezzi utilizza la flora probiotica per contrastare la proliferazione patogena? I probiotici usano "veleni" usati anche dal sistema immunitario
e cioè l'ossido d'azoto, l'acqua ossigenata, perforine proteiche, acido ipocloroso, ma il più importante è l'acido lattico. I batteri patogeni amano vivere, moltiplicarsi e lavorare un ambiente poco acido (pH 6,5) fino ad uno leggermente basico (pH 7,5-7,8), per cui la produzione di acido lattico crea un ambiente sfavorevole alle loro attività. Avere un colon con una acidità intorno a pH 4.6-4,8 mantiene le colonie patogene sotto controllo numerico, impedendone un’eccessiva proliferazione.
Le feci, cartina tornasole, ovvero “l’ultimo test” Ma come si fa a sapere di essere in “ordine”, visto che le variabili sono molte, come i tipi di batteri, il cibo, il clima e lo stile di vita. L'osservazione delle feci è essenziale, come anche il controllo della mucosa orale. Le feci devono affiorare e non galleggiare (problemi epatici), avere un colore marrone testa di moro, quindi non molto scure, ma non devono essere neppure chiare. Feci chiare sono un indice di candidosi intestinale, sempre che non ci si trovi di fronte a problemi epatici gravi. La consistenza deve essere semi-solida, non poltacea e non eccessivamente dura (riassorbimento acquoso FINE eccessivo).
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ALIMENTAZIONE
PROPRIETÀ NUTRIZIONALI DEL
LATTE D’ASINA È un PRODOTTO ANTICO, che si presta allo sviluppo di importanti progetti di innovazione in campo medico e alimentare.
A cura di Angela Nanni E-mail: i.nanni@libero.it Quando si parla di latte d’asina viene subito in mente Poppea e i suoi bagni di bellezza proprio nel latte d’asina: questo preziosissimo alimento trova oggi un largo impiego nell’industria cosmetica e interessanti prospettive di utilizzo nell’alimentazione pediatrica e non solo. Il suo sapore è gradevole e decisamente migliore di quello ottenuto attraverso il processo industriale di idrolisi delle proteine. Questo alimento contiene discrete quantità di acidi grassi a catena media che influenzano i fenomeni di vasodilatazione: questi acidi grassi a catena corta contribuiscono ad aumentare l’efficienza delle difese immunitarie.
Ottimo per i neonati Il latte d’asina ha una composizione molto simile a quella del latte materno per questo quando il latte artificiale non era così prontamente e facilmente disponibile come oggi e in assenza del latte materno, i neonati venivano cresciuti con latte d’asina: gli studi condotti nell’ultimo decennio hanno evidenziato la bontà e la tollerabilità di questo alimento per il trattamento dei bambini allergici al latte vaccino; l’allergia alle proteine del latte vaccino è la forma più comune di allergia in età pediatrica. Quando nel bambino si passa al latte vaccino, a volte subito dopo, a volte anche dopo un mese dall’introduzione, possono mani24
festarsi rigurgito, vomito, diarrea, stitichezza, rallentamento nella crescita, asma e persino shock: in caso di allergia alle proteine del latte vaccino l’unica terapia possibile è l’eliminazione completa di questo tipo di latte e il ricorso a formule che non contengono proteine come quelle del latte di mucca. Gli studi fin’ora disponibili hanno dimostrato che la somministrazione di latte d’asina al posto di quello vaccino persino in bambini che hanno avuto uno shock anafilattico per il latte bovino non ha determinato la comparsa di alcuna reazione allergica di sorta. Come spiega il dottor Amedeo Conti associato dell’Ispa-Cnr di Torino (Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari, una realtà di eccellenza, riconosciuta a livello internazionale, che opera nel settore della ricerca, dell’innovazione e trasferimento tecnologico per il miglioramento della qualità e della sicurezza dei prodotti agroalimentari) - Dopo molti anni di ricerche sull’identificazione e caratterizzazione dei principali allergeni alimentari dell’età adulta, grazie a una collaborazione con i pediatri e neonatologi rispettivamente dell’ospedale Regina Margherita e del S. Anna di Torino, ci siamo dedicati alla ricerca di un alimento naturale - non formulato - che potesse sostituire il latte vaccino nell’alimentazione dei bambini allergici a questo alimento. In seguito alle esperienze positive sull’utilizzo del
latte d’asina riportate dai genitori di alcuni bambini allergici alle proteine del latte vaccino (PLV), e confortati da una seppur scarsa letteratura scientifica, abbiamo incominciato uno studio sistematico dei principali costituenti nutrizionale del latte d’asina - principalmente proteine e acidi grassi. Contemporaneamente, i colleghi clinici hanno inserito il latte d’asina nei protocolli delle prove allergologiche nei casi di sospetta allergia al latte vaccino registrando una casistica dettagliata. Tutti questi studi, pubblicati su riviste di Biochimica e Cliniche (come ad esempio Frontiers in Bioscience e Pediatric Allergy Immunology), hanno permesso di identificare la caseina bovina come maggiore responsabile della allergia alle PLV, e spiegare la tolleranza verso il latte d’asina in quanto la componente caseinica di questo latte è molto simile, da un punto di vista qualitativo e quantitativo, a quella del latte umano.
