Alessandra Calzecchi Onesti
I RICETTARI DEL BORGHIGIANO DOLCI E TRADIZIONI DELLE FESTE D’ INVERNO
Introduzione
Non c'è posto al mondo che io ami più della cucina. Non importa dove si trova, com'è fatta: purché sia una cucina, un posto dove si fa da mangiare, io sto bene. Banana Yoshimoto, “Kitchen”
I dolci sono entrati nella dieta alimentare quotidiana solo di recente. Non essendo indispensabili né facilmente reperibili per soddisfare i bisogni nutrizionali più immediati dell'uomo, per secoli hanno avuto piuttosto un carattere di offerta, dono, celebrazione, il cibo della festa per antonomasia insomma. In origine infatti erano riservati ai momenti più significativi della vita sociale (ricorrenze, festività religiose, nascite, morti, matrimoni) ed erano poco più che semplici impasti di acqua e farina arricchiti da alcuni ingredienti che variavano in relazione alle risorse offerte dall'uno o dall'altro territorio: miele o vino cotto per addolcire, noci, castagne, uva passa, ... La scelta di questi ingredienti particolari, che non sempre erano frutti di stagione, non sembra essere casuale. La noce, per esempio, è una delle piante associate alla Grande Madre ed è pertanto simbolo di rigenerazione come, d’altro canto, anche il fico, legato al culto di Dioniso, il dio che vegliava sulla fertilità di piante e di animali. E ancora, non a caso, il primo giorno dell’anno si mangiano i chicchi dell’uva conservata dalla precedente vendemmia come augurio di prosperità e di abbondanza. Uva e fichi, peraltro, nelle antiche società mediterranee evocavano la donna. Con le noci, tra l’altro, si tentava di fare delle previsioni del tempo a lungo termine: il giorno di san Silvestro si riponevano in fila nella madia dodici mezzi gusci di noce, rappresentanti i dodici mesi dell’anno, e in ognuno veniva messa una piccola quantità di sale. Il primo dell’anno si osservava in quali gusci si era formata umidità: i mesi corrispondenti sarebbero stati particolarmente piovosi. I grani del melograno rimandavano a numerosi significati: amore, rinascita, fecondità, concordia, prosperità. Il miele, oltre ad essere un alimento prezioso perché utilizzabile crudo cioè così come lo si trova in natura, è sempre stato considerato un ingrediente nobile e sacro. Anche le forme hanno avuto un importante significato, dalla ciambella dalla duplice valenza “secolare” (il potere magico e augurale del cerchio, che rappresenta il principio maschile di completezza ed eternità) e “religiosa” (la corona di spine che cinge il capo di Cristo), alle croci dal chiaro simbolismo cristiano impresse sulla massa lievitata.
Con il passare del tempo i dolci s'impreziosirono ulteriormente con il grano cotto nel latte a ricordare la fertilità della terra, le uova simbolo di nuova vita, l'acqua di fiori d’arancio e il cedro a ricordare la primavera. Ecco nascere allora il pan dolce, il panon, il pan d'oro, il panettone. Quando, intorno al '300, vennero di moda le spezie e alla farina s'iniziarono a mescolare pepe, zenzero, garofano e cannella, si sviluppò la tradizione medievale dei pani rustici piccanti e dolciastri (panes melati ac pepati) che ha lasciato numerosi eredi nella pasticceria di tutta Italia: dal pampapato emiliano e umbro al panpepato laziale e marchigiano, dai pepetti dei Castelli Romani al panforte toscano. L'opulenza dei banchetti rinascimentali esaltò poi l'uso di frutta candita, mandorle, cacao e zucchero, ingredienti per pochi, davvero esclusivi, che solo negli anni a venire le classi meno abbienti poterono permettersi per arricchire gli impasti delle grandi occasioni. Alcuni di questi pani speciali furono introdotti dagli speziali, che detenevano le droghe e l’arte di usarle, altri da monaci e monache, altri ancora dei cuochi delle corti. Tipica del periodo della ricorrenza dei defunti è, per esempio, la ricetta del pan dei morti che veniva preparato e mangiato per rendere omaggio alle persone care scomparse. Originario del milanese e poi diffuso in varie zone dell’Italia del Nord, questo rito era già presente nell'antichità (i Greci erano soliti offrirlo a Demetra per assicurarsi un buon raccolto). Creati per santificare le feste, donati in chiesa o in famiglia, i pani variamente conditi venivano preparati in casa con molto cura e spesso con la partecipazione di tutte le donne della comunità. Fino ad un passato recente, la preparazione dei dolci tradizionali delle festività e delle grandi occasioni ha sempre visto le donne anche di più famiglie riunirsi insieme per farne un gran numero “in collettività”, risparmiando così sulla legna o sull’olio per friggere e approfittando dell'occasione per trascorrere le serate in compagnia. Spesso i dolci sostituivano i doni di Natale o di altre ricorrenze e avevano significati simbolici o legati ad avvenimenti (l'avverarsi di un miracolo, la fine di una carestia, l'incoronazione di un sovrano, ecc.) che avevano colpito una comunità. Oggi sono un po' caduti in disuso nelle città, sostituiti dai prodotti industriali; nei centri minori resistono ancora, seppure fatti nelle pasticcerie e più raramente in casa. Alcune di queste preparazioni ci vengono proposte dalle industrie dolciarie e si fa fatica a immaginare che ognuna di esse nasce invece da una tradizione che si perde nel tempo, da usanze mantenute vive di generazione in generazione, da antiche ricette trascritte nei quaderni di cucina delle nonne, dal desiderio di creare un dolce momento da assaporare con gli altri.
Natale, in particolare, è sempre stata una festa grande, la più lunga dell’anno, celebrata con tavolate speciali (la sera della vigilia, il pranzo del 25, il Capodanno, l'Epifania) e a partire da novembre gli scaffali di negozi, supermercati e pasticcerie si riempiono di pandori, panettoni, panforti e torroni. Ma il nostro patrimonio gastronomico è vastissimo e comprende una lunghissima serie di specialità regionali, con infinite variazioni di paese in paese, a volte anche di casa in casa. Si possono, solo a titolo esemplificativo, individuare alcune tipologie di dolci natalizi: · i “pani speciali”: il mecoulin valdostano , il pandolce genovese, il pan dei santi della campagna senese, il panettone milanese, il pandoro veneto, il pan ad nadèl emiliano, la pizza de Natà marchigiana, il pangiallo romano, il panesillo di Benevento, il buccellato siciliano, ... A queste paste lievitate si abbinano bene vini aromatici, dolci, frizzanti o spumanti, freschi e poco alcolici (Spumante, Moscato, Brachetto) o anche un vino amabile o passito (Ramandolo, Vernaccia, Visciolato, Vino cotto, Aleatico) se l'impasto è particolarmente ricco; · le preparazioni ripiene o a base di frutta secca e candita: la gubana friulana, l'attorta umbra, le innumerevoli varianti del panpepato, i cavallucci del maceratese e dell’anconetano, i cielli al miele molisani, i pizzicanelli, lucani, la pitta calabrese, ... Si accompagnano di solito con vini passiti o di grandi profumi e buon alcol (Verduzzo, Recioto, Picolit, Torcolato, Vin Santo, Malvasia, Passito, Muffe Nobili, Vendemmie Tardive, Marsala); · la pasticceria a base di pasta di mandorle e i biscotti: i cavallucci di Siena, il torciglione umbro, le fave dei morti laziali, i diversi mostaccioli, i susamielli campani, la frutta martorana della Sicilia, i papassinos sardi, ... E' consigliato l'accostamento con vini liquorosi, passiti e dolci (Ramandolo, Vin Santo, Aleatico, Vernaccia, Passito); i fritti: i sabadoni delle colline bolognesi, la cicerchiata dell’Italia centrale e meridionale, i calcionetti abruzzesi, i calzoncelli campani, i porceduzzi e le cartellate pugliesi, ... Si possono gustare insieme ad uno spumante dolce (Moscato) servito fresco o un vino dolce più strutturato (Recioto, Malvasia, Aleatico). Nelle pagine che seguono abbiamo selezionato alcune delle tradizioni forse meno conosciute, fornendo per alcune di esse la ricetta “base” e accennando alle principali varianti con cui vengono preparate. Lasciamo alla fantasia e all'esperienza di chi legge l'invito a trascorrere il Natale e le altre ricorrenze invernali rispolverando e reinterpretando queste antiche e dolci abitudini.
Mecoulin con crema cogneintze Ingredienti per il mecoulin : 500 g di farina, 250 g di zucchero, 4 uova, 50 g di burro, 500 ml di latte, 100 g di panna, 200 g di uvetta lasciata macerare in 1/2 bicchiere di Rum per almeno 2 ore, la scorza di 3 limoni, 1/2 bicchiere di olio extravergine di oliva, 25 g di lievito di birra, 1 pizzico di sale. Ingredienti per la crema cogneintze: 375 g di zucchero, 75 g di cioccolato fondente spezzettato, 750 ml di panna fresca liquida, 9 tuorli, 1,5 cucchiaino di cacao amaro in polvere, 1,5 l di latte.
