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Mondi suggestivi

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3, 2, 1… Buca

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HIRZER 2781 m IFINGER 2581 m

PRENN 1404 m

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VAL PASSIRIA TALLE 1425 m VIDEGG 1536 m

VERDINS 842 m MONTESCENA 1450 m

RIFIANO 504 m SCENA 600 m S.GIORGIO 716 m

TIROLO 594 m

Accoccolato al sole sul fianco meridionale della valle, giusto sopra la città di Merano, il paese di Scena è tra i migliori belvedere dell’Alto Adige, con una vista panoramica che abbraccia l’intera Val d’Adige centrale. Il comune si estende tra i 400 e i 2.781 m s.l.m. e offre svago attivo, relax e divertimento. La magnifica natura e lo splendido paesaggio culturale, i tanti impianti di risalita e le temperature miti tutto l’anno fanno di Scena il teatro per eccellenza di escursioni a metà strada tra ambiente mediterraneo e atmosfera alpina.

MERANO 2000 2000 m DOLOMITI

AVELENGO 1300 m

Lido Scena

Giardini di Castel Trauttmansdorff

MERANO 325 m

Terme di Merano

Benessere per corpo, mente e anima: wellness a tutto tondo a Scena Stare bene

Quando diciamo “wellness”, di cosa parliamo esattamente? Di benessere, sì, ma in che senso? Cosa vuole dire “stare bene”? Vuol dire essere in pace con se stessi, ma non solo: anche con gli altri e con il mondo circostante. Un concetto antico e al tempo stesso più attuale che mai. Che per raggiungere una tale pace ci voglia ben più di un’area spa lo sanno bene quattro esperti del settore che conoscono i centri di energia vitale, riconoscono nell’unione con la luce e la natura una fonte di guarigione, usano la forza dell’acqua e si affidano al potere delle erbe – cercando e trovando il benessere a Scena.

TESTO Jessica Thalhammer, Sebastian Marseiler FOTO Frieder Blickle, Hannes Niederkofler, Helmuth Rier, IDM Alto Adige – Damian Pertoll, Julia Staschitz, Sebastian Marseiler

“ERBE? Guai a chi me letocca!”–La risposta è in giardino

Tutto, al maso Oberhaslerhof, emana una serena tranquillità: la casa, il fienile, il giardino recintato. Anche il possente noce che estende i rami come in un amorevole abbraccio. Questo è il regno di Priska Weger. Viso aperto, sguardo d’intesa, un accenno di malizia agli angoli della bocca. Chiunque sia di Scena o vi abbia mai trascorso anche solo qualche giorno la conosce. Insieme al marito Nikolaus, gestisce il maso da oltre 30 anni. “Non potrei vivere senza gli altri”, esclama allegramente. Si occupa degli ospiti in vacanza, organizza escursioni botaniche, offre ristoro agli escursionisti di passaggio con un delizioso succo di mele fatto in casa, elabora sali e unguenti aromatizzati alle erbe, vende nella bottega del maso chutney, marmellate e sciroppi che prepara lei stessa. Inoltre, è madre di due figli ormai grandi e autrice di vari libri. Priska ha in sé un riflesso della Madre Terra. Gli antichi Romani l’avrebbero probabilmente posta accanto a Cerere, la dea della fertilità dei campi. Il giardino delle erbe aromatiche, senza dubbio il più bello di tutto l’Alto Adige, è la pupilla dei suoi occhi. L’ernia del disco che ha sviluppato nel 2021 non le ci voleva proprio: il giardinaggio pesa innanzitutto sulla schiena. Il marito, preoccupato, vorrebbe fare piazza pulita di piante e piantine, per evitare alla moglie tanta fatica. Ma Priska scarta l’idea con una risata: “Ma va là! Il mio giardino non si tocca. Non saprei farne a meno. Però lo adatteremo con un sistema di aiuole rialzate – in pratica, un orto per la terza età!”