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In Italia Il latte d’asina, dunque ha proprietà davvero interessanti ed è un prodotto che si presta a molti impieghi: basti pensare che la Regione Toscana ha emanato un bando rivolto agli enti del Servizio sanitario regionale, alle Università, agli enti di ricerca che operano nel territorio regionale per finanziare progetti di ricerca capaci di valorizzare i componenti nutraceutici (ovvero componenti propri degli alimenti benefici per la salute) derivanti da materie prima agroalimentari e i progetti vincitori potranno presentare il risultato del loro lavoro all’Expò 2015. Fra gli 80 progetti presentati a ottenere la vittoria e quindi il finanziamento anche uno riguardante il latte d’asina. Come spiega ancora il dottor Conti “Il latte d’asina in effetti ben si presta a interessanti progettualità: presso il nostro istituto, per esempio, stiamo continuando gli studi sulle caratteristiche del latte d’asina e sulle proprietà dei suoi vari costituenti anche grazie ai contributi della Regione Piemonte attraverso i Poli di Innovazione regionali. All’interno del Polo Agroalimentare in particolare sono stati approvati e finanziati uno studio di fattibilità - Donkey Milk - e un progetto di ricerca industriale - Fortilat volti alla produzione di un nuovo fortificatore del latte materno per una migliore alimentazione dei neonati prematuri e di basso peso (inferiore a 1500g).
Grazie inoltre ad un contributo della Compagnia di San Paolo, è in corso presso l’Unità di Terapia Intensiva Neonatale dell’ospedale S. Anna di Torino un trial clinico per valutare l’ef-
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RAVENNA & Provincia » FORLÌ » CESENA LUGO&BAGNACAVALLO » IMOLA ficacia di questo fortificatore derivato dal latte d’asina. Un altro progetto - denominato Iaro nell’ambito del Polo Biomedicale, ha permesso di scoprire che una proteina del latte d’asina, la Lattoaderina, contiene un peptide con una spiccata proprietà anti Rotavirus (provoca gastrointerite pediatrica) che potrebbe essere utilizzata per ridurre l’incidenza e la gravità di questa infezione virale nei bambini non allattati al seno.