Preparazione: Amalgamare la farina, il lievito, il latte leggermente riscaldato e tutti gli altri ingredienti. Lavorare fino ad ottenere un impasto consistente, coprire con un canovaccio e far lievitare per 12 ore. Quando il volume è più che raddoppiato, lavorare ancora l'impasto con un po' di farina e modellare pani o pagnottelle della grandezza desiderata. Cuocere in forno a 180° per un'ora circa. Potete anche renderlo più croccante aggiungendo una manciata di pinoli tostati o di mandorle. Per la crema sbattere energicamente i tuorli insieme a metà dello zucchero. Quando il composto risulterà spumoso e chiaro, unire il cacao amaro mescolando con cura. Aggiungere il latte versandolo a filo e infine anche la panna e il cioccolato fondente, amalgamando bene tutti gli ingredienti. Cuocere a bagnomaria, continuando a mescolare, fino a ottenere la giusta densità. Incorporare il resto dello zucchero - che avrete fatto prima caramellare - e mescolare per qualche minuto ancora.
V A L L E D ' A O S T A
A Natale in Valle d'Aosta si mangia il mecoulin, un antenato del panettone, che un tempo le famiglie di contadini cuocevano in generose quantità nel forno a legna qualche giorno prima delle feste per poi conservarlo nei fienili anche oltre l’Epifania. A Cogne è tradizione offrire il pandolce accompagnandolo con un po’ di panna montata e con la crema cogneintze, che una leggenda attribuisce all'invenzione di un’anziana dama probabilmente intorno al ‘600. Ne esistono alcune piccole varianti, che prevedono cioccolato gianduia in sostituzione del fondente oppure l’aggiunta di un bicchierino di Rum, di una manciata di mandorle amare o di una tazzina di caffè.
PIEMONTE Bunet Ingredienti: 10 tuorli d’uovo 8 cucchiai di zucchero,100 g amaretti, 1 bicchiere di Rum, 50 g di cacao, 0,7 l di latte.
P I d’acqua con 5 cucchiai di zucchero e E quando prende una colorazione marroncina, versarlo sul fondo della teglia M e lasciare che si raffreddi. In una ciotola sbattere i tuorli con lo zucchero fino ad O ottenere una massa compatta, poi amalgamare il cacao, gli amaretti sbriciolati N e il Rum finché l'impasto è ben omogeneo. Unire il latte freddo sempre mescolando e T versare il tutto nella teglia. Cuocere a E bagnomaria per 50 minuti, lasciar riposare Preparazione: n un piccolo tegame far cuocere un po’
alcune ore in luogo fresco prima di sformarlo e servire freddo.
Dolce tradizionale del Capodanno ma apprezzato anche nel resto dell'anno, nelle corti piemontesi era già presente nei banchetti del XIII secolo. C'è chi dice che derivi il suo nome (bunet o bonèt) da quello di un berretto tondeggiante la cui forma ricorda quella dello stampo in rame in cui viene cotto, ma secondo un'altra interpretazione si chiama in questo modo perché il budino veniva servito alla fine del pranzo o della cena, a “cappello” di tutto il resto del pasto così come si indossa il cappello da ultimo prima di uscire.
Fugassa d’la Befana
Ingredienti: 450 g di farina, 150 g di burro, 150 g di zucchero, 1 bustina di lievito di birra, 150 g di cedro e arancia canditi a dadini, 3 uova, latte, 1 pizzico di sale, granella di zucchero, confettini colorati.
Preparazione: Amalgamare la farina, il burro, il lievito,
i tuorli, il sale e i canditi, lavorandoli bene e quando l’impasto è compatto ed elastico lasciarlo lievitare per una notte intera, coperto con un panno. Impastarlo nuovamente, dividerlo in due parti da far riposare ancora per una decina di minuti e poi stendere le due fugasse sulla placca ricoperta con l’apposita carta forno. Dopo aver disegnato i petali di una margherita con l'aiuto di un coltello (senza arrivare al centro) e aver accavallato leggermente ogni petalo su quello vicino, spennellare la superficie con un pò di albume e cospargere di granella di zucchero. Cuocere in forno già caldo a 200° per circa 45 minuti, lasciar intiepidire e decorare con i confettini colorati.
E' un prodotto molto antico della provincia di Cuneo, nato proprio come dolce da condividere con familiari e amici in occasione delle feste. Nei petali della sua forma a margherita viene nascosta una piccola sorpresa: chi trova una fava bianca paga la focaccia e chi trova quella nera offre il vino.
P I E M O N T E
Pandolce genovese
Ingredienti primo impasto: 65 g di lievito naturale attivo, 200 g di farina Manitoba, 100 g d'acqua. Ingredienti secondo impasto: 300 g di farina 00, 1/2 bicchiere d'acqua di fior d'arancio, 125 g di burro, 125 g di zucchero, 50 g di uva passa tenuta a mollo nel Marsala, 50 g di scorza d'arancia candita a dadini, 50 g di pinoli, 1 pizzico di sale.
E' simile al panettone milanese ma meno impegnativo da realizzare, nelle due versioni: una "bassa", con lievito chimico e una "alta", con lievito naturale.
Preparazione: Impastare gli ingredienti del primo
impasto e far lievitare in luogo tiepido per 12 ore. Aggiungere la farina 00, l'acqua di fior d'arancio, il burro fuso e lo zucchero e, nel caso sia troppo duro, anche qualche cucchiaio del liquore di ammollo dell'uvetta. Una volta ottenuto un impasto elastico ed omogeneo (alquanto sostenuto), aggiungere l'uvetta strizzata e asciugata, i canditi e i pinoli. Formare una palla, poggiarla su una teglia coperta di carta forno e circondarla con una striscia di carta forno (chiusa con punti metallici): questo serve a contenere la lievitazione nel senso della larghezza. Far lievitare ancora 12 ore in luogo tiepido. A lievitazione terminata, eliminare delicatamente la striscia di carta, fare tre tagli a triangolo sulla superficie e infornare in forno preriscaldato a 200° per circa un'ora, avendo cura dopo i primi 15 minuti di abbassare la temperatura del forno a 180-190°. Far raffreddare su una gratella e servire solo quando è completamente freddo, meglio se il giorno successivo.
Secondo la tradizione a Natale veniva collocato in mezzo alla tavola con un rametto di lauro infilato nel centro e la prima fetta conservata per il primo povero che bussava alla porta.
L I G U R I A
Miascia
Ingredienti: 500 g di pane raffermo affettato e lasciato ammorbidire in ½ litro di latte per circa 2 ore, 2 uova, 1 mela e 1 pera tagliate a pezzettini, 20 g di pinoli, 50 g di uvetta, 50 g di cioccolato amaro in scaglie, 1 bicchiere di liquore, 60 g di burro, 2 cucchiai di olio d’oliva, 1 cucchiaio di farina, 75 g di zucchero, 20 g di granella di zucchero.
Preparazione: Sminuzzare il pane con un cucchiaio,
aggiungere tutti gli altri ingredienti (tranne il burro e la farina) e amalgamare bene il tutto. Versare l'impasto in una tortiera imburrata e infarinata, cospargere di fiocchetti di burro e un filo d'olio d’oliva, distribuire sulla superficie la granella di zucchero e cuocere in forno preriscaldato a 200° per 15 minuti e poi a 150° per altri 15 minuti o fino a che la superficie non sarà ben dorata. Questa torta si mangia tiepida o a temperatura ambiente, ma è ottima anche il giorno dopo..
Ogni provincia lombarda ha un proprio “panettone”, nato dalla fantasia locale, fatto in casa come il pane ma arricchito con ingredienti del luogo per farne un dolce nelle occasioni speciali. A Como simbolo della festa è la miascia (o turta di paisan), che in passato veniva consumato al posto del pasto o per celebrare feste e ricorrenze. Le numerose varianti sostituiscono il pane raffermo con farina bianca e gialla e aggiungono scorza di limone grattugiata, foglie tritate di rosmarino, cacao in polvere o fichi secchi.
L O M B A R D I A
Cammelli di sfoglia
Ingredienti: 2 rotoli di pasta sfoglia, 500 g di crema pasticcera, 1 uovo e 1 tuorlo, 150 g di zucchero a velo, uno stampino a forma di cammello.
Preparazione: Stendere la pasta sfoglia, bucherellarla e con l'aiuto di
uno stampino ricavarne 6 cammelli avendo di cura di farne in uguale misura di girati verso destra e verso sinistra per avere un “sotto” e un “sopra” combacianti. Spennellare con l'uovo e il tuorlo sbattuti con la forchetta, spolverare di abbondante zucchero a velo e mettere in forno a 180° per circa 15 minuti. Quando si sono ben raffreddati, ricoprire la metà dei cammelli con la crema pasticcera e chiudere con l’altro cammello abbinato.
Non si conoscono bene le origini di questa tradizione che per pochissimi giorni nel periodo dell’Epifania riempie le pasticcerie della provincia di Varese di cammelli di ogni dimensione e tipologia: di sfoglia, di pasta frolla, di Pan di Spagna, ripieni di crema pasticcera o di marmellata, guarniti con panna, frutta o con una lucida glassa di zucchero.
L O M B A R D I A
Zelten Ingredienti: 600 g di pasta di pane, 500 g di fichi secchi, 1 kg di uvetta, 250 g di datteri, 500 g di mandorle non sbucciate, 125 g di noci, 125 g di pinoli, 1 kg di sultanina, 250 g di canditi di cedro e arancio, 250 ml di Rum, 2 cucchiai di Brandy, il succo e la scorza grattugiata di 2 arance, chiodi di garofano, cannella, pimento, anice stellato, olio.
