ScubaZone n.43

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n°

zone MAGAZINE

SUBACQUEA E LIFESTYLE

8,90 EURO

2019 APNEA - BOMBOLE


LA MUTA STAGNA TRASPIRANTE IN TRILAMINATO ASSICURA IL COMFORT IN UN MODELLO LEGGERO.

EVERTECH DRYTRASPIRANTE Progettata per i fanatici delle immersioni, questa nuova muta stagna in trilaminato è realizzata con una miscela di nylon/PU/nylon altamente traspirante. Un pratico sistema di tenute con anello Si-Tech consente la rapida sostituzione delle tenute in lattice se danneggiate, oppure l’uso di tenute opzionali in silicone. Altre caratteristiche includono tasche grandi e capienti, calzari incorporati leggeri e bretelle interne. Questa muta vanta la massima qualità sotto ogni aspetto e garantisce che il subacqueo rimanga caldo, asciutto e comodo in tutte le condizioni dell’acqua. In taglie da uomo e donna. www.scubapro.online/it/drysuits

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DESK

Apnea o subacquea? di Marco Daturi

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orse non ci pensiamo ma arriviamo tutti alla subacquea passando prima dall’apnea. Chi di noi da bambino non ha provato a trattenere il fiato nella vasca da bagno? Mio figlio Lupo lo fa sempre e ogni volta non posso non ripensare a me, che facevo la stessa cosa alla sua età, molti anni prima. Ogni volta è una sfida per cercare di superare il nostro record precedente. Io ero, e sono tuttora, scarsissimo e solo dopo innumerevoli tentativi sono arrivato a superare i novanta secondi, un risultato penoso che Lupo ha superato al terzo tentativo. Dalla vasca da bagno, in estate mi trovavo a fare lo stesso con un fucile sub in mano. Per fortuna dei pesci ero scarso anche lì. Potete quindi immaginare la mia gioia quando ho messo un erogatore in bocca… La subacquea mi ha aperto un mondo ma ci sono arrivato dopo molti anni di apnee tra vasche da bagno e scogliere poco profonde. Non ero un talento ma a differenza di me tanti campioni hanno iniziato allo stesso modo per poi passare ad una piscina e a fondali ben più profondi. Loro non hanno bisogno di una bombola come me per stare diversi minuti in immersione. Ma a parte i campioni ben noti sono molti gli appassionati di apnea, uno sport che mi sembra in continuo aumento. A loro dedichiamo una parte di questo numero di ScubaZone ed alla domanda del titolo rispondo ora: apnea o subacquea poco importa, l’importante è vivere e amare il mare a proprio modo. Buone immersioni.

FOTO: KURT ARRIGO

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SOMMARIO

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ScubaZone è un pr odotto Zero Pixel Srl www.zeropixel.it - info@zeropixel.it

DESK Apnea o subacquea? di Marco Daturi

NEWS

owner

Zero Pixel Srl Via Don Albertario 13 20082 Binasco (MI) Italia P.iva e Cod.fiscale. 09110210961

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BIOLOGIA

managing director

Marco Daturi info@zeropixel.it

Apnea vs. bombole di Massimo Boyer

pag. 14

Il re dei fondali: lo scorfano rosso di Francesco Turano

pag. 22

editor

Massimo Boyer massimo@zeropixel.it

APNEA Intervista a Alessia Zecchini di Massimo Boyer

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art director & graphic executive

Intervista a Gianluca Genoni di Massimo Boyer

pag. 32

Gli uomini hanno più denti delle donne di Federico Mana

pag. 36

Francesca Scoccia - francesca@zeropixel.it legal advice

Avv. Francesca Zambonin info@avvocatozambonin.it

VIAGGI

contributors this issue

Marco Daturi • Massimo Boyer • Francesco Turano • Federico Mana • Dodi Telli • Claudia Benedetti • Cesare Balzi • Roberto Antonini • Andrea “Murdock” Alpini • Claudio Ziraldo • Cristian Umili • Mario Caprari • Pino Tessera • Luca Carraro • Omar Scialpi • Alessio Tenenti • DAN • Claudio Di Manao •

Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle immagini senza il consenso dell’autore.

pag. 40

Navigando le Maldive di Dodi Telli

pag. 44

Il workshop di fotografia a Cabilao di Massimo Boyer

pag. 48

Nika island, un’ “immersione” nella storia delle Maldive di Claudia Benedetti

pag. 50

IMMERSIONI

Pubblicità: info@scubazone.it Download at www.scubazone.it

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Paolyn Houseboats, Coron island, Palawan, Filippine di Massimo Boyer

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Istria diving tour di Cesare Balzi

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La palestra del Gambarogno di Roberto Antonini

pag. 56

Il relitto dell’U455 silenzio alla memoria di Andrea “Murdock” Alpini

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DESK VIDEO/FOTO SUB Scatti in sequenza di Claudio Ziraldo

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Fotosub in apnea di Cristian Umili

pag. 68

Fotografare i pesci in apnea di Mario Caprari

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Un nuovo distributore per Sea&Sea e Wiifine di Pino Tessera

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ONE 160X nuovo flash subacqueo digitale di Luca Carraro

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Intervista a Marcello Di Francesco di Massimo Boyer

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ATTREZZATURA SEAC® Driver computer da apnea e pesca sub per chi inizia a fare sul serio di Omar Scialpi

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Intervista a Stefano Claut, atleta del Garmin spearfishing team di Massimo Boyer

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Mares EOS Strobo di Alessio Tenenti

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Cressi T10 CROMO MASTER di Alessio Tenenti

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FOTO DI COPERTINA Caribbean Mermaid Modella: Marina Kazankova Foto di Denys Rylov for Artofuw.Agency

OPERATORI Divenjoy, diving center a Noli di Marco Daturi

pag. 98

SALUTE Apnea e ara lo stesso giorno: le nostre linee guida di DAN staff

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RELAX LIBRI - La nave del Congo silurata di Vic Verlinden and Stefan Panis

pag. 102

Ancora un’altra immersione al Thistlegorm di Claudio Di Manao

pag. 104

GRAZIE! ScubaZone compie 7 anni. In questi 43 numeri prodotti abbiamo pubblicato oltre 1.000 articoli e 5.000 immagini di alta qualità. Ringraziamo i collaboratori, gli sponsor e i lettori che apprezzano la qualità del nostro magazine.

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NEWS

WORLD RECORD

LA DANZA IN APNEA PIÙ LUNGA DEL MONDO

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arina Kazankova, pluricampionessa del mondo di Apnea, attrice e psicologa e Dmitrij Malasenko, apneista e artista, hanno portato termine un tentativo di entrare nel Guinness dei primati il giorno 29.12.2018 nella piscina più profonda del mondo Y-40. Lo scopo era eseguire la danza più lunga del Mondo in Apnea. Un’emozione unica ha unito la danza e l’apnea, lo show e il record. Gli spettatori erano ovunque: in acqua, sott’acqua, nel tunnel vetrato, a guardare nelle finestre. Marina e Dmitriy hanno ballato sulla cima in una profondità di 4 metri, mantenendo l’equilibrio per non cadere nella parte più profonda della piscina, che arriva a 42m di profondità. Non è stata solo una danza, ma uno spettacolo teatrale sott’acqua

con la sceneggiatura e la musica scritta per lo show da un gruppo musicale famoso, Omura. La storia dello show è questa: due ladri coperti da mantelli neri vengono a rubare la perla magica nascosta sott’acqua. Improvvisamente si scontrano davanti al tesoro, tirano fuori le spade e combattono. Il combattimento è pieno di elementi acrobatici che sono possibili solo sott’acqua. Le spade sono puntate verso l’avversario... Ad un certo punto uno dei ladri toglie il cappuccio del mantello e si scopre essere una donna bellissima nel vestito da ballo color corallo! E allora tra quelli che fino ad allora erano avversari comincia un ballo romantico, tutto basato sulla bellezza e sull’armonia della danza subacquea. L’idea che sta alla base del record è proprio quella di ispirare le persone a realiz-

zare i propri sogni e di provare la gioia dell’apnea e della danza in apnea.

Erano pianificati 3.15 min di danza ma rapiti dal fascino della danza i ballerini hanno prolungato la sessione di altri 13 secondi, per un totale di 3.28 min.

Ogni anno Marina Kazankova propone un nuovo Guinness Record per rendere il mondo più bello. Un grande ringraziamento da parte dei protagonisti a Y-40 per il palcoscenico subacqueo meraviglioso e l’aiuto nell’organizzazione, a Omura per la musica, a Mares per l’attrezzatura, a Olla Makeeva per il vestito, a Manfred Bortoli per il video sub, a Federico Ferioli per il video e montaggio, a Denys Rylov per le foto a e a tutti gli spettatori per il sostegno.

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MASCHERA VX1 APEKS VX1 Apeks è la prima maschera frameless che finalmente minimizza lo stress sul viso dei subacquei tecnici. L’esclusiva geometria del facciale è progettata per ridurre i punti di pressione durante le immersioni di lunga durata. Proposta in due colori solidi nero e bianco in silicone medicale con due esclusive opzioni di lente: Pure View o UV Cut. CARATTERISTICHE E BENEFICI ■■ La costruzione frameless garantisce volume interno ridotto, comfort eccezionale e leggerezza ■■ L’alternanza di aree lucide e opache sul facciale in silicone esalta la tenuta e migliora vestibilità e comfort ■■ Due opzioni lente: Pure View per la massima chiarezza visiva senza distorsioni e UV Cut per una maggiore accuratezza dei colori anche in profondità ■■ Le fibbie Quick Release incorporano un rullino in acciaio inossidabile, che consente una facile regolazione per la migliore vestibilità, anche indossando guanti spessi o stagni.

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SHARKNET, IL PRIMO WEARABLE PER SUB E APNEISTI Sharknet ti aiuta a migliorare le tue performance registrando le tue attività in acqua e mostrando le tue statistiche e quelle dei tuoi amici automaticamente sull’App. E se ti trovi in difficoltà, invia un SOS con le tue coordinate a chi vorrai semplicemente con un doppio tap. Sharknet registra e trasmette nella tua App la posizione di inizio immersione e il profilo di profondità di ogni tuffo. Le tue immersioni saranno tutte rappresentate su Google Earth: ti basta cliccarci sopra per avere accesso a tutti i dettagli. Inoltre è uno strumento di comunicazione di emergenza indistruttibile adatto ad ambienti difficili. Quando necessario, ti basterà un doppio tap: Sharknet invierà messaggi di allarme che indicano la tua posizione a tutti i contatti che avrai precedentemente selezionato. Sharknet rende più facile anche condividere le tue avventure con i social media, cercare nuovi centri diving ed entrare in contatto con i nuovi amici che, come te, hanno esplorato i confini della Natura.

PARTNER SEAC Il Partner è un computer da polso per apnea ricreativa con display retroilluminato, facile da usare. Registra la sessione di apnea fino a 99 immersioni. Ha funzioni di cronometro e conto alla rovescia. Presenta all’utente dive time, tempo di discesa/risalita, profondità e temperatura nella stessa schermata. Batteria standard CR2032. Profondità massima 100 mt.

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NEWS BOA DA ALLENAMENTO E CAVETTO DA APNEA MARES L’attenzione che Mares dedica alla sicurezza dei suoi apneisti è testimoniata dallo sviluppo continuo e costante di nuovi prodotti tecnici dedicati ad atleti professionisti e non. Tra le nuove proposte di quest’anno ci sono due nuovi accessori studiati appositamente per l’apnea verticale in diverse specialità. La BOA TRAINING può essere utilizzata sia per attività con partenza da terra che con la barca, un supporto galleggiante ideale durante allenamenti e corsi. Permette una preparazione contemporanea di più apneisti prima del tuffo, grazie alle quattro maniglie laterali utilizzabili da più atleti (durante gli allenamenti, ad esempio). Eventuali oggetti utili (maschera ,bottiglietta di acqua, integratori..) possono essere agganciati agli anelli esterni o inseriti all’interno della boa in uno spazio dedicato accessibile dalle due cerniere. La boa è costruita a doppia camera, con esterno realizzato in resistente cordura mentre, sulla camera interna, sono pre-

senti una valvola di sovrappressione e la valvola di carico. Nella parte inferiore sono posizionati un punto di trazione rinforzato con anello in acciaio inossidabile per la cima e diverse zone di scarico dell’acqua. La Boa Training è un prodotto specifico per l’apnea sviluppato nei minimi particolari, tante caratteristiche importanti che trasformano un semplice “accessorio” in uno strumento fondamentale per effettuare immersioni in sicurezza. Anche i nuovi LANYARD per apnea Mares contribuiscono a innalzare il livello di sicurezza durante le immersi in apnea. Ad oggi obbligatorio solo per le gare, ma ancora “accessorio” per i corsi, in futuro il lanyard è destinato a diventare un oggetto fondamentale nella pratica dell’apnea verticale anche durante gli allenamenti, grazie alla sua funzione didattica (posizione verticale corretta: per avere sempre la stessa distanza dal cavo in discesa e risalita) e di sicurezza (per avere l’allievo sempre collegato al cavo principale durante l’attività).

Con i nuovi lanyard, Mares mette a disposizione degli apneisti due differenti modelli adatti alle diverse specialità di apnea verticale. Entrambi i modelli sono composti da un bracciale in cordura e neoprene con chiusura a velcro e sgancio di sicurezza per un’ottima comodità e facilità di apertura. Accessori tecnici adatti ai professionisti ma anche a chi si immerge in apnea occasionalmente, supporti importanti che permettono di vivere piacevolmente e in sicurezza la grande passione per l’apnea.

PINNE STORM AQUA LUNG Storm è la nuova pinna Aqua Lung, 100% Made in Italy, idonea per le attività di noleggio e per chi viaggia. Prodotta in Monprene®, la sua costruzione in un unico materiale offre resistenza e durata, pur mantenendo un peso eccezionalmente leggero, esattamente ciò che richiede il subacqueo in viaggio. L’innovativo design della scarpetta ha il vantaggio del comfort di una pinna a scarpetta chiusa unito alla versatilità di una pinna a scarpetta aperta. Disponibile in 5 taglie che coprono da junior ad adulto. CARATTERISTICHE E BENEFICI ■■ Pinna a scarpetta aperta progettata per essere calzata a piede nudo, realizzata in un unico materiale il Monprene® ■■ La scarpetta ergonomica assicura comfort, libertà di movimento e previene l’affaticamento ■■ Bungee strap in silicone con talloniera per una facile vestizione e svestizione ■■ Pala potente e compatta assicura un’efficiente trasmissione dell’energia ■■ Grip eccellente sul retro della scarpetta assicura stabilità anche su superfici scivolose ■■ Il foro nella pala consente un facile trasporto e stoccaggio ■■ Le taglie sono facilmente individuabili attraverso una codifica colore, applicato sul bungee protector e sull’inserto della pala ■■ Disponibile in due colori (bianco e nero) e 5 taglie: XXS, XS/S, M, L/XL, XXL

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NEWS ATLAUA - THE WATER BOOK Il taccuino Atlaua nasce per andare incontro alle esigenze di tutti i sub che desiderano poter scrivere durante un’immersione. Viene realizzato artigianalmente, utilizzando un’innovativa carta ecologica ricavata dalla polvere di pietra, più elastica e resistente rispetto alla carta tradizionale e soprattutto 100% impermeabile.I fogli sono cuciti con filo di nylon e pinzati con punti metallici, la rilegatura estremamente robusta è adatta a sopportare condizioni estreme. Il rivestimento è composto da morbido neoprene bifoderato da 2 mm che rende il prodotto galleggiante, estremamente malleabile e in grado di sostenere le sollecitazioni meccaniche. Dotato di pratico moschettone e di matita in grafite incorporata il taccuino è facile da portare sempre con sé, senza nessun ingombro o fastidio per l’attività che si vuole svolgere. Atlaua è un marchio italiano nato in Sardegna nel 2018 che produce articoli di cartoleria per gli amanti di attività outdoor, dalla speleologia al torrentismo passando per la nautica e il diving. Tutte le collezioni sono visionabili sul sito www.atlaua.it

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Le principali caratteristiche della pinna Razor sono: ■■ Pala prodotta con strati di fibra di vetro pre impregnati. ■■ Pala con spessore variabile e flessione parabolica ad alte prestazioni. ■■ La pala ha una larghezza di 20,5 cm e una lunghezza di 65 cm. ■■ Processo di fabbricazione di alta qualità. ■■ I nuovi profili laterali ad altezza variabile supportano e ottimizzano la flessibilità e l’effetto channel thrust. Le pinne razor apnea sono disponibili con pala bianca morbida o mediamente rigida. Inclinazione della pala a 22° rispetto alla scarpetta. Progettate per essere indossate con un calzare morbido da 3 mm

15 ANNI DI PIANETA AZZURRO il Pianeta azzurro Dicembre - n° 5/2018 (60)

Numero Speciale

IL PIANETA AZZURRO COMPIE 15 ANNI

Le novità del 2019 de “il Pianeta azzurro”: un progetto educativo, oltre ad un periodico ed una collana di libri. Tutto dedicato alla risorsa idrica. Conoscere e scoprire questo fantastico ambiente acquatico nelle sue varie forme: dalla storia della subacquea, allo sviluppo della nautica, passando per viaggi naturalistici e storie di mare e di biologia marina. Il nuovo anno porta al progetto de “Il Pianeta azzurro” una ventata di novità. Grazie infatti al lavoro ed alla passione di una redazione in espansione formata da Stefano Moretto, Mario Salomone, Angelo Mojetta, Leonardo D’imporzano, Emilio Mancuso, Annarita Di Pascoli e Paola Iotti, la testata verrà arricchita da grandi cambiamenti.

“Dopo 15 anni “il Pianeta azzurro” si avvia a prendere un nuovo corso. Il tempo è maturo per un salto che non è solo di qualità, ma anche di spessore grazie all’aumento del numero di pagine” dice Angelo Mojetta. Parlando di cambiamenti, dal 2019 infatti la rivista diventerà bimestrale. Ci saranno quattro numeri de “Il Pianeta azzurro” più due uscite speciali de “La Collana del Faro”, cioè dossier tematici di approfondimento su questa incredibile risorsa. Chi si abbona per quest’anno riceverà in regalo lo speciale dedicato ai 15 anni della rivista! Per maggiori informazioni: www.ilpianetazzurro.it

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BIOLOGIA

APNEA vs. BOMBOLE di Massimo Boyer

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pnea e bombole: sembra di parlare di due mondi diversi, in competizione, in realtà si tratta di due modi diversi per godersi il mare, che alla fine è quello che ci interessa. Non si escludono, se non per il fatto che non è sicuro fare apnee profonde subito dopo l’immersione con le bombole, che ci ha saturati di azoto. Sono un vecchio bombolaro, ma ho seguito un corso di apnea e devo dire che ne apprezzo molti aspetti. Penso che ci siano situazioni e casi in cui è meglio avere le bombole sulle spalle, altre situazioni in cui è meglio non averle, e amo alternare le due discipline. Alcuni esempi?

Se esploriamo un sito che si trova a 10 m di profondità o meno, essere in apnea può essere un vantaggio. Siamo liberi, possiamo rilassarci, prendere fiato e reimmergerci molte volte, navigare sopra il reef, seguire animali anche grandi che ci circondano, per niente intimoriti, anche per il fatto che siamo silenziosi, e non importa se loro si muovono salendo o scendendo anche velocemente: senza bombole possiamo fare lo stesso, ovviamente rispettando i nostri limiti. Le bolle dall’erogatore spesso disturbano gli animali, li intimoriscono col loro rumore, come apneisti possiamo avvicinarci fino ad avere un contatto quasi intimo con creature come delfini, mante, squali balena.

D’altro canto, se ci sono esseri che vivono profondi, la bombola ci può permettere di aspettarli stando tranquillamente vicini al fondo, di lasciarli abituare alla nostra rumorosa presenza invece di metterli in apprensione con continue immersioni. E qui penso soprattutto a piccolissime creature criptiche che bisogna trovare stando fermi, come i cavallucci marini pigmei. Dove un apneista si stancherebbe con ripetute discese profonde seguite da un tempo di permanenza molto limitato, e metterebbe in apprensione il pesce, il bombolaro ha il vantaggio di poter stare immobile ad aspettare o a cercare. E se fa fotografie il vantaggio è ancora maggiore. Ci sono costi in entrambe le discipline, se andiamo a vedere l’immersione con

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BIOLOGIA

bombole è più costosa, e la dipendenza dall’attrezzatura è più accentuata. L’apneista di solito si affida maggiormente alla propria intuizione, all’esperienza, alla conoscenza dei propri limiti, e lavora molto a sviluppare queste abilità.

