N.07/08
http://scribacchione.jottit.com
EDITORIALE Una pagi n a bi a nca per l a sci a re un tfrase, esto, unun pensipezzzoero,udelnalapoesinostara, unafantasia. Questo è lo Scribacchione.
CARTA BIANCA
Paura di scrivere? A volte sì. Capita che la pagina bianca diventi spesso un muro di gomma dove nulla resta e tutto si cancella. Niente panico, fate un bel respiro, giocate con la penna e magari lasciate capra e cavoli sulla panca per andarvene semplicemente via. Fondamentale distrarsi e lasciare che la nostra curiosità scrittiva prenda il sopravvvento. Si va a caccia di idee! Facile a dirsi... ma a trovarsi? Dove si nasconde la creatività? Cos'è nuovo e cosa solo riciclato? Quando uno spunto è buono? La risposta che più banale non si può è "dentro di noi". Chi scrive veramente sa come tirare fuori tutto questo e portarlo su una pagina e poi un'altra ancora. Provare per credere. Lasciatevi ispirare dal mondo dentro e attorno a voi, e solo quando siete sicuri di avere nella penna le vostre migliori idee dategli uno spazio su carta... o sullo scribacchione. Buona lettura Davide Nonino
Foto di copertina di Giuseppe Usai Grafica a cura di Alessandra Bosi
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INDICE i testi
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UN SEMPLICE SOGNO CHE PARLA DI TE Jessica segato
parole per immagini le foto del mese
FOTOGRAFIA
10 nonsolofiori roberta bastarelli
Valentina Locatelli
c
APRILE
Tiziana Ragone
colori dell’aria 19 deiluisa veronese c
l’aRivista Sara
VEDO LA LUCE Nostrapunteros
le rubriche 11
in progress 20 work Giulia Possenti
la foresta incantata Silvia Bellinelli
sognando 12 sognami Serena Dal pos
di un clic 23 storia Marina Sgamato
prelibato 13 bocconcino Marzia
come me 24 lei, Aurora
di stelle e strisce 14 pan Giulia Sambo
25 quotidianita'
storie di stra-ordinaria Anna Piazza
comunicativa 15 energia Alessandra Z.
& citazioni 26 aforismi Michela Bellotti
16 tr@shik Felice Maria Campolo
dalla blogosfera 27 a(t)tratti Giulia Z.
e la settima arte 17 seshat Daniela sergio
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UN SEMPLICE SOGNO CHE PARLA DI TE jessica segato Un semplice sogno che parla di te Sguardi, parole, emozioni. Sei cosÏ vicino che sento il tuo respiro, sento il tuo profumo. Mi fissi, mi sfiori, mi baci. Labbra che dolcemente sfiorano le mie, le lingue che in una danza delicata si toccano. Abbraccio infinito, sguardi profondi, sorrisi, emozioni. Un bacio infinito, uno sul collo, uno sul petto, uno sulla tua anima. Chiudo gli occhi mi lascio andare. Le nostre anime danzano dolcemente, lentamentein questa notte d'estate Sospiri infiniti, parole sussurrate, emozioni perdute riaffiorano. Ti guardo, mi perdo, mi abbandono. I tuoi occhi profondi mi scrutano, mi accendono. Con le mani percorro ogni centimetro della tua schiena, del tuo viso, di te. Come un uragano che mi invade, mi lascio andare, ti lasci andare, fino a toccare quel profondo che c'Ê di te, quel profondo che c'è di me.
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FOTOGRAFIA valentina locatelli Sono qui,insipido fiore di primavera. Non sto sbocciando,non sto morendo. Sono qui a guardare impassibile ciò che attorno a me prende vita. Sono qui ad ammirare ciò che tempo fa mi provocava gioia, mi dava allegria, voglia di vivere. Sono qui ad osservare ciò che io non riesco più ad essere. Con futile dolore a chiedermi che cosa dentro di me, attorno a me, sia cambiato. Cercare una risposta fra l'invidia di tutto ciò che ha rapito la mia allegria. Fra la rabbia di ciò che si è impossessato di quegli attimi cosi intensi. Fra la disperazione di chi non sa spiegare a se stesso la propria malinconia.
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L’ aRivista sara
"tutto è stato, è stato tanto, è assaporato" Sono la mia unica e prima disfatta. Sono così poca che spesso mi dimentico di essere separata. Passo talmente tanto tempo a pensare come agire che spesso dimentico di farlo. Se continuassi a collezionare belle parole probabilmente finirei per confondere il significato a tal punto da dover rinunciare a riagganciarlo. e se capita che qualcuno mi interroghi a riguardo passo metà del tempo a pensare cosa dovrei rispondere per rimanere coerente a me. Senza mai rimanere veramente. "Che schifo. Hai dei principi" parole al sapore di zucchero al caffè e sedic'anni risuonano come nuove. Tutte quelle ore passate a cercare la soluzione al più semplice dei rebus. Eppure se siamo qui e sappiamo di pensare qualcosa dovremmo pur essere. Rane. Nella speranza che la vita vera prima o poi ci sommerga. "La soluzione è riempirsi la vita". Ma chi me la riempie? Non io di certo; che sono troppo impegnata a scrivermi i dialoghi. .