Preparazione: Tagliare a pezzettini la frutta secca e candita, metterla in una
zuppiera e unire il succo e la scorza delle arance e il brandy. Cospargere di zucchero e lasciare riposare per una notte. Aggiungere il Rum e le spezie ridotte in polvere e lavorare il tutto insieme alla pasta da pane lievitata, amalgamando bene. Ricavare da questo impasto delle forme dello spessore di 3-4 cm (ovali o tonde o a cuore), spennellare con miele e sciroppo di zucchero e decorare con noci e mandorle intere. Cuocere in forno a 220° su una piastra unta d'olio per un'ora circa, spennellando ancora qualche volta, se necessario, durante la cottura per ottenere una bella superficie marrone. Lasciar raffreddare e confezionare in carta trasparente o fogli di alluminio. Lo zelten migliora se viene preparato due o tre settimane prima di Natale e si può conservare per alcuni mesi.
Il nome di questo pane fruttato di origine mitteleuropea con fantasiose decorazioni e forma a cuore, ovale o rettangolare, deriva dalla parola tedesca selten, che significa «talvolta», a sottolineare il fatto che in passato veniva preparato esclusivamente nel periodo di Natale. Secondo una delle tante leggende si impastava il 21 dicembre alla vigilia di San Tommaso, con la partecipazione di tutta la famiglia che infornava un dolce grande - da consumare al rientro dalla messa di mezzanotte o da riporre nella credenza in attesa della epifania - e altri più piccoli da donare. Le giovani donne vi si dedicavano con dedizione poiché ne offrivano uno al loro futuro fidanzato e sposo, mentre la madre segnava con una croce il centro del dolce e lo benediva prima di cuocerlo. I riti erano tanti e variavano di valle in valle, così come gli ingredienti che cambiavano anche di casa in casa.
T R E N T I N O A L T O A D I G E
Gubana Ingredienti per la pasta: 500 g di farina 00, 25 g di burro, 50 g di olio , 3 uova, 3 cucchiai colmi di zucchero + 1 nella prima lievitazione, vaniglia naturale, la scorza grattugiata di 1 limone, 1 dl di latte, 100 g di lievito di birra, 1 pizzico di sale, 1 cucchiaio di Alchermes o Rum. Ingredienti per il ripieno: 250 g di noci pestate nel mortaio o macinate, 100 g d'uva passa bionda, 50 g di pinoli, vaniglia, arancia e cedro canditi, la scorza grattugiata di 1 limone e di 1 arancia, 1 uovo, 1 pizzico di sale, 7 o 8 cucchiai colmi di zucchero, 1 bicchierino di Grappa, pangrattato.
Nasce dalle Valli del Natisone il dolce dalla tipica forma a chiocciola ("gubat" in sloveno significa avvolgere) e dalle molte varianti: la gubana alla cividalese preparata con pasta sfoglia non lievitata, la putizza di Trieste con qualche differenza nel ripieno e il presnitz creato all’inizio dell’Ottocento in onore dell’Imperatrice Sissi. La tradizione voleva fosse fatto in casa durante le festività natalizie e pasquali e in occasioni speciali come un matrimonio, da dare in dono agli invitati. La preparazione è un pò complessa, sia per la ricchezza degli ingredienti che per le tre lievitazioni della pasta.
Preparazione: Mettere la farina in una terrina in luogo caldo, affinché non sia
umida, giá il giorno prima di adoperarla. La prima lievitatura si fa con il lievito di birra sciolto in un po' di latte, assieme ad 1 cucchiaio di zucchero e il sale. La pasta deve essere piuttosto molle, altrimenti stenta a lievitare. Bisogna coprire con un panno caldo e tenere la terrina in luogo caldo. Quando è ben lievitata impastarla di nuovo aggiungendo i tuorli delle uova sbattuti e il latte rimasto precedentemente riscaldato e mescolato al burro ammorbidito, olio, zucchero, scorza grattugiata del limone e vaniglia. Volendo si puó aggiungere un cucchiaio di Grappa e ancora un pizzico di sale. Se la pasta resta troppo dura, aggiungere un altro uovo sbattuto e mescolato ad un po' di latte. Lavorare per almeno un quarto d'ora e mettere di nuovo a lievitare nella stessa terrina di prima, in modo che stia al caldo per circa un'ora. E' lievitata bene quando è molto soffice al tatto. Nel frattempo si preparano i pinoli tostandoli in 30 g di burro (si mettono nel burro appena incomincia a sciogliersi, altrimenti bruciano) fino a farli imbiondire. Poi si uniscono agli altri ingredienti con tutto il burro, mescolando bene il tutto. Stendere la pasta col matterello, cospargere con il ripieno, mettendo qua e lá qualche pezzettino di burro e zucchero, e richiudere il tutto a formare un cilindro, arrotolandolo poi su se stesso. Far lievitare in luogo caldo. Quando è soffice e forma dei puntini chiari, spalmare bene con le chiare sbattute, cospargere con un po' di zucchero e infornare a temperatura costante per una sessantina di minuti.
F R I U L I V E N E Z I A G I U L I A
Nadalin Ingredienti (per 6 persone): 500 g di farina di frumento, 200 g di burro, 60 g lievito di birra, 20 ml di acqua, 150 g di zucchero, 3 uova, 2 scorzette di limone, 1 bacca di vaniglia, 1 pizzico di sale. Ingredienti per la glassa: 100 g di polvere di Pan di Spagna, 20 ml di marsala all’uovo, 100 g di granella di zucchero, una manciata di pinoli e mandorle.
Preparazione: Lavorare l’impasto con la farina, il lievito e l’acqua e far
riposare per tre ore. Unire lo zucchero, il sale, la buccia di limone, la vaniglia, le uova e per ultimo il burro. Impastare bene e lasciare riposare per un'ora ad una temperatura di 27° circa. Incidere la superficie con quattro tagli a formare un quadrato e allargare con le dita l’impasto, in maniera da raffigurare una stella a otto punte. Fare lievitare ancora una volta a circa 27° fino a quando raggiunge il doppio del suo volume iniziale (circa due/tre ore). Cospargere sul nadalin lievitato il Pan di Spagna leggermente inumidito con il marsala e guarnire con pinoli, pezzetti di mandorla e zucchero a velo. Cuocere in forno a 180°, per un’oretta. Si può conservare per 5/7 giorni, a temperatura ambiente e lontano da fonti di calore o luoghi umidi.
Nasce a Verona nel 1303 il dolce spesso collegato a Giulietta e Romeo, perché proprio nell'anno della sua nascita fioriva la loro storia d’amore. Con questa dolcissima creazione a forma di stella, povera d’ingredienti ma ricchissima di gusto, la Signoria Scaligera celebrò il primo Natale dopo l’investitura a Signori di Verona dando ufficialmente origine alla tradizione del pandoro nelle feste natalizie e di fine anno.
V E N E T O
Pinzha del Panevin (PAT) Ingredienti: 500 g di farina gialla, 150 g di farina bianca, 200 g di uvetta sultanina lasciata a bagno nel Rum, 100 g di cedro tritato, 200 g di fichi secchi tritati, 2 uova, 1 cucchiaio di pinoli, 1 etto di burro, 1 bicchierino di Rum, 1/2 bicchiere di latte, 1 manciata di finocchietto, 1 bustina di lievito.
Preparazione: Impastare in una ciotola le farine, le uova precedentemente sbattute con un pizzico di sale, 1/2 etto di burro ammorbidito, tutti gli altri ingredienti e il lievito. Lavorare l’impasto fino ad ottenere un composto tenero ed omogeneo, aggiungendo del latte se è troppo duro. Versare l’impasto in una teglia unta abbondantemente con il burro, infornare a 150° e lasciare cuocere per 40 minuti. Se inserendo al centro del dolce uno stuzzicadenti ne uscirà asciutto la pinza è pronta.
Focaccia lievitata, chiamata anche “pan dal” per la presenza della farina gialla e tipica del Panevin, una tradizione ricca di significati culturali in cui i valori atavici di una liturgia pagana si mescolano con i simboli del Cristianesimo. Il rito prende il via la sera del 5 gennaio con l’accensione di grandi falò e prosegue con la lettura degli auspici in base alla direzione delle faville, la degustazione del dolce cotto sotto le ceneri del focolare o sotto la brace del falò e il rogo della vecia, simbolo della vecchia annata poco favorevole. In passato consumare tra canti di festa la focaccia, frutto del lavoro comune e condivisa da tutti, serviva a rinsaldare i vincoli di solidarietà e i legami sociali della comunità paesana. L’usanza del Panevin è comune a tutto il Triveneto (a Treviso si dice che porti fortuna mangiarne sette pezzi), anche se con nomi diversi: pan sul turc, pince, pinsa o pinse, tortona della salute.
V E N E T O
Certosino di Bologna Ingredienti: 500 g di cioccolato fondente a pezzi, 350 g di farina, 300 g di miele, 250 g di marmellata di frutta o di mostarda bolognese (l’ormai rarissima confettura soda e scura preparata con spezie, frutta mista e mele cotogne), 125 g di frutta candita intera (fichi, albicocche, cedro, ciliege rosse e verdi, pere rosse, scorze d’arancia e di cedro), 200 g di mandorle sgusciate ma non pelate, 50 g di pinoli sgusciati, 50 g di cacao in polvere, 75 g di Marsala, 15 g di carbonato di ammoniaca, burro quanto basta, cannella in polvere.