Entrambe le discipline basano molto sulla sicurezza. Non devono essere praticate da improvvisati autodidatti, è importante avere la guida di istruttori professionali ed esperti, in corsi riconosciuti e di buona reputazione. In en-

trambe le discipline è importante ripetere spesso le abilità imparate e tenersi in allenamento. Entrambe richiedono acquaticità, abilità nel gestire lo stress, riconoscimento e accettazione dei propri limiti. Entrambe creano difensori dei mari, evidenziano i danni possibili per l’ambiente e come ognuno possa contribuire alla protezione. Insomma, non c’è un modo migliore dell’altro per esplorare il mare. Dipende da noi decidere se preferiamo avere più tempo per esplorare grotte e relitti o interagire in modo naturale con i coralli e gli altri animali del mare. L’importante è sempre seguire un sistema di coppia, sempre considerare la sicurezza come una priorità, e rispettare l’ambiente delle nostre immersioni. Sono un fotografo, e di solito privilegio la comodità delle bombole. La maggior parte delle mie foto è stata scattata con le bombole in spalla, ma ci sono state molte situazioni in cui, per obbligo o per scelta, mi sono trovato a fotografare in apnea. Ve ne racconto alcune. A Sha’ab Samadai, laguna poco profonda nel Mar Rosso Egiziano del sud, sono

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arrivato in crociera. La guida ci ha annunciato «faremo snorkeling con i delfini», e puntuale si materializza vicino alla barca un branco di Stenella longirostris, detta anche spinner dolphin perché ama saltare in avvitamento. Afferro la custodia, tolgo i flash: non mi servirebbero, non ho intenzione di immergermi in profondità, al mattino ho fatto le mie due immersioni profonde con le bombole e sono saturo di azoto, e poi i flash con i loro braccini sarebbero un ingombro e un ostacolo al nuoto. Imposto sulla macchina fotografica un’esposizione

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automatica a priorità di tempo. So che questo farà arricciare il naso ai puristi dell’esposizione in manuale, io per primo predico sempre un’esposizione manuale, ma... conosco i miei polli, o meglio i miei delfini. So che sfrecceranno velocissimi, apparendo da ogni lato, e cioè in ogni condizione di luce possibile. So che non mi chiederanno se sono pronto a scattare, se ho chiuso il diaframma per il controluce, no, aperto perché adesso la luce è alle spalle... Uff, abbiamo macchine con circuiti elettronici costosi, ci penseranno loro

ad adattarsi alla luce ambiente. Per la cronaca ero ancora nell’era della pellicola. Il lago di Kakaban, nel Kalimantan (Borneo Indonesiano) è un posto magico. Un movimento sismico ha sollevato l’atollo originale fino a trasformarlo in un lago, privandolo dello scambio di acqua col mare. La salinità è scesa progressivamente, per la diluizione dovuta alle piogge abbondanti, e in un ambiente isolato dal resto del mondo pian piano le meduse hanno preso il sopravvento. Al momento l’ecosistema del lago è dominato da una specie di medusa pochissimo urticante, che vive in simbiosi con una microalga e ricava dalla luce del sole l’energia necessaria. La medusa, base della catena alimentare, è mangiata da un anemone di mare endemico e da alcuni pesci, tra cui il ghiozzo Exirias puntang, top predator del lago, con i suoi 20 cm di lunghezza. Ci si immerge senza bombole per rispetto delle meduse, a cui le bolle potrebbero riempire l’ombrello. A Kakaban ho fatto immersione col grandangolo e col 60 mm macro, un unico flash, posizionato sopra l’oblò con un braccino corto, in modo da avere una configurazione compatta e che non mi intralciasse troppo. Ad onor del vero aggiungo che i pesci, che non hanno predatori, non hanno nemmeno


BIOLOGIA reazioni di fuga, e quindi è stato facile approcciarli in apnea. Vicino all’isola di Kadavu, Fiji, c’è un manta point in cui l’accesso è regolato dalla tribù locale, un punto dove le mante vanno a nutrirsi e a farsi pulire. Tra le regole per accedere al sito, c’è quella di non usare le bombole. Personalmente la ritengo eccessiva, sono stato con le bombole in molti manta point e spesso ho visto le mante cercare attivamente le bolle dei sub, avide di usarle per massaggiarsi la pancia. Ma i Fijiani sono fisicamente ben piantati, non è il caso di discutere... Come nel caso dei delfini opto per esposizione automatica a priorità di tempo, no flash, bilanciamento del bianco automatico (nel frattempo mi sono convertito al digitale), e mi abbandono al gioco con le mante senza pensieri superflui. Di Cenderawasih bay e dei suoi squali balena ho scritto molto anche su queste pagine (Scubazone n. 3 e Scubazone n. 9). A Cenderawasih Bay, Papua occidentale, Indonesia, è nata una sorta di alleanza tra i pescatori e gli squali balena, e gli animaloni, giovani maschi, passano la giornata giocando tra i sub, mangiando i pesciolini che gli vengono gettati, per nulla infastiditi dalle bolle che spesso cercano. Sono stato io a scegliere di fare qualche tuffo in apnea, con o senza flash, per avere più libertà di movimento e approfittando del fatto che qui si lavora nei primissimi metri di profondità o addirittura sul pelo dell’acqua. Ad essere precisi in questo caso dovremmo parlare di snorkeling più che di apnea. Infine, un ambiente in cui sono andato spesso in apnea è il mangrovieto: poco profondo, intricato per rami e radici, su fondale fangoso che le pinne sollevano facilmente, si avvicina più facilmente se ci entriamo con la agilità, la liberta dei movimenti, la leggerezza dell’apneista.

Nelle foto in questo articolo, in ordine di apparizione: Stenella longirostris Mastigias papua Anemone di mare Exirias puntang Manta alfredi Manta alfredi Rhincodon typus

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BIOLOGIA

IL RE DEI FONDALI: LO SCORFANO ROSSO di Francesco Turano

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ra tutti i pesci che nuotano nel Mediterraneo ve ne sono molti che vivono a stretto contatto col fondo. Un’attitudine dettata da abitudini alimentari particolari e scarsa propensione al nuoto in acqua libera. Questi pesci son pigri di carattere e sfruttano la loro capacità di confondersi con l’ambiente e sfuggire alla vista per garantirsi la sopravvivenza. Anche le loro forme son buffe, adattate agli ambienti di diverso tipo: alcuni di loro amano star fermi o quasi, altri si muovono a scatti, altri ancora scompaiono sotto la sabbia. Ma ce ne sono alcuni che sfruttano immobilità e criptismo e,

tra questi, lo lo scorfano rosso è di certo il Re, il più importante, il più affascinante e il più robusto tra i predatori dei fondali. Ma anche il più pigro. Osservare lo scorfano rosso nel suo ambiente è estremamente interessante, sia di giorno che di notte; fotografarlo, sbirciandone comportamento, atteggiamenti e nuoto, può insegnarci molto sulle strategie di sopravvivenza di questa straordinaria specie. Gli scorpenidi del Mediterraneo non sono pochi e vivono a tutte le profondità, ma Scorpaena scrofa è il più grande e bello della famiglia ed è un incontro non difficile per un subacqueo, in qualsiasi contesto: scogliera, relitto, fondali detritici o sabbiosi.

Il problema principale dell’approccio con questo pesce è l’individuazione. Scorgerlo non è semplice e capita spesso di passarci sopra senza neanche rendersene conto. Molte volte mi è anche capitato di fotografare un gruppetto di gorgonie e poi vedere solo dopo, nella fotografia, che c’era lo scorfano e non me ne ero accorto. Ma una volta individuato, il problema più grosso è superato: a quel punto lo possiamo osservare con tutta calma e capire se il nostro esemplare è di quelli disponibili ad accorciare le distanze o di quelli schivi che amano la loro privacy e si lasciano guardare solo a debita distanza. La fortuna deciderà per noi: se lo scorfano è disponibile ce ne accorgeremo man mano che ci avviciniamo. L’importante è provarci nel modo giusto. Prima di ogni cosa bisogna decidere di dedicargli del tempo: non si può pensare di lasciarsi pochi istanti di attenzione per un tale capolavoro della natura e poi proseguire col gruppo sub di non so quale immersione guidata. L’osservazione naturalistica e la fotografia subacquea non sono in sintonia con le immersioni organizzate dai diving, salvo casi e a meno che non si stabiliscano prima alcune cose sul da farsi una volta sott’acqua. L’osservazione richiede tempo e lunghe soste sul fondo, per dedicarsi a un qualsiasi animale del mare, comprendere la sua ecologia, studiare il suo comportamento. Sono anni che studio il mare e per far questo ho rinunciato a immersioni in gruppo, limitandomi a

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immergermi da solo o con un fidato compagno. Solo così ci si può concentrare veramente e restare accanto a uno scorfano rosso anche mezz’ora! Quando si legge su un qualsiasi libro sulle peculiarità di questo pesce si trova sempre scritto che trattasi di pesce brutto e goffo, piuttosto tozzo e cosparso di spine, verruche ed escrescenze. In base alla mia esperienza mi permetto di dire che quanto si dice sull’aspetto dello scorfano è assolutamente falso, poiché la forma del suo corpo, le sue maestose pinne, la sua grande testa, i suoi occhi espressivi e rotondi, e quelle meravigliose spine che si alternano alle lacinie e alle verruche della pelle, ne fanno un pesce che a dir poco può essere considerato come un capolavoro dell’estetica nel mondo dei pesci. Anche del suo colore si sa quasi niente, e spesso si parla di tinte rossastre o arancioni di base, a volte tendenti al rosa, con diverse sfumature e screziature brune o giallastre sulle diverse porzioni del corpo. Ma la natura mi ha offerto la grande opportunità di capire che i colori dello scorfano “rosso” in realtà sono infiniti, e cambiano sia in funzione dell’età del pesce, sia in funzione dell’habitat.

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Oltre le colorazioni principali, che sono quelle che variano dal rosso all’arancio, ci sono tutta una serie di varianti di nocciola, rosa, marrone, bruno, da lasciare di stucco qualsiasi artista esperto di abbinamenti cromatici. Variazioni di questo tipo sono rare in altre specie di pesci, ma per lo scorfano non ci sono limiti; tutto ciò, oltre alla sua straordinaria morfologia unita a pose statuarie di particolare eleganza, mi consentono di definire lo scorpenide non solo bello, ma direi anche stupendo, attraente e regale. Una stranezza da citare: raramente capita che un sottile strato epidermico colore giallo o arancio chiaro inizi a coprire un po’ alla volta il corpo dell’animale, quasi come fosse una muta. Lo scorfano appare così cangiante e portato a indossare come un nuovo “abito”. Uno spettacolo insolito che ho osservato più volte e che in alcuni casi ho anche seguito nelle sue fasi, ritrovando lo stesso pesce a distanza di tempo per seguire l’evoluzione del fenomeno. Torniamo all’immersione e avviciniamoci allo scorfano individuato. A un metro di distanza possiamo osservare la sua sbalorditiva tranquillità, legata alla si-

curezza riposta nel mimetismo criptico, arte di cui è maestro. Convinto di non essere visto, il pesce rimane seraficamente al suo posto, scrutandoci con lo sguardo e facendo finta di nulla. La pinna dorsale, composta da duri raggi spinosi particolarmente alti, è piegata e poggiata sul dorso. Osservandola capiremo lo stato emotivo del nostro amico perché, se accorciamo le distanze, quei raggi spinosi non tarderanno a drizzarsi verso l’alto. Dobbiamo avvicinarci molto lentamente e in più fasi, sempre tenendo d’occhio i raggi della dorsale e il nervosismo del pesce. Se lo abituiamo alla nostra presenza, potrebbe restare fermo anche se ci avviciniamo quasi a toccarlo, ma questo varia molto da esemplare a esemplare. La cosa che mi ha sempre stupito nell’osservare gli scorfani è la loro accanita territorialità. Spesso individuo esemplari adulti in zone che hanno eletto a loro dimora e torno a trovarli più volte nel tempo, negli anni. Questo mi permette di seguire la loro crescita, di abituarli alla mia presenza e di studiare in dettaglio il comportamento e le abitudini di vita. Lo scorfano non esita ad esibirsi nella cattura di una preda anche di fronte a un sub che osserva;


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BIOLOGIA come non esista a spostarsi da un posto all’altro del fondale, se il sub lo fotografa ripetutamente, ma gira e rigira torna sempre al capolinea, senza mai allontanarsi dalla sua zona oltremisura. Per lo meno quando l’area prescelta è una piccola oasi di roccia sulla sabbia, un piccolo relitto o altro del genere. In ambiente di scogliera, o su relitti di grandi dimensioni, lo scorfano disturbato potrebbe sparire in breve in anfratti che lo proteggono, lasciandoci con un palmo di naso. Tutto dipende ovviamente dalle situazioni e dal contesto. Da un’attenta analisi morfologica della struttura dello scorfano rosso si evince che la pinna dorsale, le grandi pettorali e la magnifica coda, sono pinne di importanza e bellezza fuori dal comune, e per dimensioni e per colore. La dorsale pre-

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senta le membrane tra un raggio e l’altro disegnate con una maestria degna di un illustratore, con striature e chiazze di colori e sfumature indefinibili. Le pettorali hanno dei raggi carnosi che appaiono come dei bassorilievi a strie convergenti verso l’opercolo, come anche la pinna caudale verso il suo peduncolo. Guardare uno scorfano quando, disturbato, si alza dal suo posto per spostarsi poco più in la, consente di osservare bene le sue pinne in tensione, tutte contemporaneamente. Se riuscissimo a scattare delle immagini al volo del suo fare, potremo notare poi con calma tutto il suo fascino e le sue caratteristiche corporee. Anche la pelle dello scorfano è unica in natura. Le sue squame son piccole, ma la grande quantità di appendici presenti sul corpo, sulla testa,

e intorno alla bocca, dette lacinie, lo rendono un “cespuglio” vivente perfettamente in sintonia col contesto abitativo, nel quale sparisce alla vista come per incanto. Solo la luce artificiale può svelarci la sua vera identità, smascherandolo e isolandolo dal suo habitat per uno squarcio di tempo. Ho provato a fotografare lo scorfano a luce ambiente e col flash, confrontando le immagini; ciò per offrire un’idea di come appare la scena in luce naturale e di come si trasforma con la luce bianca artificiale. In tal modo possiamo conoscere ancora meglio lo scorfano e il suo aspetto in natura. Ma in realtà non sappiamo se nel mare lo scorfano è visto dagli altri pesci e invertebrati nello stesso modo in cui lo vediamo noi senza una torcia. Chi può dirlo, rimane un’incognita.


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INTERVISTA A

ALESSIA ZECCHINI

di Massimo Boyer

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l 2018 è stato un anno di trionfi per Alessia, la giovane apneista romana, che si è consacrata come la donna più profonda del mondo. L’elenco dei primati mondiali che detiene al momento in cui scriviamo è impressionante. ■■ Assetto Costante con Monopinna: - 107m (Long Island, 2018) – Record profondità. ■■ Assetto Costante senza Attrezzi: - 73m (Long Island, 2018) – Record profondità. ■■ Free immersion: -94m (Kaș, 2018)

Alessia, cos’è l’apnea per te, cosa ti ha insegnato? Per me l’apnea è una grande passione. La pratico da quando avevo 13 anni, e direi che mi ha insegnato a vivere, a gestire le mie emozioni, a pormi degli obiettivi e a realizzarli. Ovviamente questo poi l’ho portato anche nella vita cioè nello studio all’Università. In tutti gli obiettivi che mi sono posta cerco di impegnarmi sempre a fondo. E poi ha mi ha portato ad avere un rapporto davvero intimo col mare e con me stessa, con il mio corpo, a cercare di capire, di andare sempre un po’ più in profondità. Si nasce o si diventa apneisti? Nella genesi di Alessia Zecchini come donna più profonda del mondo conta di più un talento naturale o l’allenamento paziente?

■■ Dinamica senza Attrezzi: 181m (Milazzo, 2017) – Piscina. ■■ Dinamica con Attrezzi (Monopinna): 250m (Lignano Sabbiadoro, 2016) – Piscina. ■■ Dinamica con Attrezzi (Bipinne): 221m (Lignano Sabbiadoro, 2018) – Piscina. ■■ Dinamica senza Attrezzi (vasca da 50m): 171m (Lignano Sabbiadoro, 2016) – Piscina. ■■ Jump Blue: 190m (Ischia, 2015) – Record in mare in orizzontale.

Sicuramente io posso dire che nel mio caso l’allenamento e la dedizione negli anni mi hanno portato a ottenere certi risultati. Il talento può aiutare, ma credo che chiunque possa arrivare a grandi risultati se si impegna con determinazione. Hai cominciato da piccola a immergerti: quando è nato l’amore per il mare e per l’apnea? Ho conosciuto per la prima volta l’apnea a 11 anni, quando per un brevetto di nuoto mi è stato chiesto di nuotare in apnea per 25 m in piscina, in orizzon-

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tale. Lo feci con naturalezza, e fu lì che un istruttore mi consigliò di seguire un corso di apnea. Con il mare ho un bel rapporto da sempre, ricordo le vacanze coi miei genitori in posti meravigliosi in giro per l’Europa. Ricordo che avevo la passione per andare sott’acqua, a raccogliere una conchiglia, o semplicemente a vedere che cosa ci fosse sotto uno scoglio. A 13 anni ho seguito la mia passione e mi sono iscritta a un corso di apnea, e me ne sono innamorata definitivamente. Cosa conta di più nell’apneista, la preparazione fisica, l’allenamento o la capacità di concentrazione? Conta più il fisico o la mente? Secondo me tutto questo è importante. Riguardo alla preparazione fisica, quest’anno insieme a Martin Zajac sono riuscita a dare completezza a tutte le parti. Seguivo già molto l’allenamento, ma con Martin ho aumentato la prepara-

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zione fisica, anche in palestra. La capacità di concentrazione resta fondamentale. Le due cose procedono assieme, cercare di essere qui, ora, di pensare solo a cosa si sta facendo, è quello che permette di fare meno errori possibile. Perciò secondo me conta tanto il fisico quanto la mente, 50-50. Il fisico conta molto, la mente è fondamentale. L’apnea ti cambia dentro? Cosa ti dà? L’apnea mi ha cambiato molto. Sono cresciuta facendo questo sport, sono maturata molto praticandola e grazie alle sfide che mi ha posto. Mi dà anche la possibilità di girare il mondo, di conoscere nuove persone, di entrare in contatto con culture diverse, di pormi nuovo sfide, di concentrarmi e capire quale sia la scelta giusta. Secondo me una delle cose più importanti è proprio non avere mai paura ma cercare di agire lucidamente e cercare di capire quale sia la soluzione giusta.

Esiste nel tuo sport una componente di paura, o di rispetto per il mare? Secondo me non ci deve essere paura, mai. La paura non ti permette di ragionare lucidamente e di prendere la decisione giusta in ogni momento. Più che la paura serve il rispetto, rispetto per il mare, per sé stessi e per gli avversari. Bisogna giorno per giorno capire quale sia il proprio limite, ascoltarsi. Ascoltare sé stesso. Il corpo mi sa dire sempre cosa posso fare, e il mare... il mare è una forza della Natura, è tutto. Bisogna rispettarlo, ascoltarlo sempre per capire quando è il momento di fermarsi o di andare avanti. Una frase famosa dell’uomo ragno recita: “a grandi poteri corrispondono grandi responsabilità”. Essere la donna più profonda comporta qualche responsabilità? Sicuramente sento la responsabilità di fare sempre bene, di essere un esem-


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pio per molti, di commettere meno errori possibile. Essere la più forte non è facilissimo, e in questo momento lo sono, ma sono io la prima a pormi delle sfide sempre più grandi, per trovare nuovi stimoli. Progetti per il futuro? Continuare a fare buoni risultati, divertirmi sempre. L’anno prossimo avrò nuove gare, Mondiali o Europei, ancora non si sa bene, ma sicuramente la cosa importante sarà continuare a divertirmi sott’acqua, poi avere una famiglia (più in là), continuare a viaggiare, stare bene ed essere felice.

