Claudio Bonomi

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Io sono l’Alfa e l’Omega ... Colui che era, che è, che viene.

Claudio Bonomi


LITURGIA DELLE ORE E APOCALISSE Io sono l’Alfa e l’Omega ... Ap. 22,13

Colui che era, che è, che viene. Ap. 4,8

Tutti i testi e descrizioni del catalogo sono stati realizzati da : M. Anna Maria Cànopi osb Abbazia Benedettina «Mater Ecclesiæ» Isola San Giulio - Orta (Novara)

Borgomanero, Agosto 2013

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Presentazione La prima reazione che si ha guardando i pannelli di Claudio Bonomi è lo stupore. Ci si trova infatti davanti ad un’arte realizzata con una tecnica del tutto originale che fa emergere da lamine lucenti finemente cesellate figure simboliche al cui centro sta sempre un globo: come un sole – il Cristo – da cui emana tutta la luminosità del quadro. Qui si tratta della rappresentazione simbolica della “Liturgia delle Ore”, la preghiera mediante la quale la Chiesa celebra il mistero di Cristo evocandone i vari momenti lungo il corso della giornata. Il Figlio di Dio entra nel mondo, nella storia umana, e con la sua presenza santifica il tempo che da kronos diventa kairós, da tempo cronologico diventa tempo di grazia.



LITURGIA delle ORE


Le Vigilie o Mattutino sono una preghiera raccolta, meditativa, che nasce dal silenzio. Con l’ascolto della Parola e con la salmodia si rievoca la storia della salvezza nel tempo dell’attesa. Su sfondo bruno, appunto notturno, emerge il punto luce che anima tutto il creato.

ADSUM


H 73,5 X 82


Le Lodi, celebrate agli albori del giorno nascente, evocano la creazione della luce e la Risurrezione di Cristo. In esse si offrono le primizie della giornata e si riceve la benedizione per il cammino che sta davanti. Su sfondo verde, le figure si animano come a un risveglio primaverile.

LE LODI


H 73,5 X 82


Terza è l’ora in cui Gesù si avviò al Calvario portando la Croce, ma è soprattutto l’ora in cui, dopo la sua Risurrezione e Ascensione al Cielo, mandò lo Spirito Santo sugli apostoli radunati in preghiera con Maria, sua Madre. Su sfondo bianco, la composizione simbolica è tutta un’esplosione di luce emanante da croce gemmata: O lux beatissima, si canta nella liturgia di Pentecoste, Luce d’amore che illumina le menti e riscalda i cuori.

TERZA


H 73,5 X 82


Sesta è l’ora in cui si evoca principalmente il Cristo elevato sulla Croce. Lo sfondo rosso richiama il sangue versato dal Figlio di Dio per lavare il peccato del mondo.

SESTA


H 73,5 X 82


All’ora di Nona, su sfondo bruno, il globo di luce si è trasformato in una specie di ostensorio velato, sospeso sopra una ramificazione raccolta a forma di calice in cui si riversa la luce. Come un sole che tramonta. Ăˆ la morte.

NONA


H 73,5 X 82


Con l’ora del Vespro ritorna la croce gloriosa, raggiante su sfondo rosso vivo e con ricchezza di fregi in diverse gamme di colore. Al tramonto del sole, la Chiesa presenta a Dio Padre – in rendimento di grazie – l’offerta della Passione salvifica del Figlio e unisce ad essa l’offerta di tutti i fedeli: gioie e dolori, fatiche e sollievi della giornata trascorsa.

VESPRO


H 73,5 X 82


A Compieta, la giornata si chiude raccogliendo tutti i figli di Dio all’ombra delle sue ali. Su sfondo bruno e zone di intenso turchino del cielo notturno rimane il candore del globo di luce che già prepara il nuovo giorno, quello che non avrà più tramonto.