La ricetta del certosino o panspeziale risale ai farmacisti (o "speziali") medievali, ma il nome arriva dai frati della Certosa di Bologna che per primi lo cominciarono a produrre.
Preparazione: Scaldare il miele in una casseruola sul fuoco e quindi
aggiungere metà della frutta candita tagliata a cubetti. Versare la farina a fontana sul tagliere disponendo al centro le mandorle, i pinoli, il cacao, la marmellata, la cannella, il carbonato di ammoniaca, il Marsala, e per ultimo il miele con la frutta candita. Impastare il tutto, trasferire a forma di ciambella su una teglia unta di burro e far riposare coperto, per tre ore circa, in luogo asciutto. Guarnire il certosino con le mandorle intere caramellate e i restanti canditi (alternando bene i colori), quindi infornare e far cuocere a 180° per una quarantina di minuti o fino a quando assumerà un bel colore dorato scuro. Quando è freddo spennellare con miele sciolto. Dal momento che il certosino diventa ancora più buono con il passare dei giorni, di solito viene cotto almeno dieci giorni prima di consumarlo e poi conservato, lungo in luogo fresco e asciutto (mai in frigo), avvolto nella carta stagnola o pergamena.
E M I L I A R O M A G N A
Altri affermano, invece, che derivi dalla definizione dialettale di "pane speciale" (pan spzièl). A quell'epoca, comunque, quando ingredienti come lo zucchero erano un privilegio per pochi, la frutta secca aiutava a conferire un sapore più particolare ai dolci. In tempi remoti, infatti, vigeva la legge dell`arte di arrangiarsi e le massaie riuscivano a inventarsi pietanze prelibate anche solo usufruendo di quanto era disponibile in casa. Solo recentemente l`antica preparazione è stata arricchita unendo il cacao. Quella che segue è la ricetta certificata da ricerche storiografiche e depositata dalla delegazione di Bologna dell’Accademia Italiana della Cucina alla Camera di Commercio di Bologna.
Spongata Ingredienti per la pasta: 300 g di farina, 80 g di zucchero, 100 g di burro, 1 pizzico di sale, vino bianco secco e zucchero a velo q.b. Ingredienti per il ripieno: 200 g di miele, 40 g di zucchero, 500 ml di vino bianco secco, 75 g di nocciole, 100 g di biscotti secchi sbriciolati o di pane biscottato grattugiato , 100 g di cedro e scorza di arancia canditi tagliati a dadini, 150 g di gherigli di noci, 75 g di mandorle, 50 g di uvetta secca, 30 g di pinoli, 5 g di cannella in polvere, vaniglia, 1 pizzico di chiodi di garofano grattugiati e di noce moscata, pepe nero, coriandolo e fiore di macis in polvere.
Preparazione: Preparare il ripieno uno o più giorni prima (dovrebbe riposare per
almeno 48 ore) portando ad ebollizione in un pentolino il miele e il vino. Unire la frutta secca grossolanamente tritata, mescolare e aggiungere i biscotti, l’uvetta, i canditi e le spezie. Mescolare con cura, togliere dal fuoco e lasciar raffreddare. Procedere con la preparazione della pasta lavorando rapidamente la farina, lo zucchero, il sale e il burro freddo a pezzettini. Incorporare il vino necessario ad ottenere una consistenza morbida, formare un panetto e farlo riposare per un’oretta. Ricavare dalla pasta due sfoglie molto sottili (alte 3 mm circa), metterne una in una teglia rotonda imburrata e infarinata, versare dentro il ripieno, livellare con un cucchiaio e coprire con l'altra sfoglia sigillando accuratamente i bordi e bucherellando la superficie con l'aiuto di una forchetta. Cuocere in forno caldo a 180°C per circa 30 minuti, poi farla raffreddare completamente prima di trasferirla sul piatto di portata e spolverizzarla con zucchero a velo. Si conserva a lungo, anche per diversi mesi.
Secondo alcuni le sue origini . vanno ricercate nella cucina romana, ma certo è che la ricetta tradizionale di questo dolce natalizio di probabile tradizione ebraica, che comporta un ciclo di produzione di tre giorni e l'impiego di ben tredici spezie, è documentata fin dal Trecento. Sembra che il suo nome significhi “spugnosa”, dal latino spongia («spugna»), per l’aspetto irregolare e bucherellato della sua superficie, ma “spongata era anche una spuma di zucchero ridotta in pani che una volta si serviva con dell'acqua gelata in cui bagnarla . Riscoperta nell'Ottocento, ne esistono molte varianti - in Emilia Romagna, nella Lunigiana toscana, a Sarzana in provincia di La Spezia, a Crema in Lombardia - che arricchiscono di ingredienti un involucro burroso e croccante ripieno di miele, frutta secca e spezie.
E M I L I A R O M A G N A
Cavallucci di Siena (PAT)
Preparazione: Mettere sul fuoco lo zucchero con 1/3 del suo peso di
acqua e quando è ridotto a cottura di filo unire tutti gli ingredienti mescolando bene il tutto. Una parte dello zucchero può essere sostituito Ingredienti: 300 g di farina bianca, 300 g di zucchero semolato, 300 g da miele di acacia. Versare il composto sulla spianatoia sopra la di noci o mandorle sgusciate e farina e impastare fino ad ottenere grossolanamente tritate, 50 g di una pasta di una certa consistenza, scorza di cedro e arancia candita tagliata a dadini, 15 g di anice, 5 g aggiungendo altra farina se necessario. cannella, noce moscata e coriandolo Lasciar raffreddare per cinque minuti in polvere, 1 pizzico di bicarbonato. su una spianatoia infarinata e ricavarne dei filoncini da cui strappare dei pezzetti, di un paio di centimetri di . spessore, da arrotondare con le mani e infornare a 200° per una ventina di minuti.
T O S C A N A
Un manoscritto del 1515 specifica come nelle varie festività dell’anno il Concistoro offrisse a tutti i suoi membri panpepato e "berriguocoli", l'antico nome di questi biscotti della tradizione contadina. L'appellativo più moderno sembrerebbe invece derivare dai cavalli delle stazioni di posta o di cambio, per il fatto che i cavallai, ovvero gli addetti al cambio, ne erano grandissimi consumatori, perché ottimi da inzuppare nel vino e adatti ad essere trasportati e conservati anche per lunghi periodi. Di forma irregolare e piuttosto grandi, con una consistenza variabile dallo spugnoso al molto duro, un tempo si preparavano solo con farina, poco zucchero, anice e qualche noce.
Pan dei Santi
Preparazione: Mescolare la farina con il sale, lo zucchero, il pepe, l'uvetta, le
noci e l'olio. Aggiungere il lievito già sciolto nell'acqua tiepida, impastare a lungo (15/20 minuti almeno) e farne Ingredienti: 500 g di farina, 125 g una palla da lasciar lievitare in una ciotola grande (se non c'è abbastanza di uva sultanina precedentemente ammorbidita in acqua calda, 200 g spazio, dividerla in due sfere) coperta con un canovaccio, per almeno sei di noci sgusciate e fatte dorare in ore (o meglio per tutta la notte) in un un filo d'olio, 200 g di acqua posto caldo. Ricavare tre panetti, tiepida, 125 g di olio d'oliva extravergine, 5 cucchiai di zucchero, disporli su un'ampia teglia foderata con carta da forno, inciderli con una 12,5 g di lievito di birra, 1 tuorlo d'uovo, 1 e 1/2 cucchiaini di pepe croce e coprirli di nuovo per farli lievitare una o due ore ancora. macinato, 1 e 1/2 cucchiaini di Spennellarli con il tuorlo d'uovo sale. battuto e infornarli a 180° per 35/40 minuti. Lasciar intiepidire prima di servirli. .
Prodotto in molte panetterie e pasticcerie senesi e grossetane nei giorni precedenti la festa dei Santi fino a Natale, ha forma tondeggiante di colore marrone scuro e consistenza morbida, quasi spugnosa. Come molti altri dolci medievali, in origine era costituito semplicemente da pasta di pane addolcita con miele liquido e resa piccante con il pepe (“pan mielato”), ma in seguito si è arricchito di noci e uvetta ( i “santi”), pinoli, pezzetti di pera o fichi secchi, rosmarino tritato e olio d’oliva. Chiamato anche pan dei morti, può presentare alcune varianti in cui l’olio viene sostituito con lo strutto e il miele con lo zucchero.
T O S C A N A
Frustingo
Preparazione: Far bollire i ficchi in sette bicchieri d'acqua e, quando
saranno ben ammorbiditi, far raffreddare e sminuzzare. Tritare le Ingredienti: 1 kg di fichi secchi neri mandorle ed abbrustolirle in forno con o bianchi, 300 g di mandorle i gherigli di noce. Unire ai fichi e alla sbucciate, 1,5 kg di noci, 2 tazze di loro acqua di cottura tutti gli uvetta ammorbidita in acqua tiepida, ingredienti, lavorare lungamente il 1 tazza di frutta candita a cubetti, composto, sistemarlo in una tortiera 2 bustine di pinoli, 3 tazzine di unta d'olio e passarlo a forno medio caffè liquido, 1 pizzico di caffè (160°) finché non ha assunto una bella macinato, 1 tazza di pane colorazione dorata. Si serve a grattugiato, il succo di 3 arance, la temperatura ambiente e si presta scorza grattugiata di 1 limone e di anche ad essere conservato per lunghi 1 di arancia, 2 bicchieri di olio periodi.
extravergine d'oliva, cacao, cioccolata grattugiata, cannella in polvere e a pezzi, 1 noce moscata grattugiata, 2 bicchieri di Rum, 300 g di farina, sale, 100 g miele millefiori.