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APRILE tiziana ragone Di nuovo… era crollato di nuovo. Rabbia.C'erano voluti due anni per rimetterlo in piedi, due anni di pazienti tentativi, e soltanto due settimane per vanificare tutti i suoi sforzi. Che fosse delicato lo aveva intuito fin dal principio, fin dal primo passo verso la ricostruzione, ma che addirittura si rivelasse fragile! Aveva teorizzato di poter fronteggiare eventuali scosse mentre cercava di fortificarlo, ma era stata sufficiente la brezza di un mattino di primavera ad incrinarlo… il suo equilibrio.Lei guardava i cocci sparsi ora e riusciva solo a chiedersi "perché". Era furiosa con se stessa, per aver permesso che qualcosa dall'esterno, ancora una volta, si insinuasse nel suo animo andando a stuzzicare cicatrici non ancora rimarginate, ma che nel tempo aveva imparato a far tacere. Era in collera con il destino, a causa di quella sua innata convinzione che "nulla accade per caso", chissà quali potevano essere le motivazioni stavolta… solo che proprio non le importava svelare le origini di avvenimenti apparentemente fortuiti ora, cosa che di solito trovava stimolante, ma che in questo caso semplicemente contribuiva ad accrescere la sua irritazione. Era adirata con lui, per aver fatto irruzione in una sorprendentemente precaria serenità e aver stravolto un assetto conquistato a fatica. Lui… era apparso in uno di quei momenti in cui non si ha necessità di chiedere nulla alla vita perché tutto sembra proseguire per il verso giusto.Tanto che si era domandata se non stessero esagerando lassù, lei che
guardava con sospetto agli eccessi prediligendo la semplicità delle piccole cose. Eppure, aveva lasciato che il suo sguardo la persuadesse al di là di ogni possibile dubbio… Era bastato quello infatti per eludere accurate strategie di difesa. In un istante, in quegli occhi, aveva ritrovato sensazioni perdute; era stato come se il sole fosse riuscito a penetrare nel suo rifugio d'ombra e lei ne riscoprisse inaspettatamente il calore. Lasciò che sciogliesse esitazioni e timori quel sole…Due incontri, fu quanto le bastò per rendersi conto di aver ritrovato energia nello stesso sentimento che tempo addietro gliene aveva esaurita ogni traccia. Fu quanto le bastò per riuscire, attraverso quegli occhi, a ritrovare se stessa e allo stesso modo perdersi, dimenticando tutte le sue insicurezze. Due incontri… fu tutto ciò che le venne concesso. Qualcosa doveva essere accaduta a un certo punto, ma non riusciva davvero ad individuarla. Lui era improvvisamente sparito, senza una parola, senza che nulla potesse far presagire un epilogo tale, senza lasciarle il tempo di realizzare… "Domani" era la parola che aveva usato salutandola prima di dileguarsi nel nulla, era quella che si riempiva di progetti nei loro discorsi spensierati, era quella che
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iniziato a colmarsi di nuovi significati nel suo cuore nonostante avesse investit o tempo e forze per imparare a non farsi coinvolgere da certi aspetti dell'esistenza.Ora che la quiete era stata intaccata, che l'angolo di pace edificato sulle sue stesse rovine era stato contaminato, a cosa si sarebbe aggrappata? Che cosa le restava? Amarezza.Sentiva freddo adesso… sfumata la rabbia, sentiva solo il gelo di cui incautamente aveva perso abitudine e controllo, ne tremava ora, avvertendo l'assenza di tutto quello che a lungo aveva rinnegato, ma di cui, attraverso quegli occhi, aveva riscoperto il gusto.E si mise allora a tentare di individuarlo quel motivo, quello che aveva posto sulla sua strada "l'imprevedibile", lo cercava freneticamente, perché un appiglio doveva pur trovarlo, ne aveva necessità… per non essere sopraffatta dal vuoto, già non più custode e testimone di un cammino assestante, ma eco urlante di ricordi e rievocati bisogni.Sapeva che se l'avesse trovato ci si sarebbe concentrata fino a dimentic are tutto il resto, desiderava usare l'eventuale intuizione come punto d'origine per un nuovo processo di stabilizzazione, del suo spirito inquieto, della sua mente nervosa, del suo cuore deluso… Credeva… sperava potesse essere così. E ci fu un attimo… un istante in cui, tutta la confusione di quei giorni, parve bloccarsi, in quel momento, furono le sue stesse paure a rivelarle ciò che si sforzava di scoprire, quelle che per tanto l’avevano fatta
tenere costantemente al riparo da urti nel timore di precipitare in già noti abissi. Era proprio questo che la terrorizzava, sapeva di aver ricostituito l'armonia perduta in passato distogliendo l'attenzione dal suo malessere, ignorandolo e non affrontandolo. Si era quindi protetta e allontanata da tutto quello che avrebbe potuto risvegliarlo… ma non è quello che stava accadendo ora. Si sentiva ferita, ma non era l'antico dolore a tormentarla. Le fu chiaro d'improvviso. I suoi occhiali e il senso di quell'incontro… era riuscita a vedere se stessa attraverso i suoi occhi… E guardandosi, accorgersi che sotto i cumuli di distrazioni che aveva usato per nasconderla non vi era più sofferenza… Sorrise… Ora capiva.Il pensiero di lui, della sua assenza che sapeva definitiva, la turbavano fortemente. Sentiva che la tristezza l'avrebbe accompagnata per un bel pezzo… stavolta però, le prese la mano e si mise a camminarle accanto.
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VEDO LA LUCE nostrapunteros Tutto cambia, tutto d' un botto la vita svolta ti senti cambiare in un attimo ma tu hai paura questa volta che tu l'abbia perso il lavoro o l'hai voluto perdere non cambia ora devi riflettere su cosa fare,dove andare a sbattere è una meta che devi saper coglierenon ci sarà un lieto fine se tu non vorrai e potrai portare il rispetto che ti parema se non lavori non sarai mai nessuno a quanto pare se ti beccano gli sbirri e non lavori sei messo male solo perche non hai un mestiere ti considerano un criminale ti credono un perdente perche non sai approfittare della gente tu dà retta alla tua mente e non farci caso se mamma non ti chiama è solo arrabbiata e delusa ma è da quando sei nato che ti ama continua a credere nella famiglia come hai sempre fatto lascia stare pregiudizi e commenti tu va avanti non ascoltare chi dice di vedere in te un matto piglia la tua voglia ,la passione e la tua opininione per te e fattene una ragione non sbaglierai se per tua scelta sarai un giusto barbone si darai il bidone ai tuoi cari, non sarai mai alla loro pari ma non piangere, inutile stare male come un bambino e non ridere, inutile gioire per nulla come un cretino pensa al tuo cammino, giusto o no rimane il tuo destino ti vedo piangere a dirotto fratello, lo sò sei spaesato in questo mondo malato io sono qui, la tua parte silenziosa che ti conosce più di tuo padre e credimi se c'è qualcosa che non và, parlane con tua madre ti ha sempre aiutato, a volte barato ma solo per il tuo bene ti ha insegnato a fare il leone in questa società ma tu sei un maledetto scorpione in realtà. il sognatore per eccellenza, che non sente mai l'esigenza di mostrar la sua eleganza. tu che pensi sempre al bene della natura tu che hai deciso di passare più giorni possibili con i nonni e che solo al pensiero di perderli ti soccombe la paura tu che sogni ad occhi aperti di guarire tuo cugino tu che non riesci ancora a dimenticare di aver perso un bambino ti ammiro credimi io ti ammiro sei riuscito a superare quel dolore nero del primo amore vero bruciato in quattro anni insieme alle foto e a tutti i suoi panni a 26 anni ai limitato i danni drogandoti poche volte non importa quanti punti o il numero delle multe che conti il cassetto è passato e pian piano verra dimenticato sei nel presente cosciente tra tutta questa gente incoerente e pensando al futuro non ti senti poi così tanto sicuro controcorrente porti in testa dei valori e non devi aver paura a tirarli fuori.