Benefici ed utilizzi Il latte d’asina, quindi, per la sua particolare composizione, la ricchezza in lisozima, una sostanza battericida non presente nel latte formulato, un contenuto proteico totale e un rapporto calcio\fosforo simile a quello materno ben si presta a sostituire il latte materno quando è assente. Questo tipo di latte vanta un basso contenuto di acidi grassi saturi e un elevato contenuto di acidi grassi insaturi per questo potrebbe essere utilizzato positivamente in una dieta a basso contenuto calorico o volta a regolarizzare livelli elevati di colesterolemia. Per il basso contenuto di
caseina non si presta bene alla lavorazione di latticini e formaggio, ma si può usare in cucina per la preparazione di yogurt, budini, fette biscottate e panettoni. Il latte d’asina, infine, trova impiego nella cosmesi, per la realizzazione di creme da giorno e da notte e come crema corpo per i massaggi; si può utilizzare anche nella formulazione di alcuni shampoo perchè rende i capelli più voluminosi, luminosi e robusti; si può anche usare come base per conferire alla pelle maggiore FINE lucentezza e morbidezza. RIPORTIAMO DI SEGUITO COME ACQUISTARE IL LATTE D’ASINA: SUL WEB OD IN ALCUNI PUNTI VENDITA IN ROMAGNA (ndr) ON-LINE: www.agrimar.it DIRETTAMENTE PRESSO: ERBORISTERIA ACQUA DI LUNA Via Torricelli 7/a - FAENZA (Ra) NATURA ARTIS MAGISTRA Via Santo Stefano 29/ - BOLOGNA ERBORISTERIA PELLICONI Via Punta 33 - IMOLA (bo) ERBORISTERIA DEL BORGO Via amendola 129 c/o Centro. Comm. Ipercoop Leonardo - IMOLA (BO) ERBORISTERIA SOLE LUNA Viale matteotti, 195 - CESENA (FC)
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SESSUALITÀ
I DISTURBI DEL DESIDERIO
SESSUALE
FEMMINILE Differenze tra uomo e donna
Edda Plazzi Pisicologa e Psicoterapeuta di coppia per problemi sessuali e relazionali Cell. 333.6921234 - E-mail: eddaplazzi@hotmail.com
Il desiderio, l’eccitazione, l’orgasmo e la risoluzione rappresentano le quattro fasi che caratterizzano il comportamento sessuale e una disfunzione in tale ambito compare quando un individuo vive con difficoltà e sofferenza uno di questi momenti. Un mancanza di desiderio, un’eccitazione che non c’è, un orgasmo che tarda ad arrivare sono tutte situazioni che, se si verificano ripetutamente, possono creare ansia, tristezza, senso di colpa o rabbia, emozioni che dipendono strettamente dalla storia personale e dall’eziologia (insieme di fattori che scatenano una malattia) del disturbo. Le disfunzioni sessuali possono essere di diversa natura: organica; farmacologica; conseguenza di una patologia o di un intervento chirurgico; psicologica e, in molti casi, dipendere da più di uno di questi fattori. Questi disturbi possono avere un carattere primario (appaiono in concomitanza con i primi rapporti sessuali); oppure secondario (giungono successivamente). Possono essere generalizzati, presentarsi ogni volta che si ha un rapporto sessuale; oppure situazionali, quando la difficoltà si manifesta solo con un partner. 26
I disturbi della sessualità sono in stretta relazione con il contesto socio- culturale nel quale l’individuo è inserito e riguardano sia gli uomini che le donne, anche se con differenti manifestazioni a seconda del genere. Le donne sono colpite in particolar modo da disfunzioni che riguardano l’eccitazione e il raggiungimento dell’orgasmo, mentre i disturbi che colpiscono gli uomini sono soprattutto l’eiaculazione precoce e la disfunzione erettile. In questa presentazione ci soffermeremo sulle disfunzioni che riguardano la sessualità femminile, in passato raccolte tutte in un’unica definizione, quella di frigidità, ma che invece con il passare del tempo sono state classificate in modo più preciso e studiate con attenzione.
IL DISTURBO DA DESIDERIO SESSUALE IPOATTIVO Poche fantasie sessuali, scarso interesse per i rapporti intimi, un atteggiamento non proprio “attivo” sono le caratteristiche della donna che presenta un disturbo da desiderio sessuale ipoattivo. Anche se raramente prende l’iniziativa e risponde lentamente alle proposte sessuali del partner, riesce comunque ad avere un rapporto soddisfacente se adeguatamente stimolata. Questo disturbo può avere cause multifattoriali. Può essere conseguenza della depressione e in particolar modo dell’utilizzo dei farmaci antidepressivi; può dipendere da disfunzioni endocrine, può essere legato alla presenza di malattie degenerative e all’uso di antiinfiammatori, di ipertensivi, oppure all’ abuso di alcol e di droghe.