Dolce invernale di origini contadine, tipico delle province di . Macerata, Fermo ed Ascoli Piceno. Ricorda nell’aspetto un tozzo torrone: frustum in latino significa “pezzo”, ma il nome potrebbe derivare anche da "frusto", cioè povero. Si racconta che le sue origini siano più remote del Natale stesso, essendo la sua ricetta passata dagli Etruschi, che preparavano una sorta di semolino di cereali misti impastato con il succo d’uva passita, ai Piceni e poi ai Romani, che lo chiamarono panis picentinus. In passato veniva realizzato con pane raffermo ammorbidito in un brodo di fichi secchi mescolato a sapa (il mosto cotto marchigiano) e condito con una gran quantità di frutta per sopperire al poco zucchero (alimento costoso e meno disponibile), ma con il passare del tempo si è arricchito di molti altri ingredienti.
M A R C H E
Beccute
Preparazione: Amalgamare la farina gialla con lo zucchero, le noci tritate,
i pinoli in parte interi in parte tritati, l'uvetta, l'olio, un pizzico di sale e di Ingredienti: 300 g di farina gialla, 70 pepe e acqua quanto basta. g di uvetta precedentemente Con le mani formare tanti piccoli ammollata, strizzata e infarinata, 50 panini, disporli in una teglia imburrata g di pinoli, 50 g di noci, 50 g di e cuocere in forno già caldo a 160° burro, 20 g di zucchero, 1/2 per mezz'ora circa. Lasciar intiepidire, bicchiere di olio extravergine d'oliva, quindi spolverizzare con poco burro, sale e pepe. zucchero a velo. .
Piacevano a Giacomo Leopardi questi panini dorati di aspetto rustico, antichi biscotti natalizi tipici della zona di Fano e Ancona. Una volta erano considerati il dolce dei poveri, perchĂŠ venivano preparati rimpastando gli avanzi della polenta con un po' d'acqua, fichi secchi e quando c'erano, noci o mandorle. Forse derivano il loro nome dalla forma bitorzoluta che invita a sbocconcellarle. Sono ottimi con il visner o vino di visciole, una densa bevanda dolce con retrogusto gradevolmente amarognolo di antica tradizione, a base di succo di Prunus cerasus (una varietĂ locale di ciliegia selvatica) mescolato con Sangiovese, Montepulciano o Vernaccia rossa di Pergola.
M A R C H E
Rocciata
Preparazione: Tagliare le mele sbucciate a fette, mescolarle con
l'uvetta, i pinoli, il cacao, lo zucchero e l'Alchermes (le diverse varianti aggiungono cannella, cioccolato fondente a pezzetti, cedro candito e Ingredienti per la pasta: 300 g di fichi secchi tritati, mostaccioli farina, 3 uova, 2 cucchiai di grattugiati o marmellata). Preparare la zucchero, 2 cucchiai di 2 di Alchermes. Ingredienti per il ripieno: sfoglia con la farina, le uova, lo zucchero e l'Alchermes e stenderla 2 kg di mele (meglio se quelle con il mattarello a formare una piccoline quasi inselvatichite, striscia. Porvi in mezzo il ripieno e sbucciate e cotte con Rum e zucchero), 200 g di uvetta, 200 g di arrotolarla, poi girarla a spirale e spennellare con olio o Alchermes e pinoli, 75 g di cacao dolce, 100 g zucchero. Dopo la cottura per meno di di zucchero, 5 cucchiai di un’ora in forno caldo (175°), irrorare Alchermes. di nuovo di Rum e Alchermes e spolverizzare con granella di zucchero e confettini colorati (i “semisanti”). .
Deriva il nome (rocciata o attorta) dalla sua forma arrotolata, questo dolce dolce tipico delle occasioni di festa del periodo autunnale e invernale (i Santi e i Morti, Natale, Carnevale), quando cioè sono disponibili noci fresche e mele. Le origini sono assai remote: nelle "tavole eugubine" si parla di un alimento molto simile (il "tensendo"), utilizzato nei riti sacri dedicati ad un'antica divinità umbra. La somiglianza con lo strudel ha portato, invece, alcuni studiosi a ipotizzare un legame con i Longobardi che, all'epoca delle invasioni in Italia dei popoli provenienti dal Nord Europa, mantennero un loro ducato proprio in questa zona.
U M B R I A
Fave dei Morti (PAT)
Preparazione: Tagliare le mele
sbucciate a fette, mescolarle con l'uvetta, i pinoli, il cacao, lo zucchero e l'Alchermes (le diverse varianti Ingredienti per la pasta: 300 g di aggiungono cannella, cioccolato farina, 3 uova, 2 cucchiai di fondente a pezzetti, cedro candito e zucchero, 2 cucchiai di 2 di fichi secchi tritati, mostaccioli Alchermes. Ingredienti per il ripieno: grattugiati o marmellata). Preparare la 2 kg di mele (meglio se quelle sfoglia con la farina, le uova, lo piccoline quasi inselvatichite, zucchero e l'Alchermes e stenderla sbucciate e cotte con Rum e con il mattarello a formare una zucchero), 200 g di uvetta, 200 g di striscia. Porvi in mezzo il ripieno e pinoli, 75 g di cacao dolce, 100 g arrotolarla, poi girarla a spirale e di zucchero, 5 cucchiai di spennellare con olio o Alchermes e Alchermes. zucchero. Dopo la cottura per meno di un’ora in forno caldo (175°), irrorare Tradizionali del giorno della di nuovo di Rum e Alchermes e commemorazione dei defunti, spolverizzare con granella di zucchero . e confettini colorati (i “semisanti”). sono comuni, anche se con
qualche variante nel nome e negli ingredienti, a molte regioni dell’Italia centro-settentrionale. Secondo alcuni si tratterebbe dell’antica consuetudine di offrire un viatico alle anime che s’avviavano verso l'aldilà, ma probabilmente affondano le loro radici nei riti funebri degli egizi e dei romani che consumavano fave (soprattutto quelle nere) nei banchetti in onore dei defunti perché si riteneva che racchiudessero le anime dei morti e potessero mettere in comunicazione con l’aldilà. Da qui l’abitudine di mangiare questi legumi in occasione delle riunioni familiari dopo i funerali. In tempi più recenti i biscotti dalla caratteristica forma ovale e schiacciata venivano offerti ai fedeli al termine dei riti religiosi oppure fatte trovare ai più piccoli la mattina del 2 novembre, come dono portato dai cari estinti, in un sacchetto di carta sotto il cuscino o in un piatto preparato la sera prima di andare a dormire.
U M B R I A
Panpepato Ingredienti: 1 kg di frutta secca mista (noci, nocciole, mandorle) grossolanamente tritata, 500 g di miele, 400 g di scorza candita di arancio e cedro tagliata a dadini, 400 g di cioccolato fondente grattugiato, 50 g di olio extravergine di oliva, 2 arance, 1 cucchiaio di pepe macinato, 1 cucchiaino di noce moscata grattugiata, 200 g di farina.
Preparazione: Fare sciogliere in una pentola il miele insieme ad un terzo della cioccolata, l'olio, il pepe e la noce moscata. Aggiungere la buccia
grattugiata delle arance, la frutta secca, i canditi e il resto della cioccolata. versare il composto sul tavolo e impastarlo con tanta farina (un paio di etti circa) quanta ne è necessaria per ottenere quattro o cinque panetti. Lasciate riposare per tutta la notte, disporre su una teglia ricoperta da carta da forno e cuocere in forno a 160° per circa 25 minuti, facendo molta attenzione perché brucia facilmente. Aspettare mezz'ora prima di sfornare i panpepati e farli asciugare su una gratella. Una delle numerose varianti prevede che a questo punto vengano ricoperti da una glassa al cioccolato fondente. Tagliarli in piccole fette al momento di servire. Dopo qualche giorno sono ancora più buoni e si conservano anche per due o tre mesi avvolti nella pellicola trasparente o in un canovaccio, in ambiente fresco.
L A Z I O
E' una specialità natalizia derivata dai medievali panes melati ac pepati, che hanno lasciato numerosi eredi nelle tradizioni pasticcere di tutta Italia. Nato probabilmente nel Cinquecento nei conventi di clausura del Ferrarese e da lì diffusosi poi nell'Italia centrale, deve il suo doppio nome (panpepato o panpapato) ad una duplice interpretazione: pane speziato (per i suoi ingredienti) e pane del Papato (perché originariamente destinato agli alti prelati del tempo). Forse la sua provenienza è ancora più remota, nel lontano oriente, da dove fu portato dalle carovane che trasportavano spezie intorno alla metà del XV secolo. In passato per legare l’impasto si usava il "mosto cotto", ottenuto facendo bollire per due o tre ore il mosto del vino, fino a raggiungere una consistenza simile a quella del miele ma meno dolce. Simile nell'impasto è anche il pangiallo romano , dono natalizio da tempi antichissimi quando le mogli dei contadini lo regalavano ai notabili del luogo, ma che forse ha origini ancora più lontane, nei dolci dorati che nella Roma imperiale venivano distribuiti durante la festa del solstizio d’inverno come buon auspicio per il ritorno delle lunghe giornate di sole. Alcuni attribuiscono il nome all’abbondanza di canditi di buccia d’arancia, cedro e limone, ma è probabile che sia invece da collegare allo zafferano che una delle tante varianti utilizzava per colorare la glassa di copertura.
