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Chi non vuole la Riserva Naturale del Borsacchio? Nella lotta ai tumori, c'è anche l'Abruzzo. Parlare scientificamente di marijuana.


ScienceZine - Numero 0 Realizzato da Alunni della classe V U della Scuola Primaria Maria Schiazza di Roseto degli Abruzzi con il supporto delle maestre Daniela Coppa e Ambra Rampini Alunni delle classi V A e V B della Scuola Primaria Vincenzo Filippone Thaulero di Cologna Spiaggia con il supporto delle maestre Cadia De Berardinis e Vanda Verticelli Alunni delle classi V A, V B e V C della Scuola Primaria Pasquale Celomi di Roseto degli Abruzzi con il supporto delle maestre Cinzia Tropea, Bianca Maria Campagna, Rossella Crescenzi, Santa Catalano e Anna Maria Cerquone Alunni della classe II E della Scuola Secondaria di Primo Grado D’Annunzio-Romani di Cologna Spiaggia con il supporto dei professori Annalisa Cerrone e Marco Moschiano Alunni della classe II D del Liceo Scientifico Statale Saffo di Roseto degli Abruzzi con il supporto della professoressa Maggitti Coordinatrice della rete di scuole Maestra Emma Furia Progetto Grafico Leo Margiotti e gli alunni della classe II A del Liceo Scientifico Saffo di Roseto degli Abruzzi MezzoLab [design+comunicazione] Impaginazione Leo Margiotti MezzoLab [design+comunicazione] #0

Responsabile di progetto e direttore editoriale Enrico Maraffino ScienceZine è anche sciencezine.worpress.com e facebook/ScienceZine Roseto

ScienceZine è un progetto finanziato dall Fondazione Tercas della Cassa di Risparmio di Teramo e Provincia

Chi non vuole la Riserva Naturale del Borsacchio? Nella lotta ai tumori, c'è anche l'Abruzzo. Parlare scientifcamente di marijuana.


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Tu, la conosci marija?

Abruzzo in prima linea nella lotta contro il cancro

Lezioni di frutta

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La musa dell'astronomia e Vincenzo Cerulli

Proposte pericolose per la vita del Borsacchio

Un mare di storia e preistoria

Scienza e Gran Sasso

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La prudenza dei neutrini

Se solo i cani potessero parlare...

Rifiuti di Italia

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Cioccolata. Amica o nemica?

Sommario


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Marijuana

Tu, la conosci marija? II D LICEO SCIENTIFICO SAFFO - ROSETO DEGLI ABRUZZI

Cercate un elettrizzante rifugio da ogni preoccupazione e ansia della vita? Sappiate che i giovani, tra tutti gli antidoti al male di vivere, apprezzano di più lo spinello. Chi in compagnia di amici, chi alle feste, chi come rito di iniziazione e socializzazione con gli altri, o per i più svariati motivi, i teenager non solo si drogano di più, ma vengono in contatto con gli stupefacenti sempre più precocemente. Da un sondaggio eseguito alla fine del 2010 in Italia dall’Università del Michigan, su un campione di 46 mila studenti delle scuole secondarie è emerso che il tasso dei consumatori di marijuana e hashish durante il 2010 è stato del 16%, l’1,5% in più rispetto al 2009. Più del 20% ha dichiarato di averne fatto uso nel corso dei 30 giorni precedenti al sondaggio. In un altro sondaggio, a domande su motivi ed effetti dell’assunzione, la risposta più comune è stata: “mi sento felice”. Un’analisi scientifica del fenomeno della “canna” può partire proprio dalla felicità che, scientificamente, è l’appagamento di bisogni con la conseguente sensazione di piacere, a sua volta determinata da reazioni di natura chimica ed elettrochimica all’interno del cervello. Ciò sembra avvenire anche dopo l’assunzione di marijuana o hashish, che modificano stato d’animo e percezione della realtà, sebbene gli effetti a breve termine possano variare con l’umore nel momento dell’assunzione, per la dose o per l’associazione con altre sostanze. I due tipi di stupefacente derivano entrambi dall’essiccazione delle infiorescenze femminili della canapa (Cannabis sativa), pianta appartenente al genere delle Cannabis, caratterizzata da una lunga radice a fittone, un fusto eretto o ramificato con escrescenze resinose, e la caratteristica foglia palmata e seghettata. Il principio attivo, il Thc (abbreviazione di delta-9-tetraidrocannabinolo), si trova nelle piante di canapa in una percentuale bassa, in natura. Una prima distinzione tra le due sostanze si ha proprio per la diversa concentrazione del Thc, maggiore nell’hashish. Curiosamente, il nome hashish deriva dall’arabo hashshashin, che vuol dire assassino. Si riteneva infatti, nel mondo antico arabo (attorno all’anno 1000), che i primi consumatori di hashish fossero proprio gli assassini, per rilassarsi prima di commettere gli omicidi. Addirittura, i sicari adepti della setta dei Nizariti, famosa per le attività terroristiche, dopo gli omicidi si lasciavano uccidere a loro volta con estrema serenità, dando l’idea di essere drogati. Eppure, ancora oggi il preciso meccanismo d’azione del Thc è oggetto di ricerca, ma si pensa che il principio attivo interagisca con recettori specifici situati nel sistema nervoso centrale. I derivati della Cannabis hanno infatti effetti sedativi e rilassanti sull’essere umano: possono provocare sensazioni di euforia, maggiore eccitabilità e leggerezza, a cui segue una sensazione di benessere fisico e psichico. Per contro si possono manifestare eccessive alterazioni sensoriali e percettive, che influiscono negativamente su reattività, capacità di comprensione e di ragionamento, e in generale sulla memoria degli individui. Questo è ad esempio quanto emerge da un articolo apparso sulla rivista Cell nel marzo 2012. Il lavoro, dei ricercatori Giovanni Marsicano in Francia e Xia Zhang in Canada, ha messo in risalto come i problemi di memoria siano imputabili all’ef5


fetto del Thc sull’astroglia, la principale struttura di sostegno dei neuroni. In altre ricerche meno recenti, si è visto come il Thc provochi un restringimento dei vasi sanguigni, modificando il flusso del sangue, con sintomi come tachicardia, palpitazioni e ipotensione posturale, ovvero un brusco calo della pressione sanguigna in seguito all'improvviso passaggio dalla posizione seduta o sdraiata a quella eretta. Il tipo di assunzione può inoltre peggiorare il quadro: “farsi una canna” vuol dire fumare, cioè introdurre inevitabilmente nei polmoni composti cancerogeni e monossido di carbonio, derivati dalla combustione di cartine, filtri e del prodotto stesso, in maggiore misura del fumo di tabacco. L’uso del Thc è ovviamente del tutto sconsigliato in gravidanza, perché può indurre nel feto un basso peso alla nascita, alterazione dello sviluppo e maggiore predisposizione alle malattie. Così come è pericolosissimo lo spinello prima di mettersi al volante, o se si effettuano attività che, come la guida, richiedono attenzione e prontezza di riflessi. Nonostante questo elenco di “orrori”, la ricerca si concentra anche sulle interessanti e particolari proprietà farmacologiche della Cannabis. Diversi studi sono condotti in questo senso. Nel 2010, un gruppo di ricerca canadese ha riscontrato come pazienti affetti da dolore neuropatico cronico (una disfunzione causata da traumi o operazioni chirurgiche) ricevessero grazie al Thc benefici in termini di umore e qualità del sonno. Non solo. È noto che l’assunzione di marijuana stimoli l’appetito (cosiddetta “fame chimica”) e una maggiore sensibilità al sapore e all'odore, proponendosi così come una possibile cura per l’anoressia. Dal punto di vista farmacologico, la Cannabis è una delle sostanze con meno effetti collaterali, con una tossicità pressoché irrilevante. Ciò è provato dal fatto che non sono stati riscontrati casi di morte dovuti all’assunzione di alte dosi di Thc, perciò i derivati della Cannabis sono considerati quasi universalmente droghe leggere.

Il Mondo dello spinello

Quest’ultimo aspetto alimenta molto il dibattito sul tipo di dipendenza che la marijuana ha sugli individui. Ricerche mediche e sociali mostrano come la dipendenza da marijuana e hashish può essere, oltre che fisica, psicologica per quanto riguarda i consumatori abituali, i quali ad una sospensione dell’assunzione della sostanza possono reagire con insonnia, agitazione e addirittura diventare anoressici a causa della mancanza di appetito. E sebbene questa droga sembri non avere di per sé alcun effetto biologico a lungo termine, il fatto che tenda ad abbassare i livelli di produttività negli individui può avere conseguenze biologiche indirette e ripercussioni sociali, come la perdita del lavoro. Droga leggera, se vogliamo, ma economica e facilmente reperibile. Troppo facilmente. Ecco perché “spopola” soprattutto tra i giovani come stupefacente di base per “sballarsi”, prima in molti casi di passare ad altro (ecstasy, abuso di alcol, etc.). L’uso terapeutico della marijuana è avulso a tutto questo, per cui ciò che resta sono gli effetti devastanti come il danneggiamento dei neuroni e la riduzione di spessore della corteccia cerebrale. Ed è uno studio dell’Università di Bristol (Inghilterra) del 2011 a mettere in allarme su come si possa pervenire addirittura a deficit neurofisiologici e comportamentali, caratteristici della schizofrenia. Va da sé che è perciò totalmente sconsigliato assumere questa droga (qualunque droga, in realtà), soprattutto prima di una prova in cui è richiesto uno sforzo mentale, come un test scolastico, comportamento purtroppo diffuso fra chi ritiene che l’effetto rilassante del Thc dia una mano a non farsi prendere da stress e agitazione. E mentre la ricerca approfondisce sempre di più il capitolo marijuana, l’esperienza di molti giovani insegna come nessuna droga, né l’alcol, possano sostituirsi alle potenzialità del proprio organismo, cervello incluso, per affrontare gli impegni della vita, o per superare il male di vivere, vero o presunto.