Nella donna… …il desiderio sessuale non è costante, perché influenzato dalle variazioni ormonali. La libido si presenta con maggiore intensità nel periodo dell’ovulazione, mentre tende a diminuire subito dopo. Inoltre subisce dei cambiamenti anche durante la gravidanza e in menopausa. I disturbi legati alla prima fase della risposta dell’attività sessuale, cioè a quella del desiderio, si possono differenziare in tre tipologie.
Per alcune donne la mancanza di libido è un aspetto fisiologico e naturale: non sono attratte dal sesso e non vivono la sua assenza come una mancanza. Quando invece il disturbo del desiderio ipoattivo è legato essenzialmente a cause psicologiche può essere il risultato di un’educazione estremamente rigida e sessuofobica, o conseguenza di eventi particolarmente stressanti.
SALUTE_10piu_n.1.15_CASA NOTIZIE cesena n1.2007 12/01/15 15:40 Pagina 27
Questo disturbo non colpisce un target specifico, ma può presentarsi a ogni età e colpire sia le giovani donne che quelle più mature. Per quanto riguarda i trattamenti non ne esiste uno di elezione, nessun farmaco è stato prodotto per agire specificatamente su un disturbo del desiderio ipoattivo che non sia conseguenza di un uso di farmaci o di una determinata condizione fisica. Per quanto riguarda l’aspetto psicologico, un trattamento tra i più utilizzati è l’approccio della terapia integrata che si avvale di varie tecniche psicoterapeutiche e farmacologiche (là dove ce ne fosse il bisogno) centrate sulla coppia disfunzionale e non solo sull’individuo. Inoltre è consigliata la ripresa dell’attività sessuale (in maniera graduale) così da sfruttare la spinta ormonale prodotta dall’attività stessa. E’ noto infatti che il testosterone, responsabile della libido, è prodotto principalmente durante i rapporti sessuali. Spesso il terapeuta chiede ai due partner di svolgere delle vere e proprie mansioni, come massaggi e manipolazioni sul corpo dell’altro, così da far rinascere il desiderio senza però coinvolgere gli organi genitali. L’obiettivo è quello di raggiungere, rispettando i tempi dell’uomo e della donna, un rapporto completo e soddisfacente. DISTURBO DA AVVERSIONE SESSUALE A differenza del disturbo da desiderio ipoattivo nel quale la donna non rifiuta i rapporti sessuali sebbene non sia lei a prendere l’iniziativa, nel disturbo da avversione sessuale, i rapporti di natura fisica sono completamente evitati perché causa di forti sensazioni negative e di sofferenza. Le donne affette da questo disturbo non ottengono nessuna forma di piacere dai rapporti sessuali. Spesso rispondono in maniera fobica, con panico e repulsione anche solo al pensiero. Il rifiuto può essere rivolto solo ai genitali, oppure alla penetrazione o a determinate pratiche sessuali. Tendenzialmente le cause sono di natura psicologica, ad esempio dovute a esperienze traumatiche come abuso sessuale
e/o fisico; a un’educazione familiare molto rigida e sessuofobica; a problemi relativi al proprio corpo e all’immagine corporea. Il trattamento, come nel disturbo sessuale ipoattivo, previlegia il ricorso alla terapia integrata. Si inizia con l’accrescere la conoscenza della paziente nei confronti del proprio corpo attraverso informazioni riguardanti l’anatomia e la fisiologia sessuale. Si passa poi a un’esposizione graduale mediante immagini, racconti e situazioni che mira a preparare il soggetto ad affrontare situazioni erotiche e/o sessuali ansiogene sempre più intense fino ad imparare a gestirle e a viverle. La psicoterapia individuale invece interviene in particolare su eventuali traumi vissuti dal soggetto.