Calcionetti Ingredienti per la pasta: 1 cucchiaio d’olio extravergine d’oliva, 2 cucchiai di vino bianco, 1 pizzico di sale, farina q.b. Ingredienti per il ripieno: 1,5 kg. di castagne lessate e passate al setaccio, 60 g. di cioccolato in polvere, 200 g di miele, 300 g di mandorle abbrustolite in forno, 1 bicchierino di Rum, 1 arancia, cannella e caffè in polvere, cedro candito tagliato a dadini, olio per friggere q.b.
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Preparazione: Mescolare in una terrina tutti gli ingredienti del ripieno e
lasciarlo insaporire. Nel frattempo preparare la pasta versando la farina su una spianatoia, aggiungere l’olio ed il vino e amalgamare il tutto fino ad ottenere un impasto omogeneo. Stendere la sfoglia e disporre il ripieno formando dei ravioli e friggerli in una padella con abbondante olio bollente finché non assumeranno un colore dorato. Una volta scolati su carta assorbente, cospargerli di zucchero a velo e un pizzico di cannella oppure immergerli nel miele sciolto a bagnomaria e decorarli con gli zuccherini colorati. In ambiente fresco si conservano anche per quattro o cinque giorni.
Ravioloni fritti che a Natale si preparano un pò in tutto il Sud Italia, con alcune varianti nel nome, nella forma, nella grandezza e nel tipo di ripieno (ceci, cioccolato, vino cotto, noci, miele, marmellata di uva). Sono dolci tradizionali delle feste, che un tempo vedevano le donne di più famiglie riunirsi per farne un gran numero in comunità, risparmiando così sulla legna e sull’olio. Forse derivano dai "bukunotet" (calzoncini ripieni di marmellata, di crema di castagne o di ceci, di mostarda o di ricotta) molto amati nelle comunità albanesi che insediatesi nel corso dei secoli in alcune aree del Mezzogiorno - hanno condizionato in larga parte la cucina locale. Qui trovate una delle ricette più diffuse in Abruzzo.
A B R U Z Z O
Susamielli
Preparazione: Mescolare le mandorle, lo zucchero, le spezie, i canditi, la
farina e il pizzico di ammoniaca. Disporre a fontana, unire il miele precedentemente sciolto a fuoco moderato e lavorare l'impasto fino a Ingredienti: 250 g di farina 250, 250 g di miele, 100 g di zucchero, quando non diventa omogeneo. 100 g di mandorle finemente tritate, Ricavare dei piccoli cilindri e sistemarli su una teglia unta piegandoli a forma piccoli cubetti di frutta candita di S e schiacciandoli leggermente. (cocozzata, cedro e scorzette di Infornare a fuoco dolce per una arance), la buccia grattugiata di 1 arancia, 1 pizzico di spezie miste, 1 quindicina di minuti.
pizzico di ammoniaca per dolci.
C A M P A N I A
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Non mancano mai nelle feste natalizie i biscotti a forma di esse aromatizzati dal “pisto�, un trito di cannella, chiodi di garofano, noce moscata, vaniglia, a volte anche pepe. Spesso si trovano ricoperti con una glassa di acqua, zucchero e cacao. In origine si chiamavano sesamelli, in quanto venivano ricoperti da semi di sesamo e infatti sono presenti anche nella tradizione pugliese con il nome di sesemidde. Ne esiste una variante detta "sapienza", attribuita alle suore del monastero della Sapienza che ne producevano di ottimi con l’aggiunta di mandorle intere sulla superficie. A Napoli si usa dare del "susamiello" alle persone dal carattere noioso e scostante e che difficilmente riescono a familiarizzare con gli altri, proprio i riferimento alla durezza degli ingredienti usati per questi dolcetti.
Struffoli
Preparazione: Su una superficie liscia, piana e infarinata, impastare con forza
per almeno dieci minuti la farina, le uova e il tuorlo, la presa di sale, lo zucchero, il burro ammorbidito, la Ingredienti: 500 g di farina, 4 uova scorza di limone e il limoncello. Coprire con un canovaccio umido e intere + 1 tuorlo, 100 g di zucchero, 100 g di burro, 200 g di lasciar riposare per un'oretta. Formate dall'impasto delle piccole miele d'acacia, 1/2 bicchiere di palline, ricavarne dei filoncini e limoncello, la scorza grattugiata di tagliare con l'aiuto di un coltello 1/2 limone, 1 presa di sale, olio pezzi piccoli lunghi un centimetro per friggere q.b. Per decorare: circa. Trasferirli in uno scolapasta per zuccherini colorati ("diavulilli"), eliminare la farina in eccesso e confetti piccoli alla cannella friggerli, pochi alla volta, nell'olio, che ("cannellini"), dadini di arancia, cedro e zucca ("cucuzzata") canditi. deve essere molto caldo ma senza arrivare al punto di fumo. Man mano che diventano dorati, adagiare gli struffoli su un vassoio ricoperto di carta da cucina assorbente. Disporli sul piatto di portata, ricoprirli con il miele precedentemente sciolto a . bagnomaria e decorare a piacere con i diavulilli, i cannellini o la frutta candita.
C A M P A N I A
Ricetta natalizia lunga e complessa, molto antica e tradizionale in tutta l’Italia centrale e meridionale. In alcune regioni si prepara per Carnevale e prende il nome di cicerchiata o cicerata, forse con riferimento alle palline di pasta fritta che ricordano i ceci. Da regione a regione il dolce non differisce tanto nella preparazione quanto piuttosto nella presentazione finale che può variare da piramide a cupola o a ciambella fino ai piccoli cicirieddi siciliani serviti su foglie di limone.
Pizzicanelli Ingredienti: 1 kg di farina 00, 700 g di zucchero 350 g di mandorle tostate con la buccia e grossolanamente tritate, 75 g di cacao amaro, 75 g di cacao dolce, 1 bustina di vanillina, 1 bustina di ammoniaca per dolci, la buccia grattugiata di 1 limone grattugiato , 25 g di cannella, 125 ml di caffè ristretto (6 tazzine circa).
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Preparazione: Disporre a fontana tutti gli ingredienti secchi ben mescolati,
versare gradualmente al centro il caffè e impastare fino ad ottenere un impasto liscio e morbido. Lasciar riposare per 2 o 3 ore, fare un cilindro lungo e con l'aiuto di un coltello o di una formina ricavarne dei biscotti abbastanza grossi con forma oblunga o a rombo. Infornare a 200°C per 20-25 minuti circa. Appena usciti dal forno risultano morbidi. Dopo che si raffreddati i biscotti possono essere conservati anche a lungo se riposti in una scatola di latta o in buste di plastica, altrimenti tendono ad indurirsi.
B A S I L I C A T A
È una ricetta di origine povera, che probabilmente in passato contava meno ingredienti, quella dei pizzicanelli che, insieme ai calzoncelli e alle pettole, vengono preparati con tempo e pazienza nei giorni precedenti la Vigilia di Natale e con la collaborazione di tutti i familiari. Il nome è dovuto alla forte presenza della cannella. C'è anche chi li ricopre con una glassa al cioccolato ottenuta mescolando sul fuoco zucchero, acqua e cioccolato.
Cartellate Ingredienti: 1 kg di farina, 200 ml di vino bianco secco o Marsala, 100 g di olio di oliva, mosto cotto o miele o zucchero a velo e polvere di cannella, confettini colorati o mandorle, olio per friggere q.b.
Conosciute anche in altre regioni meridionali, le cartellate (in dialetto “carteddate”) sono forse il dolce più tipico della P. uglia, molto popolari a Natale soprattutto nella provincia di Bari. Ogni famiglia custodisce gelosamente la propria ricetta e per le feste ne confeziona in gran quantità, dato che sono ottime anche fredde e in una scatola di latta lontana dalla luce si conservano per parecchi giorni, per poi rifinirle di volta in volta tuffandole nel miele o nel mosto cotto
Preparazione: Lavorare energicamente la farina con l'olio e il vino fino ad
ottenere un impasto morbido e liscio. Lasciar lievitare per un paio d'ore prima di stenderlo in una sfoglia molto sottile, da cui ricavare - con l'aiuto di una rotellina dentata - delle strisce larghe 5 centimetri e lunghe al massimo 50, piegate a metà nel senso della lunghezza e pizzicate con le dita dalla parte del margine aperto ogni due o tre centimetri. Le strisce vanno poi arrotolate a spirale a formare delle piccole coroncine, fritte in abbondante olio d'oliva bollente fino a che diventano dorate e rigonfie e infine immerse nel miele precedentemente scaldato a bagnomaria. Trasferirle su un piatto da portata, spolverizzarle con zucchero a velo mescolato alla cannella e servire fredde. Un’altra versione della ricetta prevede che vengano bagnate nel mosto cotto (qui lo fanno anche di fichi) o nel miele caldo e disposte su un piatto facendovi aderire una spolverata di confettini colorati o di mandorle abbrustolite e tritate.
Preparate per l'Immacolata rimangono gustose e fraganti fino all'Epifania! Antichissime, probabilmente di origine greca, furono servite con il nome nevole et procassa al matrimonio di Bona Sforza nel 1517. Il nome deriva dalla forma curva dei nastri ravvolti a spirale a formare una sorta di canestrino, dal latino cartellus o cartallus - canestro - o dal siciliano cartedda, cesta. Ma c'è anche chi nella forma di coroncine di pasta con i bordi seghettati vede le fasce di Gesù Bambino e chi, invece, il simbolo della corona di spine di Gesù.
