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Segreti e regole d’oro di uno speck perfetto
Uno speck specktacolare! TESTO Sonja Steger FOTO Julia Staschitz
Certe tradizioni hanno origini antiche. Il fumo come mezzo di conservazione degli alimenti, ad esempio, era usato già in età preistorica. Oggi, gli altoatesini hanno un rapporto indissolubile, quasi mitico, con il loro speck. Hanspeter Illmer produce il suo Verdinser Speck secondo la tradizione di famiglia e illustra i passi di un processo dai toni alchemici.
Il simpatico e loquace Hanspeter – cappellino da baseball, barba lunga e sorriso accattivante – mi viene incontro sulla terrazza della trattoria Urban Stube a Verdins. Gli piace quel che fa, lo si nota subito. La trattoria l’ha costruita suo padre Johann quasi esattamente mezzo secolo fa nei locali della stalla del maso Außereisererhof. E da suo padre Hanspeter ha imparato molto anche sull’arte della produzione dello speck. “La tradizione vuole che si faccia nella stagione fredda”, inizia a spiegare. La macellazione, nelle fattorie, veniva compiuta una sola volta all’anno, prima di Natale. La carne per il Verdinser Speck viene acquistata da un macellaio di fiducia ed è in gran parte provvista di certificato biologico. Per sé e la sua famiglia, Hanspeter tiene nella stalla del maso alcuni maiali Mangalica. Originari dell’Ungheria, sono
La speziatura è una ricetta segreta. noti anche come maiali-pecora per il loro pelo lungo e fitto, che nulla ha da invidiare a quello dei loro antenati: i cinghiali. “La materia prima è la coscia di suino. Cospargiamo i tagli di carne (detti baffe) con sale marino puro, pepe, aglio e una miscela di erbe”, spiega Hanspeter. Va da sé che la ricetta segreta della miscela di erbe non la rivela. Una differenza importante rispetto alla produzione industriale è l’assenza del cosiddetto sale per salamoia, contenente nitrito di potassio o di sodio, che risulta meno digeribile. “Lasciamo le baffe a salmistrare per 14 giorni alla temperatura di 0–6 gradi, girandole ogni 2 o 3 giorni. Durante la sal-
mistratura, la carne cede al sale l’acqua e assorbe gli aromi. Dopo di che, mettiamo le baffe ad affumicare per 6–8 settimane.” Quello dell’affumicatura è un vero e proprio rituale. “Ogni sera accendiamo il fuoco con legna poco resinosa, come quella di faggio. Una volta consumatosi il fuoco, mettiamo sulle braci dei ramoscelli di ginepro sminuzzati e della segatura. Le braci ardono tutta la notte e poco a poco il fumo si insinua nella carne conferendole il tipico aroma affumicato di ginepro. Al mattino, ventiliamo il locale: per la riuscita del processo è essenziale che le baffe vengano esposte a tanta aria fresca...”