Le erbe l’hanno aiutata a sopportare il dolore lancinante alla colonna vertebrale. “I farmaci mi facevano male allo stomaco. Ho dovuto smettere di prenderli dopo due giorni. Allora, ho strofinato sul punto dolente dell’olio di San Giovanni fatto in casa, e ha funzionato”. Diplomata in pedagogia delle erbe, non le mancano le idee: la piroletta, il Cajeput e l’olio di melaleuca, ad esempio, hanno un effetto rinfrescante e lenitivo. La passione e la competenza in fatto di erbe le sono state trasmesse dalla madre e dalla suocera. Le conoscenze mediche, invece, le vengono da innumerevoli corsi di perfezionamento.

E oggi? Priska, che nelle sue ricerche si è spinta fino alle radici dell’antica conoscenza delle erbe, ha trovato proprio nelle radici la sua passione. “Quando si tocca il fondo, si ricorre sempre alle radici di ginseng, angelica o valeriana, perché hanno in sé l’energia concentrata della pianta”. E come ha fatto Priska a superare la sua crisi personale? Nel rispondere, le si illumina il viso: “Il giardino è il mio centro di energia vitale. Lì trovo sempre la risposta che cerco”. E così, dopo la dolorosa malattia, ciò che più desidera è fare un passo indietro, prendere posto al fianco delle nuore e dei figli, godersi il nipotino e avere ancora più tempo da dedicare alle sue erbe. Al momento, però, è Lea, una splendida femmina di Bovaro dell’Appenzell, a chiedere a gran voce una carezza. È ovvio: anche lei vuole stare bene.

Alex Parmeggiani lo ricorda come fosse ieri. È successo mentre studiava agraria a Vienna: gli sono bastate poche sedute di yoga per sentirsi subito più leggero, più libero, più positivo. Il soggiorno in un monastero in Thailandia ha contribuito ad alimentare il fuoco, ma la scintilla iniziale è stata una grave malattia. “Unirsi alla natura e alla luce è la più grande guarigione. Dopo tutto, yoga significa anche riunificazione”. Da quel momento, ha seguito la propria vocazione e ha praticato lo yoga come insegnante. “Ognuno ha la sua strada”, dice Alex. “E la mia era trasmettere agli altri la luce che avevo ricevuto”. Spiega: “Nel processo, gli ostacoli interni al tuo pensiero si dissolvono e hai accesso al tuo potenziale. Trovi te stesso”. Durante la formazione, ha vissuto per due anni in una casa per seminari nel Westerwald. Poi ha trascorso quasi un anno in India. “A quel punto, la domanda è sorta spontanea: dove andare?”

Parte del trovare se stessi è conoscere le proprie radici. E così, nel 2005 Alex non è tornato a Roma, dove ha abitato per quasi metà della sua vita perché il padre lavorava come conduttore televisivo alla RAI, ma si è stabilito a Scena – nella casa in cui ha vissuto fino all’età di tre anni, dove ha trascorso tutte le vacanze estive e dove sua nonna è recentemente scomparsa all’età di 99 anni. “A Scena ho le mie origini, la mia costante”. Dal grande mondo al piccolo paese. “Quando sono arrivato, di yoga da queste parti se ne vedeva ben poco. Oggi, in Alto Adige ci sono cinque corsi di formazione all’anno”, dice ridendo. Nel frattempo, ha spinto ancora più a fondo le radici che già lo ancoravano a Scena: si è costruito una splendida famiglia, con una moglie e due figli che frequentano la scuola forestale sull’altopiano del Renon. Tra le altre cose, tiene lezioni di yoga nella sala del Lido Schenna e, se fa bel tempo, sul tetto dell’edificio, al cospetto di un panorama mozzafiato.

“Il saluto al sole è la venerazione della nostra più grande fonte di energia”. Ecco perché per Alex lo yoga in montagna è un must. “La luce illumina il Gruppo di Tessa e la conca di Merano in modo particolarmente suggestivo”. E quando pratica la posizione dell’albero (Vrikshasana) avvolto nei raggi del sole, con alle spalle le cime che svettano verso il cielo, non ha dubbi: questa figura dello yoga è nata qui. ➜