P U G L I A
Pettole Ingredienti: 600 g farina, 400 g ricotta, 150 g zucchero, la scorza grattugiata di 1 limone, 1 pizzico di cannella in polvere, 1/2 limone 30 g lievito di birra sciolto in poca acqua tiepida, 1 pizzico di sale, vincotto o miele o zucchero a velo, olio per friggere q. b.
Preparazione: Impastare la farina con il lievito, il sale e l'acqua tiepida fino
ad ottenere una pasta liscia ed elastica, morbida ma consistente. Coprire con un panno umido e far lievitare per un'ora. Preparare intanto il ripieno lavorando in un recipiente la ricotta, la cannella, lo zucchero e la scorza di limone (o, a piacere, vaniglia o anice). Ricavare dall'impasto delle polpettine della grandezza di una albicocca, creando delle piccole cavità da farcire con la crema di ricotta e richiudere. Friggere le pettole in una padella fonda in abbondante olio d’oliva bollente, scolarle accuratamente e gustarle ancora calde, cosparse di zucchero o immerse nel vincotto o nel miele.
P U G L I A
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Specialità povera comune alla cucina lucana, nell’area di Taranto le pettole o pittule si preparano il giorno di Santa Cecilia (22 novembre) e a Natale, mentre in molte altre località si iniziano a preparare l'8 dicembre per la festa dell’Immacolata. Ne esiste anche una versione salata, semplice o ripiena, farcita di piccoli pezzi di baccalà lessato, cavolfiore, “acciù” (sedano), foglie di borragine o di rape, broccoletti, acciughe o tonno.
Mostaccioli Ingredienti: 500 g di farina di grano tenero, 500 g di miele (di fichi, millefiori, arancia, acacia) o di mosto cotto, 1/2 bicchierino di anice, burro o olio extravergine di oliva.
Preparazione: Lavorare la farina, il liquore e il miele fino ad ottenere una
pasta della consistenza simile a quella per il pane. Dopo aver fatto riposare l’intera notte, tirare una sfoglia alta circa un centimetro dalla quale ricavare le diverse forme. Disporre su una teglia unta con burro o olio e infornare a 220° per 20 minuti circa o fino a quando i mostaccioli si presentano di di colore bruno e consistenza dura. Lasciar raffreddare prima di riporli in una scatola di latta oppure in un contenitore munito di coperchio, dove si conservano anche per mesi.
C A L A B R I A
Molte regioni dell’Italia Centro Meridionale - cui si aggiunge il Piemonte, dove si presentano in forma di rombo e . sono di colore violetto per la presenza di vino Barbera - si disputano la paternità dei mostaccioli che derivano dalle focacce nuziali di epoca Romana e Sannita, impastate con farina, miele e mosto e cotte su foglie di alloro (mustace). Nomi e ricette possono essere diversi da paese a paese, ma caratteristica costante è la “durezza”: la più recente aggiunta di burro, margarina o strutto nell'impasto permette di ottenere un prodotto più morbido e friabile ma lontano dalle ricette tradizionali. I mostaccioli calabresi (“'nzuddhe”) non mancano mai sulle bancarelle di sagre e feste popolari e sulle tavole natalizie e pasquali. La tradizione li vuole rigati con una forchetta oppure ornati di piccoli quadratini colorati di carta stagnola, glasse e zuccherini colorati, pinoli, nocciole e mandorle o confettini argentati per contornare le figure e simulare ornamenti, pizzi e merletti. Molteplici anche le forme che possono essere antropomorfe, animali, floreali: da quelle che richiamano la simbologia cristiana (pesce, uccello) e pagana (donna, serpente, lettera) ai cuori da regalare durante le feste di fidanzamento e i matrimoni, dalla sagoma dei santi protettori alle figure animali che ricordano il legame dell’uomo con l’allevamento e la natura. Ma anche la ricetta ha le sue varianti: c’è chi ci mette le mandorle tostate finemente tritate, il burro e la scorza grattugiata di arancia e limone, chi invece l’olio d’oliva e il succo di arancia, chi infine ci aggiunge l'aroma dei chiodi di garofano e della cannella. Nonostante la presenza del miele, che oltre a dolcificare aiuta a mantenere un po' più morbida la pasta nel tempo assorbendone umidità, la mancanza di lievito nell'impasto li rende inizialmente piuttosto duri, ma se vengono conservati per alcuni giorni nelle apposite cassapanche di legno (i “mustazzolari”) diventano più facilmente masticabili pur conservando intatti il profumo di mosto e di miele.
Pitta ‘mpigliata Ingredienti: 500 g di farina, 200 ml di olio extravergine d’oliva, 200 ml di Moscato, Vermut (facoltativo), 1 bustina di lievito per dolci, 2 uova, 3 cucchiai rasi di zucchero, 250 g di miele, 200 g di noci, 120 g di mandorle tritate o di pinoli, 130 g di uvetta sultanina tenuta a bagno in acqua calda e poi strizzata, zucchero, cannella, 1 pizzico di sale.
Preparazione: Amalgamare la farina con le uova, unire lentamente l'olio
riscaldato con il vino, aggiungere la cannella e lavorare fino ad ottenere un impasto compatto. A questo punto unire anche il lievito e la cannella e continuare a lavorare per circa 20 minuti. Tirare 3 sfoglie di spessore medio, una rotonda da sistemare in una tortiera ben oleata ed una quadrata da cui ricavare delle strisce sottili di circa 20 cm di lunghezza e 4-5 cm di larghezza. Preparare il ripieno mescolando insieme la frutta secca e, a piacere, un bicchierino di Vermut. Stendere il ripieno al centro di ogni striscia per tutta la lunghezza, piegare a metà e chiudere, quindi avvolgere a spirale. Trasferire queste “roselline” sulla sfoglia tonda, dopo averla unta e cosparsa di zucchero, ponendole una vicina all'altra e aprendo leggermente l'orlo superiore per formare i petali. Far riposare il dolce per otto ore in un luogo tiepido, avvolto in un tovagliolo, prima di ungere e zuccherare la superficie e infornare a 160-180° per un'ora circa, coprendo se tende a scurire.
C A L A B R I A
Il termine pitta sta ad indicare una ciambella di pane semplice o condita con gli ingredienti più vari, di origine greco-latina e comune a tutto il mediterraneo arabo. . La pitta ‘mpigliata o pitta ccu passuli è un rotolo di pasta dolce farcito e ripiegato su se stesso (da questa operazione forse deriva il nome) a formare tante roselline disposte a cerchi concentrici su una sfoglia rotonda. Ricorda infatti nell'aspetto la torta delle rose astigiana questo dolce antico, di cui si trovano tracce in un contratto di matrimonio del 1728 e che ancora oggi è portato in tavola al termine di alcuni pranzi nuziali, ma soprattutto a Natale. Ingredienti e decorazioni varinoa a seconda delle tradizioni familiari e dei gusti: alcuni nell’impasto sostituiscono il rosolio con vino cotto o moscato o aggiungono le uova, altri arricchiscono il ripieno con pinoli e fichi secchi, altri ancora alle rose conferiscono l’aspetto di fiori dalle corolle leggermente aperte o di garofani oppure piegano la pitta a forma di ferro di cavallo.
Buccellato Ingredienti: 300 g di farina, 125 g di burro, 50 g di zucchero, 1 cucchiaio di Marsala, 300 g di fichi secchi tritati, 30 g di pinoli, 30 g di scorza di arancia candita e 50 g di zuccata tagliate a dadini, 30 g cioccolato fondente, 200 g di uva passa, 100 g di uvetta sultanina, 50 g di noci spellate e grossolanamente tritate, 1 uovo, 1 cucchiaino di spezie (cannella, chiodo di garofano, cardamomo e pepe) in polvere. Per decorare: miele, frutta candita, confettini colorati, zucchero a velo, pistacchi di Bronte.
Preparazione: Impastare in una terrina la farina, lo zucchero, il burro e il
Marsala e lasciar riposare per circa un’ora. Preparare intanto il ripieno amalgamando uvetta, uva passa, fichi secchi, noci, pinoli, cioccolato, canditi e spezie, aggiungendo un poco di zucchero. Tirare una sfoglia rettangolare molto sottile, disporre il ripieno e avvolgere in modo da richiudere la pasta a forma di ciambella. Trasferire il buccellato su di una teglia unta ed infarinata, spennellare con l’uovo battuto e cuocere in forno già caldo a 180° per una ventina di minuti. Lucidare con 4-5 cucchiaiate di miele scaldato a bagnomaria e guarnire con la decorazione preferita.
S I C I L I A
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Specialità assai popolare e di origine antica, deriva il suo nome dal tardo latino (buccellatum = pane militare e boccella = boccone). Il buccellato si fa anche in Liguria, in Toscana, nelle Marche, in Molise e in Calabria, ma quello siciliano è particolarmente ricco negli ingredienti e nelle decorazioni, tanto che in passato veniva spesso utilizzato come trionfale centro tavola per il pranzo del 25 dicembre. Nel Palermitano - dove i tipi scadenti di buccellati vengono . chiamati con disprezzo “ammara-panza”, buoni cioè solo a riempire lo stomaco - era usanza che nel periodo della novena natalizia (nove serate in cui si riunivano parenti ed amici) le donne più anziane si dedicassero a preparare diverse pietanze, tra cui questo dolce, per allietare il tempo. Nomi, fogge e pezzature possono cambiare nelle diverse contrade dove le cuoche di casa lo modellano a corona (forma perfetta dal potere magico e augurale), palma, mezzaluna o tozzetti, ma sempre “pizzicato” per mettere in mostra l’impasto interno e presentare la caratteristica merlatura.