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“Nonsolofiori”
© Robert a Bast arelli
Gerbera-waves
Tulipspider
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Gerbera-waves2
la
foresta incantata
Volete proporre un vostro racconto fantasy? Scrivete a Silvia Bellinelli, laforestaincantata@gmail.com FENICIA E LA CORONA D'ARGENTO - prima parte di Renata Morbidelli Salve, mi chiamo Fenicia, o almeno questo era il nome che mi diedero i miei genitori alla nascita, quando Innocenza ed Originalità si macchiarono per via del contatto con la polvere della Terra. Fino all'età di 16 anni la mia vita trascorse tranquilla come quella dei miei coetanei. Poi, una visione cambiò ogni cosa: mi vidi al fianco di Re Riccardo III al tempo della sua riconquista del trono. Accanto a me era sempre presente un cavaliere. Eravamo spesso insieme e stringemmo una bella amicizia. Nel tornare al mio tempo, qualcosa andò storto: nel salto temporale, trascinai con me il mio amico. lo sbalzo e la botta furono tali da ridurlo in fin di vita. Disperata, non potei fare a meno di gridare: "Mio Dio, cosa devo fare?"
continua nei prossimi numeri...
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sognami sognando
Per me un sogno è una magia e non è solo un' illusione in cui è dolce cullarsi. Mi fa vivere Serena. Serena Dal Pos sognamisognando@libero.it
Addio lupo Schiudo gli occhi, incredula, avverto la realtà come l’incubo che speravo solo aver immaginato nella mia testa confusa: ti sei preso gioco di ogni parte di me, della mia personalità. Come un orco cattivo che rovina una favola hai mutato la mia vita con trappole disseminate qua e la. Ma ti avverto! Ora nella mia favola, realtà o sogno cha sia sono cappuccetto rosso che insegue il lupo cattivo, perché ricorda: i buoni vincono sempre!
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bocconcino prelibat o Dentice con Castagne
Ricette & sfizi di Marzia
m.boccone@t in.it
Lo spunto per questa ricetta l’ho preso dalla famosa rivista di cucina, La Cucina Italiana, che è meravigliosa, una fonte di sapere gastronomico che si è evoluto fino ai nostri giorni e raggiunge il suo massimo nel numero di Dicembre con lo speciale Natale, se non l’avete mai letta compratela almeno una volta o fatevi l’abbonamento per almeno un anno, per avere un’idea della stagionalità degli alimenti. Scusate la digressione, torniamo alla ricetta, avevo dunque bisogno di un’idea per cucinare un pescione freschissimo, di quelli che quando ti capitano è meglio prendere, e, se come me amate il pesce e amate mangiarlo in più maniere eccone una semplice e diversa! Per 4/6 persone Tempo di preparazione 30min Tempo di cottura 40 min Un Dentice o altro pesce di mare di almeno un chilo 600g di castagne 4 scalogni Vernaccia di oristano o vino bianco secco molto alcolico Olio ev Sale La cosa meno divertente è pulire le castagne, se avete il microonde fate così, incidetele trasversalmente e fatele cuocere a gruppi di 10 per 15 secondi alla massima potenza, poi sarà facile spellarle del tutto, se no incise tuffatele per 30 secondi nell’acqua bollente. Il pesce in genere lo faccio pulire, per cui è una cosa in meno da preparare. Tagliate gli scalogni a spicchi. Ungete una pirofila con coperchio, mettete le castagne a pezzi a seconda della grandezza, lo scalogno, un pizzico di sale, adagiate il pesce, spruzzatelo con il vino e fate cuocere coperto per 40 minuti a 180 gradi senza ventilazione. Giratelo a metà cottura e irrorate con il sughetto formatosi. Servirlo pulito con un po’ di castagne e scalogno.
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stelle
pandi di pan
e
strisce
I golosi momenti di Giulia alla scoperta dell’ america Giulia Sambo bibi_giulla@yahoo.it
Il display si illumina: nuovo sms. Visualizza: “ In Usa chiama l’Italia digitando *123*0039numero# invio es…”. Ma allora è proprio vero che sono qui. Anche se con diecimila fastidiosi gingilli penzolanti dal mio corpo, tra cui zaino e felpa, sono incredibilmente riuscita ad accendere il cellulare, atto che sancisce la mia definitiva libertà da quella gabbia infernale a forma di aereo. Non cancello il messaggio, ogni volta che lo rileggerò avrò la conferma che tutto è accaduto veramente. E così, in un attimo, con lo sguardo fisso sulla lista degli sms ricevuti e quei pensieri che mi rilassano il viso, tutta la stanchezza del viaggio svanisce, abbandona il mio corpo, lo libera verso nuove esperienze. Alzo la testa e metto via il cellulare. Sistemo bene le mie cose. Per la prima volta da quando sono partita inizio a guardarmi intorno. Non solo a vedere, a lanciare fugaci occhiate. Ma a guardare, a osservare, ad interessarmi, ad incuriosirmi. Inizio a fare qualcosa che mi accompagnerà fino alla fine della mia avventura, qualcosa di cui non potrò più fare a meno. Qualcosa che mi coinvolgerà giorno dopo giorno, che renderà tutto ancora più mio. Una dopo l’altra le mie prime volte. Si susseguono inaspettate, improvvise, meravigliose, stupefacenti. I miei occhi ne sono abbagliati e la mia mente le assapora. Le mie prime volte da oggi, il mio primo giorno in America. Per me tutto comincia oggi. Ho bisogno di acchiapparle in fretta e di metterle via dentro di me. Le prendo tutte, le colleziono una alla volta, le metto una sopra l’altra tra i miei pensieri come quando si fanno le provviste per l’inverno. Le prendo ora perché un domani potrebbero sfuggirmi o semplicemente non esistere più. Le prendo ora perché sono fatta così, sono previdente e non sopporto che ciò che accade nella mia vita mi scivoli addosso e non mi lasci un segno. Ho per la prima volta le punte dei piedi su un paese grande più o meno una trentina di volte il mio, gli occhi mi brillano e una manciata di riflessioni rimbalzano come farfalle impazzite nella mia scatola cranica. Spesso penso che penso troppo. Questa in fondo sono io. Mi chiedo se anche gli altri se ne sono accorti, se quell’istante meritava davvero di essere pensato, indagato . Ma poi chissenefrega, lo scruto comunque. E così nasce la serie infinta delle mie prime volte. Stanno arrivando. Ma intanto complimenti: siete sopravvissuti indenni al mio primo scatenato trip mentale made in the Usa.