Se esiste una nazione al mondo che è legata a doppio filo alla marijuana, questa è la Giamaica, dove negli ultimi anni si parla sempre più insistentemente di legalizzazione. Il governo dell’isola caraibica ha istituito una commissione di ricerca, che ha ascoltato più di 150 tra esperti e figure istituzionali per raccogliere pareri sulla legalizzazione. Sebbene sia perseguitato dalla legge, l’uso di marijuana in Giamaica è diffuso fra circa i tre quarti della popolazione ed è fondamentalmente collegato al Rastafarianesimo, una filosofia di vita, un movimento spirituale e culturale risalente agli anni trenta del Novecento, su ispirazione della fede religiosa ortodossa etiope di origine ebraico-cristiana. I rasta utilizzano la marijuana come erba medicinale, ma anche come erba meditativa, apportatrice di saggezza e ausilio alla preghiera. Nelle leggende, l’erba ganja (ganja è il termine in creolo giamaicano utilizzato per indicare la marijuana) è cresciuta sulla tomba del Re Salomone, chiamato il Re Saggio, e da esso ne trae la forza spirituale. È inoltre associata all'Albero della vita e della saggezza che era presente nell'Eden affianco dell'Albero della conoscenza del bene e del male. Altro Paese simbolo è l’Olanda, dove la Cannabis è da sempre considerata una droga leggera, non pericolosa. Le recenti ricerche sull’opera della marijuana nel distruggere i neuroni hanno indotto però le autorità olandesi a rivedere la sua classificazione, avvicinandola maggiormente a cocaina ed eroina. Gli effetti si vedono già: dal 2012, è vietato a tutti gli stranieri l’acquisto di marijuana nei famosi coffee shop delle tre province meridionali del Paese. Nonostante ciò, ad Amsterdam si trova il Museo della marijuana, dove sono in mostra oltre 8000 anni di storia della canapa e dei suoi diversi usi, come la produzione di carta e manufatti tessili. Inoltre, dal 1987, ogni anno i migliori derivati della Cannabis vengono premiati proprio ad Amsterdam con la Cannabis Cup. E in Italia? La marijuana è illegale, come eroina e cocaina, sebbene non manchino eccezioni per l’uso terapeutico debitamente prescritto da un medico, oppure per la coltivazione in casa di una sola piantina di Cannabis. Inoltre, da marzo 2001, l'Associazione per la cannabis terapeutica (Act) ha creato uno spazio comune per pazienti, medici e tutti i cittadini che vogliano usufruire della Cannabis a scopo terapeutico.

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Legale o illegale?

LEGENDA:

1.Argentina Legale per uso privato.

1. Argentina

5. Francia

9. Lussemburgo

13. Spagna

2. Brasile

6. Germania

10. Portogallo

14. Stati Uniti

3. Camerun

7. Israele

11. Regno Unito

4. Canada

8. Giappone

12. Rep. Ceca

2.Brasile Illegale. Depenalizzato il possesso sotto i 20 grammi. 3.Camerun Illegale la coltivazione. Consentito l’uso ai malati di cancro o Aids. 4.Canada Illegale, legale per uso terapeutico. 5.Francia Illegale. Si tende però a preferire l’arma della dissuasione, piuttosto che quella dei procedimenti penali, verso i consumatori occasionali. 6.Germania Uso legale, anche il possesso entro i 10 grammi. 7.Israele Illegale, l'uso medico è autorizzato solo dal Ministero della sanità che valuta ogni singolo caso. 8.Giappone Illegale. 9.Lussemburgo Legali possesso ed uso per scopi medici, purché il consumatore sia adulto e non coinvolga minorenni. 10.Portogallo Legale il possesso dal 2001, la compravendita è un reato. 11.Regno Unito È stato depenalizzato l’uso personale domestico. 12.Repubblica Ceca Legale possedere fino a 15 grammi di marijuana, così come coltivarla per uso personale. È vietata la vendita. 13.Spagna Uso personale depenalizzato, legale "di fatto". 14.Stati Uniti Illegale a livello federale. In 11 Stati e nel Distetto della Columbia sono previste esenzioni per uso medico. fonte wikipedia.org

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Riserva naturale del Borsacchio

Proposte pericolose per la vita del Borsacchio V B SCUOLA PRIMARIA PASQUALE CELOMI - ROSETO DEGLI ABRUZZI

La Riserva naturale del Borsacchio, nel territorio compreso tra Roseto degli Abruzzi e Giulianova, da qualche tempo preoccupa noi alunni della Scuola primaria e gli ambientalisti abruzzesi. Durante il consiglio regionale del 4 aprile 2012, per l’ennesima volta, non si sono potute svolgere le votazioni sui progetti dei consiglieri regionali Lanfranco Venturoni e Berardo Rabbuffo, per una cancellazione della Riserva, o per una consistente riduzione del perimetro territoriale da 1100 ettari a 314 ettari. I due consiglieri sostengono che ciò favorirebbe le attività lavorative, turistiche in particolare, dei residenti all’interno dell’area protetta, oggi limitate dai vincoli presenti nella Riserva. Secondo gli ambientalisti invece, l’intenzione è quella di “consegnare” parte del terreno protetto ad alcuni costruttori, pronti a edificare l’area e a trarre profitto dalla sua bellezza. Riserva naturale Regionale dal 2005 e con un perimetro definitivamente approvato nel 2007, la Riserva del Borsacchio ha nella sua biodiversità il principale valore ambientale. Dal punto di vista naturalistico, essa è l’unico rifugio per numerose specie vegetali, animali e fungine. Inoltre, la riserva protegge uno dei rari tratti di costa abruzzese ancora liberi dal cemento. L’area è indispensabile per la sua flora, la fauna e il paesaggio. Le specie vegetali censite ammontano a circa 120. Sono inoltre state rilevate sette comunità vegetali tipiche dei litorali sabbiosi, pascoli inondati mediterranei, prati dunali caratteristici e foreste dunali delle due specie vegetali Pinus piena e Pinus pinoster. Solo in questa area si può trovare il Boretus maltaluciae, una specie di coleottero. La presenza della vita animale nella Riserva è ca-

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ratterizzata da numerosi uccelli legati alle zone umide, come il fratino, un piccolo uccello che nidifica sulla sabbia e che è protetto dalla Convenzione di Berna (sulla conservazione della vita selvatica) e dalla Convenzione di Bonn (sulla conservazione delle specie migratorie). Per tutto questo, gli ambientalisti ribadiscono che la tutela dell’area è indispensabile ed economicamente vantaggiosa perché, grazie alla Riserva del Borsacchio, si può pensare ad un modello di turismo responsabile e rispettoso dell’ambiente. Inoltre, la presenza della Riserva pone un freno alle attività di ricerca di idrocarburi liquidi con conseguenti devastanti trivellazioni. La salvaguardia di questo ecosistema è fondamentale: tutelando piccole porzioni di territorio possiamo contribuire a migliorare la salute della nostra Regione, uno dei polmoni verdi dell’Europa.

Due immagini della Riserva naturale del Borsacchio. La caratterstica vegetazione mediterranea (in basso) e il fratino, Charadrius alexandrinus (a fronte)"


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Intelligenza canina

Se solo i cani potessero parlare... CLASSI V A SCUOLA PRIMARIA VINCENZO FILIPPONE THAULERO - COLOGNA SPIAGGIA

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Il campionato europeo di calcio 2012 può giustificare un olocausto di cani? I cani sono sempre stati i migliori amici dell’uomo, ma capita che delle persone li maltrattino: pensate che circa diecimila di essi sono stati barbaramente trucidati, persino in dei forni crematori portatili… C’è infatti chi parla di un vero e proprio "olocausto”, avvenuto nella cittadina di Lysychansk, nell’estremo Est dell’Ucraina. Ma questa orrenda soluzione finale contro il randagismo avviene un po’ ovunque nel Paese, anche nella capitale Kiev, dove abbondano le fosse comuni, in cui i cani vengono gettati e ricoperti con il cemento, uccisi a fucilate, presi a bastonate, o dove restano agonizzanti dopo essere stati avvelenati. Fanno inorridire queste notizie, ma ciò che lascia sconvolti è che tutto questo è legale, anzi promosso per “ripulire” le strade delle città ucraine nelle quali si giocheranno le fasi finali degli Europei di calcio 2012. L’indignazione sale e non solo fra gli animalisti. C’è un continuo tamtam sui social network ed è addirittura stata lanciata la campagna Boycott Euro 2012. Tale iniziativa nasce dall’associazione PeTA che sostiene i diritti degli animali, ma sono molti i sostenitori che si sono attivati sulla rete in difesa dei cani. Non occorre comunque espatriare per trovare la violenza sugli animali, ne abbiamo tanta anche a casa nostra. Episodi di cronaca quotidiana sono tristemente comuni, nonostante il maltrattamento di animali sia un reato punito dalla legge italiana (con una pena che può arrivare fino a

venti anni di carcere), oltre che dalla nostra etica morale. Eppure, i risultati di una ricerca condotta dall’Accademia ungherese delle scienze dicono che i nostri amici a quattro zampe hanno abilità socio-cognitive simili a quelle di un bambino di età compresa tra i sei mesi e i due anni: i cani, come i bambini sono molto sensibili ai segnali che forniscono le intenzioni comunicative. Riescono quindi non solo a reagire alle parole, ma a rispondere al linguaggio del corpo e a seguire lo sguardo di una persona che fissa un oggetto, dopo aver ricevuto un segnale di invito a prestare attenzione, prerogativa finora attribuita solo ai neonati umani. Oltre a mostrare fiducia, rispetto e affetto, i cani sono perfetti compagni di vita e seri guardiani. Non dimentichiamo poi che svolgono notevoli servizi sociali: dai famosi bloodhound (i cosiddetti “cani molecolari”) nelle indagini di polizia a quelli da salvataggio, o ai cani-guida per persone non vedenti. Il tutto retribuito solo con cibo, rifugio e tanto amore, e speriamo mai più con i maltrattamenti. Le soluzioni contro il randagismo non mancano: sterilizzazione, costruzione di canili e adozione quando possibile.