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INTERVISTA A

GIANLUCA GENONI

di Massimo Boyer

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ianluca Genoni nasce a Galliate il 05/07/1968. È uno dei grandi dell’apnea italiana. Stabilisce il suo primo record mondiale nel 1996, a Siracusa, con -106 metri, nella specialità dell’assetto variabile, superando il precedente record di Umberto Pelizzari. In seguito stabilirà altri 18 record nelle varie specialità dell’apnea fino a raggiungere i -160 metri a Rapallo il 28 settembre 2012, scendendo e risalendo con l’aiuto di uno scooter subacqueo, quota tuttora insuperata con lo stesso sistema. I suoi meriti vanno al di là dello sport puro e semplice: ha preso parte a diversi progetti di ricerca medico-scientifici. È stato il primo al mondo a immergersi in apnea alla quota di 5000m (ai piedi dell’Everest)

nel 2003, e a superare i 18’ di apnea statica dopo somministrazione di ossigeno a Goito nel 2008. È conduttore televisivo di programmi sportivi e sull’ambiente marino, impegnato nella tutela e salvaguardia del mare si occupa della promozione e della diffusione della pratica dell’apnea; è ITD (International Trainer Director) per SSI didattica leader mondiale, nel settore della subacquea e dell’apnea. Gianluca, cos’è l’apnea per te, cosa ti ha insegnato? Ti ha cambiato? O sei stato tu a cambiarla? L’apnea, adesso, è per me una grande passione oltre che il mio lavoro. Una grande passione perché ancora oggi appena ho tempo e la giusta situazione mi alleno con grande piacere, un lavoro,

perché, attraverso SSI cerco di avvicinare più persone possibile a questa disciplina, cercando di far capire il giusto approccio e la filosofia dell’apnea. Mi ha insegnato molto come tutte le discipline sportive, rigore, serietà, spirito di sacrificio, ma mi ha dato anche, padronanza e autocontrollo del proprio corpo, grande serenità mentale (quasi sempre ☺) oltre ovviamente alle soddisfazioni sportive. Dopo tanti anni di pratica e di allenamento non so dirti se l’apnea ha cambiato me, sicuramente mi ha dato una maggior consapevolezza del mio corpo, o se io ho cercato cambiare l’apnea trasmettendo a migliaia di neofiti un certo modo di praticarla e viverla. L’apnea, soprattutto quella sportiva, è in continuo cambiamento ed evoluzione, le misure dei record stanno crescendo continuamente e sono sempre di più gli atleti di alto livello, anche le tecniche di allenamento stanno cambiando. Io credo di aver contribuito nell’aver dato un metodo e una struttura di allenamento. Sei diventato apneista relativamente tardi, a 22 anni. Quando è nato l’amore per il mare e per l’apnea? Ho iniziato a fare apnea relativamente tardi, ma dopo aver praticato per tanti anni nuoto agonistico ad alto livello e questo mi ha aiutato tantissimo, mi ha dato un’acquaticità e un modo di stare in acqua che altrimenti non avrei mai avuto. L’amore per il mare è nato quando durante il servizio militare in marina nel 1991, ho iniziato a guardare e a scendere sott’acqua nel mare delle 5 terre, il blu, il silenzio delle profondità, il corpo che perde il peso terrestre mi hanno affascinato fin da subito. L’amore per l’apnea è nato un paio di anni prima, quando in piscina a Busto Arsizio, cercavo di restare in apnea più tempo dei miei amici. Ricordo con grande piacere quegli anni, gli anni della scoperta degli abissi e delle possibilità del corpo umano Si nasce o si diventa apneisti? Nella formazione di un apneista conta di più di più il talento naturale o l’allenamento paziente? Se pensi al tuo caso tieni conto che la natura ti ha favorito... per chi non lo sapesse Gianluca Genoni è alto 1,92 m e ha una capacità polmonare oltre i 9 litri. L’apnea è una disciplina sportiva a tutti gli effetti, quindi come per tutti gli sport, tutti possono praticarla ma è innegabile che una certa predisposizione naturale sia necessaria, per raggiungere certe

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vive il mare in maniera molto più diretta, senza filtri, rispetto a chi si immerge con autorespiratore, quindi rispettarlo significa un po’ rispettare la filosofia dell’apnea. Insegnare l’apnea non è solo parlare di respirazione, compensazione, rilassamento ma anche di correnti, maree, pesci che popolano il mare, insomma far innamorare un ragazzo o un neofita dei fondali marini. Cosa si prova a -160m? Ti è mai capitato, in allenamento o in gara, l’incontro con qualche animale strano? Diciamo che sto meglio adesso davanti al computer mentre ti sto rispondendo ☺. Le discese in profondità in apnea danno sensazioni positive, di benessere, di libertà, di contatto diretto con il mare, insomma un grande esercizio introspettivo, ma fino a una certa quota. Nel mio caso queste sensazioni le provavo fino a 135/140 m, poi tutto diventava più complicato e tutta la mia attenzione era focalizzata a capire se ero più o meno lucido, la narcosi a grande profondità può diventare un problema e un grande pericolo per tutti gli apneisti che si spingono a queste quote. Purtroppo o per fortuna, a grande profondità non ho mai avuto incontri con animali “strani”, anch’io ho sempre avuto la curiosità di vedere le creature degli abissi, ma a 160m, forse, non si può ancora parlare di abissi Una curiosità: come fai, tecnicamente, a compensare le orecchie durante una discesa velocissima, trainato dallo scooter?

prestazioni. Il solo talento non basta, deve essere affinato e perfezionato con il lavoro paziente di anni di allenamento. La padronanza del proprio corpo, la consapevolezza di quello che si va a fare, solo l’esperienza e il tempo te la possono dare. E cosa conta di più per chi volesse diventare apneista, la preparazione fisica, l’allenamento o la capacità di concentrazione? Conta più il fisico o la mente? Per diventare apneista, cioè per imparare le tecniche non è richiesto un grande allenamento, certamente una buona acquaticità aiuta. Per diventare un apneista di alto livello serve un mix di allenamento fisico e mentale. Pensare che per fare buone performance di apnea sia sufficiente saper respirare

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bene ed avere un buon approccio mentale è riduttivo, le profondità e le distanze che si raggiungono oggi possono essere fatte solo se si è supportati da una grande condizione atletica. È vero anche che solo con la forma fisica, senza il giusto approccio mentale, non è possibile raggiungere certi risultati. Discorso a parte vale per l’apnea statica, dove il rilassamento e il percorso mentale corretto sono essenziali per raggiungere certi obiettivi Esiste nel tuo sport una componente di rispetto per il mare? Quanto importante è l’insegnamento dell’apnea per sviluppare una coscienza ecologica? L’apneista ama il mare e quindi di conseguenza lo rispetta. Chi pratica l’apnea,

La compensazione per gli apneisti a volte può essere un grande limite, non nel mio caso, fortunatamente. In poche parole, quando faccio discese particolarmente profonde, richiamo aria in bocca alla profondità di circa 40m, fino a riempirla, blocco la glottide e utilizzo quest’aria per compensare a grandi profondità. Lo scooter raggiunge una velocità di circa 110 m al minuto, quindi veloce ma non più della slitta che ho sempre utilizzato per fare i miei record. E come si fa, per 18 minuti, a non pensare alla “fame d’aria”. Dopotutto privarsi del respiro è un atto contro natura... Restare per 18 minuti senza respirare è principalmente un esercizio mentale e di autocontrollo. I 18 minuti li ho fatti dopo aver respirato ossigeno e questo ha distorto tutti i segnali di “fame d’aria“: ho


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avvertito le prime contrazioni dopo circa 11 minuti e sono rimaste costanti e mai forti fino ai 18’. A dire la verità non ho fatto particolarmente fatica a raggiungere i 18’ ed ho interrotto la mia prova solo perché non li avevo mai raggiunti e volevo incrementare gradualmente, durante altri test ho superato i 20’ e ho fatto meno fatica rispetto a quando raggiungo 8’ respirando aria normale Non so se trattenere il respiro sia un atto contro natura, per me, così come per la maggior parte degli apneisti non lo è, restare in apnea da delle sensazioni positive, di benessere e rilassatezza molto lontano dal pensiero comune che non respirare sia una prova di forza o di coraggio

pratica dell’apnea con istruttori capaci e preparati. Sicuramente la parte sportiva, quindi anche i miei record, sono un bel traino per la disciplina. Come avviene per tutti gli sport spesso i giovani si avvicinano a un’attività perché incuriositi o per spirito di emulazione. Io, ad esempio, ho conosciuto l’apnea, quando ero bambino in occasione di una diretta Rai di un record di Enzo Maiorca. Progetti per il futuro? Terminata la mia carriera agonistica ora sono molto impegnato nella promozione

e nella divulgazione della disciplina, con SSI mi occupo della formazione di nuovi istruttori e con Mares collaboro allo sviluppo e alla promozione di nuovi prodotti. Con Blancpain e Riso Scotti dedico sempre più tempo a progetti legati alla protezione e salvaguardia degli oceani e dell’ambiente in genere. Questo mi porta a viaggiare molto, vedere posti ancora quasi inesplorati, e raccontare attraverso la mia esperienza l’amore e il rispetto per il mare. Perché sono convinto che solo chi conoscere e ama il mare capisce l’importanza di preservarlo per le generazioni future.

Ultimamente l’apnea riscuote un bel successo. I corsi si riempiono, confermi la mia impressione? A cosa è dovuto per te? Ti ritieni responsabile di questo, visto che attraverso le tue imprese sportive hai sicuramente contribuito a diffondere l’amore per questa disciplina. Confermo la tua impressione, negli anni gli appassionati della disciplina sono aumentati molto e anche il livello medio si è parecchio alzato. Ormai in quasi tutte le piscine e possibile iscriversi a corsi e apprendere le tecniche corrette per la

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GLI UOMINI HANNO PIÙ DENTI DELLE DONNE di Federico Mana (foto di Marco Bonini)

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n libro bellissimo “Reinventing Organizations” sul management delle organizzazioni parte così: “Aristotele, il grande filosofo e scienziato greco proclamò in un trattato scritto nel 350 a.C. che le donne hanno meno denti degli uomini. Oggi sappiamo che questa affermazione non ha senso. Eppure per oltre 2000 anni è stata accettata come una verità indiscussa dal mondo occidentale finchè qualcuno ebbe la più rivoluzionaria delle idee. Contiamoli questi denti!” È il 2010 e nel mio primo libro sulla compensazione affermo, in linea con il resto della comunità , “la manovra hands free è, secondo me, eseguibile da una ristretta cerchia di apneisti che presentano una predisposizione anatomica e funzionale”

Insomma, la compensazione senza mani, fino al 2015 rimane un fatto privato, genetico, un dono per pochi eletti. “ci devi nascere con le tube di Nery” Lo stesso Guillame nel suo libro Profondeur con consapevole arroganza afferma: (“le mie tube sono come le autostrade mentre quelle degli altri assomigliano più a strade provinciali…” Sino a pochi anni fa abbiamo deglutito con rassegnazione questa discriminazione e stretto alla morte i lacciuoli emostatici delle nostre micromask per ingannare la genetica delle nostre strade provinciali. Poi qualcosa è cambiato, ho imparato a compensare senza mani, a contare i denti e al grido di “si può fare” ho salutato con gioia il predominio della volontà sulla rassegnazione.

Si riparte, c’è un percorso evolutivo da compiere e il premio finale è il Walhalla dell’apnea, la massima espressione di godimento possibile, finalmente si vola… Free fall per tutti, fuori le gopro! Il vocabolario cambia, non più spingi e soffia. La questione si fa tosta: pilastri, equipressione, appoggio aereo, divampa la guerra dei blocchi H, K, M, N e le mandibole vengono spinte al limite della dislocazione nella speranza di avvertire il tanto atteso “stropiccio”. “Dicesi stropiccio termine medico scientifico per identificare un qualsivoglia movimento della tuba o tromba di Eustachio”. Entusiasmo e dedizione non mancano, ma ahimè non bastano, la compensazione senza mani è complicata soprattutto per gli addetti ai lavori che la devono insegnare.

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APNEA sti, molto spesso gli stessi atleti, non hanno coscienza dei propri processi motori. Quando iniziamo a lavorare con le persone sulla compensazione, partiamo dal check delle abilità di base, un’anamnesi: 30 minuti in cui chiediamo loro di svolgere alcuni semplici esercizi e i risultati sono disastrosi. Ancora più complesso è, infine, trasferire agli altri un nostro “saper fare”. Voglio dire che fare qualcosa non significa conoscerlo e conoscerlo non significa comprenderlo. Se non fosse così potremmo imparare tutto dai libri. Per insegnare qualcosa a qualcuno devi essere al terzo stadio della conoscenza.

OK, MA QUANDO ARRIVANO LE BUONE NOTIZIE? PERCHÉ OGGI SONO CONVINTO CHE TUTTI POSSANO IMPARARE A COMPENSARE SENZA MANI?

PERCHÉ È COSÌ DIFFICILE IMPARARE LA COMPENSAZIONE SENZA MANI? Il primo grande ostacolo è la plasticità neuronale: il nostro cervello utilizza algoritmi estremamente complessi, alcuni ce li troviamo pronti, esempio la respirazione, altri sono il frutto dell’apprendimento, un esempio è andare in bici. La compensazione è un gesto volontario istintivo. Nasciamo con un algoritmo compensatorio; alcuni sono più fortunati e hanno l’algoritmo “senza mani”, altri sono sfortunati e hanno quello Valsalva. Passare da un algoritmo all’altro è possibile ma è molto difficile. Pensiamo a quei bambini mancini che per generazioni abbiamo costretto a diventare

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“destrorsi” in nome di chissà quale religione. Destin Sandlin un ragazzo australiano fa il giro del paese promettendo 200 dollari a chiunque riesca a fare qualche metro su una bici che quando giri il manubrio a destra ruota a sinistra. Il video dell’esperimento è sul suo canale youtube Smarter everyday, conta circa 20 milioni di visualizzazioni e spiega con semplicità perché nessuno ha mai incassato il premio.

PERCHÉ È COSÌ DIFFICILE INSEGNARLA? La scarsa consapevolezza delle abilità motorie di base è una barriera all’apprendimento enorme. Mediamente gli apnei-

Con i colleghi di Moving Limits abbiamo creato e testato per 3 anni su centinaia di apneisti un protocollo, una sequenza precisa di step e di esercizi per riprodurre l’algoritmo fortunato quello vincente per quell’individuo. L’esempio per rendere più digeribile il concetto potrebbe essere Karate Kid: “metti la cera, togli la cera”. Molti esercizi servono a ricreare una sensazione e/o a sviluppare l’automatismo che l’allievo dovrà riprodurre in acqua a testa in giù. All’inizio il percorso di apprendimento era molto lungo perché applicavo il protocollo “standard” a persone che avevano caratteristiche e meccanismi istintivi molto differenti tra loro e il più delle volte non erano in grado di spiegarmi quello che sentivano e credevano di fare. Il lavoro più duro ma anche quello più stimolante è stato proprio la realizzazione di un sistema di controllo e verifica delle sensazioni degli allievi. Un database che aggiorniamo costantemente con i “pattern” quelle ricorrenze che scoviamo e che rendono l’applicazione del protocollo oggi, molto più veloce ed efficace. Il risultato è un percorso online, articolato in 10 unit, che abbiamo chiamato Fly. Ne siamo particolarmente orgogliosi, è il nostro contributo più importante al proposito evolutivo che ci siamo dati: rendere entro i prossimi 5 anni la compensazione hands free un fatto alla portata di tutti. Per chi volesse saperne di più , troverà tutte le informazioni su www.movinglimits.com. Buon Blu.


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PAOLYN HOUSEBOATS, CORON ISLAND, PALAWAN, FILIPPINE di Massimo Boyer (foto di MJ Paula e Catalin Craciun)

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Apnea è un modo divertente e naturale per immergersi in totale libertà nel nostro amato mare e che ci permette, in un solo respiro, di esplorare, incontrare e diventare parte della vita dell’oceano. Mete Subacque presenta un’offerta dedicata ai “viaggi apnea” rivolta ad apneisti, aspiranti apneisti e accompagnatori amanti del mare e dei fondali marini, proponendo viaggi in luoghi veramente autentici, per

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individuali e gruppi con l’assistenza di istruttori certificati. Un’offerta completa dove relax, sport e formazione si uniscono per trasformare il viaggio in una incredibile e indimenticabile esperienza nei mari più belli del mondo. Elena, questa nuova destinazione sembra davvero un sogno, ci vuoi introdurre tu questa tua ultima scoperta? Sì, sembra davvero un sogno. Al mondo ci sono molti paradisi perduti ma una delle particolarità di questa incredibile

realtà è il fatto che disti solo due ore da Manila! Nonostante ciò sembra di essere in un’atmosfera da film (molti degli ospiti la paragonano a Jurassic Park). Siamo all’interno di un parco naturale, riserva marina e patrimonio Unesco. Si tratta di due casebarche di recente costruzione (dicembre 2017 e aprile 2018) totalmente ecocompatibili che si trovano in una posizione eccezionale in una laguna privata protetta da 360 gradi anche grazie ad un bel coral reef che la circonda dove gli ospiti possono fare


VIAGGI snorkeling semplicemente tuffandosi. Conosciuta come “Laguna Blu”, è ubicata nell’isola calcarea di Coron, circondata da acque incontaminate, distante pochi metri dalle Twin Lagoons , e dai famosi laghi di acqua dolce Kayangan e Barracuda Lake e a 20/30 minuti di barca da Coron Town. L’isola di Coron non è da confondere con la città di Coron, che si trova sull’isola di Busuanga ed è il porto di imbarco per coloro che vogliono visitare con escursioni giornaliere l’isola. Coron isola è la principale attrazione di tutta l’aerea con i relitti giapponesi risalenti alla seconda guerra mondiale. Dunque, se ho capito bene Paolyn Houseboats è un hotel galleggiante, suddiviso in due diverse houseboat. É così? Le casebarche (entrambe trimarani) sono l’unica struttura ricettiva in tutta l’isola di Coron, che è abitata esclusivamente dai membri della più antica Tribù delle Filippine chiamata Tabganua, proprietaria dell’isola, delle acque e delle barriere coralline circostanti grazie a una legge emessa nel 1997 dal parlamento Filippino per tutelare i diritti degli indigeni. Infatti sull’isola di Coron (dove non ci sono elettricità e acqua dolce) è vietato costruire ogni tipo di struttura, tanto più in cemento. Sono permesse solo realtà “galleggianti” ad impatto ed inquinamento zero. E qual è la capacità totale della struttura? In totale ci sono solo sette camere di cui quattro sono suites che in realtà offrono ciascuna un piccolo angolo privato di paradiso (all’interno e all’esterno). Indubbiamente una bella soluzione per chi desideri andare via dalla pazza folla. Un dettaglio interessa i nostri lettori, come sono le immersioni? Coron e i suoi dintorni sono stati palcoscenico di una feroce battaglia navale e aerea durante la seconda guerra mondiale e parecchie navi sono state affondate in quella che è oggi una delle migliori mete subacquee al mondo per le immersioni su relitti, ma non solo , fantastiche barriere coralline coloratissime e ricche di vita e di una grande biodiversità. Il paesaggio naturalistico nelle acque intorno a Coron Island toglie il fiato per la sua ineguagliabile bellezza, Barrakuda Lake è un lago salato dove filtra acqua termale con pareti di roccia calcarea che arrivano fino a 25 mt di profondità e una

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temperatura di oltre 35°C…un’esperienza unica. E per i non sub, a parte prendere il sole cosa si può fare? Si può praticare uno snorkeling superbo, accompagnato dal cinguettio degli uccellini e dal rumore dei salti dei pesci, divertirsi a scoprire lagune nascoste in kayak e paddleboard (gratuiti), rilassarsi leggendo un libro sulle amache o prendere il sole alternato con una nuotata, un buon pasto o un buon drink sulla terrazza al tramonto. Bellissime escursioni saranno organizzate con partenza e rientro direttamente dalle casebarche incluso il tour culturale indigeno al villaggio tribale Tagbanua. A disposizione motoscafi dotati di nuovi fuoribordo Yamaha con cui poter arrivare ovunque e in ogni momento della giornata grazie ai capitani/guide della tribù Tagbanua! Nel pacchetto offerto è incluso l’uso illimitato gratuito di kayak, standuppaddleboard e attrezzatura snorkeling oltre che alla pensione completa. Dunque, riepilogando: una struttura galleggiante, piccola, costruita e gestita in modo ecosostenibile, ancorata in una laguna blu sempre calma, dalla quale si vedono attorno la foresta tropicale e il mare, splendide immersioni.

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Mete Subacque propone un viaggio di gruppo sub, apnea e snorkeling in un originale combinato a Coron, Palawan – Filippine dal 07 al 19 Maggio 2019. Crociera Apo Reef e Relitti + Paolyn Houseboat tutti i dettagli su www.metesubacque.it Mete subacque ha l’esclusiva sul mercato Italiano di Paolyn Houseboats. Una versione più lunga di questa intervista è su Scubaportal.