A COMPIETA


H 73,5 X 82


FIAT LUX


H 90 X 74


Il filo rosso che lega la rappresentazione simbolica della “Liturgia delle Ore” ai pannelli ispirati alla “Apocalisse” è l’esperienza della santificazione del tempo, di tutto il tempo (quello dell’eone presente intriso di dolori, ingiustizie, mali, empietà, peccato) e quello dell’eone futuro (mondo della comunione con Dio, quindi della gioia e della pace) presente “già” qui ed ora, nel cuore dei credenti anche se “non ancora pienamente”, pur attraverso la lotta cosmica in atto nella quotidianità . Tutta la storia ne è segnata e all’uomo è riservato un compito ben preciso: accelerare la vittoria finale di Dio, anzi “anticiparla”. Come? Proprio mediante la preghiera, espressa in quell’appassionato “Vieni, Signore Gesù” (cf Ap 21,17), così potente sul cuore di Dio e certamente da Lui “già” ascoltato, anche se “non ancora” evidente a tutti. Questa “visione in profondità” di quanto sta accadendo sotto i nostri occhi è… “apocalisse”, cioè “svelamento”, impellente esigenza di lasciarci togliere dagli occhi della mente e del cuore quel velo dell’incredulità, dell’ idolatria e della superficialità largamente diffusa anche ai nostri giorni. Saper vedere Dio all’opera in questa nostra povera storia: ecco la vocazione del “veggente” Giovanni, ma anche del credente che è in ognuno di noi e, a maggior ragione, del consacrato, in un modo del tutto particolare del

contemplativo e dell’artista. Sostenere l’attesa respirando eternità con la preghiera; passare la nostra vita – come dice la sapienza monastica – a passare nella Sua vita, passare il nostro tempo (kronos) a passare nel kairòs di Dio, testimoniare la fede con la carità fattiva, sospinti al largo dal vento dello Spirito: questa la nostra “missione”, ieri oggi e sempre. Essa, però, è possibile soltanto se ripetiamo incessantemente nell’intimo del nostro cuore quello che «lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni, Signore Gesù!”» (Ap 22,17.29). Allora, e solo allora, anche noi diventiamo “veggenti”, capaci cioè di “vedere in profondità”, già qui, nell’oggi, i “segni” della presenza di Colui, che ripete al nostro cuore: « Ecco, sto alla porta e busso… se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me… Sì, verrò presto!» (cf. Ap 3,20; 22,29).


APOCALISSE


BABILONIA Su fondo scarlatto risalta inquietante, fra linee sinuose a spira di serpente, il nero occhio diabolico della bestia tra il vorticoso aleggiare delle sette teste demoniache sulla città. Città chiusa alla trascendenza, organizza la sua convivenza confidando unicamente sulle proprie forze, andando incontro, in maniera tragica e drammatica, al suo fallimento sintetizzato (nell’angolo inferiore sinistro della tavola, destro per chi guarda) dallo sgretolamento delle forme architettoniche provocate dai flutti marini.

BABILONIA (cf Ap 17-18) Ammaliata dall’inquietante settenario diabolico (le sette teste della bestia), Babilonia, la città senza Dio, pianifica inesorabilmente la sua caduta (cf Ap 18): la rovina materiale evidenzia quella interiore, già in atto e ben più dolorosa. Ma il “veggente” – Giovanni, e anche ogni credente – “vede in profondità”, già dentro questa catastrofe preannunziata, che

Dio, proprio attraverso “la caduta”, sta preparando “cieli nuovi e nuova terra”. Anzi, Dio stesso sollecita i suoi ad affrettarne la manifestazione, mettendo in atto, quotidianamente, il “settenario della preghiera” (Liturgia delle Ore), che, giorno dopo giorno, abbraccia (con il verde della speranza) perfino Babilonia, distogliendola dallo sguardo seduttore del’antico serpente per attirarla verso lo sposo vero, l’Agnello.