Forse i padroni di cani già lo sanno. Ma adesso anche la scienza conferma che i cani capiscono le intenzioni comunicative dell'uomo.

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Lotta ai tumori

Abruzzo in prima linea nella lotta contro il cancro II E SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO D'ANNUNZIO-ROMANI - COLOGNA SPIAGGIA

La scoperta è di quelle importanti, perché getta nuova luce sui meccanismi che determinano la crescita delle cellule tumorali. E la scoperta proviene dal laboratorio dell'Unità di patologia oncologica del Cesi di Chieti, il Centro di scienze dell’invecchiamento. La ricerca dell’equipe capitanata dal Professor Saverio Alberti, pubblicata sul numero di febbraio 2012 della rivista Oncogene, presenta i risultati di uno studio durato 5 anni. Emerge il ruolo importante nello sviluppo dei tumori di una glicoproteina della membrana cellulare, una molecola definita Trop-2, che si riscontra normalmente nelle cellule sane, ma di cui è stata constatata la sovraespressione, cioè l’eccessiva produzione, nelle cellule tumorali. Secondo lo studio, i tumori si avvalgono del gene che serve a produrre Trop-2 per crescere. C’è quindi un legame fra la quantità di Trop2 e la dimensione della massa cancerosa. In particolare, il meccanismo di controllo sulla crescita dei tumori basato sull’alterazione della quantità di Trop-2 prevede che quanto più

Sviluppo di cellule tumorali all'interno del colon.

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è presente Trop-2 tanto più il tumore cresce. Altro elemento importante, questa molecola è presente, in quantità diverse, nella maggior parte dei tumori, quindi sarà possibile utilizzarla come un nuovo marcatore specifico, per individuare l’organo malato. Il lavoro prosegue e ora, insieme a un team di ricercatori in California, si sta sviluppando la seconda fase della ricerca. Si cercherà di capire bene i meccanismi di innesco di Trop-2, al fine di sviluppare nuove cure, per colpire il tumore senza danneggiare le cellule normali dello stesso organo, e i risultati ottenuti confortano questa ricerca. Trop-2, dunque, si propone in futuro come un nuovo bersaglio nella lotta contro il cancro. Lo studio, condotto da nove ricercatori italiani e due tedeschi, dimostra come la ricerca possa progredire e ottenere enormi successi nonostante le scarse risorse messe a disposizione oggi in Italia, con la speranza che gli investimenti, pubblici e privati, siano in futuro maggiori, soprattutto, ma non solo, su temi così cruciali per la salute.


Felici di fare ricerca

Ne parliamo con il Professor Saverio Alberti

Professor Alberti, quali sono i risultati della vostra ricerca? Abbiamo dimostrato un nuovo meccanismo di crescita di tumori. Ogni cellulla ha un 'centro di comando' che è il suo DNA. Fino ad oggi si pensava che i danni provocati da agenti esterni, come radiazioni, fumo, etc., ai 'moduli di comando', cioè ai geni, causassero il tumore, perchè ne veniva alterato il funzionamento. Noi abbiamo dimostrato che un gene perfettamente normale (Trop-2) dà un contributo fondamentale alla crescita del cancro. Quali emozioni ha provato nel raggiungere una simile scoperta in campo medico? Ho provato molte emozioni e molto a lungo. Forse può sembrare strano, ma nonostante la sovrabbondanza di emozioni negative, frustrazione, fatica, ostacoli burocratici, finanziamenti insufficienti, etc., alla fine sono sempre prevalse quelle positive. Ne vale la pena. Che significato ha questa scoperta per la ricerca nella lotta ai tumori? Crediamo grande. Cambia il nostro modo di pensare ai tumori, complica le nostre prospettive, ma le avvicina alla realtà dei fatti.

Secondo Lei, in quanto tempo Trop-2 avrà un ruolo terapeutico nella lotta ai tumori? E come potrà servire per produrre delle cure? Abbiamo già nuove cure potenziali. Si tratta di anticorpi anti-Trop-2 ed abbiamo dimostrato che funzionano nei nostri sistemi sperimentali. Adesso li stiamo ingegnerizzando per uso nell' uomo. Speriamo che questa tappa si concluda entro la fine del 2012. Dobbiamo poi pensare alla sperimentazione sui malati. Quando e perché ha deciso di dedicarsi alla medicina e, in particolare, alla ricerca? Durante l’ultimo anno di liceo, ero appassionato di fisica, filosofia e chimica e mi è sembrato che la medicina racchiudesse campi enormi in cui spaziare. Con beneficio concreto per gli ammalati. Ci può raccontare qualcosa sul suo gruppo di ricerca? Nel mio gruppo di ricerca ci sono ragazzi molto bravi che lavorano moltissimo per fare sempre meglio. E oltre a tutto il resto, devono sopportare anche me e tutto quello che chiedo loro di fare…

Cos’è esattamente Trop-2 e perché ha questo nome? Il nome Trop-2 deriva da trofoblasto, le cellule del bimbo che fanno da confine con i tessuti della mamma. Questo tessuto può 'invadere' con efficienza enorme. La scommessa, in parte ora vinta, è che le molecole Trop siano gli apripista, così come succede per tumori maligni, che invadono tessuti normali.

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Fossili e molluschi

Un mare di storia e preistoria CLASSI V B SCUOLA PRIMARIA VINCENZO FILIPPONE THAULERO - COLOGNA SPIAGGIA

Capita ogni tanto di sostituire quaderni e libri con veri fossili e reperti di vario tipo a costo zero. Sì, proprio così, quando l’esperto, il signor Dante Di Pompeo, che ha dedicato tanti anni della sua vita a collezionare e studiare molluschi, arriva nelle nostre aule della Scuola primaria V. F. Thaulero di Cologna Spiaggia con il suo bagaglio culturale, frutto di ricerche appassionate e di scoperte entusiasmanti. Già da tre anni ci accompagna nel nostro percorso di studi attraver-

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so la ricerca, l’osservazione, l’analisi e la catalogazione di reperti malacologici, ovvero lo studio delle conchiglie fossili, di cui è ricco il territorio del teramano, specie lungo i greti dei fiumi, sulla costa e nelle zone collinari. La passione per la ricerca e la forte curiosità che riesce a comunicare Dante Di Pompeo sono una corsia privilegiata per traghettarci nel passato attraverso i reperti, le splendide foto, il corredo di spiegazioni scientifiche. Una delle scoperte di cui ci ha parlato è


Dante Pompeo (a sinistra) e alcuni reperti della sua collezione (sopra e a fronte).

quella del balano Balanus balanus – genere Cirripeti) a cinque o sei placche, elastico nella struttura, privo di zone di ancoraggio, quindi mobile e stellato con le dimensioni di circa un centimetro, che vive a livello della linea di marea e predilige le boe. Rintracciato a qualche miglio al largo di Giulianova su di un motopeschereccio, praticamente il balano è un nuovo condomino del nostro mare, arrivato di recente. Dante Di Pompeo sostiene che l’Adriatico sta diventando un mare sub-tropicale, in una continua evoluzione determinata anche dai movimenti tellurici registrati negli anni al largo di Ancona. In sintesi, il sollevamento del fondale marino, agevolato dalla risalita di lava e materiale magmatico,

darà luogo in futuro alla nascita di nuovi atolli nel paesaggio adriatico. Sempre a Giulianova, è stato rinvenuto un piccolo geode, una roccia cava di varie dimensioni che può contenere cristalli, risalente a 60 milioni di anni fa, al cui interno sono presenti migliaia di piccoli esseri a forma di “dischi volanti” unitamente a silice trasparente di colore azzurro. Appaiono come piccolissime valve simili ad un mollusco, ma la caratteristica di questo soggetto bivalve è quella di essere abitato da un gasteropode con le zampette uncinate. Nel nostro mare, della stessa serie, sono state rinvenute circa dieci conchiglie tutte diverse. Da una ricerca sugli strati di roccia e sedimenti delle colline di Giulianova sono

emersi degli ostracodi subfossili, ovvero conchiglie bivalve “vecchie” meno di due milioni di anni, risalenti quindi a un periodo in cui il mare copriva questa zona di terra. L'entusiasmo è stato grande di fronte al cranio antropomorfo pietrificato, forse proprio di Homo sapiens, rinvenuto lungo il greto del fiume Salinello, al confine tra Giulianova e Tortoreto. Le ricerche sono ora al vaglio degli esperti e della comunità scientifica. Ciò che spesso sfugge ai nostri occhi potrebbe raccontare il passato per aiutarci a capire il presente e guardare al futuro circa le teorie delle linee evolutive e filogenetiche degli invertebrati marini.