DISTURBO DA DESIDERIO SESSUALE IPERATTIVO Questo disturbo è caratterizzato da un aumento del desiderio che induce il soggetto a un comportamento morboso nei confronti del sesso. La ninfomania, come viene chiamato il disturbo da desiderio sessuale iperattivo femminile, è un fenomeno poco riscontrato e per questo meno conosciuto rispetto agli altri disturbi sessuali. La donna che ne è affetta è alla ricerca costante di partner sessuali e… …mette in atto modalità seduttive e provocatorie. La sua vita, sia familiare che professionale, è compromessa da questa ricerca continua di soddisfazione sessuale che potrebbe rappresentare un modo per alleviare un malessere psicologico. Tra le terapie di elezione vi è l’utilizzo di antiandrogeni e di antidepressiviI, nonché di una psicoterapia che vada ad indagare il vissuto della persona per risolvere o riportare alla luci quel trauma che può essere alla base di una patologia del FINE genere. 27
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SOCIETÀ
DONAZIONE
DEGLI ORGANI: UNA SCELTA IN COMUNE Bologna è la prima grande città del nord Italia che offre la possibilità, per il cittadino, di DICHIARARE LA PROPRIA VOLONTÀ riguardo alla donazione degli organi, al momento del rilascio o del rinnovo della carta d’identità.
Stefano Cresci Presidente AIDO Regionale Emilia-Romagna
Nel dicembre scorso a Bologna è partito il progetto “Una scelta in Comune”. Stiamo parlando della possibilità, per il cittadino, di dichiarare la propria volontà riguardo alla donazione degli organi, al momento del rilascio o del rinnovo della carta d’identità. Una modalità relativamente nuova, in quanto presente al momento in soli 30 comuni italiani, di 11 regioni – con Umbria e Marche sugli scudi – che tuttavia sta salendo agli onori della cronaca, per la sua accessibilità e per il gradimento che riscuote tra i cittadini.
La legge di riferimento Tutto cominciò quasi 5 anni fa, con la Legge 26/02/2010 n. 25 che introdusse un po’ in sordina la possibilità della registrazione della volontà sulla carta d’identità. Ne derivavano però varie criticità: oneri per modificare il supporto cartaceo oltre che il software applicativo, una nuova emissione del documento a chi successivamente intendes28
se modificare la propria volontà, nonché le più che prevedibili obiezioni in tema di difesa della privacy; di conseguenza, per qualche tempo non se ne fece nulla. Fu la Regione Umbria a tradurre in realtà l’idea, un paio d’anni dopo, con il progetto sperimentale “La donazione degli organi come tratto identitario” che coinvolgeva i due comuni capoluogo, Perugia e Terni; la cittadinanza lo conobbe come “Una scelta in Comune” e questo nome è ora generalmente adottato, proprio perché richiama nettamente non solo l’istituzione interessata ma anche il concetto di comunità. Il successo fu superiore alle aspettative, ma il vero salto di qualità si è ottenuto con l’approvazione del Decreto-Legge 21/06/2013 n. 69, che ha definito il percorso come oggi lo conosciamo, consentendo ai Comuni di divenire “protagonisti” all’interno della rete trapianti. Per rendere efficace questa norma occorre ovviamente la collaborazione di diversi soggetti: quella tecnica del Centro Nazionale Trapianti (CNT) – organo del Ministero della Salute, che fra i suoi compiti ha la gestione del Sistema Informativo Trapianti (SIT) – per l’adeguamento del software e la connessione informatica, nonché per la formazione del personale addetto; quella amministrativa dell’ANCI
(Associazione Nazionale Comuni Italiani), che fornisce il supporto normativo e attuativo. Ma ciò che conta veramente è la volontà delle varie Amministrazioni comunali… Sono decine di migliaia ormai gli italiani che hanno colto questa opportunità, per lo più esprimendo la volontà positiva (la media nazionale è superiore al 90% per le dichiarazioni espresse nei Comuni). In EmiliaRomagna il primo Comune ad adottare il progetto è stato Cesena; il 15 dicembre 2014 ha iniziato Bologna, la prima città metropolitana del Nord Italia, mentre Modena partirà nel gennaio 2015.