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NAVIGANDO LE MALDIVE di Dodi Telli “il fascino d’avventura negli atolli di questo bellissimo arcipelago coccolati nel massimo comfort fra massaggi e programmi personalizzati per Snorkelisti ed Apneisti“

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e ne sentono tante ogni giorno, a proposito di Maldive, e di tutti i tipi. Gente che va, gente che torna, chi progetta di andarci in futuro, chi ritorna sempre sulla stessa isola tutti gli anni. Chi è andato in viaggio di nozze, chi vorrebbe passarci la vecchiaia, chi non può fare a meno delle sue lingue di sabbia, dei suoi reef così ricchi di pesci variopinti .… Il motivo di tutto questo clamore è semplice: le Maldive sono il paradiso tropicale per antonomasia e ormai da più di 30 anni rappresentano una meta imperdibile per gli amanti del mare in tutte le sue sfaccettature. Qui, infatti, i turisti vengono a migliaia da tutto il mondo per abbandonarsi all’estremo relax e al silenzio della natura incontaminata, lontana da tutti e da tutto. Si lasciano ammaliare dal fascino della sabbia finissima i naturalisti; fanno bagni che durano ore gli appassionati di snorkeling; vengono dal Sud Africa e dall’Australia i fanatici del surf; e non si

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perdono un “tuffo” i fedelissimi della subacquea, che qui possono incontrare davvero pesci di ogni specie. Sono questi, dunque, i segreti svelati di questo paradiso terrestre, un arcipelago di più di mille isole coralline e 26 atolli, sparpagliati in più di 750 km di lunghezza per un totale di otto gradi di latitudine, a cavallo dell’equatore. Da queste parti, il clima è ben diverso da quello che troviamo in Europa e non si fa fatica a comprenderlo; la temperatura è piuttosto costante, con una minima che raramente scende al di sotto dei 26 gradi e che normalmente si aggira sui 31-32 gradi durante il giorno. Un viaggio “IN” nelle Maldive diverse, quelle esclusive legate ad un concetto di libertà e privacy, non solo fuori dall’acqua ma anche e soprattutto sott’acqua. A bordo di confortevoli Motor Yachts come il CONTE MAX ed il DUCA di YORK si è coccolati da ampi e comodi spazi, un servizio curato, da candide spiagge deserte, da una tavola sempre imbandita con i cibi migliori, e da immersioni


VIAGGI al top guidate dall’esperienza e dall’affidabilità e professionalità di guide ed istruttori con parecchi anni di esperienza alle spalle per accontentare al meglio le esigenze di coloro che arrivano a bordo. Non si fanno distinzioni tra chi va sott’acqua e chi no, perché qui tutti vengono in primis per il gusto del vivere in mezzo alle lagune color turchese. Ogni giorno si potranno vedere posti, scenari e atolli differenti, andando a visitare solamente i luoghi migliori, più caratteristici delle Maldive. La crociera alterna la visita guidata di alcune località di valore culturale a splendide uscite di snorkeling e pesca negli angoli più incontaminati di questi atolli. Programmi dedicati ai più piccini, che potranno giocare e divertirsi a fare bolle d’aria nuotando e respirando sott’acqua o vivere il mare dalla superficie ! Per gli amati del mare, del sole e della tintarella, per chi alle Maldive cerca solo relax, per chi non è assiduo subacqueo ma vuole sentirsi parte di questo mare vivendolo dalla superficie con pinne e maschera, nell’arco di una settimana si faranno le immersioni più spettacolari, ma soprattutto, si entrerà in acqua per lo snorkeling dove il corallo è meglio conservato, in tutta tranquillità sempre con una guida che vi accompagna o in totale libertà ma sempre in sicurezza. Nuotare con decine di mante che “danzano” intorno a noi o trovare lo SQUALO BALENA che nuota a fianco per lungo tempo e’ il sogno di molti ed una realtà che si può vivere in crociera.. Si scenderà poi a terra sulle isole deserte, per prendere il sole su una spiaggia bianchissima e abbandonarsi al solo rumore del mare. O ci si potrà dedicare a un simpatico e alternativo shopping tra i bazar delle isole abitate dai pescatori. Quasi sempre, inoltre, si cercherà di passare almeno una indimenticabile serata su un’isola deserta, dove lo staff maldiviano preparerà in ogni dettaglio la cena con barbecue sulla spiaggia; qui, con le condizioni ideali, il cielo quasi nero stupisce per l’incredibile numero di stelle che è possibile osservare. Il viaggio in barca viene affrontato nelle ore diurne approfittando delle pause tra un’immersione e l’altra, durante il pranzo, o nelle ore pomeridiane prima del tramonto. Le barche, inoltre, ormeggiano sempre a ridosso di reef più che protetti, onde evitare fastidiosi beccheggi e rollii per gli ospiti a bordo, che possono in questo modo rilassarsi e non preoccuparsi di eventuali disagi avvertibili durante la notte. A seconda dei periodi, poi, la crociera prenderà la migliore direzione conciliando le esigenze di tutti gli ospiti e tenendo in considerazione – ovviamente – le condizioni meteo marine. Così dall’atollo di Male si sceglierà un itinerario “Classico negli atolli centrali o un itinerario “Avventura “ scegliendo di esplorare l’estremo sud, dove Albatros Top Boat DA SEMPRE organizza crociere verso GLI ATOLLI PIU’ SPERDUTI.

passione e amore per il mare che a volte cambia la vita.. E’ bello ascoltare l’entusiasmo che trapela dalla voce dei bambini quando si trovano in situazioni nuove il loro profondo interesse a scoprire il mondo subacqueo e la loro curiosità fatta di tante domande a cui i nostri istruttori saranno lieti e pronti a rispondere: di cosa sono fatti i coralli, perché i pesci sono così colorati, perché ci sono le correnti che entrano ed escono dalle pass, cosa sono le pass…. E L’AVVENTURA CONTINUA …..

STAGE DI APNEA Considerando il crescente e costante interesse per il mondo dello snorkeling e dell’apnea abbiamo iniziato, già da anni, a proporre delle settimane speciali, nelle quali gli ospiti in crociera potranno immergersi nei fondali maldiviani in compagnia e con l’assistenza di Mike Maric, primatista mondiale nonché istruttore di apnea dal 1998 e primo assistente in superficie del team record di Umberto Pelizzari. Sette giorni di CORSI o WORK SHOP con uscite in mare per migliorare la tecnica di capovolta, immersioni libere, assetto costante, assetto variabile, tecnica della pinneggiata già chi conosce il mondo dell’apnea o per chi è ai primi approcci. Oltre al momento “Mare” vengono organizzate anche delle brevi lezioni di teoria inerenti argomenti come il TRAINING AUTOGENO, tecniche di RESPIRAZIONE, tecniche yogiche di PRANAYA-

In tutte le crociere che proponiamo, non mancano le nostre SETTIMANE A TEMA, alcune di queste con programmi dedicati soprattutto a SNORKELISTI ed a chi AMA PRATICARE L’APNEA. VACANZE DA SOGNO, adatte anche a famiglie e bambini dando loro la possibilità di conoscere le Maldive e le meraviglie del mare: la prima esperienza tropicale, il primo contatto con popolazioni straniere le prime avventure, i primi tuffi …. Trovarsi a tu per tu con un pesce palla, accarezzare una tartaruga, curiosare una murena nella sua tana, saranno delle emozioni indimenticabili che potranno far nascere nel bambino quella grande

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MA, tecniche mentali di RILASSAMENTO, MEDITAZIONE e tecniche di COMPENSAZIONE ed esercitazioni di APNEA STATICA e RILASSAMENTO ACQUATICO. Ogni giorno si scoprono posti diversi, colori diversi, pesci diversi... con l’obiettivo di nuotare fianco a fianco con sua maestà lo squalo balena: il più grande di tutti, ma anche il più buono. Una emozione dietro l’altra accompagneranno gli ospiti a bordo con un’impeccabile assistenza!

ALLA RICERCA DELLE MANTE, SPEDIZIONI CON “MANTA TRUST” CON BIOLOGO A BORDO Siete curiosi? Allora questa è la crociera giusta per voi, alla ricerca di mante. Crociere scientifiche, pianificate nel periodo in cui le correnti determinate dalle fasi lunari coincidono con specifici venti monsonici che influenzano le migrazioni e le abitudini alimentari delle mante di scogliera. L’obiettivo delle spedizioni è quello di trovare i principali siti di aggregazione e offrire agli ospiti la magica esperienza di immergersi in mezzo a questi magnifici giganti marini, guidati da esperti della Manta Trust (organizzazione no-profit che si occupa di conservazione, protezione, ricerca e monitoraggio delle mante nel mondo). Durante la crociera si naviga tra le isole dell’atollo di Baa, fuori dalle classiche rotte maldiviane, per raggiungere la famosa HANNIFARU BAY, molto amata dalle mante e dagli squali balena, così come L’ATOLLO DI ARI che ospita la seconda popolazione di mante più grande dell’arcipelago. Le Crociere con “Manta Trust” sono organizzate tra agosto e ottobre, periodo caratterizzato dal clima monsonico che crea le condizioni ideali per la fioritura del plancton del quale si nutrono mante e squali balena.

GLI INCONTRI RAVVICINATI CON GLI SQUALI BALENA Gli squali balena sono fra i più grandi pesci esistenti al mondo e questo è senza dubbio uno degli incontri più emozionanti. E’ per questo che abbiamo pensato a crociere che permetteranno di andare alla ricerca di questi squali nella parte sud dell’Atollo di Ari, nell’Atollo di Baa ed in alcuni atolli del sud dove questi magnifici esemplari amano farsi vedere durante le ore notturne. Nell’atollo di Baa, da maggio a novembre, gli squali balena a volte amano nutrirsi e banchettare in compagnia di centinaia di mante

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che danzando vorticosamente in fila con le bocche spalancate per nulla disturbate dalla presenza dei loro enormi compagni. SI TRATTA DI UNO SPETTACOLO ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE! Intorno all’atollo di Ari si concentrano invece alcuni dei più spettacolari punti PER LO SNORKELING delle Maldive con i punti di AVVISTAMENTO DELLE MANTE che si incontrano sia durante il giorno che durante la notte, e soprattutto per LA RICERCA DELLO SQUALO BALENA nell’estremità più a sud dell’atollo, unico posto rinomato in tutto il mondo per la presenza quasi stanziale di questi gentili giganti che si possono incontrare tutto l’anno. MA GLI INCONTRI RAVVICINATI con gli squali BALENA non finiscono qui… durante le nostre crociere ALL’ESTREMO SUD delle MALDIVE abbiamo scoperto alcuni siti che hanno la particolarità di attirare – nelle ore notturne – piccoli esemplari di squali balena che vengono in superficie a caccia di cibo. Lo spettacolo è assicurato per tutti, gli squali balena, infatti, amano banchettare in acque poco profonde e ricche di plancton (il loro cibo essenziale), che spesso coincidono con l’interno delle lagune degli atolli corallini . Ormeggiati dunque ben al riparo da marosi e correnti, nelle ore serali e notturne sarà emozionantissimo tuffarsi con maschera e boccaglio e nuotare accanto a questi “padroni del mare”, facendo loro compagnia nel momento più interessante della loro giornata, quando cioè passano ore ed ore a filtrare tonnellate di acqua per tenere solamente il plancton da ingerire.

SHARKS EXPEDITION Un itinerario studiato appositamente per andare alla ricerca degli squali con crociere che si svolgono negli atolli Centrali o all’estremo Sud, sui versanti occidentali che orientali dell’arcipelago. Gli incontri che si possono fare spaziano dalle miriadi di pesci di scogliera o grandi pelagici e bentonici sulle caratteristiche “PASS”, che rendono famose le Maldive per i grandi avvistamenti anche durante lo snorkeling. Questi canali, che spezzano gli anelli dei differenti atolli, si differenziano in ampiezza, lunghezza e profondità e permettono il ricambio d’ acqua, dando vita, fra l’oceano e le lagune interne. Le pass del lato occidentale degli atolli sono di notevole ampiezza ed in loro angoli con le pareti esterne ed interne offrono bellissimi punti d’incontri. Mante, squali, aquile di mare e trigoni, ipnotizzano ed entusiasmano ogni persona...


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Quelle invece del versante orientale si presentano abbastanza strette, con gradini netti che piombano nel blu dell’oceano e nelle quali si sviluppano correnti a volte più forti. L’incanalamento dell’acqua, dovuta alle correnti di marea ed oceaniche, (principalmente in condizioni di corrente entrante nell’atollo), fa’ si che in questi punti si abbiano grandi concentrazioni di pesce pelagico e soprattutto l’animale che da sempre affascina di più: lo SQUALO. Gli squali sono fra i pesci più grandi e più temuti al mondo, ma incontrarli non è affatto pericoloso ed è senza dubbio un MOMENTO EMOZIONANTE! Gli squali piu’ comuni che si possono incontrare alle Maldive FACENDO SNORKELING sono gli squali grigi, pinna bianca del reef, pinna nera del reef, , nutrice e balena , meno frequentemente si possono avvistare squali martello e pinna argentea. Alcune di queste crociere sono organizzate in collaborazione con il più grande esperto di Squali, RICCARDO STURLA AVOGADRI, fondatore di Shark Academy e creatore dei progetti Shark Awareness e Shark Expert SA, ambedue utilizzati dalle più diffuse agenzie didattiche subacquee nell’educazione all’etologia degli squali. IN CROCIERA A BORDO DI: MY CONTE MAX con Centro Massaggi MY DUCA di YORK con Centro Massaggi MY DHAAINKAN’BAA con Centro Massaggi

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IL WORKSHOP DI FOTOGRAFIA A CABILAO di Massimo Boyer

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er la serie Viaggi Naturalistici di Massimo Boyer si è concluso a novembre scorso un workshop di fotografia naturalistica incentrato in particolare sulla macrofotografia. Il Pura Vida Resort e il diving center Sea Explorers hanno affiancato Nosytour, Kudalaut e Zeropixel nell’organizzazione. Il nostro ringraziamento va anche a Easydive, per le attrezzature. Con un pubblico molto interessato e partecipe il corso è stato un successo. Cabilao per chi non lo conosce è sito soprattutto adatto per la macrofotografia, e ci ha spinto a concentrarci su soggetti piccoli e vicini. Argomento principe quindi la macrofotografia, nei suoi vari

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aspetti. Sia nelle chiacchierate serali che nelle immersioni abbiamo spaziato dalle soluzioni tecnologiche (obiettivi normali, medi tele, lentini esterni, grandangolari) alla tecnica di ripresa, agli ambienti migliori per trovare ogni soggetto. Ampio spazio è stato dedicato alla scelta dell’ambiente, per una macro che racconti qualcosa. Oltre al tentativo di isolare il soggetto, mettendone in evidenza colori e forme su uno sfondo nero, si è lavorato molto infatti su una macrofotografia che inserisce il soggetto nel suo ambiente, raccontando qualcosa su dove e come vive. Massimo da sempre predica una fotografia attiva, che abbia come soggetto gli animali che fanno qualcosa, che vada

al di là del semplice ritratto, e inserisca l’animale nel suo ambiente. Un altro soggetto su cui si è lavorato molto sono le tecniche di illuminazione. Il flash è la fonte di luce dominante in macrofotografia, ma molto lavoro è stato fatto sull’uso del flash singolo o doppio, sul posizionamento delle fonti di luce, sull’uso della luce naturale nella macro ambientata, ossia nella fotografia ravvicinata fatta con obiettivi grandangolari e oblò di dimensioni ridotte (minidome). Grazie a tutti i partecipanti per il contributo, e arrivederci al 2019 con nuove date, destinazioni, fotografie. I viaggi naturalistici di Massimo Boyer seguono la formula del workshop, che alterna lezioni teoriche e immersioni in


VIAGGI cui sempre si realizza uno scambio di idee con Massimo Boyer, che conduce alternando la fotografia subacquea con notizie e informazioni di biologia marina, raccontando le storie degli animali del mare, o, per usare le sue parole, “permettendo agli animali di raccontarsi attraverso le immagini”. Foto di apetura: Un giovane Pterois volitans a caccia, con le prede che lo evitano e quasi lo sbeffeggiano alle spalle – foto Massimo Boyer A destra: un pesce ago Corythoichthys ematopterus sul corallo – foto Francesco Ricciardi In basso, a sinistra: lo sbadiglio di un Antennarius commersoni – foto Tiziano Bugli In basso, a destra, in basso: gobide delle gorgonie Bryaninops loki – foto Fraser McBlane

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NIKA ISLAND, UN’ “IMMERSIONE” NELLA STORIA DELLE MALDIVE di Claudia Benedetti

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ino a poche settimane fa Maldive per me aveva sempre fatto rima con mare cristallino, sole abbagliante e assoluto relax. Il luogo perfetto dove staccare la mente e riscoprire il contatto con la natura. La subacquea? Nemmeno contemplata. Mai avrei immaginato di tornare un giorno in questo angolo di paradiso e dedicarmi a niente di meno che alle immersioni. Fresca di brevetto Open Water Diver e in viaggio da sola, nonostante un po’ di agitazione tipica di una subacquea alle

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prime armi, non vedevo l’ora di godermi quel meraviglioso mondo marino che avevo sempre e solo osservato dall’alto. Per la mia quinta volta alle Maldive scelgo Nika Island, un pezzo di storia del Paese, una delle prime isole dell’atollo di Ari a trasformarsi in un resort. Dal 1983, dal giorno in cui Nika Island ha aperto le sue porte a tutti i viaggiatori desiderosi di vivere le “vere Maldive”, la direzione si è focalizzata sulla creazione di una destinazione unica al mondo. Qui i concetti di tradizione, di cultura e di bellezza tipici di questo arcipelago si fondono con lo stile

e l’ospitalità italiana, un’isola dove nulla è cambiato, dove è possibile vivere le vere Maldive, quelle autentiche. Un’isola con una forte personalità, libera dagli schemi e dai dettami delle grandi catene internazionali a cui lascia volentieri marmi e cristalli a favore di sabbia candida quasi ovunque e di un’atmosfera informale, senza per questo dover rinunciare al comfort e ai servizi di un hotel di alta categoria. In perfetto equilibrio tra modernità, semplicità e tradizione, il Nika offre un approccio all’ospite di impronta squisita-


VIAGGI

mente italiana, così come la sua cucina, eccellente. La fitta vegetazione tropicale, una barriera corallina ben preservata ed il concetto di privacy assicurato dalle spiagge private a disposizione di ogni beach villa, sono la firma di questo resort storico che ha contribuito a creare il concetto di turismo alle Maldive e dove ci si sente incredibilmente a casa, in famiglia. Anche con Alessandra, istruttrice al Nika Diving Center e subacquea di grande esperienza, il feeling scatta immediato. Mi porta prima lungo il bellissimo house reef dove incrociamo subito un paio di piccoli squali pinna nera, attenta ad ogni mio movimento e pronta a dispensare consigli per me utilissimi, entusiasta

come se per lei fosse la prima volta, dal suo sorriso e dalle sue parole traspare tutta la passione con cui svolge da anni questo lavoro, affiancata da uno staff italiano e internazionale altamente qualificato, a garanzia di un servizio professionale e di qualità. Si perché qui la struttura è abbastanza piccola da poter favorire un approccio molto personale, cosa che in acqua mi ha permesso di sentirmi completamente a mio agio e godermi un’esperienza unica e affascinante, incentrata sulla scoperta e sul comfort.

La mattina seguente, centrata la pesata e risolto qualche problema di assetto, la magia e l’emozione della prima uscita in barca insieme a “veri” subacquei. Nika Island, in posizione privilegiata nell’atollo di Ari, uno tra i più celebri ed incontaminati delle Maldive, vanta infatti la vicinanza ad alcuni tra i siti di immersione più spettacolari al mondo, un paradiso sommerso nel quale immergersi ed esplorare secche, reef oceanici, grotte, Manta point, Shark point, relitti ed il celebre Malos Thila, incredibile punto di immersione in corrente tra i più famosi dove si possono ammirare le infinite e suggestive composizioni di coralli molli. Dal Nika si raggiungono facilmente anche la pass di Gangehi Kandu, famosa per gli incontri con gli squali leopardo e gli squali grigi, situata nella famosa area marina protetta di Maaya Thila, uno dei punti di immersione più affascinanti delle Maldive per la sua formazione corallina e per la presenza di squali grigi, la bellissima Miyaruga Thila, vero concentrato di vita marina, e i vicini Manta point dove non è raro avvistare gli squali balena. Ed ecco che alla fine di questo viaggio entusiasmante i 18 metri di massima profondità toccati e consentiti dal mio brevetto già mi stanno stretti e mi ritrovo a sognare i 30. Sempre alle Maldive. Sempre a Nika Island. Sempre e solo affidandomi a Click and Travel.

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IMMERSIONI

ISTRIA DIVING TOUR di Cesare Balzi (foto di Marcello Di Francesco)

La penisola istriana è oggi una meta perfetta per una vacanza subacquea, non solo per la moltitudine di pareti sottomarine, scogliere, grotte e relitti, ma anche per il fascino delle sue città d’arte e l’atmosfera romantica di un mare di altri tempi.

ISTRIA DIVING TOUR Superata la città di Trieste, arriviamo in Croazia attraverso la comodissima autostrada slovena: la “vigneta” da incollare sul vetro dell’auto costa 15 euro, ma dura una settimana, quindi ci basterà anche per il ritorno. Il motivo del viaggio è l’I-

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stria Diving Press Trip 2018, evento organizzato dall’Ente per il Turismo dell’Istria (http://www.istra.hr/it/pr/eti) e Altum Mare, Association of Istria Diving Centers (http:// www.altummare.hr/aboutUs.html) in collaborazione con l’Ente Nazionale per il Turismo della Croazia, l’Ente per il Turismo di Ližnjan e l’Associazione Croatian

Diving Network (http://divingnetwork.eu/ eng/aboutUs.html). Vi prendono parte gli addetti della stampa specializzata subacquea distribuita in Danimarca, Finlandia, Italia, Norvegia, Polonia e Svezia. L’Istria, con i suoi 445 chilometri di costa, è la più grande penisola dell’Adriatico, ricca di bellissime città d’arte da visitare, ide-


ali per trascorrervi sia lunghi soggiorni, ma anche brevi week end. Si affaccia a occidente verso l’Italia, a oriente confina con il Golfo del Quarnero e dalla sua punta meridionale partono le isole della Croazia, che si susseguono sino davanti alla costa dalmata. La costa occidentale è la più popolosa e sviluppata turisticamente, conosciuta per la ricca produzione di uve da vino e olio d’oliva, mentre la pesca è da sempre una delle maggiori risorse della zona. Lungo questa costa, ricca di baie e insenature, ci sono alcuni tra i maggiori centri turistici tra cui Pola, Rovigno, Medulin, Porec, Umag e Novigrad, mentre sulla costa orientale, più aspra e selvaggia, si trova l’unico centro turistico importante, Rabac. Tutte queste località hanno infrastrutture turistiche ben sviluppate, hotel, pensioni a gestione famigliare, appartamenti privati e camere in affitto, case vacanza con giardino e piscina, numerosi campi sportivi, ma ci sono anche porti e marine ben attrezzate aperte tutto l’anno, agriturismi, centri benessere, bel-

lissime spiagge naturali e terrazze tra le rocce con accessi facilitati al mare.