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Parola agli esperti

Rifiuti di Italia

INTERVISTE REALIZZATE DALLA V U SCUOLA PRIMARIA MARIA SCHIAZZA - ROSETO DEGLI ABRUZZI

La percezione è che in Italia i rifiuti siano ancora un problema da risolvere. La conferma arriva in parte dagli ultimi dati resi noti alla fine di marzo 2012 da Eurostat, l’ente di statistica dell’Unione europea, e relativi al 2010. Ogni abitante del Bel Paese (si spera) produce in media 531 chilogrammi di spazzatura ogni anno, quasi 30 chilogrammi in più rispetto alla media europea. Ciò potrebbe non destare preoccupazione se il destino della maggior parte dei rifiuti fosse in una nuova vita, cioè nel riutilizzo o nel riciclaggio. E invece il 51% degli scarti italiani va a morire in discarica, contro il 38% della media europea, mentre il 15% viene bruciato negli inceneritori (22% nell’Unione europea). E il riciclaggio? Siamo sotto, ma non siamo lontani. Il 21% è riciclato (25% in Europa), mentre il 13% si trasforma in compost (15% in Europa), utile come concime per l’agricoltura. Di fronte a questi dati, abbiamo chiesto un chiarimento su discariche e rifiuti a esperti del settore. Ci hanno risposto il Professor Mario Grosso, docente di Rifiuti solidi urbani presso il Politecnico di Milano, Roberto Cavallo, presidente della Cooperativa Erica di Torino per la comunicazione ambientale e autore di Meno 100 chili, libro, spettacolo teatrale e documentario sulla riduzione dei rifiuti, e Pietro Comba, direttore dell'Unità epidemiologica ambientale dell'Istituto superiore di sanità.

I rifiuti: il meglio della nostra civiltà? Ne parliamo con il Dottor Roberto Cavallo Dottor Cavallo, i dati dicono che il riciclaggio è aumentato, eppure si parla spesso di inceneritori e discariche… In Italia, produciamo circa 32 milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno che, divisi per circa 60 milioni di abitanti corrispondono a circa 530 chilogrammi di rifiuti per abitante… In questa pattumiera dei comuni ci sono i rifiuti delle famiglie e dei negozi, come la carta del giornalaio, lo scarto di cucina dei ristoranti, le lattine dei bar, rifiuti uguali ai nostri, per questo si dicono assimilati per qualità. In realtà, è solo la punta di un iceberg, in quanto bisogna aggiungere tutti rifiuti industriali: circa 130 milioni di tonnellate! Per capire l’importanza del riciclaggio, prima di tutto economica, prendiamo ad esempio una lattina di coca cola. È fatta di alluminio, che si estrae da una roccia, la bauxite. Questa roccia è una risorsa naturale, ma l’Italia ha pochissime materie prime, e la bauxite è importata da Ruanda, Venezuela e Nuova Zelanda. Riciclando, il 99% dell’alluminio torna a essere… alluminio, per la moca del caffè, ad esempio, o per le biciclette. E si evita così di comprare materie prime dall'estero. E poi fa bene alla salute… Infatti. Un rifiuto in discarica, o bruciato in un inceneritore, produce delle emissioni che vanno nell’atmosfera. Alcune di queste aumentano l’effetto serra e quindi contribuiscono al surriscaldamento della Terra, con il clima che cambia in modo potenzialmente pericoloso.

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Altre sostanze fanno davvero male, se respirate. Aggiungo inoltre che riciclare crea molti più posti di lavoro che smaltire in discarica, sette volte di più secondo le stime. La discarica ha effetti collaterali. E un riciclaggio maldestro? La discarica ha due tipi di inquinamento: uno verso l'alto e uno verso il basso. Dentro la discarica, la parte organica degli scarti, come gli avanzi del pasto, viene fermentata da alcuni microrganismi che producono principalmente un gas che si chiama metano, proprio come quello che esce dai fornelli di casa. Il metano è un gas serra, ventuno volte più “forte” della più nota CO2, l’anidride carbonica. E in più, altri gas hanno un cattivo odore. Poi c’è l’inquinamento verso il basso: gli scarti di cucina all’aperto per qualche giorno producono dell’acqua maleodorante e acida. Se quell'acqua passa attraverso, per esempio, un telefonino in discarica, porta con sé gli acidi contenuti. È vero che le discariche sono impermeabilizzate, hanno cioè un telo che trattiene questo liquido, però con il tempo il telo un po’ si lascia andare e quindi queste sostanze dannose passano nel terreno e vanno a inquinare le falde. Le discariche abusive, cioè illecite, non hanno neanche lo strato di nylon che le impermeabilizza e quindi l'inquinamento va direttamente nelle acque. Un riciclaggio malfatto produce invece un danno, nel non poter utilizzare le risorse riciclate.


Un esempio? Una pirofila non va smaltita insieme al vetro: la pirofila infatti resiste al caldo e rovina il vetro che invece può essere rotto e fuso per essere riciclato. La partita di vetro va allora gettata. Una raccolta differenziata fatta male significa buttare via tutto. C’è una relazione tra i problemi ambientali e la produzione dei rifiuti o il modo inadeguato di smaltirli? Vi ricordate la bauxite per costruire una lattina? Bene, bisogna portarla in un’industria che la lavori e che ne estragga una materia grezza. Questa materia grezza viene portata in un'altra industria, dove si fanno per esempio i lingotti di alluminio, che vanno in un'altra industria, che rende l’alluminio sottile. In un'altra industria, con la lamina di alluminio si fanno le lattine, riempite di liquido in un’altra industria, per poi essere infine portate al negozio. C’è una filiera, una catena, in cui ogni passaggio richiede il trasporto su navi, camion o aerei, che consumano petrolio. Ogni passaggio richiede dell’energia e produce delle emissioni. Riciclare vuol dire ridurre questa catena, con meno emissioni, meno consumo di energia e quindi meno danni all'ambiente. Ma prima ancora della raccolta differenziata, sarebbe meglio ridurre i rifiuti. Come quelle città che da diversi anni hanno adottato la strategia “Rifiuto zero”, per raggiungere il riciclaggio del 100%? Perché questo metodo non è esteso in tutta l’Italia? Si dice spesso che la strategia del “Rifiuto zero” sia un’utopia. Ma come sostiene un noto aneddoto, l’utopia serve per “camminare”. L’idea stessa di puntare a zero rifiuti serve ad amministrazioni e cittadini per impegnarsi in un percorso che vuol dire fare attenzione ai rifiuti prodotti, cercando di farne meno e differenziarli bene. L’importante è iniziare. Già 73 comuni italiani hanno aderito a questa strategia e questo è un buon segnale. In più, ci sono tanti altri comuni che stanno facendo parecchio in questa direzione, pur non avendo aderito ufficialmente a questa iniziativa.

Ridurre. Come fare, a partire da noi bambini, a mettere a dieta la pattumiera, come scrive nel suo libro? All'inizio del mio libro io parlo con mio figlio, che ha all’incirca la vostra età. Racconto a lui di mio nonno, nato nel 1902, che non aveva le nostre comodità. Eppure, la sua generazione era ricca di una cosa che noi abbiamo un po' perso: il buon senso. Bisogna scoprire, o riscoprire, come fare insieme le cose. Quanto è più divertente la tua festa di compleanno se prepari le torte insieme ai tuoi amici, o addobbi insieme a loro la stanza? E ancora di più lo è se utilizzi cose che puoi riusare l'anno dopo, o che puoi prestare agli altri per la loro festa. Questo vale ovviamente anche, e molto di più, per i grandi, prigionieri spesso della diffidenza. Chi ci perde a produrre meno rifiuti? Se ridurre i rifiuti vuol dire che poi chiudono delle aziende, allora dobbiamo continuare a fare le guerre perché chi fa le armi deve continuare a lavorare! Quando gli Stati Uniti decisero di entrare nella Seconda guerra mondiale, in poco più di un mese, tutte le industrie pesanti metalmeccaniche, che facevano per esempio le autovetture o altro, sono state costrette dal governo americano a fare i carri armati e le armi. Facciamo il contrario. In un mese, riconvertiamo le industrie che imbottigliano acqua facendole lavorare negli acquedotti comunali, per rendere sempre più buona l’acqua di rubinetto. O diciamo a chi fa imballaggi di renderli sempre più resistenti, da riutilizzare tutte le volte che torniamo a comprare il prodotto contenuto, come il detersivo o il latte alla spina. Oppure, chi produce i pannolini usa e getta, può aprire delle lavanderie per lavare e asciugare per conto delle mamme i pannolini. Questo è un nuovo modo di fare economia, basata sui servizi e non sul consumo. Quelli che raccontano che fare meno rifiuti significa togliere il lavoro alla gente raccontano una bugia. La versione integrale dell'intervista a Roberto Cavallo è disponibile su sciencezine.wordpress.com

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Parola agli esperti

Le discariche: cimiteri a cielo aperto? Ne parliamo con il Professor Mario Grosso Professor Grosso, perché in Italia si continuano ad aprire discariche? L’Italia ha una situazione molto variegata, in cui alcune regioni vanno avanti ancora abbondantemente con le discariche, mentre in altre non se ne possono più aprire. La discarica è da un lato il modo più economico per smaltire i rifiuti, dall’altro però le normative considerano la discarica l’ultima scelta, solo per quel materiale che non può essere riciclato. Come si sceglie un sito per la discarica? E come si realizza? Esistono una normativa europea del 1999 ed una italiana del 2003 che fissano tutta una serie di criteri tecnici per realizzare le discariche in funzione del tipo di rifiuto, che queste discariche dovranno accettare. C’è bisogno soprattutto di proteggere le acque sotterranee, evitando che ci sia un rilascio di liquidi nel sottosuolo fino alla falda, ed è per questo che la discarica deve essere totalmente impermeabilizzata. Va tutelato inoltre l'ambiente atmosferico, per evitare i problemi di odore e il rilascio di biogas, un gas che favorisce l’effetto serra. Se vicino alla discarica c’è una falda acquifera qual è il rischio di contaminazione per abitazioni, campi coltivati, allevamenti…? Se una discarica viene realizzata secondo i criteri imposti dalle direttive, teoricamente il rischio è pari a zero, perché si hanno sistemi di impermeabilizzazione del fondo e delle pareti della discarica. Ma in Italia ci sono discariche che derivano da periodi storici in cui non erano ancora previsti questi accorgimenti. Il pericolo è che ci sia rilascio di un liquido, chiamato percolato, contaminato dal contatto con i rifiuti. Le fermentazioni prodotte dai rifiuti emettono degli inquinanti. Come si gestiscono? Sono pericolosi per l’ambiente e per la nostra salute? Dentro una discarica, abbiamo condizioni cosiddette anaerobiche, cioè condizioni in cui non è presente ossigeno, proprio perché la discarica è impermeabilizzata rispetto all'ambiente esterno. Si generano così, in prima battuta, metano e anidride carbonica. Entrambi questi gas, soprattutto il metano, sono gas ad effetto serra e quindi bisogna fare in modo che non vengano rilasciati nell’ ambiente. Il metano, d’altra parte, è un ottimo combustibile e si può utilizzare per produrre energia elettrica. Questi