Altri modi per manifestare la propria volontà Ma quali sono le altre possibilità di manifestare la volontà sulla donazione degli organi? A - SOTTOSCRIVERE l’apposito modulo presso gli Uffici URP della ASL di appartenenza: la dichiarazione, positiva o negativa, viene inserita nel SIT (Sistema Informativo Trapianti); B - SOTTOSCRIVERE l’atto olografo di AIDO (Associazione Italiana per la Donazione di Organi tessuti e cellule): la volontà – solo positiva, ovviamente – viene registrata nel
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SIA (Sistema Informativo AIDO) e da lì passa automaticamente nel SIT; C - COMPILARE E FIRMARE il “tesserino blu” del Ministero della Salute (diffuso alcuni anni fa, ora non facilmente reperibile), ovvero trascrivere le voci che lo compongono – nome cognome, data di nascita, dichiarazione di volontà positiva o negativa, data e firma – su un semplice foglio, entrambi da conservare tra i documenti personali. Sembra già un buon ventaglio di possibilità, che però non sono del tutto equivalenti. In particolare solo le modalità di espressione pubblica mettono in sicurezza la volontà del cittadino, perché portano alla sua registrazione in una banca dati dedicata, consultabile dalle strutture sanitarie deputate al prelievo degli organi dopo la morte: condizione indispensabile perché tale volontà venga prontamente conosciuta e quindi rispettata. Invece, le dichiarazioni conservate soltanto fra gli effetti personali, pur assolutamente valide, resterebbero solo su quella carta, se
non arrivassero – eventualmente tramite i familiari – agli operatori sanitari al momento opportuno.
Una rivoluzione culturale Tuttavia, la modalità che passa attraverso l’Anagrafe comunale rappresenta un salto di qualità; non solo la volontà – positiva o negativa – viene registrata nel Sistema Informativo Trapianti gestito dal Centro Nazionale Trapianti, ma soprattutto la possibilità di decidere sul destino dei propri organi diventa accessibile al cittadino in una forma nuova: la dichiarazione può avvenire in luogo facilmente raggiungibile e in un momento nient’affatto banale. È una piccola rivoluzione culturale: la dichiarazione di volontà sulla donazione degli organi entra nella quotidianità, diventa una componente stessa della nostra identità. Ed è una conquista di civiltà, perché la prima istituzione pubblica a contatto con il cittadino si fa carico di rammentargli un diritto-dovere di cittadinanza attiva, mettendolo in condizione di tradurlo in
atto immediatamente. In un momento di grande distacco dei cittadini dalla partecipazione alla vita pubblica, questa opportunità apre significative occasioni per favorire un’inversione di tendenza.
La donazione degli organi non è solo la risposta solidale a un importante problema di salute di altre persone, ma anche la precisa scelta consapevole di partecipazione alla costruzione di un diritto fondamentale. I cittadini hanno bisogno di concreti spazi pubblici di facile accessibilità per esprimere scelte rilevanti: “Una scelta in Comune” rappresenta un passo importante per la crescita civile di questo Paese. FINE Per ulteriori informazioni e approfondimenti: www.aido.it
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Un cattivo allineamento dentale comporta un’estetica insoddisfacente e l’impossibilità di mantenere una corretta igiene orale. Un errato posizionamento della mandibola inoltre reca, disturbi articolari e muscolari come cervicalgie, mal di testa, rumori nella zona auricolare.
Per sorridere alla vita.
Nel bambino la terapia corregge i difetti precocemente e consente una crescita armonica dell’apparato masticatorio. Nell’adolescente si ottengono i corretti rapporti occlusali in dentatura permanente. Nell’adulto si può intervenire per riposizionare elementi dentali per ragioni protesiche, per malocclusioni che possono provocare disturbi all’articolazione temporo-mandibolare, o per il miglioramento del sorriso.
©2014
L’ortognatodonzia si occupa non solo del puro allineamento dei denti, ma anche del riposizionamento della mandibola in un corretto rapporto con l’articolazione temporo-mandibolare. La terapia ortodontica, utilizzando dispositivi funzionali o meccanici (detti “apparecchi”), mira a stabilire normali relazioni anatomiche e funzionali dei denti e delle loro basi ossee.