H 246 X 267


LA GRANDE PROSTITUTA “Teneva un calice d’oro nella sua mano pieno di abomini e vi erano le immondezze della sua impudicizia” (Ap 17,4). Su fondo opulente di falso oro, una figura di donna – ricoperta anch’essa di falso oro con le tracce rosse del sangue dei martiri – offre ad un potente della terra il suo calice, colmo di tutte le scelte sbagliate, di tutto il negativo che la donna può universalmente suscitare. Questa figura di donna ha tutti gli elementi negativi che fanno di lei la negazione dell’autentica femminilità.

LA GRANDE PROSTITUTA (cf Ap 17, 4) Patetica, nel suo offrire quanto non ha (felicità, vita) a chi non sa quello di cui ha veramente bisogno (Dio, la vita, la gioia che nessuno potrà togliere), la creatura agghindata del suo nulla esitenziale fatalmente diventa… uno specchio per allodole. Eterna Eva, perennemente incapace di donare vita da sé, si rivela, oggi più che mai quale grembo di morte, per quanti, ignari o ostinati, le si accostano.

Si direbbe questa l’ultima parola nel dramma della storia, come “la bestia” vorrebbe far credere! Ma non è così! Il “veggente”, dunque, non si stanca, non deve stancarsi di scrutare nelle “visioni notturne “ (leggi: Liturgia delle Ore) il sorgere della “stella del mattino”, sempre incoraggiato dalla presenza materna, consolatrice e generatrice di vita vera della nuova Eva, la “donna vera, vestita di sole” (cf Ap 12): Maria, la Chiesa.


H 100 X 100


VIENI SIGNORE GESÙ Scocca in noi la scintilla della fede: improvvisamente una forzadesiderio intenso ci fa congiungere le mani per metterci, dopo un lungo trascorso, a pregare, a desiderare di amare Dio. Tre figure, dall’aspetto arcaico, escono dalle tenebre e, nell’atto del congiungimento delle loro mani oranti, la luce divina come d’incanto inizia ad illuminarli ed ad animarli. È l’inizio di una nuova esistenza.

VIENI SIGNORE GESÙ (cf Ap 22, 17.29) Apocalisse è… saper “vedere in profondità”, anzi, affrettare il sorgere dell’aurora, proprio nel momento in cui più buia sembra la notte! Luce e tenebre, Dio e Belial: sul palcoscenico della storia la lotta cosmica si riaccende al calar di ogni notte, quando il buio sembra ingoiare definitivamente la speranza. Ma proprio allora – questa è la “missione” dell’artista e del contemplativo, come di ogni “veggente” – sono più necessarie mani di oranti, congiunte

o elevate in preghiera, come deboli fiaccole che nella notte del mondo ancora immerso nel torpore di morte, si alzino da ogni angolo della terra a implorare: «Vieni, Signore Gesù! Vieni!» Presto! E, davvero, miracolo nuovo ad ogni aurora, al desiderio dell’uomo, la brezza del primo mattino porta l’attesa risposta: «Sì, verrò presto… Ecco, sto alla porta e busso… se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (cf. Ap 22,10; 3,20).


H 129,5 X 125,5


LA DONNA NEL DESERTO La donna è sottratta dal pericolo dell’attacco del drago e condotta a vivere e a camminare nel deserto. Il drago vomita una grande quantità di acqua sul deserto: tentativo della soppressione della donna-Chiesa. La grande quantità di acqua immessa nel deserto trasformerà questo in un’oasi illusoria da offrire alla donna-Chiesa in esso rifugiatasi. Guai se la donna-Chiesa scambiasse l’oasi illusoria con il definitivo punto d’arrivo finale: “la Gerusalemme nuova” verso la quale è diretto il suo peregrinare: tradirebbe se stessa e sarebbe inesorabilmente travolta dal demonio.