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sono i componenti prevalenti del gas che si origina dalla fermentazione e prende il nome di biogas. In realtà, siccome i rifiuti sono molto diversi, si generano anche altri gas, alcuni dei quali sono semplicemente dei gas odorigeni, cioè puzzolenti. Altri sono anche tossici, come ad esempio l’acido solfidrico, che si può formare quando è presente lo zolfo. Ha citato il percolato. Qual è la sua pericolosità? Quando l’acqua pulita attraversa i rifiuti nella discarica, si contamina e diventa percolato. In una discarica a norma, questo liquido, che si forma in ogni caso, viene raccolto dal fondo della discarica e depurato dalle sostanze inquinanti. Dove l’impermeabilizzazione del fondo non è funzionante o non è completa, ci sono dei rilasci e questo liquido si va diffondere nel sottosuolo, contaminando le acque sotterranee con il suo contenuto di metalli pesanti e sostanze organiche potenzialmente pericolose. Perché una volta chiusa una discarica deve essere sorvegliata per almeno altri trenta anni? In discarica, il rifiuto è lasciato al suo “destino”, in condizioni anaerobiche, e la sua degradazione avviene in tempi molto lunghi, proprio per minimizzare l'impatto ambientale. Quando la discarica chiude, il rifiuto è ancora lì e continua progressivamente a degradarsi, in maniera sempre minore, per alcuni decenni. Pertanto ci sarà ancora una produzione di percolato e di biogas. La normativa parla di trenta anni, ma è molto probabile che la discarica vada controllata ben oltre trenta anni. Inoltre, cosa molto importante una discarica attiva riceve soldi. Chiusa, non genera più reddito, mentre la sua gestione continua a richiedere dei soldi, per trenta, quaranta anni. Le normative, infatti, prevedono che il piano economico per una discarica, cioè il costo complessivo per lo smaltimento dei rifiuti, debba tenere conto anche di quanto costerà dopo che sarà chiusa. Ma allora, se le discariche moderne sono così sicure, perché continuano a spaventare i cittadini? È solo un fatto di… puzza? Le discariche in generale danno dei problemi, prevalentemente perché molte di esse sono state costruite prima dell’entrata in vigore dell’ultima legge. Il maggior disagio è causato dagli odori e dalla presenza di alcune sostanze tossiche. Inoltre, tutta la zona circostante la discarica


subisce un deprezzamento, cioè diventa anche una zona meno pregiata. D’altra parte, non esistono leggi che riportino esplicitamente la distanza minima che ci deve essere fra una discarica e le prime abitazioni. E molto spesso si ha evidenza di abitazioni costruite in prossimità di discariche, dopo l’insediamento della discarica. Le immagini delle discariche assomigliano a grandi cimiteri… C’è un modo diverso di smaltire i rifiuti? Non ci sono vantaggi a costruire discariche, ma è impossibile eliminarle. Dovrebbero essere ridotte a luoghi in cui si smaltiscono solo i rifiuti dei rifiuti, cioè tutti gli scarti che si generano dalle attività di riciclo e recupero dei rifiuti. Queste sono invece da perseguire con maggiore serietà. Secondo gli standard europei, su cento chili di rifiuti prodotti, in discarica dovrebbero “finire” solo cinque chili o dieci chili di rifiuti. Ci sono sempre dei residui dal riciclo e dal recupero dei rifiuti, ma questi non inquineranno mai come i rifiuti direttamente prodotti.

La versione integrale dell'intervista a Mario Grosso è disponibile su sciencezine.wordpress.com

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Parola agli esperti

Quali rifiuti per quale salute? Ne parliamo con il Dottor Pietro Comba

Di che cosa si occupa l’epidemiologo ambientale? L’epidemiologo ambientale studia i rapporti tra ambiente e salute, guardando lo stato di salute di una popolazione e non di una persona, grazie a degli indicatori che dicono se una popolazione è in linea con quello che ci si aspetta in quella regione, tenendo conto dell’età o delle condizioni generali. A volte troviamo che la frequenza di qualche malattia è aumentata in un modo da supporre che ci sia un’influenza dell’ambiente, soprattutto fra le popolazioni che abitano vicino a grandi poli industriali, aree minerarie, alcuni siti colpiti da incidenti chimici o altri eventi simili, ma anche zone dove si smaltiscono i rifiuti: discariche, inceneritori e siti di smaltimento incontrollato, che sono quelli che preoccupano di più. Una discarica deve rispettare severe normative a tutela dell’ambiente. Esistono anche dei parametri specifici di sicurezza per la salute umana? La discarica deve avere delle caratteristiche che evitino a coloro che abitano nei dintorni di venire a contatto con sostanze pericolose presenti nei rifiuti, come inquinanti chimici o microbiologici. Il ciclo di gestione dei rifiuti deve caratterizzarsi, in primo luogo, per portare meno rifiuti possibile in discarica, grazie a riuso e riciclaggio. Un’inevitabile quota di rifiuti si deve smaltire. A quel punto, le strade sono due: o inceneritore, o discarica. Entrambe devono seguire regole precise, sia per le tecniche utilizzate sia per le materie prime smaltite o incenerite. E ci vuole una valida formazione del personale, che fa un lavoro molto delicato e deve essere pronto anche ad evitare, all’occorrenza, grandi contaminazioni. Anche se in regola, le discariche possono emettere negli anni sostanze inquinanti in atmosfera, come diossina, metano, anidride carbonica, idrogeno solforato, e nel sottosuolo, come il percolato. Ci sono patologie ricorrenti riconducibili a questa sostanze inquinanti? Nel 2007 è stato pubblicato dal Centro europeo ambiente e salute dell’Organizzazione mondiale della sanità un documento che fa il quadro delle conoscenze sui rischi della salute legati al ciclo dei rifiuti. Questo documento si basa su un esame di tutte le pubblicazioni scientifiche, disponibili sino a quella data, e su una discussione fatta dai membri di un gruppo di lavoro, che comprendeva diversi esperti dei paesi europei, tra cui l’Italia. Le conclusioni di questo rap-

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porto dicono che la prima questione è valutare che la discarica sia gestita secondo le normative europee, e che abbia quelle caratteristiche di appropriatezza dei materiali presi in carico, di sicurezza dell’impermeabilizzazione, per evitare la contaminazione del suolo e delle falde, ma anche dei sistemi di abbattimento della polverosità, che può veicolare sostanze pericolose o anche batteri, con effetti dannosi. Poiché però non si possono escludere fenomeni accidentali o imprevisti, va sempre fatto un monitoraggio ambientale esterno alla discarica, per cui la qualità delle tre matrici, aria, suolo e acqua, riceva continuamente campionamenti e analisi. In questo modo, anche se ci potranno essere movimento di camion, rumore, cattivi odori, altri elementi di disturbo, non dovrebbero esserci comunque rischi per la salute. D’altra parte, nelle discariche avviate in tempi lontani, quando tutte queste cautele non erano adottate, o dove sono stati ospitati e bruciati per qualche periodo rifiuti industriali e pericolosi insieme ai rifiuti solidi urbani, o dove ci sono stati altri problemi particolari, le malattie descritte con frequenza più elevata sono quelle respiratorie, soprattutto in età pediatrica, che colpiscono cioè bambini e adolescenti. In alcune circostanze, ci sono stati casi di bambini nati con malformazioni. Dai Paesi nordici a Gran Bretagna, Francia e Germania, e adesso in misura crescente anche nei paesi dell’Europa centrale e orientale, c’è un grande sforzo di messa in sicurezza di eventuali discariche non ancora a norma, proprio per tutelare le fasce più sensibili della popolazione da eventuali agenti inquinanti. Abbiamo dati ufficiali sui rischi per la salute di chi vive vicino a discariche, inceneritori o termovalorizzatori? Come per le discariche, anche per gli inceneritori le cose più importanti sono la tecnologia e l’età dell’impianto. Quelli costruiti negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta del Novecento hanno creato problemi sanitari, perché al loro interno si bruciavano materiali molto eterogenei, a basse temperature di combustione, che facilitano la formazione di alcune sostanze pericolose, come le diossine. Inoltre, i sistemi di abbattimento delle emissioni mancavano o erano in cattive condizioni. Oggi, in tutta Europa, gli inceneritori di nuova generazione non suscitano particolari problemi. Danno un contributo all’inquinamento atmosferico inferiore ad esempio a quello del traffico cittadino.