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energia comunicativa uno sguardo al mondo che comunica anche se non sa di farlo Di Alessandra Z. send2alezz@yahoo.it Se il diavolo non vestisse Prada… Mi capita spesso di sentire la gente parlare di pubblicità occulta, riferendosi a prodotti visibili all’interno di film al cinema o in tv. Sul tema della pubblicità all’interno dei film c’è ancora poca informazione e da molti questo viene percepito in modo negativo, ma in realtà oggi in Italia è assolutamente lecito ed è una pratica chiamata product placement: ovvero l’introduzione di un prodotto all’interno di pellicole cinematografiche, telefilm, romanzi, videogiochi e così via. Non siamo abituati a vedere prodotti italiani esplicitamente menzionati all’interno di film e telefilm, ed un motivo c’è: fino a qualche anno fa questo non era consentito, ma a pensarci bene è normale per noi vedere i brand nei film americani. Pensiamo a Colazione da Tiffany in cui il marchio di gioielli appare addirittura direttamente sul titolo, al modernissimo Sex and the city che ha contribuito a costruire uno status symbol intorno al marchio di scarpe Jimmy Choo, ai Ray Ban per gli agenti speciali di Man in Black, alle numerose firme del mondo della moda per il Diavolo veste Prada e così via. Cosa sarebbero questi film senza la presenza di tali prodotti caricati di valenze comunicative? Non pensate che perderebbero un qualcosa di fondamentale, che sarebbero un po’ meno “reali”? Negli USA il product placement viene utilizzato dagli albori della cinematografia; in Italia era consentito fino al ’92, quando fu dichiarato illegale, e poi nel 2004 fu finalmente ri-legalizzato. Negli ultimi anni molti avranno notato il product placement su pellicole italiane e prodotti italiani, ma ci sembra ancora strano, non lo vediamo di buon occhio. Chi non si è accorto del product placement di Vodafone nel film Il mio miglior nemico di Muccino e Verdone? In realtà in quel caso il prodotto non era stato “piazzato” bene e il risultato tendeva a infastidire l’osservatore, ma sicuramente con il tempo ci perfezioneremo anche in Italia nella collocazione di marche e prodotti in modo discreto. Convinciamoci insomma che la presenza di un prodotto all’interno di una pellicola non è assolutamente condannabile. Non dimentichiamoci che di Marlboro e Coca Cola sono pieni tanti e tanti film americani, ma noi non ci facciamo nemmeno più caso. In fondo cosa sarebbe 007 senza un Vodka Martini “agitato non mescolato”? .
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Tr@shik
tutto ciò che non è très chic? Felice Maria Campolo confidaloafelice@gmail.com
“ il giorno in cui han dato loro i nomi, i genitori dei sette nani dovevano essere ubriachi ” Anonimo Il corrente ottobre italiano è un mese interamente dedicato alla moda: il cinema si tinge di rosso, proiettando un reality show su Valentino, la televisione raddoppia la dose, mandando in onda una fiction su Coco Chanel e le passerelle danno il loro ultimo saluto a Mila Schon, presentando una sua collezione da fiaba. Dopo le suddette premesse, come potevo oppormi al leit-motiv mensile? Del resto, andare fuori traccia non è affatto chic! Ebbene, lungo il litorale ionico della punta dello stivale, a circa diciassette chilometri da Reggio Calabria, si estende un paesino di nome Lazzaro, lontano avamposto di quell’area calabra in cui si parla il grecanico. Consta poco più di quattromila abitanti, sebbene al suo interno, oltre alle secolari botteghe, domicilino due supermercati. Qui la pesca è il mestiere che va per la maggiore e il turismo dà ancora qualche frutto, nonostante l’assenza di una spiaggia e la presenza di strutture tutt’altro che efficienti. L’originalità di questo paesino, però, non ha nulla a che vedere con il mare, bensì con la sua toponomastica, i cui effetti, alla lettura, sono oltremodo inverosimili e destano commenti e riflessioni esilaranti. Nella fattispecie, poco distante dall’uscita della superstrada, attraversando la via Nazionale in direzione della chiesa, c’è un farmacia edificata all’incrocio con una salita che conduce a un piccolo campo sportivo. Quando questo pendio non era stato ancora asfaltato, non aveva un titolo ( e forse sarebbe stato meglio mantenere il trascorso anonimato!), non appena è stato eletto a carreggiata percorribile il comune ha pensato bene di appellarlo in memoria di… di… ( un attimo ancora, devo trovare il coraggio!) di… di Christian Dior. Si! Avete capito bene: un paese, che molto probabilmente trova numerose difficoltà ad ottenere menzione all’interno delle mappe stradali, ha avuto la temerarietà di intitolare un piccola stradina in pendenza ad un mostro sacro della moda mondiale, che assai certamente non sapeva cosa fosse addirittura la Calabria. Il fatto più misterioso, però, non sta nella scelta dell’illustre personaggio come oggetto di interesse locale, ma nell’essere a conoscenza che sul lungomare del paese la famiglia Versace ( che è di origini reggine) possieda una villa a due piani. Dunque, cosa abbia indotto il manipolo di addetti alla toponomastica del territorio a preferire lo stilista francese ad uno di pari fama ed importanza ma del luogo stesso, si può ricavare solo da un’azzardata risposta o da un’invenzione colossale, a meno che, mentre Gianni preferiva gli affari della “borsa” di Milano, Christian prediligeva andare a pesca di cernie e totani con la gente del luogo…
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seshat e la
settima
arte
Dedicato agli scrittori che amano il cinema Daniela Sergio danielasergio73@@yahoo.it
Stanotte lui verrà Il titolo del primo draft della sceneggiatura di Vincent Ngo suona più o meno così: “Tonight he comes” ovvero “Stanotte lui verrà” e lui è il supereroe più trash del momento e il suo nome è Hancock. A qualcuno è potuto capitare di incontrarlo nel buio più buio di una sala cinematografica, in una notte qualunque, come quelle in cui pensi che l’oscurità possa diventare un buon pretesto per convincerti che la realtà può ancora essere mutata in sogno. E così deve essere stata, la notte prima, anche per Hancock, quando al mattino si è ritrovato a sonnecchiare su una panchina di una strada qualunque di Los Angeles, non raso, arruffato, logoro e maleodorante. A svegliarlo, con l’insistenza tipica di un genitore che deve mandare il figlio a scuola, è un bambino di circa dieci anni, che subito lo redarguisce: “Hey… i cattivi!!!” e gli mostra una TV che sta mandando in onda l’ennesima bravata della malavita cittadina. Il supereroe si alza a stento e, senza ancora aver preso totale coscienza, si lancia a razzo verso il cielo per andare a compiere, ahimè! La sua missione. Questo è l’incipit del film, che la dice lunga sul personaggio e già fa pregustare allo spettatore tutta quella serie di imbrogli in cui si caccerà il nostro eroe un po’ sui generis . Già, perché egli, pur avendo come unico obiettivo la salva-