LA DONNA NEL DESERTO (Ap 12,1-17) Apocalisse è… vedere e vedersi nel cono di luce avvolgente, protetti come un bimbo nel grembo materno di Dio, al sicuro dal vano agitarsi dei tentacoli del grande seduttore, che insidia e invano vorrebbe ghermire la creatura nuova che è in noi: «Cristo in noi, speranza della Gloria». Esperienza quotidiana, tremenda e dolcissima ad un tempo, soprattutto nelle lunghe traversate del mare della prova, nel deserto dell’aridità o della solitudine, quando la sorgente vera

sembra irraggiungibile e, invece, reale si prospetta il miraggio: l’oasi dell’ effimero, attraente, incombente… invadente. Allora, più che mai, all’orante-“veggente” resta da giocare la carta vincente, l’umile forza dell’affidamento che, nel deserto, ha salvato la donna nuova, incinta della Parola. Come lei, Madre eppure figlia del suo Figlio, ognuno di noi, sperimenta la vicinanza salvifica della Parola fatta carne, perché «Quello che si dice in modo speciale della vergine Madre Maria è detto in generale della vergine madre Chiesa, e, in particolare per l’anima fedele» (Isacco della Stella, abate, sec. XII).


H 125,5 X 120


LIBERO ARBITRIO La figura di Cristo, al centro della tavola, è faro di luce e le tre figure oranti, – alla sua destra, immerse in una vegetazione paradisiaca – si rivolgono a Lui, attirate nella Sua luce. Alla sua sinistra (a destra per chi guarda), troviamo la figura dell’indecisa, mezza vestita e mezza nuda. La sua posizione è molto fragile e tormentata: anche se ancora non si è completamente allontanata da Gesù, deve compiere la propria scelta. L’indecisione costituisce, già di per sé, la propria condanna. Seguono in ordine le figure dei grandi corrotti e sanguinari della storia; l’abito si è fatto coriaceo, duro: la loro scelta di allontanarsi da Cristo si è fatta ormai irremovibile. Sull’abito spicca il medagliere fatto con il sangue delle loro vittime.

LIBERO ARBITRIO (Ap 3,14-17) «Non sei né caldo, né freddo»: é il peggior rimprovero che possiamo sentirci dire da Cristo, pietra d’angolo, spartiacque e faro nella storia. Anche noi, come le tre figure oranti possiamo lasciarci attirare da Lui, oppure – e questo è già la nostra infelicità “qui” ed “ora”, senza parlare del “dopo” – possiamo decidere di rimanere nell’indifferenza, in quel grigiore opprimente che ci impedisce di “rivestirci di Lui”, bloccati nell’indecisione, nella presunzione di un’autonomia che, in realtà, è nudità, povertà radicale, esistenziale. «Resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi. Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi» (cf Gc 47-8). «Rivestitevi del Signore Gesù Cristo, e non assecondate la carne nelle sue concupiscenze» (cf Rm 13, 13-14).

Il respiro della preghiera, invece, ci rende saggi e previdenti. Risveglia in noi il desiderio di diventare ricchi di Lui, di “comperare da Lui – l’unico che ce le può dare – vesti bianche … e collirio” per imparare a vedere o recuperare la vista. Allora non penseremo più: «Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla» (cf Ap 3,17), ma, scoprendo finalmente di essere «un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo», “vedremo in profondità”: la sua benevolenza, amore misericordioso straripante nella storia individuale come in quella dei popoli. Tenerezza capace di farsi anche rimprovero, se occorre, e perfino castigo, estrema invenzione di un Amore che non si arrende di fronte alla nostra tiepidezza.