Ci sono delle fasce di età più a rischio? Le fasce di età più a rischio sono la fascia di età pediatrica fino ai 14 anni e quella adolescenziale fino ai 18, quando l’organismo è in crescita e i suoi sistemi di difesa non sono pienamente operanti e soprattutto la quantità di aria respirata è maggiore che nell’adulto, in rapporto alle dimensioni. Indicazioni dell’OMS e dell’Unione Europea dicono che queste fasce d’età sono quelle che meritano una maggiore tutela rispetto agli inquinanti ambientali. Per i bambini potrebbero esserci altri disturbi, come le allergie alimentari, i disturbi olfattivi…? Disturbi olfattivi, ovvero i cattivi odori, sicuramente. Noi sentiamo l’odore di molte sostanze maleodoranti anche se sono presenti in tracce molto piccole, al di sotto dei livelli nocivi per l’organismo. Quindi, abbiamo un disturbo, non un danno alla salute. Tuttavia, disturbi prolungati, sia di tipo olfattivo sia di tipo uditivo, sono stimoli che danneggiano l’organismo: peggiorano ad esempio la qualità del sonno e pongono restrizioni alla vita di tutti i giorni, come tenere le finestre chiuse d’estate. Il confine tra disturbo e danno è sottile, da capire e conoscere bene. E sono possibili disturbi cognitivi? Il disturbo cognitivo compare quando viene assunta dall’organismo una sostanza neurotossica, come il piombo o il mercurio. Questo accade, ad esempio, con alcuni pesticidi, che vengono usati nelle campagne o con alcuni metalli pesanti che possono essere presenti nella catena alimentare, ad esempio in aree con grandi insediamenti industriali. Escluderei, però, che ci possano essere disturbi cognitivi in relazione alle discariche. A causa dell’inquinamento, si sono sviluppate nuove malattie, ancora in fase di studio? Nella comunità scientifica c’è uno sforzo per misurare quello che si chiama il carico ambientale di malattia, soprattutto per le malattie delle vie respiratorie, che possono essere causate dall’inquinamento atmosferico, e per una serie di tumori in relazione con specifici inquinanti. Ci sono poi dei territori meno esplorati, come le malattie immunitarie, quelle del sistema endocrino, cioè degli organi che producono gli ormoni e, per certi versi, anche alcune malattie del sistema nervoso, che si avvicinano ai disturbi cognitivi o comportamentali, dovuti all’assunzione di sostanze neurotossiche. Quindi, abbiamo da un lato conoscenze più consolidate, soprattutto su tumori e malattie respiratorie, e dall’altro situazioni meno esplorate, ambiti nei quali è più difficile fare uno studio. Mentre ci sono strumenti come i registri tumori, che dicono esattamente il numero di casi in una certa popolazione, se aumentano, diminuiscono, o se rimangono uguali, per altre malattie già porre una diagnosi è difficoltoso. Ma è giusto indagare in modo molto rigoroso tutti questi problemi emergenti.

Quali sono le forme di prevenzione, informazione e sensibilizzazione sui rischi igienico-sanitari per la popolazione che l’Istituto Superiore della Sanità mette in atto? La cosa più importante è quella di monitorare bene l’ambiente e rendersi conto di quando alcuni agenti chimici o microbiologici, o radiazioni, sono presenti a livelli più elevati di quelli che si trovano normalmente nelle città e negli altri ambienti abitati dall’uomo, in modo da evidenziare le anomalie dell’esposizione, senza aspettare che qualcuno si ammali. La prevenzione si fa lavorando sull’ambiente, attraverso il monitoraggio ambientale o con il bio-monitoraggio. Quest’ultima parola significa per esempio studiare la presenza di inquinanti nei licheni, o negli aghi di pino; oppure, se consideriamo la catena alimentare, significa vedere qual è la presenza di inquinanti nei prodotti dell’agricoltura, della pastorizia o della pesca. Sorvegliare lo stato di salute della popolazione vuol dire anche accorgersi di eventuali effetti inattesi e insospettati, per cui talvolta, anche rispettando i limiti di legge, ci possono essere effetti imprevisti che prima non erano stati studiati. Se con il veleno dei serpenti si producono dei medicinali, si è mai pensato di riconvertire una sostanza inquinante in qualcosa di utile per l’umanità, come un medicinale salvavita? Una stessa sostanza, a seconda delle dosi e della modalità di somministrazione, può essere “veleno” o “medicina”. In greco, la sola parola “pharmacon” poteva significare veleno o medicina. Il confine è tenue. In entrambi i casi, si ha un’azione biologica che si può utilizzare per la tutela e il consolidamento della salute, o per un danno alla salute. Questa è una considerazione generale, ma nella realtà vi sono delle sostanze nelle quali prevale nettamente l’azione dannosa e altre nelle quali prevale l’azione protettiva per la salute. Mentre altre sostanze hanno proprio una loro ambivalenza. Questo aiuta a ricordare che noi stessi siamo fatti di una miscela di sostanze presenti anche nell’ambiente ed è molto importante non solo la qualità di queste sostanze, ma anche la quantità relativa con cui sono presenti, in modo da salvaguardare alcuni nostri importanti e delicati equilibri.

La versione integrale dell'intervista a Pietro Comba è disponibile su sciencezine.wordpress.com Nella foto a destra Il termovalorizzatore di Vienna dell'artista austriaco Friedensreich Hundertwasser

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Frutta e scuola

Lezioni di frutta

V A SCUOLA PRIMARIA PASQUALE CELOMI - ROSETO DEGLI ABRUZZI

Le scuole di tutta Italia, dal 2010, partecipano al progetto “Frutta nelle scuole”, promosso dal Ministero dell’agricoltura italiano e dall’Unione europea. Questo ha stuzzicato la curiosità di noi alunni sull’importanza della frutta per il benessere del nostro corpo. Abbiamo così scoperto che la frutta è costituita da una “miniera” di vitamine (A, B, C e betacarotene, soprattutto), sostanze che fanno da “spazzini” dei radicali liberi. Sono cioè ottimi antiossidanti, utili per contrastare l’invecchiamento delle nostre cellule. Nella frutta, abbiamo inoltre piccole quantità di carboidrati, come glucosio e fruttosio, e un’alta percentuale d’acqua. Le fibre si trovano soprattutto nella buccia, ma in alcuni casi anche nella polpa: una delle più diffuse, la pectina, facilita la digestione e può prevenire alcuni problemi intestinali specialmente nei bambini. La quantità e la qualità di queste sostanze nutrienti sono influenzate dallo stato di conservazione della frutta, per questo conviene sempre consumare frutta di stagione, che presenta caratteristiche migliori. Terminare un pasto con la frutta è un’abitudine comune, ma perlopiù sbagliata: soprattutto se il pasto è stato abbondante, la frutta viene

digerita lentamente, fermenta e può provocare gonfiori addominali e vari altri disturbi. Per questo, molti nutrizionisti consigliano di consumare frutta due o tre volte al giorno lontano dai pasti principali, preferibilmente a colazione e a merenda. Il confronto nutrizionale tra un frutto e una classica merenda per bambini è senza storia: vince la frutta. Infatti, le merende sono alimenti in cui si possono trovare farina di frumento, grassi di origine vegetale, tuorlo d’uovo, latte, vanillina, cacao, sciroppo di glucosio e altre sostanze con un elevato contenuto calorico. Al contrario, con poche calorie, la frutta è un alimento sano e nutriente, una valida alleata per affrontare l’imminente “prova costume”! Ci sembra, però, giusto far notare come la frutta distribuita durante il progetto sia avvolta in involucri di plastica, contenuti a loro volta in cassette di cartone. Viste le dosi degli elementi distribuiti, ciò costituisce un’enorme quantità di rifiuti da smaltire, considerando anche il fatto che ogni frutto ha già la buccia che ne preserva la qualità e in molti casi non è necessario proteggerlo ulteriormente.

FRUTTA (su 100 g)

MERENDINA (su 100 g)

CALORIE: 30 - 80 Kcal CARBOIDRATI: 2 g - 5 g FIBRE: 2 g VITAMINE: 50 mg GRASSI: 100 mg - 500 mg PROTEINE: 0,1 g - 1,5 g ACQUA: parte restante

CALORIE: 123 - 513 Kcal CARBOIDRATI:13,1 g FIBRE: 0,8 g VITAMINE: 0,06 mg GRASSI: 6,3 g PROTEINE: 3 g SODIO: 32 mg CALCIO: 39 mg FOSFORO: 52 mg

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Scienza e Gran Sasso

Eccellenza tutta abruzzese II E SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO D'ANNUNZIO-ROMANI - COLOGNA SPIAGGIA

Un nuovo centro di eccellenza sta nascendo a L’Aquila, il Gran Sasso Science Institute, una scuola sperimentale di dottorato internazionale che, attraverso l’attività didattica post-laurea, formerà ricercatori altamente qualificati. A partire dall’Anno accademico 2013-2014, l’istituto accoglierà studenti, docenti, dirigenti e unità amministrative; si occuperà di fisica delle particelle, matematica e scienze informatiche, nonché di gestione dell’innovazione e sviluppo territoriale. La copertura finanziaria, pari a 12 milioni di euro annui, sarà garantita, per il primo triennio, dai fondi stanziati dal Governo per la ricostruzione post-terremoto e già previsti dal 2009, nonché dalle risorse destinate alla Regione Abruzzo nell’ambito del Fondo per lo sviluppo e la coesione. In seguito, le attività dell’istituto saranno esaminate dall’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, e in base all’esito si deciderà se rendere stabile il Gran Sasso Science Institute. È un grande risultato per l’Abruzzo e il Presidente della Regione, Gianni Chiodi, sottolinea come questo progetto permetterà di valorizzare le ricerche dei Laboratori nazionali del Gran Sasso, attirando competenze specialistiche e legandole alle imprese locali, in un’ottica di rigenerazione del territorio abruzzese. Il Gran Sasso Science Institute sarà certamente molto importante per il futuro dei giovani, non solo abruzzesi, che avranno a disposizione un centro in grado di concretizzare risultati di prestigio. Sarà inoltre un’occasione di rinascita per il territorio aquilano, per favorire la ricostruzione dopo i numerosi danni creati dal sisma dell’aprile 2009 e sostenere le potenzialità di un territorio che vuole rinascere, contando su nuove risorse economiche e intellettuali.