YOGA– Unirsi alla natura per trovare se stessi

STARE BENE Erano giovani e belli, sposi felici e albergatori di successo. Nonché genitori di due deliziosi gemellini. Si sentivano baciati dalla fortuna, ma a un certo punto la musica è cambiata. Il matrimonio è finito. Priska Pföstl ha preso i bambini, che in quel momento avevano due anni, ed è tornata a vivere a casa dei genitori, gestori di una pensione poco distante. “Ho dovuto rinunciare a tutto ciò che mi stava a cuore”. È stato il momento più cupo della sua vita. Eppure, oggi ripensa all’esperienza con un sorriso: “Solo allora mi sono resa conto che la mia attenzione era così rivolta verso l’esterno che non mi accorgevo più di me stessa”. Poco a poco, la giovane madre single si è rimessa in piedi e ha intrapreso con cautela un “nuovo percorso di vita”. Ha cominciato a interessarsi al tema dell’energia, ha svolto un corso di formazione Reiki, ha appreso tecniche quali la riflessologia plantare e la terapia trasformativa. Ha partecipato alle lezioni di yoga di Alex, che l’hanno motivata a proseguire sulla nuova strada. D’un tratto, ha visto e percepito la propria “luce interiore”. Ha abbandonato il settore della ristorazione per coltivare la vocazione di coach e organizzatrice di seminari. Oggi alla soglia dei cinquant’anni e con un viso da ragazzina, Priska ha riconosciuto in quell’istante l’opportunità nella crisi: “Quando si ha un problema, lo si dovrebbe considerare con atteggiamento positivo e conservare come un tesoro per la vita futura. Perché chi non conosce le tenebre non può apprezzare la luce”. In ciò consiste, per lei, il potenziale delle persone che desiderano cambiare la loro vita con il suo aiuto e ritrovare il proprio potere creativo. E sono in molti a rivolgersi a lei per ricevere consiglio e sostegno. Trovare e visitare centri di energia vitale è diventato parte della “nuova vita” di Priska. Per lei, a ogni modo, un centro di energia vitale è ovunque ci si senta a casa. “Ognuno dovrebbe trovare il proprio e trarne beneficio. Può essere un giardino, un bosco o anche solo una pietra”. Non dubita, tuttavia, che esistano anche luoghi con un’energia particolare. Ad esempio, la chiesa romanica a pianta circolare di San Giorgio, in cui lei si reca regolarmente, convinta che “i nostri antenati abbiano scelto istintivamente posti con una speciale dinamica per erigere i propri santuari. Oppure i Videgger Assen, tra i pascoli più alti dell’Alto Adige, riparati tra le due imponenti cime dei monti Cervina e Ivigna – la dolcezza femminile stretta nell’abbraccio maschile di rocce torreggianti. Solo attraverso l’unione con la Madre Terra, si è particolarmente vicini al cielo”.

CENTRO DI ENERGIA VITALE – La riscoperta del mio potere creativo

L’ACQUA è vita – Dentro e fuori di noi

A Petra Gamper piace sperimentare. Nel corso del tempo, ha intrapreso strade sempre nuove volte alla conoscenza e alla scoperta di sé. Una di esse ha seguito il mistero dell’acqua. Ne era stata un anticipo la monografia “Staumauer im Kopf” (’La diga in testa’) pubblicata anni fa nella rivista culturale ARUNDA. “Un luccichio ti abbaglia prima che si aprano le cateratte. Dopodiché, hai la percezione di un’auto-similarità del cervello e del corpo con i miliardi di cellule e la diversità planetaria...”, aveva scritto nell’editoriale. Da lì, il tema dell’acqua è stato una presenza fissa nella sua vita – oltre che nei suoi seminari e nelle sue formazioni. Petra ordina un’acqua naturale e spiega: “L’acqua frizzante crea eccessiva acidità nell’organismo e accende focolai infiammatori – anche nella schiena”. Come, scusa? Quindi ciò che beviamo può contribuire a eventuali problemi alla schiena? “I dischi intervertebrali sono anelli fibrocartilaginei con al centro un nucleo polposo. Quest’ultimo si compone, tra l’altro, di acqua. Se la pressione è eccessiva, gli anelli scivolano verso il canale nervoso e si sviluppa una dolorosa ernia del disco. Ecco perché bevo solo acqua alcalina, cioè neutra, che per di più è esagonale, e dunque penetra nelle cellule”. È facile, allora, fare un primo passo nella giusta direzione: basta riempire la bottiglia alle nuove fontane di Scena, da cui sgorga un’acqua con un valore pH pari a 7, ossia neutro.