Dentalica Dentalica - Viale Viale Randi, 2/a - 48121 Ra Ravenna venna - ttel. el. 0544 40 46 89
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I NOSTRI AMICI ANIMALI
LO SVEZZAMENTO
DEL GATTO
E’ IL MOMENTO PIÙ DELICATO DEL MICIO. Inizia intorno alle quattro settimane di vita e dura in genere tra le otto e le dodici settimane. Ecco come si può sostenere in caso di problemi.
Casi a parte
Dott.ssa
Federica Piras
Medico Veterinario E-mail: st.fe@libero.it
Lo svezzamento è una parte importante e delicata dello sviluppo dei gatti, per definizione è il graduale passaggio dalla dieta lattea a quella composta dai cibi solidi. Normalmente lo svezzamento inizia intorno alle quattro settimane di vita e dura in genere tra le otto e le dodici settimane, dopo le quali i gatti possono essere completamente indipendenti dal latte materno. E' consigliabile però non separarli mai prima delle dodici settimane di vita dalla madre e dai fratelli, perchè ne va del loro sviluppo fisico ed emotivo; l'allattamento e la convivenza serve a consolidare il rapporto tra i gatti, determinandone socievolezza e carattere.
Deve essere un processo graduale, senza forzature, in modo da permettere a mamma gatta di allontanarsi dai suoi piccoli ogni giorno di più, scongiurando il rischio di ansia da separazione. 30
Diverso è il processo per i cuccioli orfani, o per cucciolate numerose di una mamma con scarsa produzione lattea o scarso istinto materno. I piccoli sono da seguire con attenzione sostituendo la figura della mamma e utilizzando il latte artificiale specifico, si tratta di latte in polvere da ricostituire con acqua calda, che si somministra con apposite tettarelle o siringhe graduate da 2,5, 5 o 10 ml. In tal caso lo svezzamento è precoce a circa ventun giorni di vita. La tempistica può variare anche nei casi di cucciolate numerose (da 6 cuccioli in su), nelle quali il latte materno verso le 3 settimane di età comincia ad essere carente. In questo caso i cuccioli sono stimolati a guardarsi intorno e ad assaggiare i cibi solidi che mangia la madre. Nel caso di un solo cucciolo o al massimo due, il latte prodotto è sempre sovrabbondante ed i gattini assaggiano il cibo della madre più spinti dalla curiosità che dalla fame. Così, quanto citato nelle righe precedenti avviene più avanti nel tempo. Dunque i gattini si autosvezzano verso i 25 giorni se appartengono a cucciolate numerose, e verso i 40 giorni se sono "figli unici".
L’intervento dell’uomo Qualora si renda necessario il nostro intervento per l'allattamento, bisogna
optare per un latte in polvere specifico, facilmente reperibile in commercio.
Evitare invece il latte vaccino (di mucca, capra o altro), che è molto differente dal latte di gatta e provoca disturbi gastroenterici. Fondamentale è l’intervallo e il numero di pasti, in base all’età del gattino: ogni 3 ore nei primi quindici giorni di vita, poi ad intervalli sempre più ampi fino ad ogni sei ore nella quarta settimana. Il quantitativo di latte da somministrare quotidianamente al cucciolo deve corrispondere al 25-30% del suo peso corporeo, diviso per i vari pasti della giornata. Un cucciolo ben alimentato deve aumentare ogni giorno un minimo di 5 grammi.
Dal latte, al cibo solido Normalmente, a circa quattro settimane di età dei gattini, mettiamo a loro disposizione del cibo solido, o ancor meglio semisolido, per iniziare. In commercio ne esistono di specifici, kitten, di consistenza pastosa, che possiamo rendere semiliquidi aggiungendo un pò di latte artificiale o acqua tiepida, per facilitarne l'assunzione.
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E' importante utilizzare un alimento specifico per gattini, in quanto ha i livelli di calorie, proteine e calcio di cui necessitano; una dieta casalinga non è mai bilanciata ed integrata come quelle commerciali.