Studiare fisica dal Gran Sasso a Princeton II E SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO D'ANNUNZIO-ROMANI - COLOGNA SPIAGGIA

Dal 2004, i Laboratori Nazionali del Gran Sasso e l’Università statunitense di Princeton, nel New Jersey, organizzano una scuola estiva, aperta a tutti gli studenti abruzzesi iscritti al quarto anno delle superiori, che abbiano la volontà di continuare i propri studi in ambito scientifico, con un’adeguata preparazione e una valida conoscenza della lingua inglese. L’iniziativa si rinnova anche quest’anno, per fornire ai giovani d’Abruzzo una grande opportunità per coltivare la propria passione per le scienze. Il termine ultimo per le inviare la richiesta di iscrizione, era fissato per il 16 aprile 2012. Saranno scelti venti ragazzi, tramite un concorso di selezione, che prevede una prova scritta, inerente gli argomenti scientifici dei programmi della Scuola secondaria di secondo grado: aritmetica, termologia, geometria, elettrologia, chimica, meccanica, ottica. Gli studenti più meritevoli avranno l’opportunità di frequentare per tre settimane, dal 23 luglio al 12 agosto, nell’Università di Princeton, lezioni teoriche di fisica e astrofisica, nonché corsi di laboratorio, collegati alle ricerche dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso. Le attività saranno svolte in italiano, ma sono previsti anche spazi per lo studio della lingua inglese. Gli studenti avranno alcuni pomeriggi e i fine settimana liberi per godersi l’atmosfera del campus dove alloggeranno e per ambientarsi nella regione; avranno anche la possibilità di visitare le città di New York, Philadelphia e Washington. Princeton è riconosciuta come sede di una delle più prestigiose Università del mondo. La sua fama è dovuta soprattutto alla qualità dei suoi docenti, tra i quali molti premi Nobel, come Albert Einstein, che visse e lavorò a Princeton per trent’anni. Tra le attrazioni storiche c’è il campo di battaglia dove George Washington sconfisse gli inglesi durante la Rivoluzione americana nel 1777. Come ogni anno, il regolamento di ammissione e il modulo di iscrizione sono scaricabili dal sito www.lngs.infn.it. 24


Anche nel 2012 Anch'io scienziato II E SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO D'ANNUNZIO-ROMANI - COLOGNA SPIAGGIA

È giunto alla 10^ edizione il concorso Anch’io scienziato, l’iniziativa promossa dai Laboratori Nazionali del Gran Sasso, in collaborazione con l’AIF, l’Associazione per l’Insegnamento della Fisica, e dedicata agli alunni delle scuole abruzzesi appassionati di scienze. Gruppi classe o singoli studenti si sfideranno presentando i loro progetti scientifici, le loro esperienze e i risultati dei loro esperimenti, di cui la Commissione esaminatrice valuterà l’originalità, la forma espressiva e l’eventuale riproducibilità. Le iscrizioni erano aperte fino al 2 aprile, mentre ci sarà tempo fino al 26 per inviare i materiali, via e-mail, via fax o per posta ordinaria. Per ciascun ordine di scuola, saranno premiati cinque progetti, con kit scientifici, fotocamere digitali, scanner, stampanti e altri materiali didattici in palio. I ragazzi potranno scegliere liberamente l’argomento da trattare, ma un riconoscimento speciale riguarderà il tema "Ricicliamo, riutilizziamo, .... risparmiamo" e i lavori sperimentali più originali. La proclamazione e la premiazione dei vincitori avverrà in occasione dell’Open Day previsto per la fine di maggio 2012, che aprirà al pubblico i locali dei Laboratori di Assergi (L’Aquila). Tutte le informazioni sono reperibili sul sito www.lngs.infn.it .

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Alimentazione

Cioccolata. Amica o nemica? V C SCUOLA PRIMARIA PASQUALE CELOMI - ROSETO DEGLI ABRUZZI

Croce per la dieta, ma delizia per il palato, il cioccolato è un alimento derivato dai semi della pianta del cacao. E’ preparato a partire dal burro di cacao (la parte grassa dei semi) con aggiunta di polvere dei semi di cacao, zucchero e altri ingredienti facoltativi, quali il latte, le mandorle, le nocciole etc. Alcuni studi sembrano confermare che l’assunzione di cioccolato stimoli il rilascio di endorfine, sostanze che agiscono sul cervello, aumentando la sensazione di buon umore. Uno studio del 2003 dell’Inran (Istituto nazionale per la ricerca sugli alimenti) di Roma, sostiene anche che il cioccolato fa bene al cuore. In particolare il cioccolato fondente aumenta la concentrazione nel sangue di alcuni antiossidanti, come i flavonoidi, con notevoli effetti cardioprotettivi. Il cioccolato fondente, infatti, può ritardare l’indurimento delle arterie nei fumatori, limitando il rischio di malattie cardiache, quali infarto e ictus. Inoltre il cioccolato fondente, per la presenza di polifenoli, avrebbe anche la capacità di ridurre la pressione sanguigna. E’ comunque buona regola non lasciarsi prendere da un eccessivo entusiasmo nei confronti della cioccolata, poiché, nonostante sia ricca di sostanze importanti per la nostra salute, queste non cancellano grassi e calorie in essa contenuti. Un numero su tutti: 100g di cioccolato forniscono circa 500 calorie, come dire un settimo del fabbisogno giornaliero completo di un uomo adulto. Dunque, cioccolato sì, ma con moderazione.

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Ricordi di scienziati abruzzesi

La musa dell' astronomia e Vincenzo Cerulli II E SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO D'ANNUNZIO-ROMANI - COLOGNA SPIAGGIA

Tra i numerosi scienziati abruzzesi, ce n'è uno, di fama mondiale, che ha dato lustro alla nostra regione: è Vincenzo Cerulli, teramano, astronomo e matematico. Originario di una delle più antiche famiglie abruzzesi, nato nel 1859, iniziò i suoi studi scientifici presso il Liceo Ginnasio a Teramo, per poi iscriversi all'Università di Roma e laurearsi in Fisica nel 1881. Su suggerimento dell’astronomo Lorenzo Respighi, si trasferì in Germania, per arricchire il suo bagaglio di conoscenze scientifiche presso gli osservatori di Bonn e di Berlino. Poco più che trentenne, Cerulli creò a Teramo l’osservatorio astronomico di Collurania (Collis Uraniae), dedicato a Urania, musa dell’astronomia e della geometria, esempio eclatante di una grande passione e di un impegno concreto per la diffusione delle scienze astronomiche. Grazie alla tecnologia del suo telescopio, ma anche alla limpidezza del cielo teramano, Cerulli approfondì gli studi sul pianeta Marte e su altri corpi celesti: asteroidi, comete e stelle doppie, di cui calcolò le orbite con metodi matematici sviluppati autonomamente. Inoltre scoprì un nuovo pianetino che battezzò "Interamnia", dal nome latino di Teramo, e ritrovò una cometa, che era stata osservata la prima volta nel 1843 e poi persa. Nel complesso, la produzione scientifica di Cerulli fu notevolissima, sia come osservatore sia come teorico, nel campo dell'astronomia classica, come in quello della nascente astrofisica. L’impegno scientifico fu affiancato dalle numerose cariche nazionali e internazionali: Cerulli fu presidente della Società astronomica italiana, vicepresidente dell’Unione astronomica internazionale,

professore onorario di Astronomia all’Università di Roma, membro di numerose altre prestigiose accademie e di istituti italiani ed esteri. Nel 1917 donò allo Stato italiano l’osservatorio di Collurania, che ancora oggi porta il nome del suo fondatore. Alla sua morte, avvenuta nel 1927, la città di Teramo intitolò a Vincenzo Cerulli l'antico corso "al Trivio", lungo il quale sorge il palazzo di famiglia. Ha il suo nome, inoltre, un cratere del pianeta Marte e un asteroide, il 31028 Cerulli.