Sul “segreto della schiena” Petra ci ha scritto un libro – il cui titolo originale è, appunto, “Das Geheimnis des Rückens” – e nel suo lavoro quotidiano cerca di raddrizzare posture sbagliate con il metodo Dorn Breuss. Ma conosce anche molte forme di terapia in cui l’acqua ha un ruolo chiave. Per lei, il concetto Sanus per Aquam va visto in chiave olistica. Da una parte, le cure idropiniche rafforzano il corpo dall’interno. “Affinché le mucose possano assorbire tutti i minerali, però, è necessario tenere l’acqua in bocca un po’ più a lungo”, afferma l’esperta. Dall’altra, pratiche Kneipp come il bagno alternato caldo-freddo e il bagno freddo alle braccia stimolano il metabolismo e le difese immunitarie dall’esterno. Proprio per questo imbocca spesso il sentiero lungo la roggia di Scena e tira dritto fino al punto in cui le fresche acque sorgive scorrono in quello che a tutti gli effetti è un percorso Kneipp naturale. Perché in luoghi come questo, dove riprende piena coscienza della natura e di se stessa, Petra ritrova il suo equilibrio interiore. La morale della favola? La quintessenza dello “stare bene” non si limita neanche lontanamente all’apparenza esterna. È, invece, un concetto che va considerato soprattutto dal punto di vista filosofico. Coincide con uno stato di pace inteso in senso olistico. In ultima analisi, è la piena armonia di corpo, mente e anima. Che Scena sia il posto giusto per cominciare a realizzare questo obiettivo vitale è fuor di dubbio. ■

Dolce tradizione: i krapfen

I krapfen sono sopravvissuti ai tanti terremoti che nel corso dei secoli hanno scosso le fondamenta della cucina altoatesina. Non c’è giorno di festa che possa definirsi tale, senza i krapfen. Né Törggelen che possa dirsi completo. Un tempo, i krapfen erano un dono d’amore, un sapore che scandiva i riti, una presenza fissa ai banchetti nuziali. In Alto Adige, i krapfen sono una vera istituzione, un’opera d’arte. E noi abbiamo voluto osservare due artiste al lavoro.

TESTO Sebastian Marseiler FOTO Julia Staschitz

Alziamo gli occhi, e lo vediamo: un piccolo maso aggrappato al ripido pendio. Dietro al fienile, le pecore pascolano tranquille. La vista sulla conca di Merano e sulla Val Venosta, con i giganti di ghiaccio che si stagliano all’orizzonte, è da mozzare il fiato. Al maso Untertaser – ristrutturato, sì, ma non snaturato –, la tradizione si respira nell’aria. L’ingresso è tappezzato di foto di giovani in costume tradizionale e la cucina è impregnata dei profumi di una volta. Regine dei fornelli sono le due donne di casa, le due Marie, madre e figlia. Che i loro krapfen siano i più buoni della zona lo sanno tutti, dentro e fuori i confini di Scena. La figlia ha appreso l’arte dalla madre, la quale, invece, ... la felicità va si proclama pasticcera assaporata, i semi di papavero preautodidatta. Sposina di 19 anni, è arrivata morso dopo viamente pestati. Poi, si aggiungono la cannella in paese ignara della e un pizzico di pimento, particolarità dei krapfen di Scena. Dopo morso. lo zucchero sciolto nell’acqua e, giusto per aver visto il suocero dargli sapore, un po’ di storcere il naso un paio di volte, però, ha miele. E infine il rum – che non sia troppo deciso di chiedere consiglio alle mogli dei poco e si senta a dovere! vecchi contadini di Montescena. Così, ha Mentre l’impasto riposa e trova la scoperto che da queste parti i krapfen si pre- giusta consistenza, scambiamo qualche paparano sempre e solo con ripieno di casta- rola sugli strumenti del mestiere. Nel corso gne e semi di papavero. Il che implica un bel del tempo, i pestelli e gli utensili per pestare po’ di lavoro. Il giorno prima, bisogna met- i semi di papavero hanno preso le forme tere a mollo le castagne essiccate, cuocerle più svariate, talvolta un po’ bizzarre. Walter in acqua bollente, passarle e mescolarle con Innerhofer, che del passato di Scena sa e ha

Video ____ Voglia di provare la ricetta dei krapfen delle due Marie? Guarda il video su:

www.schenna.com/videos

narrato tutto e di più, ricorda che sua madre usava un macinino simile a un macinacaffè e che una volta macinati i semi di papavero risultavano sempre unticci e appiccicosi.