guardia dell’ordine pubblico, non fa altro che creare disordine. Tutto ciò fin quando non si imbatte in Horus, un pubblicitario dal cuore d’oro, che lo accompagnerà nel cammino di conversione in un supereroe alla vecchia maniera. Apice di questo percorso di crescita è il ritrovamento di Mary, l’amore della sua vita, anche lei dotata di super poteri e, sfortunatamente, già moglie dell’amico pubblicitario. Ma Hancock e Mary non staranno mai insieme, tra di loro ci sarà solo un bacio accennato, dopodiché assisteremo al più vero e grande atto eroico del nostro supereroe, ossia la rinuncia alla donna amata, pur di restituire al piccolo Aaron e ad Horus, rispettivamente una madre e una moglie. Altra storia il film sulla carta, che si apre con il monologo di una voice over, che narra di fatti e avvenimenti della vita familiare di Hancock, capaci di giustificare, in qualche modo, la sua psicologia autolesionista. Ci sono cose che si sentono e si vedono quando si è bambini che non possono mai essere dimenticate e che in qualche modo condizionano il comportamento della persona anche da adulto. E se l’inizio e la fine sono due momenti cruciali per decretare il successo o l’insuccesso di una storia, il finale a cui assistiamo sul grande schermo, con una specie di grande luna “a lavagna” dove viene scritta un’improbabile
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dichiarazione d’amore ai protagonisti, banalizza tutti i buoni propositi della pellicola, che comunque è decisamente divertente e, a tratti, profonda. Molto interessante e degna di nota al contrario, risulta la soluzione adottata in fase di scrittura, là dove la penna smette di imbrattare il foglio di inchiostro e si finisce di tracciare un arco. La scena finale vede così il piccolo Aaron scorgere, attraverso una porta socchiusa, i genitori che fanno l’amore e qui dove tutto finisce, tutto incomincia daccapo. È l’inizio della crescita e della formazione di un uomo, che si ripete di generazione in generazione ed è fatta di cose che per dirla alla maniera dello scrittore “you just never forget” , “non dimenticherai mai” per tutta la vita.
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Dei colori dell’aria
Š Luisa Veronese www.myspace.com/luisaveronese
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work workinin progress progress Giulia Possenti jiulie_@hotmail.com
jungleeeee...!!! Simone Perrone, classe 1987, grande talento, grande emergente. Ci sentiamo telefonicamente per accordarci sull'intervista. La voce è squillante, ben disposta, carica di entusiasmo e umiltà. Settembre, 11.00 a.m., inizia l'intervista intervallata da risate e da ricapitolazioni, è impossibile non ridere con lui, è impossibile stargli dietro! 01.com'è nata "L'estate di Adelina"?? "L'estate di Adelina" è nata da un suggerimento di un mio amico che, un giorno, mi disse: " dovresti scrivere una canzone con il nome Adelina"... Io sono molto attento ai suggerimenti e questo nome mi ha colpito da subito, perché mi da la sensazione di freschezza e di solarità tipico dell'estate e del Salento...e così è nato il pezzo! 02.il Salento è terra di artisti, e molti di questi ci tengono a ricordare le loro origini...tu quanto sei attaccato alle tue radici? Beh, io sono molto attaccato alla mia terra, è impossibile odiarla, è stupenda e non solo parchè ci vivo, la gente è fantastica, solare, espressiva e accogliente, ci sono posti bellissimi e ... si mangia bene!!!! Certo, c'è un po' il problema delle infrastrutture, siamo un po' tagliati fuori dal resto dell'Italia spero però, che col tempo, si risolva anche questo. Comunque, sono molto contento che nell'ultimo periodo il Salento stia venendo fuori alla grande e che stia iniziando a insediarsi nella
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gente, l'idea che questa terra stia diventando una scuola importante nella musica italiana. 03. 8 giugno 2007 apertura del concerto di Zucchero all'arena civica di Milano... emozioni? L'apertura del concerto di Zucchero è stata la cosa più emozionante che io abbia mai fatto, non mi ero mai esibito davanti ad una folla simile -20.000 spettatori- e capisci che l'emozione in quei casi è difficile da gestire. Man mano che l'esibizione andava avanti io vedevo che il pubblico approvava, era, non dico entusiasta ma quasi, e questo mi ha caricato ancora di più. Questo spettacolo è stata una tappa importante per me, perché lì, ho incontrato i miei discografici. 04. in che modo ti sei avvicinato alla musica?e quanto questa fa parte della tua vita? La musica ha fatto parte di me quasi da subito. Ho cantato per la prima volta davanti ad un pubblico a 6 anni mi ci sono avvicinato grazie a mio padre, lui non è un musicista però ama la musica ed è stato proprio lui il primo ad accorgersi delle mie potenzialità; poi verso i 10 anni, a casa di un mio amico, suo fratello più grande aveva dei cd dei Beatles, rimasi totalmente rapito da "let it be" -da noi si dice rimanere sotto (per qualcosa) - (ride). Da lì, ho iniziato a studiare, a scrivere canzoni, a suonare nei primi gruppi.
Posso dirti che la musica occupa a pieno la mia vita, ed anche se volessi fare in modo di eliminarla non ci riuscirei, perché a parer mio chi fa musica, chi ama la musica, non può farne a meno, è come una malattia, è una questione genetica secondo me. 05. Hai detto: "(..) il successo non è il mio obbiettivo principale,l'importante è fare musica che mi/ci soddisfi e che piaccia alla gente che mi segue. Il successo è solo un sfumatura che se c'è ben venga,se no,pazienza (...)." Riusciresti a rinunciare ad un contratto discografico se il prezzo da pagare fosse quello di modificare e riadattare la tua personalità artistica? ahi...che domandona!!! beh nella vita i compromessi ci sono sempre e comunque, però se si tratta di modificare la mia personalità, io non accetterei. Una persona che ama fare musica, scrivere canzoni, se è un vero artista, non lo fa per raggiungere un probabile successo o per vendere dischi e fare soldi, un artista, è artista per esigenza, per bisogno. La musica per me è un’esigenza, scrivere è un’esigenza, gettar fuori le mie emozioni e per chiunque la pensi così, il raggiungimento del successo, non è importante ma è appunto una sfumatura.