Cuccìa Ingredienti: 500 di grano tenero lessato e scolato (oppure già pronto nelle confezioni per la pastiera), g 600 di ricotta, 100 g di zucchero semolato, g 50 di cioccolato fondente a scaglie, 1 melograno, cannella in polvere.
Preparazione: Versare in una ciotola la ricotta setacciata, lo zucchero, la
cannella e lavorare bene fino ad ottenere una crema liscia e omogenea. Aggiungere il grano e il cioccolato, mescolare di nuovo e lasciar riposare qualche ora prima di servire. Suddividere il composto nelle coppette individuali e decorare con i chicchi di melograno
Con questo nome si indica sia un dolce che un piatto salato a base di grano bollito, che con alcune varianti si consumano in diverse regioni del sud in occasione della ricorrenza dei morti o della festa di Santa Lucia. L’usanza ha radici pagane e mangiare il grano in onore . religiose: per Greci e Romani dei defunti serviva a rinsaldare il legame con la vita, per i cristiani il grano rappresenta il Corpo di Cristo e il vino cotto il Sangue di che lava i peccati del mondo. Nelle antiche società mediterranee la cannella simboleggia la vita, la noce ha il duplice significato di vita e di morte, mentre il melograno rimanda a numerosi significati: amore, rinascita, fecondità, concordia, prosperità.
Un prodotto simile, chiamato “kutia”, si prepara anche in alcuni Paesi dell'est europeo come Ucraina, Lituania e Polonia. La consuetudine siciliana di mangiare la cuccia il 13 dicembre va collegata alla grave carestia che nel 1646 colpì Siracusa durante la dominazione spagnola: l’arrivo di una nave carica di frumento fu ritenuta un vero miracolo dai siracusani affamati, che lo mangiarono semplicemente bollito e condito solo con un filo d’olio. Da qui l'abitudine di mangiare la cuccia nel giorno di Santa Lucia per ringraziare la santa, ritenuta artefice del miracolo. Il nome forse deriva da cocciu (chicco) o dal verbo cucciari (mangiare un chicco alla volta): la tradizione vuole infatti che questo dolce, tipico delle aree interne della Sicilia e del palermitano, sia distribuito a familiari, amici e vicini di casa e che le briciole vengano lasciate sui tetti per gli uccellini. Esistono molti modi di preparare la cuccia con creme di latte o di ricotta, cacao, canditi, cannella, cioccolato, noci…, melograno, granella di pistacchio, miele o vino cotto.
S I C I L I A
Papassinos Ingredienti: 1 Kg di farina "0", 5 uova intere, la scorza grattugiata di 3 arance, 1 bustina di lievito per dolci, 300 g di zucchero, 300 g di strutto, 400 g di noci e 400 g di mandorle pelate tostate e tritate modo grossolano, 200 g di uva passa (“sa pabassa”) fatta riprendere in acqua tiepida, semi di anice e finocchio (un po' tostati) o spezie in polvere (cannella, chiodi di garofano, anice stellato) a piacere, 1 pizzico di sale. Per la glassa: 2 albumi, 250 g di zucchero, 200 g di acqua, zuccherini colorati (“sa trazea”).
Preparazione: Impastare la farina con le uova intere, lo strutto ammorbidito,
lo zucchero e il lievito. Unire anche noci, mandorle, uva passa, scorza di arancia e spezie e amalgamare bene il tutto. Spianate con il mattarello ad un paio di centimetri di spessore al massimo, ricavatene dei rombi e metteteli in forno caldo a 180° per una ventina di minuti o fino a che non diventano color nocciola chiaro. Preparare la glassa sbattendo vigorosamente sul fuoco molto basso (meglio se a bagnomaria) zucchero e albumi, fino a quando non si sarà formata una crema densa e candida e passarla velocemente sui biscotti. Decorarli, infine, con gli zuccherini. Lasciar asciugare in un luogo areato per circa dodici ore. Se la glassa non dovesse essere ancora solida, infornare i biscotti in forno tiepido spento o nel forno a microonde per un paio di minuti a temperatura media. In alternativa alla glassa potete utilizzare uno sciroppo di acqua e zucchero da passare e ripassare con un pennello finché, raffreddandosi, non conferisce ai biscotti il caratteristico colore bianco panna.
Un'antica tradizione associata al culto dei morti (molto forte in Sardegna) e alla festa di Ognissanti vuole che nei paesi della Barbagia i bambini girino di . casa in casa a chiedere un'offerta - castagne, frutta secca e melagrane, caramelle, mandarini, biscotti e dolcetti - per le anime dei morti che nella notte del primo novembre ritornano alle loro case. Per la decorazione di questi biscotti, operazione piuttosto laboriosa, un tempo le donne si riunivano a “incapparli” con la glassa bianca anche per tutta la notte. Conservati in una scatola di latta si mantengono a lungo e si consumano durante tutto il periodo natalizio.
S A R D E G N A
Tiliccas di saba Ingredienti: 250 g di farina di grano duro, 25 g di strutto, 250 ml di saba, 100 g di semola, 50 g di mandorle dolci tostate e tritate, la buccia grattugiata di 1 arancia e di 1 limone, confettini colorati (trexera), 1 pizzico di sale.
In passato venivano preparati in occasione delle feste più importanti come il Natale, i battesimi e i matrimoni, ma in alcune zone era consuetudine benedirli e regalarli insieme ad . altri dolci in occasione del falò di Sant’Antonio Abate (17 gennaio), una festa nata in tempi antichissimi come rito propiziatorio per la nuova annata agraria.
Preparazione: In un tegame a fondo spesso scaldare a fuoco dolce la
saba e due dita d'acqua. Quando inizia a sobbollire, unire lentamente la semola, le mandorle e le scorze grattugiate. Continuare a cuocere mescolando continuamente finché non si forma un composto consistente che si stacca dalle pareti. Togliere dal fuoco e lasciar raffreddare per un'ora. Preparare intanto la sfoglia impastando farina, strutto, sale e acqua tiepida q.b. Stendere la pasta sottilissima, ricavare delle strisce di circa 12-15 cm di lunghezza e 5 cm di larghezza e disporre su ogni striscia nel senso della lunghezza un pò del composto raffreddato. Sollevare i bordi della sfoglia avvicinandoli ma senza unirli e formare con questi cannoli (che devono rimanere leggermente socchiusi) le forme desiderate. Metterle su una teglia foderata con carta da forno e infornare a 150° C per venti minuti circa o fino a quando diventano leggermente dorati. Una volta tolte dal forno far cadere sul ripieno ancora caldo i confettini colorati e lasciar raffreddare prima di servire. Si mantengono per lungo tempo.
Chiamate anche caschettas, le tiliccas sono delicatissime sfoglie ripiene di semola e saba sarda (mosto di prima pigiatura fatto bollire lentamente e ristretto), piegate nelle forme più svariate (ferro di cavallo, ellisse, mezzaluna, cuore).
S A R D E G N A
Bibliografia e Sitografia AA.VV., Il cucchiaio d’argento, Editoriale Domus, Milano 2005 Accademia Italiana della Cucina, www.accademiaitalianacucina.it Ars Alimentaria, www.ars-alimentaria.it Banca Dati dei prodotti agroalimentari tradizionali della Regione Toscana,
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B I B L I O G R A F I A
L'autrice Laureata in giurisprudenza, sposata con due figli, lavora da anni nel campo dell'editoria sull’enogastronomia di qualità e un consumo alimentare consapevole e sostenibile. Socia fondatrice dell'associazione culturale “Gusto Giusto” di Roma dal 2008 al 2010 e dell'Associazione di Promozione Sociale SapereSapori nel 2014, scrive articoli sulle tipicità italiane e sulle iniziative del marketing territoriale degli Enti locali. Fra i suoi lavori: "DOC&DOP 50 anni di denominazioni d'origine a tutela del vino e della qualità dei prodotti italiani" (Civin, 2013), “Un’Itàlia, 150 piatti 150 vini 150 territori” (Civin, 2012), "Le Città del Vino in un click!" (E-book Edizioni Civin Siena, 2012), “Il Manuale del Borghigiano. Piatti, percorsi e parole per scoprire i borghi italiani” (Mursia Editore, 2010), “Dolci storie. Raccolta di ricette e tradizioni delle feste di Natale” (Gusto Giusto, 2009), “Le vie del riso - Ricette a base di riso da tutto il mondo” (Calderini Edagricole, 2000), “La guida della Thailandia” (Calderini, 1999), “Obiettivo Giovani - Manuale sulle politiche ed i servizi informativi per i giovani” (Editrice Cel, 1993), “Enti locali, la ricchezza dell'innovazione - Esempi di nuovi comportamenti nella Pubblica Amministrazione locale” (Editrice Cel, 1991). Co-autrice del rapporto di ricerca su “Il ruolo della cultura gastronomica nazionale come fattore di armonizzazione nei processi di mutamento sociale” per la Fondazione Censis e l’Accademia Italiana della Cucina (2007).
ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE SAPERESAPORI