Mentre parliamo, le due Marie ci spiegano i trucchi per preparare un buon impasto. No, non lo si deve lavorare troppo, se no diventa duro e tira. La panna migliore è quella a lunga conservazione, che fa sì che i krapfen si conservino meglio. In genere, si lascia riposare l’impasto al freddo per una notte, poi lo si stende e lo si spiana – in questa cucina, con una piccola sfogliatrice elettrica. Non c’è nulla di male a stare al passo coi tempi. Tra le due donne regna perfetta armonia. Con cura pacata, tagliano i margini della pasta con la rotella per krapfen, versano il ripieno a intervalli regolari, vi piegano sopra l’altra metà della striscia di pasta e premono bene i bordi, “perché i krapfen non si disfino”. Guai se si aprono nella padella! Premono leggermente nei vuoti tra i rettangoli, poi li separano con la rotella. Ed eccoli lì, i krapfen, pallidi e inerti. Di lì a poco, immersi nell’olio bollente, assumeranno un bel colorito vivace e riempiranno l’aria di un profumo che – impossibile descriverlo in altro modo – sa di festa contadina. Dorati e allegri, prenderanno posto nel piatto in un monticciolo ordinato.

“A chi è andato il primo krapfen della mamma?”, avevo chiesto a Walter Innerhofer. “A Walter, naturalmente!”, aveva risposto con una risata. I krapfen continuano a essere un dono d’amore, anche se magari solo per il palato. E sono simbolo di felicità: una felicità che va presa tra le mani e assaporata, morso dopo morso. Perché si sa, la felicità non dura mai a lungo. Tanto meno se prende forma in un piatto ricolmo di krapfen di Scena. ■

Maria&Maria: Una taglia, l’altra farcisce. Saprebbero

farlo ad occhi chiusi. E spiegano: se il ripieno è troppo poco, non si sente; se è troppo, il krapfen “scoppia” nella padella.. Incastonato nel fianco del monte: il maso Untertaser

MADE IN SCENA

Upcycling made in Alto Adige: come da vecchie attrezzature da arrampicata nascono accessori sostenibili

TESTO Jessica Thalhammer FOTO Julia Staschitz

Dalle una corda da arrampicata dismessa e Rita Unterthurner – albergatrice di professione e “upcycler” per passione – ne farà un elegante portafoglio, una borsa per laptop, un portachiavi o un sacchetto porta magnesite. Per la materia prima, si rivolge al soccorso alpino e ad altri alpinisti di Merano e dintorni. Per il resto, le servono solo un po’ di pelle vegana, una vecchia macchina da cucire e tanta creatività. Volendo, le si può addirittura incaricare un accessorio dal design del tutto personalizzato: basta portarle la propria corda direttamente a casa, all’Hotel-Garni Fernblick Höfler.

“L’idea è nata nel 2020, durante il lockdown”, racconta Rita Unterthurner. “Volevo cucire qualcosa per il mio compagno come regalo per la festa del papà, ma non si poteva nemmeno comprare la stoffa. Così, ho preso una delle sue corde da arrampicata e mi sono fatta venire un’idea”. Il risultato – il prototipo, possiamo dire col senno di poi – è stato un portafoglio verde e blu che ancora oggi il festeggiato, Stephan, tiene sempre nella tasca posteriore dei pantaloni. “Quando i miei amici di arrampicata l’hanno visto, hanno detto tutti di volerne uno uguale”, racconta mostrandolo con orgoglio. “Era l’alba del nostro progetto di upcycling”.