H 231 X 240


GERUSALEMME NUOVA Su fondo a raggiera della lunetta, l’Agnello immolato, assiso sul libro chiuso dell’apocalisse, sovrasta la pianta quadrata della Gerusalemme nuova. Al centro la piazza con l’albero della vita e la sorgente di acqua viva. Ai quattro lati quattro porte con la guardia: per ognuna, tre angeli ed un filetto rosso, ad indicare il sangue dei martiri che contorna il tutto. La città poggia su dodici pietre preziose; nelle fasce laterali al centro spiccano la stella radiosa del mattino e la manna; alla base, poi, da una parte la punta della spada e dall’altra, la palmetta. Al centro della fascia di base è rappresentato il libro aperto della rivelazione con ai lati l’alfa e l’omega.

GERUSALEMME NUOVA (Ap 21) Armoniosa nella perfezione divina della sua pianta, la Città santa, la Gerusalemme celeste (cf Ap 21,2. 10-21) è tutta aperta ad accogliere quanti, dai quattro punti cardinali, anelano a lei. Universale invito alla gioia della comunione: Jerusalem, beata pacis visio! «Jerusalem “Visione di pace”, costruita per sempre nell’amore del Padre… dentro le tue mura, risplendenti di luce, si radunano in festa gli amici del Signore» (dalla Liturgia). Luce, acqua e pane di vita, tempio e libro, amico e sposo: tutto questo è l’Agnello per gli invitati alle nozze, anzi per “la Sposa” (la Chiesa, ogni credente). Immolato eppure glorioso – glorioso proprio perché immolato –

Egli è A e Ω, principio e fine di tutto, canto e comandamento nuovo (quello dell’amore oblativo). Tutto egli ricapitola in sé e da sé effonde, come fiumi di acqua viva, I benefici raggi (sacramenti) deificanti, offerti a tutti, ma visti e accolti soltanto dai chi ha gli occhi purificati dalle lacrime della “grande tribolazione”, quella delle prove quotidiane, non risparmiate a nessuno. E questo è una realtà non solo futura, non “dopo”, “domani”, ma già “ora”, già “qui”, già “dentro” la storia. Da quando l’Agnello ha tolto i sigilli al libro della storia, esso rimane aperto alla visione e all’ascolto di tutti quanti desiderano vedere e ascoltare, ma incomprensibile agli altri» non ben disposti (cf Ap 22,15).


H 334 X 251


SAN GIOVANNI “Tieni chiuso in te ciò che i sette tuoni hanno detto e non scriverlo” (Ap. 10,4). Su fondo dorato si staglia ieratica l’immagine di San Giovanni. Dapprima sfumata, questa si fa sempre più distinta, sino a confinare con una zona scura: il mistero, il non detto. Sull’abito – che non ricopre un corpo, ma solo uno spirito – si scorgono rappresentati i sette sigilli aperti e le cupole delle sette chiese d’Asia, mentre il volto modellato concavo si fa scrigno del segreto affidatogli.

SAN GIOVANNI (cf Ap 1,1.4.9; 10,4) Ecco stagliarsi, come cerniera tra il tempo e l’eterno, la luce e le tenebre, la figura di Giovanni: ritto, in estasi, rapito e partecipe del mistero affidatogli, con la sua stessa figura diventa “apocalisse”, rivelatore di Gesù Cristo (cf Ap 1,1), il Figlio di Dio, Pantokràtor eppure riconosciuto solo dalla Chiesa quale Signore, Sacerdote, re e Messia. Fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella costanza in Gesù, deportato nell’isola di Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza resa a Gesù (Ap 1,9), Giovanni è il “veggente”, capace di “vedere in profondità”. La visione ha scavato nel suo volto orbite oceaniche, concave. Egli stesso è diventato pura capacità di attenzione estatica al Solo che è degno di essere contemplato, udito, toccato: Gesù Cristo, il Primo