Ognuno dovrà avere la sua ciotola e poter dedicare quanto tempo preferisce per imparare a mangiare. Spesso ci camminano anche dentro facendo le prove, ma tutti devono essere vicini, in quanto l'alimentazione è un momento di socialità. Se non si mostrano interessati, riportiamoli da mamma gatta, non forziamoli inserendo il cibo in bocca e non immergiamo mai il musetto nella ciotola. I gattini devono conservare un ricordo positivo dei loro primi pasti, per avere un rapporto naturale con il cibo, senza traumi.
mo noi ad alimentarli e dare solo cibo solido umido e/o secco. In seguito si può alternare cibo umido e cibo secco, aumentando la dose fino a circa 6-8 mesi senza mai dimenticare di lasciare sempre a disposizione una ciotola di acqua fresca.
Quali alimenti scegliere Alcune istruzioni precise Per essere facilmente accessibile, la ciotola deve essere larga e con i bordi molto bassi. Lasciamo il cibo a disposizione dei gattini per circa 30 minuti, due-tre volte al giorno.
I cuccioli in crescita e attivi hanno bisogno di un alimento con un elevato contenuto di proteine e grassi, come pure calcio, fosforo e vitamina D3. Tra la quinta e la sesta settimana inizieremo ad introdurre gradatamente il cibo secco, sempre specifico kitten. In commercio si trovano croccantini dedicati a questa fase con pezzatura molto piccola, per favorirne l'assunzione. Gradualmente diminuiamo la percentuale di latte e aumentiamo le porzioni di cibo solido; dalla sesta ottava settimana si può sospendere completamente la somministrazione di latte, qualora fossi-
Intepretare bene le istruzioni delle confezioni Tutti i cibi commerciali hanno una tabella con le indicazioni delle dosi corrette in base alle settimane di vita ed il peso del gattino. È importante però tenere sempre sotto controllo le condizioni fisiche del gattino, per adeguare le porzioni alle sue necessità, aumentando le dosi regolarmente in base all'accrescimento. Gli stessi croccantini kitten vanno bene anche per la mamma nell'ultima settimana di gestazione. Fino agli ottantasei giorni di vita, come idealmente dovrebbe essere, la mamma si allontanerà sempre di più dai propri piccoli, ma resterà a disposizione accudendoli e fornendo in piccolissima parte ancora del latte. FINE
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Prof. Dott. Raul Zini Maria Cecilia Hospital Cotignola
SALUTE_10piu_cover_n.1.2015_CASA NOTIZIE cesena n1.2007 12/01/15 15:23 Pagina 3
ROMAGNA TRADIZIONE E CAPPELLETTI
Chiuso il giovedì
CUCINA ROMAGNOLA E CAMERE Un proverbio romagnolo ricorda che “a Rimini si naviga, a Cesena si canta, a Forlì si balla e a Ravenna si mangia”. La Locanda del Gufo conferma questo spicchio di saggezza popolare perchè i piatti che vengono serviti esprimono il meglio della tradizione gastronomica ravennate e romagnola. Ci sono vizi che confinano con le virtù e il mangiare bene è proprio il vizio e la virtù della Locanda del Gufo. Per Franco, il titolare, la moglie Marina e lo chef Marco “la politica del buon cibo” è una vera missione. La cucina romagnola della Locanda è ricca di piatti e ricette nate da antiche tradizioni, le stesse che furono censite da Antonio Sassi nel 1913 che indicò quelle che erano le vecchie costumanze del popolo: i cappelletti, i passatelli, le pappardelle asciutte condite in perfetta regola, il pollo arrosto e la piadina. Un’identità culinaria caratterizzata da piatti caratteristici e da un complesso di sapori popolari. Tutta la pasta della Locanda del Gufo è poi fatta in casa, nel rispetto di una tradizione e di una cultura raffinata e secolare.
BUON CIBO, BUON VINO E TANTA SIMPATIA. QUESTA È LA LOCANDA DEL GUFO. Ravenna - Via Ravegnana, 357 - Tel.
0544.401689 - Cell. 338.3329291 - bar.rita@virgilio.it
SALUTE_10piu_cover_n.1.2015_CASA NOTIZIE cesena n1.2007 12/01/15 15:23 Pagina 4
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