Quando le faccio qualche domanda in più sulla tecnica, la vivace trentunenne va a prendere una corda da arrampicata, la taglia in un paio di punti con gesti sicuri e ne tira l’anima – un fascio di fili bianchi – per estrarla dalla cosiddetta calza. Ciò che rimane è la guaina in materiale sintetico dalla tipica fantasia, che Rita appiattisce con le mani e poi cuce lungo i bordi con punto a zig-zag. Solo ora intervengono gli unici due componenti non riutilizzati: l’interno del borsellino in carta robusta e lavabile e l’etichetta di stoffa con il logo. Il nome, riclaimb, è un gioco di parole: alla base c’è la parola inglese reclaim, che vuol dire ’recupero’; ad essa si sovrappongono il nome della creatrice, Rita, di cui vengono riprese le prime due lettere, e la parola climb, ossia ’arrampicata’. Il pittogramma, con le due frecce che ricordano il simbolo del riciclaggio, è stato disegnato da un’amica. Insomma, creatività artigianale 100% altoatesina. ➜

Fatto a mano e con amore –Da corda da arrampicata a portafoglio

I suoi sono prodotti super robusti e dal design unico – parola di Rita. “In fin dei conti, una corda da arrampicata deve sopportare pesi molto elevati. E una volta finito, ogni accessorio è diverso per motivo e colori”. Per fare un portafoglio le ci vogliono due ore, per una borsa per laptop ben quattro. Uno strumento indispensabile è la macchina da cucire della suocera, Brigitte. Sembra un pezzo da museo, ma “fa il suo dovere”, scherza Rita. “Uso un normale filo da cucito: tiene perfettamente”. Solo per i bordi aperti ricorre al coltello a caldo, per tagliarli e sigillarli in un colpo solo.

Per il momento, di reclami non ce ne sono stati, salvo nel caso di un ospite che ha portato il portafoglio in tasca ogni giorno per due anni mentre lavorava in cantiere. La riparazione gli è stata fornita gratis durante il suo successivo soggiorno a Scena, il che gli ha fatto talmente tanto piacere che ne ha comprato un altro “per le occasioni speciali”.

Nel frattempo, la scorta personale di corde da arrampicata si è esaurita, ma Rita non ha difficoltà a procurarsene delle altre: ne riceve molte dal club alpino, da privati e dai vigili del fuoco di Scena, che periodicamente si sbarazzano del materiale non più a norma. E se le corde sono sporche? “Le metto in lavatrice a 60º, e ne escono perfettamente pulite. Anche i borsellini finiti si possono lavare a macchina, a 40º”, spiega entusiasta.

In linea con il principio di sostenibilità che è alla base dell’intero progetto, Rita taglia la carta per l’interno del portafoglio con tanta attenzione da non generare pressoché alcuno scarto. E affinché i bordi siano il più precisi possibile, utilizza non normali forbici ma uno strumento professionale.

Le creazioni di Rita piacciono a tutti: amici, ospiti e appassionati di arrampicata. Esposte in una piccola teca nell’hotel a tre stelle, vanno a ruba fin dal primo giorno. “Da quando una rivista alpina ha parlato di noi, abbiamo fatto praticamente il tutto esaurito. Uso soprattutto i mesi invernali per rimpinguare lo stock in vista del nuovo anno”, assicura Rita. Per il momento, tuttavia, riclaimb rimane un hobby. “Mi devo e voglio dedicare innanzitutto al Fernblick, dove da due anni a questa parte mi occupo della cena. Le voci sul menu non sono tante, ma preparo tutto sul momento”. E al di là dell’hotel, Rita ha anche altri impegni: ha due bambini piccoli e da poco è membro della commissione per il turismo di Scena. Anche per questo per ora vende i suoi eleganti pezzi unici solo nel suo albergo e su Instagram. E non applica alcun sovrapprezzo per gli accessori che le vengono incaricati su misura. “Non mi dispiace affatto, anzi! Sono contenta che i miei prodotti abbiano una storia. Una corda da arrampicata può ricordare un’escursione particolare o una persona speciale – ed è sempre e comunque un componente essenziale di un’avventura in montagna”. ■

Buono a sapersi

I portafogli di Rita costano dai 25,00 ai 45,00 € a seconda delle dimensioni; e borse da laptop attorno ai 120,00 € www.instagram.com/riclaimb

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