e l’Ultimo e il Vivente, Colui che era morto, ma ora vive per sempre e ha potere sopra la morte e sopra gli inferi (cf Ap 1,17). La sua vocazione è sublime, tremenda e ineffabile la missione ricevuta: scrivere le cose viste, quelle che sono e quelle che accadranno dopo (cf Ap 1,19), sapendo cadere in ginocchio ai piedi di Lui (cf Ap 1,17), piangere, piangere molto quando non si trova nessuno degno di aprire il libro della storia e di leggerlo (cf Ap. 5,4). Ritto, in profonda empatia con i destinatari del messaggio, Giovanni “rimane” partecipe del travaglio di tutti, testimone della promessa e, come il suo omonimo – il Precursore – disposto a farsi quasi lampada vivente che accetta di rimanere accesa fino a quando spunti la Luce vera, la radiosa stella del mattino (cf Ap 22,16), il Signore Dio che illuminerà tutti e tutto, senza “più bisogno di luce di lampada né di luce di sole” (cf Ap 22 5).


H 253 X 115


SETTIMO SIGILLO “Quando l’Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circa mezz’ora” (Ap. 8,1). Nell’apertura del settimo sigillo, il silenzio – assenza di immagine – diventa esso stesso immagine di grande forza. Un cherubino, su fondo opaline evanescente, prende il fuoco dall’altare: sono le nostre preghiere che, dopo essere state incensate, sono innalzate a Dio. Lo stesso braccio del cherubino – in un gesto sfumato, ad indicare un tempo successivo – rovescia sulla città sottostante il turibolo con la brace (avvertimento a non edificare la casaesistenza come se fosse un assoluto). Il tutto cristallizzato in una luce di silenzio che tutto avviluppa in un’atmosfera di azione-tensione. SETTIMO SIGILLO (Ap. 8,1). «Quando l’Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circa mezz’ora» (cf. Ap. 8,1). La “mezz’ora“ che reclama il compimento e lo vuole affrettare, oggi, è il silenzio liturgico, che ancora, in ogni celebrazione, prepara l’irrompere della Parola nella storia, la sua incarnazione: «Dum medium silentium…Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo corso, la tua Parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, discese…» (Sap 18,14-15), canta la liturgia a Natale, e precisa: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Silenzio sacro, palpabile e salvifico, indispensabile per “vedere in profondità” cosa avviene in ogni momento celebrativo: “Sappiamo per fede – dice san Benedetto – che Dio è ovunque presente… ma dobbiamo essere assolutamente certi che egli

ci è presente soprattutto mentre celebriamo la Liturgia delle Ore” (cf Regola di San Benedetto, c. 19). La preghiera dei santi della terra fa coro con quella dei santi del cielo, in stretta comunione di intenti, in potente intercessione, nella consapevolezza “che non saremo da Lui esauditi per le nostre molte parole, ma per la purezza del nostro cuore e la compunzione fino alle lacrime » (cf Regola di San Benedetto, c. 20). E il Canone romano ribadisce: «Ti supplichiamo, Dio onnipotente, fa’ che questa offerta, per le mani del tuo angelo santo, sia portata sull’altare del cielo, davanti alla tua maestà divina». Quale offerta? L’unica che redime: quella del Figlio di Dio, il Cristo “capo” – già glorioso in cielo – ma non senza il suo “corpo” – cioè noi, suoi fratelli – spesso ancora pellegrinante nella sofferenza dell’esilio dalla casa del Padre.


H 224,5 X 214


DONNA VESTITA DI LUCE Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle (Ap. 12,1-2). La figura femminile sullo sfondo azzurro quasi si fonde con la luna che la investe: è la Chiesa; è pure Maria, Madre del Messia e della sua discendenza. Di fronte ad essa, tutto immerso nelle tenebre, un drago minaccioso con le fauci aperte, tenta invano di avanzare: è Satana, l’Anticristo. La Chiesa è sempre perseguitata dal maligno, ma mai distrutta, perché il Cristo, che vive in essa ha già vinto le forze del male.