PROGETTO ROSSAROL Trascorriamo la prima giornata nel caratteristico paesino di Krnica, presso il diving center Krnica Dive, Santi Demo Center, di Maurizio Grbac. Come già trattato sullo scorso numero 42 di ScubaZone, dall’inizio dell’anno le istituzioni Istriane hanno mostrato una forte attenzione per il relitto della Regia Nave italiana Cesare Rossarol ed hanno organizzato una serie di eventi in occasione dell’anniversario del Centenario del suo affondamento, avvenuto per urto di una mina il 16 novembre 1918, al termine della Grande Guerra, di fronte alla località di Ližnjan (Lisignano). Partecipiamo all’immersione commemorativa, nel corso della quale subacquei della GUE provenienti da Olanda, Germania, Repubblica Ceca e Italia, posano una targa in prossimità del relitto. Nel conferenza conclusiva dell’avvenimento, Jeroen Veltrop, capo progetto,

ha presentato la ricostruzione 3D del relitto (http://www.rossarol.krnica.com/ index.php).

MOTONAVE VIS La seconda immersione del Tour si svolge sul relitto del Vis Admiral Ship, un tempo denominata Galeb. La nave ammiraglia della flotta militare ai comandi del Maresciallo Tito, oggi è un museo in fondo al mare, destinazione dei visitatori subacquei già a partire dalla scorsa stagione. La Vis venne costruita nel cantiere navalmeccanico Scoglio Olivi di Pola nel 1956. Era lunga 58 metri e larga 8,7. Disponeva di due ampi saloni per le feste e 32 cabine per 52 posti letto. Era azionata da due motori diesel da mille cavalli di potenza. La nave fu panfilo di rappresentanza del presidente jugoslavo Tito che la utilizzava nei suoi viaggi di stato all’estero e per i suoi frequenti spostamenti in Adriatico, in particolare per recarsi nel suo rifugio nell’isola di Brioni. Sul Galeb vennero intrattenuti numerosi uomini di Stato e molti personaggi famosi. Arsen

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Brajkovic, l’acquistò in Montenegro nel 2002 quando era oramai in disarmo, inizialmente con il desiderio di restaurarla e trasformarla in panfilo di lusso da affittare a diportisti. In seguito, cambiata opinione, venne deciso di affondarla e sfruttarla come destinazione subacquea, puntando alla promozione di questa tipologia di turismo come nuova opportunità di sviluppo per la Croazia. Superati alcuni ostacoli burocratici e ottenuti i permessi dal comune di Medulin, il 22 maggio 2016, nel corso di una spettacolare e scenografica operazione di scuttling, https://www.scubaportal.it/ affondamento-volontario-dei-relitti.html, la motonave è stata affondata al largo di Pola, nella baia di Polje di fronte a capo Promontore, su un fondale di 32 metri, per farla diventare meta di escursioni subacquee http://www.shipwreckvis.com/.

RECREATIONAL DIVE Oltre ai numerosi relitti che giacciono sui fondali istriani, assolutamente da non perdere le immersioni tra le bellezze naturalistiche nel tratto di mare di

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fronte a Lisignano, un piccolo paesino di pescatori ed agricoltori a pochi chilometri dai centri turistici istriani di Pola e Medulin, affacciato su un tratto di costa frastagliata ricca di numerose baie, colline e valli che corrono parallele sulla terraferma. Partiti da un pittoresco porticciolo che riproduce l’immagine di un luogo che dai tempi remoti che vive ancora sfruttando le risorse del mare, accompagnati dallo staff del Bura Bora Diving Center, svolgiamo due immersioni ricreative nei punti denominati Cuf e Punta Grkova, meglio conosciuta come Punta Marlera; la prima a ridosso di una ricca e rigogliosa foresta verde, la seconda sotto un caratteristico e suggestivo faro che la gente di Lisignano chiama Lanterna, costruito nelle vicinanze di numerosi isolotti e scogli, conosciuti per le forti correnti marine ed i freddi venti invernali. Al termine della giornata, proprio su queste colline, visitiamo il monumento eretto in memoria dei cento marinai italiani caduti nell’affondamento della Regia Nave Cesare Rossarol

NONSOLODIVING Al termine del viaggio, visita alla città di Pola, capoluogo dell’Istria, celebre per l’Anfiteatro romano e il Forum, la piazza principale. Partendo dalla piazza principale (piazza Foro), si sale al Castello, sede del Museo Storico e Navale dell’Istria, oggi istituzione pubblica che si occupa della conservazione di parte del patrimonio nazionale e antropologico dal Medioevo ai giorni nostri http://www. ppmi.hr/en/. Come buona consuetudine del post immersione, l’Istria Diving Press Trip termina con una gita enogastronomica a Sisano, un piccolo paesino a 10 km da Pola, presso la cantina Trapan, una “wine station” ideata per una sosta su prenotazione per la degustazione di vini tipici delle colline istriane, come la malvasia fresca e lo chardonnay maturati in botti di acacia e rovere http://trapan.hr/en/.


IMMERSIONI

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LA PALESTRA DEL GAMBAROGNO di Roberto Antonini (foto di Silvano Barboni)

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e c’è una cosa che mi affascina da sempre è l’avventura. Da piccolo, non ero un grande lettore di libri, ma la mia fantasia mi catapultava, sovente, sulle navi dei più famosi pirati, sempre smaniosi di scovare i copiosi bottini e i ricchi tesori celati da un infinito mistero. Crescendo, venivo totalmente rapito dai film televisivi che narravano di battaglie navali di ogni epoca e bevevo avidamente gli

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articoli sui giornali e sulle riviste specializzate di subacquea che descrivevano la scoperta di quei relitti colati a picco, a profondità che io pensavo inarrivabili e inaccessibili. Jacques Cousteau, poi, con i suoi documentari, mi faceva sognare. Avevo appena acquisito il brevetto di open water, che già bramavo di iscrivermi al corso Advanced e non ho esitato un attimo ad optare, tra le specialità di avventura proposte, per quella dei relitti. Per noi “Laghé”, sommozza-

tori legati alle acque dolci, non è così facile individuare ciò che rimane di imbarcazioni affondate, da visitare o ancora meglio da ammirare fino a rimanerne rapiti. Non è per nulla facile convincere qualcuno ad immergersi nel lago, tanto meno coinvolgere i futuri allievi a conseguire un brevetto. Tutto nasce dalla capacità e dalla bravura dell’istruttore nel saper appassionare chi gli si accosta. Il desiderio di mettere la testa sott’acqua, legato alla splendida coreogra-


IMMERSIONI In queste pagine: Elicottero bipala ameriano -18 m

fia che il Lago Maggiore sa offrire con i suoi colori, specialmente nel periodo estivo, permette, a tutte le età di avvicinarsi alla subacquea, di dimenticarne l’acqua fredda e scoprire finalmente un luogo completamente sconosciuto fino a quel momento: il mondo sommerso. In territorio svizzero ticinese, tra i paesi di Vira e San Nazzaro, sulla sponda Est del lago Maggiore, poco lontano dal confine, c’è un sito: “La salvataggio sub di

Gambarogno” considerato una palestra per neofiti e per chi vuole fare le prime esperienze tra piccoli relitti a quote di profondità diverse, in modo divertente e sicuro. La Società nasce all’inizio degli anni 70. La prima finalità che muove i fondatori è quella di creare un personale capace ed esperto che vigili sull’incolumità delle persone che frequentano il lago: ogni nuotatore formato dovrà essere anche un potenziale salvatore,

addestrato per il primo soccorso. Il secondo scopo è quello di riunire gli appassionati degli sport subacquei al fine di organizzare un Centro per immersioni. Oggi Il Centro è cresciuto. Tramite autorizzazioni sempre molto difficili da ottenere in territorio elvetico e grazie al supporto delle istituzioni, in primis del Comune di San Nazzaro, il Diving ha potuto svolgere un’importante opera di Scuttling: l’affondamento volontario dei relitti, previa opera di bonifica, di tutto quel materiale che può e non deve assolutamente inquinare gli ambienti lacustri e marini. Questa pratica sta acquisendo grande importanza proprio perché i relitti sommersi sono i più ricercati e frequentati dai subacquei, molti dei quali, sono disposti a viaggiare da un mare all’altro creando un indotto economico non trascurabile. Un esempio lampante ne è la vicina isola di Malta, luogo in cui, negli ultimi anni, sono stati affondati volutamente diversi relitti che hanno stimolato notevolmente la curio-

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sità di subacquei pronti a godere dei bellissimi fondali e di queste “schegge di ferro”. Eccoci finalmente al Diving. Parcheggiata la nostra auto, poco al di sotto della strada cantonale verso il confine per l’Italia, vestiti ed attrezzati, scendiamo eccitatissimi, una larga scala in ferro fino ad arrivare al piccolo molo dove sono attraccate le pilotine di salvataggio. La struttura è privata, solo

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i soci possono usufruirne ma, chiedendo anticipatamente l’autorizzazione per immergersi, telefonicamente o via mail, non ci sarà nessun problema a beneficiarne. Check con i buddies e passo del gigante, siamo in acqua. Segnale di ok e giù, abbiamo programmato un’immersione in senso anti-orario. Per primo visioneremo l’elicottero: un bi¬pala americano, attrazione principale della

discesa pianificata. Che Spettacolo! Lo troviamo alla profondità di 17 metri circa. La carlinga priva delle gomme di atterraggio e senza pale, poggia su un fondale di sabbia e ghiaia che presenta due stemmi americani sulla parte finale; ha un’entrata posteriore ed una anteriore, nella parte destra della scocca, utilizzata dai piloti per raggiungere la cabina di pilotaggio. Nonostante sia privo di ogni genere di strumentazione di volo, l’elicottero rimane pur sempre affascinante. Si possono fare esercizi di penetrazione, sagolare il percorso per poi farlo a ritroso, mapparlo: è il relitto ideale per ogni esercizio possibile. E’ indispensabile, però, muovere con accortezza le pinne, per evitare che si alzi troppo sedimento che può rendere nulla la visibilità. Ci spostiamo ora più in profondità virando di pochi metri rispetto alla mezzaria della carlinga dell’aeromobile; su un fondo di circa 26 metri (il lago è basso in questo periodo dell’anno) troviamo quello che può sembrare a prima vista un Cessna. Giace sulla sabbia, privo dell’elica e delle ruote di atterraggio, per metà insabbiato e chino sull’ala sinistra, con l’ala destra spezzata all’estremità. Gli dedichiamo pochi minuti, il tem-


IMMERSIONI po di mappare. Siamo pronti alla risalita quando arriviamo al relitto più suggestivo che va indiscutibilmente mappato e sagolato con la massima cura! Non è uno scherzo: è proprio una bicicletta. Staziona a 12 metri e con le sue incrostazioni lacustri, regala giochi di luce e riflessi non comuni appena viene illuminata dalle nostre torce. Purtroppo siamo giunti a fine immersione. Nei minuti che ci separano dalla superficie, ammiriamo i raggi di sole che filtrano nell’acqua, consci di quanto il lago possa, in ogni occasione, offrire fortissime emozioni. Nella pagina accanto, in alto: Cessna -26 m. In basso: bicicletta -12 m. In questa pagina, in alto: elicottero bipala americano -18 m. In basso: il molo -10 m.

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IL RELITTO DELL’U455: SILENZIO ALLA MEMORIA di Andrea “Murdock” Alpini (foto di Marco Mori)

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l 1944 è sia l’anno di affondamento dell’U455, nei pressi di Punta Chiappa, sia l’anno in cui il fratello del celebre artista De Chirico, Alberto Savinio, pubblica il suo libro dedicato all’amore per il capoluogo meneghino, Ascolto il tuo cuore città. Sono partito poco dopo l’alba, proprio dal capoluogo lombardo per raggiungere Genova e il resto del team. Oggi ci attende un’immersione sul bellissimo

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relitto del sommergibile tedesco U455. Mentre montiamo le attrezzature, i sorrisi lasciano poco per volta lo spazio al silenzio e alla concentrazione. In banchina tutto tace, ciascuno si prepara ad affrontare l’immersione con il giusto distacco emotivo che richiedono queste profondità. I rebreather sono pronti per essere caricati, io sarò l’unico a scendere in circuito aperto. Il silenzio irrompe la piace-

vole euforia che serpeggia tra il team. Abbiamo pianificato 25 minuti di fondo sul relitto a una profondità compresa tra i -87m della prua e i -119m dell’innesto del troncone principale nella sabbia del fondale. Spiego alcune necessità strettamente dipendenti dalla fisiologia che m’impone il circuito aperto, Marco Mori illustra cosa vorrebbe fotografare del relitto e in che modo, così da inserire talvolta la figura umana.


IMMERSIONI La diga foranea di Genova ci accompagna per alcuni minuti, poi il blu cobalto del mare prende il sopravvento. Individuato il pedagno sommerso e fatto l’ormeggio iniziamo a prepararci. Una volta effettuati i controlli di superficie, mi rilasso per qualche istante: sono gli attimi in cui stabilizzare battito cardiaco, frequenza respiratoria, tranquillità mentale. Erogatore in bocca, scambio di “Ok”, giù! Lascio che la cima scorra tra le dita indice e pollice della mano destra, poco alla volta acquisto velocità e scendo senza stop compensando dolcemente. Arrivato alla prua, verifico la corrente, arriva da levante, immediatamente penso che influirà sui miei consumi e allo stesso tempo mi affaticherò maggiormente negli spostamenti con bibo e quattro stage. Il relitto è davvero un ago conficcato nel fondo del mare e la sua forma affusolata poco aiuta a proteggersi dalla corrente in questo frangente. Scendiamo lungo la murata di sinistra fino ai -119m. La visibilità oggi è ottima, si leggono chiaramente le strutture del sottomarino. Fermo l’occhio su un dettaglio che non avevo mai colto nelle precedenti immersioni. “È davvero quel che credo ciò che sto osservando?”. Tra le lamiere ritorte scovo una canna binata piuttosto importante, poi l’occhio legge distintamente la lavorazione a sbalzo che costituisce il foro che dava l’ultimo invito rotativo al proiettile. “È un cannoncino binato”, penso ed è proprio così: era l’armamento di poppa che è stato fondamentale per gli storici nell’attribuire la paternità del relitto all’U455 della Kriegsmarine. I minuti spesi a questa quota non sono pochi e in circuito aperto hanno un gusto diverso oggi. Sento il cuore battere secco e lento nel torace. Ha un ritmo davvero cadenzato “bum”, pausa, “bum”, pausa, “bum”. In quel momento non ho avvertito il silenzio esterno del mare in cui ero avvolto, ma ho percepito quello che era il mio silenzio interiore. È stata un’esperienza totalizzante. Un’inspirazione e un colpo di pinne per prendere quota e risalire lungo la coperta mentre illumino con la torcia le due mitragliatrici ancora in posizione, poi ci fermiamo tutti e tre lungamente attorno alla torretta. La perlacea lente del periscopio è sempre più celata dalle ostriche che la colonizzano. Osservo il primo boccaporto aperto, poco al di sotto ce n’è un altro ancora più piccolo, quasi completamente chiu-

so salvo un’esile fessura. Oltre la fessura c’è un mondo che non deve essere conosciuto e profanato nemmeno con lo sguardo: riposano le ossa dell’intero equipaggio. L’immagine che ho di fronte mi lascia un vuoto, lo stesso che l’architetto viennese Adolf Loos celebrava nei suoi scritti su cosa fosse architettura: Se in un bosco troviamo un tumulo lungo sei piedi e largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto un uomo. Questa è architettura. Cambiando il contesto ambientale, non muta

d’efficacia il pensiero datato 1921. Scorro in rassegna le aperture che sulla murata di dritta servivano per far defluire l’acqua dallo scafo. Sono fessure nella notte che permettono di cogliere preziosi e minuti dettagli di ciò che sta al di sotto di ciò che si vede. È possibile fare tutto questo poiché il rivestimento in tek che componeva il pagliolato della coperta è stato eroso dal mare nel tempo. L’architettura metallica dello scafo è un susseguirsi di trame e ordito rinforzate da “X”. Stabilizzo l’immagine per cogliere meglio alcuni dettagli e, dopo aver visto

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IMMERSIONI solamente tanti passa cavi, trovo ciò che cerco: l’argano salpa ancora (parecchio mimetizzato, ma molto affascinante) e poi il tubo per il lancio dei siluri sulla murata di dritta. Mi sposto dalla coperta e seguo la linea sinusoidale del sommergibile fin oltre lo scafo. Lascio il relitto di qualche metro standone al di sotto del profilo così che la corrente passi sopra di me senza arrecarmi fatica. L’U455 sembra un filante capodoglio pronto a riemergere. Ci restano alcuni minuti da spendere sul fondo. Dedico questo tempo a identificare la maestosa ancora sul lato di dritta. Seguo con la mano le due marre possenti per poi volgere lo sguardo verso i timoni di profondità. Un giro di walzer attorno alla prua ed è l’ora di tornare al punto di risalita. Inizia l’ascesa e la lunga decompressione, in silenzio, tra un respiro e una pausa, questa volta ad ascoltare il silenzio del mare che ci circonda. Accendo l’auto e riparte il disco dove lo avevo interrotto molte ore prima, quando sono arrivato al diving: I got a feeling I just can’t shake / I got a feeling that just won’t go away….

ANDREA “MURDOCK” ALPINI è istruttore trimix ipossico e advance wreck. Si immerge unicamente in circuito aperto, organizza corsi tecnici e spedizioni su relitti. www.wreckdiving.it MARCO MORI è istruttore tecnico e fotografo subacqueo.

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FOTO/VIDEO SUB

SCATTI IN SEQUENZA di Claudio Ziraldo (Ricerca Tassonomica di Alessandro Ziraldo)

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ella prima decade del XX secolo, l’avanzamento tecnologico permise la stampa di fotografie nelle riviste. Fotografie di moda apparvero per la prima volta nel 1909, sulla rivista francese “la mode practique”. Successivamente l’attenzione si spostò dall’Europa negli Stati Uniti, dove si fecero notare alcuni fotografi, che diedero una ulteriore svolta al modo di approcciarsi a questo tipo di riprese; abbandonando schemi e pose rigide e dando maggiore libertà ai soggetti dei loro lavori, che venivano ritratti in atteggiamenti più naturali. Attualmente i fotografi di moda scattano centinaia di foto durante un reportage fotografico, per cogliere l’attimo in cui le

modelle si trovano in una condizione/atteggiamento/espressione del viso, ideali. Col passaggio dall’analogico al digitale, anche nella fotosub è diventato possibile avere a disposizione un numero praticamente illimitato di scatti; questa condizione ci lascia ampia e totale libertà di azione. Fatta questa premessa veniamo all’argomento di questo articolo. Ci sono diverse ragioni per effettuare scatti in sequenza, la prima e più ovvia (un po’ come per le foto di moda), è di avere diverse immagini del medesimo soggetto/situazione, magari praticando un po’ in “Bracketing”, per poi scegliere gli scatti migliori. In secundis, in caso di soggetti particolarmente interessanti, ma con i quali l’approccio si presenta solitamente difficile,

si possono eseguire scatti in avvicinamento fino a quando il nostro soggetto ce lo permette; in questo caso potremmo arrivare a… “tiro” fotografico e quindi ottenere l’effetto voluto; in caso contrario avremo almeno qualche immagine accettabile, anche se non a distanza ottimale. Ci possono ovviamente essere diverse altre motivazioni, ne cito tre. Eravamo alloggiati al Minahasa Lagoon Dive & Tours Club, non lontano da Manado. La Regione di Minahasa è una zona strategica nella quale si possono fare interessanti “Muck Dives” e foto di ambiente su una splendida parete che si trova a pochi minuti di barca dal Resort e, “dulcis in fundo”, in 40 minuti di barca si può raggiungere il “Bunaken National Park”.