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Scienza e comunicazione

La prudenza dei neutrini DI ENRICO MARAFFINO

Neutrini, che paura! Parliamo di particelle piccolissime e neutre, capaci di attraversare le stelle da parte a parte. Eppure, ci hanno dato prova del fatto che la scienza non è un tema da comunicare come tutti gli altri. 22 settembre 2011. L’autunno della fisica comincia con una notizia shock. Un’anomalia. Così ne parlano i comunicati ufficiali. Dal 2006, l’esperimento Cngs (acronimo di Cern neutrinos to Gran Sasso) prevede che dei pacchetti di neutrini siano sparati dal Cern di Ginevra, il laboratorio di fisica più grande al mondo, verso i Laboratori nazionali del Gran Sasso (Lngs, situati nei pressi di Assergi, in provincia de L’Aquila). I neutrini sono particelle quasi inesistenti, teorizzate sin dal 1930 e scoperte definitivamente nel 1956. Senza carica elettrica, interagiscono con la materia solo attraverso la forza di gravità e un altro tipo di interazione, la forza nucleare debole. Sono fondamentali per spiegare alcune reazioni a livello del nucleo degli atomi e aiutano a capire meglio il funzionamento delle stelle. C’è chi sospetta per loro un ruolo davvero da protagonisti nella storia dell’intero Universo. Eppure, per molti decenni sono stati bollati come “privi di massa”. Alcune evidenze però, negli ultimi 15-20 anni, indicano come i neutrini abbiano in realtà una massa, forse un milione di volte inferiore a quella dell’elettrone, particella già considera-

Particolare del rivelatore Icarus, ai Laboratori nazionali del Gran Sasso. Nella foto in alto, un evento in Super-Kamiokande, provocato da neutrini elettronici

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ta molto “piccola”. E se i neutrini hanno una massa, potrebbero ad esempio costituire la maggior parte della massa dell’Universo. Non solo. Potrebbero spiegare alcune importantissime discrepanze nelle teorie fisiche attuali e valide nel mondo delle particelle. L’esperimento Cngs vuole proprio svelare la massa dei neutrini, che possono essere di tre famiglie diverse: elettronici (dell’elettrone), muonici (del muone), tauonici (del tau). È come se fossero tre cugini, simili, ma diversi in qualcosa. I neutrini sparati dal Cern verso il Gran Sasso sono muonici. Per 730 chilometri, queste particelle si inoltrano nella crosta terrestre come se davanti a loro non ci sia nulla. E dopo 3 millesimi di secondo compaiono nelle gallerie dei Lngs, attesi da Opera, un colossale rivelatore di particelle, lungo oltre 30 metri e alto 15 metri, costituito da circa 150 mila mattoncini di piombo e lastre fotografiche. Cosa vuole “fotografare” Opera? Innanzi tutto, vuole cercare di bloccare dei neutrini nella loro spensierata corsa contro il nulla. E poi, vuole pescare qualche neutrino del tau. Già, perché se una particella cambia famiglia, e si trasforma in una sua “cugina”, allora deve avere una massa. In fisica, si parla di oscillazione. Non sarebbe la prima volta. Nel 1998, il grande rivelatore di neutrini giapponese Super-Kamiokande diede prova del fatto che parte dei neutrini elettronici partiti dal Sole diventa-


va “qualcos’altro” prima di giungere sulla Terra. Poi, nel giugno 2010, finalmente anche Opera sembra aver rivelato un evento di oscillazione importante. Quindi Opera non misura la velocità delle particelle e nessun esperimento al mondo sta studiando come produrre particelle più veloci delle luce. Ma quel 23 settembre 2011, prima dal Cern e poi dai Lngs giunge la notizia di un pacchetto di neutrini che ha anticipato il suo arrivo su Opera di 60 nanosecondi. 60 miliardesimi di secondi. Per poter anticipare il loro arrivo, questi neutrini “speciali” devono aver viaggiato con una velocità superiore a 299.792,458 chilometri al secondo (circa 300 mila chilometri al secondo), devono aver varcato cioè un limite della natura, secondo la fisica: la velocità della luce. È la catastrofe. Ma non della fisica. 23 settembre 2011. Tutte le testate, su tutti i media (internet, carta stampata, tv, radio), con pochissime eccezioni, hanno “smentito” in un attimo le teorie di Albert Einstein, in primis la teoria della relatività valida da oltre un secolo. I redattori più spavaldi raccontano di una “fisica cristallizzata dalle teorie di Einstein”, finalmente libera. Eppure, non c’è una sola teoria scientifica cristallizzata. Einstein, inoltre, non ha mai detto che nulla può viaggiare più veloce della luce, ma solo che la luce ha una velocità identica, comunque la si misuri, qui sulla Terra, sul Sole, su

un treno in corsa. Ed esistono già prove sperimentali di “qualcosa” che va più veloce della luce, ma mai qualcosa che sia massa , energia, materia, onda, oppure informazione. Quindi, se fosse confermato che particelle dotate di massa superano la luce in corsa, bisognerebbe forse aggiungere qualcosa alle teorie di Einstein, ma non smantellarle. Ma il peggio deve ancora arrivare. Nel pomeriggio, il web è agitato dalla risata di chi ha letto il più assurdo comunicato stampa su cui un Ministro della Repubblica italiana abbia mai messo la firma. C’è chi pensa subito a uno scherzo. Ma no, è vero: il Ministro della Pubblica istruzione, Gelmini, plaude e si congratula, con smodato entusiasmo, verso gli autori di un esperimento storico, che ha contribuito a cambiare la fisica moderna… un esperimento per superare la velocità della luce. Questo è il senso del primo capoverso. È chiaro che nessun ricercatore sprecherebbe uno solo di quei pochi centesimi pubblici destinati alla ricerca per fare esperimenti sul superamento della velocità della luce. D’altra parte, continua il Ministro, l’Italia ha speso dei bei soldi su questo esperimento, contribuendo con 45 milioni di euro “alla costruzione del tunnel tra il Cern e i laboratori del Gran Sasso”. La “cosa” si commenta da sola. L’entusiasmo del Ministro si smorza fra le risate del “popolo” e il giorno dopo arriva la smentita. 29


24 settembre 2011. Ovviamente, il tunnel di cui si parla nel comunicato di venerdì, non può essere per nessuna ragione inteso come un tunnel che collega materialmente Ginevra con il Gran Sasso. Questo è di facile intuizione per tutti e la polemica è assolutamente strumentale. Infatti, in questo articolo, è evidente che per nessuna ragione si può intendere che il Ministro abbia detto delle scemenze. Così, l’ufficio stampa del Ministero, sostenuto per l’occasione dall’Istituto nazionale di fisica nucleare, sostiene che il tunnel a cui si fa riferimento è quello in cui circolano i protoni, dalle cui collisioni ha origine il fascio di neutrini che, attraversando la Terra, raggiunge il Gran Sasso. Ma come la mettiamo con gli “esperimenti per superare la luce”? E con la lingua italiana…? Effettivamente, per produrre i neutrini, si fanno collidere, cioè scontrare particelle più pesanti, i protoni estratti da un acceleratore circolare del Cern (chiamato Sps e lungo 1 chilometro), contro un bersaglio di grafite. Si producono così delle particelle chiamate pioni, le quali decadono, cioè si trasformano in altre particelle, ovvero in un antimuone e in un neutrino muonico, che parte alla volta del Gran Sasso. 29 settembre 2011. Di chiunque sia la colpa del comunicato deriso, si dimette il portavoce del Ministro Gelmini, Massimo Zennaro, che resta comunque responsabile della direzione per lo studente (una carica fra le più importanti). 18 novembre 2011. Intanto, la scienza va avanti nel modo più consono e meno appariscente. Si effettuano verifiche sperimenta-

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li indipendenti da parte di diversi gruppi di ricerca e si affinano i dati sperimentali per poter verificare quanto emerso dagli esperimenti di settembre. Si accorciano ad esempio i pacchetti di neutrini, per ridurre ogni possibile errore. Così, a metà novembre 2011, dai Lngs arriva una conferma: sembra proprio che i neutrini vadano più veloci della luce. Cosa sta succedendo alla fisica? Dobbiamo davvero cercare una spiegazione valida anche per questa… anomalia? Nella comunità scientifica c’è scetticismo verso la scoperta del Gran Sasso, ma senza la pretesa di cambiare le prospettive della ricerca in un attimo, il dibattito produce comunque interessantissimi punti di vista sul mondo della fisica più estrema, dove “vivono” le cosiddette particelle elementari. D’altra parte, non è stato proprio Einstein ad aver introdotto leggi della fisica non note ai suoi contemporanei? Le verifiche procedono… 22 febbraio 2012. E alla fine, proprio la collaborazione Opera afferma che ben due difetti potrebbero aver significativamente intaccato il valore della velocità dei neutrini. Il primo sarebbe a carico della sincronizzazione fra partenza e arrivo dei neutrini. Il secondo, addirittura, sarebbe una connessione difettosa con un cavo di fibra ottica fra il segnale del Gps e il precisissimo orologio atomico di Opera. Due errori sistematici, dunque, cioè sempre presenti perché insiti nel sistema di misurazione, che agiscono in direzione opposta: il primo fa aumentare il tempo di volo, il secondo lo riduce, con uno squilibrio, forse, verso i 60 nanosecondi di anticipo. E

allora? Allora, per la stampa è la rivincita di Einstein, che nei titoli dei giornali oggi ha torto e domani ha ragione, mentre il gruppo di Opera, guidato dal Professor Antonio Ereditato, smentisce con la stessa cautela con cui aveva dato l’annuncio della scoperta appena 5 mesi prima. Ma non basta. Sembra infatti che non tutti i ricercatori fossero d’accordo nel dare la notizia in pasto alla stampa, perché forse le verifiche andavano fatte prima, nel silenzio e nella tranquillità dei laboratori situati a circa 1.500 mila metri di quota, sotto 1.400 metri di roccia dalla vetta del Corno Grande. 18 marzo 2012. Ironia della sorte, la prima prova contro i neutrini “superveloci” ottenuta da un esperimento indipendente arriva da un dispositivo anch’esso collocato nei tunnel del Gran Sasso, a pochi metri da Opera. Secondo i dati raccolti dal rivelatore Icarus sui pacchetti di neutrini predisposti a novembre 2011 dal Cern, i neutrini viaggiano ad una velocità leggermente inferiore a quella della luce. Punto e basta, anche se il “punto” vero a questa vicenda verrà messo da altri due esperimenti presenti ai Lngs (Borexino e Lvd) e proprio da Opera, quando i difetti sperimentali saranno riparati. Nel frattempo, il Professor Ereditato ha pagato l’eccessiva precipitazione nel divulgare la notizia dei "neutrini più veloci della luce" e si è dimesso alla fine di marzo 2012. Facendo intendere che i neutrini non violano le teorie fondamentali di Albert Einstein e che nella comunicazione delle notizie scientifiche c'è solo da procedere con prudenza.. Altro che velocità della luce.



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