-tata!La sera, si dedica agli amici. La band, che dire?!. i ragazzi sono la mia famiglia lavoriamo bene insieme, ci divertiamo e se ci ricordiamo....suoniamo!!! (ride!!!)- chiaramente scherza!-. la band è nata circa tre anni fa, nel corso di questi anni però, abbiamo cambiato alcuni elementi. I primi siamo stati io e Aldo (Natali, chitarra), poi è arrivato "spinetta" (Giulio Rocca, batteria), e successivamente "Giallo" (Gianluigi Giorgino, chitarra) e "Carlitos" (Michele Minerva, basso). Ed ora abbiamo raggiunto il nostro equilibrio che ci soddisfa molto. Mi sento di dirti che loro per me sono prima dei fratelli e poi dei colleghi. Collaboriamo insieme sugli arrangiamenti di alcuni pezzi insieme a Francesco Musacco che è il nostro arrangiatore (nonché arrangiatore di Simone Cristicchi/Povia, ecc...). Prima di salire sul palco abbiamo un rito scaramantico... IL JUNGLE....è il nostro motto, è nato da me e Michele dopo aver visto un concerto "del mitico" Lorenzo Cherubini, e da allora è diventato come una forma di saluto, un rito scaramantico per caricarsi prima dei concerti; Poi, tramite lo space, questa cosa si è estesa alle fans, cosa che mi ha fatto molto piacere. 07.che rapporto hai con le fans?
06. "giornata tipo" Perrone......e la band
di
Simone
Sveglia verso le 8.30 -anzi diciamo le nove- se sono ispirato scrivo una canzone altrimenti, suono al piano o alla chitarra, leggo o navigo sul my space, diciamo che la mattina sono libero -si fa per dire- poi nel pomeriggio vado in sala di registrazione o per le prove o per registrare idee nuove però non posso dire di avere un programma preciso di "giornata tipo" anche perché, la mia vita è abbastanza movimen-
Questa parola mi suona molto strana!!! io cerco di essere con loro più disponibile possibile, e loro apprezzano molto, mi dimostrano un affetto davvero straordinario, e ne sono molto contento. Apprezzano la mia musica e i miei testi, e questa è una grande gratificazione perché, come dicevo prima, non c'è cosa migliore che soddisfare se stessi e soddisfare allo stesso tempo anche altra gente, ed ora, la sto vivendo! Ne sono molto felice.
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08.se dovessi dire grazie a qualcuno a chi lo diresti? A mio padre e a mia madre, perché loro sono i miei primi fans, hanno da sempre creduto in me e supportato... e anche sopportato. (ride..) 09. anticipazioni del tuo prossimo lavoro? Abbiamo in programmazione di suonare tanto tanto tanto,a brave inizierà un tour nei clubs, e probabilmente apriremo delle date di Simone Cristicchi. L'album l'abbiamo terminato da poco e stiamo pianificando il tutto... ma non ti anticipo nulla per scaramanzia!!! 10. uno spazio per dire ciò che vuoi... Non ho da togliermi nessun sassolino, sono una persona che nel bene o nel male dice sempre ciò che pensa... quindi ti dico... "la scala verticale scende a picco verso il mare...". Chi capisce il senso di questa frase è un genio!.
E per vederne di più l'intervista continua al link http://cli.gs/ja1284
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storia di un clic. NASCITA ED EVOLUZIONE DELLA FOTOGRAFIA Marina Sgamato marina_mb6@libero.it
Nel XIX secolo le poche persone che provavano ad ottenere buone fotografie necessitavano, dai loro sog getti, di tempi di posa eccessivamente lunghi, e gli apparecchi che usavano avevano dimensioni così gran di che trasportarli era piuttosto difficile. Ma da quando le tecniche hanno cominciato a semplificarsi e gli apparecchi a ridursi, la fotografia si è diffusa sempre più ed è diventando spesso simbolo di particolari avvenimenti. Basti pensare alle immagini di Charlie Chaplin che ci riportano alle origini del cinema, o alle tristi foto degli Ebrei per ricordare il dramma dell'olocausto, per avere singoli esempi di come una foto può da sola rappresentare un periodo storico. Proprio attraverso le immagini, in questo numero mi piacerebbe rendere omaggio ad un gruppo fondamentale per la storia della musica, di cui è recentemente scomparso un membro: Richard Wright, tastierista dei Pink Floyd.La storia iconografica dei Pink Floyd è stata caratterizzata dalla collaborazione, durata più di trent’anni con Storm Thorgerson, che conobbe Roger Waters e Syd Barrett nel periodo in cui frequentavano la scuola media maschile di Cambridge. Qualche anno dopo Storm passò alla London School of Film Technique e con Aubrey Powell (detto Po), anche lui studente della stessa scuola, fondò uno studio fotografico che battezzarono Hipgnosis. Storm e soci hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell’epoca, lavorando anche per altri gruppi come Led Zeppelin, Peter Gabriel e Black Sabbath, ma è probabilmente con i Pink Floyd che sono riusciti a dare il loro meglio, con copertine come “Wish you were here”, “Animals”, e l’indimenticabile “Dark Side of the Moon” ritenuta una delle migliori copertine di tutti i tempi .
La foto che vi propongo, risale al 1968, quando Syd Barrett cominciava già a dare segni di cedimento e la band stava arrivando ad un punto di rottura a cui cercarono di rimediare contattando David Gilmour. Questa foto è emblematica del periodo: Roger Waters, Richard Wright, David Gilmour e Nick Mason sono in primo piano e ben messi a fuoco, con le loro teste formano un ideale quadrato; sullo sfondo alle loro spalle aleggia la figura di Syd Barrett, fuori dallo schema astratto e per giunta fuori fuoco. Strano che lo stesso Nick Mason, proprietario della foto e autore del libro in cui è riportata, non ricordi se la posizione di Syd fosse un caso o fosse voluta. Comunque sia, anche qui, è la fotografia a farsi simbolo di un particolare momento. .