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Ma eccoci in acqua durante una muck dive, ad un certo punto la guida mi fa cenno ad un Antennaride delle dimensioni 6/7 cm, sembra un Antennarius pictus e mi avvicino un po’ perché ho in macchina il 60 mm. I “miracoli” succedono quando meno ce lo aspettiamo e improvvisamente il pesce apre la bocca in un lunghissimo sbadiglio che mi permette di realizzare diversi scatti. In casi come questi è importante la prontezza di riflessi e anche avere le batterie dei flash sempre cariche, in maniera che si possano realizzare scatti ripetuti in tempi brevissimi; tra l’altro il condensatore se si fotografa a brevi distanze non si scarica completamente e questo è certamente di aiuto. Il fuoco non è un problema perché se si rimane fermi è improbabile che si perda e l’esposizione è sempre uguale. Ciò premesso possiamo ritenere questa opzione volta a riprendere situazioni un po’ fuori dagli schemi. La Seppia Flamboyant, al secolo Metasepia pfefferi è un animale di piccole dimensioni e difficilmente supera i 6 cm.; il mantello è di forma ovale e la lunghezza massima registrata è di 8 cm.; la colorazione è prevalentemente marrone. Il corpo di questa seppia presenta diverse protuberanze, di cui due sopra agli occhi e diverse nella zona ventrale. Se l’animale viene disturbato sui tentacoli appaiono aree rosse, sul dorso striature bianche o gialle, piuttosto variabili e irregolari e… “in movimento” come fossero luci intermittenti; molto curiose ed interessanti da osservare. E’ ritenuto un “critter” abbastanza raro, ciononostante occupa un areale piuttosto vasto: Indo Pacifico Tropicale, Malaysia, Indonesia, Filippine, Nord Australia. Ho avuto modo di scattare diverse sequenze a questo cefalopode, ne propongo una in avvicinamento che, man mano, mette in risalto le caratteristiche cromatiche e morfologiche della Flamboyant. La murena dagli occhi bianchi Siderea thyrsoidea è un animale abbastanza comune e occupa il medesimo areale della Metasepia pfefferi. Questi pesci in genere non amano la luce e sono cacciatori notturni. A volte sono timorosi e, se si cerca di avvicinarsi per fare qualche fotografia, si ritirano nel buio delle loro tane.

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FOTO/VIDEO SUB In altri casi invece se ne stanno sull’uscio di casa come vecchie comari ad osservare i… passanti. L’atteggiamento che li caratterizza è di tenere spesso le fauci spalancate, cosa che ai più appare come segno di minaccia; mentre invece si tratta semplicemente di questioni respiratorie. Ovviamente non entro nel merito di questo argomento e, al riguardo, cedo il testimone ai biologi. Ma è proprio questo particolare comportamento che ci permette di scattare immagini suggestive che, molto spesso, impressionano i non esperti. La murena dell’articolo è stata molto collaborativa e non si è mai mossa dalla porta di casa finché non me ne sono andato io, dopo aver effettuato più di una decina di scatti. Probabilmente si sentiva una Star!

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FOTOSUB IN APNEA di Cristian Umili

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a maggior parte dei fotosub è abituata a scattare usando come ausilio il circuito aperto (es. ARA) o il circuito chiuso (Rebreather), però in alcuni casi ci possiamo avvalere delle tecnica dell’apnea per esempio nelle gare di safari foto-

sub oppure se andiamo a fotografare certi animali e non li dobbiamo disturbare come per esempio le megattere, le orche, gli squali elefante. Naturalmente prima di tutto dobbiamo avere nozioni di immersione in apnea e apprendere qualche tecnica per minimizzare lo sforzo in discesa oltre che

tenerci allenati con il fiato. In fondo fotografare in apnea è un po’ come fare la pescasub all’aspetto, per questo dobbiamo allenarci per rimanere tranquilli, imparare a respirare e imparare a scendere con la nostra attrezzatura fotosub che non è di solito molto idrodinamica.

In apertura: fotosub in azione davanti ad una megattera. Photo by: Gabriel Barathieu-biganimal.com A sinistra: maschera a volume ridotto e pinne lunghe da apnea.

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FOTO/VIDEO SUB L’ATTREZZATURA Per prima cosa consiglio di acquistare pinne a pala lunga che ci permettono di scendere più velocemente e fare più strada con meno pinneggiate, questo è utile quando si fotografa grossi animali che con un minimo movimento delle loro pinne fanno comunque più strada di noi; anche la maschera non è sottovalutare, una maschera con un piccolo volume d’aria ci permette di usare meno aria per compensarla.

LA PESATA La quantità di piombi che usiamo nella nostra cintura è un cosa molto importante in base alle fotografie che vogliamo fare, se andiamo a fotografare in poca acqua o sul frangente saremo più comodi se siamo tendenzialmente negativi, ma non troppo altrimenti poi faremo molta fatica a stare in superficie. Se invece andiamo a fotografare in mare aperto allora potremo optare per una pesata idealmente neutra perché

saremo meno soggetti al modo ondoso e probabilmente dovremo inseguire o nuotare a fianco all’animale che stiamo fotografando.

discesa e anche per avere già pronto in posizione il flash visto che non avremo tanto tempo per trovare, mettere a fuoco, comporre e scattare la fotografia.

LA MACCHINA FOTOGRAFICA

CONSIGLI VELOCI

Da un punto di vista degli ingombri sicuramente è più comoda una macchina compatta con relativo scafandro, ma dal canto suo ha un po’ di ritardo sullo scatto che in alcuni casi potrebbe essere un problema. Questo problema si supera con una reflex o una mirrorless ma a costo di ingombri maggiori e di conseguenza maggior fatica nello scendere visto il contrasto idrodinamico. Se si fotografano grossi animali nei primi metri d’acqua ed usiamo il grandangolo possiamo anche non usare il flash in quanto la luce ambiente sarà sufficiente ma se ci dedichiamo alla macrofotografia e alla fotografia di pesci con obiettivi macro allora avremo necessità di un flash per illuminare, però dovremo stare attenti ad usare in braccetto corto sia per non intralciarci durante la

Fotografia con grandangolo: Usando un grandangolo spinto o meglio ancora un fish eye non avremo grossi problemi di profondità di campo con soggetti a più di un metro di distanza per questo è meglio avere il controllo dei tempi scatto che se vogliamo un soggetto nitido e fermo potremo impostare un tempo di scatto di 1/250 sec, e la scelta del diaframma demandato dalla macchina impostando la priorità dei tempi (Tv o S). Preferisco impostare ISO fissi in questo caso, attorno ai 200 ISO, che possono essere modificati aumentando o diminuendo in base alle condizioni di luce ambiente. Mentre per quanto riguarda la lettura esposimetrica potremo usare in tranquillità il multizona o matrix.

Nelle foto in alto: se usiamo una macchina piccola potremo anche brandeggiare il flash a mano. A sinistra: sub con custodia con grandangolo.

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FOTO/VIDEO SUB Macrofotografia: In questo caso consiglio di essere allenati perché i tempi di immersioni per forza di cose si allungano. Se scattiamo sul frangente dovremo usare una pesata che ci permette una maggiore stabilità di quella in acque profonde. Il flash che useremo per illuminare il soggetto sarà collegato ad un braccetto corto (20 cm circa) e posizionato sopra alla custodia nel centro, questo ci da due vantaggi: uno è quello di avere una custodia ben bilanciata e che possiamo tenere con una sola mano in fase di discesa o di scatto e (due) saremo certi di illuminare

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il soggetto; ricordiamoci di dare al fascio di luce un andamento dall’alto verso il basso per simulare la luce del sole. Se abbiamo un flash in TTL sicuramente sarà d’aiuto proprio perché non avremo tanto tempo per regolare o spostare i flash, se abbiamo il flash in manuale invece conviene scegliere una certa distanza di scatto e fare una pre-regolazione di macchine e flash. La macchina fotografica invece consiglio di usarla in manuale M, impostando un tempo veloce (tempo sincro della macchina) e un diaframma abbastanza chiuso se scattiamo a soggetti piccoli che si lasciano avvicinare oppure un diafram-

ma intermedio (tipo f8) per i pesci che rimangono a distanza. Gli ISO a 100 per avere il minor rumore. Qui sotto, a sinistra: custodia reflex in versione macro con flash e braccio corto. In questo caso il fotosub ha optato per il flash laterale per avere meno effetto sospensione su soggetti lontani. A destra: macchina compatta con flash posiziona al di sopra con una inclinazione dall’alto verso il basso. In basso: fotosub in azione a fianco di un grosso pesce luna atlantico. Photo by: Amos Nachoum-biganimal.com


Imbarcatevi per un’affascinante odissea nell’Oceano Indiano

Foto Giuliano Vercelli

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FOTOGRAFARE I PESCI IN APNEA di Mario Caprari

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ella maggior parte dei casi, chi si dedica alla fotografia subacquea, lo fa utilizzando le bombole, ma nulla vieta di svolgere quest’attività utilizzando i propri polmoni, cioè in apnea. Mi dedico alla fotosub in apnea da alcuni anni, soprattutto quando mi immergo in acque tropicali che con la loro temperatura agevolano questa tecnica. In quei mari è possibile trovare una grande varietà di soggetti da fotografare, in acque relativamente poco profonde, cioè alla mia portata, visto che ho più di settant’anni. Dato che il mio primo approccio con la fotosub è stata la caccia fotografica subacquea, mi è rimasto questo imprinting, quindi mi piacciono molto i “ritratti” dei pesci. Per ritratti intendo fotografare il pesce, od altra specie munita di due occhi da brevi distanze, ponendomi alla sua stessa altezza o più in basso, con il soggetto che sta guardando il più direttamente possibile in macchina, come in queste prime fotografie. Nella foto di Amphiprion perideraion, nella bocca aperta, potete vedere il parassita Cymothoa exigua. Se provate a farci caso, quando vi trovate di fronte ad un pesce pagliaccio con la bocca aperta, potrete alcune volte vederlo. Altra situazione fotografica che mi ha sempre entusiasmato è quella dell’incontro con una “stazione di pulizia”. L’approccio in apnea ad una stazione di pulizia è l’ideale perché, non essendoci il rumore delle bolle, è particolarmente silenzioso. In tal modo ci è permesso l’avvicinamento a distanze molto brevi che consentono di mettere in evidenza anche i pulitori più piccoli, siano essi pesci o gamberetti. Ci sono poi degli incontri particolarmente impegnativi, perché i soggetti da foto-

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COGLI L‘ATTIMO DC 2000

grafare sono veramente timidi ed elusivi. Vi assicuro che per fotografare alcuni soggetti sono andato su e giù per quasi mezz’ora. Altri soggetti, come i Chaetodon o gli Pterois, si possono avvicinare abbastanza agevolmente. L’ultima foto è quella di una cernia tropicale Variola louti in fase giovanile, non era più lunga di sette/otto centimetri. Sono stato fortunato a vederla con la coda dell’occhio dato che, per fortuna, ha un colore piuttosto sgargiante. Non avevo mai visto prima, né cercato, una cernia di dimensioni così piccole! Per la mia attività di fotosub in apnea, per ridurre al minimo l’ingombro, utilizzo una Sony RX 100 V scafandrata Nauticam ed un solo flash posto sopra la custodia. Se siete dotati di buono spirito d’osservazione e di buona pazienza vedrete che la fotografia subacquea in apnea vi potrà riservare parecchie soddisfazioni.

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ONEUW S.r.l. è una dinamica azienda artigianale italiana nata da un’esperienza ventennale acquisita nella commercializzazione di attrezzature per la fotografia subacquea. Progettiamo con una costante attenzione alla ricerca di soluzioni tecnologicamente innovative e performanti, nel rispetto di prioritari parametri quali robustezza e affidabilità. Produciamo e assembliamo i nostri componenti con un rigoroso e maniacale controllo della qualità avvalendoci di qualificati partner e fornitori. Realizzare prodotti di alta qualità ad elevato valore tecnologico, semplici e affidabili, strumenti che con la vostra fantasia Vi permettano di realizzare le immagini più belle. Questa è la nostra mission.

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SINTESI DELLE CARATTERISTICHE PRINCIPALI ■■ Massima energia disponibile 157 Ws (J) ■■ Numero guida 20 (ISO100-1mt) con angolo di copertura 130° ■■ Protocolli digitali Nikon i-TTL, Canon E-TTL, s-TTL fibra ottica, integrati a bordo macchina ■■ Doppia CPU per la gestione dei protocolli di comunicazione e dei circuiti di potenza ■■ Lampada flash circolare, warm coating, con parabola metallizzata e correttore sferico ■■ Luce pilota coassiale a due livelli di potenza con modalità assistenza autofocus ■■ Struttura in alluminio anticorodal trattato, protetto con anodizzazione dura e rivestimento al quarzo ■■ Costruzione estremamente robusta, profondità operativa max 200 m ■■ Pacco batteria estraibile NiMH ad elevata capacità, oltre 250 lampi alla massima potenza ■■ Vano batteria stagno con valvola di sicurezza su tappo di chiusura ■■ Ingressi cavo syncro S6, fibra ottica attacco Sea&Sea, ricettore slave su parabola ■■ Comandi ergonomici, di grande dimensione, agevolmente azionabili ■■ Ampio display di controllo con modalità di inversione lettura ■■ Controllo potenza in manuale a intervalli di ½ f-stop su un range di - 6 ■■ Compensazone esposizione in TTL a intervalli di 1⁄3 f-stop per complessivi +/- 2

ONEUW S.r.l. - Viale Trieste 208/2 - 33043 Cividale del Friuli UD - Italy

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MARCELLO DI FRANCESCO

INTERVISTA E PORTFOLIO di Massimo Boyer

Marcello Di Francesco nasce a La Spezia nel 1975, è istruttore subacqueo, fotografo freelance specializzato nell’immagine naturalistica sottomarina e grande appassionato di viaggi. Al momento per la bellezza intrinseca delle sue opere e per la varietà dei soggetti e delle tecniche usate si piazza ai primissimi posti nel panorama della fotografia subacquea mondiale. Ha ottenuto importanti premi e piazzamenti nelle maggiori manifestazioni di fotografia subacquea e naturalistica del mondo, tra tutte ricordiamo le affermazioni ai Sony awards, all’ Underwater Photographer of the Year 2015 di Londra ed al GDT – European Wildlife Photographer of the Year.

Marcello, con che macchina fotografica hai iniziato a scattare sopra e sott’acqua? Hai fatto le tue prime mosse già con una macchina digitale o hai iniziato con l’analogico? Ho iniziato a fotografare proprio negli anni in cui venivano introdotte le prime macchine fotografiche digitali, ho cominciato direttamente sott’acqua e direttamente in digitale. Sotto un certo punto di vista la considero una fortuna perché mi ha permesso di affrontare fin dal primo momento e senza alcun preconcetto, tutte le problematiche relative all’utilizzo dei sensori e dei file digitali, accelerando moltissimo la mia fase di apprendimento; dopo una prima fase da autodidatta, ho capito che era comunque necessario approfondire le tecniche di base ed era molto importante formarsi anche dal punto di vista fotografico/culturale, così in questi anni ho frequentato diversi corsi e studiato molto per raggiungere una preparazione di livello professionale. E attualmente che attrezzatura usi? La mia prima macchina fotografica è stata una piccola Canon powershot, negli anni sono passato a corpi macchina dalle prestazioni via via sempre migliori rimanendo comunque sempre fedele all’azienda Giapponese. Attualmente scatto con una Canon 5d mark 4 abbinata sempre ad ob-

biettivi Canon come l 8-15mm fisheye, il 17-40mm, 24-70, 100mm macro più flash, filtri ed accessori vari. Come custodia utilizzo oramai da diversi anni Nauticam grazie anche alla grande amicizia che mi lega a Pietro Cremone di Nauticam Italia che ha sempre supportato la mia attività in questi anni. Una domanda che spesso mi sento rivolgere dal pubblico, te la giro. Scatti in formato Raw o direttamente in jpg? Questa è davvero una bella domanda! Una volta esisteva INT o DIN ma adesso credo che RAW o JPEG vada per la maggiore! Non c’è una risposta univoca, dipende sempre dal fine ultimo e dall’utilizzo che devo fare della fotografia. Io generalmente scatto in RAW perché a me piace sviluppare in maniera personalizzata i miei file e questo formato mi restituisce più margine operativo in fase di sviluppo. La tecnologia comunque in questi anni ha fatto passi da gigante e anche i jpeg prodotti dalle varie macchine fotografiche sono sempre di qualità migliore, quindi consiglio a chi non sia pratico di sviluppo raw e post-produzione di scattare piuttosto in jpeg imparando a settare bene la macchina in modo da ottenere subito un file pronto all’uso. Un’altra curiosità che molti hanno. Quanto è importante (se è importante) la

postproduzione nel lavoro del fotografo naturalista? Non si corre il rischio di esagerare, e stravolgere la Natura? È sicuramente importante ma come per tutte le cose non bisogna esagerare! Sviluppare un file raw in fotografia naturalistica, secondo il mio punto di vista, dovrebbe avere un duplice scopo: quello di ovviare ai limiti tecnici imposti dallo strumento digitale che utilizziamo per acquisire le nostre immagini ed a maggior ragione nel nostro caso dal dover scattare sott’acqua (le macchine fotografiche non nascono e non sono progettate per questo utilizzo) e per dare una sorta di personalizzazione che possa caratterizzare la nostra produzione fotografica. Questo ovviamente non deve portare ad uno stravolgimento della natura ed ancora di più a creare situazioni poco reali. La luce è grande protagonista delle tue foto: realizzate con tecniche diverse, con posizionamenti particolari dei flash, controluce, snoot e diffusori, seguendo una ricerca stilistica che mette sempre la luce al servizio della foto. Hai qualche commento da fare al riguardo, qualche consiglio da dare al principiante, qualche aiuto per imparare a “leggere” la luce? Se la fotografia è luce questo vale ancora di più sott’acqua dove la luce non sempre è presente nella giusta quantità

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e comunque subisce delle modificazioni che portano a grandi limitazioni in fase di scatto! Sta al fotografo imparare a convivere e a gestire tutte le differenze che si possono trovare in immersione. In questi anni il mio principale obbiettivo è stato quello di fare più pratica e più esperienza possibile con tutte le diverse condizioni di immersione, fotografando in un po’ tutte le condizioni di luce possibili. A prima vista può sembrare un esercizio di stile, ma ti assicuro che alla lunga conoscere come comportarsi con la luce in ogni situazione è quello che può farti portare a casa lo scatto quando serve. Di sicuro questo è il miglior consiglio che posso dare a chi inizia l’attività di fotosub, e spesso questo è quello che suggerisco proprio all’inizio di ogni mio corso; Nella fotosub generalmente si inizia con un genere che ci piace come per esempio la macro ma si rischia di passare molto tempo scattando solo in quella modalità; bisogna invece sforzarsi di scattare anche tipologie di foto differenti, con diverse condizioni e diverse tecniche, iniziare fin da subito ad utilizzare il grandangolo, a provare ad utilizzare la figura umana fino ad arrivare a fotografare genere diversi e magari tecnicamente più difficili, Insomma sperimentare ed adde-

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strarsi costantemente per cercare di capire come utilizzare al meglio la luce che abbiamo a disposizione così da poterla sfruttare al meglio ed in maniera veloce quando ci servirà. Nel mondo dei concorsi fotografici una tendenza recente porta a premiare foto ravvicinate o macro in cui il soggetto si staglia nettamente su uno sfondo nero. Personalmente penso che queste foto, sicuramente di grande effetto, portino a una perdita di informazione sull’ambiente in cui vive l’animale ritratto. Non voglio dire che non bisogna mai usare lo sfondo nero, ma a mio parere andrebbe usato quando serve, senza farne un must. Qual è la tua opinione al riguardo? La cosa che mi ha sempre attratto della fotografia subacquea è il colore, e quando ho iniziato a fotografare è subito venuto naturale utilizzare uno sfondo nero per esaltare i soggetti che riprendevo, un modo per mettere in evidenza carattere, comportamento, trame e soprattutto i colori di certe specie. Questo certamente ti aiuta a produrre foto di grande impatto che però spesso sono decontestualizzate; Col passare del tempo però ho modificato il mio modo di scattare, iniziando a preferire scatti in cui si possa raccontare

anche qualcosa del soggetto ripreso, che sia un comportamento o la rappresentazione l’ambiente in cui vive, soprattutto con l’utilizzo della tecnica del close focus wide angle (la macro ambientata). Oggi posso dire che mi adatto alla situazione, quando posso cerco di raccontare ma se l’ambiente o la posizione del soggetto non me lo permette allora non disdegno optare anche per lo sfondo nero magari con l’utilizzo di uno snoot. Viviamo in un’epoca in cui le immagini si scattano con lo smartphone e un attimo dopo arrivano in tutto il mondo attraverso i social. In questo quadro, qual è per te il ruolo che il fotografo può ritagliarsi nel 2018? Specializzarsi e puntare sulla qualità! Oggi sui social siamo bombardati di foto, immagini e video che quasi ne rimaniamo assuefatti. Poche però sono le foto che davvero riescono a farsi notare, poche sono quelle che in una giornata riescono ad emergere sulle altre! Ecco che anche per il futuro credo che la scelta migliore sia sempre quella di puntare a produrre prodotti di qualità, molto specializzati, continuando a studiare, ad aggiornarsi ed a sperimentare.