H 210,5 X 258,5


SINE PONDERE SURSUM


H 100 X 100


Le foto sono state realizzate da : Silvano Ferraris Realizzazione grafica : Gianni Fornara


L’opera di Claudio Bonomi è, si può dire, una sequenza liturgica ispiratasi all’ambiente claustrale dove si celebra la laus perennis in corale accordo con la lode perenne della Gerusalemme celeste; essa offre a chi la contempla un messaggio di grande elevazione, una profonda intuizione del mistero di Cristo, Alfa e Omega, Principio e Fine di tutto, dell’uomo e del cosmo.


CLAUDIO BONOMI - NOTE BIOGRAFICHE Claudio Bonomi ( Varallo Sesia 04 Luglio 1953), ha precoci rapporti con il disegno e con le tecniche tradizionali della scultura: affronta la fusione in bronzo, raffinando la propria tecnica di cesello; opera anche su rame a sbalzo. Degli ultimi anni Settanta è un ampio lavoro eseguito con tale tecnica, inserito con valore architettonico in un interno. Nel 1988, espone per la prima volta alla rassegna “Percorsi della scultura” a Monza, presso la galleria Montrasio Arte. Nel 1989, prende parte a “Primavisione” : 10 giovani artisti italiani, nel contesto dell’ Internazionale d’Arte Contemporanea, negli spazi della Fiera di Milano: vi espone un ampio pannello ed una sequenza di gessi colorati. Nel 1990, viene invitato ad esporre a “Ten young italian”, di Chicago per la “International Art Fair” , ove presenta una nuova serie di rilievi. Bonomi sperimenta le possibilità espressive di materiali amorfi, ma di alto potenziale plastico. Espone in una rassegna dedicata alla giovane scultura italiana presso il Castello di Sartirana Lomellina. Inizia l’impiego di microrete d’acciaio. Data al 1991, la partecipazione a “Gruppo di numero”, presso il Centro d’Arte La Maddalena di Genova; ad “Arte per Desio”, in Villa Tittoni-Traversi Nel 1992, espone alla mostra “L’ opera di figura” alla galleria Montrasio di Monza. Del 1993, introdotta da A.Crespi, la prima mostra Personale, nelle suggestive sale del Castello di Sartirana, dove Bonomi presenta opere di grandi dimensioni: un’installazione formata da una sequenza di sette pannelli bifronti. In contemporanea, la galleria Montrasio di Monza ospita una sezione della rassegna. Da quel momento, sono le realizzazioni in microrete a prevalere definitivamente. Durante il biennio 1994-1995, l’attività dello scultore, che consiste in installazioni polimateriche ed è sottesa da un’ampia produzione grafica, è presentata attraverso la Galleria Montrasio al “SAGA” di Parigi, “Lineart” “di Gand, ad “Artefiera” di Bologna, al “MIART” di Milano, ad “Artissima” di Torino. Nello stesso 1995, nuova Personale di sculture ed installazioni, alla galleria Montrasio di Monza, con saggio critico di Rossana Bossaglia in catalogo. Costantemente d’alto livello la produzione disegnativa, che utilizza inchiostri su lucido e si esprime per cicli dedicati a momenti e miti della cultura occidentale, in una visione colta, dominata da un forte senso del tragico Nel 1997, Bonomi espone un’opera alla rassegna “Pittura e fotografia”, a cura di A. Montrasio e R. Sanesi, all’Arengario, ed un’installazione nel contesto della rassegna “Il giardino della scultura” presso il polo fieristico monzese; Nella primavera del 1998, opere grafiche alla mostra “Di segno in segno” a Palazzo Colossis di Meduno ed a Villa Borgia di Velate. Nell’ultimo terzo degli anni ‘90, vede l’artista aderire più precisamente il percorso verso mirate installazioni ed amplificare ulteriormente il dialogo tra luci e materiali della scultura, tramite retro- illuminazioni di alcune opere, con luce artificiale. Il lavoro più recente, vede lo scultore tornare alle dimensioni del quadro, impiegando metalli e filati tecnologici. Parti metalliche risultano sospese all’interno di una zona fluida, realizzata a velari di garze. Ed il colore torna ad interloquire, portato all’interno per riflessi ed iridescenze di materiali inediti con superfici metallizzate od a costruire l’involucro esterno dello stesso oggetto, in una ristretta gamma di toni assolutamente antinaturalistici. Nel Gennaio del 2001, personale dell’artista presso la Montrasio Arte, nel contesto di “Arte fiera” di Bologna. La sua scultura “Fondo marino” è installata presso la sede monzese dell’INAIL. Nell’autunno, in una nuova personale, nella sede milanese di Montrasio Arte,con saggio introduttivo di Alberto Veca e testi di F. Pensa e M. Rosci, lo scultore presenta il lavoro dell’ultimo quinquennio. Nel febbraio 2002, personale di sculture in microrete, con lievi interventi cromatici, alla Saletta Reale della Stazione di Monza, con testo di A. Crespi. A Giugno, una personale a Villa Serbelloni di Bellagio.