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lei,
come me
storie di donne che a volte non esistono aurora africa2006@excite.it
Lo guardavo quando passeggiava fuori dalla mia porta. Io mi nascondevo dietro alle tende e sapevo che lui sapeva che stavo lì ad aspettarlo. Aveva i pantaloni scuri e le bretelle: il vestito buono della domenica. La coppola e la sigaretta tra le mani lo facevano sembrare più grande della sua età. Andava avanti e indietro per la mia strada e ogni volta che arrivava davanti alla porta di casa mia...buttava un' occhiata di traverso. La nonnina che mi abitava accanto, e che aveva tutti i 7 figli maschi che lavoravano alla Piana di Catania, mi diceva sussurrando, per non farsi sentire da mia madre, "Chistu picciottu non ma cunta ritta"(questo ragazzo la sa lunga), e poi mi faceva l' occhiolino. Mia madre, dal canto suo, credo si fosse accorta di tutto e quasi non le dispiaceva visto che era figlio di una buona famiglia del mio paese, lui sapeva persino leggere e scrivere, era stato a scuola. Ma, come tutte le mamme di quei tempi, stava lì sempre ad impedirmi qualsiasi uscita. Tranne che per la messa della domenica, quella era sacra. Lui in chiesa non ci andava ma mi aspettava fuori.
Questo di certo non piaceva a mia madre, "E comu li scomunicati", diceva. Ma a me questo suo essere fuori dalla norma mi piaceva. Mi era piaciuto sin dal momento in cui la mia migliore amica mi mostrò la sua foto. "Chistu e me frati, 'u nicu"(questo è mio fratello, il minore). Io subito replica "Matri che beddu!"(Mamma mia che bello). Da quel momento cominciai a vedermelo sempre intorno. Quando andavo a prendere l'acqua, quando andavo con mia madre a fare il bucato, quando andavo a comprarle la farina al mulino... Fantasticavo su lui e su me, sui biscotti che gli avrei potuto cucinare, su come avremmo chiamato nostra figlia. I tempi sono diversi ora oggi, ma così come adesso anche a quei tempi si fantasticava sull' amore. Fantasticavo e ne avevo un pò paura, ma non me la sapevo spiegare. Un giorno mi fermò quasi dietro l'angolo di casa mia, era all'imbrunire e io dovevo essere di già a casa per quell'ora, ma mi ero trattenuta al circolo del ricamo. Mi disse senza tutto d' un fiato: "Oggi mi è arrivato il telegramma. Tra quanlche giorno devo essere a desti-
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-nazione. Tanto 'sta guerra finisce presto e io ritorno qui. Tu ci sarai al mio ritorno?", e sorrise senza aggiungere altro. Io non so il perchè, ma sapevo benissimo quello che voleva significare quel discorso e la paura delle mie fantasie svanì subito. Forse in fondo aspettavo quel momento da tempo. Senza esitazione risposi: "Si". Ho atteso a lungo. Sono passati 65 anni, e quello che penso sempre è che quelle furono le uniche parole che purtroppo riuscimmo a scambiare.
storie di stra-ordinaria
quotidianita'
Rubrica di supporto emotivo Anna Piazza ann7@hotmail.it
Ieri sono andata ad una festa. Era un po’ che non ci andavo, così sono stata felice di ricevere l’invito. C’era molta gente, tutti allegri con uno spriz aperol in mano o una birra, chiacchieravano allegramente, molti erano i visi noti ma nonostante questo mi sentivo un po’ come un pesce fuor d’acqua… Cercavo disperatamente qualcuno che conoscessi un po’ di più, giusto per andare al di la di un semplice “ciao”, avevo bisogno di intavolare una conversazione, di fermarmi cinque minuti, ambientarmi. Capire dov’ero, per divertirmi ed entrare pienamente nel clima di festa. Gironzolavo tra le patatine e sorridevo perché quasi mi stavo dimenticando di quanto belle fossero le feste. E fu così che dopo un po’ incontrai dei vecchi amici e iniziai a parlare, seduta su di un comodo divanetto, mentre la musica risuonava tra le pareti e le luci soffuse. Le feste sono belle anche perché creano quella magia degli incontri inaspettati. Quelli che non ti aspetteresti mai, che ti fanno tornare a casa con un sorriso. E come in tutte le feste che si rispettino ecco che compaiono le classiche due persone inaspettate della serata, quelle a cui ripensi il giorno dopo, mentre sei ancora nelle coperte del tuo letto, con i capelli scompigliati e i ricordi che riaffiorano. Come possono esistere persone così…bizzarre? Tra le tante parole dette e i discorsi più o meno impegnati che uno srotola per far colpo sui presenti con racconti di viaggi lontani, usi e costumi di popoli sconosciuti o prodezze personali, c’è stata una conversazione che, credetemi, ancora oggi mi lascia sconvolta. Che ancora mi fa sorridere e che difficilmente dimenticherò.
Ve la voglio raccontare e mi scuso se il diretto interessato dovesse mai leggere quello che sto per dire, avviso che non è motivo di scherno, semplicemente è una cosa così curiosa e bizzarra che sento la necessità di condividere, sperando di non far torto a nessuno. Ora, non so quanti di voi ne sappiano qualcosa, se sia davvero un fatto da “Focus” o quant’altro, ma il discorso verteva sull’intelligenza dei maiali. Si elencava la straordinaria intelligenza di questi animali che va ben oltre le nostre aspettative, capaci perfino di riconoscersi allo specchio se posti davanti ad una superficie riflettente, e che quindi di gran lunga migliori dei cani. L’uomo si sa, è l’animale più intelligente del creato, capace di pensare e di distinguere le specie animali, secondo questa teoria quindi diventa quasi un atto ignobile da compiere, mangiarne uno. Mangiare un animale così intelligente, forse anche più del delfino, diventa un delitto, qualcosa che crea dispiacere di cui è meglio fare a meno. Meglio mangiare un pollo, che è uno tra gli animali più stupidi, diretto discendente dei dinosauri. Una mia amica presente alla conversazione, forse più scioccata che incuriosita, chiese come mai non venivano addomesticati, e tenuti come animali da compagnia, visto la loro intelligenza, ma la risposta, che non tardò ad arrivare, fu che i maiali sono animali troppo grandi e difficilmente adattabili ad un monolocale, non sono pratici come un gatto, intendiamoci… Io non feci domande, ero letteralmente rimasta senza parole, e lo sono tutt’ora! Ora vi chiedo: qualcuno di voi ne sa qualcosa? È concorde? Discorde? Ha un proprio pensiero? Vi prego, qualcuno mi risponda, perché davvero, io non ci dormo più la notte!