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SEAC DRIVER ®

COMPUTER DA APNEA E PESCA SUB PER CHI INIZIA A FARE SUL SERIO di Omar Scialpi

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uando le quote d’immersione aumentano e la concentrazione durante l’attività di apnea e pesca subacquea si fa intensa, è fondamentale poter contare su un dispositivo avanzato ma intuitivo, in grado di calcolare autonomamente i parametri di sicurezza e di facile lettura. L’azienda italiana SEAC®, punto di riferimento nel settore della subacquea dal 1971, ha lanciato SEAC® Driver, il computer per apnea e pesca sub che mette al centro la sicurezza dell’apnei-

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sta. Fiore all’occhiello di questo dispositivo è infatti la funzione MSST che calcola automaticamente il tempo di superficie minimo consigliato. A livello estetico, SEAC® Driver si distingue subito da tutti gli altri dispositivi subacquei da polso per il suo inedito quadrante ottagonale che amplia lo spazio e dispone meglio i dati sul display. In questo modo, tutti i valori principali sono visibili nella stessa schermata: velocità di immersione e risalita, temperatura, dive time totale e profondità. Il display a cristalli liquidi è retroillumi-


ATTREZZATURA

nato ed è possibile regolarne l’intensità luminosa. Pensato per gli apneisti e per i pescatori subacquei, SEAC® Driver è disponibile in due colori, nero e verde militare. I numerosi fori sul cinturino in tecnopolimero ultra resistente permettono di indossare il computer sia sulla muta sia direttamente sulla pelle. SEAC® Driver è facile da impostare e, grazie al tasto MODE, si passa facilmente da una funzione all’altra. Basta un clic e questo dispositivo mostra subito la modalità Dive, dove è possibile impostare i propri parametri di sicurezza in termini di tempi e profondità. Nella stessa modalità, l’apneista può selezionare se la sessione si svolge in acqua dolce o salata e, altro punto di forza di SEAC® Driver, ogni quanti secondi registrare i dati d’immersione. Come i migliori smartwatch sportivi, anche SEAC® Driver può essere infatti settato per una registrazione dei valori più o meno dettagliata. Nella schermata

Log Rate della modalità Dive l’apneista sceglie se registrare i parametri ogni 2 secondi o ogni secondo, per avere un resoconto più preciso del profilo d’immersione. La rilevazione e registrazione del tempo di immersione (dive time) inizia automaticamente raggiunti 1,5 metri di profondità. Il surface time inizia non appena l’apneista riemerge dall’acqua. Se ci si immerge nuovamente senza rispettare i tempi minimi di recupero in superficie, la funzione MSST (Minimum Suggested Surface Time) attiva un allarme visivo e sonoro. Tutti gli avvisi di mancato rispetto di profondità e tempi sono disattivabili dall’utente sotto sua responsabilità, mantenendo comunque la visione continua del profilo d’immersione. La memoria interna del computer da apnea SEAC® Driver è molto ampia e può registrare fino a 100 sessioni, o 250 immersioni singole, consultabili dal Log Book direttamente sul display, oppure

scaricabili su PC o Mac. Dal sito ufficiale di SEAC® www.seacsub.com è possibile effettuare il download del software dedicato all’analisi delle proprie performance d’immersione. Basta collegare SEAC® Driver con l’apposito cavo USB (optional) e con una semplice operazione i dati vengono sincronizzati e mostrati sul desktop con grafici molto chiari. Lo stesso programma, sempre collegando il Driver al PC/Mac tramite il cavo dati, permette di aggiornare il computer da apnea con nuovi upgrade del firmware eventualmente disponibili per il download. Il basso consumo energetico di SEAC® Driver gli permette di funzionare per oltre un anno con una normalissima batteria a bottone standard CR2032. Questa può essere cambiata dall’utente ma, essendo una operazione delicata, SEAC® consiglia comunque di rivolgersi ai dealer ufficiali che, oltre alla batteria, sostituiscono anche il relativo o-ring per garantire la tenuta stagna del computer.

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INTERVISTA A STEFANO CLAUT,

ATLETA DEL GARMIN SPEARFISHING TEAM di Massimo Boyer

Ciao Stefano. Presentati ai nostri lettori. Salve, sono un atleta del team Omer-Sporasub e della società nautica Grignano di Trieste che gareggia ormai da 20 anni nel settore della pesca in apnea con gli ultimi 8 anni di permanenza nella nazionale. Il mio amore per il mare e per l’avventura mi spinge spesso a trasferte inimmaginabili per praticare questo sport in scenari dove posso allenarmi in cerca soprattutto di acqua limpida e della profondità. Due volte medaglia di bron-

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zo Coni al valore atletico e 1 medaglia d’argento Coni al valore atletico con la nazionale. I risultati più importanti : Vicecampione italiano, campione italiano per società, Vicecampione del mondo a Squadre a Syros in Grecia, ottavo e quarto posto individuale all’Europeo di Cadice e Lussino, terzo a squadre all’Europeo di Lussino, tre volte consecutive vincitore con la nazionale italiana del Trofeo della città di Rovigno, primo al Trofeo Dive in a Zara sempre come squadra nazionale.


ATTREZZATURA Appartieni al Garmin Spearfishing Team: cosa significa esattamente? Faccio parte di un team nato allo scopo di promuovere e testare gli strumenti Garmin proponendo modifiche ed osservazioni per ottimizzare le caratteristiche già ottimali di questi strumenti. Esco in mare tutto l’anno e ho quindi modo di utilizzare gli strumenti in condizioni estreme come nel mio Golfo di Trieste dove le temperature invernali sono molto rigide. Questo inverno ad esempio mi è capitato anche di uscire in mare con la neve come è capitato in passato con le lunghe trasferte di preparazione della gara di Rovigno che si svolge in febbraio.

Come è cambiata la pesca subacquea negli ultimi anni? Parliamo di gare ma anche della pratica normale.

Ormai ai giorni nostri è diventato sempre più difficile pescare qualche bel pesce, le apnee diventano sempre più impegnative e la profondità aumenta sempre di più, diventa quindi essenziale trovare zone meno sfruttate e meno “evidenti” dove si concentra il pesce, posti da custodire gelosamente e soprattutto da gestire in maniera “ecologica” con un prelievo accorto. Per questo la tecnologia SideVü è utilissima per setacciare vaste zone di fondale a profondità anche importanti per l’apneista.

È cambiata radicalmente, una volta con tanta presenza di pesce il pescatore in apnea che aveva istinto e doti naturali poteva aver la meglio, erano epoche di personaggi spesso che avevano poco a che fare con la figura dell’atleta, gente di altra tempra, forti fisicamente con attrezzature ridicole ai giorni nostri. Parlando di agonismo tanti anni fa erano 2-3 le nazioni che potenzialmente potevano puntare al podio, il resto era di contorno. Ora tutto è cambiato, tutto si è estremizzato: l’agonista di punta è un atleta a tutti gli effetti, che cura l’alimentazione, l’allenamento anche a secco, dotato di doti strategiche ed organizzative notevoli per affrontare le lunghe preparazioni soprattutto nelle gare internazionali dove si passano anche 15-20 giorni con-

Una volta individuata la pietra o il relitto con la visione laterale con lo scandaglio tradizionale con la tecnologia Chirp si passa sulla verticale e si controlla la presenza di vita evitando magari tuffi a vuoto a profondità impegnative. Si pensi che al mondiale di Syros in Grecia si è pescato con la tecnica dello sgancio fino a 50metri di profondità quindi gioco forza anche durante la preparazione della gara lo strumento ha avuto un ruolo importante nell’individuare massi isolati e verificare la presenza del pesce.

secutivi in acqua perlustrando anche a quote impegnative. In ambito internazionale poi si è assistito ad un livellamento delle nazionali, nazioni che prima occupavano posizioni nelle retrovie adesso si ritrovano a podio, il livello medio si è molto alzato e quindi c’è molta più concorrenza rispetto ad una volta. Per quanto riguarda la pesca amatoriale sicuramente ai giorni nostri c’è più rispetto per il mare puntando più su catture di qualità piuttosto che sulla quantità.

Che uso fai degli ecoscandagli e dei sistemi di posizionamento Garmin per localizzare il pesce?

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ATTREZZATURA vera volontà di tutela del mare, inutile far parchi enormi senza controllo e vietando solo la pesca in apnea e lasciando libere altre forme di pesca professionali altamente dannose. Basterebbe prender l’esempio della Corsica dove i parchi sono piccoli, ben controllati e nessuna attività di pesca è concessa, inoltre vi è una rotazione con apertura e chiusura di zone in modo da permettere il ripopolamento. Detto questo la mia speranza è che il mare riesca a resistere in futuro e che mia figlia che già mi accompagna in apnea possa godere delle scene e delle emozioni che ho vissuto io in tutti questi anni. Qual è a tuo avviso il ruolo che la tecnologia ha nella pesca sportiva? Tutto cambia e tutto si evolve, sarebbe bello tornare indietro nel tempo in cui per prendere qualche bel pesce bastava un minimo sforzo senza scendere nell’abisso e magari con un paio semplici pinne di gomma. Per adeguarsi ai cambiamenti bisogna essere flessibili e innovatori migliorando sempre i fattori che influiscono per il risultato, ecco quindi che un paio di pinne in carbonio ci aiutano a scendere più fondo e in sicurezza, la strumentazione elettronica ci aiuta nella ricerca del pesce e così via, di conseguenza per rispondere alla domanda la tecnologia è importantissima ma solo se abbinata ad una grande passione che si spinge a vivere il mare e a scoprirne i suoi segreti. Raccontaci un aneddoto, un momento divertente che hai vissuto di recente. Di episodi divertenti, avventurosi ne ho vissuti tanti da poterci scrivere un libro, mi viene però in mente una situazione surreale che mi è capitata in Australia in viaggio di nozze dove ovviamente ho anche pescato un paio di giorni: ero ai bordi di un isola in corrente quando a mezz’acqua ho intravisto delle cernie, sono sceso e ne ho presa una di circa 8-10kg, (in Australia alcune specie sono protette), il problema maggiore in quei mari è riuscire a mettere il pesce in barca nel tempo minor possibile evitando di dover contendersi il pesce con gli squali presenti numerosi in quelle acque. In quel caso ho dovuto lottare con un altro concorrente: una cernia gigante grande (specie protettta) come una 500 è apparsa dal fondo e ha letteralmente divorato la mia “cerniotta” mentre tentavo velocemente di recuperarla. Cosa pensi del futuro del mare: Purtroppo non sono ottimista, l’inquinamento aumenta sempre di più, il prelievo della pesca industriale si fa sempre più sofisticato e impattante, non vi è una

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ORANGE SHARK DIVING CENTRE Malta Diving Centres

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MARES EOS STROBE di Alessio Tenenti (foto di Stefano Paganelli)

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na luce stroboscopica è senza dubbio un valido segnalatore visivo per rendere qualcosa facilmente individuabile a 360 gradi dagli occhi del subacqueo in immersione. In immersione notturna, si potrebbe posizionare una luce stroboscopica sulla propria bombola per rendersi sempre facilmente riconoscibili dai compagni, inoltre fissandone una alla propria boa di segnalazione (tant’é che alcune sono già appositamente disegnate con un foro che ne permette l’inserimento), la luce emessa permetterà ad eventuali assistenti di superficie di monitorare costantemente la posizione dei subacquei in immersione, evidenziando inoltre la presenza del galleggiante a possibili imbarcazioni in transito in modo che si tengano alle dovute distanze di sicurezza. Un altro contesto in cui una luce stroboscopica rappresenta un valido dispositivo di sicurezza è senza dubbio l’immersione in ambien-

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ti caratterizzati da acque torbide o comunque affette da scarsa visibilità: per questo motivo si potrebbe optare per fissarla sull’ancora o sulla sua catena in caso ci si stia immergendo da barca, al fine di essere certi di non mancare il punto di risalita, oppure nel caso di immersione con accesso da riva si potrebbe optare per fissare la strobo alle scalette o all’eventuale punto di uscita per renderlo sempre ben riconoscibile. Ma non necessariamente una luce stroboscopica deve essere associata ad una immersione notturna o con scarsa visibilità, e per questo mi ricollego ad un articolo letto sul blog della Mares, riguardante il test eseguito da Aldo Ferrucci sulla Mares Eos Strobe, in cui veniva specificato che il team di subacquei l’aveva utilizzata per lo più posizionandola alla base della cima di risalita durante una serie di immersioni tecniche. Subito si è acceso un campanello nella mia testa, lasciatemi spiegare: a Malta, dove vivo e lavoro come istruttore subac-


ATTREZZATURA

queo, possiamo vantare un numero elevatissimo di relitti, che ogni anno attraggono centinaia di sub per immersioni di piacere o corsi; i più visitati sono ovviamente quelli situati a profondità che li rendono esplorabili anche rimanendo nel range dell’immersione ricreativa, in quanto inevitabilmente attraggono un maggior numero di subacquei all’anno, e per questo motivo (e grazie alla collaborazione con le autorità) godono di una boa fissa con catena di discesa, almeno nel periodo di alta stagione; in realtà nell’arcipelago maltese il numero più consistente di relitti, la maggior parte dei quali storici, è quello sconosciuto ai più, destinato esclusivamente ai subacquei tecnici, collocandosi a profondità da 50 fino a 100 metri. Questi non hanno boa fissa nemmeno in alta stagione, di conseguenza siamo noi come centro di immersione che li dobbiamo pedagnare provvisoriamente ad ogni singola immersione. A Malta certo non abbiamo il problema di scarsa visibilità, eppure per esperienza personale posso confermare che anche con una visibilità di oltre 40 metri, una cima nel “blu” tende comunque a scomparire, e ad alcuni nuotare in questo “blu” alla ricerca di una cima persa di vista, crea un forte senso di disorientamento che può arrivare fino alle vertigini. Se a questo si aggiunge il fatto di essere a profondità elevate, dove ogni singolo minuto passato sul fondo si riflette in modo esponenziale su quella che sarà successivamente la vostra decompressione, vorrete essere ben certi di individuare subito, ed anche da lontano, il vostro punto di risalita. Tutti i subacquei tecnici - si spera - sono addestrati a concludere una risalita con decompressione come si suole dire “in libera”, ma ai fini

della sicurezza meglio evitarlo qualora sia possibile. Per tali motivi ho subito deciso di acquistare la torcia Mares Eos Strobe, e la scelta è ricaduta su questo modello grazie all’ottima manifattura che la caratterizza, con il resistente corpo in alluminio anodizzato di colore arancione, e alla profondità massima di esercizio di ben 100 metri, il tutto disponibile ad un ottimo rapporto qualità/prezzo. La Mares Eos Strobe emette una luce ad alta visibilità a 360°, di ben 450 lumen di potenza, in due modalità di funzionamento: lampeggiante o fissa. L’interruttore è magnetico, a rotazione, di facile utilizzo anche con guanti spessi. Altro punto di forza è senza dubbio l’au-

tonomia, ben 20 ore in versione lampeggiante, e 5 ore se utilizzata con luce fissa. La batteria è una Li-ion 26650 ricaricabile da 3.7V, con caricatore e cavo USB inclusi nella confezione. Il tempo di ricarica previsto è di 6h utilizzando il caricatore in dotazione, e di 12h attraverso un computer. Un indicatore di carica a led avverte quando il ciclo è completando passando da colore rosso a verde. Il peso di soli 245g ed una lunghezza totale di 17cm, mi permettono di tenerla riposta in tasca durante l’ingresso in acqua, estrarla con facilità ed assicurarla alla cima alla profondità desiderata durante la discesa, per poi essere recuperata dall’ultimo subacqueo in fase di risalita.

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CRESSI T10 SC CROMO MASTER di Alessio Tenenti

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a peculiarità a mio avviso più lodevole di casa Cressi è senza dubbio il forte peso dato alla ricerca, che ha permesso nel tempo di associare questo marchio storico a prodotti sempre innovativi. Delle attrezzature Cressi che ho avuto possibilità di testare, sicuramente l’erogatore Master/T10 SC Cromo ha colpito la mia attenzione: finalmente un erogatore differente, che può distinguersi non “solo” per prestazioni elevate!

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Il primo stadio T10 SC Cromo è un erogatore a membrana iperbilanciato costituito da un corpo in metallo protetto superficialmente da uno speciale rivestimento di cromatura chimica che, rispetto ai tradizionali rivestimenti, risulta eccezionalmente resistente all’usura meccanica e chimica, per un peso di soli 602g in versione DIN. La forma a T permette una configurazione assolutamente idrodinamica grazie ad un primo stadio che non sporge dal profilo della rubinetteria, ma rimane a filo con

essa, permettendo anche una maggiore libertà di movimento del capo oltre un ingombro minimo nonostante il sistema SC - Seal Chamber. Questo è il sistema a Camera Stagna che garantisce l’omologazione CE EN250/2014 per acque fredde, che isola totalmente membrana e molla dal contatto con l’acqua. Uno studio avanzato della circolazione interna dell’aria unito a questa forma a T, ovvero con la valvola HP disposta perpendicolarmente rispetto all’asse di entrata dell’aria, assicure il passaggio


ATTREZZATURA

di notevoli quantità d’aria con una caduta di pressione (0,5 bar) notevolmente ridotta tra la fase di inspirazione ed espirazione, garantendo alte prestazioni anche in situazioni estreme; inoltre il cilindro incamiciato in materiale sintetico antiattrito e anticorrosione permette uno scorrimento perfetto del pistoncino e lunghi intervalli di manutenzione. Nel cuore del primo stadio la sede valvola di alta pressione è stata realizzata in acciaio inossidabile AISI316, molto più dura rispetto all’ottone tradizionale delle sedi valvola fisse, mentre la valvola in poliuretano conferisce alta resistenza meccanica agli oli e alle miscele iperossiche. L’iperbilanciamento del meccanismo garantisce un leggero incremento della pressione intermedia mano a mano che diminuisce la pressione della bombola, permettendo massime prestazioni nella fase finale dell’immersione, senza dubbio la più critica. Tutti questi accorgimenti rendono il Cressi T10 SC Cromo un primo stadio “a prova di proiettile”, che garantisce una erogazione di 4500 l/min. Il Master Cromo rappresenta il top di gamma dei secondi stadi bilanciati Cressi, progettati con un design avveniristico e che presentano molteplici caratteristiche innovative. Il corpo è in tecnopolimero antirumore ed il marchio di fabbrica rimane senza dubbio la cassa ellittica brevettata, progettata per avere un aumento della superficie utile di funzionamento che si traduce in una membrana sovradimensionata, la più elevata della categoria: 2810 mm², un 12% in più rispetto ai modelli di alta gamma di altre case produttrici, per mantenere lo sforzo inspiratorio ai minimi livelli possibili. Inoltre il disco di contatto con la leva gode di un ampio angolo di oscil-

lazione per trasmettere in modo preciso lo sforzo inspiratorio sul disco della membrana che è rivestito in teflon per ridurre al minimo l’attrito. Tutto ciò fa sì che il meccanismo “leva - disco membrana - valvola” abbia una una facilità di funzionamento senza precedenti. La manopola di microregolazione dello sforzo inspiratorio si distingue per un meccanismo pneumaticamente bilanciato del tutto isolato dall’ambiente esterno mediante doppio O-ring, che,assicura durevolezza ed evita che si possa bloccare a causa di sale o sporcizia. Altro accorgimento brevettato dalla Cressi è lo scambiatore termico che, situato all’interno del secondo stadio - diversamente dagli altri marchi che lo posizionano sempre all’esterno - sfrutta il calore generato dall’ espirazione del subacqueo (comunque più caldo dell’acqua esterna) permettendo un notevole scambio termico nella zona dell’ugello

della valvola, dove è massimo il rischio di congelamento. Da non tralasciare è infine lo studio effettuato sulla valvola di scarico, che ha permesso di minimizzare lo sforzo espiratorio, sempre più arduo di quello inspiratorio, senza necessità di diminuire lo spessore della membrana: il sistema incanala al 100% il flusso verso i fori dei baffi avvalendosi di un potente effetto Venturi che contribuisce inoltre a dirigere le bolle lontano dal campo visivo del subacqueo. Da ultimo la membrana è fissata in modo tale da evitare possibili introflessioni ed infiltrazioni d’acqua. La somma di tutte queste peculiarità fa sì che, abbinando il T10 Cromo al secondo stadio Master, in fase inspiratoria sia completamente assente la sensazione di dover “succhiare” l’aria dal secondo stadio, così come in fase espiratoria, per espellerla, non si avverta alcuna resistenza da dover vincere: provare per credere!

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DIVENJOY, DIVING CENTER A NOLI di Marco Daturi

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olti anni fa un’amica mi invitò ad un’immersione speciale a Noli, finalizzata alla pulizia del fondale. Con piacere partecipai all’iniziativa e incredibilmente raccogliemmo una quantità enorme di rifiuti incivilmente gettati in mare: gomme d’auto, plastiche varie, cime, oggetti di ogni tipo e persino un lavandino. Era il 30 settembre 2013 e l’iniziativa era stata ideata da Riccardo Gambacorta con lo staff di Divenjoy, diving all’interno dell’Hotel Capo Noli e patrocinata da Lega Ambiente Liguria e dalla fondazione Padi Project Aware. (rif. https://www.scubaportal.it/pulizia-dei-fondali-a-noli.html ) Al di là della bontà etica dell’evento l’occasione mi permise di conoscere Riccardo e il resto del team Divenjoy. Sono passati tredici anni e da allora ho avuto diverse altre occasioni per frequentare il centro, in occasione di Scubapro Day, eventi fotografici ma soprattutto per piacere personale con gli amici.