In Ottobre, realizza un’installazione con l’architetto Pepe Tanzi alla mostra “Architettare” presso Montrasio Arte di Monza. A Dicembre, espone nel contesto della rassegna “Affinità selettive” presso lo showroom di Fossati Interni a Monza. Nel Maggio 2003, espone nella rassegna di gruppo “Materie” con G.Locati e F.Bozzoli, presso Montrasio Arte a Monza. In Ottobre, presenta un’opera alla mostra “Crocefissioni” alla Galleria d’ Arte Sacra dei Contemporanei di Villa Clerici a Milano. Nel Febbraio 2004, realizza un’installazione per i pacchi della Brianza presso il “BIT” di Milano. Dal 2005 al 2008 collabora attivamente con l’attrice-autrice Teresa Pomodoro, presso lo Spazio teatro No’hma di Milano , Basilica San Ambrogio - Milano , Castello di Otranto . Nel 2006, collabora all’allestimento, con scultura interagente, per “Scritti corsari” di Pier Paolo Pasolini, a cura di Elisabetta Riva, presso il Museo Civico Floriano Bodini di Gemonio; Nel 2007, personale dell’artista “Trame (S)velate” a Palazzo dei Musei, di Varallo Sesia; Nel Giugno 2008, espone alla rassegna “Ars et labor” a Palazzo d’Adda di Varallo, nell’ambito del Festival “Imago Veritatis-l’arte come via spirituale”. Nel 2010 prefazione al catalogo di Lino Tosi Nel 2011 “Liturgia delle ore“ mostra personale presso Abbazia Mather Ecclesia – Isola di San Giulio Nel 2012 “Liturgia delle ore” mostra personale Fabbrica Lapidea Basilica San Gaudenzio - Novara Casa Pop per Federlegno Milano - Rho ( collettiva ) Stella radiosa del mattino mostra personale Museo Scaglia - Varallo Sesia Nel 2013 Casa Retro’ per Federlegno Milano - Rho ( collettiva ) Casa Retro’ per Federlegno - Kiev ( collettiva ) La gallina dalle uova d’oro - mostra personale - Maison Claire Salone del mobile - Milano -Rho Sue opere sono presso : • • • • •

Museo di arte contemporanea del Castello di Sartirana Lomellina; Museo Leone di Vercelli; Museo del Castello di Gorizia; Museo Bodini di Gemonio Museo Arte Sacra dei contemporanei di Milano

Opere dell’artista sono presenti presso collezioni private. Hanno scritto del suo lavoro : Alberto prof. Crespi - Rossana prof.ssa Bossaglia - Roberto prof. Sanesi Francesca prof.ssa Pensa - Alberto prof. Veca - Marco prof. Rosci Giovanna prof.ssa Barbero - Clizia prof.ssa Orlando - Raffaele prof. BedarridaReverenda Madre Annamaria Canopi o.s.b. - Cardinale Gianfranco Ravasi Padre prof. Ugo Vanni



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