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aforismi & citazioni Michela Belotti (michela_belotti@libero.it) “L’AFORISMA NON COINCIDE MAI CON LA VERITÁ: O E’ UNA MEZZA VERITÁ O È UNA VERITÁ E MEZZA” Karl Kraus.
L'altro ieri ero davanti alla tv, alla ricerca di un buon film che mi tenesse compagnia durante la serata, e saltellando tra un canale e l'altro mi ritrovo a seguire la trama di "Dragon: la storia di Bruce Lee", la quale mi prende veramente bene e mi appassiono in un modo a cui non avrei mai creduto. Il giorno seguente mi fiondo in Google e subito cerco la voce "Bruce Lee". Ecco come per magia, una serie lunghissima di citazioni comparirmi di fronte. Ma l'unica che mi colpisce davvero dice: "il sapere non è sufficiente, dobbiamo applicarlo. Il volere non è sufficiente, dobbiamo fare.". Ogni qualvolta mi trovo di fronte ad un aforisma o citazione transito d'istinto alla biografia dell'autore, per capirne meglio il significato. E così salta fuori che Bruce Lee, per metà della sua vita aveva pensato solo al fisico, a come migliorarsi e sfondare nel mondo del cinema. Però nell'agosto 1970 si infortuna gravemente durante un allenamento, ed è costretto a restare per 6 mesi a letto, con la certezza che non sarebbe più tornato agile come un tempo. Ora è inutile che vi racconti la storia per intero, ma vi dirò solo i fatti salienti.
Insomma Bruce non si dà per vinto e inizia ad allenare la sua mente e a leggere. Inizialmente si ispira agli scritti di Jiddu Krishnamurti, poi inizia a formulare un proprio pensiero, che lo porterà alla stesura del "Jeet Kune Do", il pensiero positivo. Tutto per B. Lee diviene possibile, basta volerlo, ma bisogna applicarsi; e come dai suoi scritti: "Se pensi che una cosa sia impossibile, la renderai impossibile". E ancora "solo con la contemplazione di sé stessi è possibile trovare un motivo per andare avanti o la fiducia in sé". Ed qui ecco la svolta. Finito il periodo di riposo e con un po' di allenamento Bruce Lee torna ancora ad essere il grande lottatore di sempre, ma arricchito nel lato spirituale. Questa citazione evidenzia la forza di volontà, che Bruce ha avuto durante la sua vita e che ci ha lasciato in suo ricordo, e il coraggio per affrontare situazioni che sembrano insormontabili, ma che con un pizzico di buona volontà possiamo risolvere. Sarà proprio vero che l'aforisma non coincide mai con la verità? Se non è sempre così, in questo caso direi che ci si avvicina molto .
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A(T)TRATTI
DALLA BLOGOSFERA Parola ai blogger di Giulia Z. giulywzita@yahoo.com Per questo mese cari lettori,l'attenzione cade su un ragazzo,Simone,la sua passione è il disegno o meglio il fumetto, difatti è iscritto al terzo ed ultimo anno della Scuola di fumetto di Palermo. Potete ammirare vari disegni e fumetti sul suo blog personale http://milhouse.splinder.com. Ringrazio Simone per la vignetta dedicata a quest'articolo. Ecco l'intervista!
Per quanto riguarda me,collaboro con due siti,uno di fumetti e uno di cinema,per i quali realizzo vignette satiriche su testi di Gennaro Costanzo,collaboratore della rivista Fumo di China» Il tuo blog ,per quanto riguarda gli agganci di lavoro personali, ti ha aiutato? «Si. Gennaro Costanzo cercava un disegnatore umoristico per la realizzazione di vignette satiriche,gli hanno passato l'indirizzo del mio blog e sono stato contattato»
Quando è nata la tua passione per i fumetti? «La mia passione per i fumetti é nata dal parrucchiere...la possiamo dire così…i primi fumetti che ho letto, li ho letti attendendo il mio turno,il parrucchiere aveva tonnellate di Diabolik messi li sul tavolo e io leggevo» Quando hai iniziato a mettere la matita sul foglio? «Mm…diciamo che già all'asilo non smettevo facilmente di disegnare e già da lì cominciai a sistemare l'anatomia dei personaggi. Alle medie avevo le idee chiare e come avevo letto su un numero di Cattivik,io volevo fare il FUMETTARO da grande»
Hai un messaggio per i fumettisti come te? «Potrei dire...non tiratevela troppo,la gloria dura poco e a finire in un buco non ci vuole molto. Portatevi sempre dietro matita,foglio e una valigia di modestia,con la superbia in questo mestiere non si va molto avanti» Cosa ne pensi dei blog, in generale? «Penso siano una bella realtà per conoscere nuova gente e per farsi conoscere se sai fare qualcosa che vorresti mostrare alla rete. Basta non abusarne»
Come e quando hai pensato di aprire un blog con i tuoi disegni? «All'inizio tutto é partito per gioco,solo perché ero attratto dalla novità che dilagava,poi mi ci sono affezionato e ho deciso anche di farmi conoscere un po' sul web,di mostrare i miei lavori alla rete e vedere cosa ne pensa il pubblico» A cosa ti ispiri per disegnare? «A tutto ciò che mi passa per la testa. Non ho un metodo di ispirazione particolare,agisco finché la matita é calda... mi ispiro a quello che mi colpisce e mi attira che mi porta a poter fare della facile ironia,mi ispiro anche a film che adoro e cerco sempre di mettere citazioni o parodie nelle mie tavole» Hai mai avuto richieste di lavoro? «Nell'ultimo anno con la scuola, abbiamo prodotto delle copertine per dei quadernoni Pigna. La cosa é andata bene
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lo Scribacchione cresce con noi.. Lo Scribacchione raccoglie i 5 testi piĂš appassionati arrivati al sito http://scribacchione.jottit.com Si sfoglia sul web come una rivista di tutti i giorni e gira tramite mail, social network e community attraverso le persone a cui pensate possa far piacere riceverlo. REDAZIONE Aurora, Silvia Bellinelli Alessandra Bosi, F. M. Campolo Anna Piazza, Giulia Possenti Marina Sgamato, Giuseppe Usai
Michela Belotti, Marzia Boccone Serena Dal Pos,Davide Nonino Giulia Sambo, Daniela Sergio Alessandra Z., Giulia Z.
VI PIACEREBBE COLLABORARE CON NOI? Scrivete a: parlamidite@gmail.com Lo scribacchione è 2.0 e viaggia su: http://cli.gs/DSyy9n
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