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Il centro è comodamente affacciato su una delle baie più belle e particolari di tutta la Liguria. Oltre all’incantevole panorama frontale all’isola di Bergeggi, queste acque sono particolari perché vi portano animali di ogni genere, dai piccoli cavallucci marini a mante e balenottere. Il centro è attrezzato con tutto ciò che può servire a un centinaio di sub e, oltre all’attrezzatura tradizionale, dispone di attrezzature più ricercate come scooter e granfacciali. Di fronte all’ingresso un comodo pontile fluttuante permette ai sub di raggiungere il gommone per raggiungere uno dei numerosi punti di immersione tra l’isola di Bergeggi e le numerose secce della zona. Naturalmente il centro è anche una scuola di formazione e molti sub hanno iniziato lì la loro carriera. Da quella pulizia dei fondali sono passati molti anni e recentemente sono stato a trovare Riccardo a cui lascio la parola.


OPERATORI INTERVISTA A RICCARDO GAMBACORTA Quando e come ti è venuta l’idea di aprire un centro immersioni? Grazie Marco e come sempre è un piacere fare due chiacchiere con te e la tua famiglia… Era il 1998 circa e in quel periodo facevo da assistente al mio istruttore, il quale mi aveva incaricato di organizzare delle uscite domenicali week end e viaggi vari ed io con grande motivazione ed entusiasmo iniziai a farlo molto volentieri anche perché avevo un gran seguito, inoltre per finire i corsi dovevamo appoggiarci ad un centro immersioni e gira e rigira siamo finiti in un piccolo paesino a me sconosciuto…. Noli, da allora non l’ho più abbandonato . Dopo qualche anno di frequentazione mi innamorai di quel paesino del ponente ligure e da li nacque Divenjoy, era il 2002. Qual è il ricordo più bello di questi primi 16 anni di attività? Non c’è un ricordo in particolare bensì tanti piccoli episodi che mi hanno fatto crescere sia come sub che come uomo. Sta funzionando il parco marino di Bergeggi? Ho iniziato quando l’isola di Bergeggi era solo uno dei punti d’immersione della zona, da quando è diventata area marina protetta ha subito un’evoluzione incredibile, con l’aumento a dismisura dei pesci e dall’arrivo di altri mai visti prima. Barracuda, cernie, dentici, saraghi faraone, svariati generi di nudibranchi e molti altre specie, il tutto racchiuso in questa

piccola bomboniera del Mar Mediterraneo. Senza parlare del fatto che non è più possibile buttare l’ancora nei fondali adiacenti l’isola e quindi salvaguardiamo i fondali di questo bellissimo tratto di mare Immersioni da riva, un bel plus. Pare che siano molto popolari tra i fotografi. Cosa offre il fondale davanti al centro? Si, ritengo che dare la possibilità ai nostri clienti di fare immersioni partendo direttamente da riva sia un quid in più rispetto ai nostri colleghi. Inoltre abbiamo una tipologia di fondale che ci permette di fare corsi a tutti i livelli dagli entry level ai quelli più profondi, avendo un fondale che degrada da circa 2 metri a 37. Inoltre da circa due anni abbiamo la possibilità di imbarcare i nostri amici divers

direttamente da un pontile galleggiante, a dir poco utilissimo!!!! Il centro è frequentato anche da molti apneisti? Ci siamo concentrati prevalentemente nel settore dive ma in futuro mi piacerebbe creare una sezione apnea, vediamo cosa riuscirò ad inventarmi… Progetti per il futuro? Caro Marco ti dirò… non mi dispiacerebbe aprire un diving all’estero, dopo tanti anni di Italia mi piacerebbe aprire una location in qualche bel posto tropicale. Ho sempre lavorato facendo immersioni o da terra o utilizzando gommoni, a questo punto della mia carriera subacquea non mi dispiacerebbe diversificare comprando una barca per fare full day o altre cose che ho in mente ma in questo momento non ve le posso svelare. Divenjoy! www.divenjoy.it

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SALUTE

APNEA E ARA LO STESSO GIORNO: LE NOSTRE LINEE GUIDA

di DAN staff

Quali sono le linee guida attuali del DAN che regolano le immersioni con le bombole e in apnea eseguite lo stesso giorno?

APNEA PRIMA DI IMMERGERSI CON LE BOMBOLE La risposta varia in base all’intensità dell’esercizio fisico quando ci si immerge in apnea, e alla profondità raggiunta. Se si fa apnea senza grande sforzo fisico e a basse profondità, successivamente ci si potrà immergere con le bombole senza troppe preoccupazioni. Ovviamente, più tuffi consecutivi si eseguono in apnea, più difficile potrebbe diventare compensare ripetutamente senza avere problemi. D’altro canto, se si raggiungono profondità elevate e ci si sottopone ad un grosso sforzo fisico, si avrà bisogno di effettuare intervalli di superficie più lunghi prima di poter immergersi con le bombole. Se in ap-

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nea si raggiungono profondità che vanno solo dai 12 ai 15 metri e per un limitato numero di volte (due-tre), prima di immergersi con le bombole basterà aspettare dai 30 ai 60 minuti. Se invece si eseguono tuffi in apnea più profondi e faticosi - una pratica comune per chi pesca - l’intervallo di superficie dovrà essere molto più lungo, anche se al momento non esistono abbastanza informazioni per consentire di dare dei suggerimenti precisi.

APNEA DOPO IMMERSIONI CON LE BOMBOLE Se invece si dovesse scegliere di fare apnea dopo aver fatto un’immersione con le bombole, la situazione sarebbe ben di-


versa. Bisognerà essere consapevoli delle bolle di gas già presenti nell’ organismo dopo l’immersione, quindi anche fare apnea a basse profondità comporterà dei rischi. Il più palese è che in apnea si esegue esercizio fisico, e fare sforzi dopo un’immersione può aumentare la quantità di bolle che circolano nel vostro corpo. Un altro rischio, forse meno evidente, è che le bolle di gas che circolano nel sangue venoso a causa dell’immersione effettuata con le bombole, subirebbero una compressione dovuta alla pressione dell’acqua, diventando più piccole e potendo quindi attraversare il filtro polmonare molto più velocemente del normale e raggiungere il flusso arterioso. Vale inoltre la pena menzionare che anche l’apnea da sola, specialmente se si eseguono tuffi profondi, ripetitivi e faticosi, può produrre una gran quantità di bolle nel nostro organismo. Abbiamo sentito tutti storie di apneisti estremi, come i detentori di record, che dopo aver raggiunto profondità molto elevate, presentano sintomi neurologici una volta risaliti in superficie, anche dopo un unico tuffo profondo. Questi sintomi, che possono essere paragonati alla Malattia da Decompressione che può affliggere i subacquei, vengono chiamati Taravana, e possono variare da un semplice senso di nausea, capogiri o mal di testa fino a problemi molto gravi di vista, udito o linguaggio, paralisi e nei casi peggiori perdita di conoscenza e morte.¹ Inutile dire che avere un elevato livello di bolle nel corpo non è mai una buona idea, quindi la scelta più prudente sarebbe di non fare immersioni con le bombole e in apnea lo stesso giorno se le immersioni eseguite sono lunghe, profonde e faticose, così da creare una formazione significativa di bolle nel corpo. Ogni persona e ogni caso presentano delle differenze, ma è sempre meglio essere più cauti che meno. Ricapitolando, se ci si immerge in apnea a profondità maggiori di 15 metri e ci si sottopone ad una pesante attività fisica, come nel caso della pesca subacquea, sarebbe meglio non fare immersioni con le bombole e in apnea lo stesso giorno. Anche se si effettuano lunghi intervalli di superficie fra le due attività, se si eseguono immersioni lunghe, profonde e faticose, il rischio di sovraccaricare il corpo di bolle non verrà comunque eliminato. Da subacquei consapevoli, è più saggio non correre questo rischio.

Iscriviti a DAN per ottenere diversi benefici, tra i quali le risposte a tutte le tue domande mediche connesse alla subacquea: www.daneurope.org FONTI Detection of venous gas emboli after repetitive breath-hold dives: case report - D. Cialoni et al., UHM 2016, Vol. 43, No. 4

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LA NAVE DEL CONGO SILURATA

Dal libro: Diving for Treasures di Vic Verlinden and Stefan Panis, ed. Whittles Publishing, 2018

Traduzione di Massimo Boyer

Alzi la mano chi non ha mai fantasticato di trovare un tesoro sott’acqua. Diving for Treasures, scritto e illustrato da due esperti subacquei tecnici belgi, racconta di avventurose immersioni su relitti, per lo più alla ricerca di tesori sommersi, con profusione di dettagli sui relitti. Il libro può essere acquistato da www.whittlespublishing.com. Di seguito la traduzione di un capitolo

Q

uando la nave a vapore assegnata al trasporto truppe Leopoldville fu affondata, 763 giovani soldati americani morirono: la maggior perdita per gli USA in una azione in mare in tutta la Seconda Guerra Mondiale. Per tenere alta la morale delle truppe la notizia non fu divulgata e la verità venne a galla solo anni dopo la fine della guerra. Subito dopo il varo, avvenuto nel 1927 a Hoboken, vicino a Anversa, la nave passeggeri Leopoldville, 165 m di lunghezza, prese servizio sulla linea Anversa-Matadi. La Compagnie Belge Maritime du Congo trasportava passeggeri e beni dal Belgio al Congo Belga, da cui il soprannome “la nave del Congo”, anche se fu usata anche per crociere di lusso in Norvegia, Marocco e Algeria. I passeggeri di queste crociere si muovevano in un magnifico scenario art-deco, consumavano pasti principeschi, avevano a disposizione una biblioteca, una palestra, una piscina. In prima classe ogni cabina aveva un cabin boy privato, che di solito era un congolese e mangiava e dormiva in zone separate della nave. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale la nave fu adibita dall’ammiragliato britannico al trasporto truppe. Da maggio 1940 a dicembre 1944 trasportò oltre 120.000 uomini navigando per 219.949 miglia, fino alla notte di Natale del 1944.

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RELAX

Il 24 dicembre 1944 alle 9.00 la Leopoldville salpò da Southampton diretta a Cherbourg, a bordo 2.235 fanti americani, mobilizzati per fermare l’avanzata di Von Runstedt nelle Ardenne. Partirono contro una brezza gelida da sudovest. Avvicinarono la costa francese navigando a zig-zag, su ordine del Capitano Charles Limbor, ma questo non permise loro di evitare l’agguato dell’U-boot U-486, quando ormai erano a sole 5 miglia dal porto di Cherbourg. Il sommergibile tedesco, capitanato da Obit Gerhard Meyer, la silurò sul lato di dritta. L’SOS fu immediato e molte navi accorsero al salvataggio, incontrando difficoltà nell’accostare anche per la presenza di un campo minato. Il cacciatorpediniere britannico Brilliant aveva accostato per accogliere i soldati, ma saltando troppo presto o troppo tardi molti finirono per cadere nell’acqua gelida tra le due navi. Il bilancio finale fu di 763 morti. Il Comando Supremo Alleato riuscì a mantenere segreti i dettagli della tragedia fino al 1996, quando documenti che chiarivano cosa fosse realmente successo quella notte furono rilasciati dall’Ammiragliato Britannico. Il relitto della Leopoldville giace a 60 m di profondità, a 5 miglia da Cherbourg. La squadra è composta dal sottoscritto, dal mio buddy Danny Huyghe, e da Dennis Leonard e Jean Olive del Naval Diving Team francese. Per non perdere tempo in acqua tutto è pianificato in modo meticoloso. Una veloce discesa ci porta sul lato di dritta. Immediatamente ci dirigiamo sul

ponte, verso il cannone di prua. Nella parte centrale ci sorprende il fatto che dopo tanti anni le tavole del ponte siano ancora in posizione, così come i grandi verricelli usati per caricare la nave. La visibilità è attorno agli 8 m. Di ritorno alla parte meno profonda del relitto vedo in un corridoio una pila di elmetti e munizioni, lasciati dai soldati durante la fuga. Fotografando i 22 minuti di fondo finiscono in fretta, ed è subito tempo di portarsi in quota deco. Siamo sopraffatti dall’intensità emotiva dell’immersione e dalle incredibili condizioni della nave. Sfortunatamente dobbiamo cancellare l’immersione del giorno successivo per le condizioni meteo. È già tempo di ripartire per casa, torneremo l’anno prossimo. Eccoci, settembre 2006, pronti per due immersioni consecutive in trimix, che ci permetterà di estendere il tempo di fondo a 40 minuti (a 57 m), ma significa anche un’immersione più complicata, con cambi di miscela, risalita con un pedagno, più stress insomma. Scendiamo come un anno fa, lungo il ponte, superiamo i verricelli. Notiamo un buco enorme dove il siluro aveva colpito la nave: è incredibile quanto danno possano fare 250 kg di TNT. Entriamo e vediamo scarpe, fucili, zaini chiusi, una scena di grande contenuto emotivo. Quante giovani vite sono terminate lì. Il giorno dopo lasciamo il porto di Cherbourg con un vento forte, che rinforza ancora. Quando raggiungiamo il sito dell’immersione risulta chiaro che è impossibile continuare. Dopo due settimane torniamo al relitto, per dare un’occhiata più mirata al foro del

siluro. Proprio prima del punto in cui la chiglia era aperta scopro dei grandi oggetti sulla murata di dritta, che si rivelano essere tre scialuppe di salvataggio che dovevano essere legate alla nave quando affondò, altrimenti sarebbero andate alla deriva lontano. Dopo esserci spostati a poppa, io e il mio buddy Eric Wouters decidiamo di provare a raggiungere a sala macchine. Eric assicura il suo reel per ritrovare la strada, ci infiliamo in un corridoio stretto e svoltiamo a destra. Il passaggio si fa molto stretto e difficoltoso, ma vediamo chiaramente i tubi e le attrezzature che ci si aspetta di vedere in una sala macchine. In un’altra sala vediamo diversi telai. A questo punto però andare avanti è diventato pericoloso, è tempo di risalire. Tornati in barca, discutiamo con i colleghi francesi. Neanche loro avevano finora visto le scialuppe. Il giorno seguente giriamo immagini video. Risulta chiaro che le scialuppe avrebbero potuto salvare molte vite se fossero state usate, ma come ci diranno i sopravvissuti, nessuno potette liberarle perché i nodi erano gelati. La tragedia della Leopoldville mi rimarrà impressa nella mente per tutta la vita, a me e ai miei compagni di immersione. Sono rimasto commosso dalla storia dei giovani soldati partiti dall’America per salvare l’Europa dal Nazismo. Dopo la guerra l’equipaggio belga fu accusato di non aver fatto il necessario per salvare i soldati, ma penso che in questo tipo di tragedie il panico sia il solo padrone. Testimoni silenziosi di questo fatto, le scialuppe di salvataggio sono rimaste al loro posto.

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ANCORA UN’ALTRA IMMERSIONE AL THISTLEGORM di Claudi Di Manao

C

hi conosce Sharm e conosce il Thistlegorm sa di cosa sto parlando. Non esiste un posto come quello per una guida, nel bene o nel male, in tutto l’emisfero Nord. Può dare eroiche soddisfazioni come un mucchio di problemi, che iniziano tutti con una levataccia… ed un mare incazzato.

Appena la barca girò l’angolo di Ras Mohammed una raffica feroce di vento la sbandò, ed il cielo si fece cupo, come se tutta la scarsa nuvolaglia del Sinai si stesse addensando verso lo stretto di Gobal. Magnun I procedeva zoppicando di sbieco come un animale ferito, verso un oscuro destino: il Thistlegorm. Il mare era sempre più nero e sempre più agitato, come se sotto la sua superficie migliaia di calamari giganti impazziti, per uno sfigato allineamento dei pianeti, fossero entrati in frenesia alimentare.

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I clienti erano pallidi e silenziosi. Jack, con voce rotta, stava concludendo il briefing sottocoperta. Il mare di fuori, ruggiva. - E ricordatevi: questo segnale vuol dire pericolo imminente! - disse con sguardo invasato. In tanti si domandarono cosa potesse essere un pericolo imminente; sarebbe esploso il Thistlegorm? Sarebbe crollato con tutti loro dentro? Non c’era traccia di quello strano segnale sui manuali, ma nessuno fiatò, erano tutti molto tesi. Jack ancora di più. - A questo segnale… - Jack si alzò in piedi per mostrarlo meglio a tutti, un’onda forzò il tambuccio dietro di lui ed irruppe tra la sua testa ed i divanetti in finta pelle della dinette. Jack saltò su come colpito da una scossa elettrica e sparì in bagno a baciare gli amuleti che portava al collo, poi si riaffacciò nella dinette. Il rais, da sopra, gli ordinò di prepararsi,


RELAX rono altre barche. C’era Steve, con i suoi Inglesi, e Barbara col suo nuovo fidanzato.

erano arrivati al punto fatidico. Jack consegnò il GPS al rais, ma lui rispose che il mare era mosso e che non era il momento di parlare al telefono col diving. Jack si tuffò sotto la superficie scura, in un punto metafisico indicato dal rais, secondo un suo sistema di allineamenti. Ma quel giorno una mano gigantesca aveva spostato le colline, i pozzi petroliferi e Shag Rock, e Jack, annaspando, trovò solo sassetti e sabbia. Poi tornò su, come ripescato dalla cima, perché il vento aveva spostato la barca e la barca s’era tirata dietro la cima d’ormeggio alla quale era appeso Jack. Litigarono per un po’, poi s’udì della musica lontana. Sì era proprio musica, adesso era vicina, era Wagner: la Cavalcata delle Valchirie. La barca di Franz, con lui in piedi sulla prua si stava avvicinando. Franz usava sempre quel brano per i suoi briefing, per caricare se stesso ed i suoi uomini nei momenti di sfida e di tempesta. Si gettò dalla prua con la cima sottobraccio, sparì nel mare nero, tornò su e chiese l’altra cima, che la prima l’aveva già legata sul relitto. Poco dopo riemerse e si sentì anche in dovere di telefonare a Gilles e dirglielo: - Due shamandure, poppa e prua, in 2 minuti e 34 secondi, mare forza 4! Adesso il record è mio! Jack si tuffò di nuovo, e di nuovo il capitano lasciò andare la barca, ma Jack stavolta mollò la cima e risalì da quella di Franz. Jack ed il rais si insultarono per un bel po’. Quando finirono di litigare i tedeschi di Franz avevano già fatto la prima immersione senza nessuno intorno. Arrivò Babaganoush I la barca di Bill e Maggie, che prima puntò Jack, poi si mise al traverso e cozzò contro Magnun I. I rais cominciarono ad insultarsi, Jack era ancora nell’acqua, e a Bill saltò un’O -ring proprio nel momento in cui stava per tuffarsi a legare la barca. Ci andò Maggie. Magnun I raccattò Jack e fece un giro lontano dalla barca di Franz, da dove gli equipaggi lanciavano invettive. Poi Jack scese nell’acqua nera e fece un ormeggio in un punto molto sinistro del relitto. Il mare picchiava. Arriva-

Jack nella prima immersione se ne perdette 3, ma li recuperò Bill, e se li portò su Babaganoush I. Iniziò una lunga trattativa per la loro restituzione. Il problema era dove consegnare gli ostaggi: non c’era modo di farli arrivare a nuoto su Magnun I, ed avevano fatto solo un’immersione. Le cime gemevano, le barche ondeggiavano, gli equipaggi dormivano. Solo lo skipper di Franz teneva i motori accesi e scrutava guardingo il mare e le altre barche. Abdul Mishmagud arrivò a tutta forza tra le barche che ballonzolavano, ed a spintoni si ficcò tra la barca di Jack e quella di Barbara. Jack pregò che tutto finisse presto, e si precipitò a fare la seconda immersione. Nelle stive non si vedeva niente, e i dispersi di un altro gruppo, rimasti senz’aria, attaccarono il gruppetto di Jack nella stiva 2, strappando loro gli octopus dai fermagli. Jack, col cuore in gola, e coi clienti aggrediti da demoni senz’aria, diede finalmente il segnale di pericolo imminente e li portò tutti su, lungo la cima. Ma quando riemerse si rese conto che quella non era la sua cima d’ormeggio: erano finiti tutti sulla barca di Maggie. Salirono tutti con le orecchie basse e venne offerto loro del tè. Jack ringraziò il cielo d’essere vivo. Ma non era finita: al secondo giro di tè, la barca puntò la prua verso il cielo come un puledro imbizzarrito, poi si mise al traverso e piantò la delfiniera nella fiancata di Mrkeb Tamam. I motori partirono, urla e gemiti, c’era gente in acqua, le barche danzavano sinistre come gigantesche aquile minacciose sulle teste dei malcapitati, pezzi di legno, torce e telefonini finirono in mare, più d’un cesso si allagò. Le eliche schiumavano, scappavano tutti e c’era chi urlava incazzato perché l’avevano lasciato lì. Maggie divenne rossa in viso. Bill la osservò e trasalì. - Hai fatto un’altra volta un fiocchettino! - disse. Maggie non parlava più. - Tu ed i tuoi fiocchettini! Ma non sei capace di fare una gassa, come nodo d’ormeggio? Il vento fischiava, il sole latitava dietro le nubi nell’unico punto in Mar Rosso dove si formano. Le barche raccattarono pezzi e superstiti nel mare nero, incazzato come se migliaia di calamari giganti…

Tratto da: “Cani Salati nel Profondo Blu” ed. StreetLib In tutte le librerie. In digitale su tutte le piattaforme

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